Lezioni 3-4 - Minerva unito

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Lezioni 3-4 - Minerva unito
DISPENSE DEL CORSO DI STORIA DELLE SCIENZE SPERIMENTALI
Fascicolo 2
Lezioni 3-4
AVVERTENZA GENERALE
Queste dispense sono scritte come commento e integrazione delle
diapositive proiettate a lezione.
Le dispense sono incomprensibili se non si hanno sotto gli occhi le
diapositive.
Contengono inoltre brevi passi di fonti originali e di scritti di
storia della scienza.
Se il rinvio alle diapositive è seguito dalla scritta "Nessun
commento" si intende che il contenuto delle diapositive è
adeguato ad essere di base per l'esame.
In ogni caso si deve studiare il contenuto delle diapositive.
Tuttavia le dispense e le diapositive non
preparazione dell'esame. Occorre riflettere
lezione. Chi non li avesse presi (o
formidabile memoria) può sempre chiederli
sono sufficienti per la
sugli appunti presi a
non possedesse una
ad un collega.
Sono richiamate in modo specifico le pagine oggetto di esame dei
testi forniti agli allievi, ma una lettura più estesa degli stessi
testi non potrà che essere utile ad una migliore comprensione
della storia della scienza.
Diapositiva 1
Argomenti delle lezioni 3-4
Galileo Galilei e il telescopio
Antony van Leeuwenhoek e il microscopio
William Harvey e la circolazione del sangue
Gli emisferi di Magdeburgo
Robert Boyle
Robert Hooke
Niels Stensen
Athanasius Kircher
Diapositiva 2-6 Nessun commento
Diapositiva 7
Prima di illustrare le scoperte astronomiche di Galileo è opportuno richiamare la visione del
cosmo ereditata dal passato classico di Aristotele e Tolomeo. Centrati sulla Terra ruotano i
cieli su cui sono (in ordine di distanza) la Luna, i pianeti 'interni' Mercurio e Venere, il Sole,
i pianeti 'esterni' Marte, Giove, Saturno. Dall'antichità gli oggetti mobili in cielo erano sette.
Il 'settimo cielo' era quello di Saturno. Segue il cielo delle stelle fisse, il 'firmamento'. [Si
veda la voce etimologica qui sotto].
Diapositiva 8
La rappresentazione dell'universo pone al di sopra del cielum stellatum l'aristotelico
primum mobile, e sopra ancora un Nostro Signore vestito da re, e una folla di anime salve,
santi e angeli. Al centro della Terra l'inferno.
Fonte dell'immagine: Lyon, 1400-1450, Recueil d'astronomie et de mathématiques.
(Lyon, B.m., ms. 0172, f. 001, 172)
Diapositiva 9
Il Sidereus Nuncius 1610
Studiare Singer pp. 206-208 (lasciando perdere la citazione di Milton)
Diapositiva 10-11
Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, 1632
Citazione: Salviati, Giornata seconda
« Rinserratevi con qualche amico nella maggiore stanza che sia sotto coverta di alcun gran
navilio, e quivi fate d'aver mosche, farfalle e simili animaletti volanti: siavi anco un gran
vaso d'acqua, e dentrovi de' pescetti; sospendasi anco in alto qualche secchiello, che a
goccia a goccia vada versando dell'acqua in un altro vaso di angusta bocca che sia posto a
basso; e stando ferma la nave, osservate diligentemente come quelli animaletti volanti con
pari velocità vanno verso tutte le parti della stanza. [..] Osservate che avrete
diligentemente tutte queste cose, benché niun dubbio ci sia mentre il vascello sta fermo
non debbano succedere così: fate muovere la nave con quanta si voglia velocità; ché (pur
di moto uniforme e non fluttuante in qua e in là) voi non riconoscerete una minima
mutazione in tutti li nominati effetti; né da alcuno di quelli potrete comprendere se la nave
cammina, o pure sta ferma. »
Commento:
Galileo, per mezzo di Salviati, invita così il Simplicio e Sagredo, ma soprattutto il lettore, ad
un esperimento mentale: immaginandosi sotto coperta di una nave infatti stabilisce
un'analogia tra gli avvenimenti che accadono quotidianamente sulla superficie terrestre e
quelli che avvengono su un Gran Naviglio. Il lettore viene così trasportato sottocoperta di
una nave, in modo da non essere soggetto all'attrito dell'aria, e qui, sottocoperta, iniziano
a verificarsi gli stessi avvenimenti, senza che ci possa essere nulla che permetta di rilevare
il moto della nave. Salviati infatti argomenta sostenendo che se il Gran Naviglio si
muovesse a velocità uniforme e non subisse variazioni rispetto al senso di marcia, allora
sarebbe impossibile capire se la barca sia in movimento o ferma. Tutti i fenomeni che
accadono sulla superficie terrestre infatti, a queste condizioni, accadono immutati sotto
coverta e si svolgerebbero allo stesso modo anche supponendo il moto rotazionale
terrestre.
