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Diritto e diritti della persona
in Antonio Rosmini11
MARTA FERONATO
In una nota relazione presentata ad un convegno a L’Aquila nel 19642, Norberto Bobbio invitò ad abbandonare quelle che egli riteneva sterili discussioni circa il fondamento ultimo dei diritti dell’uomo, intorno al quale non si dava e non si può dare accordo, in favore della promozione di una politica volta,
piuttosto, a proteggerli e a tutelarli.
Le recenti celebrazioni3 rammentano, peraltro, l’urgenza di interventi diretti a promuovere la cultura
dei diritti umani, in troppi casi ancora conculcati.
Rosmini, circa 150 anni fa, si preoccupò di indagare la natura della società civile, sotto il profilo teoretico, ponendo a terna proprio ciò che l’insigne filosofo del diritto e della politica torinese auspicò venisse
tralasciato: solo indagando l’essenza della società è possibile riconoscere che essa poggia le sua fondamenta sul diritto; e, quindi, riconoscere che i diritti della persona umana sono intangibili proprio grazie
alla priorità logica del diritto rispetto alla politica e alla società civile.
«La ragione di tutti gli avvenimenti sociali si trova nell’uomo, elemento della società»4, osserva il Roveretano, all’inizio del IV libro de La società e il suo fine, nella Filosofia della Politica. Al capitolo XIII del libro I, nella stessa opera, aveva già spiegato: «Come l’uomo, elemento della società, ha una parte interna
e invisibile, e una parte esterna e visibile; così due sono pure le parti di ogni società umana, l’invisibile e
la visibile, l’interna e l’esterna. A queste due parti dell’umana società corrispondono due specie di vincoli che le uniscono: vincoli interni ed invisibili, i quali annodano insieme quella che Leibnizio chiamava la
repubblica delle anime; e vincoli esterni e visibili, i quali annodano la società esterna, che cade tuttodì
sotto i nostri sensi. […] La società invisibile e la società visibile […] sono come l’anima e il corpo della società umana»5.
La dialettica tra «invisibile-visibile», «interno-esterno», «anima-corpo» che si profila in queste righe
relativamente alla società rende possibile affermare che, nell’ottica di Rosmini, la società civile è l’uomo
in grande - riprendendo la celebre argomentazione sviluppata da Platone nella Repubblica6. Diversamente dal grande filosofo, tuttavia, il Roveretano non assegna valore meramente organicistico alla metafora
del corpo sociale. La struttura della società è simile a quella dell’uomo nel senso che si compone di una
parte esterna, visibile, «materiale» - corpo -, e di una parte interna, invisibile agli occhi, «spirituale» - anima. E, così come il corpo è vivificato dall’anima, la società visibile trae nutrimento da quella invisibile
e ne è, in qualche modo, la «rappresentazione»7: le relazioni «spirituali» che si sviluppano tra gli uomini
in società si riverberano nell’organizzazione esteriore della stessa, non trascurando di esercitare, a loro
volta, dialetticamente, un’influenza sui vincoli «interni»8, potendoli migliorare e perfezionare oppure de1.
In: Studia Patavina, Anno LVI – 2009 – N. 3, Settembre-Dicembre, p. 539-548
2.
Pubblicata in francese col titolo L’illusion du fondement absolu nel volume Le fondement des droits de l’homme, La Nuova Italia,
Firenze 1966: poi tradotta in italiano: N. BOBBIO, Sul fondamento dei diritti dell’uomo, in Rivista italiana di filosofia del diritto 42
(19651 302-309; ora in: Id., L’età dei diritti, Einaudi, Torino 1990, 5-16.
3.
Il 10 dicembre 2008, giorno precedente a quello in cui si è celebrato il convegno patavino in onore di Antonio Rosmini,
cadeva il LX anniversario della «Dichiarazione universale dei diritti umani».
4.
A. ROSMINI, Filosofia della politica, a cura di Mario D’Addio (Opere edite ed inedite di Antonio Rosmini, 33), Città Nuova,
Roma 1997, 357. Da questa edizione critica sono tratte le citazioni.
