N°2 2015 - TorinoMedica.com

Transcript

N°2 2015 - TorinoMedica.com
TORINO
MEDICA
anno XXV
numero 2 _2015
comunicazione
informazione
formazione
LA RIVISTA DELL’ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI E ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DI TORINO
SPENDERE MENO O
SPENDERE MEGLIO?
SUPERFARMACI
ANTI EPATITE C:
PER MOLTI M A
Dentisti NON PER TUTTI?
La Carta
dei Diritti
al Pronto
Soccorso
e legionellosi:
perchè
non è un
problema
di salute
pubblica
Il futuro
d e l l a
Sanità
Piemontese.
L’Ordine ha
incontrato
l’assessore
Saitta e il
direttore
Moirano
CONFLITTI
D’INTERESSE:
e se facessimo finta
che non esistono?
Sommario
5
numero 2
luglio 2015
La Rivista è inviata a tutti gli iscritti
all’Ordine dei Medici Chirurghi
e degli Odontoiatri di Torino e provincia
e a tutti i Consiglieri degli Ordini d’Italia.
7
16
Direzione, Redazione,
Corso Francia 8
10143 Torino
Tel. 011 58151.11 r.a.
Fax 011 505323
[email protected]
www.omceo.to.it
Presidente
Guido GIUSTETTO
Vice Presidente
Guido REGIS
Segretaria
Rosella ZERBI
Editoriale
Spendere meno
o spendere meglio?
Guido Giustetto
Tribuna
Il futuro della Sanità
Piemontese
Nicola Ferraro
La Carta dei Diritti
al Pronto Soccorso
Franco Aprà
Le nostre radici
1965-2015: il CTO di Torino
compie 50 anni
Arnaldo Francia
Franco Lupano
Focus
Conflitti di interesse
Mario Nejrotti
Luca De Fiore
36
Chi fa cosa
Consiglieri
Domenico BERTERO
Tiziana BORSATTI
Emilio CHIODO
Riccardo DELLAVALLE
Ivana GARIONE
Anna Rita LEONCAVALLO
Elsa MARGARIA
Aldo MOZZONE
Il dedalo
maschi contro le
52 Medici
donne medico
26
Tesoriere
Chiara RIVETTI
47
prima pagina
Transatlantico
38
41
prima pagina
54
Superfarmaci anti epatite
C: per molti ma non
per tutti?
Nicola Ferraro
Un “Centro nascite”
presso l’ospedale
Sant’Anna di Torino
Nicola Ferraro
Pierpaolo Berra
56
60
Pianeta solidarietà
Cute Project
Eva Mesturino
RUBRICHE
I servizi dell’Ordine
Comunicati
Corsi e congressi
in pillole
CONGRESSI
Discutendo di
Odontostomatologia
Dentisti e legionellosi:
perché non è un problema
di salute pubblica
Nicola Ferraro
Roberta SILIQUINI
Renato TURRA
Roberto VENESIA
Patrizia BIANCUCCI (Od.)
Gianluigi D’AGOSTINO (Od.)
Bartolomeo GRIFFA (Od.)
Commissione Odontoiatri
Gianluigi D’AGOSTINO
Presidente
Patrizia BIANCUCCI
Claudio BRUCCO
Bartolomeo GRIFFA
Paolo ROSATO
Revisori dei Conti
Riccardo FALCETTA
Presidente
Carlo FRANCO
Angelica SALVADORI
Vincenzo MACRÌ Supplente
TORINO MEDICA
Direttore:
Guido Giustetto
Direttore responsabile:
Mario Nejrotti
Caporedattore:
Nicola Ferraro
Aut. del Tribunale di Torino
n. 793 del 12-01-1953
Per spazi pubblicitari: SGI Srl Via Pomaro 3 - 10136 Torino Tel. 011 359908 / 3290702 - Fax 011 3290679 - e-mail: [email protected] - www.sgi.to.it
Grafica e Design SGI Srl
Stampa La Terra Promessa Onlus NOVARA
Chiuso in redazione il 2 luglio 2015
LUGLIO 2015
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Villa Raby
prima pagina
Editoriale
VILLA RABY
“SPAZI ALLA CULTURA”
CORSO FRANCIA 6-8, TORINO
La sede dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Torino, nella cornice dello splendido Villino Raby, gioiello del Liberty
italiano, opera nel 1901 dell’Architetto Pietro Fenoglio, offre i suoi spazi di incontro a Istituzioni, Associazioni, Gruppi Culturali e privati.
Tutti i Medici Chirurghi e Odontoiatri, le loro Istituzioni, Associazioni di Categoria, Società Scientifiche che vorranno organizzare Convegni,
Congressi, Workshop, Corsi di Formazione, Incontri, Riunioni, Assemblee Societarie, a tutti i livelli, dal locale all’internazionale, potranno
usufruire degli spazi più adatti.
Sono a loro disposizione cinque sale per ogni esigenza di incontro culturale e professionale: dalla grande Sala Congressi con 250 posti a
sedere e le migliori dotazioni tecniche, alla piccola e affascinante Sala Piano per 20 posti, adatta anche per concerti da camera.
Le sale dell’Ordine sono usufruibili anche da parte di Istituzioni, Associazioni e Gruppi non medici, sia a livello cittadino che nazionale.
VILLA RABY: UN POLO CULTURALE
NEL CUORE DELLA CITTÀ DI TORINO
Guido Giustetto
SPENDERE MENO
O SPENDERE
MEGLIO?
Il titolo di questo editoriale è ripreso da quello del
convegno annuale dell’Associazione Alessandro
Liberati - Network Italiano Cochrane1 che si è tenuto recentemente a Torino.
I diversi interventi e la discussione si sono concentrati soprattutto sulla sostenibilità del Servizio
Sanitario Nazionale, cercando di individuare ai diversi livelli gestionali (centrale, regionale, aziendale, professionale) quali strumenti possono essere
messi in campo per rendere la revisione della spesa
sanitaria seria, efficace, equa.
Per quanto riguarda la medicina clinica ci si è chiesto se ci sono degli ambiti particolari dell’attività
quotidiana nei quali un medico può agire, riducendo le prestazioni inutili e gestendo le aspettative
inappropriate dei pazienti.
INUTILI ALMENO IL 30% DELLE PRESTAZIONI
MEDICHE
SALA CONFERENZE, COMPRENDE:
SALA CONSIGLIO, COMPRENDE:
Sala fino a 250 posti | Radiomicrofoni a mano o spillo |
Videoproiezione | Videoconferenza Over IP o ISDN |
Computer di sala/Computer Regia | Adattatore per
Mac (specificare modello) | Spazi espositivi n.___ |
Videoregistratore DVD | Audioregistrazione | Spazio per
coffe break e lunch | Centro Slide in rete | Remote Controlle
per Slide | Freccia Laser | Slide tappo – logo Jpeg evento
Sala fino a 23 posti | Videoproiezione su schermo |
Computer
SALA PIANOFORTE (ATTIGUA ALLA SALA CONSIGLIO
ALLA QUALE È COLLEGATA DA UNA PORTA)
Sala fino a 20 posti
SALA EX CARROZZERIA COMPRENDE:
MANSARDA COMPRENDE:
Sala fino a 45 posti | Videoproiezione su schermo |
Computer
Sala fino a 30 posti | Videoproiezione su schermo |
Computer di sala
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La letteratura2 è sostanzialmente unanime nel valutare come inutili almeno il 30% delle prestazioni
mediche: visite, indagini diagnostiche, prescrizioni
di farmaci. In alcuni casi sono i medici a prescrivere di loro iniziativa una prestazione inappropriata,
in altri la prescrizione deriva dalla richiesta (e dalla
conseguente contrattazione) del paziente, influenzato in questo da molteplici fattori.
Tra questi, quello forse più importante è l’attesa
miracolistica nei confronti della medicina, come
strumento in grado di risolvere o rimandare all’infinito qualsiasi problema di salute. Sicuramente
questo atteggiamento è alimentato dall’immagine
che vuole dare di sé il Sistema Medico (“nel 2016
siamo pronti per il trapianto del cervello”), da una
generale accondiscendenza in questo senso dei
media (per altro spesso pagata dalla pubblicità,
come nel caso dei supplementi salute dei quotidiani), dalla proposta di una società composta solo di
persone belle, sane, efficienti.
Tutto ciò è reso possibile anche perché nei cittadini
si è persa la capacità di discernere i diversi livelli di
gravità dei disturbi (tutto potrebbe essere un cancro) e manca la consapevolezza dei limiti degli ac-
certamenti diagnostici e delle terapie, scambiando
per certezze quelle che sono probabilità.
Una certa responsabilità su questa incomprensione
ce l’ha anche la nostra scuola, se l’OCSE3, nell’indagine che valuta i livelli di conoscenze e capacità
delle popolazioni adulte in literacy (lettura e comprensione di testi scritti, in parte anche scrittura al
computer o su carta), numeracy (comprensione e
risoluzione di problemi matematici), ha classificato l’Italia rispettivamente all’ultimo e al penultimo
posto su 24 paesi.
Ulteriori elementi di confondimento per i cittadini
sono i contrasti di parere tra i colleghi, le interferenze del settore privato sul servizio sanitario nazionale, i diffusi conflitti di interesse (vedi a questo
proposito il focus nelle pagine che seguono), la deriva delle scelte del medico verso un atteggiamento difensivistico, per ridurre il rischio di un giudizio
di responsabilità per malpractice.
A questo proposito, una recente indagine4 condotta negli Stati Uniti, nell’ambito del progetto Choosing wisely, ha evidenziato che tra i medici:
• Il 73% dice che la frequenza di test non necessari
è un problema serio
• Il 66% sente di avere la responsabilità di evitare
che i pazienti eseguano esami inutili
• Il 53% riconosce di prescrivere un test anche se
lo ritiene non necessario se il paziente insiste
• Il 58% ritiene di essere nella posizione migliore
per fronteggiare le richieste inappropriate
• Il 72% riferisce che mediamente ciascun medico
prescrive un esame inutile ogni settimana
• Il 47% valuta che i pazienti chiedano un test inutile almeno una volta alla settimana
• Il 70% afferma che, se si parla con il paziente
per spiegare l’inutilità dell’esame, questi spesso
evita di farlo.
A rendere più dubbiosa, sul versante del medico
clinico, la scelta appropriata delle procedure o dei
farmaci viene la recente affermazione5 di Richard
Horton, a lungo editor di The Lancet, secondo la
quale i risultati del 50% della produzione scien-
u
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prima pagina
Editoriale
Tribuna
tifica sono semplicemente falsi, per altro confermando una valutazione del 2005 di Ioannidis6,
recentemente riproposta dall’autore al convegno
di Torino, già citato7.
PIÙ RAZIONALITÀ NELLE SCELTE DEL MEDICO,
MENO RICHIESTE INAPPROPRIATE DA PARTE
DEI PAZIENTI
Allora, come può il medico rendere più razionale la
scelta degli accertamenti? Come può fronteggiare
le richieste inappropriate dei pazienti?
È indubbio che noi medici abbiamo un dovere
deontologico in questo senso, chiaramente richiamato da almeno tre articoli del nostro Codice: il
6, il 13 e il 56, laddove stabiliscono che il nostro
operato “deve fondarsi sulle evidenze scientifiche
disponibili, sull’uso ottimale delle risorse e sul rispetto dei principi di efficacia clinica, di sicurezza e
di appropriatezza” e che non vanno diffuse notizie
“tali da alimentare infondate attese e speranze illusorie”.
Sono convinto che lo strumento più efficace che
possiamo usare per ridurre le prestazioni inutili è
la buona comunicazione con il paziente. La comunicazione, oltre ad una capacità innata, richiede
anche delle competenze tecniche che non tutti
abbiamo, ma che tutti possiamo acquisire. Al versante comunicativo-relazionale la Scuola di Medicina, che già egregiamente forma i nostri giovani
colleghi sul versante cognitivo, dovrebbe dedicare
un’energia particolare.
L’ascolto è forse il momento più forte della relazione medico-paziente e la capacità di discutere
insieme le scelte è un’abilità che al medico non
dovrebbe mancare. È necessario dedicare tempo,
con atteggiamento anche complice, a quei pazienti che sono più perplessi, più influenzabili dalla
pubblicità, dai falsi miti, dai suggerimenti degli inesperti, che in altre parole ci appaiono più lontani,
anche se ciò ci appare sicuramente faticoso e contro intuitivo.
In questo, la disponibilità di tempo è essenziale e
varrebbe la pena che nei nostri contratti e convenzioni questo semplice strumento fosse valorizzato
come una variabile indipendente.
Solo in questo modo riusciremo finalmente a trasmettere ai cittadini il messaggio che:
• La medicina è imprecisa quasi sempre
• I suoi risultati non sono sicuri
• Le sue scelte sono basate su probabilità e non
su certezze. ¢
L’AVVISO DI RICHARD SMITH IN SALA D’ATTESA?
Forse dovremmo mettere un cartello nelle sale d’attesa dei nostri studi e reparti che riporti il famoso
avviso8 di Richard Smith:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
La morte è inevitabile
La maggior parte delle malattie gravi non può essere guarita
Gli antibiotici non servono per curare l’influenza
Le protesi artificiali ogni tanto si rompono
Gli ospedali sono luoghi pericolosi
Tutti i farmaci hanno anche effetti collaterali
La maggioranza degli interventi sanitari produce solo benefici marginali e molti non
funzionano affatto
Gli screening producono anche risultati falsi negativi e falsi positivi
Oltre che acquistare indiscriminatamente tecnologie sanitarie, esistono altri modi per
investire le risorse economiche
1. http://associali.it/riunione-2015/
2. Brody H. From an ethics of rationing to an ethics of waste avoidance. N Engl J Med 2012; 366: 1949-51.
3. http://skills.oecd.org/skillsoutlook.html
4.http://www.choosingwisely.org/survey-physicians-are-aware-that-many-medical-tests-and-proceduresare-unnecessary-see-themselves-as-solution/
5. http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736%2815%2960696-1/fulltext
6. http://journals.plos.org/plosmedicine/article?id=10.1371/journal.pmed.0020124
7. http://dottprof.com/2015/05/ricerca-e-letteratura-scientifica-che-casino/
8. BMJ 1999;318:209
6
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IL FUTURO DELLA
SANITÀ PIEMONTESE
L’ORDINE HA INCONTRATO
L’ASSESSORE SAITTA
E IL DIRETTORE MOIRANO
a cura di
Nicola Ferraro
L’incontro è avvenuto a Villa Raby sabato 16 maggio scorso nella
Sala Convegni di fronte ad un gruppo numeroso di iscritti con i
componenti dell’Esecutivo al tavolo dei relatori.
Molto difficile riportare in maniera esauriente la fitta trama
degli argomenti affrontati che hanno avuto (come si può vedere
dal programma dell’incontro riportato in questo servizio) la
riorganizzazione dei servizi ospedalieri e territoriali. Da un punto
di vista più cronachistico chi scrive può testimoniare l’esistenza di
un clima aperto, franco e cordiale, per nulla ingessato e improntato
ad un confronto che potrebbe rivelarsi davvero utile per individuare
modalità future con cui la professione medica sarà esercitata nella
nostra
regione:
la PIEMONTESE
garanzia fondamentale perché il diritto alla tutela
IL FUTURO
DELLA
SANITÀ
L’ORDINE HA INCONTRATO L’ASSESSORE
IL DIRETTORE
MOIRANO
dellaSAITTA
saluteEcontinui
ad essere
un valore forte e condiviso.
L’incontro è avvenuto a Villa Raby sabato 16 maggio scorso nella Sala Convegni di fronte ad un
gli argomenti
trattati
sono
stati
molti
gruppo numeroso di iscritti conMa
i componenti
dell’Esecutivo
al tavolo dei
relatori.
Molto
difficiledi più di quelli preventivati
riportare in maniera esauriente la fitta nel
tramaprogramma.
degli argomenti affrontati
che
hanno
avuto
(come
si
Gli Odontoiatri, per bocca
del Presidente CAO di
può vedere dal programma dell’incontro riportato in questo servizio) la riorganizzazione dei servizi
ospedalieri e territoriali. Da un punto
di vista
più in
cronachistico
chi scrive
può testimoniare
Torino,
già
apertura
hanno
per esempio chiesto all’Assessorato di
l’esistenza di un clima aperto, franco e cordiale, per nulla ingessato e improntato ad un confronto
poter
essere
ascoltati
che potrebbe rivelarsi davvero utile per individuare modalità future
con cui
la professione
medica di più rispetto al passato;
sarà esercitata nella nostra regione: la garanzia
fondamentale
perché
il
diritto
alla
tutela
della
salutein Sala ha avuto modo di
ma tutto il pubblico di iscritti presenti
continui ad essere un valore forte e condiviso.
formulare
domande
e nel
diprogramma.
ricevereGlirisposte su aspetti generali della
Ma gli argomenti trattati sono stati molti
di più di quelli
preventivati
Odontoiatri, per bocca del Presidente CAO di Torino, già in apertura hanno per esempio chiesto
Sanità, ma molto spesso anche su aspetti particolari dell’attività
all’Assessorato di poter essere ascoltati di più rispetto al passato; ma tutto il pubblico di iscritti
presenti in Sala ha avuto modo di formulare domande e di ricevere
risposte su aspetti
generali esercitata
della
professionale
medica
quotidianamente.
Sanità ma molto spesso anche su aspetti particolari dell’attività professionale medica esercitata
Il Presidente Giustetto ha riconosciuto all’Assessore Saitta grandi
quotidianamente.
Il Presidente Giustetto ha riconosciuto all’Assessore Saitta grandi capacità di ascolto e di
capacità di ascolto e di valutazione di problemi e difficoltà.
valutazione di problemi e difficoltà. Sarà la cronaca politica (già nelle prossime settimane) a
raccontare gli sviluppi di questo Sarà
evento che
si è svolto senza
dubbio in(già
un clima
moltoprossime
costruttivo. settimane) a raccontare
la cronaca
politica
nelle
Sull’incontro la redazione ha realizzato due interviste (all’Assessore Antonio Saitta, al Direttore
gli sviluppi
diDiquesto
evento
che si è svolto senza dubbio
Fulvio Moirano) e registrato le dichiarazioni del Presidente
Giustetto.
seguito il codice
Qr con
cui si può accedere direttamente da smartphone allo spazio di www.videomedica.org dove sono
in un clima molto costruttivo.
scaricabili i tre servizi video.
Sull’incontro la redazione ha realizzato due interviste (all’Assessore
Antonio Saitta, al Direttore Fulvio Moirano) e registrato le
dichiarazioni del Presidente Giustetto. Di seguito il codice Qr con
cui si può accedere direttamente da smartphone allo spazio di
www.videomedica.org dove sono scaricabili i tre servizi video.
Nel corso dell’incontro è stato anche presentato il documento dell’Ordine sul riordino
dell’assistenza territoriale in Piemonte. Pubblichiamo di seguito il testo.
Ricordiamo ai lettori che sul numero precedente di Torino Medica, a pagina 38, è stato pubblicato il
documento dell’Ordine relativo al riordino della rete ospedaliera piemontese.
Nicola Ferraro
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prima pagina
Tribuna
Nel corso dell’incontro è stato anche presentato il documento
dell’Ordine sul riordino dell’assistenza territoriale in Piemonte.
Pubblichiamo di seguito il testo.
Ricordiamo ai lettori che sul numero precedente di Torino Medica, a
pagina 38, è stato pubblicato il documento dell’Ordine relativo
al riordino della rete ospedaliera piemontese.
I principali
obiettivi della
riorganizzazione
delle Cure
Territoriali
devono secondo
il nostro parere
essere:
RIORDINO DELL’ASSISTENZA TERRITORIALE
IN PIEMONTE
PREMESSA
La contrazione dei numeri di posti letto ed il complessivo ridimensionamento della rete ospedaliera
devono andare di pari passo con un potenziamento delle capacità delle cure territoriali di rispondere alla domanda crescente di prestazioni sanitarie
proveniente dai cittadini per mantenere quei livelli
di qualità dell’assistenza sanitaria italiana descritti
dal recente documento/rapporto dell’OCSE (Ministero della Salute - Revisione Ocse sulla qualità
dell’assistenza sanitaria in Italia 15 gennaio 2015).
In questo documento si sottolinea tra l’altro che le
cure primarie sono capaci di fornire un servizio di
buona qualità a costi contenuti.
DIMENSIONE DELL’ASSISTENZA TERRITORIALE IN PIEMONTE
In Piemonte operano sul territorio con loro proprio
studio, e quindi costituiscono punti distribuiti capillarmente disponibili a rispondere alla richiesta di
prestazioni sanitarie, 3.321 MMG e 450 PLS. (dati
riportati a maggio 2014 nell’Annuario Statistico
del servizio sanitario nazionale del Ministero della
salute - Direzione generale del sistema informativo
e statistico sanitario Ufficio di direzione statistica,
raccolti nel 2011).
Vi sono inoltre 138 postazioni di Continuità assistenziale nelle quali operano medici che nel 2011
hanno effettuato 540.812 visite.
Sempre dai dati riportati nell’annuario si evince
che nello stesso anno i casi trattati in ADI (Assistenza Domiciliare Integrata) sono stati 29.545 di cui il
69% di persone > 65 anni ed il 13% malati terminali. Complessivamente in Piemonte sono stati
trattati in ADI 663 assistiti per 100.000 abitanti
contro i 2.613/100.000 e 1.322/100.000 rispettivamente di Emilia Romagna e Veneto.
I contatti annui della medicina primaria (intendendo per contatti “tutte le visite in ambulatorio che
terminano con la registrazione di una diagnosi, di
una prescrizione farmaceutica, di una indagine
8
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diagnostica-strumentale e/o di qualunque altro
intervento che il Medico di Medicina Generale registra nella cartella clinica informatizzata”, secondo quanto riportato nel VIII Report Health Search.
Istituto di Ricerca della SIMG: società italiana di
Medicina Generale e delle cure primarie - Anno
2013 - 2014, pag. 9) sono in Piemonte in un anno
circa 36.104.400 corrispondenti a 8.1 contatti annui per residente. Nella fascia di età 75 - 84 anni il
numero di contatti annui per la popolazione maschile arriva a 18.8 per assistito.
Le patologie che comportano maggior carico di lavoro sono in ordine decrescente l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, le dislipidemie, le malattie ischemiche cardiache, la MRGE, le patologie del
rachide vertebrale, i distiroidismi e la depressione.
CRITICITÀ
Come garantire i LEA previsti dalle norme nazionali tenendo conto del ridimensionamento in corso
della rete ospedaliera?
Come garantire agli operatori livelli di sicurezza e
di adeguato supporto tecnologico?
Come garantire efficienti reti assistenziali territoriali, integrate con il secondo livello assistenziale
sanitario e con il livello sociale?
Come garantire l’appropriatezza nell’uso delle risorse?
Come rimediare alla carenza di progettualità per il
territorio del nostro SSR che fino ad ora si è dimostrato prevalentemente ospedalocentrico?
Come garantire che le nuove forme aggregative
della MG, della PLS e della medicina specialistica
ambulatoriale siano basate sulla libera professione
auto-organizzata per obiettivi misurabili e dimostrabili?
OBIETTIVI
I principali obiettivi della riorganizzazione delle
Cure Territoriali devono secondo il nostro parere
essere:
È sulla analisi
che segue che
riteniamo di
dover fare delle
osservazioni.