Questo accade perché il Gran Naviglio si muove, il suo movimento si trasmette a tutti gli
oggetti che si trovano al suo interno e si conserva, sommandosi allo stesso modo con il
movimento o lo stato di quiete, senza che questo determini alcuna variazione. Ma ciò ha
anche un'implicazione ben precisa: non esiste un sistema di riferimento considerato
assoluto; in particolar modo questa concezione relativistica mette la Terra e l'uomo non
più come punto di riferimento centrale, ma in relazione a qualcos'altro, venendo a cadere
così la centralità di questi.
Un altro aspetto non meno importante è l'esperimento in sè: questa parte del metodo
galileiano infatti si basa su un esperimento che è riproducibile solamente nella mente di
chi lo compie. Galileo offre un'analisi dettagliata di molti fattori che potrebbero influenzare
la riuscita dell'esperimento, ma che vengono poi eliminati per poter ricreare quelle
condizioni ideali perché il fenomeno avvenga: importante quindi è anche il ruolo che gioca
la matematica, perché non è importante arrivare solamente ad una dimostrazione
qualitativa, ma anche ad una dimostrazione quantitativa del fenomeno.
[Commento da Wikipedia]
La descrizione di Galileo dell’esperimento del piano inclinato
Le parole di Galileo sono tratte da Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due
nuove scienze attinenti alla meccanica e ai movimenti locali (1638)
“In un regolo, o voglian dir corrente, di legno, lungo circa 12 braccia, e largo per un
verso mezo braccio e per l'altro tre dita, si era in questa minor larghezza incavato un
caneletto, poco più largo d'un dito; tiratolo dritissimo, e, per averlo ben pulito e liscio,
incollatovi dentro una carta pecora zannata e lustrata al possibile, se faceva in esso
scendere una palla dì bronzo durissimo, ben rotondata e pulita;
Costituito che si era il detto regolo pendente, elevando sopra il piano orizontale una
delle sue estremità un braccio o due ad arbitrio, si lasciava (come dico) scendere per il
detto canale la palla, notando, nel modo che appresso dirò, il tempo che consumava nello
scorrerlo tutto, replicando il medissimo atto molte volte per assicurarsi bene della
quantità del tempo, nel quale non si trovava mai differenza nè anco della decima parte
d'una battuta di polso.
Fatta e stabilita precisamente tale operazione, facemmo scender la medesima palla
solamente per la quarta parte della lunghezza di esso canale e misurato il tempo della sua
scesa, si trovava sempre puntualissimamente esser la metà dell'altro: e facendo poi
l'esperienze di altre parti, esaminando ora il tempo di tutta la lunghezza col tempo della
metà, o con quello delli duo terzi o de i tre quarti, o in conclusione con qualunque altra
divisione, per esperienze ben cento volte replicate sempre s'incontrava gli spazii passati
esser tra di loro come i quadrati e i tempi, e questo in tutte le inclinazioni del piano, cioè
del canale nel quale si faceva scender la palla;
Dove osservammo ancora, i tempi delle scese per diverse inclinazioni mantener
esquisitamente tra di loro quella proporzione che più a basso troveremo essergli
assegnata e dimostrata dall'Autore.
