3.2.7. Pezzi sparsi - Biblioteca civica di Rovereto

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3.2.7. Pezzi sparsi - Biblioteca civica di Rovereto
APPENDICE 7
3.2.7.
PEZZI SPARSI: INTEGRAZIONI, CURIOSITA’
475
Strumenti nuovi nella «Melenis» di Zandonai, «Orfeo» III/34, 16.11.1912 – p. 3, col. 1
Il maestro Zandonai ha introdotto nella Melenis datasi l’altra sera per la prima volta a Milano al
Dal Verme, come è detto in altra parte del giornale, un nuovo strumento, il flauto basso, la cui
invenzione si deve al prof. Albisi della Scala, strumento che ha una voce specialissima. Il Maestro
Zandonai ha pure introdotto, al secondo atto delle sua opera, le buccine, di cui si era servito
soltanto, finora, Giulio Massenet nella Erodiade.
476
Il Liceo Rossini e il maestro Zandonai, «Orfeo» III/35, 23.11.1912 – p. 3, col. 3
Egregio Signor Direttore,
In breve giro di anni il maestro Riccardo Zandonai ha scritto e fatto rappresentare con successo
sui principali teatri d’Italia e di fuori tre opere che l’hanno meritatamente collocato tra i primissimi
giovani compositori. Il successo che l’ultimo suo lavoro Melenis ha riportato al Dal Verme di
Milano ha acuito fra i suoi amici ed ammiratori di qui, che siamo parecchi perché lo Zandonai ha
compiuto nel Liceo Rossini i suoi studi, il desiderio di veder sulle nostre scene rappresentato un suo
lavoro per rendere omaggio a lui, che della sua rinomanza riverbera sì bella luce sul nostro
massimo Istituto.
È sorta perciò spontanea l’idea di ottenere per quest’impresa artistica non solo il consentimento
che da taluni con falso preconcetto era stato messo in dubbio, ma anche tutto l’ausilio del maestro
Amilcare Zanella, che delle glorie del Liceo è il naturale custode e dev’essere l’animatore più
ardente di quanto possa aggiungere prestigio all’Istituto da lui diretto. Ed io stesso ho avuto la
fortuna d’incontrarmi con lui e di esporgli il desiderio nostro. Egli, contrariamente a quanto da
certuni supponevasi, ha accolto con entusiasmo la proposta fattagli, e nell’esprimere grande stima
verso il maestro Zandonai e sicura fiducia nell’avvenire di lui, non ha esitato un momento a
dichiararsi felice di farsi promotore di una stagione lirica al nostro Rossini con l’esecuzione di
un’opera del giovane compositore. La franchezza con cui egli mi ha parlato smentisce
assolutamente ogni contraria prevenzione. Ed io sono lieto di poter dissipare un dubbio che
attribuiva al maestro Zanella una meschina passione, mentre il suo nobile sentire ed il suo vivo
amore dell’arte giustificherebbero ben diversa opinione sul conto di lui.
Ed ora è da augurarsi che alla nobile iniziativa assunta dal maestro Zanella non si oppongano
difficoltà economiche e che tutti, Comuni e cittadini, sieno concordi e volonterosi nell’attuare la
bella aspirazione, per tributare plauso allo Zandonai, che tanto onora il nostro Liceo e che
dev’essere considerato come figlio adottivo di questa città, vera patria di lui musicista.
Il plauso al suo ingegno creatore suonerebbe anche gratitudine al maestro Zanella.
Pesaro, 15 novembre 1912.
ALDO PIZZAGALLI
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[NOVITÀ ANNUNZIATE], «Rassegna contemporanea» VI/15, 10.8.1913 – p. 524
La «Francesca da Rimini» del Zandonai. In un salone del Palace Grand Hôtel a Varese, alla
presenza del signor Russel, direttore generale dell’Opera di Boston, e di alcuni musicisti, il maestro
3.2.7/1
Zandonai fece sabato udire per la prima volta la sua nuova opera Francesca da Rimini, composta
sulla tragedia di Gabriele D’Annunzio. L’opera, che dovrà essere rappresentata per la prima volta
quest’inverno all’Opera di Boston, ha ottenuto un vero successo in questa prima audizione intima.
