Passi di Bimbo
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Passi di Bimbo
Passi di Bimbo Di Massimo Falorni Fin dalla nascita ho sempre avuto un’irrefrenabile voglia di viaggiare alla scoperta di territori inesplorati, ero affascinato dall’idea di vedere luoghi lontani e conoscere le persone bizzarre che li abitavano. Per questo amavo farmi prendere in braccio da mia madre e farmi trasportare alla scoperta del mondo. Quella mattina ero inspiegabilmente irrequieto, non so se per la colazione delle otto, che stentava ad arrivare, oppure per quel cattivo odore che sembrava proveniva dal mio di dietro. Le mie grida invano echeggiano nel grande castello, un monolocale in affitto nel centro di Firenze. – Bello! Dove vuoi andare? – disse mio nonno avvicinandosi. Poi, con abile destrezza, mi prese in collo, mentre uno strano rumore di ossa proveniva dalla sua schiena, risuonando nella stanza. – Aspetta! Che tra poco arriva la mamma e ti porta fuori. – Finalmente mia madre arrivò e con la velocità di un fulmine mi cambiò il pannolone, mi fece una succulenta colazione e mi vestì con un ridicolo completino color kaki. Forse non ero molto elegante, ma quel vestito era perfetto per andare in cerca d’avventura. – Ma che bel bambino, come si chiama? – domandò una signora anziana che cercava amorevolmente di strapparmi le guance a forza di pizzicotti. – Ma che fai? Aspetti l’autobus bel bambino? – Certo che aspettiamo l’autobus, è evidente, altrimenti cosa farebbero un bambino insieme alla madre davanti alla fermata dell’autobus? – Purtroppo l’autobus è in ritardo… – disse la signora anziana che iniziò una tediosa dissertazione sul traffico fiorentino. Il tempo scorreva inesorabile e un autobus color arancione si fermò davanti a noi, così, senza pensarci troppo, montai sopra. Purtroppo mia madre non mi vide salire e rimase a terra. Vabbè, non importa, avrebbe preso sicuramente quello dopo. Viaggiare in autobus per me era una cosa fantastica, l’unico posto dove avevo l’opportunità di poter vedere quanto è variegato il mondo. Colori, odori e sapori che si uniscono in questo piccolo spazio in movimento. Il mondo è pieno di gente diversa, ognuno intento a occuparsi delle sue attività quotidiane, ognuno con il sogno di viaggiare verso qualcosa o qualcuno, ognuno nell’attesa di scendere alla prossima fermata. Speranzoso, iniziai a guardarmi in giro in cerca di un posto vuoto, ma niente da fare. Così, mentre l’autobus sembrava ribaltarsi ad ogni curva, mi aggrappai con tutte le forze ad un palo che aveva una strana macchinetta appesa in cima. Clack! Un uomo in giacca e cravatta obliterò il biglietto, mentre con un sorrisetto ebete guardava una rivista di macchine di lusso. Clack! Un ragazzo con lo sguardo triste obliterò il biglietto mentre sorreggeva una pila di libri. Clack! Un vecchietto parlava ad un suo amico invisibile affermando che il mondo va in rovina, che Firenze è diventata invivibile e che i giovani non sono più quelli di una volta. Clack! Un signore con sguardo disinvolto frugava in alcune borse, dopo poco capii che aveva dimenticato il portafoglio nella borsa di una signora. Ben presto compresi che il posto sotto la macchinetta per obliterare i biglietti non era molto comodo perché troppo trafficato, quindi sgattaiolai tra le gambe della gente, mettendomi a sedere accanto a due ragazzi che avevano le bocche appiccicate, forse si erano incollate. Qualcuno avrebbe dovuto aiutarli! Bello girare per Firenze, culla dell’arte, splendore rinascimentale. Dai finestrini si poteva vedere tutto. Monumenti, statue, palazzi mi passavano davanti agli occhi. Inoltre, era possibile vedere anche la gente che girava in macchina. – Broom! Beep! Ma va a fan…! – miriadi di auto che circolano tutte in coro: rumore di motori, clacson, gente che urla furibonda. Girare in macchina non sembra essere un gioco tanto divertente! Il tempo passava e il paesaggio incominciava a cambiare, alle chiese e alle piazze, si sostituivano alberi e prati. L’autobus saliva per i colli, sembra più affaticato. L’andatura diminuiva e uno strano rumore, accompagnato da un fumo poco rassicurante, proveniva dalla parte posteriore del mezzo. Fuori si fece buio e, fermata dopo fermata, la gente iniziò a scendere. Dopo poco rimasi solo sull’autobus e il conducente, iniziò a girarsi e a guardarmi in modo strano. L’autobus si fermò e l’infernale rumore che proveniva dal motore si arrestò. Il guidatore mi guardò intensamente, poi scese dal posto di guida e si avvicinò. – Bel bambino! Ma che fai tutto solo? – disse prendendomi per mano – Vieni che ti porto con me! – Il conducente si incamminò verso l’uscita dell’autobus, schiacciò un pulsante e la portiera si aprì. Lentamente scendemmo le scale, ma una tempesta di luci ci investì accecandoci. Due macchine della polizia e alcuni poliziotti mi guardavano sorridendo, mentre mia madre si avvicinò correndo e, con le lacrime agli occhi, mi abbracciò. Una giornata fantastica. Prendere l’autobus da solo, viaggiare per mezza Firenze e conoscere lo strano popolo che vive negli autobus. Un piccolo passo per un uomo, ma un grande salto per un bimbo. - Il sottoscritto Massimo Falorni autorizza Ataf S.p.a a pubblicare il proprio racconto. Inoltre, ho preso visione e accetto il regolamento per partecipare al concorso letterario “penne passeggere”. Massimo Falorni Nato a Prato il 26/02/1975 Residente a Firenze – 50127 – Via Carlo del Prete 108 a Professione: agente di commercio Tel. 055.434275 - Cel. 328.4921797