Savana africana
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Savana africana
PAGINA 19 Savana africana Grandi mandrie, veloci predatori e tante emozioni ... IL NATURALISTA ANNO 2 NUMERO 2 PAGINA 20 Safari africano Un emozionante viaggio attraverso la savana per scovare tutti i principali grandi animali africani ... Eravamo da cinque giorni in Sud Africa, da uno e mezzo nella riserva privata di Pinda e saremmo rimasti là ancora solo per una mezza giornata. In alto a destra: rinoceronte nero con cucciolo In basso a sinistra: rinoceronte bianco al pascolo (Foto A. Hermes) Il parco naturale più esteso del Sud Africa è il Kruger National Park, dove eravamo già stati, ma data la sua vastità non è facile avvistare molti animali; è quindi sempre consigliato recarsi anche in una o più riserve private, come appunto quella di Pinda, poiché, date le dimensioni più limitate, si riescono più agevolmente a trovare gli animali che si desidera vedere. Noi avevamo già visto tutto il vedibile: antilopi, zebre, iene, gnu, facoceri, babbuini, svariate scimmie, giraffe, avvoltoi, ippopotami e pure qualche coccodrillo in un piccolo stagno. Ov- viamente ci eravamo dati da fare per riuscire ad annoverare nella lista anche i Big Five: l’elefante, il rinoceronte (sia bianco che nero), il bufalo, il leone e il leopardo. Non sempre era stata un’impresa facile e veloce … Il primo dei cinque era stato l’elefante. Eravamo appena arrivati nel parco nazionale e ci stavamo sistemando nelle nostre lodges (chiamarle stanze sarebbe riduttivo perché ognuna di esse rappresentava una casetta a parte), quando dal terrazzo abbiamo scorto qualcosa di particolare: un branco di elefanti stava sfilando proprio davanti a noi come in una parata giunta per darci il benvenuto. Ce n’erano di tutte le età: adulti, giovani, piccoli, tutti al seguito della ben riconoscibile matriarca. Quell’inaspettata accoglienza ci aveva lasciati estasiati e sentivamo che era un buon inizio per il nostro viaggio. PAGINA 21 Anche l’incontro con il rinoceronte nero era avvenuto dopo pochi giorni dal nostro arrivo e ci aveva impressionati l’evidente forza dell’animale che si sarebbe potuta scatenare contro di noi da un momento all’altro, anche per un minimo passo falso da parte nostra. Il suo cugino bianco, invece, si era lasciato desiderare a lungo. I nostri sforzi per trovarlo nel Kruger Park non avevano dato frutti e anche a Pinda avevamo incontrato non poche difficoltà. Dopo una lunga e stancante caccia, però, ne abbiamo visti addirittura due, una madre e il suo piccolo, che brucavano tranquillamente senza poter comprendere di essere il coronamento della nostra assidua ricerca. Ormai solo un animale mancava all’appello e sapevamo di non poter partire prima di averlo trovato: il ghepardo. Ci avevano riferito che dei ghepardi erano stati avvistati la sera prima e, alle cinque del mattino, ci stavamo recando in fretta sul posto, nonostante le nostre guide ci avessero avvertiti che le probabilità che i felini fossero ancora là erano scarse. Stanchi per le poche Il bufalo, poi, ci era sembrato introvabile nel grande parco, mentre lo avevamo incontrato a ogni piè sospinto nella piccola riserva, senza provare però una grande emozione dal momento che è meno impressionante degli altri due erbivori. Il re della savana si era fatto attendere come si addice a ogni sovrano, ma poi si era mostrato a noi in tutta la sua maestosità in numerose occasioni, una più impressionante dell’altra: prima da lontano, man mano sempre più vicino, tre fratelli adulti a pochi passi l’uno dall’altro, una famiglia composta da un maschio adulto e dal suo seguito di leonesse, alcune leonesse a caccia durante la notte e via dicendo … Avevamo, infine, avuto una fugace visione di un leopardo mentre ci trovavamo al Kruger Park, che ero per pura fortuna riuscita a immortalare in