478
[NOVITÀ ANNUNZIATE], «Rassegna contemporanea» VI/21, 10.11.1913 – p. 527
La prima della «Francesca da Rimini» del maestro Zandonai pare fissata al 15 febbraio venturo
all’Opera House di Boston. Interpreti principali: Lina Cavalieri, il tenore Muratore, direttore il
maestro Caplet. Subito dopo la nuova opera andrà in iscena al Regio di Torino con la Tarquini,
direttore Panizza. Contrariamente a quanto si diceva, né Zandonai né D’Annunzio assisteranno alla
prima rappresentazione di Boston, ma saranno certamente a Torino.
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La jettatura al Regio di Torino, «Orfeo» V/7, 14.2.1914 – p. 3, col. 4
Le ultime vicende della stagione del Regio di Torino non sono troppo liete: vicende che hanno
condotto ad un ritardo nell’andata in scena della Francesca da Rimini per un forte esaurimento
nervoso sopravvenuto alla Tarquini, che dell’opera nuovissima dello Zandonai doveva essere la
protagonista.
[...]
480
Zandonai a Musica, «Musica» XVI/1, 15.1.1922 – p. 2, col. 4
Nonostante la ferma volontà del Maestro e la sua simpatia per noi, nonostante il suo
proponimento, allo stesso modo che la dilagante influenza lo ha costretto ad interrompere per
alcune sere la direzione della sua «Francesca da Rimini» al Costanzi, non gli ha concesso di
trovarsi fra noi per la lettura ed il commento della sua bella opera indetta il 4 gennaio.
Nel dubbio del suo intervento fece sì che molti amici accorressero lo stesso alla nostra redazione
e poiché ci fecero l’onore di trovarcisi bene, dopo poche parole del nostro Tofani ed aver tutti i
presenti formulato i migliori voti per una pronta guarigione del maestro, fortunatamente ristabilitosi
tanto che come è noto à già ripreso la direzione di Francesca e sta febbrilmente ultimando Giulietta
e Romeo, si decise di improvvisare un piccolo trattenimento per scorrere il tempo tra noi.
[...]
Fausto Salvatori, per quanto facesse e si schermisse, dovette parlare, come lui solo sa, dell’opera
di Zandonai e la evocò con una improvvisazione or veemente or languida, sempre competente ed
illuminata da un’altissima fede, conquistandosi lo scelto uditorio che mai avrebbe voluto il
Salvatori terminasse di parlare, tanta era la poetica dottrina, tanto il piacere a la rivelazione degli
intimi legami che egli seppe stabilire tra l’immortale canto di Dante e l’opera che d’Annunzio ne
aveva tratto e che Zandonai aveva saputo italianamente rivestire di note.
Suscitò unanimi approvazioni ed insistenti applausi un suo alato invito rivolto al Maestro
involontariamente assente perché egli volesse non lontanamente ritornare tra noi a Musica non
soltanto per rivelare Francesca ma anche Giulietta. [...]
481
«Francesca da Rimini» illustrata a «Musica» dall’Autore, «Musica» XVI/2, 30.1.1922 – p. 1, col.
1-2-3 (con una foto della riunione alla redazione del giornale)
3.2.7/2
Lunedì 16 le sale della nostra Redazione si aprirono ad una originale simpaticissima festa che è
destinata a segnare una data memorabile nell’attività del nostro giornale. Riccardo Zandonai
eseguiva al pianoforte i punti più salienti della sua fortunata opera «Francesca da Rimini» col
concorso dei valorosi artisti che la interpretano nell’attuale stagione del Costanzi: Gilda Dalla
Rizza, insuperabile Francesca, il baritono Maugeri, Gianciotto perfettissimo, e la signorina Vitulli,
delicata Samaritana. Mancava il tenore Fleta ed ecco che insistentemente pregato il Maestro stesso
si mette a leggere la parte di Paolo accompagnandosi al piano. Il duetto del 3° atto acquistò una
mirabile vivezza, un’espressività che solo dall’autore-attore si può aspettare: molti si richiamarono
all’antica arte greca.
Il pubblico elettissimo si accese di schietto irruento entusiasmo e alla fine del 3° atto e del duetto
dell’atto 4° fra Gianciotto e Malatestino (impersonato con altrettanta energica suggestione dal M.
Zandonai) tributò all’Autore e agli esecutori ripetute salve di applausi.
Efficaci e utilissime furono le limpide parole con le quali l’on. Giovanni Tofani aveva prima
dell’audizione esposto notizie e dati su la nascita dell’opera d’arte insigne, e sui rapporti di verace
amicizia intercorsi fra Gabriele D’Annunzio, allora (1912) esule, e Riccardo Zandonai.
