El artículo se focaliza

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El artículo se focaliza
REVISTA MEMORIA EUROPAE
II/2 (2), Agosto de 2016
e-ISSN: 2469-0902
DOSSIER-Protagonistas no-humanos de la
vida medieval: animales, monstruos y sus
significados en la Edad Media
ZOMBIES MEDIOEVALI
THE ZOMBIES IN THE MEDIEVAL PERIOD
XAVIER DONDEYNAZ
Universidad de Génova
Italia
[email protected]
Recibido: 11/04/2016
Aceptado: 19/08/2016
Resumen:
Abstract
El artículo se focaliza en la figu-
The article focuses on the figure of
ra del zombi durante el periodo me- the zombie during the Medieval period in
dieval en Europa. Este monstruo ha Europe. This monster has represented a
representado el objeto de la produc- topos of literary production since ancient
ción literaria desde tiempos antiguos, times, as shown by some Norwegian and
enseñado por algunas sagas Noruegas Icelandic sagas, by some exempla and hise islandesas, por algunos ejemplos y torical chronicles written by several memcrónicas históricas escritos por varios bers of the Church, as well as by archeomiembros de la Iglesia, así como por logical findings. The article aims at prodescubrimientos arqueológicos.
El artículo pretende proponer
algunos ejemplos que revelen la importancia de este monstruo particular
y subrayar la evolución histórica de
esta figura. Aunque esta creatura sea
de orígenes paganos y aparentemente
extraña a la doctrina cristiana, más
tarde la Iglesia empezó a usar este
monstruo para proponer un modelo
de comportamiento para los cristianos
posing some examples that reveal the importance of this particular monster and at
underlining the historical evolution of this
figure. Even if this creature is of pagan
origin and apparently foreign to Christian
doctrine, the Church later started using
this monster to propose a model of behaviour
for
Christians
by
means
of exampla so much so that zombies started being associated with demonic figures
at the end of the Middle Ages.
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mediante ejemplos, hasta el punto de
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Key
words:
zombie,
draugr,
que los zombis sean asociados a figu- chronicle, Devil, sagas.
ras demoníacas al final de la Edad
Media.
Palabras claves: zombi, draugr,
crónica, diablo, sagas.
Au Moyen Age les revenants sont les compagnons familiers des vivants
(Schmitt, 1994)
La figura dello zombie che oggi conosciamo si afferma in un'epoca
abbastanza recente nelle culture africana e haitiana, ma rappresenta un topos del
pensiero umano fin dall'antichità.
Burcardo di Worms (965-1025) nei sui Decretorum libri XX, raccolta di
diritto canonico in venti volumi, dedicò il quinto capitolo del diciannovesimo
libro a una serie di domande che il prete confessore doveva rivolgere al
penitente per verificarne il comportamento. In alcune domande immaginate dal
vescovo possiamo osservare l'evidente paura del popolo a proposito dei
revenants, persone in grado di tornare in vita dopo la morte:
fecisti quod quaedam facere solent, diaboli audacia repletae? Cum aliqua femina
parere debet, et non potest, dum parere non potest, in ipso dolore si morte obierit, in
ipso sepulcro matrem cum infante palo in terram transfigunt 1
(hai fatto ciò che certe sono solite fare, traboccanti di audacia diabolica? Quando una donna
deve partorire, e non può, per cui non riesce a farlo, se muore durante le doglie, nella stessa
tomba trapassano madre e figlio con un palo piantato a terra). (Barillari, 2014)
fecisti quod quaedam mulieres insctintu diaboli facere solent? Cum aliquis infans
sine baptismo mortuus fuerit, tollunt cadaver parvuli, et ponunt in aliquo secreto
loco, et palo corpusculum ejus transfigunt, dicentes, si sic non fecissent, quod
infantulus surgeret, et multos laedere posset 2
(hai fatto ciò che certe donne sono solite fare su istigazione del diavolo? Nel caso in cui un
bambino sia morto senza battesimo portano via il cadavere del piccolo, lo pongono in un
luogo segreto e trafiggono il suo piccolo corpo con un palo dicendo che se non facessero così il
bimbo si leverebbe e potrebbe far del male a molti) (Barillari, 2014)
1Burcardo
2Burcardo
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da Worms, Decretum XIX, V.
da Worms, Decretum, XIX, V.
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In questo caso il ritorno non viene immaginato sotto forma di spettro, ma
con una sostanza corporale tangibile, in grado di danneggiare i vivi e facilmente
evitabile attraverso un palo robusto, in grado di fermare il cammino del
cadavere sulla terra. La cultura popolare temeva il ritorno alla vita di queste
entità e, sebbene il termine zombie non fosse ancora presente, è evidente come
vi sia uno stretto legame fra questi revenants e il mostro che oggi ben
conosciamo.
I candidati più probabili a tornare sulla terra e a tormentare i vivi sono
coloro il cui culto funebre e del lutto non è potuto svolgersi correttamente o la
cui vita è stata interrotta bruscamente come avviene in caso di omicidio,
suicidio, morte per il parto o nascita di un bambino nato morto. In queste
circostanze non è insolito, per coloro che sono ancora vivi, intraprendere alcuni
riti come quelli descritti da Burcardo al fine di impedire ai morti il ritorno sulla
terra e di seminare terrore e distruzione.
Se Burcardo, seguendo la dottrina ufficiale, condanna le pratiche pagane
eseguite per impedire il ritorno dei morti alla terra, Gregorio Magno, dottore
della Chiesa e vescovo di Roma dal 590 al 604, cristianizza alcune superstizioni
popolari e le utilizza come veri e propri exempla.
Nel quarto libro dei Dialoghi, Gregorio riporta una vicenda assai curiosa
che ha come protagonista il diacono Pascasio 3, favorevole a Lorenzo e non a
Simmaco durante lo scisma causato dalla rivalità fra i due papi:
Hic itaque cum temporibus Symmachi apostolicae sedis praesulis esset defunctus,
eius dalmaticam feretro superpositam daemoniacus tetigit, statimque saluatus est.
Post multum uero temporis Germano Capuano episcopo, cuius superius memoriam
feci, medici pro corporis salute dictauerunt, ut in Angulanis termis laurari debuisset.
Qui ingressus easdem termas, praedictum Pascasium diaconum stantem et obsequentem in caloribus inuenit. Quo uiso uehementer extimuit, et quid illic tantus uir
faceret inquisiuit. Cui ille respondit: «Pro nulla alia causa in hoc poenali loco
deputatus sum, nisu quia in parte Laurentii contra Symmachum sensi. Sed quaeso
te, pro me Dominum deprecare, atque in hoc cognoscis quod exauditus sis, si huc
rediens me non inueneris». Qua de re uir Domini Germanus se in precibus strinxit,
et post paucos dies rediit, sed iam praedictum Pascasium in loco eodem minime
3La
morte di Pascasio si colloca tra il 511 e il 514. La sua opera fu elogiata da Gregorio Magno,
ma purtroppo è andata perduta.
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inuenit. Quia enim non malitia, sed ignorantiae errore peccauerat, purgari post
mortem potuit a peccato. Quod tamen credendum est quia ex illa elemosinarum
suarum largitate hoc obtinuit, ut tunc potuisset promereri ueniam, cum iam nil
posset operari 4
(Pascasio morì durante il pontificato di Simmaco. Un indemoniato toccò la sua dalmatica
posta sul feretro e fu immediatamente sanato. Molto tempo dopo, a Germano, vescovo di
Capua, già da me menzionato, i medici prescrissero, affinché recuperasse perfettamente la
salute, una cura di bagni presso le Terme Angulane. Quando vi entrò, trovò il suddetto
Pascasio che stava là a regolare le stufe. Germano a tale vista allibì e chiese che cosa facesse in
quel luogo un uomo della sua levatura. E quegli rispose: «Sono qui, in questo luogo di pena,
per nessun altro motivo che per aver parteggiato per Lorenzo contro Simmaco. Ti prego di
supplicare per me il Signore e, se tornando qui non mi troverai più, saprai di essere stato
esaudito». L'uomo di Dio, Germano, pregò insistentemente e, tornato alle terme dopo qualche
giorno, non vi trovò più Pascasio. Il diacono, infatti, avendo peccato non per malizia, ma per
ignoranza, dopo la morte poté essere purificato della sua colpa. Tuttavia bisogna credere che
fu la sua prodigalità nelle elemosine a meritargli di poter ottenere il perdono, allorché lui
personalmente non era più in grado di compiere nessuna opera buona). (Suore Benedettine
Isola San Giorgio, 2000)
Secondo Gregorio Magno, quindi, la condizione di revenants è imposta
per volontà di Dio ad alcuni che commisero peccati in vita e, in certe
circostanze, può essere fermata grazie all'intercessione di coloro che sono vivi.
