Introduzione a Baruch Spinoza

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Introduzione a Baruch Spinoza
Introduzione a Baruch Spinoza 1
DIO? NON HA NULLA A CHE FARE COL DIO DEL
CRISTIANESIMO!
Cartesio ha l'indubbio merito (al di là dei risultati) di aver posto con forza il problema del
"metodo" e di aver tentato di costruire un sapere fondato sulla... roccia dell'evidenza, anche se
poi questa evidenza in ultima analisi è garantita da un Dio che non può ingannare.
Siamo a Spinoza. Questi inizia la sua ricerca proprio sulla stessa lunghezza d'onda. Il suo
obiettivo: applicare alla filosofia lo stesso metodo fecondo della geometria euclidea. Cosa dici
di questa... ambizione?
Mi sembra più che legittima: se si vuole uscire dalla babele delle tante opinioni filosofiche e
costruire un sapere intersoggettivo su cui tutti possono concordare.
Spinoza la pensa proprio così. Forse, questo, potrebbe sembrarti un progetto ambizioso o
addirittura velleitario.
Soffermiamoci ancora un attimo sul metodo euclideo. E' applicabile - riprendiamo il problema
che abbiamo appena sollevato - tale metodo alla realtà? In geometria noi troviamo dei nessi
"necessari" (posto un triangolo, si ha necessariamente - come conseguenza - che la somma
degli angoli interni è equivalente ad un angolo piatto). Ora esistono - o sono deducibili - tali
nessi nella realtà?
Esistono: le leggi scoperte dalla scienza non sono dei nessi necessari?
Spinoza ritiene che i nessi necessari della geometria appartengano alla stessa realtà in quanto
è la stessa scienza che ha scoperto - di questa realtà - le leggi necessarie.
Quali conseguenze pensi si possano avere se la "necessità" dei nessi della geometria e delle
leggi "scoperte" dalla scienza moderna fosse estesa - come fa Spinoza - a tutta la realtà?
Si avrebbe la sconcertante conclusione che non esiste alcuna libertà, né umana né divina.
E' infatti questa la tesi sconcertante di Spinoza: tutto è necessario. Anche l'uomo. Anche Dio.
Una tesi che è in netto contrasto con gran parte della tradizione del pensiero occidentale.
Tu ti chiederai perché mai si dovrebbero estendere a tutto il reale (anche all'io, anche a Dio) i
nessi necessari che la natura mostra allo scienziato. Sarebbe un quesito come minimo
doveroso. Per quale ragione, secondo te, Spinoza può aver fatto tale passo, cioè di considerare
le leggi necessarie della natura, come le leggi dell'intera realtà?
Ci provo: perché mai l'uomo dovrebbe sottrarsi a delle leggi che regolano l'intero universo?
Non sarebbe un atto di superbia per l'uomo ritenersi un'isola di libertà in uno sconfinato
oceano dominato da leggi necessarie?
Il tuo quesito ha una sua logica. E Spinoza è in questa logica. Vedremo tra poco come Spinoza
arriva ad una tesi così sconvolgente.
Per Spinoza la coscienza che ha l'uomo di essere libero non è altro che una credenza dovuta al
fatto che noi non conosciamo i fattori che determinano le nostre decisioni. Ma come fa Spinoza
a dire che esistono fattori che determinano le nostre decisioni, fattori che l'uomo non conosce?
Quale, secondo te, potrebbe essere la risposta di Spinoza?
Immagino che Spinoza sostenga che il pensiero umano sia in ultima analisi materia, e, in
quanto tale, soggetto alle leggi necessarie dell'universo.
La tua è una soluzione coerente, ma non si tratta della soluzione di Spinoza. Per lui - che inizia
la sua ricerca da cartesiano - la distinzione tra pensiero e materia è indubitabile.
Riepiloghiamo: per Spinoza tutto è rigidamente determinato, tutto è retto da leggi necessarie;
anche l'io è rigidamente determinato in quanto non individualità, ma parte di Dio. E c'è di più:
lo stesso Dio è determinato. Quale può essere la motivazione che porta a considerare Dio come
non libero, ma rigidamente determinato come l'intero universo?