Come dicevamo, questa data del 16 gennaio sarà memorabile per noi, perché segna il glorioso
principio di quei Commenti Lirici che dovranno essere una iniziativa nuova originale e feconda e
per la quale abbiamo già raccolto numerose e autorevoli adesioni. [...]
Senza ripeterci, ci limitiamo a ricordare che lo scopo di questi commenti è di ripassare, illustrare
e commentare al pianoforte opere vecchie cadute in dimenticanza ovvero opere novissime che siano
per essere o siano state da poco sottoposte al giudizio del pubblico.
In questo secondo caso gli autori stessi parleranno del proprio lavoro, lo soneranno al pianoforte
e sceglieranno gli artisti che ne mettano in luce con l’esecuzione accurata i brani più salienti, come
nel caso di «Francesca».
[...]
Riccardo Zandonai ci leggerà nella prima quindicina di febbraio la sua Giulietta e Romeo per cui
è vivissima l’attesa al Costanzi.
[...]
482
Gastone Rossi-Doria, [Musica] - Novità italiane e straniere: Respighi, Zandonai, Lattuada,
Schmitt, Mossolof, Castelnuovo, Malipiero, Pilati, Riccitelli, «Nuova antologia» LXVII/fasc. 1438,
16.2.1932 – pp. 572-4
Di molte novità ci conviene oggi render conto: le Accademie sembrano rideste ormai ad
un’attività più “viva” e rispondente alle esigenze del nostro tempo. Ricorderemo dunque
composizioni di O. Respighi, di G. F. Malipiero, di R. Zandonai, di M. Castelnuovo-Tedesco e di
altri maestri d’Italia e di fuori.
[parla del brano Metamorphoseon XII di Respighi]
[...] Con tale gioia sonora, che anima tutta la produzione del Respighi fino ad apparirne la vera
intima ragione, contrasta radicalmente il tono severamente grigio della recente partitura sinfonica di
Riccardo Zandonai: Quadri di Segantini. Già altrove (a proposito del Giuliano)1 s’ebbe occasione
di porre in rilievo questa singolare natura della musica zandonaiana, la quale a molti appare ricca di
slancio e di vigore mentre a noi – in ragione sopratutto del meccanismo del suo ritmo e
dell’incertezza del colorito sonoro – sembra piuttosto stanca o al più affannosa. Per molto tempo
non volemmo sentir parlare dello Zandonai, adirati come eravamo contro il persistere di quei
caratteri in tutta la vasta sua opera. Nel Giuliano, che è pure una delle opere meno fortunate, ci
trovammo finalmente di fronte a scene sì perfettamente rispondenti al tono della musica da
avvertirci, forse definitivamente, del vero essere di questo musicista e del valore positivo che quei
caratteri potevano bene assumere: come a certe scene delle opere teatrali, così anche a quelle che a
1 Non s'è trovato alcun riferimento a Giuliano in numeri precedenti di «Nuova antologia», né in altre pubblicazioni, a firma
Rossi-Doria.
3.2.7/3
noi sembrano [le] più espressive tra le pagine sinfoniche si converrebbe un sottotitolo «Sunt
lachrymæ rerum» o qualche cosa di simile. Se si eccettui qualche pagina di Conchita, il florilegio
zandonaiano accoglierebbe sopratutto pagine soffuse di rimpianto o di accorata tenerezza. Quivi (e
nei Quadri di Segantini troviamo più d’una conferma) il musicista abbandona quell’enfasi
clamorosa che – al più – avrà giovato alla fortuna del suo maestro, Mascagni, ma che al suo
temperamento riesce deleteria; e più semplicemente esporre l’intimo, vero suo cuore. Rinasce
quindi, pur nella stanca fantasia, l’ansito della musica, così barbaramente violentata nella Cavalcata
di Romeo (ma anche nelle scene bellicose della Francesca) e nel poema sinfonico Ballata eroica.
Nella riespressione musicale dei quadri del Segantini il musicista ritorna nuovamente in quella sua
terra che già altra volta gli aveva suggerito musica (Primavera in Val di Sole), ed anche ora si
ridesta nella musica il senso del commosso rimpianto, sia nel quadro di rude dolore, sia in quello di
trepida dolcezza; quel senso che ben conosce chi una sera si sia trovato nelle montagne del
Trentino. Nella partitura l’intreccio di elementi e di linee cede ad un vasto alone sonoro, nel cui
grigio si inoltra la severa melodia. Partitura semplice, dunque, e sincera: tale da ostendere in pieno
la proprietà della maniera zandonaiana, alla lode come al biasimo; ma tale, anche, da meritare
rispetto anche dagli avversari più convinti.
