Il testo della sentenza in commento

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Il testo della sentenza in commento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
__________
IL TRIBUNALE DI CATANIA
Prima Sezione Civile
__________
composto dai magistrati
dr. Elio Morgia
dr. Sergio Centaro
dr.ssa Ada Vitale
Presidente
Giudice
Giudice rel.-est.
ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n.15916/08 R.G., avente ad oggetto separazione personale
promossa
DA
LEANZA NUNZIO NATALE, nato a Catania il 10.01.1949, rappr. e dif. per mandato a margine
del ricorso introduttivo del giudizio dall’avv. Biagio Gullotta con studio in Catania via Cervignano
n.11
- Ricorrente
CONTRO
SCUTO SEBASTIANA, nata a Catania il 29.03.1951, rappr. e dif. per mandato a margine della
memoria difensiva dall’avv. Francesca Salvadorini e dall’avv. Maria Teresa Cimino ed
elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultima sito in Catania via Alberto Mario n. 32
- Convenuta
con l’intervento del pubblico ministero in sede che ha formulato per iscritto le sue richieste;
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rimessa al collegio per la decisione all’esito dell’udienza del 15.11.2011;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 29.12.08, Leanza Nunzio Natale chiedeva a questo Tribunale la
pronuncia della sua separazione personale da Scuto Sebastiana.
Esponeva il ricorrente che il matrimonio è stato celebrato con rito concordatario il 29.04.72 e
da esso sono nati i figli Ivana (del 1973) e Silvestro (del 1977); che il rapporto coniugale era negli
ultimi anni entrato in crisi a causa di insanabili contrasti insorti tra i coniugi, tali da rendere
intollerabile la prosecuzione della convivenza. Per tali motivi chiedeva la pronuncia della
separazione dalla moglie.
Con memoria difensiva depositata in cancelleria il 24.02.09, la convenuta si costituiva in
giudizio non opponendosi alla pronuncia della separazione giudiziale ma chiedendone, in via
riconvenzionale, l’addebito al marito. All’uopo esponeva che la crisi coniugale era stata unicamente
ingenerata dal comportamento tenuto dal marito contrario ai doveri nascenti dal matrimonio ed, in
particolare, all’obbligo di fedeltà, avendo il ricorrente intrapreso durante la convivenza
matrimoniale una relazione extraconiugale. Pertanto, chiedeva la pronuncia della separazione con
addebito al marito, la previsione di un assegno di mantenimento di euro 400,00 mensili in proprio
favore a carico del marito, l’assegnazione della casa coniugale sita in viale Castagnola n. 11 per
viverci con il figlio Silvestro economicamente non autonomo, la condanna del ricorrente al
risarcimento dei danni da lei patiti a causa della condotta tenuta da esso ricorrente.
All’udienza presidenziale del 16.03.09, risultato vano il tentativo di conciliazione, veniva
rigettata dal Presidente con ordinanza depositata in data 27.03.09 la richiesta di assegno di
mantenimento in via provvisoria avanzata dalla Scuto, non risultando allo stato provata la pretesa
sperequazione reddituale tra le parti.
Con memoria integrativa depositata in data 15.04.09, il ricorrente ribadiva e meglio precisava
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le richieste formulate nell’atto introduttivo deducendo, in particolare, che i coniugi vivevano nella
stessa casa ma nella condizione di “separati di fatto” da almeno otto anni (tanto che nel 2005
avevano modificato il regime patrimoniale della comunione legale in quello della separazione dei
beni) e che il suo rapporto con l’attuale compagna era iniziato solo dopo la cessazione della
maritalis affectio; che la moglie è economicamente autosufficiente percependo una retribuzione
mensile quale dipendente del Ministero degli Interni.
Nella memoria difensiva depositata il 24.07.09, la convenuta ribadiva le richieste di cui alla
precedente memoria e precisava le ragioni dell’addebito, deducendo che la relazione extraconiugale
era stata intrapresa dal Leanza prima che tra i coniugi intervenisse la “separazione di fatto” e che
proprio a causa di detta relazione egli si era allontanato nel 2006 dalla casa coniugale andando a
convivere con l’attuale compagna. Sosteneva la convenuta che la relazione extraconiugale del
Leanza, lungi dall’essere iniziata quando il rapporto matrimoniale era già compromesso, aveva
invece avuto inizio ancor prima del 2001.