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Baruch Spinoza nasce ad Amsterdam nel 1632. La famiglia è ebrea ed è di origine portoghese. Il giovane Spinoza
viene educato sui testi dell'Antico Testamento. Nel 1656 viene espulso dalla comunità ebraica. Per sopravvivere è
costretto a lavorare (si occupa di politura delle lenti per microscopio e telescopio). Negli anni '60 stende i suoi
capolavori: l'"Etica", il "Trattato sull'emendazione dell'intelletto", il "Trattato teologico-politico". Nel 1673 rifiuta
l'offerta di una cattedra all'Università di Heidelberg vuole mantenere la sua libertà intellettuale). Muore nel 1677 a causa
della tisi.
Immagino che per spiegare l'azione di Dio sui corpi - dato che anche Dio come l'anima è una
realtà immateriale e quindi eterogenea rispetto ai corpi stessi - Spinoza abbia attribuito a Dio
la materia.
La tua è un'osservazione intelligente. Spinoza attribuisce a Dio la materia. Forse è un'idea che
ti pare parecchio... anomala. Vuoi saperne le ragioni? Le scoprirai subito.
Abbiamo spianato la strada a Spinoza. Ora dobbiamo scoprirlo più da vicino, nella sua logica
"geometrica". Dobbiamo scoprire le motivazioni che sorreggono tesi così sconcertanti e così
sconvolgenti. Le motivazioni affondano le radici, oltre che nella rivoluzione scientifica, anche
nello stesso Cartesio. Una premessa: ti è parso "pericoloso" per la fede Cartesio?
No: anzi ho visto come Cartesio sia in grado di dimostrare l'immortalità dell'anima (con la sua
netta distinzione tra spirito e corpo) molto meglio di quanto sapesse fare la tradizione
aristotelica che vedeva l'anima come forma del corpo.
E' questo il giudizio che hanno dato non pochi intellettuali cattolici che hanno visto nella
filosofia cartesiana una maggiore difesa del Cristianesimo di quella di cui era capace la filosofia
aristotelica. Hai citato l'immortalità dell'anima, ma si può parlare anche delle prove chiare
dell'esistenza di Dio, la netta distinzione tra l'ambito della ragione che si basa sull'evidenza da
quello della fede.
Cartesio è stato considerato da taluni "pericoloso" (è il caso di ricordare che i suoi scritti sono
stati messi all'indice dei libri proibiti) e da altri come un intelligente intellettuale che con la sua
filosofia è stato in grado di difendere il Cristianesimo molto meglio di quanto avesse saputo
fare la filosofia tomistico-aristotelica. Cerchiamo di scoprire in che misura le radici del
"blasfemo" Spinoza sono in Cartesio. Senti: possono considerarsi sostanze i singoli corpi?
Non credo: i singoli corpi (così almeno ho capito) non solo altro che modalità della materia, o
meglio ancora modalità dell'estensione.
E' questa la convinzione di Cartesio: i singoli corpi sono spogliati da tutto ciò che è sensibile, si
riducono ad estensione, o meglio a forme particolari dell'estensione.
Per Cartesio i corpi non sono sostanze perché sono delle modificazioni dell'estensione (e,
quindi, in quanto tali, non possono esistere in sé), ma neppure l'estensione, se si vuole essere
rigorosi, potrebbe essere considerata una sostanza in quanto dipende a sua volta da Dio, Dio
che la crea e che la conserva. Cartesio arriva a dire che solo Dio può essere considerato
sostanza in quanto solo Dio non ha bisogno di altro per esistere.
Vediamo la definizione di sostanza che dà Spinoza nella sua opera celebre "Ethica" (dal
sottotitolo significativo "ordine geometrico demonstrata" - dimostrata, cioè, secondo l'ordine
geometrico): "Per sostanza intendo ciò che è in sé ed è concepito per sé: cioè ciò il cui
concetto non ha bisogno del concetto di un’altra cosa, dal quale debba essere formato”. Si
tratta di una definizione analoga alle definizioni che trovi nella geometria euclidea. Devi, cioè, a
questo punto metterti nella logica... geometrica. Cosa dedurresti da tale definizione?