[...]
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«Il Travaso delle idee» XIII/631, 31.3.1912 – p. 4, col. 4 (con un disegno che illustra la 'scena delle
botte’)
AL COSTANZI. - La notissima sigaraia sivigliana Carmen, abilmente truccata da Chonchita [sic]
per merito della signora Cervi-Caroli e con la complicità del nominato maestro Zandonai, s’è
salvata miracolosamente dalla coltellata di don José, ma ha preso tale una scarica di pugni
dall’egregio Mateo Taccani da rimanere assai malconcia, anche nel giudizio del pubblico, assai
deferente [!] dal solito, da quello della critica.
484
«Il Travaso delle idee» XIV/681, 16.3.1913 – p. 3, col. 3
Quanto prima Melenis di Zandonai, con romani antichi, saturnali, corse di bighe e altri circensi.
485
«Il Travaso delle idee» XIV/682, 23.3.1913 – p. 3, col. 2
Stasera la prima di Melenis, uovo di Pasqua offerto dal maestro Zandonai e che tutto lascia sperare
tanto sodo da resistere alle critiche più spietate.
486
«Il Travaso delle idee» XIV/683, 30.3.1913 – p. 3, col. 3 (con un disegno che raffigura la
Besanzoni)
TEATRI DI ROMA
Due parole per la nuova sorella di Conchita, che ha ottenuto un così lieto successo al COSTANZI:
Nel primo atto Melenis, che come abbiamo detto è una donnina allegra, vorrebbe condurre Marzio
in casa... di Commodo – nel secondo atto è Commodo che vorrebbe condurre Melenis a casa sua;
nel terzo a Marzio non fa comodo di ricevere Melenis nella propria.
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Allora per non mandare le cose per le lunghe Melenis si uccide, con accompagnamento a grande
orchestra, lasciando in eredità al «Travaso» questo fedelissimo ritratto della sua rivale Gabriella
Besanzoni.
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FRANCESTA DA VIMINI DI R. ZANREGALAI al «COSTANZI», «Il Travaso delle idee» XVI/785,
14.3.1915 – p. 3 col. 2-3
ATTO PRIMO.
Appare una corte, dove imperano, per la crisi del grano, i Polentani; da una parte il giardino...
d’Europa; sopra, una loggia massonica con veduta di Fano. Le donne di Montecitorio chiacchierano
del più e del meno, si fanno cantare l’ultima canzonetta da un giullare dell’Estrema Sinistra, e tutto
questo fino a che non viene il momento emozionante del primo colloquio di Francesca Salandra,
signorina da Polenta con Paolo Malatestaquadra di Dronero, che ella crede destinato a lei come
suo sposo e signore, mentre in realtà egli viene per Gianciotto Belpaese lo sciancato. Sul più bello
del colloquio cala il sipario, ma si sa che si giurano quel tale amore che farà epoca.
ATTO SECONDO.
Appare una piazza d’una torre rotonda dov’è piazzato un mangano da 420 ed altri molti utensili
bellici, che Francesca vien, curiosando, a vedere. Da un momento all’altro sembra che si entri in
azione, ma si aspetta che arrivi Paolo sulla torre e che dall’orologio della medesima scocchi l’ora.
Infatti arriva Paolo seguito dallo sciancato che ordina l’intervento. Il mangano comincia a lavorare
del suo meglio, Paolo lancia bellissime frecciate, la zuffa si accalora e culmina col ferimento di
Malintestino socialista, a cui la guerra così costa un occhio della testa. Vuol dire che d’ora innanzi
chiuderà un occhio su tutto e su tutti.
ATTO TERZO.
Appare una sala di lettura dove Francesca sta leggendo e mandando a memoria i Detti memorabili
di Marziale – vecchio autore interventista. Le solite donne vengono a seccarla con chiacchiere,
ballando tango e furlana. Poi viene Paolo ad aiutarla a voltare le pagine del libro e per quel dì ci
mettono il segno e... ciao.
ATTO QUARTO.