Preghiere, suffragi, la sepoltura in suolo consacrato, elemosine e messe possono
contribuire alla salvezza di coloro che sono condannati ad una sorte simile a
quella di Pascasio, a condizione che il peccato commesso in vita non sia troppo
grave. Nel suo De Cura Pro Mortuis Gerenda, inoltre, Sant'Agostino scrisse che:
Quae cum ita sint, non existimemus ad mortuos, pro quibus curam gerimus,
pervenire, nisi quod pro eis sive altaris, sive orationum, sive eleemosynarum
sacrificiis solemniter supplicamus: quamvis non pro quibus fiunt omnibus prosint,
sed iis tantum quibus dum vivunt comparatur ut prosint. Sed quia non discernimus
qui sint, oportet ea pro regeneratis omnibus facere, ut nullus eorum praetermittatur,
ad quos haec beneficia possint et debeant pervenire. Melius enim supererunt ista eis
quibus nec obsunt nec prosunt, quam eis deerunt quibus prosunt. Diligentius tamen
facit haec quisque pro necessariis suis, quo pro illo fiat similiter a suis. Corpori
autem humando quidquid impenditur, non est praesidium salutis, sed humanitatis
officium, secundum affectum quo nemo unquam carnem suam odio habe
(Sant’Agostino, n.d.)
(in conclusione non pensiamo di poter essere di aiuto ai morti che ci stanno a cuore, se non
suffragandoli devotamente con i sacrifici delle Messe, delle preghiere e delle elemosine, anche
se non giovano a tutti coloro per i quali si fanno, ma solo a quelli che durante la vita si son
meritati che gli giovassero. Però siccome non possiamo sapere quali siano costoro, bisogna che
siano fatti per tutti i battezzati, perché non sia trascurato nessuno di coloro a cui questi aiuti
possono e debbono arrivare. Perché è meglio che sovrabbondino a quelli a cui non fanno né
male né bene, anziché manchino a quelli a cui farebbero bene. Certo queste cose uno le fa con
4Gregorio
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Magno, Dialoghi, IV, XLII, 2-5.
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maggiore diligenza per i suoi cari, meritando che poi si faccia così anche per lui. Riguardo poi
alle onoranze del corpo qualunque cosa si faccia, non porta un vantaggio alla sua salvezza,
ma è un dovere di umanità per quell’affetto naturale per cui nessuno mai ha avuto in odio la
propria carne) (Sant’Agostino, n.d.)
Sant'Agostino non sembra particolarmente convinto dell'importanza di
ricevere una sepoltura cristiana, mentre Papa Gregorio Magno lo reputa un
aspetto relativamente importante in quanto costituisce un importante legame
fra i defunti e i loro cari:
Quos grauia peccata non deprimunt, hoc prodest mortuis si in ecclesiis sepeliantur,
quod eorum proximi, quotiens ad eadem sacra loca conueniunt, suorum, quorum
seplucra aspiciunt, recordantur et pro eis Domino preces fundunt 5
(a coloro che non si sono macchiati di gravi peccati, la sepoltura in una chiesa giova, nel
senso che i loro parenti, ogniqualvolta entrano in quel luogo sacro, vedendo la tomba dei
propri cari si ricordano di loro e per loro innalzano preghiere al Signore) (Suore
Benedettine Isola San Giorgio, 2000)
Tuttavia nulla può salvare coloro che vissero in maniera empia, lontana
dai comandamenti e dalla comunione con la Chiesa. Gregorio Magno dedica
alcuni exempla a coloro che non vissero rettamente come il Patrizio Valeriano ed
il presidente della Corporazione dei Tintori. Quest'ultimo viene seppellito nella
Chiesa di San Gennaro Martire per volontà della moglie, ma la notte seguente la
sepoltura viene sentito urlare dal custode: «Brucio, brucio!». Il giorno dopo, la
moglie viene informata dell'episodio ed invia alcuni uomini della corporazione
per controllare la tomba del marito. Una volta aperto il sepolto, vengono trovati
gli abiti del defunto completamente intatti, ma il suo cadavere non c'era più,
come se non fosse mai stato sepolto. In questo caso il morto non compare sulla
terra in condizione di revenant, ma nonostante la morte è costretto a sentire
dolore ed è in grado di urlare e di farsi sentire dal prossimo.
Il corpo di Patrizio Valeriano, che «fino a tarda età condusse vita frivola e
dissipata e non volle saperne di porre fine alle sue scostumatezze» 6 non riuscì a
godere del riposo eterno molto a lungo poiché venne trasportato fuori dalla
Chiesa in cui era sepolto da due spiriti e, nonostante le urla e la resistenza del
Magno, Dialoghi, IV, LII.
Magno, Dialoghi, IV, LIV, 1, Traduzione a cura delle Suore Benedettine Isola San
Giorgio, Città Nuova Editrice, Roma, 2000.
5Gregorio
6Gregorio
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cadavere, costretto a rimanere al di fuori del luogo santo. Al termine
dell'exemplum, è lo stesso papa a fornire la morale:
Ex qua re, Petre, college quia hii quous peccata grauia deprimunt, si in sacro loco
sepeliri se faciant, restat ut etiam de sua praesumptione iudicentur, quatenus eos
sacra loca non liberent, sed etiam culpa temeritatis accuset 7
(quale la conclusione Pietro? Chi si è macchiato di peccati gravi, se si fa seppellire in luogo
sacro, diventa passibile di giudizio anche per la sua presunzione. La sacralità del luogo non
giova alla liberazione di costoro, tutt'altro: denuncia invece la loro temerarietà) (Suore
Benedettine Isola San Giorgio, 2000)
Sebbene gli exempla di Gregorio Magno non incoraggiassero mai le
pratiche popolari volte ad impedire il ritorno dei revenants sulla terra e
importanti esponenti della Chiesa come Burcardo dissuadessero a praticare
simili costumi, numerosi sono stati i ritrovamenti di cadaveri sottoposti a rituali
precisi per limitarne il pericolo.
Ne offre un esempio il recente ritrovamento degli scheletri di due uomini
vissuti durante l'Alto Medioevo a Kilteasheen, in Irlanda, con delle grosse
pietre infilate in bocca, secondo un rituale che ricorda quelli contro cui si
scaglierà Burcardo un secolo dopo quelle sepolture, risalenti all’VIII-IX secolo
della nostra Era. I due cadaveri avevano tra i quaranta e i sessant'anni l'uno e
tra i venti e i trent'anni l'altro: inizialmente si pensò a un rituale per impedire il
ritorno alla vita dei due morti sotto forma di vampiri, ma siccome il fenomeno
del vampirismo si diffuse in Europa solo alla fine del XV secolo questa ipotesi
iniziale fu rapidamente scartata dalla maggior parte degli esperti in quanto
incompatibile con la data di inumazione dei due uomini. Molto probabilmente,
invece, tale prassi serviva ad impedirne il ritorno alla terra sotto forma di
revenants, in grado di seminare il terrore ai danni dei viventi o di scagliarsi
contro coloro nei confronti dei quali serbavano rancore.
Secondo Kristina Killgrove la datazione di queste sepolture è
particolarmente interessante poiché sembra precedere anche i resoconti storici
sui revenants stessi. La studiosa si è anche detta:
7Gregorio
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Magno, Dialoghi, IV, LV.