Acquisiti i documenti offerti in produzione ed assunti i mezzi di prova richiesti dalle parti
(prova per testi), precisate le conclusioni all’udienza del 15.11.11, la causa veniva posta in
decisione con i termini di legge (giorni sessanta per il deposito di comparse conclusionali e giorni
venti per il deposito di memorie di replica).
MOTIVI DELLA DECISIONE
Nel merito la domanda di separazione va accolta, trovando fondamento nell‘effettiva rottura
del consorzio coniugale.
Invero, la separazione di fatto tra i coniugi (risalente ad epoca anteriore all’udienza
presidenziale), l’esito negativo del tentativo di conciliazione, la natura delle doglianze esposte da
entrambe le parti ed il venir meno tra le parti stesse della comunione di vita sono tutti elementi che
comprovano la sussistenza di una situazione tale da rendere intollerabile la prosecuzione della
convivenza, ex art.151 c.c.
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Quanto alla richiesta di addebito formulata dalla convenuta, osserva il Tribunale che, sulla
scorta di quanto emerso in giudizio, la responsabilità della separazione è addebitabile al marito.
In linea di principio, occorre premettere che, ai fini dell’addebitabilità della separazione, il
giudice deve accertare che la crisi coniugale sia ricollegabile al comportamento oggettivamente
trasgressivo dei doveri coniugali tenuto da uno o da entrambi i coniugi e che sussista un preciso
nesso di causalità tra i comportamenti così accertati e il determinarsi di una situazione di
intollerabilità della convivenza (vedi Cass. n. 279/2000). La dichiarazione di addebito della
separazione implica, dunque, la prova che la irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile
esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti
dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i
comportamenti addebitati ed il determinarsi dell’intollerabilità dell’ulteriore convivenza, di talché,
in caso di mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai predetti doveri
tenuto da uno o da entrambi i coniugi sia stato la causa efficiente del fallimento della convivenza,
legittimamente viene pronunciata la separazione senza addebito (Cass. n. 1480/2006 e Cass. n.
10682/2000).
Orbene, nella specie, sulla base delle risultanze istruttorie è rimasta provata la sussistenza di
un nesso di causalità tra infedeltà (attuata dal ricorrente durante la convivenza matrimoniale) e crisi
coniugale.
Nelle memorie difensive, la Scuto assumeva che la crisi coniugale era stata determinata dalla
relazione extraconiugale intrapresa dal marito ancor prima del 2001 con tale Aiello Eleonora, che
frequentava abitualmente la casa dei coniugi in quanto figlia di loro amici.
Tale assunto ha trovato piena conferma in sede istruttoria. Dalle dichiarazioni testimoniali
rese all’udienza del 4.05.10 da Leanza Silvestro, figlio dei coniugi, è emerso infatti che l’odierno
ricorrente aveva intrapreso una relazione con la citata Aiello già nell’anno 2000 (si riportano sul
punto le dichiarazioni del teste: “Io ho preso coscienza della relazione di mio padre con questa
donna almeno dieci anni fa. Sostanzialmente eravamo costretti a tenerla in casa come amica di
famiglia. Le ha addirittura comprato un’auto. Ho notato tra mio padre e questa donna
atteggiamenti inequivoci, comportamento tipico dell’innamorato. Ha cominciato a portarla come
amica almeno dodici anni fa. Mia mamma mi ha riferito che dalla signora Aiello sono stati inviati
in viaggio di nozze e lei è stata costretta dal coniuge ad andare”), che l’odierno ricorrente, alle
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contestazioni mossegli dalla moglie, le rispondeva sempre apostrofandola come “pazza e
visionaria” e sovente aggredendola fisicamente, ciò che il teste è stato in grado di riferire per avere
personalmente assistito ad innumerevoli episodi di questo tipo.