Mi sembra scontato: la definizione di sostanza implica che la sostanza è unica.
E' così: se ci fossero due sostanze, l'una sarebbe “limitata” dall'altra e quindi il concetto della
prima implicherebbe il concetto dell'altra (contro la definizione di sostanza).
Cosa d'altro puoi dedurre dalla definizione di "sostanza"?
La definizione di sostanza implica che la sostanza è eterna.
E' così: come potrebbe non implicare il concetto di altro se la sostanza A dovesse nascere, cioè
derivare da B? Se ci fosse qualcosa che nascesse, non sarebbe certo la "sostanza".
Dalla definizione spinoziana di sostanza abbiamo quindi dedotto che la sostanza è unica,
infinita ed eterna. Vediamo un'altra definizione: per “causa sui” intendo ciò la cui essenza
implica l’esistenza, ossia ciò la cui natura non può essere pensata che come esistente. Cosa ne
deduci?
Deduco quello che prima abbiamo scartato: che cioè qualcosa può essere causa di sé (il che mi
pare strano!).
Ti sei fatto ingannare dalla terminologia e ti sei fermato all'espressione "causa sui". La
definizione dice che si tratta di ciò la cui "essenza" implica l’"esistenza".
La "sostanza", quindi è una, infinita, eterna e “causa sui”, cioè, in altri termini...
ovviamente Dio
Non può che essere Dio: non è infinito, eterno Dio? Parliamo, naturalmente, del Dio della
tradizione. Si tratta, quindi, di una conseguenza logica della definizione spinoziana della
"sostanza".
Sulla base, quindi, di quanto detto fino ad ora, come saranno considerati i singoli corpi da
Spinoza?
Non possono che essere parti di Dio: se Dio coincide col tutto, i singoli corpi non possono che
essere parti di Dio.
Indubbiamente non vi è un'alternativa. Spinoza, tuttavia, fa una precisazione: i corpi sono
modificazioni dell'estensione, la quale è un “attributo” della sostanza.
Tutto è Dio (o meglio tutto è “in Dio”: la concezione di Spinoza viene definita più che
panteismo, "panenteismo"). Anche l'estensione, quindi. E, dato che l'estensione è
cartesianamente la materia, anche la materia. E la cartesiana "sostanza pensante"? Anch'essa,
naturalmente. Non esistono per Spinoza tante sostanze spirituali quanti sono gli "io": gli "io"
fanno parte del pensiero. Qual è quindi la radicale trasformazione operata da Spinoza sui
concetti di "res cogitans" e "res extensa"?
Mi pare scontato a questo punto della ricerca: non sono più... sostanze, ma manifestazioni
della stessa, unica sostanza.
Hai colto nel segno: per Spinoza le sostanze in questione ("sostanze" per Cartesio) non sono
che due attributi della stessa sostanza.
Pensiero ed estensione, quindi, non sono due sostanze, ma due attributi della stessa Sostanza.
A dire il vero la sostanza (cioè Dio) di attributi ne ha un'infinità. Perché mai?
Immagino che Spinoza deduca un'infinità di attributi dal concetto stesso di sostanza: la
sostanza, proprio perché infinita, non può che avere infiniti attributi.
E' così: la sostanza - proprio perché infinita - non può che avere infiniti attributi. Noi, però, per
Spinoza, ne conosciamo solo due: Pensiero ed Estensione.
Per Spinoza l'infinità della sostanza implica logicamente un'infinità di attributi: cosa ne dici?
Mi pare una deduzione che non sta... né in cielo né in terra: perché mai una sostanza infinita,
cioè unica, dovrebbe avere logicamente al proprio interno delle articolazioni?
Mi pare che la tua osservazione sia pertinente: come è possibile dedurre logicamente dall'Unità
la molteplicità'?
In questa gigantesca impresa spinoziana, vi è, quindi, già qualcosa che non quadra del tutto.
La sostanza (DIO) è una, ma ha una articolazione (una molteplicità) al suo interno,
un'articolazione che non è data solo dall'infinità di attributi, ma anche dai corpi stessi e dalle
idee che sono per Spinoza nient'altro che “modi”, rispettivamente, dell'attributo Estensione e
dell'attributo Pensiero.
