progetto innovativo di giovani brasiliani

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progetto innovativo di giovani brasiliani
ALLA RICERCA DEL BENE COMUNE
… PER CUSTODIRE IL PATRIMONIO DELL’UMANITÀ
Convegno AMU, Sassone (Roma) 5-6 marzo 2011
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Riciclo e comunione:
progetto innovativo di giovani brasiliani
Francesco Tortorella
In questi minuti vi racconterò l'esperienza del progetto “Dalla Strada”, una storia che
incrocia il tema del nostro convegno in vari punti cruciali: la scelta di alcune persone di dedicare le
proprie capacità e parte della propria vita ad un bene più grande del proprio; il desiderio di lavorare
costantemente insieme, nella diversità, per il bene di tutti; l'impegno ad operare in armonia con
l'ambiente e le risorse naturali.
Nel 2003 un artigiano brasiliano, Bosco, viene per alcuni mesi in Toscana a frequentare un
corso di formazione per la lavorazione artigianale di borse. Tornato in patria comincia la sua attività
a Maceiò. Passano i primi anni e incontra Padre Renato, missionario italiano da 30 anni in Brasile,
che dedica la sua vita ad accogliere i “meniňos de rua”, i ragazzi di strada. La sua Casa do Menor
accoglie decine di ragazzi e giovani che a causa delle disastrose situazioni familiari sono stati
costretti a vivere fin da piccoli per la strada, alcuni anche da 3-4 anni di età. La loro vita è fatta di
solitudine, colla da sniffare e droga per ingannare i crampi della fame, piccoli furti per
sopravvivere, fughe dalla polizia e dalle bande armate che cercano di ucciderli per garantire
“sicurezza” ai cittadini, prostituzione, violenza. Nella Casa do Menor trovano una “famiglia”,
ascolto, dignità, possibilità di ricominciare a vivere, anche imparando pian piano un mestiere.
Bosco, che come stile di vita era già abituato a guardare oltre il proprio piccolo mondo
personale, incontrando Padre Renato e i “suoi” ragazzi ha un'idea e un desiderio: quello di mettere a
loro disposizione le sue competenze artigianali, insegnando loro a creare borse e accessori di
abbigliamento. Gli sembra che le loro vite abbandonate in strada, un po' come i tanti materiali di
scarto che la nostra società del consumo butta via, possano rinascere e dare tanto al mondo. Questo
paragone gli fa venire l'idea di utilizzare, per la produzione delle borse, materiali destinati in
discarica, recuperandoli e lavorando così in modo ecologicamente sostenibile. Infine, Bosco
vorrebbe aderire con la sua attività all'Economia di Comunione (EdC), un'esperienza di economia
per il bene comune, e sogna di farlo in uno dei poli imprenditoriali EdC del Brasile.
Con queste premesse, alla fine del 2009 parte un progetto per la professionalizzazione dei
ragazzi di strada, che coinvolge Bosco, un gruppo di ragazzi ospiti delle Case do Menor di Rio de
Janeiro, Fortaleza e Santana do Ipanema, la commissione dell'EdC del Nord-Est brasiliano, il Polo
EdC di Recife e l'AMU. Il progetto viene cofinanziato dall'AMU e dalle imprese che aderiscono
all’EdC nel mondo.
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Si inizia con la realizzazione del primo corso con un gruppo di 20 allievi. La materia prima
utilizzata per la lavorazione si chiama “ecotelone”, un materiale ricavato dalla mescola di cotone
riciclato, poliestere ottenuto da bottiglie di plastica riciclate e di cotone nuovo, che in Brasile si
utilizza per le coperture dei camion; le finiture delle borse sono realizzate con scarti della
lavorazione del cuoio di altre imprese destinati al macero e con pelle di pesce recuperata dagli
allevamenti che la butterebbero via e lavorata con procedimenti ecologici, senza metalli pesanti e
con colori di origine vegetale.
Accanto alla formazione professionale si realizza un percorso di formazione psico-sociale su
diversi aspetti della salute, della sicurezza sul lavoro, del rispetto dell'ambiente, dei diritti umani,
dell'etica del lavoro e sui principi e la pratica dell’Economia di Comunione, con l'accompagnamento e la supervisione di un’équipe di psicologi ed educatori. Come loro stessi raccontano, ad
esempio: «All’inizio di ogni giorno facciamo una riflessione sui temi dell’Economia di Comunione
e vediamo insieme come migliorare nel viverla. Non si può amare colui che non si conosce: per
questo a turno ciascuno dei giovani racconta la sua storia, ciò che significa per lui il progetto, ciò
che lo motiva ad andare avanti, le scelte che fa e che vorrebbe fare, ecc.. ».