5.
Ivi, 178.
6.
PLATONE, Repubblica, II, 368 E.
7.
Rosmini si sofferma sui rapporti fra società visibile e invisibile nella Filosofia della politica, edizione D’Addio cit., 178-188.
8.
«Acciocché una società possa dirsi buona, ella dee avere un fine buono, dee esser buona la società interna, di cui l’esterna
1
teriorare, così come avviene, in piccolo, nel singolo uomo.
E, ancora, Rosmini osserva: «tutto ciò che nasce nelle nazioni sopra una scala più grande e con altre
proporzioni, preesiste in germe nella mente degl’individui che le compongono», a ribadire l'imprescindibile nesso tra politica e antropologia, finanche tra filosofia politica e psicologia.
Tutto ciò, da una lato, consente al Roveretano di superare l’artificialità e l’esteriorità della società civile rispetto all’individuo, tipiche del giusnaturalismo e dell’utilitarismo moderni9; dall’altro lato, lo avvia
verso la tematizzazione dei requisiti e dei fini10 della società, in generale, e della società civile, in particolare. Egli individua un duplice ordine di fini per ogni società: un fine remoto - o ultimo, in quanto comune a tutte le forme associative - e un fine prossimo - o proprio, specifico, volto a distinguere una società rispetto alle altre: per quanto riguarda la società civile, essi consistono nell’appagamento morale
dell’animo umano (fine remoto) e nella regolazione delle modalità dei diritti dei cittadini (fine prossimo)11.
In particolare, la società civile viene costituita dagli uomini allo scopo di ottenere «la scambievole sicurezza de’ loro diritti e per altri fini»12. A questo proposito, rileva segnalare che i diritti rappresentano
uno dei vincoli interni alla società stessa: essi, congiuntamente con gli affetti sociali, unificano la società
«invisibile», laddove la società «visibile» è tenuta insieme dalle leggi esterne (e da tutti gli atti che riguardano il rapporto tra governanti e governati), e dalle consuetudini della vita13.
Diritti e leggi agiscono parallelamente, ciascuno nel proprio ordine, nell’anima e nel corpo della società - per riprendere la metafora organicistica -, e vicendevolmente si influenzano, allo scopo di mantenere
l’unità della società stessa, a livello interno ed esterno. Come la società visibile gioca i suoi rapporti con
quella invisibile sulla base di una duplice dinamica, attiva e passiva, talché la parte esterna manifesta
quella interna e riverbera, poi, in essa quanto avviene al di fuori, così diritto e legge esprimono due facce
di una medesima realtà: essi, vincolo interiore e vincolo esteriore, si corrispondono l’un l’altro e agiscono
come «collanti» per la società, su piani differenti.
Lo scopo che ci si propone, in questa sede, è quello di meglio intendere, rosminianamente, il fine e,
per ciò stesso, la natura della società civile alla luce dell’essenza del diritto, entità morale e ideale14 che
contribuisce a dare unità alla società invisibile e, di conseguenza, anche alla società visibile. La tesi, dunque, è questa: a parere di Rosmini, esplorando la natura del diritto e dei diritti di cui ogni uomo è titolare, ci si mette nella condizione di capire più in profondità la natura della società civile e di indirizzarla in
maniera più proficua verso il fine che le è proprio, adottando i mezzi più idonei.
In effetti, sulla base di una prima, semplice considerazione, dobbiamo riconoscere che, nell’ottica del
Roveretano, il diritto pre-esiste rispetto alla società civile: se la società assume come suo scopo il regolamentare le modalità dei diritti15 significa che, per lo meno dal punto di vista logico, essa «viene dopo», e
non è che una semplice rappresentazione ed un effetto. Tutta la sostanza della società umana è interna, è negli spiriti. […] La
società esterna dee essere ad ogni modo ordinata a migliorare e a perfezionare la società interna, nella quale giace il proprio
fine, e come dicevamo, la vita, lo spirito, la forma delle società» (ROSMINI, Filosofia della politica, edizione D’Addio cit., 180181; corsivi miei).