Soffermiamoci un attimo sulle definizioni che Spinoza dà degli attributi e dei modi: “per
attributo intendo ciò che l’intelletto percepisce della sostanza come costituente l’essenza di
quest’ultima”; “per modo intendo le affezioni della sostanza, ossia ciò che è in altro, mediante
il quale è pure conosciuto”.
E' l'intelletto, quindi, che, per Spinoza, percepisce l'attributo come un costituente essenziale
della sostanza (una definizione che lascia un po’ a desiderare: come fa l'intelletto a percepire
che l'unica sostanza ha, nella sua essenza, un'articolazione interna?). I singoli corpi e le
singole idee, quindi, non sono che dei modi degli attributi Estensione e Pensiero. Che la
sostanza sia articolata in modi non sembra proprio deducibile dal concetto di sostanza, ma
qualcosa che risulta dall'esperienza: è sulla base dell'esperienza che noi costatiamo la presenza
di più corpi e di più idee. Cos'è allora, in questa concezione, l'universo?
L'insieme dei modi.
Più precisamente si tratta dell'insieme dei modi dell'estensione. Va aggiunto, comunque, che
Dio comprende tutti i modi (compresi quelli del pensiero). Se, quindi, parliamo dell’universo
solo come un insieme di corpi, allora non dovremmo dire che l’universo coincide con Dio. E’ un
dato di fatto, comunque, che estensione e pensiero sono due espressioni diverse della stessa
sostanza e, quindi, laddove vi è l'estensione, vi è pure il pensiero e, quindi, laddove vi sono i
corpi, vi sono pure le idee dei corpi.
Estensione e pensiero, come corpi e idee, non si identificano. Si tratta, tuttavia, di facce
diverse della stessa sostanza. Ma, allora, cos'è Dio?
Si identifica col mondo (inteso, appunto come l'insieme di tutti i modi): come potrebbe
distinguersi se l'estensione - che è una faccia del mondo - è infinita? Credo che anche per
Spinoza l'estensione sia, come in Cartesio, infinita.
La tua osservazione è intelligente. Anche per Spinoza l'estensione è infinita e quindi - tu dici Dio dovrebbe identificarsi col mondo perché non potrebbe essere... più infinito dell'infinito. Per
Spinoza ogni attributo esprime un'essenza infinita di Dio, però solo Dio è definito "l’Ente
assolutamente infinito"; pensiero ed estensione sono considerati... infiniti limitatamente al loro
genere.
Dio, quindi, per Spinoza non è tout court il mondo (inteso come l'insieme di tutti i modi), in
quanto il mondo è, sì, infinito - ogni attributo di Dio è infinito - , ma è infinito nel suo genere
(meglio ogni attributo è infinito nel suo genere), ma solo Dio è "assolutamente infinito" in
quanto costituito da infiniti attributi. Solo Dio, poi, è ciò la cui essenza implica l'esistenza,
mentre i modi hanno bisogno di altro per esistere.
Ma, allora, che rapporto vi è tra Dio e il mondo? Vi può essere un rapporto di causa e di
effetto?
Ho qualche dubbio che Dio sia una causa: in un'ottica... geometrica non vedo alcuno spazio per
delle forze.
Spinoza usa il termine "causa" in un'accezione molto tecnica (non ha usato l'espressione
"causa sui" per dire ciò la cui essenza implica l'esistenza?) e comunque, come sai, la sua è
anche un'ottica "fisica".
Il mondo della fisica è il regno dei rapporti tra cause ed effetti. Ora nel “Tutto” spinoziano
questi rapporti di che tipo sono?
Immagino - da quanto detto fino ad ora - siano di tipo geometrico.
E' così: per Spinoza i rapporti di causa ed effetto della fisica hanno la stessa necessità logica
dei rapporti esistenti nella geometria.
Sulla base delle premesse di cui sopra si potrebbe dire che il rapporto tra Dio e il mondo è lo
stesso rapporto di necessità che vige tra il triangolo e l'angolo piatto (quale somma degli angoli
interni)?