• Dare risposta ai bisogni appropriati di salute dei cittadini attraverso una medicina di prossimità
• Sviluppare la prevenzione
• Gestire le patologie croniche sul territorio limitando l’accesso al livello ospedaliero per le
acuzie o per le riacutizzazioni
• Gestire la fase terminale.
STRUMENTI
Per raggiungere questi obiettivi si indicano i seguenti opportuni strumenti:
• Riorganizzazione e potenziamento delle cure domiciliari attenuando, tra l’altro, le attuali disparità
esistenti tra le diverse Aziende Sanitarie Locali
• Riorganizzazione delle cure residenziali con adeguamento della parte normativa
• Informatizzazione delle sedi di erogazione delle prestazioni (Continuità assistenziale, specialistica ambulatoriale)
• Realizzazione del Fascicolo sanitario elettronico del cittadino
• Promozione della cultura dell’appropriatezza anche attraverso la identificazione del primo prescrittore
territoriale ed ospedaliero (dare la possibilità e responsabilità al primo prescrittore, all’interno del SSN,
di richiedere direttamente gli esami relativi alla propria branca e necessari per dare risposta al quesito
clinico che gli è stato proposto senza costringere le persone a rimpalli avanti e indietro per ottenere la
riprescrizione su modulo SSN da parte del MMG dell’esame richiesto dallo specialista - cosa assurda,
ma che nonostante tutto continua ad accadere) anche per mezzo di occasioni formative comuni che
coinvolgano Medici operanti sul territorio e in ospedale. A tale proposito fa scuola l’esperienza di
eventi formativi sugli esami di laboratorio come TSH-R, azotemia, esami per la contraccezione, esami
preoperatori, avvenuta in passato nella nostra Regione e che ha avuto ricadute in termini di miglioramento dell’appropriatezza
• Creazione di sedi strutturali territoriali e delle forme organizzative per la medicina convenzionata
(AFT, UCCP) come previsto dalle norme legislative che prevedano l’integrazione della Continuità Assistenziale e del Servizio Emergenza 118 convenzionato con il SSN, ponendo preventivamente rimedio
all’attuale sottodimensionamento (evidente nella città di Torino) del numero di medici di Continuità
assistenziale e con utilizzo di personale di segreteria e infermieristico adeguatamente formato alle
caratteristiche delle Cure Territoriali
• Promozione della medicina di iniziativa per la gestione delle patologie croniche (sul modello della
Gestione Integrata del diabete)
• Integrazione con le strutture di supporto sociale
• Creazione di uno sportello telefonico di consultazione all’interno del Servizio pubblico (per alcune
branche specialistiche per migliorare l’appropriatezza nella richiesta degli esami di maggior impatto
sulla salute dei cittadini)
• Promozione dell’assistenza specialistica a livello di comunità e territoriale attraverso una riorganizzazione della rete specialistica territoriale
COMMENTO AL DOCUMENTO REGIONALE (13 aprile 2015)
La premessa contiene una constatazione senza dubbio condivisibile: “tutti i paesi a maggiore sviluppo
manifestano l’esigenza di fornire una nuova e migliore risposta ai bisogni dei pazienti cronici e pluripatologici”.
È sulla analisi che segue che riteniamo di dover fare delle osservazioni.
Innanzitutto è quantomeno singolare che in un documento che ha per oggetto la riorganizzazione delle
Cure Territoriali si parta da una analisi dei numeri degli interventi ospedalieri e di Pronto Soccorso. Ciò
rappresenta, con chiara evidenza, un vizio di fondo nella progettualità degli estensori del documento: la
riorganizzazione delle Cure Territoriali sembra avere come obiettivi prioritari quelli di ridurre i ricoveri e
gli accessi in PS e non quello di consentire al territorio di essere dotato degli strumenti per potenziare e
migliorare l’attività che già svolge sul versante della prevenzione e della gestione della cronicità.
Il documento identifica nei numeri della attività di emergenza e di ricoveri ospedalieri le motivazioni e
giustificazioni della necessità di riorganizzare le cure territoriali ponendo l’accento sugli accessi in Pronto
Soccorso come spia di una debolezza del territorio stesso nel dare risposta alla domanda di assistenza
“in quel 90,53% di codici bianchi e verdi va ricercata l’inappropriatezza, cioè tutti quei pazienti che si
recano in PS perché non trovano una risposta sul territorio, anche se molto spesso esiste”.
u
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9
prima pagina
Tribuna
Ormai è consolidato che il problema del Pronto
Soccorso è strettamente legato alla difficoltà di
assorbire tutte le persone che si rivolgono ad esso
in modo appropriato e che non trovano posto successivamente al primo soccorso nelle sedi adeguate (reparti ospedalieri, strutture residenziali, ADI).
I dati riportati dal Tavolo interaziendale per lo svi-
Diap 1
Simulazione:
impegno per la gestione degli accessi per codice
triage
non
ricoverati
BIANCO
VERDE
GIALLO
ROSSO
TOTALI
299.479
1.251.480
205.907
12.021
1.768.887
16,9%
70,7%
11,6%
0,7%
100,0%
non
per ogni
totali per
accessi
totali
ricoverati
ricoverati non ricoverato non ricoverati inappropriati inappropriate
99,1% 296.634
90,5% 1.132.214
64,3% 132.460
30,5%
3.666
1.564.974
Ore permanenza in PS pre-ricovero
Ore totali impegno PS
Quota impegno orario pazienti da ricoverare
Quota impegno orario accessi appropriati dimessi
Quota impegno orario accessi inappropriati dimessi
Diap 2
luppo di una rete integrata di prestazioni dell’area
metropolitana (Gruppo Accessi in pronto soccorso:
primi risultati Progress report 20.11.2014 - Coordinatore Dott. Giulio Fornero, gruppo del quale fanno parte prevalentemente specialisti di PS) sono in
questo senso assai dimostrativi.
0,30
88.990
2,00 2.264.428
6,00 794.760
6,00
21.998
3.170.176
95,0%
20,0%
0,0%
0,0%
6
6
12
18
24
4.393.653 4.393.653 5.617.129 6.840.605 8.064.082
27,85%
27,8%
43,6%
53,7%
60,7%
59,92%
59,9%
46,9%
38,5%
32,6%
12,23%
12,2%
9,6%
7,9%
6,7%
Discussione e sintesi conclusiva
della prima fase
• Il numero di accessi in PS non sembra nel
complesso in incremento
• Esiste una discreta variabilità di consumo di
accessi al PS e di codici bianchi per ASL di
residenza e dunque di bisogno/governo della
domanda
• L’impegno di gestione dei codici bianchi nel PS
sembra nel complesso poco rilevante
• Esiste una discreta variabilità per quanto riguarda
il rispetto dello standard di 6 ore nelle diverse sedi
di PS
Discussione e sintesi conclusiva
84.541
452.886
0
0
537.426
ricoverati
1,0%
9,5%
35,7%
69,5%
2.845
119.266
73.447
8.355
203.913
per ogni
ricoverato
6
6
6
6
Il nuovo sistema
organizzativo
36
48
72
deve essere
10.511.034 12.957.987 17.851.892
pensato in
69,8%
75,5%
82,2%
25,0%
20,3%
14,7%
particolare per
5,1%
4,1%
3,0%
la sua capacità
di dare risposta
ai bisogni di
1
salute creati
dalla complessità
Discussione e sintesi conclusiva
e fragilità
della prima fase
correlate agli
• In sintesi l'analisi effettuata orienta a assistiti anziani
sviluppare ulteriori valutazioni/interventi
e ai portatori
• non tanto sul versante degli accessi impropri al
PS, quanto su altri fattori che rappresentanodi
i patologie
reali determinanti degli elevati tempi di croniche e alla
permanenza dei pazienti in PS
fase terminale
• e del contestuale affollamento:
della vita.
• - i percorsi intra-ospedalieri da PS verso i
reparti
• - i percorsi di uscita dall‘ospedale verso le
strutture di postacuzie e il territorio
Discussione e sintesi conclusiva
1
della prima fase
2
della prima fase
• Il numero di accessi inDiap
PS non
3 sembra nel
complesso in incremento
• Esiste una discreta variabilità di consumo di
accessi al PS e di codici bianchi per ASL di
residenza e dunque di bisogno/governo della
domanda
• L’impegno di gestione dei codici bianchi nel PS
sembra nel complesso poco rilevante
• Esiste una discreta variabilità per quanto riguarda
il rispetto dello standard di 6 ore nelle diverse sedi
di PS
1
• In sintesi l'analisi effettuata orienta a
sviluppare ulteriori valutazioni/interventi
• non tanto sul versante degli accessi impropri al
PS, quanto su altri fattori che rappresentano i
reali determinanti degli elevati tempi di
permanenza dei pazienti in PS
• e del contestuale affollamento:
• - i percorsi intra-ospedalieri da PS verso i
reparti
• - i percorsi di uscita dall‘ospedale verso le
strutture di postacuzie e il territorio
2
I numeri in realtà ci dicono che le prestazioni di primo livello erogate sul territorio sono talmente superiori
da poter affermare che gli accessi impropri al PS non possono essere attribuibili ad una carente risposta
da parte del territorio. Per fare qualche esempio, in una Regione come il Piemonte annualmente sono
eseguite più di 36.000.000 milioni di visite solo dal Medico di famiglia, vengono prodotte 42.141.857
(dati del 2011) prescrizioni di farmaci, redatti centinaia di migliaia di certificati di inabilità temporanea al
lavoro. In gestione integrata del diabete nel 2014 il trend di trattamento è in crescita così come il raggiungimento dei LAP per il compenso della pressione arteriosa, della emoglobina glicata e del colesterolo
LDL si assesta tra il 60 e l’80%.
La riorganizzazione delle cure territoriali va pensata non per dare risposta ad una domanda tanto più
ipertrofica quanto più si dovesse incrementare la disponibilità in tempi e luoghi di risposta (per il noto
meccanismo di induzione di incremento di domanda per un eccesso di offerta, senza peraltro che questo
possa contribuire a ridurre il ricorso al PS), ma parametrata su una attenta analisi dei reali bisogno di
salute che sono sostanzialmente legati alla crescita costante del numero di soggetti affetti da patologie
croniche oppure di persone anziane e, ancor di più in quella sintesi di bisogni che esprimono le persone
anziane e affette da patologie croniche. La domanda di salute, se non governata, costituisce una fonte
incontrollabile di inappropriatezza, così come costituisce fonte di inappropriatezza la spinta al consumo
derivante dai pur legittimi stakeholders della salute, cioè i portatori di interesse (ad esempio produttori
di farmaci e tecnologie), il cui controllo diventa tanto più indispensabile quanto più si affacciano sul
mercato opportunità di cura molto costose, ma necessarie e per le quali occorre trovare risorse a scapito
di prestazioni superflue.
A proposito delle nuove forme organizzative della medicina territoriale, AFT e UCCP, va secondo noi
precisato che la loro costituzione non deve in alcun modo minare un pilastro fondante quale è il rapporto
fiduciario tra il medico e pediatra di scelta, che deve restare ben individuato, ed il proprio assistito, così
come deve essere mantenuta l’attuale capillarità di diffusione degli studi sul territorio.
Premessa alla costituzione delle AFT deve essere il superamento degli attuali tetti previsti per l’incentivazione alla creazione di forme associative a sede unica, medicine di gruppo, che devono rimanere attive
anche nella prospettiva di una organizzazione avanzata.
Il nuovo sistema organizzativo deve essere pensato in particolare per la sua capacità di dare risposta ai
bisogni di salute creati dalla complessità e fragilità correlate agli assistiti anziani e ai portatori di patologie
croniche e alla fase terminale della vita. La collaborazione di medici di assistenza primaria, di continuità
assistenziale, che possono diventare progressivamente una unica figura a quota in parte oraria e in parte capitaria, con Pediatri di Libera scelta, emergenza -118 e specialisti ambulatoriali del territorio (con
relativa diagnostica di primo livello), è indispensabile per la prevenzione e gestione delle patologie a più
alto impatto sulla popolazione (diabete, BPCO, patologie connesse al rischio cardiovascolare, patologie
dell’invecchiamento) la cui gestione sul territorio può incidere nel diminuire il carico sull’ospedale e agevolare il rientro al domicilio dopo le riacutizzazioni.
Nel documento proposto non si fa cenno al fatto che in Piemonte sono già attive modalità organizzative
avanzate degli operatori territoriali (MMG, CA, PLS, con il possibile coinvolgimento della specialistica ambulatoriale) che sono le equipe di assistenza territoriale la cui trasformazione in strutture funzionalmente
attive dovrebbe essere molto più agevole rispetto ad altre Regioni. Anche dal punto di vista della gestione di patologie croniche, nella nostra regione è attiva la Gestione Integrata del Diabete che rappresenta
un modello esportabile per altre regioni e per altre patologie e che ha dato risultati lusinghieri.
Anche l’ADI che è riconosciuta come sottoutilizzata nella nostra Regione, è nata proprio in Piemonte circa 25 anni fa, ma con il tempo è stata oggetto di una involuzione a macchia di leopardo, per cui in molte
aree viene ridimensionata probabilmente a causa di tagli strutturali che dovrebbero invece risparmiarla
per la sua straordinaria capacità di ridurre il ricorso alle cure ospedaliere.
Una linea guida ampiamente condivisa e fatta propria dall’OMS prevede che il 70% dei malati di tumore, nelle ultime fasi della vita, potrebbero giovarsi di cure palliative prestate a domicilio e morire a casa
propria.
L’obiettivo generale del progetto dovrebbe essere di miglioramento continuo del Servizio di assistenza
domiciliare integrata nella Regione.
Nel dettaglio, gli obiettivi specifici da perseguire sono:
1. la promozione in ogni Distretto dell’assunzione in ADI dei malati terminali;
2. la formazione dei Medici di Assistenza Primaria e del personale di assistenza sui temi delle
cure domiciliari, ovverosia le cure palliative, la valutazione multidimensionale, l’approccio per
obiettivi di salute, la pianificazione degli interventi, l’educazione del malato e della famiglia;
u
10
LUGLIO 2015
LUGLIO 2015
11
prima pagina
Tribuna
3. la definizione con i Medici di Assistenza Primaria di linee guida per il trattamento a
domicilio dei principali problemi di questi
utenti, dalla terapia del dolore alla gestione corretta dei principali sintomi collaterali
dei pazienti oncologici in fase terminale.
Per contro non sono più procrastinabili interventi che mirino a sollevare il territorio dagli
oneri connessi con la richiesta di prestazioni
indotte dall’ospedale. Il costringere gli assistiti
a peregrinare tra ospedale e territorio per ottenere la ricetta autorizzante la prestazione richiesta dallo specialista ospedaliero nell’ambito
del percorso diagnostico o terapeutico impostato, porta da un lato a complicare gli iter per
il cittadino e dall’altro crea anche confusione
nella attribuzione dei capitoli di spesa al reale
prescrittore.
A proposito della ristrutturazione e riorganizzazione del ruolo e dimensionamento del Distretto Socio-sanitario e delle strutture amministrative, argomento che occupa molto spazio nel
documento Regionale in bozza, vogliamo sottolineare il rischio che tale operazione rischi di
trasformarsi in un intervento a carattere esclusivamente cosmetico qualora non siano chiariti
preventivamente gli obiettivi e le ricadute previste sulla salute dei cittadini così come abbiamo
cercato di fare in questo nostro documento.
Ci corre l’obbligo di segnalare un pericolo
laddove nella bozza regionale si fa cenno alla
creazione di una centrale di ricevimento delle
chiamate “l’inizio del processo di ristrutturazione immediatamente attuabile passa anche attraverso la centralizzazione h 24 delle chiamate
non urgenti per le cure primarie…”
Questa idea va ben spiegata perché se si volesse sostituire l’attuale contatto telefonico
diretto con il medico curante con una centrale di risposta telefonica da parte di personale
ancorchè addestrato, si perderebbe tutto quel
patrimonio di conoscenza diretta dell’assistito
e dei suoi problemi che permette al curante di
gestire in modo congruo le richieste di aiuto sanitario provenienti dagli assistiti stessi. ¢
ORDINE DEI MEDICI ED ODONTOIATRI ORDINE DEI MEDICI ED ODONTOIATRI DI TORINO DI TORINO ORDINE DEI MEDICI ED ODONTOIATRI DI TORINO
Sabato 16 maggio 2015 ore 10‐13 Sabato 16 maggio 2015 ore 10‐13 MEDICI ed ODONTOIATRI INCONTRANO MEDICI ed ODONTOIATRI INCONTRANO L’ASSESSORE SAITTA E IL DIRETTORE MOIRANO Sabato 16 maggio 2015 ore 10‐13 L’ASSESSORE SAITTA E IL DIRETTORE MOIRANO Villa Raby, corso Francia 8 – Torino MEDICI ed ODONTOIATRI INCONTRANO Villa Raby, corso Francia 8 – Torino L’ASSESSORE SAITTA E IL DIRETTORE MOIRANO Da sin. D.ssa Rosella Zerbi
Segretaria dell’Ordine,
Dott. Gianluigi D’agostino
Presidente CAO-Torino,
Assessore Antonio Saitta,
Dott. Fulvio Moirano
Direttore generale
Sanità del Piemonte,
Dott. Guido Giustetto
Presidente OMCeO
di Torino, Dott.
Guido Regis Vice
Presidente OMCeO
di Torino
Saluti e Introduzione Presidente OMCeO Torino Villa Raby, corso Francia 8 – Torino Ore 10 Saluti e Introduzione Ore 10.15 Ore 10 Ore 10.15 Presidente CAO Torino Il punto di vista dell’Omceo sulla OMCeO Torino riorganizzazione della rete ospedaliera Saluti e Introduzione Presidente OMCeO Torino Il punto di vista dell’Omceo sulla OMCeO Torino riorganizzazione della rete ospedaliera Presidente CAO Torino OMCeO Torino Il punto di vista dell’Omceo sulla riorganizzazione della rete territoriale Il punto di vista dell’Omceo sulla OMCeO Torino Il punto di vista dell’Omceo sulla OMCeO Torino riorganizzazione della rete ospedaliera riorganizzazione della rete territoriale Dr F. MOIRANO Intervento preordinato Direttore Direzione Sanità Il punto di vista dell’Omceo sulla OMCeO Torino Intervento preordinato Dr F. MOIRANO riorganizzazione della rete territoriale Direttore Direzione Sanità dr A. SAITTA Intervento preordinato Assessore Sanità Intervento preordinato Dr F. MOIRANO Intervento preordinato dr A. SAITTA Direttore Direzione Sanità Assessore Sanità Dibattito con domande dalla platea all’Assessore e al Direttore Sanità Intervento preordinato dr A. SAITTA Dibattito con domande dalla platea all’Assessore e al Direttore Sanità Conclusioni Assessore Sanità e Assessore Sanità Presidente OMCeO Torino Conclusioni Assessore Sanità e Dibattito con domande dalla platea all’Assessore e al Direttore Sanità Presidente OMCeO Torino Conclusioni Assessore Sanità e LUGLIO 2015
Presidente OMCeO Torino Ore 10.25 Ore 10.15 Ore 10.25 Ore 10. 35 Ore 10.25 Ore 10. 35 Ore 10.50 12
Ore 10 Ore 10.50 Ore 10. 35 Ore 11,10 Ore 10.50 Ore 11,10 Ore 12.45 Ore 12.45 Ore 11,10 Ore 12.45 LUGLIO 2015
Presidente OMCeO Torino Presidente CAO Torino 13
prima pagina
Tribuna
ASSISTENZA TERRITORIALE:
RIFERIMENTI NORMATIVI
ASSISTENZA TERRITORIALE: RIFERIMENTI NORMATIVI
Nel Patto per la Salute 2014 – 2016, nel quale sono tra l’altro determinati il fabbisogno d
Sanitario Nazionale, i fabbisogni regionali – costi standard e Livelli Essenziali di Assiste
proposito dell’Assistenza territoriale nell’Art.5 comma 1 si dispone che “al fine di promu
modello multi professionale e interdisciplinare, le Regioni, nell’ambito della propria auto
decisionale e organizzativa, istituiscono le Unità Complesse di Cure Primarie (UCCP) e
Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) quali forme organizzative della medicina con
…, esse perseguono obiettivi di salute e di attività definiti dall’Azienda sanitaria e dal Di
secondo un modello-tipo
coerente
con nel
i contenuti
degli
e definito
dalle
Regioni al f
Nel Patto per la Salute
2014 - 2016,
quale sono tra
l’altroACN
determinati
il fabbisogno
del Servizio
Sanitario
Nazionale,
i
fabbisogni
regionali
–
costi
standard
e
Livelli
Essenziali
di
Assistenza,
a
propogarantire uniformità assistenziale”. Nel comma 3: “ogni AFT della medicina generale
ed
sito dell’Assistenza territoriale nell’Art.5 comma 1 si dispone che “al fine di promuovere un modello
pediatria è funzionalmente
ad leuna
UCCP.
Le AFT
dellaautonomia
medicina
generale,
che
multi professionale ecollegata
interdisciplinare,
Regioni,
nell’ambito
della propria
decisionale
e
organizzativa,
istituiscono
le Unità
di Cure
Primarie rappresentano
(UCCP) e le Aggregazioni
Funzionalidei prof
un bacino di utenza
riferito
a non
più Complesse
di 30.000
abitanti,
l’insieme
quali forme organizzative della medicina convenzionata …, esse perseguono obiettivi
che hanno in Territoriali
carico (AFT)
il cittadino
che esercita la scelta nei confronti del singolo medico”.
di salute e di attività definiti dall’Azienda sanitaria e dal Distretto, secondo un modello-tipo coerente
Nell’accordo Stato-Regioni del 25 Marzo 2009 è sancita l’importanza strategica per le cure territoriali
con i contenuti degli ACN e definito dalle Regioni al fine di garantire uniformità assistenziale”. Nel
dell’associazionismo tra i professionisti che operano nell’ambito dell’Assistenza Primaria in quanto
Nei
comma
4
e 5 dello
stesso
articolo
poi
definite
leècaratteristiche
delleadUCCP
che
comma
3: “ogni
AFT della
medicinasono
generale
e della
pediatria
funzionalmente collegata
una
“permette
di
attuare
una
assistenza
territoriale
integrata
attraverso
le
diverse
modalità
organizzative
Nell’accordo Stato-Regioni del 25 Marzo 2009 è sancita l’importanza strategica per le cure
UCCP.
Le
AFT
della
medicina
generale,
che
coprono
un
bacino
di
utenza
riferito
a
non
più
di
30.000
sono parte fondamentale ed essenziale del Distretto e permettono una relazione diretta tra
che rendono possibile lo scambio di informazioni cliniche e l’integrazione tra ospedale e territorio
territoriali
dell’associazionismo tra i professionisti che operano nell’ambito dell’Assistenza
abitanti, rappresentano l’insieme dei professionisti che hanno in carico il cittadino che esercita la
finalizzato allo sviluppo di percorsi diagnostici-terapeutici-assistenziali dedicati”.
l’assistenza territoriale
e gli altri nodi della rete assistenziale:
Primaria
in Collettivi
quanto Nazionali
“permette
attuareGenerale,
una assistenza
territoriale
integrata
scelta nei confronti del singolo medico”.
