La Seconda Rivoluzione Industriale
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La Seconda Rivoluzione Industriale
La Seconda Rivoluzione Industriale Bonetti Matteo Classe V B Liceo Scientifico Tecnologico I.S.I.S. Giulio Natta Anno Scolastico 2013/2014 INDICE INTRODUZIONE PAGINA 3 PERIODO STORICO PAGINA 4 LA QUESTIONE SOCIALE PAGINA 6 AUGUSTE COMTE E IL POSITIVISMO PAGINA 7 KARL MARX E LA SOCIETÀ ALIENATA PAGINA 8 UNA FORMA DI CAPITALISMO ILLUMINATO PAGINA 10 LA LETTERATURA INGLESE PAGINA 11 LA LETTERATURA ITALIANA PAGINA 12 Pag. 2 INTRODUZIONE Spinto dalla consapevolezza che viviamo tempi di grande disagio ed incertezza non posso non osservare come alcune situazioni già verificatesi e compiute nel passato siano ancora attuali e molto simili se, al di la del periodo storico e fatte le debite distinzioni, osserviamo i periodi storici dal punto di vista del disagio dell’uomo messo di fronte ai problemi sociali di emarginazione, delle difficoltà economiche, alla paura che oggi attanagliano i ceti più bassi della società specialmente in ambito giovanile. La paura del futuro, l’insufficienza del salario, la disoccupazione e la difficoltà delle famiglie nell’affrontare anche i bisogni quotidiani più minimi, da una parte, e, dall’altra, le grandi aggregazioni di ricchezza in mano di pochi, gli sprechi e gli abusi degli stati, creano un grande scontento sociale, una grande paura del futuro. Viviamo oggi in un mondo molto più evoluto di 150 anni fa eppure nel “villaggio globale” sono sempre di più gli emarginati, i senza lavoro, i migranti che rischiano la vita attraversando il canale di Sicilia e non di meno milioni di persone vivono sotto la soglia minima di povertà. Normalmente si pensa che il disagio nutrizionale sia un problema solo dell’Africa e di qualche zona dell’India invece ci sono ancora troppi bambini che in Europa sono sotto la soglia di povertà una condizione che prelude a grandi problemi di salute nel futuro. Lo afferma un rapporto sulle disuguaglianze nella salute presentato oggi dall'ufficio europeo dell'Oms, secondo cui negli ultimi anni le differenze tra paesi ricchi e poveri si sono ampliate, così come quelle all'interno dei singoli paesi. Secondo i numero del rapporto che contiene le linee guida da perseguire per i singoli governi, nei paesi dell'Europa occidentale i bambini al di sotto della soglia di povertà sono tra il 10% e il 33%. Le cifre sono destinate ad aumentare se i governi non invertiranno la tendenza a tagliare le spese sanitarie. Queste disuguaglianze minacciano la salute a lungo termine delle generazioni future e l'intervento principale da fare è sull'educazione e la cura dei più piccoli, perché ignorare i loro problemi ora significa accumulare problemi più grandi e costosi per il futuro. Se con i mezzi attuali la società contemporanea non sa nutrire i propri figli e curare i propri anziani forse vuol dire che la mancanza di ideali, l’individualismo dell’uomo contemporaneo sono la soglia di una crisi ideale e decadente intesa proprio nel suo termine primigenio quale crisi di una civiltà e disgregazione morale quasi a ripetere e ritrovarsi descritta nei testi del genere letterario che ha caratterizzato gli ultimi anni del 1800. Pag. 3 IL PERIODO STORICO La rivoluzione industriale è un cambiamento della società che da sistema agricolo, artigianale, commerciale diventa un sistema industriale moderno caratterizzato dall'uso generalizzato di macchine azionate da energia meccanica e dall'utilizzo di nuove fonti energetiche, il tutto favorito da una forte componente di innovazione tecnologica e accompagnato da fenomeni di crescita, sviluppo economico e profonde modificazioni sociali, culturali e politiche. La rivoluzione industriale comporta una profonda ed irreversibile trasformazione che parte dal sistema produttivo fino a coinvolgere il sistema economico nel suo insieme e l'intero sistema sociale. L'apparizione