tutta la sua agilità ed eleganza mentre si voltava a guardare che strani animali fossero i seccatori che giungevano a disturbare la sua quiete, prima di spiccare un balzo e sparire dalla nostra vista. A Pinda, dopo pochi giorni, avevamo trovato altri due di questi felini, intenti a sbranare il frutto della caccia giornaliera, ma erano poco più di sagome indistinte stagliate su uno sfondo di alberi e fogliame, la cui presenza era rivelata solamente dal rumore delle loro mascelle: un incontro da brivido che ci aveva mostrato anche il lato più selvaggio e feroce della natura. IL NATURALISTA ore di sonno e infreddoliti per la bassa temperatura, scorgevamo diverse antilopi e alcuni elefanti senza però degnarli di grande attenzione, focalizzati come eravamo sul nostro obiettivo. Il conducente continuava a parlare al walkietalkie chiedendo informazioni su eventuali avvistamenti di “cheetah”, come li chiamava lui. Ad un tratto fermò bruscamente la jeep e prese una stradina laterale in tutta fretta: avevano trovato dei ghepardi a 1 Km da noi! Giunti sul posto restammo sbalorditi e affascinati nel vedere una famigliola di ghepardi (la madre e i tre cuccioli quasi adulti). A godere dello spettacolo insieme a noi c’era un’altra jeep di turisti, ma i felini sembravano non essersi neppure accorti della presenza umana vicino a loro e continuavano a giocare, offrendoci la possibilità di realizzare degli scatti mozzafiato. ANNO 2 NUMERO Giraffa del Capo (giraffa camelopardalis giraffa), caratterizzata da corna presenti in entrambi i sessi. (Foto A. Hermes) 2 PAGINA I cuccioli non si allontanavano mai troppo dalla madre e cercavano di coinvolgerla nei loro divertimenti mentre lei, vigile, controllava che non vi fossero pericoli nei dintorni, fiutando l’aria di tanto in tanto. All’improvviso l’attenzione dei quattro si focalizzò su qualcosa alla nostra destra: una mandria di gnu, che non avevamo sentito arrivare, stava là ferma presso un paio di alberi, fissando immobile la famiglia di felini. Due dei cuccioli si appiattirono nell’erba e cominciarono ad avanzare silenziosamente verso gli erbivori; ad un tratto si lanciarono di corsa, regalandoci una vista unica ed entusiasmante. Gli gnu si voltarono per fuggire, ma si fermarono solo dopo aver percorso una cinquantina di metri, si rigirarono e caricarono i due giovani inesperti che batterono in pronta ritirata: gli inseguitori erano ora gli inseguiti! Essendo ormai passato il pericolo, gli gnu tornarono da 22 dove erano venuti e sparirono dalla nostra vista. A quel punto ci accorgemmo che era scomparso anche uno dei tre cuccioli, lo cercammo ansiosamente con lo sguardo e notammo una nuova presenza: una giraffa. Il grande erbivoro brucava tranquillamente senza prestare attenzione al ghepardo che lo fissava a pochi metri da lei; quest’ultimo, non trovando la giraffa di grande interesse, tornò presso la madre e i fratelli, riprendendo a giocare con loro. Rimasero a divertirsi a pochi passi da noi, saltandosi addosso, mordendosi, rotolandosi per terra e tirandosi zampate in un gioco continuo per almeno un’altra mezz’ora, ma a noi il tempo sembrava essersi fermato tanto eravamo presi da quello spettacolo unico. Dopo un tempo che ci parve infinito, essendo sfinita per le vicende della PAGINA 23 mattinata, la famigliola si ritirò tra gli alberi al seguito della madre. Quando furono scomparsi alla nostra vista tornammo lentamente al campo base, mantenendo tutti un religioso silenzio e ripensando a ciò a cui la natura ci aveva concesso di assistere. Si era così conclusa la nostra avventura di safari in Sud Africa. Arianna Hermes I cuccioli di ghepardo hanno una sorta di criniera bianca sulla schiena: questa serve per difendersi da eventuali predatori (Leoni o leopardi). Difatti la criniera è uguale a quella del terribile tasso del miele (Mellivora capensis), la