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Incuriosita dal fatto che i due uomini non sono stati sepolti nello stesso momento,
ma sono stati comunque sepolti fianco a fianco in questa maniera non tradizionale, il
che suggerisce che queste sepolture non erano accidentali (Il Fatto Storico, 2011)
È probabile che una sepoltura di questo tipo fosse riservata a tutti coloro
la cui vita si svolse in maniera diversa dalla norma, spesso al di fuori della
legge, o la cui morte avvenne in maniera improvvisa. È quasi certo che i due
irlandesi fossero persone che vissero al di fuori dei canoni della legge o che
morirono a causa di malattie o di morte violenta e che quindi furono sepolti in
un'area del cimitero dedicata a tutti coloro che rispondevano a queste
caratteristiche. Infatti, secondo la mentalità dell'epoca era assolutamente
necessario impedire il ritorno alla terra di questi individui potenzialmente
pericolosi ed è legittimo immaginare che, oltre a essere soggetti a un rituale
molto specifico durante la sepoltura, i corpi di queste persone venissero
separati da quelli degli altri defunti.
Numerose sono le sepolture, sparsi in tutto il territorio Europeo in un
arco cronologico che copre l’intero Medioevo, in cui i cadaveri presentano dei
chiodi nella bocca o nel cranio. Molte di esse sono in Italia. Ad esempio nove
crani perforati estratti da tombe che si trovavano sotto il pavimento della
Chiesa Abbaziale di Novalesa (Torino), risalenti ad un periodo compreso tra
l'XI e il XV secolo. Pur non essendosi trovati chiodi in situ «sappiamo che in
quell'epoca per far uscire il genio malefico o per distruggere lo spirito del morto
affinché non desse fastidio ai vivi» venivano utilizzati chiodi o pietre per
impedire il cammino dei revenant (Belcastro, Ortalli, 2010).
La
storia
dell'arte
tardo-medievale,
inoltre,
presenta
un
tema
iconografico che può essere approssimato alla credenza popolare nei confronti
dei revenant: la danza macabra. Gli affreschi dedicati a questo soggetto,
particolarmente sentito durante il periodo della Peste Nera 8, sono presenti in
numerose località europee fra cui l'Italia, la Francia, la Germania e la Svizzera.
8Il
termine peste nera si riferisce ad un periodo che va dal 1348 al 1353 in cui una gravissima
epidemia di peste uccise almeno un terzo della popolazione europea.
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Si tenga presente che questo tema, proprio come il concetto di revenants, non
sembra essere originariamente legato alla cristianità, ma rappresenta una sorta
di punto di incontro tra cultura popolare e cultura ‘alta’, punto di incontro che
con il tempo è stato cristianizzato e assimilato dalla cultura elevata e aulica.
1. I DRAUGAR
Gli antichi scandinavi hanno sempre avuto un rapporto piuttosto intenso
con la morte, presenza costante non solamente nel mondo degli umani, ma
anche in quello delle divinità.
Quasi tutti gli dei, infatti, sono destinati a perire durante il Ragnarök,
giorno della battaglia finale fra le forze del bene e quelle del caos, in seguito alla
quale il mondo intero verrà distrutto e rigenerato. Lo stesso Odino, dio della
guerra, della magia e della poesia, è destinato a perire durante questo grande
combattimento, a cui dovranno partecipare tutti i grandi guerrieri della storia.
Coloro che cadono valorosamente in battaglia, infatti, sono accolti nel Valhalla
da Odino e trascorrono il tempo mangiando e combattendo in attesa del
Ragnarök, quando saranno guidati dal Dio stesso in combattimento.
Il rapporto con la morte degli antichi scandinavi non è solamente
profondo, ma anche piuttosto ambiguo:
Ebbene, il dio che emerge vittorioso in questa rinascita cosmica 9 è l'unico dio che era
già morto prima del crepuscolo degli dei, Bald figlio di Odino, che per lui aveva
introdotto i riti funerari, bruciando il corpo del giovane su una pira. Dunque mentre
gli immortali sono condannati a morte definitiva, pur se in un futuro incerto, l'unico
dio che risorge e che quindi vivrà eternamente è quello che era già morto. Credo che
basti questo tratto a esemplificare l'ambiguo carattere del rapporto che gli antichi
scandinavi intrattenevano con la morte, carattere non strettamente riservato agi dei,
ma presente in tutte le credenze relative alla morte, come ci attestano soprattutto le
saghe. (Caprini, 1998)
Nelle saghe scandinave, effettivamente, incontriamo delle creature
estremamente particolari che nonostante la morte continuano a solcare la terra
con il loro corpo, riuscendo a tormentare, ferire e uccidere coloro che hanno la
malasorte di imbattersi in queste creature chiamate draugar che possiamo
9Ossia
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in seguito al Ragnarök.
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definire cadaveri viventi in quanto non sono né veramente vivi né veramente
morti:
Occorre però evidenziare alcuni caratteri molto particolari dei revenants norreni, ben
diversi dagli spettri immateriali cui la tradizione cristiana ci ha abituato. In effetti i
morti della tradizione scandinava sono sprovvisti di anima, per cui non resta loro
che tornare a tormentare i vivi con il proprio corpo, che subisce però trasformazioni
innaturali: ad esempio non è soggetto a una vera e propria putrefazione, ma acquista
con il passare del tempo un peso e una forza sempre maggiori che rendono assai
difficile ai vivi liberarsi di loro (Caprini, 1998)
La forza sovrumana di queste entità spaventose è particolarmente
evidente in molte saghe norrene, dove i draugar possono essere sconfitti
solamente da grandi eroi, dotati di forza e coraggio al di là di ogni
immaginazione.
In Beowulf, poema epico composto fra la metà del VII e la fine del X
secolo, riguardante le imprese di un principe scandinavo di nome Beowulf,
incontriamo due creature che ci ricordano in maniera molto evidente i draugar
norreni in quanto non soltanto seminano morte e distruzione, ma sono anche
estremamente forti e innaturalmente pesanti (Lecouteux, 1986). Nella prima
parte del poema – ovvero durante la giovinezza di Beowulf - l'eroe combatte
proprio contro questi due mostri: Grendel e la madre di quest'ultimo.
Grendel appare fin dall'esordio del poema come una creatura
spaventosa, che semina la morte ed il terrore nel regno del re Hrothgar. Per più
di dieci anni, molti guerrieri cercarono di uccidere questo spaventoso mostro,
ma tutti fallirono miseramente, come il sovrano spiegò direttamente a Beowulf
durante il banchetto di benvenuto.
Nonostante l’avvertimento di Hrothgar, il giovane Beowulf, desideroso
di gloria ed avventura, decide di affrontare il mostro. Lo scontro fra l’eroe,
l'unico guerriero che si dimostrerà in grado di sconfiggere il draugar, e Grendel
viene descritto in maniera molto violenta ed entrambi i protagonisti spiccano
per la straordinaria forza fisica e la grande resistenza:
Forte dei suoi trionfi il nipote di Hygelac
studiava le prossime mosse del perfido Flagello,
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nel suo attacco improvviso. Non che il Mostro pensasse
di prendere tempo: acchiappò invece subito,
l'attimo successivo, un uomo addormentato.
Lo sbranò senza sforzo: gli morsicò la cassa
delle ossa, gli bevve il sangue dalle vene,
l'ingoiò, a grossi morsi. In un istante aveva
mangiato tutto il morto, mani e piedi compresi.
Poi venne più vicino: afferrò con la mano
il guerriero 10, lucido e attento, sul suo letto, gli tese
le dita sopra, il Nemico. Ma lui si accorse subito
dell'intenzione perfida e insorse, contro quel braccio.
[…]
Infuriavano i due, i guardiani rabbiosi
del luogo. Echeggiava la casa: fu una gran meraviglia
che la sala del vino reggesse i combattimenti,
che non crollasse al suolo, la bella struttura terrestre.