della fabbrica e della macchina modifica i rapporti fra gli attori produttivi. Nasce così la classe operaia che riceve, in cambio del proprio lavoro e del tempo messo a disposizione per il lavoro in fabbrica, un salario. Sorge anche la figura del capitalista industriale, imprenditore proprietario della fabbrica e dei mezzi di produzione, che mira solo a incrementare il profitto della propria attività, ovvero il capitale, è l’etica del guadagno. La prima rivoluzione industriale riguarda prevalentemente il settore tessile e metallurgico con l'introduzione della spoletta volante e della macchina a vapore nell'arco cronologico solitamente compreso tra il 1780 e il 1830. La seconda rivoluzione industriale viene fatta convenzionalmente partire dal 1870 con l'introduzione dell'elettricità, dei prodotti chimici, del petrolio e della catena di montaggio. Fra gli anni 70 del secolo XIX e la prima grande guerra il mondo conosce una trasformazione forse unica per portata storica, sociale, economica ed artistica. Il mondo europeo e d’oltre oceano cambiano rapidamente sull’onda delle nuove scoperte scientifiche in ambito della fisica, medicina, tecnologia, e delle scienza economiche. Le esperienze sull’elettromagnetismo, il volo dei fratelli Wright, il cinema dei Lumiere sono solo alcuni dei passaggi che hanno cambiato le abitudini e la percezione del mondo di quei tempi. Quasi tutte le scoperte più importanti e le applicazioni tecnologiche sono concentrate nella seconda metà dell’ottocento, sono di questi anni il perfezionamento del motore a scoppio, la lampadina di Edison, il telefono, la scoperta dei vantaggi dei raggi X, le innovazioni tecnologiche e le innovazioni nei processi industriali per l’ottenimento dell’acciaio si perfezionano e rendono possibili i grandi investimenti e costruzioni ferroviarie, navali, ardite opere di architettura come i ponti in ferro e la stessa Tour Eiffel icona della sfida tecnologica all’esposizione internazionale di Parigi del 1889. Le nuove scoperte scientifiche e le conseguenti applicazioni tecnologiche migliorarono i trasporti, aprirono ed ampliarono i mercati, favorirono l’espansione demografica, la concentrazione industriale, nacquero grandi aggregazioni urbane con tutti i vantaggi e gli svantaggi che queste comportano, plasmarono insomma una nuova società che produceva sempre di più e doveva consumare sempre di più, territorio e nuove risorse. Pag. 4 Nacque il concetto di mercato di massa, la pubblicità, la necessità di sempre nuove risorse cercate anche nelle colonie per un sempre maggiore sviluppo industriale, è il fenomeno dell’imperialismo. I soggetti promotori del forte sviluppo economico del periodo dal 1849 al 1873 sono una borghesia ancora fedele ai principi liberistici e positivi. Nel 1873 avviene però il crollo della Borsa di Vienna e conseguentemente negli anni successivi fino al 1895/96 il mondo industrializzato entra in una crisi economica senza precedenti, si arrestano gli investimenti nel settore trasporti e le industrie sperimentano la sovrapproduzione in quanto l'offerta crescente delle merci non viene assorbita da un'adeguata domanda di consumo dei mercati interni. La “grande depressione” era esplosa ed è in questi anni che si verificò, anche una profonda trasformazione del sistema capitalistico, con l'ascesa del capitale finanziario e la concentrazione oligopolistica, da un lato, e la riorganizzazione dei processi produttivi dall'altro, in relazione all'utilizzo delle nuove fonti di energia e allo sfruttamento di rendimenti di scala fortemente crescenti. Inoltre l'asse dell'egemonia economica mondiale cominciò a spostarsi dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti e alla Germania. Solo dopo il 1896 la crisi di sovrapproduzione e la grande depressione vengono superate attraverso una politica economica di conquista aggressiva dei mercati mondiali. La borghesia rinuncia al