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JACQUELINA E L’ISLAESE
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C’era una volta, tante tante lune fa, una bambina coraggiosa e
curiosa che viveva sul Pianeta di Lassù, nella Galassia di Chi,
proprio di fronte al pianeta Non-so. Poi c’era un satellite piccolo
piccolo e strambo strambissimo, abitato da una sola creatura
vivente. Il satellite si chiamava Islael e l’unico suo abitante lo
chiamavano Islaese, appunto. L’Islaese era così strano ma così
strano che più strano non si può. E poi era così brutto ma così
brutto che più brutto non si può. O almeno era considerato così
dal resto degli abitanti della galassia di Chi. Non si capiva se
fosse un animale o una creatura spaziale … boh!
Ma cosa avrà avuto di così bislacco poi, penserete voi? Beh, ri1
lassatevi, chiudete gli occhi e aprite le finestre della vostra mente,
perché ora vi racconto un po’: aveva un musetto blu mare che,
tutto sommato poteva essere considerato carino, con un cespu-
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glietto di peli rossi in testa. Aveva anche una codona bislunga (e
anche trislunga) che attorcigliava con nodini e nodoni, perché
non sapeva dove metterla. Ma ma … aveva
Aveva un sedere sederone enorme, più grosso di un panettone gigante, più grande di un ippopotamo e più largo di un’insegna pubblicitaria.
Quando l’Islaese decideva di lasciare il satellite Islael per fare una
capatina nei pianeti vicini era una tragedia. Una volta sceso dalla sua navetta spaziale incominciava ad andarsene in giro con le
sue chiappottone che schioccavano e tenevano il ritmo del suo
camminare: cloppete chiàppete, chiàppete cloppete. E, subito, tutti
gli altri abitanti del pianeta, sentendo risuonare nell’aria il martellamento del suo sedere urlavano: - Ehi, guardate, arriva
l’Islaese. Urca! Che posteriore! È enorme!
Insomma, tutti si fermavano a guardarlo, chi stupito, chi divertito e chi ... impaurito. Ma nessuno, proprio nessuno, pensava mai
ai suoi pensieri. L’Islaese, infatti, non era affatto contento della
situazione e avrebbe preferito persino l’indifferenza, piuttosto che
la continua e spietata derisione a cui era sottoposto ogni volta che
metteva le sue chiappone fuori dal satellite. Possibile che tutti
pensassero solo al lato esteriore? Anzi … posteriore! In fondo lui
che ci poteva fare? Era nato così, non aveva mica scelto di diventarlo. Quando nasci nessuno ti chiede: - Ehi, scusa? Preferisci esse-
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re una superstar o un brutto bruttone? E allora perché gli facevano così male?
Avrebbe dato non so cosa per cambiare il suo aspetto fisico perché
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lui era triste, anzi tristissimo.
Un giorno però accadde qualcosa che nessuno avrebbe mai immaginato… neanche l’Islaese.
Sul Pianeta di Non-so atterrò una bambina. Jacquelina era il suo
nome e, Jacquelina, appunto, non aveva paura di niente ma, soprattutto, aveva un grandissimo pregio: non si fermava mai
all’apparenza delle cose. Voleva sempre metterci il naso, perché
era una curiosa curiosona, ma anche perché il nonno Giacoberto
le aveva insegnato che le cose non sono sempre come sembrano o
come gli altri te le raccontano. Jacquelina aveva imparato che gli
occhi servono per vedere ma il cuore per sentire. E Jacquelina era
atterrata lì, proprio lì, perché aveva letto sulle news del Corriere
interplanetario che su quel pianeta, ogni tanto, faceva visita questo benedetto essere strano, con un sederone pachidermico e un codone ultramaxistrong! E poi Jacquelina si ricordava di una vecchia storia del nonno Giacoberto e aveva una missione da compiere (segreta segretissima).
Fu così che la bambina incominciò a chiedere in giro dove si trovasse questo Islaese e venne a sapere che sì, ogni tanto, si faceva
vedere in giro da quelle parti ma che, in realtà, lui abitava su un
altro satellite: Islael, appunto. Così Jacquelina disse: - Bene! Allora
rotta per Islael! E tutti a darle consigli:
– Non andare!
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- Lascia stare! È una povera creatura, brutta e inutile. Nessuno lo
ha mai avvicinato: potrebbe essere pericoloso!
- No, peggio, potrebbe morderti. Oppure catturarti con quella sua
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lunghissima coda! Non ti fidare: fai attenzione! È un essere brutto come la notte, anzi, più brutto della notte e più inutile
dell’inutile.