Quanto poi alla misura del tempo si teneva una gran secchia piena d'acqua, attacata in
alto, la quale per un sottil cannellino, saldatogli nel fondo, versava un sottil filo d'acqua,
che s'andava ricevendo con un piccol bicchiero per tutto ’l tempo che la palla scendeva
nel canale e nelle sue parti: le particelle poi dell'acqua, in tal guisa raccolte, s'andavano
di volta in volta con esatissima bilancia pesando, dandoci le differenze e proporzioni de i
pesi loro, le differenze e proporzioni de i tempi; e questo con tal giustezza, che, come ho
detto, tali operazioni, molte volte replicate, già mai non differivano d'un notabil
momento.”
Diapositiva 9-18
Contenuti sufficienti (+ appunti)
Un commento particolare meritano le n. 13 e n. 18
Diapositiva 16-23
William Harvey: ricordare la connessione con l'atteggiamento 'meccanicista' di molti
scienziati dell'epoca. Per valutare il significato delle virgolette messe alla parola
'meccanicista' si consideri con attenzione la n. 23, dove nel testo di Harvey leggiamo che
l'Autore definisce il cuore "il Sole del Microcosmo".
[LETTURA SULLA FISIOLOGIA DI GALENO,
DA NON MEMORIZZARE]
Testo di Antonella Sacchetti
La fisiologia tradizionale distingueva tre diverse ‘cavità’ -addome, torace, testa- ciascuna
delle quali espletava una precisa funzione vitale, affidata ad un organo principale e ad un
sistema di vasi ad esso collegato, in cui scorreva un particolare fluido.125 All’interno di
questo schema triadico l’addome era considerato sede della nutrizione e dell’escrezione. Il
suo organo principale, il fegato, elaborava il chilo trasportato dalle vene mesenteriche,
trasformandolo in sangue venoso, che veniva distribuito a tutto il corpo attraverso le
ramificazioni della vena cava. Altro compito svolto dal sistema venoso consisteva nel
raccogliere le sostanze di rifiuto e convogliarle nella milza, nella cistifellea e nella bile. Alla
cavità della testa, in cui opera il cervello, erano affidate tutte le funzioni animali quali il
movimento, il senso, la ragione. Il sistema dei nervi collegati al cervello costituiva una rete
di vasi all’interno dei quali si muovevano gli spiriti animali, trasmettendo all’organo
principale i dati sensoriali o, viceversa, traducendo in movimenti muscolari le risposte
elaborate dal cervello.
Il compito del cuore, collocato nella ‘cavità’ centrale del torace, consisteva nella
conservazione e distribuzione del calore, e quindi della vita, a tutto l’organismo. Il cuore,
sede di un calore innato, trasmetteva questa sua virtù alle parti periferiche del corpo,
grazie al flusso continuo del sangue, il cui movimento era affidato ad una ‘vis pulsifica’ di
cui si supponeva fossero dotate le pareti arteriose. Nei tessuti dell’organismo doveva
verificarsi un consumo ininterrotto di sangue, che postulava la necessità di un afflusso e di
una produzione costante di sangue nuovo, ininterrottamente fabbricato nel fegato. Galeno
distingueva il sangue venoso da quello arterioso, che manifesta un colore più vivo, dovuto
alla presenza di pneuma e di spiriti vitali. Il sangue arterioso veniva localizzato nel
ventricolo sinistro del cuore, generato dalla commistione di pneuma e sangue, e veniva
distribuito muovendosi anch’esso unicamente in direzione centrifuga, per giungere a
vivificare tutte le parti dell’organismo. A questi due diversi tipi di sangue corrispondevano
due distinte funzioni: il sangue venoso era considerato essenzialmente un liquido nutritivo,
mentre il sangue arterioso trasportava gli spiriti vitali. I due sistemi vascolari venivano
inoltre originati da organi distinti: se il cuore era considerato ‘arché’ delle arterie, il fegato
veniva indicato come principio delle vene. Dal fegato, dunque, si dipartivano sia le vene
dirette verso le parti periferiche dell’organismo, sia la vena cava inferiore, che trasportava
alla cavità destra del cuore il sangue prodotto nel fegato stesso. A sostegno di questo
schema di movimento del sangue Galeno utilizzava un’osservazione effettuata da
Erasistrato, che aveva messo in luce la funzione svolta dalla valvola tricuspide, grazie alla
quale il sangue può affluire al cuore. Questa scoperta apriva il varco a pesanti critiche del
sistema fisiologico aristotelico, in base al quale tutte le arterie e le vene dovevano avere
origine dal cuore. Se esistevano passaggi che consentivano l’ingresso di sangue nel cuore,
allora questo sangue doveva essere stato prodotto altrove e, più precisamente, nel fegato:
il cuore veniva così spodestato dal ruolo di unico generatore e distributore di sangue
nell’organismo.