9.
Cfr. S. COTTA, Introduzione a ROSMINI, Filosofia della politica, a cura di S. Cotta, Rusconi, Milano 1985, 36-37.
10.
«Ogni società ha necessariamente due fini, l’uno rimoto, comune a tutte le umane associazioni, ed è il vero bene umano,
l’appagamento dell’animo; l’altro prossimo, proprio della società particolare, costituito da que’ beni e piaceri che prestano
materia al giudizio interiore e spontaneo, che produce e mette in essere l’umano appagamento» (ROSMINI, Filosofia della politica, edizione D’Addio cit., 180-181; corsivi miei).
11.
ROSMINI, Filosofia della politica, edizione D’Addio cit., 180-181 (corsivi miei).
12.
ROSMINI, Filosofia della politica, edizione D’Addio cit., 226.
13.
Cfr. Ivi, 179, nota (51).
14.
Cfr. ROSMINI, Filosofia del diritto, Edizione nazionale delle Opere edite ed inedite di A. Rosmini, XXXV, a cura di R. Orecchia, Cedam, Padova 1967, vol. I.
15.
Su cui si veda: F. M ERCADANTE, Il regolamento della modalità dei diritti. Contenuto e limiti della funzione sociale in Rosmini, Giuffrè, Milano 1974.
2
che la sua stessa struttura è intimamente segnata dai rapporti che la stringono al diritto. Scrive, infatti:
«Che i principji del Diritto sieno anteriori di loro natura e indipendenti da quelli della Politica, ciò è verissimo»16. E inoltre: «La Filosofia della politica […] non espone ciò che è di diritto, ma abbisogna di tener
questo presente come un dato anteriore, per regolare i suoi passi, e giungere ad armoneggiare con esso
quello stato perfetto di società, che è l’opera a lei propriamente assegnata e commessa»17, avvalorando
l’anteriorità del diritto rispetto alla filosofia della politica e alla politica stessa, che indagano il fine ultimo della società e dell’arte di governo.
Come è noto, nel dedicarsi alla filosofia, Rosmini intese riprendere la tradizione classica per «aggiornarla» alla luce degli esiti della riflessione maturata nel corso dell’età moderna. Le sue indagini sulla politica e sul diritto attestano18 che egli abbraccia e coniuga entrambe le prospettive.
Il punto di vista che vogliamo assumere, in questa sede, nell’esaminare la concezione rosminiana del
diritto, muove dal considerare il ruolo dello stesso nella società civile e le sue connessioni con la legge
positiva esterna, per approfondirne poi l’essenza, alla maniera in cui viene indagata nella Filosofia del diritto. Si tratta di verificare se, assumendo questo punto di vista, possano essere ugualmente individuati
elementi di modernità e classicità, e come siano resi compatibili.
Riprendiamo l’argomentazione sopra accennata. Come abbiamo già osservato, nella Filosofia della politica Rosmini indica che il diritto costituisce uno dei due vincoli interni alla società.
Egli, all’inizio del primo libro de La società e il suo fine aveva già avuto modo di distinguere tra rapporti e vincoli19 - questi, effettivi e relativi all’ordine reale; quelli, concernenti l’ordine ideale. I vincoli, rapporti realizzati, sono intesi come dei «fatti»: l’uomo stabilisce vincoli di proprietà con le cose e vincoli di
società con le persone. Diritto e affetti, leggi e consuetudini rappresentano altrettanti vincoli per la società invisibile e per la società visibile: da essi ricevono unità. Quindi, nell’ordine dell’essere reale, questi
legami sono effettivi, «reali» e non ideali, appunto: e, sotto questo profilo (osiamo dire) effettuale, le leggi esterne corrispondono al diritto, come già si è accennato.