Ma Jacquelina aveva la testa dura e più le dicevano di lasciar
perdere, più lei si intestardiva.
Così, arrivata ad Islael, incominciò a cercare l’Islaese … di su, di
giù, a destra e a sinistra, in alto e in basso del satellite. Ma caso
strano l’Islaese, che fino a poco tempo prima si vedeva in giro di
tanto in tanto, ora non si faceva vedere.
- Me lo farà mica apposta?, pensava Jacquelina. – Eh no eh! Sono
venuta fino a qui dal paese di Lassù per te! Ora mi fai il favore di
farti trovare!
Ma l’Islaese, infatti, non si faceva trovare perché aveva paura.
Pensate un po’, lui che faceva paura agli altri per la sua bruttezza, aveva paura di una bambinetta! Possibile? Sì, aveva una fifa
fifurgna di Jacquelina, perché pensava che fosse una specie di inviata speciale, una giornalista intergalattica, mandata lì per fare un servizio su di lui. Si vedeva già immortalato sui rotocalchi
stellari come «l’essere più brutto della galassia».
- E no eh! Brutto, solo e pure preso in giro sui giornali! – Pensava.
Così più Jacquelina lo cercava, più lui scappava. Ma gli estremi,
si sa, si toccano e, una volta fatto il giro di Islael, finalmente, i
due si incontrarono.
- Mamma mia! Che sederone! È enorme! – esclamò Jacquelina ap4
pena lo vide.
- Mmmmh! Lo sapevo!!! – pensò arrabbiato l’Islaese e, subito, incominciò a scappare, neanche troppo velocemente tra l’altro, per-
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ché il peso del suo sedere sproporzionato non gli permetteva una
grande performance. Così Jacquelina incominiciò a rincorrerlo.
- Fermati Islaese! Fermati, ti prego! Non voglio farti del male! –
gli urlò disperatamente la bimba.
- Il male si può fare in tanti modi! Anche tu sei venuta fino a qui
solo per prenderti gioco di me e farti beffa di questo sedere che mi
porto in giro! – ribatté l’Islaese
- No! – rispose sinceramente stupita Jacquelina. - È vero hai un
sedere enorme e una coda lunghissima, sei un po’ strano, lo devo
ammettere ma ti assicuro che non voglio prenderti in giro!
- Allora mi vuoi fotografare per poi vendere la mia immagine a
qualche giornalaccio?
-
Ma no! Che dici? - ribadì ancora la ragazzina.
-
Mi vuoi catturare per portarmi in uno zoo planetario? - insi-
stette lui.
-
Ma insomma! Voglio solo conoscerti e … guardarti … - cercò
di spiegare dispiaciuta Jacquelina.
-
Ah, mi pareva! Anche tu vuoi vedere le mie deformità? Per
quale gusto poi? – incalzò ancora più arrabbiato l’Islaese.
-
Beh, sì. Però non ti voglio prendere in giro: mi aveva incurio-
sito la tua storia e poi volevo chiederti una cosa. Una cosa importante – disse mestamente la bambina.
-
E cosa? – chiese lui, fermandosi incuriosito per un attimo.
-
Beh, un momento! - rispose rincuorata lei.
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E Jacquelina incominciò a infilare il braccio nella propria borsa,
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allungandolo sempre di più e frugando velocemente con le mani
per trovare qualcosa che doveva essere finito sul fondo.
Intanto l’Islaese la guardava, incredulo e dubbioso.
Ad un certo punto, finalmente, Jacquelina tirò fuori dalla sua
sacca una pietra strana, fatta di roccia lunare, di un grigio spento, grezzo ma con piccolissimi puntini luccicanti qua e là che,
seppur in modo irregolare,
aveva quasi la sagoma di un cuore.
La porse all’Islaese e disse: - Vedi?!
Volevo portarti questa!
-
E che me ne faccio, io, di questa?
-
Beh! Mio nonno Giacoberto me l’ha data. Lui è stato un gran-
de viaggiatore planetario e, quando ero piccola piccola, mi aveva
raccontato che quando era stato su questo pianeta un essere molto
strano, con un posteriore enorme, l’aveva salvato durante una
bufera di meteoriti, caricandolo sul suo sedere. Mi aveva anche
detto che questa specie di creatura si chiamava Islaese e che gli
era sembrato un po’… - e qui Jacquelina, con la voce strozzata esitò.
-
Un po’?! – La incalzò subito l’Islaese.
-
Beh! Un po’ … solo … e triste.