Se fosse così, non ci troveremmo sicuramente di fronte a Dio: che Dio sarebbe, un Dio che non
fosse libero di produrre o di non produrre il mondo?
La tua reazione è... fisiologica: il Dio di Spinoza ha poco a che fare con l'immagine tradizionale
di Dio. Tieni, tuttavia, presente un’obiezione: non è un'operazione antropomorfica pensare gli
dei ad immagine e somiglianza degli uomini?
Dio può in qualche modo essere definito “libero”, ma solo nel senso che, essendo infinito (non
avendo nulla al di fuori di sé), non può essere determinato da nessuno. Ma non è libero nel
senso che può scegliere questo invece di un altro mondo possibile, o un mondo invece che
nessuno. La sua causalità ha la stessa necessità geometrica. Dio, quindi, non ha dei fini. Cosa
ne dici?
Comprendo benissimo l'assenza di finalità in Dio: lo comprendo perché è la stessa scienza (la
scienza nella cui ottica Spinoza si è posto) che ha bandito dal suo campo l'indagine degli scopi,
ma stento a credere come dalla definizione di sostanza, di causa sui, di attributi e di modi (che
abbiamo incontrato) si possa dedurre l'assenza di un disegno divino.
La tua è un'osservazione pertinente: dalle premesse (definizioni) che abbiamo visto è difficile
dedurre la necessità geometrica di cui parla Spinoza.
Il rigore matematico di Spinoza non convince sempre (anzi, a volte fa... acqua). Procediamo.
Dio non è libero, non ha un disegno, un progetto (non ha fini), non è quindi Provvidenza.
Possiamo dire che questo Dio non è altro che l'ordine necessario della natura scoperto dalla
scienza?
Sì, ma solo in parte: se Dio fosse tout court l'Ordine Necessario scoperto dalla scienza, non si
capirebbe come mai Spinoza parli di Dio, usi cioè un linguaggio teologico.
La tua osservazione è pertinente. Un dato è certo: il contenuto espresso da un linguaggio
teologico-metafisico non è altro che l'Ordine scoperto dalla scienza.
Approfondiamo. Dio - abbiamo detto - non si identifica col mondo (il mondo è in Dio). Dio,
inoltre - possiamo aggiungere - non si identifica tout court con l'universo materiale (esteso)
della Rivoluzione scientifica. Cos'è, allora (lo stiamo ripetendo da tempo), questo Dio?
Se non si identifica col mondo, non può che essere l'insieme delle leggi che regolano in modo
necessario - e quindi immutabile - il mondo stesso.
Ribadisci quanto abbiamo detto prima. Lo fai in modo coerente. Ma allora, come lo spieghiamo
il Pensiero che è un attributo della sostanza?
Per diversi aspetti l'universo della Rivoluzione scientifica ha le caratteristiche del Dio
tradizionale: è infinito (pensiamo alla concezione cartesiana), è immutabile nelle sue leggi.
Eppure il Dio di Spinoza è anche Pensiero, un attributo che non è assimilabile al concetto di
estensione. O no?
Forse sì: se è certo che per Spinoza Pensiero ed Estensione non sono altro che due facce
diverse della stessa sostanza, questo significa che pensiero ed estensione - essendo unica la
sostanza - non possono che avere qualcosa in comune.
La tua è un'osservazione pertinente. Spinoza parla, sì, di una medesima sostanza (e questo
dovrebbe dare adito all'interpretazione secondo cui vi è qualcosa di comune tra i due attributi),
ma parla anche della eterogeneità - in sintonia con Cartesio - tra gli stessi due attributi.
Approfondiamo ancora. Ritieni che il Pensiero sia in qualche modo assimilabile al concetto di
Leggi?
Credo di sì. Il pensiero, infatti, implica delle regole logiche: non si può pensare, ad esempio, in
modo contraddittorio.
Hai indubbiamente colto un aspetto del pensiero. Non puoi negare, però (questo nell'ambito
della dimostrazione cartesiana da cui Spinoza parte), che il pensiero è essenzialmente
trasparenza a se stesso, consapevolezza, coscienza.