Appare una camera con buvette e relativi pasticcini a pagamento. Malintestino ne fa una delle sue:
sobilla lo sciancato contro sua moglie Francesca, insinuandogli che lei e Paolo se la intendano tra
loro. Sulle prime lo Sciancato non ci crede conoscendo la malignità di Malintestino. Ma poiché
questi riesce a far vedere al fratello dal buco della serratura i due innamorati che studiano la carta
dei Dardanelli con un dito sul Bosforo, l’ira dello sciancato tradito non ha più ritegno. Egli irrompe
nella Camera e rompe tutto, anche la... Neutralità.
488
«Il Travaso delle idee» XVI/786, 21.3.1915 – p. 4, col. 1-2 (con un disegno che raffigura Paolo e
Francesca che leggono il libro)
TEATRI DI ROMA
Francesca da Rimini non ha più un amante solo! Galeotto fu il... libretto dell’opera e chi lo scrisse,
ma più ancora chi lo musicò; certo si è che tutti quelli che hanno ascoltato le nuove dolcissime
armonie di Riccardo Zandonai, amano pazzamente l’infelice moglie di Gianciotto. E saranno ben
lieti di ritrovarla qui, sebbene debbano provare una certa gelosia nel vederla in compagnia del suo
Paolo, che sarebbe poi il tenore Pertile.
3.2.7/5
Francesca non diciamo chi sia: ci limitiamo ad osservare che è per merito suo che Aida, da celeste
si è fatta Rosa... Raisa sulle scene del COSTANZI.
489
«Il Travaso delle idee» XVII/840, 2.4.1916 – p. 3, col. 2 (con disegno raffigurante il baritono
Rimini e il mezzosoprano Besanzoni)
[AL COSTANZI]. Solennizziamo la réprise della Francesca pubblicando un panorama di Rimini...
nella parte di Amonasro. Accanto al bravo baritono travasiamo poi l’egizio profilo della principessa
Amneris Casazza, che abdicò a favore della Besanzoni.
Tanto questa che quella sono le prove viventi che l’amore non... consuma, come volgarmente si
crede: anzi, per entrambe Radames rappresenta un ricostituente sovrano.
Se quel guerriero io fossi preferirei però l’Aida, magari nella parte di signora Malatesta.
490
«Il Travaso delle idee» XVII/841, 9.4.1916 – p. 3, col. 3 (con disegno che ritrae la coppia
Gianciotto-Francesca)
[TEATRI DI ROMA]
Colui che qui sotto vedesi truccato da baritono Rimini altri non è che il povero Gianciotto, che
dopo il tradimento della sua signora con Paolo il Bello si sente più... Malatesta che mai.
Se non si può negare l’infedeltà della Raisa da Rimini bisogna però riconoscere la fedeltà
indiscutibile del di lei pupazzetto.
491
«Il Travaso delle idee» XXI/1031, 25.1.1920 – p. 4, col. 3
[AL COSTANZI]
Al COSTANZI, nell’intento di garentire al pubblico un’altra uscita di sicurezza, si sta
sperimentando La Via delle Finestre. E poiché è il maestro Vitale che compie i lavori relativi sul
progetto dell’ormai celebre ingegnere Zandonai, c’è da giurare che per questa via d’uscita... entrerà
mezza Roma.
492
«Il Travaso delle idee» XXI/1033, 8.2.1920 – p. 6, col. 2
[AL COSTANZI]
Al COSTANZI l’astronomo Zandonai ha trovato finalmente il modo di comunicare col firmamento.
Difatti per la via da lui additata (la via della finestra) è facile sentirsi trasportare alla nona (salvo
ognuno!) sfera celeste.
493
«Il Travaso delle idee» XXIII/1138, 12.2.1922 – p. 4, col. 2 (con due disegni che ritraggono il
baritono Parvis)
[CRONACHE TEATRALI]
Fervono, al COSTANZI, le prove di Giulietta e Romeo del maestro Zandonai, della quale
nuovissima opera diamo in altra parte del giornale un esteso riassunto. Ci consta che l’autore è in
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forse se gli convenga rinfrescare almeno il titolo dell’opera, adattandolo alla storia contemporanea.
Il nuovo titolo sarebbe Giulietti e Rizzeo. Ma difficilmente sarà adottato per intercessione di quegli
stessi che hanno detto male... della «Garibaldi».
Travasiamo per ora il profilo destro e il profilo sinistro del baritono Taurino Parvis nella duplice
incarnazione di Falstaff e di Gianni Schicchi.