In base al rapporto dialettico tra società interna e società esterna - sopra brevemente delineato - si può
osservare che non tanto il diritto deriva dalle leggi (positive) della società civile, quanto le leggi rispecchiano il diritto, sul quale in ultima analisi sono fondate, e vengono emanate - o dovrebbero essere promulgate - conformemente ad esso. Il rapporto attivo che esiste tra società visibile e società invisibile, per
il quale la prima diventa una «veritiera e fedele rappresentazione»20 dell’altra, richiede che le leggi esprimano fedelmente il diritto, e siano votate al suo rispetto. Per converso, il rapporto passivo che interviene tra le due parti della società, implica che la società esterna abbia un’attitudine ad influenzare i legami tra le anime, che plasmano la società interna, e, dunque, che essa debba essere «ad ogni modo ordinata a migliorare e a perfezionare la società interna, nella quale giace il proprio fine»21: si intende, perciò, come le leggi, volte ad amministrare la società, debbano essere promulgate in modo tale da contribuire a rafforzare i legami interni e a raggiungere il fine ultimo della società stessa, l’appagamento dell'animo umano. Vale la pena sottolineare che per leggi esterne si debbono intendere le norme giuridiche,
generali e astratte, le quali regolano la vita politica, economica, sociale, al modo in cui sono state elaborate dalla teoria generale del diritto.
Il governo della società presiede al conseguimento dei fini dell’uomo e della società stessa, e riceve
precise direttive dall’essere la sua azione ordinata a questo scopo: ogni suo dovere, in ultima analisi, si
16.
ROSMINI, Filosofia della politica, edizione D’Addio cit., 187, nota (54).
17.
ROSMINI, Filosofia del diritto, cit.. V, 1250, n. 1734.
18.
Come ho già avuto modo di argomentare nel mio lavoro La fondazione del diritto naturale in Rosmini, Cedam, Padova 1998.
19.
Cfr. Filosofia della politica, edizione D’Addio cit., 129, «I rapporti necessarii, immutabili. Costituiscono altrettante leggi, che
debbono essere dall’uomo rispettate. I vincoli non sono che de’ fatti, i quali o si trovano conformi alle leggi, o dalle leggi
difformi: ovvero sono arbitrari, cioè né positivamente voluti, né positivamente proibiti dalle leggi».
20.
Ivi, 178.
21.
Ivi, 181.
3
riduce al favorire o comunque non ostacolare il raggiungimento del vero bene umano da parte dei consociati, promuovendo politiche che tendano, per un verso, a incoraggiare il perseguimento del fine e, per
altro verso, a sradicare gli impedimenti che lo frenano. Ogni atto di amministrazione compiuto dall'autorità politica viene, inoltre, subordinato all’antico principio secondo il quale «Il governo non può fare
nulla di ciò che è contrario alla giustizia»22, intesa rosminianamente come rispetto dell’ordine dell’essere.
A questo primo livello di analisi, si possono, dunque, intravedere elementi di classicità nella riflessione rosminiana sui rapporti tra diritto e legge civile esterna, che si riverberano sulle relazioni tra filosofia
del diritto e filosofia della politica. Si potrebbe affermare, mutatis mutandis, che anche nella filosofia rosminiana «Non ex regulis ius sumatur, sed ex iure quod est regula fiat»23: parafrasando e adattando
l’antico brocardo, ci pare che Rosmini riprenda, per taluni aspetti, la concezione classica dei rapporti tra
ius e lex24, tale per cui la legge è ispirata al diritto, il quale «scaturisce» dalla realtà dell’esperienza; e solo
dopo che è stato determinato il diritto proprio di ciascuna situazione, si procede ad emanare la legge adatta. Del resto, nella Filosofia del diritto, egli indicherà un metodo per identificare il diritto in ogni circostanza, che consiste nell’applicare il «principio della determinazione dei diritti», individuato nella proprietà: è possibile stabilire se ci si trova o meno di fronte ad un diritto solo se si riesce a scoprire il proprio di ciascuno, in precise situazioni; talché, diritto significa dare a ciascuno il suo: jus suum cuique tribuere, classicamente. Inoltre, «dare il suo a tutti i sozj» è l’oggetto della giustizia sociale-civile25.