[…]
Trassero allora in molti,
i conti di Beowulf, le spade stagionate
per difendere la vita del nobile signore,
del principe famoso. Ma non sapevano,
quando presero a battersi, quegli uomini di guerra
dalle dure intenzioni, (contando di colpirlo
da tutte le parti e di braccargli l'anima)
che il perfido Flagello non l'avrebbe raggiunto
neppure la perla dei ferri sulla terra, nessuna
lama di guerra: ma sulle armi vincenti
aveva gettato il malocchio, sopra qualunque spada
[…]
A Beowulf fu concesso il trionfo
in quel duello. Grendel sarebbe scappato di lì,
malato di morte, per palude e pendici,
a ritrovare il covo senza gioia. Sapeva
più che certamente che era arrivata la fine
della sua vita, e il computo dei giorni dei suoi giorni 11.
Alcuni commenti riguardo questo lungo brano sono necessari.
Innanzitutto dobbiamo notare la forza incredibile che accomuna Grendel a
Beowulf: il combattimento fra i due fa scuotere il palazzo di re Hrothgar e desta
stupore e paura a tutti coloro che vi assistono. I soldati di Beowulf, inoltre,
cercano di intervenire per aiutare il loro signore, ma i loro sforzi sono inutili
poiché nessuna spada sembra in grado di ferire la spaventosa creatura. In tutto
il poema non viene mai rivelata la specifica natura di Grendel, ma nel testo che
stiamo considerando viene definito un demone.
10Ovvero
11(a
34
Beowulf.
cura di) Ludovica Koch, Beowulf, Einaudi, Torino, 1987 e 1992, vv 737-823.
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Dobbiamo ricordare che il poema è stato, con ogni probabilità, trascritto
da un monaco che, più o meno consapevolmente, ha inserito degli elementi
cristiani in un poema che ha chiare origini precristiane. Grendel non nasce come
demone, ma le sue origini devono essere individuate all'interno della mitologia
e delle credenze norrene. La forza sovrannaturale, gli attacchi notturni, il fatto
di strappare a morsi gli arti delle vittime e di bere il loro sangue, la resistenza ai
colpi delle spade sono tutte caratteristiche che ricordano un potente draugar,
forse il primo presente nella storia della letteratura che conosciamo.
In moltissime altre saghe, soprattutto in quelle islandesi, sono presenti
figure più o meno pericolose, facilmente inquadrabili nella categoria dei
draugar. Fra tutte queste saghe, la Laxdæla Saga (in italiano la Saga dei Valligiani
di Laxàrdair) è particolarmente interessante sia dal punto di vista del valore
letterario che per la presenza di almeno un draugar. Il testo è stato redatto in
islandese medioevale intorno al 1245, ma è ambientato fra la fine del IX secolo e
il XI secolo e narra le vicende di un clan norvegese che, a partire dal IX secolo,
colonizzò alcune aree dell'Islanda dell'ovest. Uno dei personaggi più rilevanti è
Guðrún Ósvífursdóttir, donna di straordinaria bellezza, corteggiata da due
fratellastri di nome Kjartan Ólafsson e Bolli Þorleiksson. Guðrún avrebbe voluto
sposarsi con Kjartan, ma sceglie di unirsi a Bolli a causa di alcune false voci
riguardanti il fidanzamento di Kjartan con la sorella del re di Norvegia. La
tensione amorosa sfocia in un vero e proprio conflitto fra i due fratellastri, al
punto che Kjartan venne ucciso da Bolli e quest'ultimo dai parenti di Kjartan
per vendetta.
All'interno della saga possiamo anche leggere la storia di Hrapp, uomo
dal carattere difficile e violento. Sentendo l'avvicinarsi della morte, Hrapp
pretende dalla moglie di essere sotterrato in una fossa scavata al di sotto della
porta della cucina in modo tale da sorvegliare la casa anche da morto. La
donna, dopo la morte del marito, decide di rispettare la sua ultima volontà e
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sotterra l'uomo proprio dove voleva quest'ultimo. Tuttavia Hrapp diventa un
marito ed un vicino ancora più problematico dopo la morte:
Ora si racconta di Hrappr, che era diventato sempre più intrattabile, ed era talmente
aggressivo che i suoi vicini tolleravano a stento i suoi attacchi; però non riusciva più
a prendersela con Þórðr, adesso che Óláfr era diventato grande. Hrappr aveva lo
stesso temperamento di prima, ma le energie stavano scemando perché la vecchiaia
lo incalzava, finché poi non lo confinò a letto. Allora chiamò sua moglie Vigdís e
disse: “Non sono mai stato cagionevole ed è molto probabile che questa malattia
separi la nostra convivenza; quando sarò spirato voglio farmi scavare una fossa sulla
soglia della cucina e farmi seppellire in piedi sulla porta, così potrò continuare a star
di guardia alla mia casa”. Dopo di che Hrappr morì, ed eseguirono tutto ciò che
aveva richiesto prima di morire, visto che sua moglie non se la sentì di fare
altrimenti. Ma se era stato intrattabile da vivo, lo fu ancora di più da morto, perché
tornò spesso a infestare la zona. La gente sosteneva che nelle sue scorrerie da morto
avesse ucciso quasi tutti i suoi servi, in più causò parecchi problemi alla maggior
parte dei vicini e la fattoria di Hrappstaðir venne abbandonata. Vigdís, la moglie di
Hrappr, si trasferì a ovest da suo fratello Þorsteinn il Fosco, che la accolse insieme
alle sue proprietà. Come era sempre accaduto in precedenza, la gente andava a
trovare Höskuldr per rivelargli le difficoltà che Hrappr creava loro e gli chiedeva di
trovare una soluzione. Höskuldr promise di farlo, così una volta andò a Hrappstaðir
con alcuni uomini, fece riesumare Hrappr e lo portò via, in un posto dove ci fosse
meno transito di bestiame o di persone. Dopo di che le apparizioni di Hrappr si
ridussero notevolmente 12
Hrappr compare nuovamente nel capitolo XXIV, quando Óláfr decise di
comprare le terre appartenute ad Hrappr e di costruirci una grande casa ed una
stalla per il bestiame, proprio nei pressi in cui era stato sepolto il cadavere del
draug:
Giunsero alla stalla, che era aperta, e Óláfr disse al servo di entrare: “io spingerò
dentro il bestiame e tu lo legherai”. Il servo si avvicinò alla porta della stalla, ma
prima che Óláfr potesse rendersene conto quello era già tornato indietro di corsa tra
le sue braccia. Quando Óláfr gli chiese che cosa l'aveva spaventato tanto, quello
rispose: “C'è Hrappr sulla soglia della stalla, voleva toccarmi, ne ho abbastanza di
dovermela vedere con lui”. Óláfr allora si avvicinò alla porta e gli puntò la lancia
contro, ma Hrappr l'afferrò con entrambe le mani e la piegò spezzandole il manico.
Óláfr voleva corrergli dietro, ma Hrappr scomparve dov'era venuto […]. La mattina
dopo Óláfr uscì di casa per recarsi nel luogo in cui Hrappr era stato seppellito e lo
fece riesumare; non si era ancora decomposto e nella fossa trovò la lama della lancia.
Poi fece preparare un falò, il cadavere vi venne arso e le ceneri disperse in mare. Da
quel momento in poi nessuno fu più importunato dalle apparizioni di Hrappr 13
12Laxdaela
13Laxdaela
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saga, (a cura di) Silvia Cosimini, CAP XVII, Iperborea, Milano, 2015.
saga, (a cura di) Silvia Cosimini, CAP XXIV, Iperborea, Milano, 2015.
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In questo passo risulta evidente come il corpo dei draugar non si
decomponga e sia dotato di una forza fisica straordinaria visto che riesce a
spezzare una lancia senza alcuno sforzo. Presenta anche alcuni poteri particolari
come la possibilità di scomparire velocemente, senza lasciare nessuna traccia di
sé. L'unico modo per impedire al cadavere di Hrapp di continuare a tormentare
i vivi consiste nel bruciarne il cadavere e nel spargerne le ceneri nell'acqua.