Un pesante silenzio si impadronì dei loro cuori e per un lungo momento nessuno dei due parlò più. Jacquelina si era accorta che
l’Islaese, messo di fronte alla sua situazione, aveva gli occhi cari6
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chi di lacrime che non volevano uscire e che gli premevano il cuore. Così si fece coraggio e riprese: - senti mio nonno Giacoberto,
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prima che tu lo salvassi, aveva trovato questa pietra in un viaggio sulla luna e un archeologo, esperto di frammenti satellitari, gli
aveva svelato che questa è la pietra della sofferenza e dei desideri
più grandi. Mio nonno Giacoberto mi ha detto che voleva regalartela ma che tu, sei scappato subito e così poi, essendo partito per
altre galassie, non è più tornato.
Qualche mese fa, facendo pulizia tra le sue scartoffie e cianfrusaglie, ha ritrovato questa pietra e mi ha detto: - Jacquelina, ti do
una missione! Trova tu l’Islaese e portagliela per me! Potrà desiderare ciò che vuole: anche lui si merita un po’ di felicità. Maggiore
è stata la sofferenza provata, più grande sarà il desiderio che potrà esprimere.
-
Vuoi dire che posso esprimere un desiderio del cuore che si av-
vererà?
-
Certo! Mio nonno ormai è vecchio vecchissimo e non se la sen-
tiva di mettersi in viaggio per venire fino a qui! Allora, adesso ti
fidi di me? – chiese la bimba guardando fissa negli occhi l’Islaese,
il quale ricambiò lo sguardo. Di colpo Jacquelina l’aveva riportato a tante lune planetarie passate. Di colpo aveva pensato che
quella doveva essere proprio una bambina speciale se aveva tenuto così duro, per così tanto tempo, per trovarlo e se si era spinta
fino a lì. Di colpo, però, capì anche che, finalmente, aveva trovato
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qualcuno che aveva riconosciuto i suoi sentimenti. Insomma, aveva trovato un’amica. Jacquelina, infatti, ancor prima di conse-
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gnargli la pietra del cuore, gli chiese:
-
Allora, senti, perché non vieni con me? Tu abiti qui, dove non
c’è nessuno: scusa, non ti annoi tutto solo? Mio nonno Giacoberto
sarebbe felice di rivederti e di ringraziarti di persona, così potremmo stare tutti insieme, per sempre! E poi potremmo fargli una sorpresa bellissima. E ancora – e qui il viso di Jacquelina si aprì in un bellissimo e sincero sorriso - anch’io sarei felice: ho bisogno di un aiutante per i miei viaggi! Ah sì. Oh ma mi sono dimenticata! Prima devi esprimere il desiderio della pietra! Mi raccomando! Altrimenti il nonno Giacoberto mi sgrida! Lui dice sempre
che parlo troppo e poi mi dimentico le cose importanti da fare. Allora! Cosa desideri?! – chiese Jacquelina, tendendogli la mano che
sul palmo teneva la pietra grigia lunare.
L’Islaese sorrise sornione e disse: - il mio desiderio si è già avverato! Verrò con te Jacquelina, perché tu mi hai accettato per quello
che sono e, sai che ti dico, la pietra del cuore la conserveremo affinché un giorno, se troveremo la stupidità di chi giudica senza
pensare e di chi non riesce a vedere nient’altro che i propri interessi e sentimenti, lo trasformeremo, temporaneamente s’intende,
in un Islaese, con un sederone one one onissimo come il mio, in
modo che provi … cosa si prova ad essere presi in giro per ciò che
si è e non si è scelto di essere!
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E, così dicendo, Jacquelina e l’Islaese si diedero la mano, salendo le
scale della navicella spaziale per nuove e audaci avventure e
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scomparvero nel blu infinito della galassia del Chi, diretti verso il
pianeta di Lassù.
Nessuno si preoccupò del fatto che l’Islaese fosse scomparso dalla
circolazione: del resto a chi poteva interessare una creatura brutta ed inutile ma … tutti, sì proprio tutti, si resero conto di non essere stati scelti da Jacquelina, la bambina curiosa e testarda che
solcava i cieli spaziali per scoprire le verità dell’universo.
A proposito di universo … Qualcuno dice di aver visto Jacquelina
e l’Islaese farsi delle grosse dormite sotto il cielo stellato: l’Islaese a
pancia in giù e le gambe incrociate … Jacquelina a pancia in su e
la testa sprofondata sul sedere del suo migliore amico. E sì perché
Jacquelina aveva scoperto che il sedere dell’Islaese, oltre ad essere
enorme, era anche morbidosamente morbidoso …
© Antonella Miriam Ramazzina
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