Tuttavia, Rosmini non abbraccia semplicemente la metodologia giuridica classica, che conduce alla ricerca prudenziale dello ius. Infatti, priorità del diritto rispetto alle leggi civili significa, anche, nella sua
ottica, auspicare una legislazione chiara e certa, che muova dalla codificazione dei diritti della persona
umana, conformemente al paradigma giuridico della modernità: diversamente da quest’ultimo, però, egli indica quale dovere primario del codice stesso la funzione di interpretare «la suprema legge giuridica»26, identificata nella giustizia.
Come è noto, la riflessione giusfilosofica rosminiana accoglie e coniuga motivi delle due opposte tradizioni, classica e moderna. Sul piano strettamente politico dottrinario, essa affianca il diritto sociale - che
scaturisce dai legami sociali, appunto - al diritto extra-sociale, generato dal seno della persona e della natura umana. L’extra-sociale è diritto immutabile nella sua struttura ontologica seppur mutevole nelle
forme storiche assunte, e quindi inalienabile e indipendente rispetto a qualsiasi società, che necessariamente deve riconoscerlo.
Extra-sociale dice proprio la natura di questo diritto: esso precede ogni forma associativa, poiché inerisce all’essenza della persona umana. Extrasociale è la denominazione che assume il diritto naturalerazionale in presenza del fatto della società: «ogni uomo non mette mai tutto se stesso in una società che
fa co’ suoi simili, né pure nella società civile, ma se ne riserba una parte, colla quale egli non è sozio, egli
si trova in istato di natura»27. E, più avanti, Rosmini aggiunge:
Questo elemento extra-sociale non ha bisogno della così detta ricognizione legale per esistere realmente,
egli esiste per sé, e nessuno il può distruggere. Egli è dunque cosa diversa, che esista una elemento senza
legalità, e che esista un elemento contro la legalità. L’elemento che esiste senza legalità, dee essere rispettato dalla legalità stessa ogniqualvolta questa s’abbatte, per così dire, sulla strada in esso. All’opposto
l’elemento contrario alla legalità può esser da questa distrutto se ella s’incontra con esso28.
22.
Ivi, 219.
23.
Digesto, 50, 17, 1.
24.
Si veda, tra gli altri, P. GROSSI, L’ordine giuridico medievale, Bari 1996, 135: «Il diritto è una realtà preesistente che il potere
non crea, non pretende di creare». Cfr. anche O. DE BERTOLIS, Introduzione bibliografica in E TODESCAN - O. DE BERTOLIS
(cur), Tommaso D’Aquino, Cedam, Padova 2003, 21-30.
25.
ROSMINI, Filosofia del diritto, cit., V, 1250, n. 1734.
26.
Si veda ROSMINI, Filosofia del diritto, cit., I, 11. A questo proposito, sia consentito rinviare ancora al mio La fondazione del diritto naturale in Rosmini, cit., 15.
27.
ROSMINI, Filosofia della politica, edizione D’Addio cit., 168.
28.
Ivi, 227.
4
Perciò tale diritto non dipende dalla società stessa: attiene alla struttura ontologica e assiologica dell'uomo, il quale è un essere sociale e socievole per natura, intellettivo e volitivo, libero, che aspira a verità, virtù, felicità, suoi fini supremi; essere razionale e morale al tempo stesso, signore di sé e soggetto unicamente «ai comandi dell’infinito»29, e quindi dotato di dignità infinita: insomma, il diritto extra-sociale inerisce all’uomo in quanto persona, e non in quanto membro della società.
La presenza di questo fattore extra-sociale, la cui sorgente non è nello stato, garantisce, inoltre, a livello teorico e pratico, che la società non rischi di farsi compromettere dalle secche e dalle sventure del dispotismo.