Uno dei draugar più celebri è senza dubbio quello che compare nella
Grettis Saga 14, composta in Islanda intorno al XII-XIV secolo, ma ambientata tra
il IX e il X secolo, che narra le vicende della vita di Grettir Ásmundarson,
guerriero islandese che divenne un fuorilegge. Sebbene il protagonista sia,
molto probabilmente, una figura storica e la sua vita venga narrata in maniera
relativamente realistica, la maggior parte delle vicende sono descritte facendo
ricorso a elementi soprannaturali. Il protagonista non è un uomo malvagio, ma
facile all'ira e di indole ribelle e proprio questo gli causerà numerosi problemi
nel corso della vicenda.
Da ragazzo riuscì a sconfiggere un draugr, ma al termine del
combattimento la creatura, poco prima di morire, lo maledisse e ciò può
spiegare le avversità a cui Grettir fu sottoposto durante la vita. Nonostante
avesse sconfitto numerosi nemici, Grettir uccise anche persone innocenti per cui
venne dichiarato fuorilegge per vent'anni e quindi costretto a vivere solo e
lontano dalla società. Inoltre, chiunque durante questo periodo avrebbe potuto
ucciderlo proprio in quanto 'fuori legge'. Poco prima dello scadere dei vent'anni
i nemici di Grettir, dopo numerosi tentavi andati a vuoto, riuscirono a ucciderlo
attraverso facendo ricorso alla magia, ma la sua morte fu ben presto vendicata
dai suoi fratelli.
Abbiamo visto che durante la giovinezza Grettir riuscì ad uccidere un
draugr particolarmente violento e forte, ma dopo una tremenda lotta al buio
14Il
testo completo della saga in lingua inglese è disponibile su
http://www.sagadb.org/grettis_saga.en
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l'eroe venne maledetto dalla creatura e condannato ad un destino difficile e
solitario. Grettir, inoltre, ebbe la sfortuna di vedere gli occhi senza pupille del
mostro riflessi dalla luna e, da allora, non riuscì più a restare solo durante la
notte.
I poteri dei draugar, quindi, non si limitano soltanto alla forza
sovrannaturale, ma comprendono la facoltà di maledire gli esseri umani,
terrorizzarli con lo sguardo, sparire all'istante e divorare i corpi delle loro
vittime.
2. WILLIAM DI NEWSBURGH
Se è assodato che in epoca medioevale il rapporto fra mondo dei vivi e
mondo dei morti fosse estremamente stretto e la paura nei confronti dei
revenants agisse come una costante, tuttavia non sono molte le fonti scritte a
riportare notizie a proposito di questo inquietante fenomeno.
Questa mancanza di fonti appartenenti alla cultura alta sorprende anche
William di Newsburgh 15 che nel De Gesta Rerum Anglorum (V, 24) sottolinea
come
in
Inghilterra
non
vi
siano
testimonianze
precedenti
rispetto
all'apparizione di revenants nonostante la distruzione ed il terrore seminato da
queste creature:
Sane quod mortorum cadavera de sepulchris egredentia nescio quo spiritu ad
viventium vel terrorem vel perniciem circumferantur, & ad eadem sepulchra sponte
se illis aperientia reverantur, non facile in fidem reciperetur, nisi & crebra nostri
temporis exempla suppeterent, & testimonia abundarent. Mirum plane si talia olim
contigere, cum nihil tale in libris veterum reperiatur, quibus utique ingens studium
fuit memorabilia quaeque litteris mandare. Cum enim quaedam etiam modica
conseribere necquaquam neglexerint, quomodo rem tanti stuporis simul & horroris,
si sorte illo seculo contigit, supprimere potuere? Porro si velim omnia hujusmodi
scribere quae nostris contigisse temporibus comperi, nimis operosum simul &
onerosum erit. Duo tantum recentis memoriae supra memoratis annectere & nostrae
historiae, quoniam se praebet occasio, ad posterorum cautelam inferere libet 16
(certamente non è facile accogliere come verità il fatto che i cadaveri escano dai sepolcri, non
so per quale spirito, e inducano nei viventi o il terrore o il danno e che ritornino agli stessi
15William
of Newsburgh (1136-1198), storico e domenicano britannico.
of Newsburgh, Gesta regum Anglorum, V, 24.
Il testo completo è disponibile su
https://archive.org/stream/guilielmineubrig02will#page/572/mode/2up.
16William
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sepolcri che, spontaneamente, si riaprano a loro, se non per il fatto che durante i nostri tempi
vi sono numerosi esempi e molte testimonianze (di questo fatto). Mi meraviglierei se queste
cose succedevano in passato perché niente di simile si trova nei vecchi libri, per i quali fu da
sempre un compito importante tramandare ogni cosa stupefacente attraverso la letteratura.
Come avrebbero, infatti, potuto non scrivere nemmeno una piccola cosa (riguardo a questo),
in che modo avrebbero potuto omettere un fenomeno di così grande meraviglia e orrore se per
caso fosse accaduta in quei tempi? Inoltre, se volessi scrivere ogni fatto di questa sorta e
scrivere tutto ciò che è successo nei nostri tempi, sarebbe un compito troppo laborioso e
pesante. Quindi, inserirò soltanto due ricordi recenti sopra citati alla nostra storia poiché si
presenta l'occasione di ammonire i posteri)
A
questa
premessa
William
fa
seguire
due
racconti
dedicati
all’inquietante fenomeno: nel primo caso il cappellano di una signora illustre
viene seppellito nei pressi dell'abbazia di Melrose 17 ma non riesce a godere del
riposo eterno a causa della sua sfrenata passione per la caccia e dello scarso
rispetto che in vita prestò ai voti, soprattutto a quello di castità. Infatti, durante
la notte, il suo cadavere era solito ritornare sulla terra sotto forma di revenant
per vagare nei pressi del monastero, spaventando con gemiti e mormorii la sua
antica amante. Atterrita, la donna decide di chiedere aiuto a uno dei monaci del
convento che la rassicura promettendole di risolvere la situazione, con l'aiuto e
secondo la volontà di Dio. Assieme ad altri tre uomini, decide di passare la
notte al cimitero, ma il mostro continua a non apparire, probabilmente
intimorito dalle loro presenze. Verso le tre del mattino, i tre uomini che
accompagnavano il frate decidono di lasciare il cimitero per andare a scaldarsi
un po’, e il sant'uomo rimane solo. In quel momento, il ‘mostro’ decide di
affrontare il suo nemico che, nonostante lo sgomento iniziale, riesce a resistere
all'agguato e a colpire il cadavere del sacerdote maledetto. A dispetto della
ferita questi riesce a fuggire in direzione della sua tomba, che si apre
spontaneamente per riceverlo richiudendosi dopo che egli vi aveva trovato
riparo. Ma il destino della creatura è segnato: il frate, aiutato dai tre compagni,
riesce a recuperare e a bruciare il cadavere in modo tale da impedire alla sua
anima dannata ulteriori ‘visite’ al mondo dei vivi.
17L'abbazia
di Melrose si trova in Scozia e fu fondata nel 1136 dai monaci cistercensi.
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Il secondo evento, occorso nei pressi del castello di Anantis 18, venne
riferito a William da un anziano monaco e mostra contorni più inquietanti. Un
uomo crudele e pericoloso, sposa una donna di cui dubita della virtù e decide
di apprendere la verità attraverso l'inganno. Un giorno finge di doversi
allontanare per qualche tempo, ma in realtà si nasconde sopra una trave della
camera da letto della moglie e la sorprende in atteggiamenti intimi con un
vicino. Per lo sdegno perde l’equilibrio e cade, quindi muore di lì a poco senza
aver avuto modo di confessarsi. Riceve una sepoltura cristiana, ma durante la
notte è costretto a vagare in forma di revenant nei pressi del castello, inseguito
da un branco di cani. La gente del posto è terrorizzata, chiude porte e finestre,
ma tali precauzioni sono inutili in quanto il cadavere continua a seminare morte
e malattie. In breve la città, un tempo popolosa, si svuota completamente poiché
molti sono morti e i superstiti hanno deciso di lasciarla per andare in cerca di
un posto tranquillo dove vivere. A questo punto il vecchio monaco, dispiaciuto
dalla desolazione a cui il borgo sembra condannato, decide di convocare, nella
domenica delle Palme, una riunione di saggi e di uomini d'onore per cercare di
affrontare questo mostro. Due fratelli, che avevano perso il padre a causa della
creatura, propongono di affrontare il pericolo direttamente e di darle fuoco per
liberarsi dal flagello. Ben presto i due iniziano a scavare e trovano il cadavere in
condizioni spaventose:
Cumque se altius fossuros esse crederent, repente cadavere non multa humo egesta
nudaverunt, enormi corpulentia distentum, facie rubenti turgentique supra modum.