494
«Il Travaso delle idee» XXIII/1138, 12.2.1922 – p. 3, col. 2-3
GIONITTIETTA E BONOMEO
La Sala, o meglio la Camera, appariva agitatissima prima ancora che si alzasse il sipario per l’inizio
dell’attesa ripresentazione con tenore Ivanoe.
Notate qua e là molte scollacciature ed un numero enorme di abiti neri, molto neri, con cappelli a
tre pizzi.
Diciamo subito che l’insuccesso è stato superiore all’aspettativa.
ATTO PRIMO
Il velario, steso pietosamente sulla situazione, lascia scorgere Piazza Montecitorio immersa
nell’eterna notte del carnevale politico.
Le maschere d’ogni colore, in cattivi costumi, o addirittura scostumate, sono tutte più o meno politicanti.
Le fazioni dei Cagoieti, dei Giolittecchi, dei Musodurolineschi, degli Sturziani ecc. fanno a chi più
briga e si sbriga a tornare al Potere.
Luibaldo degli Sturzeschi, cugino di Gionittietta, manda i suoi uomini a far visita al Papa defunto e
semina la zizzania sperando di raccogliere a primavera altri portafogli:
-Branco di corvi! Ormai fatevi sotto!
Se non potremo ripigliare Roma
Facciamo che il Banco omonimo ripigli!
Bonomeo è stanco e vorrebbe piantare Monna Camera, amante cinquantenne, ossia sull’età critica,
ma non si decide a farlo temendo le furie degli altri protagonisti della tragicommedia.
ATTO SECONDO
La scena raffigura un cortile con animali ad hoc. In primo piano l’on. Tuntar. S’ode un canto in
lontananza:
Finito è il tempo dell’incantagione
con le ciarle che il vento porta via.
Or ci vuol l’Azione. Viva solo l’Italia e... così sia.
Gionittietta vuole ad ogni costo tirar fuori l’affare di Bonomeo, ma gli altri non ne vogliono sentir
parlare e cambiano discorso. Allora Gionittietta beve una bevanda affatturata che la farà cadere in
apparente letargo.
ATTO TERZO
Bonomeo si convince che Gionittietta dorme l’ultimo sonno e che non può aspirare a sperare di far
spirare l’Italia.
Credendo proprio morta la sua mania erotica di aver fra le mani il timone dello Stato, stima giunto
il momento di togliersi dalla vita troppo politica e si avvelena nel Gabinetto, con un infuso di
manna e senna e dimissioni preventive.
Non appena egli ha trangugiato l’amaro calice, Gionittietta riapre gli occhi e si fa avanti urlando:
3.2.7/7
Ah! Sì! Salire! Sì, t’ho buscherato
col... fondo in terra a contemplarti sto
che questa crisi tua, ch’ho provocato
sfruttare am-abilmente or io saprò!
Bonomeo, che si è avvelenato l’esistenza per davvero e non può più dire di avere fatto per finta e
dare le dimissioni da essere (e non essere) vivente, mangia la foglia e sale su tutte le furie,
designando al Re e all’opinione pubblica quello che c’è sotto a Gionittietta.
Questa, che sente ormai sfuggirsi sul serio la vita che sognava, si aggrappa alle gambe d’un
passante gridando:
-Con te, con te passare,
Denicoletto, fammi al Viminal!
Simpaticone mio, non mi lasciare...
Simpaticone mio, che c’è di mal?
Ma gli armeggi sono vani e Gionittietta cade, anche lei, molto affranta e poco rassegnata esalando
per ora l’ultimo respiro, per noi di sollievo.
Risuonano mille voci:
Benedetti nel Cielo i De Nicola
se per davvero righeranno dritti!
Per noi quaggiù c’è una speranza sola:
a cagoiarci non ritorni Nitti!
495
«Il Travaso delle idee» XXIII/1139, 19.2.1922– p. 8, col. 2
[TEATRI DI ROMA]
Come bevono
Certi Romeo Fleta, non meglio identificato, e la sua amante Giulietta Dalla Rizza trascorsero la
notte di martedì scorso passando d’osteria in osteria, chiusero il pellegrinaggio con un’ultima
colossale bevuta, che costò ad entrambi la vita.
Questa la prima sintetica notizia del fosco fatto di cronaca telefonataci da uno dei nostri reporters.