liberismo a livello internazionale e impone dei dazi doganali che avviano una fase di protezionismo che porteranno poi a rivalità tra gli stati europei nel secolo successivo. L'economia europea tenta di uscire dalla depressione con una politica imperialistica che si afferma a partire dall'ultimo ventennio dell'Ottocento e prosegue nei primi anni del novecento. Si formano grandi concentrazioni industriali monopolistiche che limitano la libera concorrenza. Lo Stato interviene assumendo la protezione dell'economia nazionale con una politica doganale protezionistica, innalzando i dazi per le merci estere. Si creano nuovi mercati attraverso un'accentuazione dell'espansione coloniale. La nuova borghesia imperialistica è fortemente aggressiva all'esterno e autoritaria all'interno. In tal modo cambia completamente il panorama politico in quanto la borghesia (che nel Settecento era riformista e rivoluzionaria e promuoveva il cambiamento sociale mediante la cultura illuministica) in questo periodo assume le caratteristiche di una classe garante dell'ordine sociale e diventa conservatrice con l’ideale del capitalismo. La borghesia si allea con la classe sociale un tempo nemica, la nobiltà, per far fronte comune contro il nascente proletariato che stava aderendo alle idee socialiste. Finisce in tal modo l'ottimistica fiducia nella funzione pacifica della borghesia e dei suoi scambi internazionali di merci. L'illuminismo aveva creduto nella pace come presupposto per lo sviluppo dell'economia mondiale e dell’uguaglianza e riteneva che la guerra fosse il principale ostacolo all'espansione del capitalismo. Invece ora, alla fine dell'Ottocento, il capitalismo si sviluppa con una politica militare e con la conquista di nuove colonie si formano grandi cartelli di produzione, concentrazioni industriali ed accanto a loro le prime grandi periferie interi quartieri malsani dove alloggiano le forze lavoro in condizioni di estrema precarietà economica, e il divario tra i benestanti e il popolo non aveva mai avuto precedenti simili. Pag. 5 LA QUESTIONE SOCIALE Scatenata dalla Seconda Rivoluzione Industriale, la questione sociale esplose con forza nel corso degli anni Ottanta del XIX secolo in Europa così come in America. Si trattò di un fenomeno estremamente complesso, che assunse dimensioni e forme differenti nelle diverse nazioni in fase di industrializzazione. La questione sociale racchiudeva in sé moltissime problematiche che colpivano la grande massa delle classi lavoratrici, le dure condizioni di lavoro nelle fabbriche e nelle campagne, le precarie condizioni di igiene e di salute, la mortalità infantile, la crescente immigrazione, la ricerca di migliori condizioni in America da parte degli europei. La povertà e il degrado in cui versava la grande maggioranza delle classi lavoratrici erano in contraddizione con la crescita economica favorita dall’industrializzazione e si tradussero in una decisa ondata di rivendicazioni sociali, duramente represse dalle autorità. Dopo le prime reazioni di forza nel lungo periodo i governi furono indotti a introdurre alcuni provvedimenti al fine di contenere il malessere dei lavoratori. Nel neonato Regno d’Italia la “questione sociale” emerse con particolare vigore tra gli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento, quando alcune inchieste misero in luce l’esistenza di scenari di arretratezza particolarmente gravi, specie nel Sud della penisola. Le crisi economiche depressive che colpirono il paese nell’ultimo ventennio dell’Ottocento favorirono inoltre il diverso sviluppo del Sud e del Nord della penisola: mentre nel primo imperversava la crisi agraria, il secondo vedeva la nascita di grandi industrie siderurgiche e meccaniche (come a FIAT nel 1899) e dunque l’affermarsi di nuove tecnologie, nuovi beni di consumo e una più moderna organizzazione del lavoro. Inizialmente la classe dirigente del paese si dimostrò