Il teste ha riferito, in particolare, dell’occasione in cui la propria madre lo aveva contattato
telefonicamente dicendogli di raggiungerla a piazza Montessori nei pressi del luogo ov’era
parcheggiata l’autovettura del marito; quando quest’ultimo fu uscito dallo stabile in cui si trovava,
alla richiesta di spiegazioni da parte della moglie circa le ragioni della sua presenza in quel sito, “lui
l’ha presa ripetutamente a sberle sostenendo che era lì per lavoro, anche se con sé non aveva nulla
(valigetta, agenda o altri documenti) della sua attività di rappresentante di gioielli. Io mi sono
messo in mezzo e a quel punto lui è andato via”. Ha riferito, altresì, di un’occasione risalente a sette
anni addietro (coincidente con il giorno del trentesimo compleanno della sorella Ivana) in cui la
propria madre, avendo trovato dentro il bauletto del vespone dell’odierno ricorrente dei documenti
relativi ad un tentativo di fecondazione assistita compiuto dal Leanza e dalla Aliello, li aveva
mostrati al marito con richiesta di spiegazioni cui questi aveva risposto dando alla moglie uno
spintone e dicendo alla stessa ed ai figli (presenti anch’essi qualche giorno dopo alla contestazione)
di essere tutti pazzi.
Al suesposto quadro probatorio si aggiungono, consolidandolo, le dichiarazioni testimoniali
rese da Scuto Concetta, sorella della resistente, la quale ha riferito delle aggressioni fisiche patite da
quest’ultima ad opera del marito a causa della relazione extraconiugale di costui (così la teste: “In
particolare, nell’anno 2004-2005 eravamo a Belpasso con mia sorella e, quando abbiamo visto il
Leanza entrare in una macelleria in compagnia della sig.ra Aiello, ci siamo avvicinate e lui ha
spinto mia sorella e l’ha malmenata e colpita, facendoci vergognare perché eravamo in mezzo alla
strada e alla gente”), nonché della circostanza in cui la propria sorella (nel giorno del compleanno
della figlia Ivana e alla presenza della teste) aveva trovato dei documenti relativi ad un tentativo di
fecondazione assistita compiuto dal Leanza e dalla Aiello.
Di tenore del tutto analogo, in ordine ai tempi della relazione extraconiugale intrapresa dal
ricorrente e alle aggressioni fisiche e verbali ripetutamente patite ad opera del marito dall’odierna
convenuta a causa della relazione anzidetta, sono le dichiarazioni rese dai testi Leanza Ivana (figlia
dei coniugi) e Anastasi Silvana (in particolare, la prima ha riferito – per essere stata presente – di
un’aggressione patita dalla propria madre in via Pacinotti, ove quest’ultima aveva sorpreso il marito
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portare a spasso il cane della Aiello e dell’episodio relativo al rinvenimento dei documenti attestanti
il tentativo di fecondazione assistita compiuto dal proprio padre e dalla Aiello; la Anastasi ha
riferito, a sua volta, di un episodio temporalmente collocato nell’inverno del 2005 in cui la Scuto, in
compagnia della stessa Anastasi, avendo sorpreso il proprio marito nell’atto di uscire da casa della
Aiello, gli contestava tale comportamento ricevendo per tutta risposta un pugno ed uno schiaffo).
Le convergenti dichiarazioni sopra richiamate trovano, peraltro, riscontro documentale nel
referto medico (del 29.10.05) in atti attestante le lesioni patite dalla Scuto.
Va dunque accolta la domanda di addebito avanzata dalla convenuta.
Per quanto concerne la regolazione dei rapporti economici tra le parti, la situazione reddituale
emersa in sede istruttoria è la seguente: il ricorrente risulta titolare di una pensione di euro 820,00
circa al mese, la resistente percepisce come dipendente del Ministero degli Interni una retribuzione
di oltre 1.000,00 euro al mese.