Negli Accordi
per ladiMedicina
della Pediatria
di Libera Scelta
e della attraverso le diverse
Nei comma 4 e 5 dello stesso articolo sono poi definite le caratteristiche delle UCCP che (comma 6)
Specialisticaorganizzative
Ambulatoriale, sono
poirendono
definite le Aggregazioni
Funzionali
Territoriali
(AFT) come teamcliniche e l’integrazione
modalità
che
possibile lo
scambio
di informazioni
sono parte fondamentale ed essenziale del Distretto e permettono una relazione diretta tra l’assistenmonoprofessionali che di fatto superano le associazioni semplici e in rete previste dai precedenti actra
ospedale
e
territorio
finalizzato
allo
sviluppo
di
percorsi
diagnostici-terapeutici-assistenziali
za territoriale e gli altri nodi della rete assistenziale:
cordi (ad esempio art.54 ACN 2005 per la MG). Le AFT integrano la propria attività con quella di altri
dedicati”.
professionisti convenzionati nel territorio, di altre professioni e dell’ospedale, nell’ambito di organizzazioniAccordi
multi professionali
“UnitàNazionali
Complesse diper
Curela
Primarie
(UCCP).Generale, della Pediatria di Libera Scelta e della
Negli
Collettivi
Medicina
L’obbligatorietà
delle
aggregazioni,
in
particolare
l’obbligo
per
e medici convenzionati
Specialistica Ambulatoriale, sono poi definite le Regioni
Aggregazioni
Funzionalidi Territoriali (AFT) come
realizzare le AFT, già inserite nelle norme convenzionali, è stata poi sancita dalla Legge 8 Novembre
team
checondimodificazioni,
fatto superano
le associazioni
semplici
e in rete previste dai
2012 monoprofessionali
n. 189 Conversione in Legge,
del Decreto
Legge 13 Settembre
2012, n.158,
recante disposizioni
urgenti
promuovere
lo sviluppo
del Paese
più alto
di tutela
precedenti
accordi
(adperesempio
art.54
ACN
2005mediante
per laun
MG).
Lelivello
AFT
integrano la propria attività
dellaquella
salute (cosiddetta
Balduzzi). In essa
viene ribadita l’esigenza
di mettere mano
con urgenza
con
di altri Legge
professionisti
convenzionati
nel territorio,
di altre
professioni e dell’ospedale,
al potenziamento dell’assistenza territoriale introducendo a tal fine una serie di novità nei principi
nell’ambito
di
organizzazioni
multi
professionali
“Unità
Complesse
di
Cure Primarie (UCCP).
che dovranno ispirare i prossimi accordi Collettivi Nazionali per la Medicina del Territorio. Nell’Art.
L’obbligatorietà
dellel’art.
aggregazioni,
in particolare
l’obbligo
e medici convenzionati di
1 di tale Legge si modifica
8 della Legge 502/92
con il riconoscimento
delleper
AFT Regioni
e delle UCCP,
con
l’introduzione
del
ruolo
unico
per
la
Medicina
Generale
rivolto,
quest’ultimo,
ad
un
progressivo
realizzare le AFT, già inserite nelle norme convenzionali, è stata poi sancita dalla Legge 8
superamento della separazione tra Assistenza Primaria e Continuità Assistenziale e definire quindi una
Novembre
2012 n. 189 Conversione in Legge, con modificazioni, del Decreto Legge 13 Settembre
unica figura di Medico di Medicina Generale, con il riconoscimento del ruolo degli specialisti ambula2012,
n.158, recante
disposizioni
urgenti
promuovere
sviluppo
del Paese mediante un più alto
toriali convenzionati
nell’ambito
dell’assistenza
primariaper
e della
specificità dellalo
pediatria
di famiglia.
livello di tutela della salute (cosiddetta Legge Balduzzi). In essa viene ribadita l’esigenza di mettere
mano con urgenza al potenziamento dell’assistenza territoriale introducendo a tal fine una serie di
novità nei principi che dovranno ispirare i prossimi accordi Collettivi Nazionali per la Medicina del
Territorio. Nell’Art. 1 di tale Legge si modifica l’art. 8 della Legge 502/92 con il riconoscimento
delle AFT e delle UCCP, con l’introduzione del ruolo unico per la Medicina Generale rivolto,
quest’ultimo, ad un progressivo superamento della separazione tra Assistenza Primaria e Continuità
Assistenziale e definire quindi una unica figura di Medico di Medicina Generale, con il
riconoscimento del ruolo degli specialisti ambulatoriali convenzionati nell’ambito dell’assistenza
primaria e della specificità della pediatria di famiglia.
14
LUGLIO
2015
Nel Patto
per la Salute 2014 – 2016, nel quale sono tra l’altro determinati il fabbisogno del Servizio
Sanitario Nazionale, i fabbisogni regionali – costi standard e Livelli Essenziali di Assistenza, a
LUGLIO 2015
15
Focus
CONFLITTI
DI INTERESSE
Il Focus che pubblichiamo su questo numero è dedicato ad un problema di cui si discute ormai da decenni in
molte Nazioni del mondo: il conflitto di interesse in medicina (CdI).
Nel nostro Paese i contributi a questa discussione non sono stati molti e i passi avanti per trovare una
soluzione al problema non sono così evidenti.
Tra esiguità delle risorse dedicate alla ricerca in campo sanitario da parte dello Stato e la necessità di fare
profitto da parte delle aziende, i sanitari, che con esse collaborano a vario titolo, sono spesso portati ad essere
“grati” a chi comunque di fatto permette lo sviluppo delle conoscenze in campo diagnostico e terapeutico.
Spesso, anche inconsapevolmente, formulano giudizi e interpretazioni di dati “più favorevoli” del dovuto ai
prodotti studiati e finanziati dall’industria.
Come si dice nell’articolo di approfondimento, a cura di Il Pensiero Scientifico, che cita il commento di Marco
Bobbio ad una definizione del NEJM di oltre 20 anni fa: “Il conflitto di interessi è una condizione, non un
comportamento”.
È evidente che come tale prescinde dall’onestà e buona volontà di chi partecipa a ricerche e studi.
Al nostro Ordine non poteva sfuggire da un lato la delicatezza del problema e dall’altro la necessità di
prendere una posizione iniziale per suscitare, si spera, un profondo dibattito sull’argomento.
In Italia si tende a non parlare di situazioni scottanti fino a quando, purtroppo, non divengono oggetto di
attenzione della Magistratura.
L’Ordine con questa iniziativa editoriale vuole dare un contributo concreto alla discussione per giungere
a proporre una soluzione che resti nell’ambito della professione, guidata nel proprio operare dal Codice
Deontologico.
RTM
Mario Nejrotti
CONFLITTI DI
INTERESSE E
BISOGNI DI SALUTE
Nell’interessante approfondimento, che inaugura la collaborazione di Torino Medica con Il Pensiero Scientifico Editore, a firma di Luca De Fiore, Associazione Alessandro Liberati - Network
Italiano Cochrane, sul problema e la storia dei
Conflitti di Interesse in medicina (CdI), l’Autore
esamina il problema da numerosi punti di vista:
dall’editoria alla ricerca.
Si discute su quanto l’industria farmaceutica e
dei dispositivi diagnostico terapeutici fa per aumentare il proprio profitto.
Ma che risvolto concreto può avere sulla pratica
clinica e sull’opinione pubblica la pianificazione
della collaborazione industriale con clinici e accademici, che fungono da testimonial, a puro
scopo commerciale?
L’industria investe esclusivamente per un profitto
che tende a non avere limiti.
16
LUGLIO 2015
I sanitari, invece, per loro dovere, debbono scegliere le strade migliori per il paziente nella diagnosi, terapia, informazione e vendita di prodotti al dettaglio.
Le strategie industriali coinvolgono ormai diffusamente i cittadini nelle loro campagne di commercializzazione. Questo accade sia dal punto
di vista terapeutico, sia da quello diagnostico
per le patologie più diffuse come ipercolesterolemia, diabete, disturbi urologici ed erettili nel
maschio, disturbi dispeptici, ipertensione arteriosa, patologie osteoarticolari, disturbi cognitivi
nell’anziano.
Tale coinvolgimento crea un’ulteriore pressione
sui terapeuti, già sottoposti ad un continuo “imbonimento” dai collaboratori scientifici e dalle
campagne di informazione di settore.
I messaggi pubblicitari “generalisti” sono per la
quasi totalità esagerati e mirati a stupire il profano per la “potenza” e la “velocità di azione”
del prodotto o per la sua capacità diagnostica.
Citiamo un esempio per tutti: lo spot della bella, giovane signora che al bar beve nell’acqua
calda, che fuma come una pozione, il sintoma-
I messaggi
pubblicitari
“generalisti”
sono per la quasi
totalità esagerati
e mirati a stupire
il profano per
la “potenza”
e la “velocità
di azione” del
prodotto o per
la sua capacità
diagnostica.
tico contro l’influenza e poi illuminandosi in viso
dice: “E adesso cinema!”, suggerendo un effetto magico del farmaco.
Il cittadino deve essere affascinato dal rimedio
offerto, poi rassicurato e infine stimolato ad affidarvisi acriticamente.
Negli spot l’esposizione dei rischi delle terapie viene sempre affidata ad una voce fuori campo che
elenca velocemente gli effetti negativi, “potenzialmente anche gravi”, del prodotto pubblicizzato.
La divulgazione scientifica “pilotata”, che ormai ha una diffusione incontrollabile attraverso
i media tradizionali, ma soprattutto attraverso la
rete, ha un impatto enorme sul giudizio e l’emotività dei singoli. Queste campagne mascherate
si trasformano rapidamente in “vox populi” con
la pericolosa, ma purtroppo ancora attuale, trasformazione in acritica “vox Dei” che ne attesta
la veridicità.
Esse sono in grado di far nascere bisogni di salute
falsi e aspettative irrealizzabili, che influenzano
prima le decisioni dei singoli sanitari e poi le stesse scelte politiche.
Quando stimati e conosciuti professionisti dibattono in pubblico o sulle riviste più quotate i risultati di studi e ricerche, ma volutamente mettono
l’accento sui lati positivi, trascurando quelli negativi o falsando in qualunque modo la realtà per
interesse personale, innescano un meccanismo a
catena che coinvolgerà tutti i sanitari e soprattutto i cittadini con profonde modificazioni nella
cultura della salute.
Il clinico, quando a questo flusso di informazione,
spesso non completamente falsa, ma falsata, partecipano testate autorevoli e istituzioni importanti, si sente costretto a mutare le proprie opinioni
diagnostiche e prescrittive per non restare isolato
e non sembrare agli occhi del cittadino un “sorpassato ignorante”.
Senza sposare il partito dei “farma-criticoni”, citati nell’articolo che segue, occorre fare una rifles-
sione sugli effetti sociali ed economici negativi di
tale situazione, con spreco di risorse e potenziali
rischi individuali per la continua espansione della platea dei malati e la strumentale necessità di
medicalizzarli.
La colpa di chi indulge per interesse industriale o
personale ad affermazioni artefatte o addirittura
false è grave e dovrebbe essere stigmatizzata ed
esposta ad una critica sociale diffusa.
Altra cosa è avere da parte di sanitari collaborazioni limpide e dichiarate con industrie farmaceutiche o di dispositivi.
Certamente è obiettivamente difficile porre confini precisi e facilmente controllabili ai diversi tipi
di collaborazione, ma, in mancanza di strategie
di più largo respiro, quella della trasparenza sembra essere la strada più percorribile.
Fino a quando, infatti, i governi non smetteranno di abdicare alle proprie responsabilità istituzionali e saranno in grado di trattare la ricerca, in
particolare, e la salute, più in generale, come un
investimento e non come una spesa, le stragrande maggioranza delle risorse stanziate per questi
ambiti saranno di origine privata e le spese per la
salute continueranno a crescere.
Timidi tentativi di razionalizzare la spesa sono
stati messi in atto in questi ultimi anni dai sistemi
sanitari europei.
Essi principalmente tendono a controllare e colpire l’ultimo proscrittore. Ma spesso quei farmaci
e quei dispositivi diagnostico terapeutici contestati a valle, hanno ottenuto a monte l’assenso
dei sistemi di controllo nazionali e internazionali
per l’immissione in commercio.
Quindi, senza una profonda svolta culturale,
l’impossibile concordanza tra profitto e bene comune in sanità continuerà a rendere il CdI una
realtà concreta e limitante, solo mitigata da episodi isolati di lungimiranza industriale o dall’onestà professionale degli operatori in contatto
quotidiano con i cittadini.
LUGLIO 2015
17
Focus
Luca De Fiore
Associazione
Alessandro
Liberati Network Italiano
Cochrane
CONFLITTI
DI INTERESSI:
E SE FACESSIMO
FINTA CHE NON
ESISTONO?
L’annuncio del Governo Renzi ha colto tutti di
sorpresa: “Il prossimo, sarà il mese del conflitto
di interessi”. Da tempo, infatti, dell’argomento si
parlava molto poco: era stato messo tra parentesi, come qualcosa di tanto ingombrante quanto
complesso da affrontare e, auspicabilmente, da
risolvere. Il suo ritorno sulle scene della politica italiana ha coinciso con la riaccensione del confronto
sullo stesso tema nell’ambito clinico e politico-sanitario. Una coincidenza, sicuramente, ma il merito - o la responsabilità: dipende dai punti di vista
- è del New England Journal of Medicine (NEJM): il
settimanale biomedico con impact factor più elevato. Forse anche per questa ragione, i tre articoli
che la rivista di Boston ha dedicato all’argomento
sembrano aver lasciato il segno.
Riportiamo la definizione del CdI pubblicata in un
articolo di oltre 201 anni fa proprio sul NEJM2 e
in un libro che, qui in Italia, ha rappresentato un
contributo fondamentale alla discussione. Ecco
dunque cos’è il conflitto di interessi, nella traduzione dell’autore Marco Bobbio: “In termini generali, possiamo dire che si verifica un conflitto
di interessi «quando ci si trova in una condizione
nella quale il giudizio professionale, riguardante
un interesse primario (la salute di un paziente o la
veridicità dei risultati di una ricerca o l’oggettività
della presentazione di un’informazione), tende a
essere indebitamente influenzato da un interesse
secondario (guadagno economico, vantaggio personale)». Questa definizione ribadisce il concetto
che il conflitto di interessi è una condizione, non
un comportamento”.
Al termine di un decennio di intenso dibattito,
l’Institute of Medicine statunitense pubblicò un
ampio documento che intendeva fornire delle
linee-guida per tutti gli stakeholder del sistema
sanitario. L’obiettivo del report era contrastare i
conflitti di interesse, che rappresentavano “una
minaccia per l’integrità della ricerca scientifica, per
l’obiettività della formazione professionale, per la
qualità dell’assistenza sanitaria e per la fiducia del
pubblico nella medicina”.3
Prima sorpresa: la rivista della Massachusetts Medical Society non ha affidato il compito di trattare
l’argomento ad una forma di peso o ad un collaboratore esperto o particolarmente autorevole:
piuttosto, a Lisa Rosenbaum, giovane cardiologa
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di Harvard, presentata però con la semplice qualifica di “national correspondent of the Journal”.
Considerato l’argomento in questione, in molti
saranno andati a guardare i conflitti di interesse
da lei dichiarati nell’apposito spazio che il sito del
NEJM mette a disposizione degli autori per rendere nota la disclosure. Ma molto più di questa dichiarazione vale la frase inserita dalla Rosenbaum
a conclusione del terzo dei suoi contributi:4 “Recentemente - scrive - per la prima volta mi è stato
chiesto di fare una consulenza per un’azienda.
Il mio primo pensiero è stato: Affascinante! Ma
subito dopo ho pensato: Non c’è modo. Avrei
dovuto dichiarare la collaborazione, la mia credibilità avrebbe sofferto e non avrei avuto modo di
difendermi”.
IL LAVORO DI LISA ROSENBAUM
PER LA RIVISTA NEJM
La specialità clinica più familiare alla Rosenbaum
traspare da gran parte degli esempi di cui si avvale a supporto della propria tesi. Il primo, con cui
prende l’avvio l’articolo di apertura della serie5,
riguarda le linee-guida sul controllo dell’ipercolesterolemia uscite nel 2013 che ampliavano in misura rilevante la popolazione eleggibile a terapia
con statine per ridurre il rischio cardiovascolare.
A giudizio di Rosenbaum, le raccomandazioni intendevano soprattutto “avviare una discussione
sulle statine, piuttosto che obbligare a trattare”
i pazienti con un medicinale di quella classe. Nonostante queste buone intenzioni, le linee-guida
sono state accolte con scetticismo perché 7 dei
15 componenti del comitato che le aveva preparate avevano relazioni con aziende che commercializzavano statine. Si trattava “per lo più di
supporto per la ricerca o di compensi per consulenze”, precisa la Rosenbaum, e “non sembra
ragionevole concludere che le raccomandazioni
fossero motivate dal desiderio di avere un vantaggio economico”.
Un altro esempio citato da Rosenbaum è indicativo dell’obiettivo di scuotere l’emotività del
medico - forse prima ancora che la sua coscienza
- e dell’intenzione di rivolgersi anche all’opinione
pubblica inevitabilmente raggiunta dai mass media che avessero ripreso il confronto aperto dal
settimanale. “Immagina che tua madre ottantacinquenne - col desiderio di diventare centenaria soffra di stenosi aortica. A rischio per l’intervento
di chirurgia tradizionale, sarebbe la candidata ideale per la TAVI (Transcatheter Aortic Valve Implantation ndr). Ricoverata in scompenso cardiaco in
unità coronarica, tua mamma trova due specialisti: uno fa ricerca sulla patologia valvolare grazie
ad un grant di un’azienda produttrice di device,
l’altro è un opinion leader che si è più volte espresso a sfavore di un’assistenza eccessivamente aggressiva nel fine vita, sottolineando come i finanziamenti industriali ai medici contribuiscano allo spreco
di risorse e all’aumento della spesa sanitaria. (…) Quale dei due medici sceglieresti per tua madre?”6
Terzo esempio, utile a delineare il quadro: un salto all’indietro ci porta nel 1999, anno in cui fu pubblicato uno studio sul ruolo dei conflitti di interesse nel dibattito sull’utilità dei calcio-antagonisti nella
terapia dell’ipertensione. Allora, gli opinion leader si espressero con tanta maggiore probabilità a favore dell’uso di questi farmaci quanto più saldi erano i loro legami con le industrie. Fin qui, ammette
Rosenbaum, è cosa nota. Raramente però si fa menzione di quello che l’autrice è convinta sia un punto
fondamentale: “i medici favorevoli al ricorso ai calcio-antagonisti avevano ragione”.
Siamo ad un passaggio chiave dell’argomentazione dei tre articoli del NEJM: gli interessi economici dei
medici che hanno relazioni con l’industria farmaceutica o elettromedicale non sono in conflitto con gli
interessi dei pazienti. A farla breve, il conflitto di interessi non fa male a nessuno.
LE REGOLE DELL’AIFA
Nel 2012 L’Agenzia italiana del farmaco si è dotata di un proprio Regolamento per la disciplina dei conflitti d’interesse in linea con gli orientamenti europei e internazionali per
assicurare che l’integrità delle valutazioni scientifiche dei medicinali non sia compromessa
da interessi privati nel settore farmaceutico. Il Regolamento è stato aggiornato il 15 maggio
scorso con norme più stringenti sui possibili conflitti attribuiti ai componenti degli organi
decisionali e di controllo.
Come ha dichiarato il direttore generale Luca Pani il nuovo regolamento “assicura il raggiungimento di un equilibrio virtuoso tra l’esigenza di garantire l’assoluta imparzialità di
tutti coloro che lavorano o collaborano con l’Agenzia e quella di impiegare le migliori
competenze disponibili nella valutazione scientifica”.
Come delineato in una nota dall’Agenzia l’aggiornamento riguarda nello specifico gli “interessi diretti dichiarati” che occupano la posizione più alta (livello 3) nella scala di rischio
individuata dall’AIFA dopo gli “interessi indiretti dichiarati” (livello 2) e “nessun interesse
dichiarato” (livello 1), attribuiti in seguito alla valutazione delle dichiarazioni di interessi
presentate con cadenza annuale.
La nuova versione del Regolamento introduce tre diverse categorie all’interno degli “interessi diretti dichiarati”. La prima riguarda coloro che hanno avuto un ruolo da leader in un
precedente impiego nell’industria farmaceutica: per queste persone vige il divieto illimitato
di partecipare alle attività dell’AIFA su tutti i farmaci commercializzati dall’azienda in questione o su un prodotto specifico. La seconda comprende soggetti che hanno dichiarato
di avere conflitti di interessi finanziari o familiari o di aver ricevuto fondi o sovvenzioni
da un’azienda: in questo caso gli interessi decadono dopo 3 anni, periodo al termine del
quale è possibile essere coinvolti nell’attività dell’Agenzia. La terza e ultima categoria racchiude interessi dichiarati che non rientrino nelle due fattispecie precedenti: il livello di
coinvolgimento deve essere valutato caso per caso a seconda del ruolo del dichiarante.
Beninteso, i problemi esistono e - sebbene in modo molto sintetico - anche questi contributi offrono
alcuni esempi memorabili: dal caso Vioxx (il farmaco antidolorifico i cui pesanti effetti indesiderati
sull’apparato cardiovascolare furono taciuti dalla Merck) alla vasta opera di corruzione messa in atto da
GSK a vantaggio dei medici cinesi. “Le interazioni tra medici e industria sono frequenti e diverse - scrive
Rosenbaum - e vanno dall’offerta del sandwich da 10 dollari al grant di ricerca da un milione”. Si tratta,
però, di casi di “industria corrotta” che interagisce con “medici corruttibili”. Episodi isolati, insomma,
che influenzano in modo eccessivo l’opinione pubblica. È necessario lasciare da parte l’indignazione
per discutere come gestire al meglio le interazioni per aiutare il progresso dell’assistenza al paziente:
questo è, infatti, l’obiettivo comune che unisce i professionisti sanitari e le aziende. Comunanza di
vedute che è stata del tutto trascurata da un approccio che per diversi anni ha gridato alla corruzione
anche quando si trattava, invece, di lecita collaborazione.
Il primo dei farma-criticoni (pharmascolds), ricorda Lisa Rosenbaum, fu proprio un grande direttore del
NEJM, Arnold Relman, che nel 1980 esortò i medici a “non aver alcun conflitto di interesse economico
e relazioni di denaro con l’industria, per poter rappresentare onestamente le aspettative dei pazienti”.
Si trattava di un approccio basato sui principi etici, che prescindeva da qualsiasi valutazione sull’entità
della posta in gioco. Dieci dollari, in altre parole, contavano quanto diecimila. Nel 1984, Relman introdusse regole precise per la gestione dei conflitti di interesse, per la prima volta nella storia dell’editoria
scientifica. Nei decenni successivi, nota Rosenbaum, si sono susseguite analisi e approfondimenti di
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ogni tipo. È indicativo che, quanto fugacemente
e criticamente citati, due libri fondamentali come
On the take7 e Bad pharma8 non siano neanche riportati in bibliografia: trattati alla stregua di pamphlet polemici, senza una parola sugli autori: Jerome P. Kassirer e Ben Goldacre. Il primo anche lui
già direttore del NEJM e il secondo medico inglese
conosciuto in tutto il mondo scientifico per il suo
impegno per la trasparenza e l’integrità in sanità.
Non un cenno neanche a Marcia Angell, anche lei
in passato editor-in-chief del NEJM e autrice di un
altro testo fondamentale sul conflitto di interessi,
The truth about the drug companies.9
Ricostruire alcuni passaggi della storia del NEJM
può aiutare a comporre un quadro più esauriente.