Nella Filosofia del diritto, il diritto extra-sociale assumerà una denominazione diversa: spostando il
punto di vista, ed avendo quale oggetto primario d’indagine il diritto, Rosmini esamina l’essenza stessa
del diritto e ne approfondisce le partizioni, distinguendo tra diritto individuale e diritto sociale, dove il
primo rappresenta quel diritto che preesiste rispetto ad ogni società e che condiziona la natura delle comunità. Si tratta, ancora una volta, seppure con terminologia differente, di una componente che si segnala perché prescinde dalla legalità. La sua natura è indipendente dalla società e dalla legge, che anzi da
esso è informata: se tutto il diritto fosse racchiuso nella legge positiva, si cadrebbe necessariamente, e in
effetto si cade - osserva Rosmini, esaminando gli eventi storici del suo tempo - nelle più terribili forme di
dispotismo.
La primalità dell’uomo-persona segna, dunque, uno dei momenti più alti della filosofia politica e giuridica del pensatore di Rovereto, elaborata senz’altro in funzione antidispotica: se l’anima della società,
vale a dire la società interna, invisibile, mantiene salda e integra la sua natura, tutelando il diritto individuale - altrimenti detto extra-sociale -, necessariamente la società esterna, il corpo, si manifesterà attraverso leggi e consuetudini ispirate a principi di libertà.
Tutto ciò è possibile, a parere di Rosmini, se in sede filosofica l’uomo non è considerato semplicemente un individuo razionale, caratterizzato da bisogni e pulsioni, orientato al soddisfacimento dei suoi desideri materiali, ma se si tiene conto, in linea di fatto e sotto il profilo teoretico, della sua autentica struttura ontologica. Anzi: solo se il concetto di persona30, centrale in tutta la filosofia rosminiana, costituisce
il fulcro attorno al quale risultano edificati il pensiero politico e la riflessione etico-giuridica.
Seguendo la logica dell’argomentazione di Rosmini, ogni uomo è persona, «individuo sostanziale intelligente, in quanto contiene un principio attivo, supremo e incomunicabile»31, o anche «una relazione sostanziale»32: non solo l’uomo nella sua piena maturità, ma anche il neonato o colui che si trovi seppure
momentaneamente incapace di intendere e di volere, è persona. Infatti, la presenza dell’elemento divino
che la informa e la rende fine33, costituisce ogni creatura umana come essere intelligente e libero, per lo
meno in potenza, e consente di escludere che qualche uomo possa non essere considerato «persona».
Alla luce di queste brevi considerazioni, e tornando alla metafora organicistica che ci ha guidati nella
ricognizione dei testi rosminiani, si potrebbe quasi sostenere che nella persona umana si intrecciano e si
vivificano i motivi e i temi che abbiamo ri-percorso. L’uomo, che è persona, corpo e anima inscindibilmente uniti, relazione sostanziale tra tutti gli elementi che compongono la sua natura, incarna in se stes29.
Cfr. ROSMINI, Filosofia del diritto, cit., I, 192, n. 52: «poiché la dignità del lume della ragione (essere ideale) è infinita, perciò
niente può stare al di sopra del principio personale, niente può stare sopra a quel principio che opera di natura sua dietro
a un maestro e signore di dignità infinita, quindi viene ch’egli è principio naturalmente supremo, di maniera che niuno ha
diritto di comandare a quello che sta ai comandi dell’infinito».
30.
Già oggetto, in questo convegno di studi, dell’intervento del prof. Enrico Berti. Tra la ricca bibliografia sul terna della persona in Rosmini, ricordiamo: E. Evain, Genèse et structure métaphysique de la personne chez Antonio Rosmini (1797-1855), Université de Lille, 1980; ID., Être et personne chez Antonio Rosmini, Beauchesne-Università Gregoriana Editrice, Parigi-Roma
1981.
31.
ROSMINI, Antropologia in servizio della scienza morale, Edizione nazionale delle opere edite ed inedite di Antonio RosminiSerbati, XXV, a cura di C. Riva, Bocca, Roma - Milano 1954, 504, n. 832.
32.
Ibidem.
33.
Cfr. ROSMINI, Filosofia del diritto, cit., IV, 868-869, n. 544.