indifferente nei confronti del malessere diffuso fra i lavoratori, la cui componente operaia era peraltro in costante aumento. Di fronte alla mancanza di appoggio istituzionale da parte dei liberisti sorsero due movimenti di opposta matrice: quello cattolico, tradizionalmente radicato nella società italiana, e quello nascente operaio e socialista, espressione della modernità industriale. L’impegno sociale del movimento cattolico si espresse per lo più in forme paternalistiche di assistenza e carità, elargite nei numerosi istituti religiosi diffusi nella penisola. Nel 1891, l’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII pose le basi per una nuova dottrina sociale della Chiesa. Il documento si opponeva allo sfruttamento capitalistico dei lavoratori. Nell’ultimo ventennio dell’Ottocento ebbero così luogo le prime agitazioni importanti dei lavoratori agricoli e industriali. In questi anni lo sciopero si affermò come un nuovo strumento di protesta di massa, come nel caso dei Fasci Siciliani (1892–1894) che, seppur duramente repressi, rappresentarono l’emblema di un violento conflitto sociale ormai incanalatosi nella moderna forma della lotta sindacale. Il Partito Operaio Italiano iniziò pertanto un cammino di maturazione verso la una forma di partito moderna, che lo portò a ridefinirsi, in un primo tempo, come Partito dei Lavoratori Italiani (1891) e, infine, con una definitiva scelta ideologica, Partito Socialista Italiano (1892). Pag. 6 AUGUSTE COMTE E IL POSITIVISMO Auguste Comte (Montpellier, 19 gennaio 1798 – Parigi, 5 settembre 1857), è stato un filosofo e sociologo francese, considerato il padre del positivismo, un movimento filosofico e culturale, nato in Francia e diffuso poi in tutta l’Europa nella prima metà del 1800, ispirato ad alcune idee guida fondamentali riferite in genere all'esaltazione del progresso scientifico e quindi espressione di un di un’epoca piena di scoperte scientifiche. Secondo Comte ogni disciplina percorreva la legge dei tre stadi in successione, prima lo stadio teologico o fittizio poi quello metafisico o astratto e infine positivo e scientifico. Si passa quindi dalla fantasia o dai dogmi alla ragione servendosi dell’astratto per spiegare gli agenti soprannaturali e infine con il terzo stadio il tutto è regolato dall’osservazione dei fatti e da leggi universali che vincolano la ragione e non danno spazio alla fantasia, o meglio a interpretazioni. Quindi una società solida doveva avere alla base una mentalità di conoscenze positive condivise da tutti, retta da un ordine e strutturata come un organismo vivente. A capo di questa società progressista vi dovevano essere gli industriali e gli scienziati. Infatti secondo Comte davanti al progresso non vi è libero arbitrio come in politica, non vi sono maggioranze, correnti di pensiero e ideali poiché di fronte al sapere scientifico non vi sono disaccordi o punti di vista differenti, ma solo una verità universale e positiva poiché dimostrata con leggi fisiche e matematiche. Ora il termine positivo assumerà i seguenti significati: preciso, certo, reale, utile e costruttivo perché basato su fatti concreti e non su speculazioni, basato su una legge accertabile, dimostrata e condivisa universalmente. Il positivismo di Comte prediligeva una filosofia incentrata sulla scienza, unico mezzo di conoscenza della realtà e capace di progressi, la filosofia non può più essere una disciplina autonoma rispetto alle scienze. Il positivismo voleva dare un’interpretazione della società moderna e diffondere un progetto politico e sociale basato sulla scienza, la tecnica e il progresso. Questo pensiero trainato giustamente dalle rivoluzioni industriali diffuse la convinzione che la scienza e la tecnica avevano e avrebbero migliorato l’umanità tralasciando però effettivamente il lato esistenziale degli individui. Comte analizzò gli individui estraendoli però dal proprio contesto