Il Polo EdC nel quale si svolgono i corsi sorge in un’area circondata da favelas, o più
precisamente assentamentos, terreni occupati da famiglie “sem terra” che, private della terra da
coltivare per vivere si trasferiscono nelle periferie delle metropoli brasiliane in cerca di lavoro,
cadendo nelle trappole della miseria. Nasce così l’idea di allargare i corsi anche ai ragazzi
provenienti da queste favelas e di avviare con gli allievi del corso concluso un primo nucleo
produttivo.
L’azienda prende il nome di “Dalla Strada”: tanto i giovani protagonisti del progetto, infatti,
quanto le materie prime da loro utilizzate vengono dalla strada.
Bosco viene invitato a raccontare questa esperienza in varie città del Brasile in occasione di
convegni e manifestazioni, e dall'incontro con alcuni aderenti all'EdC del Sud del Brasile nasce
l'idea di replicarla nei dintorni di San Paolo. Qui i giovani allievi vengono selezionati fra gli abitanti
dei “quilombolas”, favelas abitate da discendenti degli ex-schiavi africani deportati in Brasile
all'epoca della colonizzazione.
Nel maggio 2010 iniziano anche qui i corsi professionali, con l'accompagnamento degli
stessi giovani che avevano partecipato ai corsi a Recife, i quali vogliono anch'essi mettere a
disposizione di altri ciò che hanno imparato. Nel frattempo un secondo e un terzo corso sulla
lavorazione delle borse vengono realizzati a Recife, coinvolgendo altri 20 ragazzi circa.
La formazione è impostata sul metodo dell'imparare-facendo e punta a favorire la creatività
e l'innovazione degli allievi, per creare giovani protagonisti delle loro vite, da un punto di vista
imprenditoriale e umano. I giovani vengono coinvolti progressivamente anche nella gestione
dell’azienda stessa, con l'obiettivo che in futuro siano essi stessi in grado di portarla avanti.
Come accennavamo, in questo come in altri progetti, l’AMU punta a coltivare rapporti di
reciprocità, caratterizzati dal dono reciproco di sé, delle proprie capacità, del proprio tempo e dei
beni a propria disposizione. A questo proposito i ragazzi raccontano: «Ogni giorno facciamo una
pausa dal lavoro e uno spuntino. Un giorno uno dei giovani più timidi ha portato un dolce fatto da
lui apposta per questo momento. Non solo il dolce era delizioso ma in quel momento abbiamo
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sentito particolarmente la gioia che nasce dalla condivisione dei talenti di tutti, nel dare e nel
ricevere. Questa gioia evidentemente si vede anche fuori… infatti i genitori di una giovane, dopo
poche settimane che lei lavorava qui, ci hanno invitato a cena e il papà a un certo punto ci ha
chiesto: “Cos’è che fate in questo Polo? Come mai mia figlia è così felice? Ogni giorno torna a
casa felice, cantando…».
In quest'ottica di reciprocità, Bosco e i giovani hanno preso l'impegno di restituire
progressivamente una parte del contributo ricevuto a sostegno del progetto, per formare un “fondo
di reciprocità” con il quale si potranno sostenere in futuro altri progetti di questo tipo in Brasile.
Un ultimo pezzo di questa storia si sviluppa in Italia a fine 2010. Con un gruppo di amici
appassionati all'economia di comunione e al commercio equo e solidale, abbiamo visto in questo
progetto la possibilità di lavorare alla pari con i ragazzi brasiliani, con l'obiettivo comune di creare
lavoro per i giovani, in Brasile come in Italia. E' nata così una cooperativa con la quale importiamo
e vendiamo in Italia le borse “Dalla Strada”, come avete potuto vedere nella expo. Assorbiamo circa
un terzo della loro produzione, garantendo continuità al loro lavoro e collaborando nella scelta dei
materiali da utilizzare, dei modelli da produrre e nelle scelte strategiche.
Vorrei concludere con un breve stralcio dell'esperienza di uno dei giovani coinvolti nel
progetto: «Se penso alla persona che ero prima di partecipare a questo progetto… non mi
riconosco, mi sembra di vedere un altro, una persona disperata, che fa uso di droga, coinvolto con
la criminalità, che ha bisogno di fare esperienze estreme per sentirsi vivo. Oggi ho imparato la
bellezza del dare, della condivisione, e mi sento un’altra persona, una persona felice».
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