Successive comunicazioni ci hanno fatto apprendere che le sbornie dovevano essere per i due
amanti il coronamento di ogni atto della vita (primo atto due osterie; terzo atto un’osteria, ecc.):
forse per questo si vuole citare quello di Giulietta e Romeo come un amore di-vino.
L’unico atto senza osterie offrì pur sempre loro il modo di bere, per l’esistenza... sulla scena di un
bel posto!
Alla fine Giulietta ha bevuto il narcotico per far credere agli altri di aver bevuto il veleno. Romeo
che beve grosso, ci crede e va a bere il tossico. Allora gli spettatori (poiché avrete capito che il
fattaccio di cui parliamo si è svolto al COSTANZI) prorompono in grida di: Bravo! Bene! Bis!
Pure, censurando l’atto, anzi gli atti inconsulti dei due innamorati e del galeotto Rossato, lodiamo
senza alcuna riserva l’interpretazione magnifica, gli scenari superbi, la messa in scena favolosa.
E ci sembra di non aver dimenticato nulla. Ah... la musica... Beh!... Dicevamo che
all’ARGENTINA [...]
496
Dall’Asta, Pesaro, La Tribuna, 4.2.1932, p.7, c. 2
3.2.7/8
PESARO, febbraio.
Questa città squisitamente musicale, in questi giorni non vive che per il desiderio di vedere
schiudersi i battenti del suo vecchio, glorioso teatro «Rossini», per rivedere la soave figura di
madonna Francesca e risentire il canto melodioso, accorato, impetuoso del bel Paolo. Quanta
passione per questa ispirata musica del suo figlio adottivo!
Ma Zandonai è pesarese?
Per quanto ci sia chi afferma che sia nato altrove, il popolo pesarese crede, che Zandonai sia
proprio di Pesaro. Egli è stato sempre con noi fin da fanciullo, conosce e parla con tutti come con
gente di famiglia e suole tornare a Pesaro dopo ogni suo successo riportato nelle grandi città nostre
e all’estero. Del resto, egli stesso chiama Pesaro sua seconda patria. Che altro, si cerca di più?
–Per chi non lo sapesse, Zandonai possiede in città una sua casetta, modesta come lui, ma piena di
ricordi, di affetti.
La passione per le dolci colline pesaresi, la passione della caccia, degli alberi, delle selve, gli
hanno fatto scegliere da poco tempo il più bel posto di Pesaro nella dolce solatia collina di San
Bartolo, ove Mascagni scrisse già alcune delle più belle pagine della sua musica.
In mezzo ad una selva di conifere, Zandonai ha piantato la sua «baita», il suo buon rifugio. Di
lassù gli è dato ammirare tutta l’azzurra distesa dell’Adriatico, di lassù egli potrebbe riconoscere ad
una ad una tutte le ville che sorgono sulla nostra incantevole spiaggia.
Francesca da Rimini! vive fra noi il nostalgico ricordo di quest’opera suggestiva. Girando per
Pesaro in questi giorni pieni di sole, ovunque si sentono risuonare i motivi della «Francesca»,
perché Pesaro – ricordiamolo con orgoglio – ha il vanto di avere rappresentato quest’opera nel suo
«Rossini» e in meravigliosa edizione, come seconda città d’Italia, nel 1914.
Fu un trionfo. Veramente si direbbe che nella decisione di rappresentare quest’opera in inverno e
non nella estate, che per Pesaro segna la stagione delle grandi manifestazioni, ci sia stato un poco di
egoismo.
Perché non riservarla in luglio quando Pesaro è un po’ di Roma, di Bologna, di Firenze, e
quando tutta l’Umbria verde guarda a Pesaro come ad un «eden» di refrigerio e di vivacità?!
Pesaro comincia a spendere in anticipo le sue risorse. Nella estate che verrà, che cosa offrirà di
nuovo e di bello ai forestieri? Che cosa saprà darci di nuovo l’Azienda Autonoma balneare?
[...]
497
«Il Travaso delle idee» XXXV/1824, 7.4.1935 – p. 6, col. 2
TEATRO REALE DELL’OPERA
La stagione si avvia al termine, per lo meno del cartellone. Siamo perciò alla Farsa che è quella
Amorosa di Riccardo Zandonai. Dirigerà lo stesso autore. Perché, non si fida forse?
Gli interpreti sono uno più bravo dell’altro: Pia Tassinari, Nino Bertelli, Carmelo Maugeri, Sara
Ungaro, Alessio De Paolis, Salvatore Baccaloni e viceversa: Baccaloni, De Paolis, Ungaro ecc.,
uno più bravo dell’altro, così non si fa torto ad alcuno.