Dio, quindi (lo ribadiamo ancora), non si esaurisce né nel mondo e neppure nell'Ordine
necessario scoperto dalla rivoluzione scientifica. Dio ha come attributi - quelli che conosciamo sia l'Estensione che il Pensiero e il Pensiero non è riducibile all'insieme di Leggi. C'è qualcosa
che forse non ti quadra ancora. Forse ti chiederai come si possa attribuire a Dio l'Estensione
che per definizione è divisibile all'infinito (la divisibilità non è un elemento di imperfezione?).
Cosa risponderesti?
La divisibilità mi pare sia incompatibile con l'eternità di Dio: se Dio non è semplice, come
potrebbe non disgregarsi e come potrebbe, quindi, non morire?
La tua osservazione - di platonica memoria - è pertinente. Spinoza attribuisce, sì, l'Estensione
a Dio, ma tale estensione la concepisce "indivisibile". Un conto, cioè, è l'estensione della
materia ed un conto l'estensione di Dio che è in definitiva lo spazio indivisibile in cui si colloca
l'estensione divisibile.
L'estensione quale attributo divino, quindi, non è divisibile. Spinoza, in sintonia con una
riflessione maturata nell'ambito cartesiano, esclude che l'estensione divina sia divisibile come
l'estensione materiale: per Spinoza non avrebbe senso parlare di una porzione individuata,
circoscritta, di materia estesa, se non si presupponesse uno spazio indivisibile (che è, appunto,
l'estensione divina).
Continuiamo a scavare. Non abbiamo ancora parlato - ti chiederai - del moto. Come potrebbe,
secondo te - essere spiegato il moto nella logica spinoziana?
Non vedo altra possibile risposta: se non vi è altro che Dio, il moto non può che venire da Dio.
E' vero, ma è anche vero che l'estensione è un attributo divino e quindi la spinta - in contrasto
con Cartesio - viene dall'interno dell'estensione, non dal di fuori.
La spinta, quindi, per Spinoza, non è esterna al mondo, ma interna. I corpi, quindi, non sono cartesianamente - automi... senz'anima, senza energia interna, ma corpi animati in quanto
partecipi dell'animazione universale. Un analogo discorso vale anche per il pensiero: tutti i
corpi - e non solo l'uomo - partecipano del pensiero. O no?
Non mi convince per niente: come può un sasso essere consapevole, se il sasso è un modo
dell'Estensione, attributo che è eterogeneo rispetto all'attributo Pensiero?
Per Spinoza, come sai, il sasso e l'idea di sasso - essendo l'Estensione ed il Pensiero due
attributi diversi della stessa sostanza - sono due aspetti diversi per dire la stessa realtà.
Il sasso - abbiamo detto - e l'idea di sasso sono due aspetti che indicano la stessa realtà.
Scaviamo ancora: ma... è proprio vero che il sasso è consapevole di sé?
Non vedo perché non debba esserlo: come potrebbe non esserlo se l'idea di sasso non è che il
rovescio della medaglia del sasso stesso?
La tua osservazione è pertinente. Spinoza, tuttavia, sottolinea la loro eterogeneità: laddove c'è
l'uno, c'è anche l'altro, ma l'uno e l'altro sono due aspetti paralleli che non si incontrano mai.
Dio, in altre parole è l’Ordine necessario (logicamente necessario) delle connessioni tra eventi
mentali da una parte ed tra gli eventi materiali dall’altra. Dio, quindi, non vede i singoli eventi
nascere e morire: non li vede nel tempo, ma li coglie nelle serie infinite delle connessioni
logiche, li vede in altre parole eterni. Cosa sarà, allora, per Spinoza, la verità?
Immagino che non sia altro che il punto di vista di Dio: l'ottica secondo cui ogni cosa, ogni
idea, ogni evento mentale o fisico, sono collocati nella serie causale col Tutto.
E' così (e non può che esserlo): isolare una cosa, un'idea, un evento dal tutto significa ignorare
che ogni cosa è collocata in una concatenazione necessaria col tutto.