Era la fine di luglio del 1999 quando il New York
Times commentava le dimissioni forzate di Kassirer dalla direzione del NEJM. Aveva assunto il ruolo di editor-in-chief dopo Relman e la sua storia
professionale parlava chiaro: clinico medico alla
Tufts University School of Medicine e docente a
Yale, era l’alfiere del cosiddetto clinical reasoning,
approccio al quale aveva dedicato un libro di grande valore.10 Il suo allontanamento dal NEJM era
dovuto alla sua contrarietà nei confronti della decisione della Massachusetts Medical Society - proprietaria della rivista - di associare il marchio del
settimanale ad una serie di prodotti editoriali non
collegati con l’attività del settimanale. L’opposizione a questa sorta di merchandising era dovuta al
semplice desiderio di difendere la “reputazione”
del giornale. Kassirer si opponeva anche alla decisione di trasferire la direzione della rivista dalla
Countway Library di Harvard alla sede impersonale della Society, a Waltham, ad una ventina di
chilometri ad ovest della baia di Boston. L’intransigenza del direttore licenziato aveva certamente
a che fare con la sua determinazione a difendere
il progetto culturale da qualsiasi potenziale conflitto di interesse.
On the take, il libro scritto da Kassirer e uscito nel
2005, è interamente dedicato al conflitto di interessi. Difficile non notare come sia stato pubblicato
da una casa editrice britannica (sebbene dalla sede
di New York) e no-profit, come la Oxford University press. Lo sguardo di Kassirer è severo: “Iniziai a
percepire l’entità del coinvolgimento degli accademici con l’industria - scrive nel libro - durante la mia
direzione del NEJM. A quel tempo, la nostra politica editoriale permetteva di scrivere delle rassegne
e degli editoriali solo ai medici liberi da conflitti di
interessi con aziende i cui prodotti (o quelli della
concorrenza) fossero citati nell’articolo. (…) Trovare autori senza conflitti sembrava diventare via via
più difficile nel corso degli anni Novanta. (…) Il mio
successore, Jeffrey Drazen, cambiò le regole nel
2002. Era radicalmente in disaccordo con la policy
precedente, e per giustificare il cambiamento spiegò che era diventato ormai estremamente difficile
trovare autori liberi da condizionamenti”.
REGOLE SENZA LIMITI
Il dibattito sul conflitto di interessi nel medical publishing si è riacceso anche dentro i confini italiani in risposta alle politiche sempre più restrittive in attesa all’International Society
of Drug Bulletins (ISDB), la rete mondiale dei bollettini e dei riviste di informazione su
farmaci e terapie.
Mentre stiamo chiudendo questo numero di Torino Medica in Redazione, sappiamo che
nella prossima assemblea (27-30 giugno pv), l’ISDB porterà al voto tre nuovi emendamenti
per dimostrare e garantire la totale indipendenza dei propri membri dall’industria farmaceutica, tanto dal punto di vista economico quanto intellettuale. Le regole in discussione
dettano che tutti gli autori esterni della rivista debbano essere liberi da qualsiasi conflitto di
interessi e danno tempo tre anni alle riviste che fanno capo all’ISDB per allinearsi ai nuovi
requisiti, pena l’espulsione.
Maurizio Bonati, direttore di Ricerca & Pratica che è stata tra i fondatori dell’ISDB, considera questa posizione un arretramento culturale, giudicandola eccessivamente rigida e
restrittiva. “Il recepimento costituirebbe inoltre non solo un limite alla discussione, ma
una scarsa fiducia nel lavoro editoriale di un gruppo collaborativo, basato sui principi di
indipendenza, trasparenza ed eticità e, da ultimo, poca considerazione della criticità del
lettore.”
Giampaolo Velo, Mauro Venegoni e Pietro Dri della rivista Focus Farmacovigilanza (membro dell’ISDB) commentano che l’unico modo per ovviare al problema del conflitto di
interessi “non sia fingere di risolvere il problema creandosi uno schermo di solo apparente
verginità ma è all’opposto portare alla luce i conflitti stessi. Atteggiamento peraltro che è
assunto da tutte le più importanti riviste scientifiche internazionali le quali non vietano
certo ai ricercatori con conflitti d’interesse di pubblicare i loro lavori sulle loro testate, ma
impongono che essi siano resi trasparenti”. Invece di “castigare” le riviste e restringerne i
gradi di libertà con paletti sempre più stretti, andrebbero promosse altre politiche editoriali
che sensibilizzano i lettori sul tema dei conflitti di interessi rendendo palesi i conflitti stessi.
Tra Kassirer e Drazen, in attesa della decisione definitiva in merito a chi dovesse assumere la direzione
della rivista, la Massachusetts Medical Society affidò il settimanale “ad interim” a Marcia Angell, già
nello staff della rivista. Fu la prima (e ultima, ad oggi) donna a ricoprire l’incarico di editor-in-chief del
NEJM. “Sono stata testimone diretta dell’influenza dell’industria sulla ricerca medica nei due decenni
che ho lavorato al NEJM - ha scritto nel suo libro.
TIMELINE SUL CONFLITTO D’INTERESSI (CDI)
On the take,
il libro scritto
da Kassirer e
uscito nel 2005,
è interamente
dedicato al
conflitto di
interessi.
1980
L’editoriale “Il nuovo intreccio medico-industriale” a firma del direttore del NEJM, Arnold
Relman, segna un evento fondamentale nella storia del CdI.
Bibliografia: Relman AS. The new medical-industrial complex. N Engl J Med 1980; 303: 963-70 Free
Full Text
1984
Il NEJM è la prima rivista biomedica che introduce la dichiarazione del CdI.
Bibliografia: Relman AS. Dealing with conflicts of interest. N Engl J Med 1984;310:1182-3
1993
Un articolo pubblicato sul NEJM definisce il CdI come una condizione e non come un
comportamento. Condizione che deve essere contrastata con delle regole.
Bibliografia: Dennis F. Thompson. Understanding Financial Conflicts of Interest. N Engl J Med 1993;
329:573-57
1999
Il direttore del NEJM, Jerome Kassirer, si interroga sui conflitti di interessi nascosti e sui
limiti della disclosure del conflitto. “La migliore soluzione per i conflitti di interesse è non
averne”. Nelle posizioni decisionali delle redazioni, dei comitati per le linee guida, delle
commissioni dell’FDA e società scientifiche, dovrebbero essere nominate persone libere da
legami finanziari con l’industria.
Bibliografia: Jerome Kassirer. Disclosure’s failing: what is the alternative? Acad Med 2009; 84: 1180-1
2000
La direttrice del NEJM, Marcia Angell, punta il dito contro il proliferare dei rapporti tra
industria e mondo accademico: “L’Accademia è in vendita?”
Bibliografia: Marcia Angell. Is Academic Medicine for Sale? New England Journal of Medicine v.342,
n.20, p.1516-1518 18may00
A ottobre la sezione italiana della Cochrane dedica il proprio convegno annuale ai CdI.
Farmindustria elabora un nuovo Codice Etico che regola i rapporti con i medici nel campo
dell’informazione e dell’aggiornamento del “farmaco”.
2004
The BMJ pubblica un numero monografico sulle relazioni tra industria e medicina: Richard
Smith definisce le protagoniste “uneasy bedfellows”.
Bibliografia: Richard Smith. Medical journals and pharmaceutical companies: uneasy bedfellows. BMJ
2003; 326: 1202
2004
Esce il libro di Marcia Angell “La verità sulle case farmaceutiche”.
Bibliografia: Marcia Angell, The truth about the drug companies. How they deceive us and what to do
about it, New York, Random House, 2004
2004
Il primo libro italiano sul CdI: “Giuro di esercitare la medicina in libertà e indipendenza”
di Marco Bobbio
Bibliografia: Marco Bobbio, Giuro di esercitare la medicina in libertà e indipendenza. Torino: Einaudi,
2004
2005
I rapporti tra industria e medicina in un libro di Jerome P. Kassirer, ex-direttore del NEJM
Bibliografia: Jerome P. Kassirer. On the take. How medicine’s complicity with big business can endanger your health, New York, Oxford University Press, 2005
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Focus
2006
Richard Smith (ex-direttore di The BMJ) pubblica il libro “The trouble with medical
journals”.
Bibliografia: Richard Smith. The trouble with medical journals. London: RCP Press, 2006.
2008
L’International Committee of Medical Journal Editors propone un modello “uniforme”
per la dichiarazione del CdI. Un CdI si verifica quando un autore, un revisore o un editor
possiede legami di natura personale oppure economica in grado di condizionare impropriamente le loro azioni.
Bibliografia. International Committee of Medical Journals Editors. Uniform Requirements for Manuscript Submitted to Biomedical Journals: Writing and Editing for Biomedical Publication. (Updated
October 2008) http://www.icmje.org
Drazen JM, Van der Weyden MB, Sahni P, et al. Uniform format for disclosure of competing interests
in ICMJE journals. N Engl J Med 2009;361:1896-7.
Drazen JM, de Leeuw PW, Laine C, et al. Toward more uniform conflict disclosures - the updated
ICMJE conflict of interest reporting form. N Engl J Med 2010; 363:188-9.
2008
Viene coniato il nuovo lemma “pharmascolds” per definire le critiche alla relazioni tra
l’industria farmaceutica e la ricerca accademica.
Bibliografia: Shaywitz D, Stossel T. Attack of the Pharmascolds. The self-righteous foes of industry-funded medical research. The weekly Standard 2008; 13: 33 http://www.weeklystandard.com/Content/
Public/Articles/000/000/015/062rllwe.asp
(…) Ho visto aziende esercitare un livello di controllo sulle modalità con cui la ricerca era condotta impensabile ai tempi del mio ingresso al giornale, e l’obiettivo era chiaramente quello di avere la certezza
che i propri medicinali uscissero bene dagli studi condotti e pubblicati.”Anche il libro della Angell prima
citato9 è quasi interamente centrato sui conflitti di interesse ed è difficilmente spiegabile la ragione per
la quale sia stato trascurato dai tre articoli di approfondimento preparati dalla Rosenbaum.
CODICE DI DEONTOLOGIA MEDICA 2014
ART. 30 CONFLITTO DI INTERESSI
Il medico evita qualsiasi condizione di conflitto di interessi nella quale il comportamento
professionale risulti subordinato a indebiti vantaggi economici o di altra natura.
Il medico dichiara le condizioni di conflitto di interessi riguardanti aspetti economici e di
altra natura che possono manifestarsi nella ricerca scientifica, nella formazione e nell’aggiornamento professionale, nella prescrizione diagnostico-terapeutica, nella divulgazione
scientifica, nei rapporti individuali e di gruppo con industrie, enti, organizzazioni e istituzioni, o con la Pubblica Amministrazione, attenendosi agli indirizzi applicativi allegati.
(Per gli indirizzi applicativi vedi:
http://www.fnomceo.it/fnomceo/Indirizzi+applicativi+allegati.html?t=a&id=116364)
2009
Le proposte dell’Institute of Medicine su come controllare i conflitti di interesse
Bibliografia: Institute of Medicine. Conflict of Interest in Medical Research, Education, and Practice.
2009. National Academies Press (US); 2009 http://www.nap.edu/catalog.php?record_id=12598
2011
In un editoriale Fiona Godlee, direttrice di The BMJ, prende una posizione netta contro il
CdI.
Bibliografia. Godlee F. Turning the tide on conflicts of interest. BMJ 2011; 343: d5147.
2012
L’Agenzia Europea dei Medicinali e a seguire l’Agenzia Italiana del Farmaco redigono il
primo regolamento sul CdI.
2014
The BMJ introduce una politica sui CdI più restrittiva: dal 2015 editoriali e articoli educazionali possono essere scritti solo da autori senza legami con l’industria.
Bibliografia. Chew M, Brizzell C, Abbasi K, Godlee F. Medical journals and industry ties. BMJ 2014;
349: g7197
2014
Su Twitter la campagna #pharmaban lanciata da Richard Smith sul conflitto d’interessi
nel mondo dell’editoria medico-scientifica.
2015
Il 13 gennaio nasce il Codice di Etica degli Annali dell’Istituto Superiore di Sanità: un capitolo è dedicato ai CdI.
Bibliografia. Petrini C, Ricciardi G. The “Code of Ethics of the Italian National Institute of Health”. Ann
Ist Super Sanità 2015; 51: 3-4.
A maggio il NEJM cambia posizione sul CdI: la corrispondente Lisa Rosenbaum puntualizza che non deve essere sottovalutata la relazione tra medicina e industria.
Bibliografia. Rosenbaum L. Beyond moral outrage-Weighing the trade-offs of COI regulation. N Eng J
Med 2015; 372: 2064-8.
Rosenbaum L. Reconnecting the dots-Reinterpreting industry-physician relations. N Eng J Med 2015;
372: 1860-4.
Rosenbaum L. Understanding bias-The case for careful study. N Eng J Med 2015; 372: 1959-63.
Drazen J. Revisiting the commercial-academic interface. N Eng J Med 2015; 372: 1853-4.
Sul BMJ Robert Steinbrook, Jerome P. Kassirer e Marcia Angell rispondono al NEJM che la
relazione tra medicina e industria può crescere senza condizionamenti di tipo economico.
Bibliografia. Steinbrook R, Kassirer JP, Angell M. Justifying conflicts of interest in medical journals: a
very bad idea. BMJ 2015; 350: h2942.
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Da quindici anni, la direzione del NEJM è dunque affidata a Drazen, pneumologo e già clinico al
Brigham and Women’s Hospital di Boston e docente a Harvard. In un Editoriale, Drazen ha presentato
i tre lavori della Rosenbaum, facendo pubblica ammenda della posizione tenuta dal giornale per molti
anni.11 “In nessuna area della medicina i sistemi di diagnostica e le terapie sono così soddisfacenti da
non farci desiderare di migliorarla e il loro progresso viene dalla collaborazione”. Tra medicina accademica e industria, ovviamente. “Può darsi che le terapie più efficaci siano adottate più lentamente
quando gli informatori scientifici del farmaco sono tenuti alla larga dai nostri luoghi di lavoro - spiega
Rosenbaum -. Può essere che si perdano opportunità per comprendere argomenti difficili dal momento
che agli esperti non è permesso di scriverne. Può darsi che terapie salvavita che solo la collaborazione
tra clinici e industria potrebbe far nascere non vedano la luce”. Poco da aggiungere: lo scenario dipinto
dalla Rosenbaum è apocalittico. Sembra di vedere i protagonisti del romanzo di Cormack McCarthy,
La strada, camminare tenendosi per mano tra i cumuli di macerie e la complessiva deprivazione di risorse, provocata non da un conflitto nucleare ma dall’intransigenza ostinata e irragionevole dei farmacriticoni prima citati.
“THE BMJ” E I RICERCATORI CON LEGAMI CON L’INDUSTRIA ALIMENTARE
Tra questi, il posto d’onore sembra essere riservato a “The BMJ”. Al settimanale della British
Medical Association è assegnata una sorta di responsabilità editoriale - dunque non riconducibile
alla posizione di determinati autori - per un articolo sui legami di alcuni ricercatori con l’industria
alimentare. Come in altri passi dei tre articoli della Rosenbaum, l’accusa è di tenere una posizione
pregiudizialmente antagonista nei confronti delle aziende portatrici di interessi in ambito sanitario.
La posizione di “The BMJ”, in effetti, è molto netta. Con quello che la direttrice della rivista, Fiona
Godlee, definiva nel 2011 un ribaltamento di prospettiva,12 The BMJ ha deciso di adottare una
politica ancora più restrittiva nel caso di contributi dal valore esplicitamente formativo13: non basta
più dichiarare l’esistenza di contatti con l’industria e qualunque esperto abbia intrattenuto rapporti con aziende è di per sé escluso dal novero degli autori degli articoli a carattere educazionale.
Il punto di vista della Godlee nasce da una storia decennale in cui la rivista ha mostrato particolare
attenzione all’indipendenza da interferenze non soltanto industriali ma anche politiche e religiose.
Giova sottolineare come si tratti di una posizione comunque differente da quella esposta negli
articoli del NEJM, che sembrano voler minimizzare l’impatto dei conflitti di interesse finanziario
sostenendo che tutti i giocatori in campo sono soggetti ad un insieme composito di influenze
diverse, tutte potenzialmente negative o - hai visto mai? - anche positive.
La direzione scientifica di The BMJ - prima di Steven P. Lock e poi di Richard Smith - è stata
costantemente caratterizzata da una disincantata intransigenza, culminata nello straordinario
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libro The trouble with medical journals14 scritto proprio da Smith. Il vulcanico past-editor di
“The BMJ” non ha perso occasione, durante la
propria direzione scientifica della rivista, di sottolineare come gli interessi “in competizione”
fossero qualcosa di inevitabile e di realmente
onnipresente, arrivando a dichiarare il proprio
amore per un coniglietto domestico (da pochi
giorni ucciso da una volpe) in occasione di un
editoriale sulla sperimentazione animale e la
passione per il whisky in calce ad un commento
ad uno studio sui danni da alcol. Nonostante lo
sguardo critico, Smith sottolineava l’importanza della collaborazione tra le riviste scientifiche
e le industrie, invitando però a tenere sempre
presente l’inevitabile distanza tra le finalità delle prime (il progresso del confronto scientifico
e l’aggiornamento del medico) e delle seconde (massimizzare il profitto). Nel 2003, “The
BMJ” pubblicò un fascicolo quasi interamente
centrato sulle relazioni pericolose tra medicina
e industria: in copertina, un disegno raffigurava
un gruppo di medici con le sembianze di maialini serviti a tavola da rappresentanti dell’industria farmaceutica. Ma la punta estrema di
un’ironica autocritica era in una nota editoriale
in cui lo stesso Smith rifletteva sugli imbarazzanti rapporti tra comunicazione e industrie: la
accompagnava un altro disegno in cui una bella
ragazza in deshabillé lasciava il letto versandosi da bere e, congedandosi dallo stesso Smith,
confessava: “Oh go on, Richard: we need each
other…”15 Il numero di “The BMJ” fece scalpore e contribuì enormemente alla discussione sul
conflitto di interessi. Anche in Italia ebbe molta
eco, dal momento che gran parte dei contenuti
furono tradotti e ripubblicati sul Bollettino di
informazione sui farmaci edito dalla Agenzia
italiana del farmaco.
Non sembra corretto, dunque, sostenere, come
fa il NEJM, che chi sollecita maggiore attenzione per i rapporti tra medicina e industria sottovaluti l’importanza di una collaborazione. Semplicemente - precisano, proprio su “The BMJ”,
Robert Steinbrook, Kassirer e Angell - l’intesa
tra le due parti può prosperare senza che sia
eccessivamente condizionata da legami di ordine economico. “Compensi per conferenze,
pagamenti per il lavoro da ghostwriter o per
consulenze non alla luce del sole pregiudicano
l’indipendenza del medico, come è stato ripetutamente documentato, e non c’è giustificazione per regali, pranzi, viaggi spese d’albergo o
intrattenimento”.16
C’è chi, come Shannon Brownlee del Lown Institute, ha definito la posizione del NEJM come
“negazionista”.17 Non si tratterebbe, come sostiene il NEJM, di casi isolati, ma di un’attività sistematica messa in atto dall’industria per
condizionare le informazioni scientifiche sulle
quali si basa l’operato dei clinici. La mole di
prove disponibili fornisce una base di evidenze
1. Bobbio M. Giuro di esercitare la medicina in libertà e indipendenza. Medici e industria. Torino: Einaudi,
2004.
2. Thompson DF. Understanding conflict of interest. N Engl J Med 1993;329:573-6.
3. Institute of Medicine. Conflict of interest in medical research, education, and practice. Washington:
IOM, 2009.
4. Rosenbaum L. Beyond moral outrage-Weighing the trade-offs of COI regulation. N Eng J Med 2015;
372: 2064-8.
5. Rosenbaum L. Reconnecting the dots-Reinterpreting industry-physician relations. N Eng J Med 2015;
372: 1860-4.
6. Rosenbaum L. Understanding bias-The case for careful study. N Eng J Med 2015;372:1959-63.
7. Kassirer JP. On the take. How medicine’s complicity with big business can endanger your health. New
York: Oxford University Press, 2005.
8. Goldacre B. Bad pharma. How drug companies mislead doctors and harm patients. Ed. it. Effetti collaterali. Milano: Mondadori, 2013.
9. Angell M. The truth about the drug companies. How they deceive us and what to do about it. New
York: Random House, 2004.
10. Kassirer JP, Wong JB, Kopelman RI. Learning clinical reasoning. Baltimore: Williams & Wilkins, 1991.
11. Drazen J. Revisiting the commercial-academic interface. N Eng J Med 2015;372:1853-4.
12. Godlee F. Turning the tide on conflicts of interest. BMJ 2011; 343: d5147.
13. Chen M, et al. Medical journals and industry ties. BMJ 2014; 349: g7197.
14. Smith R. The trouble with medical journals. London: Royal Society of Medicine Press, 2006.
15. Smith R. Medical journals and pharmaceutical companies: uneasy bedfellows. BMJ 2003; 326: 1202.
16. Steinbrook R, Kassirer JP, Angell M. Justifying conflicts of interest in medical journals: a very bad idea.
BMJ 2015; 350:h2942.
17. Brownlee S. The conflict denialists strike back. www.lowninstitute.org/ 29 maggio 2015.
18. Prasad V. Why Lisa Rosenbaum gets conflict of interests policies wrong. www.lowninstitute.org/ 28
maggio 2015.
24
LUGLIO 2015
sufficiente per avere la certezza del rischio. Al
contrario, sostiene Vinay Prasad, gli argomenti di Rosenbaum sono basati su congetture:18
non c’è motivo di ritenere che le attuali regole
sui conflitti di interesse (secondo Prasad molto
poco efficaci) abbiano compromesso l’innovazione. Al contrario, cosa sarebbe potuto succedere se il Congresso degli Stati Uniti avesse
fondato un’agenzia federale per lo sviluppo di
nuovi farmaci, sfruttando le potenzialità dei
centri di ricerca accademica, e distinguendo
nettamente l’attività scientifica pubblica dagli
interessi privati?
Physician
Payments
Sunshine
Act obbliga i
produttori di
farmaci ed altri
dispositivi medici
a dichiarare tutti
i pagamenti e i
regali che fanno
ai medici e agli
ospedali.
A proposito di agenzie governative, uno degli elementi più rilevanti di questo scambio di
interventi è nell’accenno che il direttore del
NEJM fa alla posizione della Food and Drug Administration: secondo Drazen, la visione della
FDA sul conflitto di interessi sarebbe la stessa
di quella della rivista della Massachusetts Medical Society. Si tratta di un passaggio passato
quasi inosservato ma di particolare importanza: le partite più importanti si giocano in quei
contesti. E anche i danni maggiori, alle volte,
derivano da decisioni prese in quelle stanze. ¢
E SE PROPONESSIMO UN SUNSHINE ACT ANCHE IN ITALIA ?
Il 23 marzo 2010 gli Stati Uniti hanno emanato una legge, detta Physician Payments
Sunshine Act (all’interno di un pacchetto di leggi più ampio sulla protezione dei pazienti e
l’accesso Alle cure - cosiddetta riforma Obama), che obbliga i produttori di farmaci ed altri
dispositivi medici a dichiarare tutti i pagamenti e i regali che fanno ai medici e agli ospedali. Il Sunshine Act non ha lo scopo di limitare i regali e i finanziamenti, ma di renderli
trasparenti. La legge è stata elaborata dopo che un gruppo di giornalisti aveva rivelato che
nel biennio 2009/10 l’industria farmaceutica aveva elargito a oltre 18.000 medici somme
per un totale di circa 320 milioni di dollari, con versamenti intorno ai 250.000 dollari ai
dieci medici che guidavano la graduatoria.
