Tartufi: conservazione e trasformazione

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Tartufi: conservazione e trasformazione
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TARTUFI CONSERVAZIONE
Dr. Giovanni Ballarini
Tartufi: conservazione
e trasformazione
C
ome conservare i tartufi? Mai come
nel 2009 la domanda è interessante,
in particolar modo per il Tuber aestivum,
che quest’anno si è trovato in abbondanza e privati ed alcune associazioni si sono
messe a conservare e trasformare i tartufi. In proposito molte sono le abitudini e
le leggende che supportano molti “fai da
se” non sempre efficaci e su questa linea
sono usati congelamento, sotto vuoto,
vasetti, creme ecc. Quando si fanno confezioni alimentari contenenti tartufi, che sono molto deperibili, bisogna
andare con i “piedi di piombo”.
Innanzi tutto va sottolineato che molti sono gli aromi che
caratterizzano i tartufi (molte decine e forse centinaia)
e gli stessi aromi sono presenti in diversa proporzione
nelle differenti specie e varietà di tartufi. Va comunque
sottolineato che quelli più importanti da un punto di vista
aromatico hanno una struttura steroidea e sono al tempo stesso solubili nel grasso e più o meno intensamente distrutti dal calore. Bisogna inoltre considerare quali
sono i “nemici” della conservazione dei tartufi: principalmente due. Da una parte vi sono le azioni di degradazione operate sul vegetale da parassiti (anche vermi) ma
soprattutto batteri e miceti e dall’altra vi è la progressiva “evaporazione” e distruzione degli aromi del tartufo.
Per una buona e soprattutto prolungata conservazione
dei tartufi bisogna quindi affrontare un problema molto
complesso, che si può soltanto schematizzare, prima di
dare qualche consiglio pratico.
Per contrastare la degradazione parassitaria o microbiologica dei tartufi può servire il freddo (refrigerazione
o congelamento), mentre la sterilizzazione con il calore
(ad esempio in confezioni ermetiche come le scatole
di metallo) è da evitare, perché il calore distrugge una
parte più o meno importante degli aromi. Bisogna tuttavia notare che il freddo, anche intenso come quello del
congelamento o surgelamento, non interferisce sulla
“evaporazione “ degli aromi o la loro distruzione ossidativa, dovuta alla presenza d’ossigeno.
Poste queste premesse, si possono comprendere alcune abitudini del passato, come quelle di conservare
i tartufi in vasi di vetro riempiti con riso: una pratica che
valeva un tempo, quando si usava un riso più o meno integrale e che manteneva un rivestimento di grassi insaturi che “catturavano” l’aroma del tartufo, ma non oggi
quando il riso è “brillato” e non ha più lo strato di grassi.
Il riso inoltre diminuiva nel vaso lo spazio dove era presente l’aria e soprattutto l’ossigeno, dannoso per molti
degli aromi dei tartufi. In modo analogo si comprende
l’utilità di conservare i tartufi, anche sminuzzati o triturati,
nel formaggio grattugiato ed il tutto stipato in un vaso di
vetro conservato in congelatore: in questo caso il freddo blocca le proliferazioni microbiologiche e gli aromi si
possono trasferire ai grassi del formaggio e conservarsi
meglio dall’azione ossidativa dell’ossigeno.
Scartato il sistema di conservazione in scatole o contenitori sterilizzati con il calore, oggi il sistema migliore di conservazione dei tartufi è il confezionamento sottovuoto
associato al congelamento. A livello familiare si può ricorrere alle macchinette che fanno il vuoto, usando contenitori di plastica che non devono però far uscire l’aroma,
il che è facilmente controllabile con l’aiuto dell’odorato.
Meno semplice è la conservazione d’alimenti contenenti tartufi (ad esempio lasagne tartufate), a meno di non
mettere le singole porzioni sotto vuoto e congelarle.
Per quanto riguarda la trasformazione degli alimenti
contenenti tartufo vale sempre il principio dei suoi “nemici”: calore e ossigeno. Si comprende quindi come la
tradizione abbia privilegiato l’uso di disporre sul piatto giù
pronto e caldo le scaglie o il tritato di tartufo, in questo
modo il calore del piatto non ha il tempo di degradare i
suoi aromi, ma li fa “evaporare” e quindi arrivare al naso
di chi si appresta a gustare il piatto, una “evaporazione”
che continua nel retrobocca, risale nel naso e continua
come “retrogusto”. In modo analogo sono da evitare le
Documenti storici
Antico biglietto da visita di un
venditore di piante da tartufo
Traduzione:
Vendita di piante
Di vere querce tartufigene di Sorges (Perigueux)
(Varietà selezionata)
Vivaista che ha ottenuto il 1° premio - megaglia d’oro
Piante di 4 anni, extra forti. Altezza 60-80 centimetri,
radici comprese.
Prezzo: al centinaio 3 franchi; al migliaio, 25 franchi.
Da indirizzare a M. PRADEL, proprietario a Sorges,
Cavaliere del Merito agricolo, Consigliere dipartimentale. Offre talee ibride Noccioli ed altro.
Questo biglietto documenta che già nell’ottocento a
Sorges importante centro del Perigueux, esisteva una
radicata e diffusa cultura della coltivazione del tartufo.
Si trattava di un venditore all’ingrosso, in quanto vendeva le piante in lotti da 100 o mille pezzi.
Immagine riprodotta dal libro: La truffe – Autrice Chantal Tanet, Coll. Museo del tartufo di Sorges.