L'errore, quindi, per Spinoza, consiste nell'isolare la parte dal tutto. La verità, al contrario,
consiste nel collegare la parte (le parti, cioè singoli corpi, singole idee, singole coscienze
umane…) con l'Intero, con l'Infinito. Per accedere a questo punto di vista, naturalmente,
l’uomo deve... uscire dalla caverna platonica. Ritieni questo possibile?
Perché no? Se la verità sta solo nell'intero - per cui il senso della parte si ha solo se collocata
nell'Intero -, non vi è altra possibilità che uscire dal punto di vista della sensibilità ed
approdare al punto di vista divino.
Il tuo discorso non fa una grinza, ma... è possibile per l'uomo scegliere di uscire dalla caverna
della sensibilità per accedere al punto di vista di Dio, se tutto è necessario e quindi è
necessaria anche l'ignoranza?
Siamo, quindi, ad un punto delicato del sistema spinoziano: dato che tutto è necessario, come
potrebbe l'uomo scegliere la verità scoperta da Spinoza? Proseguiamo. Dio - abbiamo visto non è Persona, non è libero, è l'Ordine necessario delle connessioni tra modi, in altre parole ha
ben poco a che fare con l'idea tradizionale di Dio. Spinoza non si limita a... svelare la vera
natura di Dio scoperta grazie alla matematica ed alla scienza.
Spinoza intende anche spiegare come mai è nata nella testa degli uomini l'idea di un Dio
Persona, libero, che agisce sulla base di fini, sulla base di un disegno (di un progetto). Puoi
intuire come sia nata tale falsa idea?
Immagino che sia nata dalla convinzione dell'uomo di essere libero (di agire, cioè, per dei fini)
e quindi dalla proiezione di tale credenza in Dio.
E' quanto sostiene - in sostanza - Spinoza: noi abbiamo proiettato in Dio l'immagine
(immagine di esseri "liberi") che noi abbiamo di noi stessi. Il suo discorso, comunque, è più
complesso: lo vediamo subito.
Questo il ragionamento di Spinoza. L'uomo si crede libero (ma non lo è: si crede libero perché
non conosce i fattori che determinano le sue decisioni) e quindi crede di agire per dei fini.
Fermiamoci un attimo: hai capito il collegamento tra libertà e fini?
Certo. Solo chi è libero si pone degli scopi: come può un albero porsi lo scopo di crescere o di
non crescere?
Non può che essere così: può porsi uno scopo solo chi è libero. Come potrebbe una cometa
decidere se ruotare intorno al nostro sole o ad un altro?
Riprendiamo. L'uomo (che crede di essere libero e, quindi, crede di agire sulla base di fini)
vede intorno a sé delle realtà - il sole, gli animali, le piante... - che percepisce come dei
"mezzi" finalizzati a lui, finalizzati a servire lui. Trattandosi di mezzi, essi non possono che
essere prodotti da qualcuno che è libero. Dato che questo qualcuno non è l'uomo, ne consegue
che è Dio. Ecco l'idea (falsa) di un Dio Persona, libero, che crea la natura per l'uomo. Cosa ne
dici?
Mi sembra una forzatura affermare che Dio inteso come Persona, come Provvidenza non sia
altro che una proiezione di una falsa convinzione che l'uomo ha di se stesso: il Dio del
Cristianesimo non si è rivelato come Persona, come libero?
Un'opinione, la tua, rispettabilissima. Nella logica spinoziana, comunque, l'argomento di cui
prima ha una sua coerenza: una volta... scoperto che Dio è l'Ordine necessario, Spinoza cerca
di spiegare come mai sia nata nella testa degli uomini l'idea tradizionale di Dio Persona, libero.
Procediamo. Secondo Spinoza l'uomo ha inventato un Dio che ha creato le cose come dei
mezzi finalizzati all'uomo. E perché l'ha fatto? Per legarli a sé, per essere tenuto da loro in
sommo onore. Da qui i mille modi escogitati dall'uomo per onorare Dio, per pregarlo al fine di
avere dei privilegi. Ma come spiegare allora le malattie, le tempeste, i terremoti...? Puoi
rispondere in base alla logica spinoziana?
Immagino che l'uomo abbia spiegato questi fenomeni come segni del castigo di Dio contro i
malvagi.