Il sangue venoso, proveniente dal fegato e raccolto nella parte destra del cuore, subiva un
processo di riscaldamento ed assottigliamento prima di continuare il proprio percorso, che
si divideva seguendo due diverse direzioni: una piccola porzione di sangue circolava
attraverso i polmoni, mentre la parte più consistente filtrava nel ventricolo sinistro
insinuandosi nei pori intraventricolari, sottilissimi passaggi a forma di imbuto, le cui parti
terminali risultavano addirittura invisibili. Il passaggio intrapolmonare di una limitata
quantità di sangue garantiva il nutrimento dei polmoni che, a loro volta, fornivano al cuore
lo pneuma contenuto nell’aria, materia prima degli spiriti vitali, ed eliminavano con
l’espirazione i fumi di scarto prodotti nel cuore. La funzione principale della respirazione
era pertanto quella di ventilare il calore innato del cuore, che veniva così moderato ed
alimentato continuamente. Le due porzioni di sangue, che avevano seguito tragitti diversi,
confluivano entrambe nel ventricolo sinistro, dove lo pneuma proveniente dai polmoni si
combinava al sangue, generando un processo simile alla combustione. Quest’idea viene
esemplificata da Galeno, nel De utilitate respirationis, paragonando il cuore ad uno
stoppino, il sangue all’olio che lo imbeve ed i polmoni a dei ventilatori. L’allegoria della
combustione si associa perfettamente alla teoria del consumo continuo di sangue che deve
perciò essere prodotto incessantemente dal fegato, tramite la trasformazione degli
alimenti. Questo tipo di spiegazione rimarca la distanza concettuale di Galeno dall’idea di
una circolazione chiusa del sangue, che richiede l’accettazione di un processo ciclico
perpetuo, diametralmente opposto a quello lineare di formazione e consumo del sangue.
Va riconosciuto a Galeno il merito di aver aperto la strada verso concezioni molto
avanzate, proprio grazie alla sua descrizione del sangue rigidamente dualistica. La
distinzione di sangue venoso e sangue arterioso, che attribuisce a quest’ultimo la facoltà di
trasportare una sostanza contenuta nell’aria, in grado di alimentare la combustione,
costituisce un’intuizione che sarà destinata al successo, nell’ambito delle ricerche
concernenti il ruolo dell’aria nella respirazione. Purtuttavia sarà proprio questa avanzata
dottrina dualistica del sangue ad allontanare Galeno dall’idea di crcolazione, che
presuppone invece l’esistenza di un transito continuo del medesimo sangue.
Il fatto che la fisiologia galenica abbia dominato incontrastata fino al XVI secolo nel campo
delle scienze mediche non deve tuttavia indurre a pensare che fosse priva di punti deboli o
che si accordasse completamente ai dati sperimentali. La pratica delle dissezioni
anatomiche, che nel ‘500 aveva raggiunto elevati livelli di sviluppo, soprattutto
nell’Università di Padova, aveva messo in luce alcune incongruenze delle tesi galeniche
aprendo prospettive di ricerca piuttosto critiche verso le spiegazioni tradizionalmente
accettate.
Diapositiva 24-25 Nessun commento
Diapositiva 26
Le accademie scientifiche hanno avuto una triplice funzione:
- dare prestigio agli scienziati e alla scienza
- favorire il dialogo fra scienziati
- rendere pubblici e controllabili i risultati della ricerca
Diapositiva 27
Oldenburg appartiene alla schiera dei grandi diffusori di conoscenze e notizie tramite la
corrispondenza mantenuta con scienziati e letterati di tutta Europa. In questo ambito va
anche ricordato Marin Mersenne (1588 – 1648) teologo, filosofo e matematico francese.
Diapositiva 28
Di Torricelli si parlerà nella prossima lezione.