L’anno scorso sono stati pubblicati ufficialmente i primi dati. Le somme pagate negli ultimi
5 mesi del 2013 raggiungono i 3,5 miliardi di dollari (circa 2,8 miliardi di euro), secondo il
primo rapporto dei CMS (Centers for Medicare and Medicaid Services. Andavano segnalate
tutte le elargizioni e i pagamenti a medici e a istituzioni di valore superiore ai 10 dollari,
compresi i compensi per consulenze e conferenze, le spese relative a viaggi, pasti e intrattenimento, e anche i pagamenti da destinare, su richiesta dei medici, a enti caritatevoli.
Più di 540.000 medici e di 1.300 ospedali hanno ricevuto denaro. La spesa sostenuta
dall’industria, pari a circa 23 milioni al giorno, sostanzialmente costante dal 2007 (secondo dati ufficiosi) ha storicamente riguardato l’83% dei medici, sotto forma di regali, e il
28% come pagamento per consulenza o per ricerca.
Tra i medici che avevano dichiarato, ancora prima del Sunshine Act, di avere ricevuto compensi dall’industria, il 40% aveva partecipato alla costruzione di linee guida.
(per dati più dettagliati vedi:
http://www.pensiero.it/attualita/articolo.asp?ID_sezione=37&ID_articolo=1261)
Guido Giustetto
Presidente OMCeO-TO
LUGLIO 2015
25
Transatlantico
a cura di
Nicola Ferraro
SUPERFARMACI
ANTI EPATITE C:
PER MOLTI MA
NON PER TUTTI?
“Lesioni colpose per omissione di cure. È questa l’ipotesi di reato formulata
dalla Procura torinese a carico di ignoti nell’ambito di un fascicolo aperto
nelle scorse settimane dal pm Raffaele Guariniello sui costi sostenuti dalle
Regioni per acquistare un farmaco che cura l’epatite C. Il medicinale ha un
costo che si aggira sui 40 mila euro e le amministrazioni avrebbero difficoltà
a sostenerlo senza un contributo statale”.
Inizia in questo modo un dispaccio dell’agenzia di stampa ADN-Kronos del
16 maggio scorso quando si era diffusa la notizia di una volontà pubblica
di selezionare, secondo criteri medico-scientifici condivisi, i malati ai quali
somministrare i nuovi farmaci che promettono risultati terapeutici molto importanti e forse definitivi.
“Il Codacons (un’importante associazione nazionale di consumatori, ndr) continua il dispaccio d’agenzia- annuncia di avere presentato nei giorni scorsi
“una diffida al ministero della Salute e alle Regioni, affinché i nuovi farmaci
contro l’epatite C siano forniti gratuitamente a tutti i pazienti che ne hanno
bisogno”. L’associazione “ha avviato anche un’azione per far ottenere il rimborso a chi ha dovuto acquistare i medicinali di tasca propria”.
“Questi farmaci rappresentano un grandissimo risultato per la medicina attuale, ma ad oggi - ricorda il Codacons - si pagano a caro prezzo. Il trattamento completo con Sofosbuvir costa ad esempio circa 70 mila euro, mentre
il costo al pubblico di un trattamento completo con Simperevir ammonta a
circa 42 mila euro. Per tale motivo, e considerata la loro portata innovativa,
questi farmaci sono stati inclusi nella fascia ‘A PHT’, ovvero tra i farmaci
totalmente rimborsabili e a carico del Servizio sanitario nazionale. Tuttavia
ad oggi pervengono segnalazioni di pazienti che, pur avendone diritto, non
riescono ad accedere a queste cure”.
Auspico che l’indagine di Torino possa accelerare l’accesso alle cure per tutti
i pazienti che ne hanno diritto. Lo afferma all’AdnKronos Salute Ivan Gardini,
presidente dell’associazione EpaC Onlus. Il problema della ripartizione del
Fondo dedicati - ricorda - sta rallentando l’acquisto da parte delle Regioni
che non possono anticipare somme tanto ingenti. Il Fondo speciale è stato
creato per curare 50 mila pazienti gravi che, secondo le stime fatte dalle
istituzioni in collaborazione con le associazioni di settore, da questi farmaci
potrebbero trarre un beneficio immediato. Ma secondo le ultime notizie,
finora avrebbero avuto accesso alla terapia circa 5 mila malati”.
26
LUGLIO 2015
Le uniche certezze
condivise sono
che l’Italia,
unitamente ai
Paesi dell’Europa
mediterranea,
sebbene con un
picco più elevato,
presenta una
prevalenza della
patologia molto
più significativa
rispetto al resto dei
Paesi occidentali,
conseguenza
di un “modello
epidemiologico”
differente.
...
Fin qui l’essenza di una cronaca giornalistica di una vicenda medico-sanitaria di alto valore politico-sociale-istituzionale in cui però molto facilmente
si può correre il rischio di confondere ambiti, ragioni, prospettive, con il
rischio di individuare magari, sulla spinta dell’emotività, obiettivi incongrui.
Anche se la domanda che si fa la Procura di Torino, perché in India una
compressa di Sofosbuvir costi soltanto un dollaro, non può rimanere senza
risposta.
Occorre dire intanto che qualche settimana dopo la diramazione di quel
dispaccio (siamo al 4 giugno scorso), cinque cattedratici romani hanno
firmato congiuntamente un documento che tenta di tracciare un profilo
medico-sanitario di questa vicenda alla luce delle conoscenze in possesso
della comunità scientifica e di una ricerca originale svolta dal gruppo dei
firmatari.
Sono il Prof. Andreoni Massimo, Professore ordinario Malattie Infettive Università di Roma Tor Vergata e Presidente SIMIT; il Prof. Spandonaro Federico, Professore aggregato Università di Roma Tor Vergata e Presidente CREA
Sanità; il Prof. Sarrecchia Cesare, Professore aggregato Università di Roma
Tor Vergata; la Dr.ssa Mancusi Letizia, Ricercatore CREA Sanità (Università
di Roma Tor Vergata); l’Ing. d’Angela Daniela Ricercatore CREA Sanità (Università di Roma Tor Vergata).
Innanzi tutto in quel documento si rivela il numero dei malati in Italia: quasi
un milione di malati ma di questi soltanto il 45% è noto. Oltre il 50% casi
è al Sud. Si afferma poi che l’eradicazione del virus sarebbe possibile in
cinque anni ma solo avviando uno screening di massa e curando tutti i sieropositivi. Trattare solo i più gravi non garantisce sconfitta totale del virus.
Il documento è stato critto “perché il dibattito di queste ultime settimane
sta assumendo toni e contenuti sempre più “politici”, allontanandosi dalle
questioni sostanziali che rimangono quelle dell’accesso e dell’efficacia ed
efficienza degli interventi sanitari pubblici”.
“(…) il numero di pazienti eleggibili -viene scritto sul documento pubblicato integralmente da Quotidianosanità.it- è un dato essenziale per prendere
decisioni davvero consapevoli.
Le uniche certezze condivise sono che l’Italia, unitamente ai Paesi dell’Europa mediterranea, sebbene con un picco più elevato, presenta una prevalenza della patologia molto più significativa rispetto al resto dei Paesi
occidentali, conseguenza di un “modello epidemiologico” differente. Nel
resto dell’Occidente la prevalenza dell’infezione da HCV è più alta nei giovani e negli adulti che nei soggetti più anziani, mentre è vero il contrario
in Italia, suggerendo per il nostro Paese un significativo effetto di coorte.
Qualche tentativo di stima scientifica c’è stato, ma a nostra conoscenza
viziato proprio dal trasferimento alla situazione italiana di strutture e dinamiche epidemiologiche così fortemente difformi dalla nostra realtà”.
“(…) In altri termini, avanzare stime di impatto senza avere prima chiarito se l’obiettivo (di sanità pubblica) sia l’eradicazione della patologia (e in
tal caso in quanti anni), ovvero la minimizzazione dell’impatto finanziario
portato dalle terapie, ovvero la massimizzazione dell’efficacia o ancora la
massimizzazione della costo-efficacia… equivale a dare cifre “incontestabili” (il che è l’antitesi dell’approccio scientifico)”.
“(…) A tal fine, siamo ripartiti dall’origine del problema, elaborando un
modello di stima del carico endemico dell’HCV in Italia; e quindi lo abbiamo corredato di un modello probabilistico atto a simulare gli effetti (tempo di eradicazione, costi, esiti) scegliendo scenari alternativi di intervento
pubblico”.
“(…) Il modello stima che ci siano oggi nel nostro Paese quasi un milione
(circa 998.000) di casi di HCV RNA positivi di cui appena il 45% (circa
435.000) noti al sistema sanitario.
Le conseguenze di politica sanitaria di una struttura di prevalenza di questo u
LUGLIO 2015
27
Transatlantico
tipo sono molte: la più evidente è che trattare i pazienti più gravi (metavir
score almeno pari ad F4) implica trattare per oltre il 64% over 75 e per
oltre il 33% over 80, con tutte le ovvie conseguenze del caso in termini di
beneficio per la Società di questa strategia.
I nostri risultati suggeriscono anche che trattare tutti, come intende fare la
Toscana (per inciso il numero di casi emersi prodotto dal nostro modello per
la Toscana è praticamente sovrapponibile a quelli dichiarato di recente dalla
Regione, e questo ci conforta) è certamente più efficiente, ma non implica
comunque l’eradicazione della patologia, in quanto i casi emersi e quindi
noti sono nell’ordine del 44% dei casi prevalenti; è quindi ipotizzabile una
progressiva emersione della casistica ad oggi misconosciuta.
L’eradicazione della patologia potrebbe (sempre nei limiti della capacità predittive del nostro modello) essere un obiettivo a 5 anni immaginando uno
screening di massa svolto in 5 anni in grado di far emergere almeno il 70%
della casistica ad oggi misconosciuta; in assenza di strategie di screening e
presupponendo che tutti gli emersi vengano trattati, l’eradicazione richiederebbe almeno 30 anni. Sicuramente la strategia finalizzata al trattamento dei
soli casi più gravi non è in grado di garantire l’eradicazione della patologia”.
“(…) In conclusione forse sarebbe necessario riportare il dibattito sulla valutazione delle strategie di sanità pubblica, come suggeriscono le riflessioni
in itinere in alcuni altri Paesi, che avendo iniziato le terapie prima di noi, si
interrogano ora sulla efficacia e anche sull’efficienza del trattare i pazienti più
gravi, e tendono a spostare progressivamente l’attenzione sulle strategie di
emersione della patologia”.
Il testo completo del documento è scaricabile all’indirizzo: http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=28801&fr=n
Con il codice Qr che segue è possibile accedere immediatamente allo stesso
da smartphone.
La redazione nel considerare questo fatto di cronaca e il complesso problema medico-sanitario,
evidenziato dall’imponente
rassegna
raccolta
pochi
sembrano
non convivere
La redazione
nel stampa
considerare
questoinfatto
di giorni,
cronacain
e ilcui
complesso
problearmonicamente le esigenze
individuali
e
collettive
di
tutela
della
salute,
ha
deciso
di
chiedere
ad
ma medico-sanitario, evidenziato dall’imponente rassegna stampa raccolta
Antonio Cartabellotta,inmedico
e fondatore
del GIMBE
la ripubblicazione
pochi giorni,
in cui sembrano
non(http://www.gimbe.org/)*,
convivere armonicamente le esigenze
di un suo articolo dal titolo
“Efficacia
e costo-efficacia
del sofosbuvir
trattamento
dell’epatite
individuali
e collettive
di tutela della salute,
ha deciso dinel
chiedere
ad Antonio
C” già comparso sullaCartabellotta,
testata “Evidence”,
di stampa
della
GIMBE Foundation. la
medico eorgano
fondatore
del GIMBE
(http://www.gimbe.org/)*,
Questo articolo si candida,
secondo la
ad essere
una“Efficacia
base autorevole
e documentata
di
ripubblicazione
di redazione,
un suo articolo
dal titolo
e costo-efficacia
del
una discussione destinata
a svilupparsi
ancora molto
nei contenuti
e nel tempo.
sofosbuvir
nel trattamento
dell’epatite
C” già comparso
sulla testata “EviLa redazione di Torinodence”,
Medica
ringrazia
il dott.
Antonio
organo
di stampa
della
GIMBE Cartabellotta
Foundation. per la sua cortese
disponibilità.
Questo articolo si candida, secondo la redazione, ad essere una base autorevole e documentata di una discussione destinata a svilupparsi ancora Nicola
molto Ferraro
nei contenuti e nel tempo.
NOTA PER IL COMPOSITORE:
di Torino Medica
dott. Antonio
Cartabellotta
Pubblicare di seguitoLailredazione
testo dell’articolo.
Vediringrazia
il PDF ilallegato
in archivio
file per la
cortese
disponibilità.
(Evidence_Efficacia esua
Costo
efficacia
del sofosbuvir nel trattamento dell'epatite C) con tabelle e
box e bibliografia finale.
Il testo è riproducibile come tale.
*La Fondazione GIMBE ha lo scopo di promuovere e realizzare attività di formazione
in ambito
sanitario finalizzate
*La Fondazione GIMBE
ha lo scopo ediricerca
promuovere
e realizzare
attività dia:formazione e
• Consolidare la formazione continua dei professionisti sanitari
ricerca in ambito sanitario finalizzate a:
come processo di autoapprendimento permanente integrato
 Consolidare la formazione continua dei professionisti sanitari come processo di autonella pratica clinica
apprendimento permanente integrato nella pratica clinica
• Migliorare la qualità metodologica, l’etica, l’integrità, la rilevan Migliorare la qualità
metodologica,
rilevanza clinica e il valore
za clinica
e il valorel’etica,
sociale l’integrità,
della ricerca la
sanitaria
sociale della ricerca
sanitaria
• Favorire
il trasferimento delle migliori evidenze scientifiche alle
 Favorire il trasferimento
migliori evidenze
scientifiche
alle
decisioni professionali,
decisionidelle
professionali,
manageriali
e di politica
sanitaria
manageriali e•di politica
sanitaria
Migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria in termini di sicu Migliorare la qualità
dell'assistenza
sanitaria in termini
sicurezza, efficacia,
rezza,
efficacia, appropriatezza,
equità, di
coinvolgimento
degli
appropriatezza, equità,
degli utenti, efficienza
utenti,coinvolgimento
efficienza ¢
28
LUGLIO 2015
Position Statement GIMBE
OPEN
ACCESS
Efficacia e costo-efficacia del sofosbuvir nel trattamento
dell’epatite C
Antonino Cartabellotta1*
Medico, Fondazione GIMBE
1
I pazienti con infezione da virus dell’epatite C dovrebbero
Tabella 1. Progressione dell’infezione da HCV
essere correttamente informati
rispetto
a due
preoccuI
pazienti
con
infezione
da
virus
dell’epatite
C
dovrebbero essere correttamente informati rispetto
è correlata alla
storia natupazioni principali1. La prima
a due preoccupazioni
principali
(1). La prima è correlata alla storia naturale della malattia che può
rale della malattia che può
progredire
versoavanzate:
forme avanprogredire
verso forme
sviluppo di cirrosi
scompenso della cirrosi, epatocarcinoma,
Faseepatica,
della malattia
N° soggetti
zate: sviluppo di cirrosinecessità
epatica,discompenso
cirrosi,
trapianto didella
fegato,
morte. La seconda riguarda la possibilità di prevenire l’evoluzione
Infezione acuta
100
della di
malattia
e dipende
dall’efficacia
epatocarcinoma, necessità
trapianto
di fegato,
morte.del trattamento.
La seconda riguarda la possibilità di prevenire l’evoluzioInfezione cronica
75-85
ne della malattia e dipende dall’efficacia del trattamento.
Sviluppo di epatite cronica
60-70
1. Storia naturale dell’epatite C
Evoluzione in cirrosi
5-20
1. Storia naturale dell’epatite
C dell’epatite C è asintomatica nella
La fase acuta
maggior parte dei pazienti: secondo il Centers
Sviluppo
epatocarcinoma
4-6
La fase acuta dell’epatite
è asintomatica
nella
maggior(CDC) ogni
forCDisease
Control and
Prevention
100 persone
con infezione da HCV solo 20-30
sperimentano
genericiControl
quali astenia, riduzione
della
parte dei pazienti: secondo
il Centerssintomi
for Disease
Morte dell’appetito, nausea (2). L’evoluzione1-5
malattia
riportata nella
tabella 1, da
and Prevention (CDC) ogni
100èpersone
con infezione
dacui emergono alcuni dati fondamentali: innanzitutto, il 30-40%
dei soggetti
con infezione
cronica
da HCV non sviluppa epatite cronica; in secondo luogo, la cirrosi
HCV solo 20-30 sperimentano
sintomi
generici quali
asterispetto
allaanni
robustezza
delleinfine,
provela di
efficacia,
si sviluppa nel 20%
dei pazienti dopo una mediana
di 40
dall’infezione;
mortalità
(peroltre che
2
nia, riduzione dell’appetito, nausea . L’evoluzione della
benefici del trattamento con sofosbuvir.
complicanze della cirrosi e/o epatocarcinoma) all’entità
è inferioredei
al 5%.
malattia è riportata nella tabella 1, da cui emergono al• Tutti gli studi che hanno valutato l’efficacia del sofosbucuni dati fondamentali: innanzitutto, il 30-40% dei sogvir sono stati finanziati, progettati e realizzati dall’aziengetti con infezione cronica da HCV non sviluppa epatite
da produttrice Gilead Science e, al momento, non esiste
cronica; in secondo luogo, la cirrosi si sviluppa nel 20%
alcuno studio indipendente.
dei pazienti dopo una mediana di 40 anni dall’infezione;
• Non conosciamo il reale valore aggiunto del farmaco
infine, la mortalità (per complicanze della cirrosi e/o eparispetto a un confronto appropriato, sia perché mancatocarcinoma) è inferiore al 5%.
no trial di efficacia comparativa del sofosbuvir con altri
agenti antivirali ad azione diretta, sia perché tutti gli studi
2. Metodi
ALLEGATO
1prevedono l’associazione del sofosbuvir con ribavirina ±
è stata effettuata una revisione sistematica degli
health
peginterferon-alfa.
technology assessment (HTA) reports sul sofosbuvir, sele...
• Alcuni studi presentano limiti metodologici rilevanti
zionando quelli pubblicati negli ultimi 12 mesi da agenzie
(controlli storici, assenza di blinding) o prevedono un digovernative indipendenti:
segno di non-inferiorità.
• Institute for Quality and Efficiency in Health Care
• Tutti gli studi hanno utilizzato come misura di esito un
(IQWiG)3. Aprile 2014
end-point surrogato (box 1), ovvero la risposta virologica
• Institute for Clinical and Economic Review (ICER)4. Aprisostenuta – sustained virological response (SVR) – al di
le 2014
sotto della soglia minima identificabile a 24 settimane
2. Metodi
• Canadian Agency for Drugs and Technologies in Health
(CADTH)5. Agosto 2014 È stata effettuata una revisione sistematica degli health technology assessment (HTA) reports sul
Citazione. Cartabellotta A. Efficacia e costo-efficacia del sofosbuvir
sofosbuvir,
quelli pubblicati negli ultimi 12 mesi da agenzie governative indipendenti:
• NIHR Horizon Scanning
Centre6.selezionando
Gennaio 2015
nel trattamento dell’epatite C. Evidence 2015;7(5): e1000111.
7
• Blue Cross Blue Shield Association
. Gennaio
• Institute (BCBS)
for Quality
and Efficiency in Health
Care26(IQWiG)
Pubblicato
maggio (3).
2015Aprile 2014
2015
Copyright.
2015
Cartabellotta.
• Institute
Clinical
and Economic Review
(ICER)©(4).
Aprile
2014 Questo è un articolo open-access,
• National Institute for Health
and for
Care
Excellence
distribuito con licenza Creative Commons Attribution, che ne con8
(NICE) . Febbraio 2015
sente l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su qualsiasi supLa valutazione degli HTA reports è stata integrata da reviporto esclusivamente per fini non commerciali, a condizione di
sioni sistematiche identificate sulla Cochrane Library e su
riportare sempre autore e citazione originale.
MEDLINE9,10,11,12,13,14.
Fonti di finanziamento. Nessuna.
2.1. Limiti metodologici delle evidenze disponibili
Dall’analisi comparativa degli HTA reports inclusi nella
Conflitti d’interesse. Nessuno LUGLIO
dichiarato
2015
29
Provenienza. Non commissionato, non sottoposto a peer-review.
Transatlantico
•
Canadian Agency for Drugs and Technologies in Health (CADTH) (5). Agosto 2014
•
NIHR Horizon Scanning Centre (6). Gennaio 2015
•
Blue Cross Blue Shield Association (BCBS) (7). Gennaio 2015
•
National Institute for Health and Care Excellence (NICE) (8). Febbraio 2015
La valutazione degli HTA reports è stata integrata da revisioni sistematiche identificate sulla Cochrane
Library e su MEDLINE (9,10,11,12,13,14).
2.1. Limiti metodologici delle evidenze disponibili
Dall’analisi comparativa degli HTA reports inclusi nella valutazione emergono numerose criticità
metodologiche rispetto alla robustezza delle prove di efficacia, oltre che all’entità dei benefici del
trattamento con sofosbuvir.
•
Tutti gli studi che hanno valutato l’efficacia del sofosbuvir sono stati finanziati, progettati e
realizzati dall’azienda produttrice Gilead Science e, al momento, non esiste alcuno studio
indipendente.
•
Non conosciamo il reale valore aggiunto del farmaco rispetto a un confronto appropriato,
sia perché mancano trial di efficacia comparativa del sofosbuvir con altri agenti antivirali
ad azione diretta, sia perché tutti gli studi prevedono l’associazione del sofosbuvir con
ribavirina ± peginterferon-alfa.
•
Alcuni studi presentano limiti metodologici rilevanti (controlli storici, assenza di blinding) o
prevedono un disegno di non-inferiorità.
•
Tutti gli studi hanno utilizzato come misura di esito un end-point surrogato (box 1), ovvero
la risposta virologica sostenuta - sustained virological response (SVR) - al di sotto della soglia
minima identificabile a 24 settimane (SVR-24) o, dopo lo “sdoganamento” della FDA a 12
settimane (SVR-12) dalla sospensione del farmaco.
•
La SVR non garantisce l’eradicazione del virus dal sangue (che resta solo al di sotto della
soglia minima identificabile), né permette di identificare la persistenza del virus nei tessuti.
•
Per alcuni sottogruppi di pazienti la stima dell’effetto del trattamento è incerta a causa della
loro limitata numerosità campionaria.
•
Non esistono prove di efficacia dirette su outcome clinicamente rilevanti: evoluzione
dell’epatite in cirrosi, scompenso della cirrosi, insorgenza di epatocarcinoma, mortalità.
•
Non è nota la probabilità di re-infezione nei pazienti che hanno ottenuto una SVR.
•
Non conosciamo gli effetti avversi, oltre che la compliance, nel mondo reale.
Box 1. Validazione degli end-point surrogati
•
Qualunque end-point surrogato dovrebbe essere validato, dimostrando che è associato
in maniera indipendente al miglioramento di outcome clinicamente rilevanti (riduzione
della mortalità, della morbilità e delle complicanze) (15,16,17,18,19).