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lunghe cotture che fanno “evaporare” e distruggono gli
aromi dei tartufi, salvo qualche eccezione, ad esempio
quella di porre molto tartufo nel ripieno dei volatili (tacchino tartufato ecc.), ma in questo caso l’aroma che
“evapora” è catturato dalla parte grassa della carne e la
temperatura del ripieno non è mai molto elevata.
CONSERVAZIONE
DEI TARTUFI
PREPARAZIONE
Pulire con uno spazzolino, se necessario lavare in acqua fredda ed asciugare accuratamente su un canovaccio o carta assorbente.
CONSERVAZIONE PER USO IN TEMPI BREVI
8 – 10 giorni
Confezionamento in busta di plastica ermetica, con
eliminazione dell’aria e conservazione nella parte
bassa del frigorifero (4 – 5° C)
30 giorni
A) Immersione dei tartufi in un vaso di vetro a chiusura
ermetica con pari aggiunta di olio neutro (ad esempio
di vinaccioli) e conservazione in frigorifero. Controllare
possibili fermentazioni (formazioni di bollicine). L’olio
“tartufato” può essere usato in cucina.
B) Incorporazione dei tartufi in un vaso di vetro a chiusura ermetica con l’aggiunta di grasso d’oca tiepido,
evitando la formazione di bolle d’aria e conservazione
in frigorifero. Controllare possibili fermentazioni (formazione di bollicine). Il grasso “tartufato” può essere
usato in cucina.
CONSERVAZIONE PER USO PROTRATTO
6 mesi (possibile sino a 12 mesi)
Confezionamento in foglio d’alluminio, immissione in
un vaso di vetro a tenuta ermetica o, meglio, in busta
sotto vuoto singola e congelamento a -20° C. Scongelamento immediatamente prima dell’uso (massimo 30 minuti).
CONSERVAZIONE CON PREPARAZIONE
6 mesi
Triturazione fine dei tartufi e di pari quantità di formaggio da grattugia (Parmigiano Reggiano) ed immissione in vaso a chiusura ermetica, od in sacchetti monodose sottovuoto. Congelare a -20° C e conservare in
congelatore. Al momento dell’uso prelevare dal vaso
la quantità desiderata con un cucchiaio od aprire il
sacchetto monodose.
METODI SCONSIGLIATI
Conservazione con il riso – Il riso brillato non contiene i grassi necessari per “catturare” e “conservare”
gli aromi del tartufo, che inoltre sono alterati dall’ossigeno del’aria.
Conservazione in alcole o liquidi alcolici – Denaturazione degli aromi e loro “maderizzazione”
Sterilizzazione chimico - fisica - La bollitura in acqua salata (2 – 3 ore) degrada gli aromi e li altera.
Sterilizzazione in scatola metallica – La sterilizzazione in autoclave degrada gli aromi e li altera.
ANTICHE RICETTE
Dal libro “La truffe” di Chantal Tanet, abbiamo ricavato alcuni antichi metodi per cucinare e
conservare i tartufi.
Si precisa che non avendo avuto occasione di assaggiare o di cucinare i tartufi con questi metodi, non
ci sentiremo minimamente responsabili se rovinerete irreparabilmente i vostri tartufi.
Per conservare i tartufi.
Affettare i tartufi e sospenderli all’aria aperta, cuciti
con dei fili, in modo da disseccarli alla maniera degli
altri funghi. In assenza di sole si possono anche seccare in una serra a calore temperato; ma il migliore
dei modi di conservazione, non è mai buono come
consumare i tartufi freschi.
Francois-Simon Corner, Les Champignons della
Francia (1870)
Maniera per conservare i tartufi.
Ingredienti: tartufi, vino rosso, aceto, chiodi di garofano, foglie di lauro, sale, pepe.
Fateli bollire con del miglior vino che trovate, sale e
pepe e chiodi, poi toglieteli e invasateli, con sale,
pepe, aceto, chiodi e qualche foglia d’alloro. Coprirli bene, Quando li volete servire, fateli dissalare e cuocere con del vino, e servirli in un tovagliolo
piegato.
Francis Pierre de La Varenne (Le Cuisinier francais,
1651)
Essenza di tartufo
Ingredienti: 500 grammi di tartufi, 100 grammi di maiale magro, mezzo bicchiere di vino Madera, un mazzetto guarnito con erbe aromatiche, noce moscata,
sale, pepe macinato. Prevedere un pò di brodo di
vitello.
Mettere in una casseruola a spezzatino i tartufi del
Périgord, un piccolo mazzetto di erbe aromatiche,
un pò di magro di prosciutto, un mezzo bicchiere di
Madera secco, una grossa cucchiaiata di brodo; poi
una presa di pepe.
Fate cuocere a fuoco lento e ridurre, aggiungere in
seguito due o tre grandi cucchiai di brodo, quando il
tutto è ridotto della metà, fatelo passare in un setaccio di seta e lo servirete sull’arrosto di selvaggina e
volatili tartufati.
Anton Careme (L’Art de la cuisine francaise au XIX°
siecle, 1833-1835)
Essenza di tartufo
Avete un chilo di tartufi perfettamente lavati e sbucciati. Mettere dentro a una piccola marmitta:
- 1 bottiglia di vino di Madera,
- 1 litro di brodo di volatile,
- 1 mazzetto guarnito con erbe aromatiche,
- 10 grammi di sale,
- 3 grammi di pepe macinato,
- 1 presa di noce moscata,
Coprite la marmitta e mettete a fuoco alto per venti
minuti. Lasciate raffreddare i tartufi, e quando sono
ben freddi, colate l’essenza. Riservate i tartufi per
guarnire le preparazioni.
Jules Gouffè (Le livre de cuisine, 1867)