Questa è la ricostruzione che fa Spinoza, ma l'autore olandese si affretta a dire quanto viene
detto nella seconda opzione: le malattie, i terremoti... non possono essere interpretati come i
segni del castigo divino perché sono fenomeni che capitano a tutti.
I fenomeni dannosi per l'uomo vengono interpretati come indice del castigo divino nei confronti
dei malvagi. Una spiegazione che, per Spinoza, non regge perché ciò che è dannoso capita agli
ingiusti come ai giusti. Questa smentita alla interpretazione teologica (interpretazione di un Dio
Persona), avrebbe dovuto far crollare tutto l'edificio costruito su Dio, ma l'uomo ha preferito
conservarlo sostenendo che lui non è in grado di capire certe cose, di capire cioè come mai le
cose dannose succedono anche ai buoni.
Da qui l'affermazione spinoziana secondo la quale l'uomo vede Dio come il “rifugio
dell’ignoranza”. Ma oggi, aggiunge Spinoza, è per fortuna arrivata la rivoluzione scientifica che
ha spazzato via finalmente questa falsa immagine di Dio. Cosa dici della concezione di Dio
come "rifugio dell'ignoranza"?
Mi pare una tesi corretta: storicamente l'uomo ha risolto problemi non solubili per il proprio
tempo trovando semplicemente la risposta in Dio, invece che cercarla nella indagine scientifica.
Un'opinione rispettabile, condivisa anche da altri oltre che da Spinoza. Cerca di vagliare bene,
però, anche l'altra opzione: come si potrebbero spiegare certi grandi problemi senza Dio?
MENTE E CORPO: PERCHE’ NON POTREBBERO ESSERE DUE ASPETTI DELLA STESSA
REALTA’?
Spinoza – per certi aspetti - supera il dualismo: per lui, infatti, esiste un’unica “realtà”
(sostanza) di cui “pensiero” ed “estensione” (materia) non sono altro che “attributi”. Ma lo
supera conservando un residuo di dualismo: per lui, infatti, pensiero ed estensione sono tanto
distinti che non comunicano tra loro. E sono distinti non perché l’uno (il pensiero) è libero e
l’estensione no: per Spinoza tutto è necessario. In che cosa sono distinti, allora? Per Spinoza –
proprio perché esiste un’unica sostanza e proprio perché pensiero ed estensione sono attributi
della medesima sostanza – ad ogni “cosa” (estensione) corrisponde l’idea (pensiero), ma si
tratta di una corrispondenza… parallela: idee e cose, cioè, camminano parallele senza poter
comunicare tra loro. Il "problema" cartesiano, allora, rimane irrisolto?
Credo proprio che rimanga irrisolto: se la "decisione" (modo del pensiero) di muovere il braccio
(modo dell'estensione) non ha alcuna possibilità di agire sul braccio stesso, rimane non
spiegato come mai il braccio si muove tutte le volte che viene presa la decisione in tal senso.
I modi del pensiero - è vero - non comunicano con i modi dell'estensione (e viceversa). E'
anche vero, però, che dove vi sono gli uni, vi sono gli altri in quanto si tratta di aspetti diversi
della stessa realtà.
Scaviamo. Per Spinoza le idee sono determinate da altre idee, ma non dalle cose; così le cose
sono determinate da altre cose, ma non dalle idee. Tuttavia, laddove vi è una cosa, lì vi è l'idea
di quella cosa e viceversa. E' quello che viene chiamato “parallelismo psico-fisico”, una
concezione ampiamente ripresa sia nell'800 che nel '900. Cosa dici di tale soluzione
(prescindendo pure dal contesto metafisico-teologico di Spinoza)?
Mi pare una soluzione originale: sostanzialmente ci porterebbe a leggere ad esempio la
vergogna come una realtà che ha due facce, una fisica (il rossore del volto) e l'altra psichica (il
sentimento di vergogna).
Indubbiamente il caso citato (come altri casi analoghi - vedi la paura, l'ira -) è facilmente
interpretabile con lo schema di cui sopra. Altri casi, però, (vedi l'esempio della seconda
opzione) si farebbe fatica ad interpretarli in tale modo.