•
I trial che valutano end-point surrogati, rispetto a quelli che valutano end-point
clinicamente rilevanti, sovrastimano l’efficacia dei trattamenti, indipendentemente dal
rischio di bias (20).
•
La validazione della SVR nell’epatite C si basa sul modello HIV, dove il titolo della viremia
è un fattore altamente predittivo del decorso clinico dei pazienti e, di conseguenza, la
SVR ha un elevato livello di validazione. Viceversa, il livello di viremia nell’epatite C non è
predittivo del decorso clinico. Infatti, oltre al fatto che una percentuale di pazienti sviluppa
cirrosi scompensata o epatocarcinoma nonostante una SVR, dall’altro numerosi pazienti
che ottengono una SVR non avrebbero mai sviluppato forme avanzate di malattia anche
in assenza di trattamento.
•
Considerata la lunga storia naturale dell’epatite C e la relativa difficoltà di validare endpoint surrogati nei trial clinici (21), allo stato attuale delle conoscenze la validazione della
SVR come predittore di epatocarcinoma poggia esclusivamente su studi osservazionali
(22). In un trial clinico è stata addirittura documentata una relazione inversa (aumento
della mortalità (23) nonostante una SVR) e una revisione sistematica di trial non è riuscita
a validare l’end-point surrogato nella coorte di pazienti analizzata (24).
3. Raccomandazioni basate su criteri di costo-efficacia
Il report pubblicato nel febbraio 2015 dal National Institute for Health and Care Excellence (NICE),
dopo una valutazione sistematica dei 13 studi presentati dalla Gilead Science ha identificato:
30
LUGLIO 2015
•
L’efficacia del farmaco nei vari sottogruppi di pazienti (tabella 2).
•
La costo efficacia del trattamento espressa in anni di vita aggiustati per la qualità - Quality
Adjusted Life Years (QALY) - offrendo un parametro oggettivo per definire le priorità dei
pazienti da trattare (tabella 3).
u
LUGLIO 2015
31
Transatlantico
4. Conclusioni
Il sofosbuvir costituisce una rilevante innovazione terapeutica, ma le evidenze disponibili documentano
solo che il farmaco è efficace nel determinare una risposta virologica sostenuta in una percentuale che
raggiunge il 90% in alcuni (ma non in tutti) sottogruppi di pazienti.
•
La storia naturale dell’epatite C e le prove di efficacia disponibili non giustificano in nessun
contesto sanitario, indipendentemente dalla disponibilità di risorse, una policy che preveda
il trattamento di tutti i pazienti con epatite C con l’obiettivo di prevenire l’evoluzione
dell’epatite cronica in cirrosi, lo scompenso della cirrosi, lo sviluppo dell’epatocarcinoma, i
trapianti di fegato e la mortalità.
•
In assenza di prove di efficacia dirette sulla capacità del sofosbuvir di rallentare l’evoluzione
dell’epatite C verso forme avanzate di malattia, o di una robusta validazione dell’end-point
surrogato SVR, scommettere sui potenziali risparmi per l’assistenza sanitaria è puramente
speculativo e non supportato da alcun dato scientifico (25,26).
•
Assimilare la risposta virologica sostenuta nel singolo paziente alla eradicazione del virus
dell’epatite C dalla popolazione è una suggestiva, ma inverosimile, strategia di sanità
pubblica.
•
Considerato che la mortalità nei pazienti con epatite C è molto bassa e che nessuno
studio ha dimostrato che il sofosbuvir riduce la mortalità, il termine “farmaco salvavita” è
improprio e non dovrebbe più essere utilizzato.
•
Definire le priorità di trattamento in relazione alla costo-efficacia del sofosbuvir nei vari
sottogruppi di pazienti rappresenta oggi l’unica soluzione accettabile dal punto di vista
clinico, etico ed economico.
•
I dati relativi a tutti i pazienti trattati dovrebbero essere raccolti in maniera sistematica al fine
di documentare l’efficacia e la sicurezza del farmaco nel mondo reale.
•
Tutti gli stakeholder che intervengono pubblicamente esaltando l’efficacia del sofosbuvir,
oltre le evidenze disponibili, dovrebbero dichiarare gli eventuali conflitti di interesse
finanziari e non finanziari.
fia
Bibliografi



32
LUGLIO 2015
1. W
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Citazione. Cartabellotta A. Efficacia e costo-efficacia del sofosbuvir nel trattamento dell’epatite C. Evidence 2015;7(5): e1000111.
Pubblicato 26 maggio 2015
Copyright. © 2015 Cartabellotta. Questo è un articolo open-access, distribuito con licenza Creative Commons Attribution,
che ne consente l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su qualsiasi supporto esclusivamente per fini non commerciali, a
condizione di riportare sempre autore e citazione originale.
Fonti di finanziamento. Nessuna.
Conflitti d’interesse. Nessuno dichiarato
Provenienza. Non commissionato, non sottoposto a peer-review.
* E-mail: [email protected]
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Chi fa cosa
UN “CENTRO NASCITE”
PRESSO L’OSPEDALE SANT’ANNA DI TORINO
Nicola Ferraro
Pierpaolo Berra
È nato il primo Centro nascite gestito esclusivamente dalle ostetriche,
presso l’ospedale Sant’Anna della Città della Salute di Torino.
Qui alle ore 19.05 del 10 maggio 2015 è nato il primo bambino.
La donna torinese è stata seguita durante la gravidanza dalle ostetriche del
Servizio gravidanza fisiologica (referente ostetrica Liberata D’Ambrosio).
COS’È UN CENTRO NASCITA
L’American Association of Birth Centers lo definisce come un centro, dall’ambiente familiare, in cui viene fornita assistenza ostetrica e neonatale a donne sane con
gravidanza a basso rischio. Si tratta di abbinare la sicurezza della nascita in un
ambiente altamente specializzato, quale quello del Sant’Anna, con il recupero
della dimensione naturale della nascita in ambiente familiare.
Con queste premesse e questi obiettivi il 4 maggio 2015 ha iniziato l’attività il
“Centro Nascita” piemontese, all’interno dell’ospedale Sant’Anna, presso la Ginecologia ed Ostetricia 2 universitaria, diretta dalla professoressa Tullia Todros. Il
Centro è gestito da un gruppo di ostetriche formate e provenienti dalle Unità Operative di ostetricia. Referente delle attività del Centro Nascita è l’ostetrica Lucrezia
D’Antuono; coordinatore dell’Area ostetrica, Letizia Francese (DAPS S. Anna).
La proposta di tale modello assistenziale risponde a criteri di appropriatezza delle
prestazioni e valorizzazione dell’utilizzo della figura professionale dell’ostetrica,
che diventa responsabile ed autonoma nell’assistenza delle donne con un basso
profilo di rischio. Inoltre in prospettiva comporterà un importante risparmio delle
risorse. Il Collegio Interprovinciale delle Ostetriche Torino-Asti ha supportato la
realizzazione del progetto.
In Italia hanno avviato l’attività altri due centri nascita, uno a Genova e l’altro a
Firenze ed in Europa è un modello clinico-organizzativo per l’assistenza al partonascita molto diffuso in alcuni Paesi, (Inghilterra, Svizzera, Germania). Quest’anno in Francia è prevista l’apertura di almeno dieci Maisons de Naissance.
Nel Centro possono partorire donne sane, senza fattori di rischio per la gravidanza ed il parto, che siano già state seguite da parte dello stesso piccolo gruppo di
ostetriche durante la gravidanza. L’assistenza alla gravidanza, al parto ed al neonato si basa rigorosamente sulle indicazioni che provengono dalle Linee Guida
nazionali e internazionali sull’assistenza alla gravidanza fisiologica.
Inoltre il reparto è strutturato come se la partoriente fosse a casa propria. Addirittura il papà del neonato ed il primo figlio possono alloggiare
24h/24 e dormire con la neo-mamma per tutta la durata del ricovero in
ospedale.
Riservatezza, tranquillità, intimità sono caratteristiche ambientali all’insegna
dell’umanizzazione che possono far sentire la donna e chi l’accompagna a proprio agio, possono ridurre la percezione del dolore, facilitare la libertà di movimento e l’incontro con il neonato e favorire l’allattamento materno.
Il Centro Nascita del Sant’Anna è un luogo posto in posizione decentrata e protetta che ospita un numero ristretto di mamme (5) e di neonati. Le stanze per
la nascita sono allestite con supporti che migliorano il confort e facilitano il contenimento del dolore con: vasca da bagno, spalliere, cuscini, materassi. Il resto
dell’ambiente è studiato per accogliere le persone coinvolte e per facilitarne le
relazioni: aree soggiorno, area ristoro e cucina, tisaneria.
Gli ambienti sono stati studiati in modo da facilitare una conduzione naturale del
travaglio-parto, nelle situazioni in cui la donna ed il nascituro godano di buona
salute: la gravidanza ed il parto si presentano fisiologici e non richiedono cure addizionali. Nel centro si offrono cure centrate sui bisogni della donna, del bambino
e della coppia, in accordo con le evidenze scientifiche.
Qualora insorgano fattori che modificano il profilo di rischio, in accordo con il
medico di guardia e dopo aver informato la mamma, l’ostetrica provvederà al
trasferimento nel luogo più appropriato all’interno dell’ospedale, ove è anche
disponibile il servizio di Anestesia, diretto dalla Dott.ssa Evelina Gollo.
L’obiettivo principale del Centro Nascita è quindi quello di riscoprire e recuperare
nel modo migliore la grandezza dell’evento nascita, che coinvolge tutta la famiglia, in un contesto ospedaliero di sicurezza e sostegno. ¢
IL CENTRO NASCITA È IN RETE CON TUTTI I SERVIZI
E LE PROFESSIONALITÀ DEL S. ANNA
In ogni momento del percorso (gravidanza, parto, puerperio) si può attivare la
consulenza del ginecologo. L’assistenza neonatale, nel più assoluto rispetto della
fisiologia dell’evento nascita e dell’allattamento al seno, viene effettuata dall’ostetrica e dal personale medico della Neonatologia dell’Università, diretta dal professor Enrico Bertino.
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Discutendo di Odontostomatologia
DENTISTI E LEGIONELLOSI:
PERCHÈ NON È UN PROBLEMA
DI SALUTE PUBBLICA
Gianluigi D’Agostino
Nicola Ferraro
La stampa torinese ad aprile ha diffuso la notizia
di tre odontoiatri che hanno ricevuto una diffida
perché erano state rilevate cariche batteriche incongrue del batterio Legionella, agente responsabile della legionellosi, nei circuiti idrici delle poltrone dello studio. In altre parole, per continuare
ad esercitare la professione quei professionisti
hanno dovuto sottoporre a bonifica l’impianto
idrico dello studio.
Si è successivamente saputo che la Procura torinese avrebbe incaricato i funzionari dell’Asl di
effettuare controlli negli studi odontoiatrici della
città. Oltre 50 sarebbero i professionisti che solo
fino a metà aprile avrebbero subito le verifiche
in studio: in tre di questi gli ispettori avrebbero
trovato valori superiori ai quelli consentiti. In uno
la carica batterica sarebbe stata di 6.500 “Unità formanti colonie (Ufc)” per litro in prossimità
della fontanella da cui è erogata l’acqua nella
sputacchiera e 5.000 nella turbina, mentre in un
altro studio professionale sarebbe stata rilevata
una carica batterica di 100 Ufc.
La CAO dell’OMCeO di Torino il 23 aprile scorso ha indetto presso la sua sede di Villa Raby
una conferenza stampa, organizzata dall’Ufficio
Stampa dell’Ordine, per attribuire alla notizia la
sua giusta dimensione medico-sanitaria: i dati
rilevati possono infatti essere con molta facilità
riscontrabili in qualsiasi struttura edilizia adibita
a sede abitativa, a studio medico e non soltanto
odontoiatrico.
Alla conferenza stampa di giovedì 23 aprile hanno partecipato:
- Il dott. Guido GIUSTETTO,
Presidente dell’OMCeO di TO
- Il dott. Gianuigi D’AGOSTINO,
Presidente CAO dell’OMCeO di TO
- L’avv. Roberto LONGHIN
- La prof.ssa Carla Maria ZOTTI,
Associato di Igiene Generale e Applicata
Università di Torino
- Il dott. Virginio BOBBA, Presidente ANDI-Torino
- Il dott. William MANUZZI,
Presidente SUSO-Torino
- Il dott. Vincenzo MACRÌ,
rappresentante dell’AIO
Nel corso dell’incontro con i giornalisti si è innanzi tutto affermato che dati pubblicati devono
essere confrontati con la normativa vigente: ad
oggi non esistono linee guida specifiche per gli
studi odontoiatrici e che, comunque, quelle in vigore dal 2000, riferite agli ambienti nosocomiali,
prevedono l’indicazione di immediate misure di
decontaminazione a fronte di una concentrazione di Legionelle superiore a 10.000 Ufc per litro
d’acqua.
Ai giornalisti è stato poi annunciato che la categoria professionale degli odontoiatri si è in ogni
caso fatta carico del problema istituendo un
suo gruppo di studio su questa tematica come
testimonia il comunicato dell’ANDI dal titolo
“LEGIONELLA: UN GRUPPO DI LAVORO ANDI
PER FARE CHIAREZZA. OBIETTIVO DARE INDICAZIONI CHIARE PER EVITARE DI CRIMINALIZZARE
LO STUDIO ODONTOIATRICO” (pubblicato sul
portale dell’Associazione http://www.andi.it/) e
l’articolo a firma del Presidente CAO di Torino,
Gianluigi D’Agostino dal titolo “DENTISTI E LEGIONELLA: FORSE VITTIME POSSIBILI MA NON
UN PERICOLO PER LA SALUTE PUBBLICA”, pubblicato sul portale dell’Ordine www.torinomedica.org all’indirizzo (http://www.torinomedica.
org/torinomedica/?p=11909).
La conferenza stampa è stata ripresa integralmente dalla redazione di Torino Medica che ha
anche realizzato un’intervista con la Prof.ssa Carla Maria Zotti. I due servizi video sono scaricabili
dalla Rete all’indirizzo http://
w w w. v i d e o m e d i c a . o r g /
videomedica/?s=legionellosi
e immediatamente attraverso uno smartphone attraverso il codice Qr che segue.
A completamento della notizia
pubblichiamo an-della noti
A completamento
che un documento, elaborato
dalla CAO-Torino,
distribuito
in conferenza sta
e distribuito in conferenza stampa,
che è unadasininquinamento
Legionella
tesi delle conoscenze scientifiche riferibili ai rischi
di inquinamento da Legionella in ambito medicosanitario.
RISCHIO IN
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La Legionella è un bacillo G
presenza di uno o più flagel
predilezione
per gli impiant
LUGLIO
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capacità di sopravvivenza d
(25° – 45° C), a parametri d
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Discutendo di Odontostomatologia
Il dedalo
RISCHIO INFETTIVO DA LEGIONELLA
NEI CIRCUITI IDRICI DEI RIUNITI ODONTOIATRICI
La Legionella è un bacillo Gram negativo, aerobio, asporigeno, generalmente mobile per la presenza di uno o più flagelli. Vive in
ambienti acquatici naturali ed artificiali con una spiccata predilezione per gli impianti idrici che presentano rami morti o sezioni
soggette a stagnazione. La capacità di sopravvivenza del germe è legata alla presenza di biofilm, alla temperatura dell’acqua (25°
- 45° C), a parametri di natura chimica quali pH, presenza di cloro, ferro, rame. Ne sono conosciute 52 specie suddivise in oltre
70 sierogruppi, circa la metà delle quali risultano patogene opportunistiche. L. pneumophila di sierogruppo 1 è la maggiormente
implicata nella patologia umana.
La trasmissione interumana della legionella non è mai stata dimostrata pertanto l’unica sorgente di infezione a oggi riconosciuta
è rappresentata dall’ambiente.
L’infezione, che può decorrere anche in modo asintomatico, si estrinseca in due forme cliniche: la febbre di Pontiac e la malattia
del Legionario.
La prima dopo una incubazione di 24 - 48 ore si manifesta con un quadro simil- influenzale senza interessamento polmonare.
La seconda, dopo una incubazione da 2 a 10 giorni dà luogo a una polmonite interstiziale non necessariamente con manifestazioni extra polmonari. Fattori predisponenti la malattia sono l’età avanzata, la presenza di malattie croniche e l’immunodeficienza.
Il rischio di ammalarsi è inoltre correlato al grado di intensità dell’esposizione, dipendente dalla quantità di legionelle presenti e
dal tempo di esposizione, dalla virulenza e dalla carica infettante dei singoli ceppi
L’esito della malattia è condizionato da caratteristiche individuali e da patologie preesistenti che spiegano la diversa suscettibilità
alla malattia da parte di soggetti esposti alla stessa fonte di contagio. La letalità media è del 10%, con picchi fino al 30 - 50%
nei casi nosocomiali.
LEGIONELLA E SICUREZZA AMBIENTALE
La presenza di punti di ristagno dell’acqua associata a deboli clorazioni o riscaldamenti non eccessivi (fino a 50°C in caso di acqua
distribuita calda) costituiscono situazioni ideali per la proliferazione delle cellule di Legionella che provengono dalla rete idrica di
alimentazione. Il serbatoio ambientale molto ampio rende impossibile il perseguimento dell’eliminazione della Legionella negli
impianti idrici e di condizionamento.
Non esiste accordo in letteratura scientifica, né tra le diverse linee guida pubblicate a livello internazionale, sull’opportunità o
meno di eseguire campionamenti ambientali periodici del sistema di distribuzione dell’acqua nelle strutture sanitarie. Inoltre, anche tra coloro che sostengono la necessità di effettuare un monitoraggio periodico dell’acqua, non vi è accordo circa la frequenza
di campionamento né le soglie da considerare a rischio (soglie oltre le quali è necessario attivare sistemi di bonifica).
LEGIONELLA E ODONTOIATRIA
In ambito odontoiatrico a fronte di milioni di prestazioni odontoiatriche prestate negli anni nei paesi industrializzati, non sono
mai stati documentati cluster o episodi epidemici che rappresenterebbero la prova della pericolosità delle cure odontoiatriche. Al
momento è stato segnalato in Italia un solo caso di malattia sicuramente correlato all’esposizione odontoiatrica (Ricci et al. 2012).
I rapporti annuali sulla Legionellosi in vari paesi, compreso quello italiano (Notiziario ISS), riferiscono qualche caso all’anno in cui,
come unico fattore di rischio della malattia, è riportato un trattamento odontoiatrico. Tuttavia una esposizione, non documenta
da esami microbiologici sul paziente e sull’ambiente, di per sè non costituisce una relazione causale.
Lo staff odontoiatrico può essere considerato a rischio di infezione da Legionella, qualora tale microrganismo colonizzi la rete
idrica del riunito odontoiatrico in quanto tale apparecchiatura durante il normale funzionamento aerosolizza l’acqua proveniente
dai condotti interni.
I dati di prevalenza degli anticorpi anti-Legionella riferiti dalla letteratura sono però contrastanti: da alcuni studi emerge una
chiara associazione fra la professione odontoiatrica e la presenza di anticorpi anti-Legionella (Fotos et al, 1985; Reinthaler et al.,
1988). Altri autori invece non ritengono i dentisti una categoria di operatori particolarmente esposta in quanto il confronto con
donatori o con altre categorie non esposte non ha evidenziato differenze statisticamente significative (Oppenheim et al., 1987;
Pankhurst et al., 2003). Anche l’American Dental Association (ADA) si è schierata con questi ultimi, pubblicando i risultati ottenuti dallo screening effettuato su 1294 dentisti (ADAF Monitors the Health of the Dental Profession). I test sono stati effettuati
nell’ambito del Health Screening Program 2004 (HSP) al fine di valutare il rischio occupazionale da Legionella per i dentisti. Dallo
studio è emerso che il 7.4% dei dentisti possedeva anticorpi anti-Legionella pneumophila e questo dato non si discosta dai risultati ottenuti nel 2003 sia sui dentisti (8.6%) che su un gruppo di controllo. Analoghe conclusioni sono riportate in un documento
pubblicato dall’ADA nel 2014.
Mentre per quanto riguarda il monitoraggio microbiologico finalizzato alla ricerca di Legionella, non sono riportate indicazioni sia
nei documenti nazionali (LG italiane legionellosi) sia in quelli internazionali (ADA, CDC, Department of Health UK). ¢
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Franco Aprà
Direttore f.f.
Dipartimento
Emergenza
e Accettazione
Direttore
S.C. Medicina
d’Urgenza
Ospedale
San Giovanni
Bosco
I Pronto Soccorso
sono tra i servizi
sanitari più
frequentati dagli
Italiani e spesso
rimangono l’unica
risposta che i
cittadini trovano
ai loro problemi di
salute e non solo.
LA CARTA
DEI DIRITTI AL
PRONTO SOCCORSO
In un’epoca in cui tutti vogliono parlare di diritti e mai di doveri, come si fa a recuperare il senso della
reciproca civile convivenza per permettere relazioni sereni e collaborativi? Potrebbe non esserci una
risposta. Se inoltre facciamo questa domanda in un ambito sanitario la situazione diventa ancor più
difficile: una parte ha solo doveri l’altra solo diritti. Se poi riduciamo ulteriormente il nostro campo
a quello dell’immediatezza, del tutto subito, del non si può aspettare, ci possiamo sentire impotenti
davanti a un conflitto permanente apparentemente irrisolvibile.
Questa può essere la sensazione che colgono i medici e gli infermieri che lavorano nei Pronto Soccorsi
italiani, soprattutto nei centri urbani. La passione per un lavoro unico come quello del Pronto Soccorso
sembra non bastare più di fronte alle difficoltà che si presentano quotidianamente: strutture inadeguate, organici striminziti e instabili, pazienti con problemi che sembrano sempre più difficili.
Quale risposta possiamo dare a tutto ciò?
I Pronto Soccorso sono tra i servizi sanitari più frequentati dagli Italiani (oltre 24 milioni di accessi
annui) e spesso rimangono l’unica risposta che i cittadini trovano ai loro problemi di salute e non
solo. La crisi economica e sociale, ancora in atto, ha portato ad un sensibile sovraccarico di queste
strutture da un punto di vista qualitativo poiché vengono richieste soluzioni a problemi spesso non
soltanto di salute.
LA SETTIMANA DEL PRONTO SOCCORSO (16 MAGGIO - 24 MAGGIO)
La Società Italiana di Medicina d’Urgenza Emergenza (SIMEU), che quest’anno compie 15 anni, ha
sempre sostenuto con forza la dignità di attività specialistica della Medicina d’Urgenza. Negli anni la
disciplina ha avuto molti successi, tantoché nel 2014 si sono diplomati i primi Specialisti in Medicina
d’Urgenza. Tuttavia le difficoltà sopra descritte rischiano di spegnere il grande entusiasmo dei giovani
medici e infermieri che si affacciano a quest’attività.
Per questo motivo la SIMEU ha promosso, a livello nazionale e per il secondo anno, la “Settimana del
Pronto Soccorso (16 maggio - 24 maggio)”. In questo modo si vuole poter avvicinare i cittadini ai problemi del Pronto Soccorso condividendone le soluzioni. Da quest’anno la manifestazione ha raccolto la
collaborazione di Cittadinanzattiva - Tribunale per i diritti del malato, che sostiene l’attuazione del diritto costituzionale alla salute. L’idea alla base di questa collaborazione è che solo un’alleanza tra operatori e cittadini può preservare e migliorare il patrimonio dei servizi sanitari d’Emergenza-Urgenza.