Sudarium vero quo obvolutum fuerat confessium penitus videbatur. Nec territi
juvenes, quos ira stimulabat, vulnus examini corpori intulerunt: ex quo tantus
continuo sanguis effluxit, ut intelligeretur sanguisuga fuisse multorum 19
(e anche se loro credevano che le fosse fossero più profonde scoprirono il cadavere, dopo aver
spostato poca terra, con un corpo enorme, la faccia rossa e gonfia oltre misura. Il sudario con
cui era stato avvolto si vedeva a malapena e i giovani non erano spaventati, poiché incitati
18Oggi non sappiamo individuare con certezza il castello di Anantis, ma probabilmente può
essere identificato con il castello di Annan, in Scozia.
19William of Newsburgh, Gesta Regum Anglorum, V, 24.
Il testo completo è disponibile su
https://archive.org/stream/guilielmineubrig02will#page/572/mode/2up
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dall'ira, e colpirono più volte il corpo esamine dal quale fuoriuscì così tanto sangue, al punto
che si poteva capire che aveva succhiato il sangue a molte persone).
Non appena il cadavere viene bruciato, il borgo è liberato dalla
pestilenza e la vita cittadina può tornare alla normalità. Questo episodio si
rivela di particolare interesse anche in quanto la figura del revenant è collegata a
uno dei flagelli più terribili della storia medioevale: la peste.
Entrambi gli episodi descrivono delle situazioni che turbano l'equilibrio e
la pace sociale. Nel primo caso è un monastero ad essere disturbato da un
revenant relativamente pacifico, ancora eccessivamente attaccato alla donna che
amò illecitamente in vita; mentre nel secondo caso viene messa in pericolo una
città intera poiché il cadavere vagabondo è portatore di malattia e morte,
proprio come in vita fu portatore di violenza e crudeltà.
È interessante notare che William of Newsburgh non pone l'accento sugli
uomini che sconfiggono questi mostri, che non dimostrano nessuna qualità
particolare se non un coraggio sopra la media, ma sull'esistenza e sulle azioni di
queste creature pericolose. In entrambi gli exempla, infatti, la morale cristiana è
particolarmente evidente poiché entrambi i mostri hanno avuto origine da
uomini crudeli, irrispettosi verso Dio e verso il prossimo e vengono quindi
privati del riposo eterno.
3. WALTER MAP
Walter Map, nel suo De Nugis Curialium, ci parla di revenants
estremamente diversi: se William di Newsburgh descrive queste creature come
delle entità spaventose e pericolose, in grado di seminare paura, distruzione e
morte, Walter Map ci racconta di persone morte che, improvvisamente e
misteriosamente, tornano alla vita e si comportano come prima, al punto di
poter generare numerosi figli:
Quia de mortibus quarum iudicia dubia sunt incidit oracio, miles quidam Britannie
minoris uxorem suam amissam diuque ploratam a morte sua in magno feminarum
cetu de nocte reperit in conualle solitudinis amplissime. Miratur et metuit, et cum
rediuiuam uideat quam sepelierat, non credit oculis, dubius quid a fatis agatur.
Certo proponit animo rapere, ut de rapta uere gaudeat, si uere uidet, uel a
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fantasmate fallatur, ne possit a desistendo timiditatis argui. Rapit eam igitur, et
gauisus est eius per multos annos coniugio, tam iocunde, tam celebriter ut priori, et
ex ipsa suscepit liberos, quorum hodie progenies magna est, et Filie mortue
dicuntur. Incredibilis quidem et prodigialis iniuria nature, si non extarent certa
uestigia ueritatis 20
(poiché il discorso è caduto su morti che destano perplessità, parliamo di un cavaliere della
Piccola Bretagna, perdutala moglie e piantala a lungo dopo la sua morte, una notte la trovò
in mezzo a un grande gruppo di donne, in una valle completamente disabitata. Si meravigliò
e si spaventò e vedendo di nuovo viva colei che aveva sepolto non credette ai propri occhi e gli
venne il dubbio che fosse opera delle fate. Si propose fermamente di rapirla, se vedeva giusto,
per godere concretamente della rapita o, se era tratto in inganno da un fantasma, per non
essere accusato di codardia in quanto aveva desistito. Dunque la rapì e godette della sua
compagnia per molti anni, tanto felicemente, tanto intensamente come con la prima, ed ebbe
dei figli da lei, dei quali oggi ci sono numerosi discendenti, detti figli della morta. Sebbene
questo un insulto alle leggi della natura, incredibile e strabiliante, se non esistessero chiare
vestigia del vero) (Latella, 1990)
La testimonianza di Walter Map è certamente molto particolare in
quanto il ritorno alla vita terrena viene privato di qualsiasi particolare
conturbante al punto che i vivi e i morti possono nuovamente unirsi
felicemente, fino a procreare una discendenza numerosa. È vero che Walter
Map è solito presentare ai lettori rielaborazioni ‘eccentriche’ di molte leggende a
noi altrimenti note, ma questa descrizione ricorda una vera e propria
resurrezione ed è praticamente un unicum in tutto il panorama medioevale.
In questa interessantissima mirabilia, Walter Map riprende il motivo della
sposa fatata, particolarmente amato dalla letteratura medioevale, ma ne cambia
un aspetto fondamentale. In quasi tutti i racconti dedicati a questa particolare
tematica, infatti, il sodalizio fra l'uomo e la creatura ferica è destinato a
terminare quando il primo infrange una promessa di qualche tipo fatta all'inizio
del rapporto amoroso. Tendenzialmente i racconti di Walter Map sulle spose
fatate sono facilmente riconoscibili:
La donna sovrannaturale, di origini sconosciute si trasforma in serpente, rifugge dal
momento della consacrazione eucaristica, scompare volando nell’aria, come un
demonio o sollevata da uno spirito demoniaco (Di Febo, 2012)
Il cavaliere di questo racconto, invece, ha potuto godere del rapporto con
la sua amata serenamente, senza dover mantenere particolari giuramenti e,
apparentemente, senza sposare una creatura infernale o diabolica poiché lo
20Walter
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Map, De nugis curialium, IV, VIII.
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scrittore non demonizza mai la sposa del protagonista, anche se non rinuncia a
sottolinearne la situazione estremamente particolare. Anche in questo caso
Walter Map si caratterizza per essere uno scrittore fuori dal comune, capace di
sfuggire agli schemi della sua epoca e di proporre storie fuori dal comune in
grado di sorprendere i lettori della sua epoca e di mettere in difficoltà gli
studiosi della contemporaneità.
4. CESARIO DI HEISTERBACH
A partire dal XII-XIII secolo, l'atteggiamento della Chiesa si fa sempre
più scettico nei confronti di queste superstizioni di origine pagana e non
mancano gli interventi di numerosi autori che sottolineano come in verità sia il
demonio ad assumere le sembianze dei morti indurre i fedeli alla superstizione
allontanandoli dalla fede e seminando zizzania fra la popolazione.
Étienne de Bourbon, ad esempio, nel Tractatus de Diversis Materiis
Predicalibus sottolinea più volte come il demonio sia in grado di assumere
identità umana e, grazie ad essa, di aggirarsi fra gli uomini per agire più o
meno attivamente sulla realtà:
Vetula autem dicta cuncta negabat, dicens non esse se impositi criminis consciam.