498
«Il Travaso delle idee» XL/2075, 28.1.1940 – p. 13 (annuncio con grande disegno a colori che
ritrae A. Dubbini, G. Pederzini e P. Civil in una scena di Conchita)
AL REALE. - Conchita del maestro Zandonai. Il libretto, come è noto, è ispirato a La donna e il
burattino di Pierre Louys. La donna è Gianna Pederzini e il burattino è Paolo Civil che al quarto
atto, stanco di cantare e di essere preso in giro, dà una buona dose di legnate alla sua bella fra la
soddisfazione generale.
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«Francesca da Rimini» - tragedia in 5 versi e 5 atti di N. N., «Quadrivio», 22.12.1940 – p. 5, col.
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ATTO PRIMO
Cortile del castello dei Malatesti a Gradara. Gianciotto, rivestito dell’armatura, è nel mezzo della
scena intento a palleggiare una picca. Un grosso mangano s’affaccia tra merlo e merlo. Uomini
d’arme della fazione dei Malatesti si sporgono dalle bertesche volgendo al pubblico la parte
retrostante.
Entra improvvisamente un paggio che, concitatissimo, si avvicina a Gianciotto.
PAGGIO
-Torna!
GIANCIOTTO
-Chi?
PAGGIO
-Paolo!
GIANCIOTTO
All’improvvisa notizia Gianciotto smette di palleggiare la picca, poi in preda ad agitazione mista a
gioia corre zoppicando verso il fondo del cortile, chiamando:
-Francesca!
FRANCESCA
S’affaccia da una loggetta del cortile, anch’essa agitatissima
GIANCIOTTO
-Ei torna!
FRANCESCA
Dominando il suo turbamento:
-Oh cielo!
FINE DEL I ATTO
ATTO SECONDO
Camera del castello. Francesca è intenta a leggere un vecchio libro appoggiato a un leggio. Paolo
è dinanzi a lei, e la guarda con la mano appoggiata sul pomo della spada. Da un cortinaggio fa di
tanto in tanto capolino la testa di Malatestino.
PAOLO
Non potendo più contenere la sua passione, smette di tormentare il pomo della spada e,
avvicinandosi a Francesca, le prende una mano.
-T’amo.
FRANCESCA
Protestando debolmente:
-Deh, cessa!
PAOLO
Incalzandola:
-E tu?
FRANCESCA
Abbandonandosi con un sospiro:
-Fin da quel giorno!
MALATESTINO
Con un ghigno scompare.
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FINE DEL II ATTO
ATTO TERZO
Altra camera del castello. Gianciotto passeggia nervosamente su e giù. Di quando in quando si
passa la mano sulla fronte, in gesto di sofferenza. Entra precipitosamente Malatestino, ma prima di
parlare a Gianciotto si guarda alle spalle, prudente.
GIANCIOTTO
-Ebben?
MALATESTINO
-S’amano!
GIANCIOTTO
-Orror!
MALATESTINO
-Scopri l’inganno.
Escono.
FINE DEL III ATTO
ATTO QUARTO
Davanti al castello. Gianciotto è in procinto di partire. Malatestino, già a cavallo, aspetta. Paolo
regge le staffe a Gianciotto. Francesca, pallidissima, accompagna lo zoppo presso il destriero.
Gianciotto rifiuta l’ajuto di Paolo e sale in arcione da solo.
PAOLO
-A quando?
GIANCIOTTO
-Ignoro.
Indicandogli Francesca:
-A te l’affido.
PAOLO
Ponendosi una mano sul petto:
Fida!
Saluti, addii. Gianciotto e Malatestino spronano i cavalli. Paolo e Francesca si guardano
lungamente.
FINE DEL IV ATTO
ATTO QUINTO
Camera da letto di Francesca. I due amanti, senz’alcun sospetto, si baciano teneramente, seduti su
una cassapanca nello strombo di una finestra gotica.
PAOLO
-Amore!
FRANCESCA
-Amor!
Entra improvvisamente Gianciotto da una porticina segreta, di cui nemmeno Francesca sospettava
l’esistenza. È furente. Ha la spada in mano sguainata.
GIANCIOTTO
-Ah drudi!
FRANCESCA
A Paolo, baciandolo:
-Io moro!
PAOLO
-Io pure!
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FINE
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