Nell’ambito di queste iniziative la sezione regionale della SIMEU e quella di Cittadinanzattiva hanno
promosso un nuovo modo di affrontare le difficoltà dei pronto soccorso: La carta dei diritti al pronto
soccorso.
I diritti in questo caso sono di tutti, malati e operatori e, quando i diritti sono condivisi, ci sono anche
doveri reciproci per garantire il rispetto di questi stessi diritti.
La carta si articola in sette punti che colgono tutti gli aspetti (strutturali, organizzativi, gestionali e
professionali) necessari perché i Pronto Soccorso possano continuare a garantire ottimi servizi, cure
adeguate e un’ambiente accogliente e collaborativo, amichevole e familiare a chi viene curato ed
u
assistito, ai suoi famigliari ma anche a chi ci lavora.
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Il dedalo
I diritti sono:
1. Diritto alla presa in carico
Indipendentemente dalle caratteristiche del servizio di emergenza urgenza in cui avviene l’accesso,
ogni individuo ha diritto a ricevere trattamenti adeguati e a essere indirizzato, nel minore tempo possibile, verso le strutture più appropriate.
2. Diritto alla dignità personale
Ogni individuo che viene a trovarsi in situazioni di emergenza e urgenza ha il diritto a non subire
riduzioni della dignità personali dovute a strutture inadeguate, carenze di organizzazione o comportamenti arbitrari.
3. Diritto alla continuità dei percorsi di cura
Ogni individuo ha diritto a interventi di emergenza o urgenza coordinati con le eventuali cure già in
atto e seguito da percorsi appropriati e tempestivi di convalescenza e riabilitazione.
4. Diritto alla prevenzione delle emergenze evitabili
Ogni individuo ha diritto a non essere costretto a ricorrere alle strutture di emergenza urgenza soltanto
per rimediare alla insufficiente organizzazione dei servizi e dei percorsi di cura.
5. Diritto all’informazione
Ogni individuo ha diritto ad accedere ad informazioni aggiornate e attendibili sulla organizzazione dei
servizi di emergenza relativi al territorio di residenza e sulle prestazioni effettivamente disponibili nei
diversi Pronto soccorso.
6. Diritto alla competenza
Ogni individuo ha il diritto ad avere una cura e una assistenza competenti, appropriate e proporzionate alle esigenze del malato.
7. Diritto alle “sei ore”
Ogni individuo ha diritto a permanere in Pronto Soccorso il tempo minimo indispensabile e comunque
non oltre le sei ore necessarie per i trattamenti di stabilizzazione e il sollecito trasferimento a una
sistemazione idonea.
ci sono rilevanti problemi ad accedere al pronto soccorso. Per questo motivo il 20 giugno ci sarà una
nuova presentazione della Carta dei diritti ad Acqui Terme, che porrà l’attenzione su problemi completamente diversi da quelli di Torino.
La speranza di chi ha redatto a Carta è di iniziare un nuovo cammino condiviso tra malati, loro familiari, medici, infermieri e amministratori: essi sono tutti cittadini non parti contrapposte e devono
collaborare per salvaguardare il sistema dell’urgenza e più in generale il servizio sanitario pubblico. ¢
PERCHÉ LA CARTA
La Carta chiede il rispetto di diritti individuali fondamentali (dignità, equità, informazione) e la presenza di un pronto soccorso eccellente (organizzazione integrata, efficienza, adeguatezza strutturale,
competenza).
La competenza dei medici e degli infermieri è un punto irrinunciabile per poter avere cure competenti, appropriate e proporzionate alle esigenze del malato. In altre parole si chiede di non demandare
solo all’organizzazione l’eccellenza del servizio, come sempre più spesso si sente dire da parte degli
amministratori.
La Carta è stata concepita per superare la contrapposizione tra chi usufruisce del Pronto Soccorso e
chi ci lavora e recuperare un reciproco rispetto: da una parte persone che soffrono dall’atra persone
che svolgono un lavoro difficile e gravoso.
Il settimo diritto li riassume tutti: è il diritto a rimanere in Pronto Soccorso il tempo minimo necessario
perché si decida qual è il destino del malato: il numero di ore deriva dalla letteratura internazionale e
in alcuni paesi è diventato un obiettivo nazionale.
Questi diritti sono legati tra loro da un filo sottile ma saldo: ad esempio per garantire la dignità della
persona, che è quella del paziente ma anche dell’operatore, è necessario che le strutture del Pronto
Soccorso siano adeguate da un punto di vista strutturale. Se mancano le strutture, anche con la migliore volontà non si riuscirà mai a garantire la privacy e l’accoglienza a chi viene In Pronto Soccorso e
a chi ci lavora. Questo è solo un esempio di come la carta dei diritti deve essere letta.
Per ogni diritto sono elencate poi alcuni esempi di violazione e le azioni che vengono richieste per
poter garantire i diritti stessi. Gran parte, se non tutte, le richieste sono già state messe in agenda dalla
Regione Piemonte e i medici d’urgenza non chiedono di meglio che collaborare ad attuarli, mettendosi
in gioco in prima persona.
LA CARTA E IL TERRITORIO PIEMONTESE
La Carta dei diritti è stata presentata il 22 maggio per quanto riguarda l’area metropolitana di Torino,
ma questo non vuol dire che non debba interessare le altre aree zone del Piemonte: andrà declinata
in maniera diversa per garantire a tutti gli stessi diritti. Infatti per quanto riguarda i servizi di pronto
soccorso il Piemonte è diviso in due: da una parte l’area metropolitana, dove i servizi sono facilmente
accessibili ma è difficilissimo ricoverare i pazienti, dall’altra il resto della regione dove in alcune zone
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Il dedalo
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PKT Poliambulatorio Kinesiterapico Tesoriera srl
AMBULATORIO MEDICINA FISICA E RIABILITAZIONE
POLIAMBULATORIO SPECIALISTICO Privato - Convenzionato con il SSN
Corso Francia, 333/5/c - 10142 TORINO
Per informazioni: Tel. e Fax 011.779.59.33 - 779.34.78
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NUOVA SEDE PKT
Il Poliambulatorio Kinesiterapico Tesoriera ha aperto la nuova sede di
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Orario PRENOTAZIONI: dal Lunedì al Venerdì 08,30 – 18,30 orario continuato
Orario TERAPIE: dal Lunedì al Venerdì 08,00 – 19,00 orario continuato
La zona è servita dalle seguenti linee di trasporti
pubblici con i veicoli accessibili a clienti disabili:
AUTOBUS Linea 33 – Fermata ERITREA
AUTOBUS Linea 36 – Fermata MARCHE
METROPOLITANA - Fermata MARCHE
PARCHEGGIO GTT VENCHI UNICA
PRESTAZIONI POLIAMBULATORIO SPECIALISTICO
erogate in regime di CONVENZIONE con
il SSN:
• Visita Ortopedica
• Iniezioni di sostanze terapeutiche nell’articolazione (Infiltrazioni)
• Visita Dermatologica
• Visita Ortopedica e Infiltrazioni
• Visita Dermatologica e Controllo Nei
• Visita Cardiologica ed Elettrocardiogramma
• Visita Dietologica con stesura dieta personalizzata
• Visita Neurologica
• Visita Endocrinologica
erogate PRIVATAMENTE:
• Visita Fisiatrica e di controllo
• Iniezioni di sostanze terapeutiche
nell’articolazione (Infiltrazioni)
• Mesoterapia
• Rieducazione disturbi motori sensitivi
a Minore Disabilità e a Maggiore
Disabilità
• Valutazione dei disturbi motori sensitivi a Minore Disabilità e a Maggiore
Disabilità
• Valutazione Strumentale dei disturbi
motori sensitivi
• Rieducazione Motoria in gruppo
• Linfodrenaggio manuale
• Massoterapia connettivale
• Rieducazione Strumentale (Isocinetica
Easytech / Pedana Stabilometrica /
Cicloergometro)
• Mobilizzazione colonna vertebrale
• Trattamenti logopedici
• Elettroterapia Antalgica (Diadinamica
– Interferenziale - Tens)
• Elettroterapia distrettuale dei muscoli
normo o denervati (Elettrostimolazioni)
• Laserterapia
• Visita Fisiatrica per alterazioni posturali e scoliosi
• Ambulatorio specializzato in età
evolutiva
• Ambulatorio osteoporosi
• Infiltrazione e mesoterapia
• Rieducazione Posturale Globale RPG
• Percorsi riabilitativi personalizzati con
valutazione degli obiettivi raggiunti
• Pompages
• Palestra di ginnastica dolce con
metodo Pilates
• Rieducazione Strumentale con attrezzature sofisticate (Isocinetica Easytech e
Pedana Stabilometrica)
• Valutazioni del percorso riabilitativo
• Massoterapia connettivale e linfodrenaggio
• Massoterapia distrettuale riflessogena
• Massokinesiterapia
• Mobilizzazione articolare
• Mobilizzazione della colonna vertebrale con tecniche chiropratiche
• Taping (Bendaggio elastico adesivo)
• Tecarterapia manuale e automatica
• Magnetoterapia con solenoide
IL PKT E L’SKT HANNO STIPULATO
CONVENZIONI DIRETTE E INDIRETTE CON I
FONDI SANITARI, COMPAGNIE ASSICURATIVE
E ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA
• Laserterapia LUMIX (laser continuo pulsato e
superpulsato)
• Terapia ad Onde Meccano – Sonore (VIBRA PLUS)
• Ionoforesi
• Elettroterapie antalgiche (Diadinamica – Interferenziale - Tens)
• Elettrostimolazione
• Ultrasuoni a campo mobile
• Onde d’urto (Litotrissia extracorporea ESWT)
• Ossigeno – ozono terapie
• Valutazione e Trattamenti Logopedici
• Valutazione e Trattamenti Psicologici
• Valutazione e Trattamenti di Neuro Psicomotricità
dell’età evolutiva
SKT Studio Kinesiterapico Torinese s.r.l.
AMBULATORIO MEDICINA FISICA E RIABILITAZIONE Privato - Convenzionato con il SSN
Via Lussimpiccolo, 10 - 10141 TORINO
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Sito Internet: www.centrifisioterapia.com
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1965 - 2015:
IL CTO DI TORINO
COMPIE 50 ANNI
...
erogate PRIVATAMENTE:
PRESTAZIONI AMBULATORIO DI RECUPERO E
RIEDUCAZIONE FUNZIONALE DI 1° LIVELLO
erogate in regime di
CONVENZIONE con il SSN:
Le nostre radici
Via Lussimpiccolo è servita dalle seguenti linee di trasporti pubblici:
n° 55 con fermata in C.so Racconigi | n° 58 con fermata in Via Spalato
Prof. Arnaldo
Francia
(Primario Emerito
del CTO di Torino)
L’AMARCORD DI UN SUPERSTITE
Pochi anni or sono ho partecipato con particolare interesse alla
grandiosa celebrazione del Centenario della fondazione in Italia
dei nostri Ordini professionali e nel corso della cerimonia, non
senza commozione, ho ritirato la medaglia d’oro conferita dal
nostro Ordine ai colleghi con 60 anni di Laurea, espressamente
consegnatami dal Consigliere Tesoriere dell’epoca (il dott. Guido
Regis, ndr) che era stato uno dei più bravi tra i miei collaboratori
nella Radiologia Centrale del CTO di Torino.
Già al momento dell’invito alla premiazione, ciascuno di questi
anziani colleghi era stato sollecitato, nel caso lo ritenesse opportuno,
a presentare, nel corso della cerimonia, eventuali documentazioni,
fotografie, memorie o, ancor meglio, a riferire l’episodio o
commentare il momento della sua ormai lunga carriera per lui
particolarmente significativo che potesse suscitare l’interesse o
almeno la curiosità del pubblico presente e soprattutto dei più
giovani colleghi.
Tutti erano piuttosto restii ad effettuare una scelta prioritaria fra i
tanti e tanti ricordi accumulatisi nel corso di una vita professionale
già durata 60 anni mentre non mancarono meritori volontari, più
disponibili e più solerti a riferire episodi professionali loro occorsi,
di piacevole ascolto.
Personalmente, in quell’occasione mi limitai ad esprimere per
iscritto al Presidente del nostro Ordine, il ringraziamento per aver
voluto e saputo inserire la nostra premiazione in una così grandiosa
cerimonia. Gli confessai che anche da parte mia esisteva una certa
perplessità in merito alla scelta e alla riproposizione di avvenimenti
o episodi, tra i tanti degni di ricordo.
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Le nostre radici
Avrei potuto sceglierli ripercorrendo con la memoria il lunghi anni
in cui ho frequentato l’Istituto di Patologia Medica dove bravi,
indimenticabili maestri, insieme con la semeiotica
mi hanno insegnato il culto della deontologia.
Avrei potuto cercarli in quei due anni in cui ho avuto l’incarico di
medico condotto interino, in Barriera di Milano dove, tra l’altro, la
bidella della scuola, sede dell’l’ambulatorio, che fungeva anche da
infermeria, ha saputo darmi consigli pratici, oserei dire eccezionali,
e dove soprattutto ho incontrato un tipo di clientela di una povertà
impressionante, ma quasi sempre di altrettanto incredibile dignità
ed onestà e comunque meritevole della mia riconoscenza
per l’esperienza che ne ho tratto.
Avrei potuto ricercarli nel successivo periodo della mia frequenza
presso la Clinica Fornaca, in quegli anni appena inaugurata,
dove, forse per la legge del contrappasso, ebbi modo di incontrare
certamente tutta una serie di esemplari della più ricca borghesia
non solo della nostra regione e persino qualche testa coronata.
Volli per altro concludere il mio
scritto confidando al Presidente
che il ricordo più importante ed
indimenticabile della mia vita
professionale, assolutamente
meritevole di un’assegnazione
prioritaria nella mia memoria,
sarebbe sempre rimasto il giorno
dell’inaugurazione del Centro
Traumatologico Ortopedico e
(allora) delle Malattie Sociali e
del Lavoro della città di Torino,
avvenuta nel giugno del 1965.
Nel giugno di quest’anno 2015
si è tenuta una cerimonia
commemorativa per il
cinquantesimo compleanno di
questo ospedale che ha avuto
grande rilievo mediatico.
Sono lieto ed onorato che, in
occasione di questa celebrazione,
mi sia consentito di pubblicare
questi ricordi sul periodico
del nostro Ordine dedicandoli
a qualche lettore curioso ma
soprattutto ai sopravvissuti
che come me erano presenti 50
anni or sono alla festa di quella
piuttosto inusuale inaugurazione
nonché a tutti gli attuali
operatori del C.T.O., medici e
non medici, che leggendo questa
storia potranno forse acquisire
qualche ulteriore notizia in
merito alla ancor breve vita
dell’Ospedale, dove prestano la
loro opera quotidiana.
LA NASCITA DEL CTO DI TORINO
Alla fine degli anni ‘50 una decina di ospedali erano già operanti in Italia sotto l’egida dell’INAIL,
quasi tutti all’avanguardia per il livello qualitativo e
funzionale, finalizzati alla diagnosi e alla cura della
patologie conseguenti agli incidenti sul lavoro e
alle malattie professionali.
Per l’eccellenza acquisita e la fama ben meritata
erano divenuti in breve tempo non più limitati
ad un’utenza costituita unicamente da lavoratori vittime di incidenti o di malattie determinatesi
nell’ambiente di lavoro in conseguenza della tipologia professionale ma praticamente a disposizione di tutti i cittadini dell’intero Paese.
Torino era rimasta tra le grandi città italiane ancora priva di un presidio ospedaliero del genere.
Fu proprio verso la fine degli anni ‘50 che l’INAIL
decise di dotare anche la nostra città di un Ospedale con caratteristiche similari a quelle degli
altri già esistenti, per le loro finalità diagnosticoterapeutiche denominati Centri Traumatologici
Ortopedici e più comunemente e popolarmente
indicati come CTO.
In quanto ultimo nato della serie, quello di Torino avrebbe dovuto costituire il fiore all’occhiello
dell’Istituto oltre che per la bellezza architettonica
e per i criteri urbanistici di avanguardia anche per
le caratteristiche funzionali, per la modernità delle
attrezzature e per la qualificazione del personale
tale da costituire, nel campo delle sue specifiche
discipline, vero Polo Ospedaliero Universitario
dell’intera regione. In qualità di dirigente radiologo della sede piemontese dell’Ente costruttore
partecipai personalmente al progetto per la realizzazione di un servizio di radiologia che fosse
all’avanguardia europea e in proposito visitai con
una apposita commissione una serie di ospedali in
Francia, Germania, Inghilterra e Olanda.
La realizzazione dell’orgoglioso programma di
una costruzione avveniristica di ben sedici piani
avvenne nei tempi previsti malgrado l’inizio dei
lavori avesse dovuto subire ostacoli non certo per
demerito o inerzia dei promotori ma per una serie di difficoltà quasi tutte legate alla inefficienza
burocratica, vera spina nel fianco che ostacola e
talora avvilisce preziose iniziative in un Paese in cui
esistono migliaia di leggi in apparente o reale contraddizione che spesso rendono complessa la loro
interpretazione e perfino non priva di rischi anche
la loro stessa pur diligente applicazione.
Ulteriori difficoltà iniziali erano derivate da una
certa, neanche tanto sopita, resistenza locale alimentata in alcuni ambienti ospedalieri e universitari della nostra città non propriamente favorevoli
alla nascita di un nuovo presidio.
Una certa animosità del terreno scelto per l’edificio
u
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Le nostre radici
del Centro, situato in vicinanza della sponda del Po, piuttosto ostica in relazione alla sua composizione
geologica, rese particolarmente difficoltosa la fase iniziale dei lavori ma non riuscì a rallentarne il corso.
La capacità mediatrice dei dirigenti dell’Istituto, l’abilità dei progettisti, la professionalità e la tenacia
dei costruttori, la disponibilità e l’impegno delle maestranze fecero sì che malgrado i non pochi eventi
contrari, con una puntualità cronometrica oggi impensabile (tanti esempi ce ne danno purtroppo quasi
quotidiana conferma), la bandiera, simbolo dei lavori edilizi conclusi, sventolasse nei primi mesi del 1965,
con un certo anticipo sui tempi previsti, sul pennone issato al sedicesimo piano.
Da quel momento il nuovo grattacielo divenne, insieme con pochi altri confratelli in altezza e con la
Mole, uno dei punti di riferimento del panorama aereo della nostra città.
Sembra oggi quasi incredibile che allora nel giro di pochi anni si siano potute realizzare opere pubbliche
di grande portata e suscita forse maggiore stupore, misto di ammirazione e quasi incredulità, che in
quell’epoca un istituto pubblico riuscisse a dedicare parte degli utili del suo bilancio fortemente attivo,
nella costruzione di ospedali di altissimo livello qualitativo e funzionale finalizzati alla diagnosi e alla cura
delle patologie conseguenti agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali quasi tutti all’avanguardia non solo per questo tipo di attività e ben presto, come già detto, a disposizione di tutti i cittadini.
Un difficile inizio
Purtroppo una infelice inchiesta giudiziaria, del tutto estranea alla costruzione del nuovo ospedale, conclusasi a notevole distanza di tempo con l’assoluzione generale nei confronti di alcuni dirigenti nazionali
dell’INAIL condizionò, negli ultimi sei mesi dei lavori dapprima un notevole rallentamento delle procedure amministrative atte a consentire il completamento delle necessarie forniture e successivamente una
vera e propria perdita di contatti con i fornitori di alcune importanti attrezzature da tempo programmate, idonee per una corretta degenza dei ricoverati e in particolare indispensabili per le sale operatorie,
per il Pronto Soccorso e per la Radiodiagnostica.
Di fronte ad una situazione del genere, la direzione dell’Istituto ritenne di rimandare l’apertura dell’ospedale, prevista per la primavera, senza essere in grado, in quella precaria situazione di precisare una data
almeno futuribile, procedendo quindi di rinvio in rinvio senza che ne venissero giustificati i motivi se non
adducendo risposte evasive e tutta una serie di scuse tra le quali la più brillante era comunque quella
dell’impossibilità del Presidente della Repubblica ad intervenire all’eventuale inaugurazione.
In realtà la motivazione di quel pesante silenzio derivava dalla cautela se non dalla reale impossibilità
dei funzionari dell’INAIL ad assumere responsabilità di firma su qualsiasi documento amministrativo nel
corso dell’indagine della Magistratura, sia pure del tutto estranei all’operazione CTO di Torino.
È difficile per coloro che hanno vissuto questa avventura dimenticare una solatia mattina del marzo di
quel 1965 quando, stanchi della lunga attesa, degli inadempimenti e dei rinvii da parte delle autorità responsabili essi poterono esprimere il loro disappunto all’allora Presidente dell’INAIL On. Sansone giunto
appositamente a Torino che prese atto in loco della gravità della situazione riuscendo a mediare, almeno
con le autorità regionali, provinciali e comunali, per la parte di loro competenza, al fine di rimuovere una
parte dei tanti ostacoli burocratici condizionati dalla particolare situazione dell’Istituto ma anche da una
certa indolenza ed inefficienza del potere politico.
A conoscenza di questa trattativa e confortati dalla personale garanzia del Presidente, i medici, il personale infermieristico e quello amministrativo già in attività preventiva e organizzativa, in maggioranza
proveniente dall’ospedale di San Vito e in parte messi a disposizione della sede INAIL con similari finalità,
promossero una specie di assemblea generale di tutti gli operatori.
Ad essa parteciparono volontariamente anche tutti i neo assunti, la maggior parte dei quali arrivati dal
Sud, dopo aver percorso quella che allora veniva chiamata la via della speranza e già utilizzati in attività
di tipo collaborativo, in attesa di assumere i rispettivi ruoli. Vi parteciparono pure i tecnici e le maestranze
del cantiere ancora in azione per le varie rifiniture intramurarie.
Un atto di coraggio
All’unanimità venne deciso di sfidare le pastoie di una farraginosa burocrazia ed anche la scarsa sollecitudine se non l’indifferenza di certe autorità e si convenne di rompere gli indugi e attuare l’apertura
dell’Ospedale entro il mese di giugno.
Ma era a tutti ben noto che tale decisione avrebbe potuto trovare pubblica ufficializzazione e pratica
realizzazione solo quando fosse stato possibile effettuare il trasferimento al nuovo CTO almeno delle Divisioni universitaria ed ospedaliera di Ortopedia sino allora allocate presso l’Ospedale San Vito e quando
fossero compiutamente a loro disposizione, le sale operatorie, il Pronto Soccorso, i servizi di Laboratorio
e di Radiologia.
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Si assisteva a una
riscoperta di tutta
una serie di valori
ed una corale
volontà di recupero
del tempo perduto
e si realizzava
un’eccezionale
rinascita non solo
economica ma
anche culturale ed
umana.
Per avvallare con i fatti un’iniziativa del genere
tanto coraggiosa quanto inconsueta fu necessario
limitare, almeno all’inizio, l’allestimento dei piani
di degenza ad un numero nettamente inferiore
alle previsioni e di portare a termine nel più breve
tempo possibile quei lavori ritenuti indispensabili
per poter garantire un funzionamento di base auspicabilmente provvisorio, per un pur limitato numero di ricoverati nel rigoroso rispetto delle leggi
igienico-sanitarie oltre che dei principi etici e deontologici di un corretto servizio professionale.