storico e sociale cosa che invece Marx non sottovalutò assolutamente, infatti le tesi Marxiste sostenevano un cambiamento delle condizioni della società non creando però ideologie. I valori tanto elogiati con la rivoluzione francese come la proprietà privata, l’uguaglianza, la giustizia di fatto non vennero applicati in modo reale poiché da allora il capitale, simbolo della proprietà, ha iniziato a valorizzarsi penetrando sempre più all'interno della società. La proprietà privata dei mezzi di produzione si traduce in un’ottica di incessante appropriazione privata della ricchezza sociale altrui, la corsa alla ricchezza e allo sfruttamento. Pag. 7 KARL MARX E LA SOCIETA’ ALIENATA Marx partendo dalla filosofia dialettica di Hegel, dall'economia politica di Adam Smith, David Ricardo sviluppò una critica rivoluzionaria della società moderna. Egli raccolse questa critica nella sua opera fondamentale (benché rimasta incompiuta e completata da Friedrich Engels): Il Capitale. E’ in questo contesto storico che si forma il pensiero Marxista. Le idee dei socialisti utopici della prima metà dell’ ottocento ( Come Saint Simon, Owen, Prudhon ) non avevano trovato applicazione reale e la corrente positiva di Comte non creò aspettative per i miglioramenti annunciati, è solo con Marx che il pensiero socialista si perfeziona e diventa una vera corrente di pensiero e poi movimento ed infine partito politico. Marx ed Engels nel “Capitale” applicando il materialismo storico studiano proprio come un processo di storia naturale il modo di produzione capitalistico nel paese più industrializzato, l’Inghilterra, analizzando anche i sistemi produttivi precedenti al capitalismo e cercando leggi di sviluppo, tendenze e superamento del sistema del tempo. Nella modalità di produzione capitalistica, il lavoratore riceve un compenso di gran lunga inferiore rispetto alla merce che ha prodotto in condizioni disumane, questo divario, rinominato da Marx, Plusvalore, è la base del profitto del capitalista che potrà gestire queste somme per investimenti in altre attività produttive. La ricchezza del capitale quindi va a scapito del salario del lavoratore, al quale viene pagata la somma esatta per poter sopravvivere, e il resto della sua famiglia, compresi donne e bambini, accetta di lavorare in fabbrica poiché deve sopravvivere. Il rapporto tra capitalista e operaio sembra equo, bilaterale o “di scambio” in quanto i diritti giuridici e formali sono gli stessi, ma il sistema capitalistico non offre alternative al lavoratore se non quella di sottoporsi all’accettare le condizioni per non essere sostituito da un altro che può benissimo svolgere la sua mansione ripetitiva. L’aumento dei capitali è direttamente proporzionale alla misere condizioni dei lavoratori. All’aumento di questi non corrisponde un aumento dei salari ma ad una maggiore occupazione ricambiata dagli stessi salari minimi per stare al passo degli altri capitalisti. Non erano previsti aumenti dei salari perché questo implicava una diminuzione del capitale e quindi arretratezza nei confronti del sistema. Questa modalità economica spingeva sempre all’aumento della classe lavoratrice concentrando invece in oligopoli o cartelli la classe capitalistica. Il sistema tendeva al monopolio e alla costante ma più diffusa povertà e alienazione dei lavoratori Secondo Marx la modalità di produzione capitalistica già in atto aveva generato una società in cui gli individui vivevano in uno stato di alienazione economica e con questa la perdita del valore della vita stessa. il termine alienazione viene utilizzato per indicare genericamente il disagio dell'uomo nella moderna civiltà industriale, nella quale l'artificio che gli è proprio lo fa sentire lontano dalle proprie radici e potenzialità naturali, quindi la svalutazione del mondo umano aumenta con l’incremento del valore del mondo materiale. Ora i lavoratori, il proletariato, non