5
so gli argomenti qui tracciati. Infatti, la società invisibile e la società visibile, all’interno delle quali i rapporti sono stretti dal diritto che si riversa poi nelle leggi scritte, sono specchio dell’anima e del corpo
umani, per così dire, «tenuti insieme» proprio dal principio personale: ed è forse anche per queste ragioni che Rosmini stabilisce un’insolita identità tra persona e diritto scrivendo: «La persona dell’uomo è il
diritto umano sussistente, quindi anco l’essenza del diritto»34.
In quest’ardita definizione, una delle quattro che Rosmini offre a proposito dell’essenza del diritto35,
che è «quel germe invisibile» da cui gli ideali e le azioni giuridiche si producono36, si sposano la persona
umana e la sua natura, le due facce della società, la politica e il diritto. Il principio supremo che è
nell’uomo, la sua volontà intelligente (e libera), esprime anche l’essenza del diritto, filo che annoda
l’anima della società, e le offre il soffio vitale. Proprio l’identificazione, a livello apicale, di persona umana e diritto sussistente - vale a dire reale, fattuale -, dicono che il diritto non solo si riferisce all’uomo, ma
si incarna nell’uomo e nel suo principio personale. Sicché, ogni violazione del diritto è, in ultima analisi,
violazione del principio sommo che è nell’uomo e, per converso, ogni offesa alla persona umana è necessariamente offesa giuridica, al diritto.
Tuttavia, ciò non significa che Rosmini intenda legittimare e tutelare giuridicamente ogni manifestazione dell’attività umana, né ammettere che qualsiasi pretesa individuale sia per ciò stesso un diritto: la
pienezza del diritto, infatti, si verifica in corrispondenza di una pienezza di persona. L’identificazione
tra diritto e persona, l’eccellenza della persona su ogni altro essere creato, il suo valere quale fine, generano la sottomissione alla persona - e quindi al «diritto umano sussistente» - della società civile e del diritto che da essa promana. In particolare, il governo della società dovrà tutelare i diritti connaturali, libertà e proprietà - che costituiscono, nell’analisi rosminiana del diritto individuale, la forma e la materia
di ogni altro diritto -, che ineriscono ad ogni uomo in quanto persona, a prescindere da qualsiasi atto ella
compia.
Rosmini, attento anche agli aspetti dottrinari della sua riflessione politico-giuridica, ipotizza la necessità che, in ogni società civile, sia istituito un Tribunale «venerabile ed indipendente, il quale sia incaricato alle opportune occorrenze di chiamare a censura la giustizia di tutti gli atti del governo, di tutte le
leggi, eccetto la legge costituzionale», allo scopo di «espungere dal seno della società civile il dispotismo»37, e quindi volto a proteggere e tutelare ogni persona e, perciò, ogni diritto extra-sociale.
Con una saggia avvertenza, tuttavia. Rosmini, non tralasciando mai il suo antiperfettismo38, ammonisce, realisticamente: è «una verità troppo disorrevole agli uomini, che non si può arrivare a tutelare pienamente i beni e i diritti di tutti e in tutti i casi contro l’umana tristizia»39.
MARTA FERRONATO
docente di Storia delle dottrine politiche
Facoltà di Scienze Politiche - Padova
34.
Ivi, I, 191, n. 49.
35.
Cfr. Ivi, I, 107, 120, 191 (n. 49).
36.
Ci si permette di rinviare nuovamente a La fondazione del diritto naturale in Rosmini, cit., 66ss.: «L’essenza del diritto» e
all’analisi del tema ivi condotta.
37.
ROSMINI, Filosofia della politica, edizione Cotta, cit., 691 (Della naturale costituzione della società civile).
38.
ROSMINI, Filosofia della politica, edizione D’Addio cit. 443: «Non vi ha nelle cose umane miglioramento di qualsiasi genere,
che seco non avvolga qualche nuovo male, per una legge profonda, ontologica, indeclinabile e sfuggente allo sguardo de’
superficiali perfettisti».
39.
ROSMINI, Filosofia della politica, edizione Cotta cit., 686 (Della naturale costituzione della società civile).
6