Diapositiva 29-32 Nessun commento (ma vedi Lezioni 5-6, n. 6-8)
Diapositiva 33
Leggere e studiare il seguente testo di Antonio Clericuzio, "The Sceptical Chymist e la
nascita della chimica"
Nel 1661, dopo un lungo periodo di gestazione, vide la luce lo Sceptical Chymist di Robert
Boyle, opera giustamente considerata una pietra miliare nella storia della chimica. L'anno
precedente (1660), Boyle aveva pubblicato i New Experiments, in cui confluivano i risultati
delle ricerche sperimentali sull'aria, condotte per mezzo della famosa air-pump. Boyle
cominciò a scrivere sui temi dello Sceptical Chymist, ovvero sugli elementi che
costituiscono i corpi composti, tra il 1650 e il 1654 1. A metà degli anni Cinquanta del XVII
secolo egli compose un primo abbozzo di quel che poi sarebbe divenuto il Chimico
Scettico. [...] Boyle si dedicò alla stesura del Chimico Scettico mentre era a Oxford, dove si
era stabilito nell'inverno 1655-56. In quegli anni, Oxford costituiva uno dei centri più
avanzati della ricerca scientifica e Boyle svolse un ruolo di primo piano nella comunità
oxoniense, in particolare con l'organizzazione di un vero e proprio corso di chimica [...]
Uno degli autori che Boyle studiò con maggior attenzione fu il medico belga Jean Baptiste
van Helmont (1577-1644), che aveva assimilato, e sotto molti aspetti criticato, la chimica
paracelsiana. [...] L’obiettivo del Chimico Scettico, è la confutazione della dottrina
paracelsiana dei principi chimici.
Secondo i paracelsiani, tutti i corpi sarebbero composti di tre distinte sostanze, ovvero,
sale, zolfo e mercurio. Questa teoria sostituiva quella peripatetica dei quattro elementi
(terra, acqua, aria, fuoco) quali costituenti ultimi dei corpi. Il medico francese Joseph
Duchesne (1546-1609), noto come Quercetano, aggiunse ai tre principi paracelsiani
acqua e terra, portando a cinque il numero delle sostanze ritenute semplici e presenti in
tutti i corpi composti. Da ogni composto sarebbero ottenibili, per mezzo dell’azione del
fuoco, i cinque principi, detti anche principi spagirici. Le proprietà dei corpi erano fatte
derivare dalla presenza dei cosiddetti principi: al mercurio (da alcuni chiamato anche
spirito) era attribuita l'origine della volatilità; al sale della solidità e la durezza; allo zolfo
(chiamato anche olio) della combustibilità. Acqua e terra erano considerati principi passivi,
ottenuti per mezzo del fuoco, ma privi di capacità di agire nelle reazioni chimiche.
Il Chimico Scettico, opera in forma di dialogo, è stato erroneamente considerato il
primo trattato in cui appare la definizione di elemento chimico. In realtà Boyle si
limitò ad affermare che elemento o principio dovrebbe essere una sostanza perfettamente
semplice e omogenea e che quindi nessuno dei principi chimici lo era. L'intento dell'autore
non era di stabilire quali fossero i principi ultimi dei corpi, ma confutare sperimentalmente
che le sostanze ritenute semplici e omogenee fossero tali. Nello Sceptical Chymist Boyle
prese in esame le teorie chimiche dell’epoca e si impegnò in un’articolata confutazione
sperimentale della concezione aristotelica dei quattro elementi e di quella paracelsiana dei
cinque principi. Mentre van Helmont aveva affermato che la sostanza ultima di cui sono
composti i corpi naturali è l’acqua, Boyle negò che l'acqua fosse una sostanza semplice e
non si pronunciò sul numero dei costituenti ultimi. Egli volle confutare la concezione dei
chimici paracelsiani per la quale da tutti i corpi è estraibile per mezzo del fuoco lo stesso
numero di sostanze semplici – sostanze da cui sarebbero formati tutti i composti. Boyle
dimostrò sulla base di dati sperimentali che vi sono sostanze, come l’oro e l’argento, da cui
non è possibile estrarre i cosiddetti principi chimici. Dimostrò inoltre che le sostanze che i
paracelsiani credevano essere semplici e incomposte potevano essere ulteriormente