cui fama di terribile combattente fa indietreggiare anche i più grossi felini adulti. IL NATURALISTA ANNO 2 NUMERO 2 PAGINA 24 Inizialmente ritenuto una specie a sé (Acinonyx rex), il ghepardo “rex” è il risultato di un gene recessivo legato alla colorazione del mantello che si manifesta molto raramente soltanto se ereditato da entrambi i genitori. Per continuare con le curiosità, è poco noto che il ghepardo è presente anche in Pakistan, India e Iran, seppur con pochissimi esemplari. Foto da www.sanador.it Addo, il re della savana Un film di Hugo van Lawick Un capobranco della savana (Foto da www.ngm.com). Foto alla pagina successiva : A. Hermes. Con la sua faccia tonda, circondata da una vivace barba bianca, Hugo van Lawick non può che inspirare simpatia al primo sguardo. Egli è un regista olandese di film-documentari sulla savana africana. Tra i suoi capolavori “Il Ghepardo e la sua famiglia”, “Gli elefanti del Kilimangiaro”, “Serengheti: la sinfonia della natura”. Van Lawick, deceduto nel 1998, ha vissuto per ben 30 anni in un campo in mezzo al parco del Serengheti, in Tanzania, a 10 Km d’auto dal più vicino centro abitato, Arusha. L’ultimo dei suoi lavori è stato “Addo: il re della savana”, la storia vera di un leone maschio, dalla sua nascita fino alla sua ascesa come capo di un branco e “re africano”. La nascita La madre di Addo, come tutte le leonesse, si allontana per alcune settimane dal branco per dare alla luce la cucciolata e allevarla. Inizialmente i cuccioli sonno ciechi e dipendono total- mente dalla madre, che li accudisce e allatta amorevolmente tutta la giornata. La madre si allontana solo qualche volta, ma non troppo, per trovare cibo per lei, da cui prendere le sostanze nutrienti che poi passa ai figli attraverso il latte. Dopo alcune settimane la madre e i cuccioli (Addo e le sorelle), si riuniscono al branco, dove conoscono il padre e i fratellastri più grandi. I branche di leoni sono composti da femmine con i loro cuccioli e da uno o due maschi (Questo accade solamente se i maschi sono fratelli o se si sono alleati durante il periodo di esilio); raramente sono più di due. PAGINA 25 Il maschio è il padre di tutti i cuccioli del branco. La caccia Ogni branco controlla una gigantesca area di territorio, nella quale abitano gnu., zebre, gazzelle … Solitamente sono le femmine a cacciare. La criniera del maschio infatti lo rende molto più visibile tra l’ebra alta. La criniera, che nei leoni preistorici era assente,. Ha la funzione di far sembrare più grande e più temibile il maschio: di conseguenza il maschio, notevolmente più forte della femmina, è un ottimo difensore del branco, ma non un buon cacciatore. La natura ha risposto a questo handicap rendendo le leonesse delle terribili cacciatrici. Le leonesse si avvicinano, nascoste nell’erba alta, al branco di erbivori tutte sulla stessa linea. Quando arrivano a meno di 50 m dalle prede una delle leonesse parte all’attacco (a una velocità di circa 15 m/s) scatenando il panico nel branco, i cui componenti si mettono a correre in ogni direzione. La leonessa dunque insegue uno degli animali spingendolo verso una delle compagne (per esempio tagliandogli la strada ogni qual volta cerca di cambiare direzione di fuga). Quando la preda è vicina alla seconda leonessa anche questa parte all’attacco, spingendola verso una terza cacciatrice in agguato, e così via … Per abbattere la preda la leonessa mira ai fianchi poi salta, sfoderando gli artigli, e cerca di buttare a terra l’erbivoro. Una volta abbattuta la preda, la leonessa gli azzanna la gola con i lunghi canini, uccidendola per soffocamento. Successivamente le leonesse portano in un luogo riparato la carcassa, per evitare gli spazzini della savana (iene, licaoni, avvoltoi …). IL NATURALISTA Il primo a mangiare è il leone, il capo del branco; successivamente si cibano