In ordine all’attività commerciale afferente alla vendita al dettaglio di gioielli, essa risulta
intestata (come da visura camerale in atti) ad Aiello Eleonora (attuale compagna del ricorrente) e
non è stata offerta adeguata prova che questa sia un’intestazione fittizia e che l’attività sia di fatto
gestita dal ricorrente (dalla testimonianza resa da Sciuto Alessandro risulta, solamente, che il teste
ha più volte incontrato il Leanza presso fiere relative al commercio di gioielli, l’ultima volta a
Taormina del 2009), di talché dei redditi derivanti da tale attività, in quanto facenti capo al
convivente di fatto del coniuge nei confronti del quale l’assegno di mantenimento è richiesto, non
può tenersi in alcun modo conto.
Va, pertanto, disattesa la richiesta avanzata dalla convenuta di un assegno di mantenimento in
proprio favore, non risultando provata una situazione di disparità reddituale tra i coniugi.
Va, parimenti, disattesa la richiesta formulata dalla convenuta di assegnazione della casa
coniugale, della chiesta assegnazione difettando con evidenza i presupposti normativamente
richiesti, stante la maggiore età e la condizione di autonomia dei figli (entrambi coniugati).
Quanto alla domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali avanzata dalla Scuto, occorre
premettere che la giurisprudenza di legittimità (vedi, da ultimo, Cass. n. 18853/2011) ha affermato
il principio secondo cui i doveri nascenti dal matrimonio hanno natura giuridica e la loro violazione
non trova necessariamente sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, quale
l’addebito della separazione, discendendo dalla natura giuridica degli obblighi suddetti che la
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relativa violazione, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, possa integrare gli
estremi dell’illecito civile e dare luogo ad un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non
patrimoniali ai sensi dell’art. 2059 c.c., senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di
separazione sia a questa preclusiva.
Nel caso di specie, essendosi raggiunta, nel presente giudizio, la prova della condotta illecita
integrata dalla violazione, da parte del Lenza, dell’obbligo di fedeltà, è rimasto altresì provato,
attraverso le testimonianze assunte, che tale condotta – per le sue modalità particolarmente
frustranti per la resistente (notorietà della relazione extraconiugale intrattenuta dal Leanza,
comportamento da lui tenuto nei confronti della moglie a causa di tale relazione) – ha gravemente
leso interessi tutelati dall’ordinamento aventi nella specie rilevanza costituzionale (perché afferenti
a diritti inviolabili della persona, quali il diritto alla dignità e il diritto alla riservatezza), sì da
cagionare al titolare dell’interesse leso un concreto pregiudizio giuridicamente rilevante, ciò tanto
più ove si consideri che la condotta violativa dei doveri coniugali tenuta dal Leanza (ripetute
aggressioni fisiche ai danni della moglie) è astrattamente configurabile come reato (percosse,
lesioni).
Ricorrono, pertanto, tutti i presupposti per la condanna del ricorrente, ex art.2059 c.c., al
risarcimento dei danni non patrimoniali cagionati alla moglie da liquidarsi, alla stregua di una
valutazione equitativa, nella somma di euro 20.000,00 che, calcolata all’attualità, va maggiorata
degli interessi legali dalla data del deposito del ricorso al soddisfo.
Le spese processuali, avuto riguardo alla natura e all’esito della controversia, vanno per intero
compensate tra le parti.
P.T.M.
Il Tribunale, definitivamente decidendo nella causa iscritta al n. 15916/2008 R.G., pronuncia
la separazione personale dei coniugi Leanza Nunzio Natale e Scuto Sebastiana, con addebito al
Leanza.
Rigetta le domande della resistente di assegno di mantenimento in proprio favore e di
assegnazione della casa coniugale.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore della Scuto, a titolo di risarcimento dei danni
non patrimoniali, della somma di euro 20.000,00, oltre interessi legali dalla data della domanda al
soddisfo.
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Compensa interamente tra le parti le spese di giudizio.
Cosi deciso in Catania nella camera di consiglio della Sezione prima civile del Tribunale, in
data 20.04.12.
Il Giudice est
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Il Presidente
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