analizzate. Infine, Boyle rifiutò il metodo tradizionalmente impiegato per analizzare i
composti, ossia l’analisi per mezzo del fuoco; dimostrò infatti per via sperimentale che il
fuoco in molti casi ricombina gli ingredienti dei corpi invece di separarli. Boyle espresse
riserve sulle classificazioni e la terminologia di cui faceva uso la chimica: essa era a suo
avviso oscura e basata su generalizzazioni arbitrarie. Ad esempio, con il termine sale si
indicavano sostanze tra loro diversissime, mentre occorreva – secondo Boyle – distinguere
sali acidi, sali alcalini e volatili. Analogamente per gli spiriti, i chimici erano soliti indicare
con questo termine tutte le sostanze liquide e volatili prodotte per distillazione. Secondo
Boyle, occorreva distinguere tre tipi di spiriti: acidi (come lo spirito di nitro), alcalini (come
lo spirito presente nell’urina) e infiammabili, ottenuti per distillazione. Al fine di giungere
ad una più accurata classificazione delle sostanze chimiche e, in particolare, per
identificare acidi e alcali, Boyle perfezionò gli indicatori chimici in uso e ne
introdusse di nuovi. Tra le sostanze maggiormente utilizzate da Boyle vi era lo sciroppo
di viole, estratto dai petali di viola, e il cosiddetto lignum nephriticum, l’Eysenhardtia
polystacha, una pianta di origine messicana. Gli indicatori consentivano a Boyle non solo di
determinare con precisione se una determinata sostanza fosse acida o alcalina, ma gli
permettevano di aggiungere una terza classe di sostanze, neutre, che non producono
alcun mutamento di colore nell’indicatore. Di qui Boyle concluse che la teoria chimica che
divideva tutte le sostanze in acidi e alkali era imprecisa e fallace, per il fatto che non
considerava le sostanze neutre. Sulla base degli esperimenti condotti con gli indicatori,
Boyle maturò la convinzione che gli acidi, al pari degli alcali, fossero composti di due parti
– si trattava cioè di corpuscoli composti – una delle quali modificava il colore dell’indicatore
chimico, l’altra distingueva un acido dall’altro e un alcali dall’altro.
Diapositiva 34-35 Nessun commento
Diapositiva 36-37
Alcuni dei risultati più famosi di Hooke sono connessi ai perfezionamenti da lui apportati al
microscopio. I microscopi da lui costruiti, che si avvalevano di nuovi sistemi ottici e di un
nuovo sistema di illuminazione, gli permisero una serie di scoperte esposte nel libro
Micrographia: da risultati sull'anatomia degli insetti alla famosa scoperta, nel sughero, di
quelle cavità, separate da pareti, che chiamò 'cells' (cellule), a osservazioni sui cristalli
essenziali per la nascente scienza della cristallografia (alla cui fondazione Hooke contribuì
anche elaborando pionieristici modelli per dedurre dalla forma dei cristalli macroscopici le
loro disposizioni atomiche). (da Wikipedia)
Diapositiva 38
Robert Hooke’s 10-foot mural quadrant made for the Royal Observatory, about 1676.
Il quadrante è uno strumento che può essere utilizzato per misurare l'altezza angolare di
un corpo celeste rispetto alla linea dell'orizzonte. Esso ha una forma di quarto di cerchio,
per misurare il valore di un angolo da 0 a 90°.
Diapositiva 39 Nessun commento
Diapositiva 40
Dalla somiglianza morfologica del reperto fossile e del dente di un pescecane dei suoi
tempi Stenone deduce che il fossile è stato prodotto "secondo le leggi della natura".
Diapositiva 41-43 Nessun commento
Diapositiva 44
Padre Kircher vide un drago ucciso nel 1669 da un contadino romano, giacché il direttore
del Museo Barberini glielo mandò perché ne facesse un disegno; Padre Kircher lo fece, e lo
pubblicò in uno dei suoi in folio. L'intero capitolo "De Draconibus" del Mundus
Subterraneus è dedicato ai draghi. Se ne può leggere una traduzione all'indirizzo:
http://christianlatin.blogspot.it/2008/08/athanasius-kirchers-natural-history-of.html
Diapositiva 45 Nessun commento