le leonesse e infine i cuccioli e i giovani. I leoni tagliano la carne con i denti carnassiali che hanno dietro i canini e la raschiano con la lingua ruvida. L’esilio La vita di Addo, trascorsa per mesi tra buoni pasti, giochi con i fratelli e buone dormite (i leoni dormono per circa i 2/3 della giornata), prende una svolta drammatica all’inizio della stagione secca. Le grandi mandrie abbandonano il territorio del branco in cerca di pascoli più verdi e il branco di leoni si ritrova a soffrire la fame. Come se non bastasse, due giovani leoni dalle grandi criniere invadono il territorio del branco, decisi a prenderne possesso e ad accoppiarsi con le leonesse. Con i loro forti ruggiti persuadono il vecchio padre di Addo che è più saggio fuggire piuttosto che affrontare una impossibile lotta con due giovani e forti avversari. Il capo branco dunque fugge, lasciando il branco incolume davanti agli aggressori. ANNO 2 NUMERO La scena finale di “Il re leone” della Walt Disney (www.wildfangs.forumfree.it) 2 PAGINA Siccome i leoni, quando prendono possesso di un gruppo di femmine, solgono uccidere tutti i cuccioli del precedente capobranco, una leonessa preferisce allontanarsi dal territorio con tutti i cuccioli al suo seguito. Addo, ormai divenuto un giovane leone, con una criniera abbozzata, deve fuggire non solo perché figlio del vecchi re, ma anche perché possibile rivale. Uno dei due invasori lo insegue, deciso a ucciderlo; solo l’arrivo di alcuni cacciatori Masai fa fuggire il nuovo re e salva la vita a Addo, che per fortuna non è visto dagli uomini vestiti di rosso. Durante il suo lungo esilio, Addo fa amicizia con un altro giovane leone esiliato dal suo branco. Tutti i leoni maschi infatti vengono allontanati dal proprio gruppo d’origine, se non da invasori, dallo stesso padre, affinché non gli rubi la signoria sul branco. Non è raro anche che durante il periodo dell’esilio si creino forti amicizie tra i maschi, che non si spezzeranno mai più. Grazie all’amico Addo può cacciare tutti i tipi di preda, ha un compare con cui giocare e divertirsi nonché un socio per la conquista di un gruppo di leonesse e un territorio di caccia. La conquista Individuato un territorio difeso solamente da un vecchio maschio, Addo e l’amico lo invadono a suon di forti ruggiti. Il vecchio re fugge. Addo lo insegue per assicurarsi che se ne vada dal territorio, ma l’inseguito 26 approfitta del fatto che Addo lo sta inseguendo da solo per attaccarlo violentemente. Dopo un aspro combattimento Addo riesce a ferire l’avversario a una zampa, che si ritira definitivamente. Nel frattempo l’amico di Addo cerca di conquistare la signoria sulle leonesse. Compito tutt’altro che facile: le femmine infatti non vedono mai di buon occhio l’arrivo di nuovi maschi, siccome comporta un periodo di instabilità e insicurezza, nonché l’esilio o l’uccisione dei leoncini. Soprattutto alcune delle leonesse con figli non esitano ad attaccare il nuovo venuto. Ma alla fine, anche con l’aiuto di Addo, il nuovo re riesce a sottomettere tutte le femmine del branco. Il film-documentario di conclude con Addo, ormai divenuto un grosso leone maschio dalla grande criniera che ruggisce dall’alto di una roccia in mezzo alla savana, scena che non può che rimandarci al celebre finale del “Re leone” della Disney. Van Lawick ideò e curò personalmente parte delle riprese del film ma fu poi costretto a passare la direzione al regista olandese Anton Van Munster perché gravemente malato di enfisema, che lo stroncò il 2 Giugno 1998 Dar Es Salam, mentre le riprese del film continuavano; con permesso del governo, è stato sepolto in mezzo al Serengheti, vicino a quel campo in cui aveva vissuto per 30 anni, ammirando con passione e rispetto la vita degli animali della savana, e specialmente quella dei leoni. Alessandro Paolo Carniti PAGINA IL 27 NATURALISTA