Episcopus, hoc audiens, conscienciam dicte mulieris noscens, adjuravit illum
demonem qui hujus facti actor fuerat, ut se et factum manifestaret. Tunc demon, in
similitudinem vetule se trasmutans, urgente episcopo, pelliculam combustam a facie
vetule removit coram omnibus et sibi imposuit, et fraudem suam et causam ejus
omnibus verbo, et facto patefecit 21
(ma la vecchia in questione negava ogni cosa, affermando di non sapere nulla del delitto
imputatole. Il vescovo, udendo ciò, ed essendogli nota la buona coscienza di quella donna,
scongiurò il demonio che era stato l'artefice di quell'impresa affinché rendesse manifesto sé e
quanto aveva compiuto. Al che il demonio, assumendo l'aspetto della vecchia, su istanza del
vescovo, davanti a tutti tolse dal volto di questa la porzione di pelle bruciata e se la mise sulla
propria, e così palesò a tutti con le parole e con i fatti il proprio inganno e la propria causa)
(Barillari, 2014)
Demonio che il mondo medioevale (contrariamente all'età moderna)
considera soprattutto come signore degli inganni e delle illusioni:
Prestidigitateur, bateleur, expert en masques, en impostures et en faux-semblants: le
Diable que nous présentent les démonologues règne sur un théâtre d’ombres qui lui
permet tantôt d’exagérer sa puissance, en offrant des spectacles qui ne sont que pres21Étienne
de Bourbon, Tractatus de diversis materiis predicalibus, CCCLXIV.
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tiges, tantôt d’endormir la méfiance des hommes, bien incapables de discerner, derrière les trompe-l’œil et les simulacres, la réalité de ses crimes et de son action réelle
sur le monde. Tout l’objet du discours démonologique est là: tracer, autour et au sein
de chaque phénomène diabolique (apparitions d’esprits et de revenants, métamorphoses, incubes et succubes, sabbat et transport au sabbat, etc.), de multiples lignes
de partage entre le réel et l’illusoire, entre le vrai et le faux, sans qu’il s’agisse jamais
de ramener la totalité du fait diabolique d’un côté ou de l’autre. (Maus de Rolley,
2005)
Sebbene l'incredulità e lo scetticismo della Chiesa nei confronti dei
revenants sia un fenomeno graduale e costante, numerosi sono gli autori che non
si allineano completamente a questa interpretazione ufficiale. Cesario di
Heisterbach, ad esempio, nel Dialogus magnus visionum et miraculorum enumera
quattro tipi di morte: quella di coloro che avevano vissuto bene ed erano morti
in pace, quella di chi aveva vissuto peccaminosamente, ma aveva fatto una
buona morte; quella di quanti avevano vissuto una vita giusta seguita da una
mala morte, infine quella di tutti quelli che avevano vissuto ed erano morti in
malo modo (Budriesi, 2013). Per ciascuna di queste morti, Cesario immagina
una sorte diversa e spesso chi è vissuto in malo modo è destinato a tornare alla
terra, in forma di revenant:
In Episcopatu Coloniensi duae generationcs rusticorum inimicitias mortales
exercebant. Habebant autem duo capita, duos videlicet rusticos magnanimes ac
superbos, qui semper nova bella suscitabant, suscitata fovebant, nullam fieri pacem
permittentes. Divino igitur nutu factum est, ut ambo uno die morerentur. Et quia de
una erant parochia nomine Nuenkirgen, quia sic Domino placuit, qui per illos
dissensiones malum ostendere voluit, in una fossa corpora eorum sunt posita. Mira
res et inaudita. Cunctis qui aderant videntibus, corpora eadem dorsa verterunt ad
invicem, capitibus, calcibus, ipsisque dorsis tam impetuose collidentibus, ut caballos
indomitos putares. Mox unum extrahentes, remotius in alio sepulchro
tumulaverunt 22
(nel vescovado di Cologna c'erano due famiglie di contadini che si odiavano. Tutti e due
avevano un capo famiglia, due contadini orgogliosi e superbi che provocavano sempre nuove
guerre e alimentavano gli scontri, non permettendo che si realizzasse nessuna pace. La
volontà divina volle che tutti e due morissero nello stesso giorno. E poiché appartenevano ad
una stessa parocchia a nome Nuenkirchen e poiché piacque così a Dio che, attraverso i loro
litigi volle mostrare il male, in una sola fossa furono posti i corpi dei due. Cosa incredibile e
mai sentita. Di fronte a tutti coloro che erano presenti e guardavano, gli stessi cadaveri
girarono la schiena colpendosi con le teste, con i calci e con le stesse schiene in maniera
oltremodo violenta tanto che avresti pensato che si trattasse di cavalli selvaggi.
Immediatamente ne tirarono fuori uno e lo misero in un sepolcro più lontano).
di Heisterbach, Dialogus miraculorum, XI, LVI.
Testo integrale disponibile su http://betula.annexus.ehess.fr/sdx/cesaire/index.xsp
22Cesario
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In questo periodo storico, l'atteggiamento della Chiesa appare
ambivalente poiché, se da un lato si possono trovare numerose fonti che
denunciano la falsità di queste apparizioni prodigiose, è anche possibile trovare
numerose fonti in cui le stesse apparizioni vengono utilizzate come monito per i
fedeli.
5. FILIPPO DEGLI AGAZZARI
Fra il XIV e il XV secolo, invece, la Chiesa cominciò a condannare senza
nessuna esitazione tutte le credenze di derivazione pagana e folclorica al punto
che: «la diabolisation des apparitions se traduit par leur déplacement vers les
espaces forains de plus en plus assimilés à des lieux sauvages» (Charuty, 1987).
Il diavolo comincia ad essere percepito come estremamente pericoloso, una
potenza in grado di agire concretamente sul nostro mondo attraverso la
possessione o le streghe.
Questa tendenza alla diabolizzazione risulta evidente in alcuni exempla
della raccolta composta Filippo degli Agazzari 23, molto attento al tema del patto
con il maligno (D’Agostino, 2004): particolarmente interessanti, ai fini della
nostra analisi, sonho gli episodi in cui son descritte figure che presentano
chiaramente delle caratteristiche tipiche dei revenants, molto spesso a causa
dell'intervento del Maligno o di pratiche magiche.
Nel sedicesimo assempra (esempio) della raccolta, intitolato «D'un uomo e
una donna che acconsentiro, che una maledetta incantatrice desse el lor figliulo
al diavolo per farlo guarire», Filippo riferisce un fatto di cui venne a conoscenza
quando era un «giovano e conventuale nel luogo nostro di Val d'Elsa» 24 grazie
ad un contadino del luogo, durante una confessione. L'exemplum narra la storia
di due genitori che decisero di portare il loro figlioletto gravemente malato
presso una «maledetta incantatrice» poiché ogni altro tentativo per guarire il
degli Agazzari (1339-1422), monaco agostiniano e autore degli Assempri.
degli Agazzari, Assempri, XVI.
Testo integrale disponibile su
http://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=uc1.a0000202986;view=1up;seq=94
23Filippo
24Filippo
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bambino era fallito miseramente. La donna, molto probabilmente una strega,
riesce a convincere i genitori a consegnare il loro figlio al diavolo al fine di
ottenerne la guarigione. L'intervento sembra riuscito e il bambino gode di
buona salute per circa sei mesi, ma improvvisamente si ammala nuovamente e
muore nel giro di pochi giorni. Il cadavere viene seppellito in terra consacrata,
ma sembra non godere della pace eterna poiché ogni giorno viene ritrovato
nudo e al di fuori della sua tomba:
E sotterrato che fu, la mattina seguente el prete andò a. casa. del padre e de la madre
e disse: andate a sotterrare el vostro figliuolo; però che la terra non l’ha voluto
ricevare et hallo gittato fuore de la sepoltura et è innudo sopra la fossa. Allora el
misero padre andò con molta paura a sotterrare el figliuolo la seconda volta. Et ance
la mattina seguente quando el prete venne a vedere el fanciullo era innudo fuor del
cimitero. Si andò a dire al padre con molto rimprovero, che andasse a risotterrare el
figliuolo la terza volta 25
L’autore afferma che è la terra stessa a rifiutare le spoglie del bimbo, ma
subito dopo la fuga dei genitori, spaventati da questo inquietante fenomeno, il
cadavere del bambino «fu trovato giù per un boschetto ch’ era lonchesso la chiesa,
tutto isvembrato et isbudellato e laddove era l’un vembro non era l’altro» 26. Quindi
non solamente la terra continua a rifiutare le spoglie maledette, ma sembra
abbastanza evidente che queste siano in grado di muoversi durante la notte e
solamente l'intervento degli uomini pone fine a questa situazione non a caso
attraverso l'utilizzo dei sassi, da sempre utilizzati per impedire il ritorno dei
revenants sulla terra.