possedendo altro che figli e forza lavoro sono costretti a sacrificarsi al sistema capitalistico come una merce sul mercato in quanto non Pag. 8 posseggono più i mezzi di produzione, i lavori artigianali sono surclassati dalle catene di montaggio e dal nuovo ritmo della richiesta dello scenario ottocentesco. Il lavoratore è estraniato da ciò che produce e dalla propria attività e di conseguenza anche da se stesso, poiché non vede né successi né insuccessi, né un futuro se non il ciclo della giornata lavorativa. L'operaio è alienato dal prodotto del suo lavoro, perché produce beni senza che gli appartengano, infatti sono di proprietà del capitalista, e si trova in una condizione di dipendenza rispetto ad essi, egli non è altro che il numero di pezzi prodotti giornalmente, la quantità sostituisce la qualità, poiché anche secondo Hegel, l’essenza di un individuo emerge nel suo lavoro, nelle sue creazioni, o meglio l’individuo così facendo si realizza concretamente. Egli non produce per sé stesso, il lavoro dell'operaio non è libero come quello dell'artigiano né fantasioso, ma costrittivo: si svolge infatti in un determinato periodo di tempo, stabilito strettamente da altri. L'operaio è alienato dalla sua stessa essenza, poiché il suo non è un lavoro costruttivo, libero e universale, bensì forzato, ripetitivo e unilaterale. L'operaio è alienato dal suo prossimo, cioè dal capitalista, che lo tratta come un mezzo da sfruttare per incrementare il profitto e ciò determina un rapporto conflittuale e distante. Da un punto di vista più ampio, l'economia capitalistica traduce il rapporto tra le persone in modi di sfruttamento. L’alienazione è quindi autoalienazione degli individui. Pag. 9 IL VILLAGGIO DI CRESPI “ Una Forma di Capitalismo Illuminato ” Non pensiamo che in ogni caso l’esperienza della seconda rivoluzione industriale abbia portato solo emarginazione e disagio, sono esistiti in Italia ed in Europa alcuni imprenditori illuminati che hanno saputo interpretare e rendere reale la tesi del socialismo utopico riuscendo a creare una realtà industriale non alienante sia per i servizi creati a favore dei lavoratori-cittadini sia perché la ricchezza prodotta rimaneva effettivamente nelle mani dei lavoratori in termini concreti e tangibili. Ne è un esempio il villaggio di Crespi D’Adda (Patrimonio dell’UNESCO) al confine tra la provincia di Bergamo e quella di Milano. Il villaggio di Crespi d’Adda è un insediamento industriale nato nel 1878 dalla volontà del Conte Benigno Crespi che avendo studiato i sistemi produttivi tessili inglesi sfrutto l’energia idraulica dell’Adda (dove Leonardo Da Vinci aveva creato le chiuse per risalirne il corso) per muovere i telai della fabbrica. Ma la vera innovazione fu quella di affiancare agli stabilimenti un vero e proprio villaggio che ospitasse gli operai della fabbrica e le loro famiglie. Nel villaggio risiedevano solo coloro che lavoravano nella fabbrica di Crespi, e la vita dell'intera comunità ruotava attorno alla stessa, ai suoi ritmi e alle sue esigenze. In questa visione di società era il padrone che provvedeva a tutti i bisogni dei dipendenti e delle loro famiglie cui venivano messi a disposizione l'abitazione e tutti servizi necessari alla vita della comunità: chiesa, scuola, ospedale, svago, lavatoi, bagni pubblici, spacci alimentari e di vestiario. La casa data a disposizione dei dipendenti è considerata quasi un trattamento previdenziale, se l’operaio non entra più nel ciclo produttivo non deve essere gettato come una vecchia macchina inutilizzabile, la sua esistenza per il Conte Crespi aveva un’altra dignità. Pag. 10 LA LETTERATURA INGLESE Nello Scenario Inglese della seconda rivoluzione industriale con Charles Dickens (Portsmouth, 7 febbraio 1812 – Higham 9 giugno 1870) nasce il romanzo sociale: un genere di romanzo che tratteggia la vita dei ceti sociali economicamente svantaggiati e denuncia