Ancora più inquietante è il venticinquesimo exemplum, intitolato «Come
Santo Iacopo 27 di Galizia liberò un mercante el quale per avere denari si voleva
dare al diavolo». Il protagonista è un mercante di nome Marino di Celaio, un
uomo estremamente dissoluto e dedito al gioco nonostante debba crescere un
figlio. Improvvisamente si ammala gravemente e decide di visitare «la casa del
glorioso appostolo misser Santo Iacomo di Galizia, e fatto 'l botto in pochi dì fu
25Ibidem.
26Ibidem.
27Giacomo
di Zebedeo, uno dei dodici apostoli di Gesù ancora oggi venerato da tutte le chiese
cristiane che riconoscono il culto dei santi.
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guarito»42. L'uomo si dimentica ben presto della grazia ricevuta e continua la
sua vita dissoluta perdendo ben duecento denari d'oro ai dadi. Tornando a casa
se ne dispera e invoca il diavolo affinché lo faccia diventare ricco. Non appena
entra in camera da letto, l'uomo vede due individui in abito religioso che gli
rivelano di essere «coloro che tu hai chiamati, che t'aviamo arrecati e' denari che tu ci
hai chiesti se tu vuogli esser nostro quando tu morrai, e di questo vogliamo che si tragga
carta» 28. Marino non esita ad accettare il patto con il demonio ed i due diavoli
convocano ser Giontino da Monte Luccio, un notaio morto qualche giorno
prima che visse in maniera empia e malvagia. Nonostante fosse morto, ser
Giontino sembra conservare il dono dell'intelletto e della parola ed interagisce
con il mercante che, sebbene turbato dalla presenza del suo ex vicino di casa, è
pronto a firmare il contratto scritto dal notaio. Solamente l'intervento di San
Giacomo dissuade Marino dalla firma e lo convince a terminare la sua vita nel
rispetto di Dio e dei comandamenti.
I morti che hanno vissuto senza rispettare i dettami della Chiesa possono
dunque tornare in vita pur di servire il Maligno. Il racconto risulta
particolarmente inquietante poiché Ser Giontino da Monte Lucio, pur essendo
morto da qualche tempo, continua a mantenere l'aspetto di una persona in vita
e a agire in maniera molto diversa dagli altri revenants fin qui analizzati essendo
in grado di parlare e di compiere le stesse azioni che faceva in vita.
In Filippo degli Agazzari la figura del revenant è ormai strettamente
legata alla stregoneria o alla figura stessa del Maligno poiché la Chiesa, più
tollerante durante l'Alto Medioevo – lo dimostrano le lievi penitenze previste
da Burcardo da Worms nel suo Corrector Sive Medicus – aveva ormai
completamente demonizzato le credenze pagane, fra cui quella dei morti in
grado di tornare sulla terra. Di conseguenza, le raccolte di exempla scritte dai
28Filippo degli Agazzari, Assempri, XXV.
Testo integrale disponibile su
http://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=uc1.a0000202986;view=1up;seq=94
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predicatori si concentrano sempre di più sull'intervento demoniaco al fine di
scoraggiare i fedeli ad assecondare simili superstizioni.
È dunque proprio agli albori dell'età moderna che la figura del revenant
viene completamente demonizzata, strettamente legata ad altri fenomeni
inquietanti come, ad esempio, il sabba delle streghe a causa di cambiamenti
sociali, economici e culturali della società europea (Herzig, 2009).
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Virtuosa-Mente, Vignate, 2014.
• (a cura di) Belcastro M. G. e Ortalli J., «Sepolture anomale. Indagini
archeologiche e antropologiche dall'Epoca Classica al Medioevo» in Emilia
Romana, Quaderni di Archeologia dell'Emilia Romagna, n°28, Edizioni all'Insegna
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• Caprini R., «Nemmeno la morte è definitiva» in Immagini dell'aldilà,
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• Charuty G., «Morts et revenants d'Italie», in Etudes rurales, n°105-106,
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• (a cura di) Cosimini S., Laxdaela saga, Iperborea, Milano, 2015.
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• Di Febo M., «Il corpo del phantasma: la dannazione della fata», in Fate,
madri, amanti, streghe, di S.M. Barillari, Edizioni dell’Orso, Alessandria, 2012.
• Herzig T., Heinrich Kramer e la caccia alle streghe in Italia, in Non
lasciar vivere la malefica: le streghe nei trattati e nei processi: secoli XIV-XVII,
Biblioteca di storia n°7, Firenze University Press, 2009, pag. 156.
• (a cura di) Koch L, Beowulf, Einaudi, Torino, 1987.
• (a cura di) Latella F., Svaghi di corte, Walter Map, Biblioteca
Medioevale, Parma, 1990.
• Lecouteux C., Fantômes et revenants au Moyen Age, Editions Imago, Paris, 1986.
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• Magno G, Dialoghi, traduzione a cura delle Suore Benedettine Isola
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• Maus de Rolley T., «La part du Diable: Jean Wier et la fabrique de l'illusion diabolique», Tracés. Revues de sciences humaines, 8/2005.
• Schmitt J.C., «Le Moyen Age croyait-il aux revenants?», in L’Histoire,
n°175, marzo 1994.
• (a cura di) Trombetti Budriesi A. L., Un gallo ad Asclepio, morte, morti e
società tra antichità e prima Età Moderna, Cooperativa Libraria Universitaria
Editrice, Bologna, 2013.
• «Un esorcismo contro gli zombie nell’Irlanda medioevale» in Il Fatto
Storico, Quotidiano di storia e archeologia, 19 settembre, 2011.
7. SITOGRAFIA
• (L’intera sitografia è stata consultata nel mese di aprile 2016).
• Sant’Agostino, realizzato per Nuova Biblioteca Agostiniana e Città
Nuova Editrice, a cura di Franco Monteverde, webmaster Lorenzo Boccanera,
versione elettronica in lingua latina di Sant’Agostino, De Cura Pro Mortuis
Gerenda, disponibile su:
http://www.augustinus.it/latino/cura_morti/index.htm.
• Sant’Agostino, realizzato per Nuova Biblioteca Agostiniana e Città
Nuova Editrice, a cura di Franco Monteverde, webmaster Lorenzo Boccanera,
versione elettronica in lingua italiana di Sant’Agostino, De Cura Pro Mortuis
Gerenda, disponibile su:
http://www.augustinus.it/latino/cura_morti/index.htm.
• Icelandic Saga Database, 2007, Grettis Saga
disponibile
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http://www.sagadb.org/grettis_saga.en.
• Internet Archive, 1996, versione elettronica in lingua latina di William
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Newsburgh,
De
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disponibile
http://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=uc1.a0000202986;view=1up;seq=94.
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• L’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, versione elettronica in
lingua latina di Cesario di Heisterbach, Dialogus Miraculorum, disponibile su:
http://betula.annexus.ehess.fr/sdx/cesaire/index.xsp.
• Hathi Trust Digital Library, 2008, versione elettronica in lingua
italiana
di
Filippo
degli
Agazzari,
Gli
Assempri,
disponibile
su:
http://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=uc1.a0000202986;view=1up;seq=94.
CURRÍCULUM
VITAE-Xavier
Dondeynaz,
dott.
magistrale
xavier
dondeynaz, università degli studi di genova.
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