situazioni di sopruso e pregiudizio, Scrittore, giornalista e reporter di viaggio britannico. Era il secondo di otto figli, nel periodo della sua infanzia, la famiglia fu costretta a trasferirsi a Londra, dove per Charles iniziò un periodo infelice, infatti all'età di dodici anni venne mandato ad incollare etichette in una fabbrica di lucido da scarpe (la situazione economica dei Dickens era disastrosa a causa dell'incapacità del padre che fu in incarcerato per debiti), molti critici pensano che proprio questa breve esperienza abbia ispirato le idee di Dickens e le sue opere. Preannunciò il suo periodo storico con enfasi ma, allo stesso tempo, con disincanto e paura. “Era l’epoca migliore di tutte, e peggiore di tutte, era l’epoca della saggezza e della follia, era l’epoca della fede, era l’epoca dell’incredulità; era la stagione della Luce e la stagione dell’Oscurità; era la Primavera della speranza e l’Inverno della disperazione; avevamo tutto davanti a noi, e nulla davanti a noi; andavamo direttamente verso il Cielo; insomma era così lontana dall’epoca presente, che alcune delle autorità più in vista insistevano nel qualificarla solo al superlativo, in bene o in male” Infatti in inghilterra più che in ogni altro stato industrializzato la situazione dei lavoratori delle fabbriche non aveva precedenti, era il paese più avanzato d’europa, in termini economici e produttivi lo sviluppo fu un immenso successo ma in termini umani fu una sofferenza, una tragedia. Ai proletari inglesi non veniva chiesta solo la forza lavoro e la vita nelle fabbriche, il sistema richiedeva anche l’impiego dei loro figli affinchè una famiglia potesse sopravvivere degnamente, secondo l’accezione del periodo. L'utilizzo della manodopera minorile era una pratica già comune ma durante l’età vittoriana e con l’aumento del tasso di natalità questo fenomeno si ingigantì e il numero di orfanotrofi e di delinquenza minorile crebbe. Charles Dickens denunciò in molte opere la condizione delle industrie, dei bambini inglesi, della povertà, nei più celebri romanzi sociali come Oliver Twist, Hard Times o David Copperfield. Pag. 11 LA LETTERATURA ITALIANA La sensibilità di grandi figure artistiche danno inizio ad una era letteraria nuova dove scompare il romanzo storico e decade l’ideale romantico. Nasce il romanzo psicologico. L’ attenzione ora è sulla vicenda interna dell’io, in un contesto di emarginazione e disagio sociale, l’alienazione. Nella letteratura italiana dell’ottocento non trova molto spazio la rappresentazione delle tensione sociali che affliggono l’Europa. Esiste la denuncia del disagio siciliano con Giovanni Verga, ma questa si ferma alla constatazione di una realtà di povertà millenaria fatalisticamente condannata a quella situazione di emarginazione, non prende coscienza “del sociale”. Negli autori europei invece come Emile Zola nel romanzo Germinale del 1885 emerge tutta l’alienazione delle masse operaie e il disagio esistenziale dei minatori. In Italia bisogna attendere i primi del novecento per avere un romanzo che esprima con originalità l’alienazione dell’io e contesti in pieno l’ideale piccolo borghese. Italo Svevo (il cui vero nome era Aron Hector Schmitz Trieste, 19 dicembre 1861 – Motta di Livenza, 13 settembre 1928) nasce da madre Italiana e padre tedesco nella Trieste asburgica, cresce bilingue e questo facilita moltissimo il suo inserimento nel circuito culturale europeo, imparerà l’inglese da Joyce di cui diverrà amico, studiò con attenzione, Darwin, Verga, i Naturalisti francesi, Dostoevskij, Schopenhauer, Nietzsche, Freud. Già nella scelta del suo pseudonimo vi è cenno alla dualità e di una apertura e coscienza europea, al non sapersi collocare esattamente, è Italo ma anche Svevo, tedesco, poiché appartiene sia alla cultura italiana sia a quella tedesca. I temi ricorrenti ne suoi tre romanzi sono, gli autoinganni, l’inettitudine, formazione mancata, la psicoanalisi. Italo Svevo pubblica Una Vita nel 1892 dove esprime tutta la frustrazione del protagonista Alfonso Nitti, costretto a fare l’impiegato invece di poter dare spazio al proprio genio creativo di scrittore, la sua è una vita grigia, ripetitiva, schiacciata in mansioni d’ufficio stupide e noiose, l’epilogo è il triste suicidio del protagonista. Poi nel 1898 pubblica Senilità, un altro romanzo dove il tema dell’autoinganno è ancora più ricorrente. Nella “ Coscienza di Zeno” (1923), Zeno Cosini è un ricco borghese della Trieste a cavallo della prima guerra mondiale. Vive di rendita, non ha qualità, è sostanzialmente un inetto, non riesce a sottrarsi ai vizi specialmente a quello del fumo e non riesce a vivere un ruolo positivo nei confronti di chi gli sta intorno: il padre, la moglie, l’amante. E’ simbolo della crisi dell’uomo che si muove in una società governata da regole certe nella quale, però, si sente inadeguato, è un corpo estraneo rispetto al mondo che lo circonda. Il romanzo è imperniato sul valore relativo del denaro che si ottiene indipendentemente dalle proprie capacità lavorative ma è attribuito al caso, ad una rendita di borsa, ad un capriccio della finanza e alla guerra. L'opera riassume l'esperienza umana di Zeno, il quale racconta la propria vita in modo così ironicamente disincantato e distaccato che l'esistenza gli appare tragica e insieme Pag. 12 comica. Zeno ha maturato delle convinzioni secondo le quali la vita è lotta, l'inettitudine non è più un destino individuale, come sembrava ad Alfonso Nitti (Una Vita) a Emilio Brentani (Senilità), ma è un fatto universale che la vita sia una "malattia", la nostra coscienza un gioco comico e assurdo di autoinganni più o meno consapevoli. Zeno acquista quella saggezza necessaria per vedere la vita umana come una brillante commedia e per comprendere che l'unico mezzo per essere sani è la persuasione di esserlo. Essa è caratterizzata da un'architettura particolare, infatti il romanzo, nel senso tradizionale non c'è più; subentra il diario, in cui la narrazione si svolge in prima persona e non presenta una gerarchia nei fatti narrati, a ulteriore conferma della frantumazione dell'identità del personaggio narrante, il romanzo ha sette capitoli che si evolvono in modo non cronologico, infatti ognuno tratta una tematica diversa della vita di Zeno. Svevo ripudia l’ideale borghese pur, in realtà, facendone parte, considera la diversità e l’inettitudine alle mansioni lavorative ed ai rapporti umani una specie di antidoto per la vita, se siamo degli “ammalati” in questa vita che non ci è consona lo saremo sempre in qualsiasi situazione. Italo Svevo appare moralista ma senza una morale precostituita, non ha ideali propositivi precisi e in questo è originale, denuncia infatti un mondo dove si vive una vita senza ideali, nella narrativa appare tutto il disagio della vita dell’uomo che ha una vita interiore lontana dalla realtà in cui si ritrova. Svevo è anch’egli, come i suoi personaggi, una vittima del tempo di quella crisi ideale che ha attraversato la fine ottocento e gli inizi del secolo scorso poiché i protagonisti dei suoi romanzi si avvicinano a quella che fu la sua reale situazione di vita lavorativa non letteraria. Pag. 13 BIBLIOGRAFIA o LA SCRITTURA E L’INTERPRETAZIONE VOLUME 3° di Romano Luperini, Pietro Cataldi, Lidia Marchiani, Franco Marchese, Raffaele Donnarumma, Palermo Palumbo Editore, 2004 ISBN 8880204378 o FILOSOFIA E CULTURA VOLUME 3° di Antonello La Vergata, Franco Trabattoni, La Nuova Italia, 2007, ISBN 8822159144 o I SAPERI DELLA STORIA VOLUME 3° di Alberto De Bernardi, Scipione Guarracino, Mondadori, 2007, ISBN 884244989 o ENCICLOPEDIA ITALIANA TRECCANI DI SCIENZE, LETTERE E ARTE dell’Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma o IL VILLAGGIO DI CRESPI D’ADDA http://www.crespidadda.it/villaggio-industriale/archeologia-industriale Pag. 14