L’impegno messo in atto fu quindi necessariamente senza risparmio ma venne ampiamente appagato dal conseguimento dell’obiettivo proposto.
Nel giro di poche settimane vennero completati i lavori necessari per consentire l’apertura di alcuni piani di degenza sufficienti ad accogliere in modo più
che dignitoso le prime divisioni di ortopedia trasferite dal San Vito e si poterono attivare tutti i servizi.
Non senza difficoltà fu possibile attrezzare soddisfacentemente l’accettazione, il laboratorio e il pronto
soccorso che, in attesa dell’installazione nel suo ambito della prevista unità radiodiagnostica, penalizzata dalle more burocratiche e non ancora pervenuta,
per qualche tempo avrebbe dovuto utilizzare forzatamente una unità radiologica mobile.
Per attivare il Servizio Centrale di Radiologia in
contemporanea con l’apertura dei primi piani di
degenza fu necessario trasferire d’urgenza un’attrezzatura diagnostica dalla sede Inail di Torino e
sistemare in una seconda sala una apparecchiatura
ceduta con grande spirito di solidarietà dalla sede
di Firenze.Tutto ciò in attesa dell’istallazione delle
quattro sale programmate sull’esempio di quelle
tecnologicamente più avanzate, e a suo tempo
ammirate all’estero, ma purtroppo destinate per
alcuni anni a rimanere un magnifico ricordo.
Un personale capace di fare squadra
Fu solo grazie al grande impegno di tutto il personale nelle sue variegate categorie se già a metà giugno
1965 il CTO di Torino poteva considerarsi disponibile
per iniziare la sua vita operativa sia pure in mezzo a
tante difficoltà e ancora condizionato da non poche
carenze che sarebbero state colmate solo nel giro di
alcuni anni per consentirne la completa efficienza.
Se ne deve dare merito alle maestranze edili, al
personale sanitario già collaudato dall’indiscussa
esperienza acquisita, spesso nel corso di tanti anni
di servizio, all’ospedale San Vito e alla sua capacità organizzativa nella nuova sede, ai neoassunti
in attesa di collocamento che avrebbero dimostrato grande disponibilità non solo all’apprendimento ma all’approfondimento e all’affinamento
professionale nei vari ruoli in cui sarebbero stati
collocati nonché della loro quasi incredibile capacità di inserimento nella società locale.
Il comportamento messo in atto in quell’occasione da tutto il personale nonché da coloro che
parteciparono all’avventurosa operazione quasi di
protagonismo decisionale, in sintonia con la vocazione di quei meravigliosi anni ‘60, non facilmente
riproponibile nella storia recente del nostro paese.
Esso può trovare sufficiente credibilità da parte di
coloro che quel periodo non l’hanno vissuto solo
se, attraverso il racconto degli anziani o la lettura
di vecchi giornali o la visione di retrospettive televisive riusciranno a comprendere e compenetrane
lo spirito.
Solo in tal modo sarà possibile capire quali fossero
a quell’epoca la vitalità, l’entusiasmo, l’ottimismo
che per quasi due decenni costituirono patrimonio
comportamentale di una intera generazione.
In questi anni ‘60 infatti, ormai ad una certa distanza dalla fine della guerra, il nostro Paese, come
la mitica Fenice stava risorgendo dalle sue ceneri
con ritmi sorprendenti e persino imprevedibili.
Si assisteva a una riscoperta di tutta una serie
di valori ed una corale volontà di recupero del
tempo perduto e si realizzava un’eccezionale rinascita non solo economica ma anche culturale
ed umana.
Sembra infatti oggi riduttivo definire semplicemente quell’epoca come il periodo del boom in
quanto in quegli anni avveniva una vera e propria
mutazione di tutta la collettività, mai verificatasi
in precedenza dall’epoca dell’unione del nostro
Paese. Essa fu tale da condizionare la profonda
trasformazione del costume e del modo di vivere
dell’intera popolazione.
Il CTO oggi
Oggi il CTO è una stella di prima grandezza nella
costellazione ospedaliera della nostra città, parte integrante dell’Ospedale della Salute e della
Scienza, certamente punto di riferimento di alcune delle più importanti discipline medico-chirurgiche, senza dubbio per merito della validità
dei suoi dirigenti e dei tanti operatori ma anche
grazie alla appassionata dedizione e talora all’oscuro lavoro preparatorio di quei primi pionieri.
Ed è proprio a quel personale che va un po’di
gratitudine da parte di coloro che oggi in questo ospedale svolgono la propria attività in ben
differenti condizioni ambientali e finalmente con
dotazioni strumentali all’altezza di quelle finalità
operative che erano nei programmi dei promotori.
Il ricordo di quei pionieri e la conoscenza dei loro
sacrifici costituirà certamente per essi ulteriore stimolo per sempre meglio operare con l’Istituzione
oggi definita Azienda che per le sue caratteristiche
ben si differenzia evidentemente da tutte le altre e
impone ben differenti doveri. ¢
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Le nostre radici
MEDICI
MASCHI
CONTRO
LE DONNE
MEDICO
Franco Lupano
Da “Medico e paziente” anno XXVI,
5 maggio 2000
La resistenza opposta dalla comunità maschile
alla riconquista da parte delle donne dell’arte
di guarire dopo secoli di emarginazione, è un
chiaro esempio dell’importanza del potere insito nella professione medica. Finché si trattava di letterate o pittrici la cosa non disturbava
granché; le donne che si occupavano di scienza erano già più sospette, perché entravano in
un campo ritenuto “naturalmente” maschile, e
inadatto allo spirito femminile, come affermava nel Settecento il reverendo inglese Richard
Polwhele: “Come possa accordarsi con la modestia femminile lo studio del sistema sessuale
delle piante, io non riesco a capirlo”. Figuriamoci dunque che cosa si poteva pensare di donne
che andavano a scrutare nell’animo e nel corpo
umano, compreso l’apparato sessuale degli uomini…
Ma la battaglia era già persa in partenza, e probabilmente molti se ne rendevano conto. La prima breccia venne aperta, manco a dirlo, negli
Stati Uniti, dove nel 1849 si laureò in Medicina
la prima donna dell’epoca moderna, Elisabeth
Blackwell. In Europa si dovette aspettare gli ultimi decenni del secolo: in Italia la prima laureata
è del 1877, più o meno come in Francia, che nel
1885 vantava già 78 ragazze iscritte alla Facoltà
di Parigi; in Inghilterra furono ammesse ufficialmente nel 1888, mentre in Germania di fatto
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LUGLIO 2015
l’accesso fu loro precluso fino alla fine dell’Ottocento, probabilmente attraverso cavilli amministrativi più che dal punto di vista legale: infatti,
nel 1882 il chirurgo berlinese Von Bergmann affermava che non accettava studentesse ai suoi
corsi perché lo statuto universitario contemplava solo “l’istruzione della gioventù maschile”.
Superato comunque lo scoglio dell’ufficialità, la
resistenza si spostò sul piano della derisione e
della asserita inferiorità dell’intelletto femminile.
Il dottor G. B. Ughetti, laureato a Torino, in un
suo libro di memorie del 1899 dedica un intero
capitolo alle dottoresse. Tanto per cominciare,
afferma candidamente: “Ho delle donne idee
più che lombrosiane” e su questo non gli si può
dar torto. Poi si lancia in alcune previsioni azzardate: “Chi non potrà mai esercitare in campagna, chi non potrà mai levarsi molto in alto in
città, nonostante tutta la buona volontà degli
emancipatori, è la donna medico”. Da uomo di
scienza, si preoccupa di avvalorare le sue tesi
con dati precisi: “Da una ventina d’anni in molte
Università d’Italia è inscritta qualche studentessa che diventa dottoressa. Ebbene e poi? che
ne è stato? Tranne uno o due pianeti satelliti,
nessuna è salita ad astra; perciò né scienziate
né pratiche; giacché non ne ho sentito parlare,
mi auguro che siano ritornate donne” (perché,
come è noto, diventando medici entravano in
uno stadio di essere asessuato). Ma quanta impazienza! Se solo attendeva ancora cinque anni
ecco che trovava una certa Maria Montessori,
“La donna ha
l’istituto, ha l’arte
del medicare,
anche quando non
ha la scienza; ma
questa potendosi
avere da ogni
cervello sano, ne
viene che essa
costituisce il
medico perfetto;
mancando spesso
nell’uomo l’arte,
spessissimo il
cuore”
laureata in Medicina e Pedagogia, che, nominata assistente all’Università di Roma, sperimentava il suo nuovo metodo educativo divenuto
famoso in tutto il mondo; e non molto più in là,
nel 1915, una donna per la prima volta diventava medico condotto in campagna.
Il dott. Ughetti deve però riconoscere che la sig.
na Klumpke, americana ma laureata a Parigi “ha
trovato delle cose bellissime sulla struttura dei
nervi nelle cosiddette paralisi radiculari” ma subito dopo aggiunge: “Allato al microscopio poi
ha trovato un eccellente marito nella persona del
dott. Déjérine, che studiava lo stesso argomento
côte-á-côte, e che oggi è una illustrazione della scienza” naturalmente lui, non lei. Il dottor
Ughetti, poi, ci informa che in un altro Paese
più fortunato del nostro, il Regno Unito, è stata
formulata un’interessante proposta per fronteggiare la marea montante delle donne medico,
durante il discorso inaugurale del Cancelliere
dell’Università d’Irlanda nel 1898: “Quando si
rifletta che nei possedimenti orientali della Gran
Brettagna vi hanno milioni di donne che si lascerebbero morire fra i più strazianti dolori, anziché
permettere ad un medico di guardarle in faccia
e di aver che fare con essi in qualsiasi modo,
si può intendere quale largo campo sia aperto
alle donne inglesi medichesse in quella parte
del mondo”. Pensate che idea, mandarle tutte
in India!”
Scorriamo di qualche decennio ed esaminiamo una rivista del 1926, dal significativo titolo
di “Roma Sanitaria e Lazio. Rivista autarchica
di critica e movimento sanitario”; nella rubrica Questioni d’attualità il prof. Giulio Palumbo
affronta il problema delle dottoresse. L’inizio
non è lombrosiano: egli, considerando che nel
1925 le nuove iscritte alla Facoltà di Medicina a
Roma erano quarantaquattro, prevede che tale
numero “salirà a proporzioni tali da sfatare nel
modo più completo la leggenda dell’inferiorità
cerebrale delle donne”. Ma subito riemerge una
preoccupazione tutta maschile: “La studentessa
in Medicina deve conoscere la struttura e la funzione di tutti gli organi nello stato sano e nelle
deviazioni morbose, e deve conoscere come la
sua collega in Giurisprudenza, tutte le degenerazioni ed i pervertimenti dell’amore”.
Quindi smentisce quanto ha affermato in apertura sostenendo: “L’opinione volgare che la
donna più che col cervello ragioni col sentimento della sua femminilità non è destituita di ogni
base scientifica, ma trova qualche appoggio nella teoria degli ormoni”. Teoria che peraltro non
spiega, mentre si dilunga in una dotta disquisizione corroborata da citazioni da Virgilio e dalle
Sacre Scritture per giungere alle conclusioni che
è facile immaginare: “Nulla è mutato e nulla
può mutare, poiché le leggi naturali sono inesorabili” (il vizio delle profezie è difficile da estirpare) “E se la donna vuole eguali diritti, eguali
doveri, eguali attività, eguali professioni dell’uomo, poiché il solo mascolinizzarsi non basta,
bisogna che essa diventi neutra, o per dirla con
un brutto neologismo, che si emuliebri”. Ma
tranquilli, il professore sta solo scherzando, e
nulla di ciò si avvererà: “Tanto più che le nostre
dottoresse, così gentili, così colte e, soprattutto,
così di buon senso, messe al bivio, nove volte su
dieci gettano la tunica, cioé la laurea, alle ortiche, e dopo vari ondeggiamenti, finiscono collo
scegliere occupazioni più consone alla natura
muliebre, prima fra tutte quella di trovare un
legittimo marito”. Come si vede, gli anni sono
trascorsi invano, e le conclusioni sono sempre le
stesse; e molti altri ne dovranno ancora trascorrere per non sentire più certe affermazioni.
Infatti nel 1950 il professor Umberto Nuvoli,
primario dell’Istituto Radiologico del Policlinico
di Roma, pubblicando il volume “La Radioterapia ad uso del Medico Pratico” vi pone questa
dedica: “A mia moglie, preziosa compagna e
collaboratrice, già studentessa di Medicina, che
solo dopo avermi sposato comprese a pieno
quanto saggiamente operò nel decidersi a non
laurearsi”.
Dopo tutto questo strazio, da cui il genere maschile ne esce assai malconcio, permettete di
citare una voce che ne risollevi sia pure parzialmente le sorti, dimostrando un ben diverso atteggiamento. È quella di Paolo Mantegazza, il
famoso medico igienista, che nel 1893, nel suo
libro “Fisiologia della donna” auspica: “L’Italia
aspetta dalle donne dell’avvenire ciò che le donne del presente non vogliono fare; più che altro,
paurose delle critiche degli uomini, che continuano a volerle femmine, non donne!”. E già
dieci anni prima, nel suo “Le tre Grazie”, delineava chiaramente il concetto che aveva della
donna medico: “La donna ha l’istituto, ha l’arte
del medicare, anche quando non ha la scienza; ma questa potendosi avere da ogni cervello sano, ne viene che essa costituisce il medico
perfetto; mancando spesso nell’uomo l’arte,
spessissimo il cuore”. ¢
Bibliografia
- G. B. Ughetti, Medici e Clienti, Palermo 1899
- Margaret Alic, L’eredità di Ipazia,
Editori Riuniti, Roma 1989
- Paolo Mantegazza, Fisiologia della donna,
Fratelli Treves Editori, Milano 1893
- Sito Internet FNOMCeO: www.fnomceo.it/libsassi.htm
LUGLIO 2015
53
Pianeta solidarietà
CUTE PROJECT
CUTE PROJECT
Il progetto Cute Project è nato due anni fa.
La scelta del nome voleva accendere le menti sul gioco di parole tra cute=pelle e
cute=bello/carino in inglese… e se volesse significare entrambe le cose? E poi, come si
Il progetto Cute Project è nato due anni fa.
pronuncia, all’italiana o all’inglese? Questo nome ha suscitato interesse e ha aiutato a far
CUTE
PROJECT
La scelta del nome voleva accendere le menti sul gioco di parole tra
ricordare il progetto.
Il progetto Cute Project è nato due anni fa.
cute=pelle e cute=bello/carino in inglese… e se volesse significare entram- Cute Project oggi è una Onlus che si occupa di formazione in chirurgia plastica ricostruttiva
La scelta del nome voleva accendere le menti sul gioco di parole tra cute=pelle e
be le cose? E poi, come si pronuncia, all’italiana o all’inglese? Questo nome nei Paesi in via di sviluppo e che opera anche a Torino presso il Sermig, con l’ambulatorio
cute=bello/carino in inglese… e se volesse significare entrambe le cose? E poi, come si
ha
suscitatoall’italiana
interesse eoha
aiutato a far
ricordare
progetto.
plastica
pronuncia,
all’inglese?
Questo
nomeilha
suscitato interesse e ha La
aiutato
a farè per tutti, per le persone più disagiate, e con progetti di prevenzione come
Cute
Project
oggi
è
una
Onlus
che
si
occupa
di
formazione
in chirurgia Occhio alla fiamma, per sensibilizzare soprattutto i giovani in merito alle ustioni.
ricordare il progetto.
plastica
ricostruttiva
nei Paesi
viasidioccupa
sviluppo
che opera in
anche
a Torino
Il team
di Cute Project è costituito da professionisti di settori diversi, tutti impegnati per gli
Cute Project
oggi è una
Onlusinche
di eformazione
chirurgia
plastica
ricostruttiva
presso
il Sermig,
l’ambulatorio
La plastica
per tutti,
peril le
persone
comuni legati all’attività chirurgica, assistenziale e formativa: ci sono esperti di
nei Paesi
in via dicon
sviluppo
e che opera
anche a èTorino
presso
Sermig,
conobiettivi
l’ambulatorio
più
disagiate,
e con
progetti
prevenzione
come Occhio
alla fiamma,
per logistica,
La plastica
è per
tutti,
per le di
persone
più disagiate,
e con progetti
di prevenzione
comecomunicazione e ricerca, chirurghi plastici, medici di medicina generale,
anestesisti, infermieri e docenti.
sensibilizzare
soprattutto
i giovani in merito
alle ustioni.
Occhio alla fiamma,
per sensibilizzare
soprattutto
i giovani in merito alle ustioni.
Le missioni
all’attivo sono tre: Repubblica Democratica del Congo (Ospedale
IlIl team
Project è costituito da
da professionisti
professionisti di
di settori
settori diversi,
diversi, tutti
tuttiimpegnati
team di Cute Project
per umanitarie
gli
Universitario
obiettivi comuni
all’attività
assistenziale
e formativa:
ci sono
esperti di di Kinshasa), nel 2013; Repubblica del Congo (Ospedale di Mossaka) e Benin
impegnati
per glilegati
obiettivi
comuni chirurgica,
legati all’attività
chirurgica,
assistenziale
(Ospedale Saint Padre Pio di N'Dali), entrambe nel 2014.
comunicazione
e ricerca,
chirurghi
plastici, medici
di medicina
elogistica,
formativa:
ci sono esperti
di logistica,
comunicazione
e ricerca,
chirurghigenerale,
In Benin, dove Cute Project torna a giugno 2015, la missione è stata dedicata a Germana
anestesisti,
infermieri
e docenti.
plastici,
medici
di medicina
generale, anestesisti, infermieri e docenti.
leader culturale, artista ed esperta di formazione che ha creduto fin dall’inizio nel
Le
missioni
umanitarie
all’attivo
sono
tre:
Repubblica
Democratica
del
Congo
(Ospedale
Le missioni umanitarie all’attivo sono tre: Repubblica Democratica del Con- Erba,
progetto;
sempre a Germana sarà dedicato il centro che si cerca di costruire a N’Dali, per gli
Universitario
di
Kinshasa),
nel
2013;
Repubblica
del
Congo
(Ospedale
di
Mossaka)
e Benin
go (Ospedale Universitario di Kinshasa), nel 2013; Repubblica del Congo
esiti di ustioni e cicatrici, formando il personale del luogo.
(Ospedale
Saint
Padre
Pio
di
N'Dali),
entrambe
nel
2014.
(Ospedale di Mossaka) e Benin (Ospedale Saint Padre Pio di N’Dali), ennuova missione in Uganda sarà realizzata a ottobre 2015, a Fort Portal.
In Benin, dove Cute Project torna a giugno 2015, la missione è stata dedicataUna
a Germana
trambe nel 2014.
Per approfondire
la conoscenza del progetto e tutti gli sviluppi: www.cute-project.org.
Erba, leader culturale, artista ed esperta di formazione che ha creduto fin dall’inizio
nel
In Benin, dove Cute Project torna a giugno 2015, la missione è stata dediprogetto; sempre a Germana sarà dedicato il centro che si cerca di costruire a N’Dali, per gli
cata a Germana Erba, leader culturale, artista ed esperta di formazione che
esiti di ustioni e cicatrici, formando il personale del luogo.
ha
fin dall’inizio
nel progetto;
sempre aa ottobre
Germana
saràa dedicato
il
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nuova missione
in Uganda
sarà realizzata
2015,
Fort Portal.
centro
che
si
cerca
di
costruire
a
N’Dali,
per
gli
esiti
di
ustioni
e
cicatrici,
Per approfondire la conoscenza del progetto e tutti gli sviluppi: www.cute-project.org.
formando il personale del luogo.
Una nuova missione in Uganda sarà realizzata a ottobre 2015, a Fort Portal.
Per approfondire la conoscenza del progetto e tutti gli sviluppi:
www.cute-project.org.
Eva Mesturino
“Cute Project” in Benin,
Foto di Carlo Orsi
Eva Mesturino
NdR
Consigliamo vivamente i lettori a navigare nel sito Internet di quest’Associazione.
NdR
davvero
un esempio di eleganza, di chiarezza, di proposte operative che sanno rivolgersi
Eva
Mesturino
Consigliamo vivamente i lettori a navigare nel sito Internet di quest’Asso- È
al
Mondo
con
una semplicità coinvolgente perché rifugge dall’enfasi.
ciazione.
ÈNdR
davvero un esempio di eleganza, di chiarezza, di proposte operative che L’attenzione all’aspetto estetico della comunicazione è testimoniato non soltanto dalla
possibile accezione inglese del termine “cute” (come esplicitato nell’articolo), ma anche
Consigliamo
vivamente
i lettori
a navigare
sito Internetperché
di quest’Associazione.
sanno
rivolgersi
al Mondo
con una
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coinvolgente
rifugge
dalla collaborazione
col fotografo Carlo Orsi che ha scattato in Benin le due splendide
È
davvero
un
esempio
di
eleganza,
di
chiarezza,
di
proposte
operative
che
sanno
rivolgersi
dall’enfasi.
foto in BN riprodotte a corredo del pezzo (http://www.cuteal
Mondo
con
una
semplicità
coinvolgente
perché
rifugge
dall’enfasi.
L’attenzione all’aspetto estetico della comunicazione è testimoniato non
project.org/index.php/news/item/381-la-mostra-carloorsibenin-raccontata-da-ceciliaL’attenzione all’aspetto estetico della comunicazione è testimoniato non soltanto
dalla
soltanto dalla possibile accezione inglese del termine “cute” (come esplici- ghibaudi).
possibile accezione inglese del termine “cute” (come esplicitato nell’articolo), ma anche
tato nell’articolo), ma anche dalla collaborazione col fotografo Carlo Orsi
dalla collaborazione col fotografo Carlo Orsi che ha scattato in Benin le due splendide
che
scattato
in Benin
le due splendide
foto in BN riprodotte a corredo
foto ha
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riprodotte
a corredo
del pezzo (http://www.cutedel
pezzo (http://www.cute-project.org/index.php/news/item/381-la-moproject.org/index.php/news/item/381-la-mostra-carloorsibenin-raccontata-da-ceciliastra-carloorsibenin-raccontata-da-cecilia-ghibaudi).
ghibaudi).
Quando l’uso del BN è nelle mani di fotografi capaci e sapienti, come Carlo
Orsi, le figure umane emergono nella loro identità più profonda: una drammatizzazione che diventa racconto e non spettacolo.
Nicola Ferraro
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55
rubriche
rubriche
I servizi dell’Ordine
I CORSI FAD DELLA FNOMCeO
SI COMUNICA CHE DAL 30 GIUGNO AL 28 AGOSTO 2015
GLI UFFICI DELL’ENTE OSSERVERANNO IL SEGUENTE ORARIO:
LUNEDI
MARTEDI
MERCOLEDI GIOVEDI
VENERDI
Comunicati
Ricordiamo ai nostri iscritti che sul Portale della FNOMCeO (www.fnomceo.it), seguendo il percorso che ora indichiamo,
potranno acquisire tutte le informazioni relative ai Corsi di Formazione a Distanza (FAD) attivi e seguendo le indicazioni
potranno anche
iscriversi
e svolgerli.
I CORSI
FAD DELLA
FNOMCeO
Ricordiamo ai nostri iscritti che sul Portale della FNOMCeO (www.fnomceo.it), seguendo il
Entrati
nell’homepage
dall’indirizzo
www.fnomceo.to.it
occorre scorrere col puntatore del mouse, verso il basso, la prima
percorso che ora indichiamo, potranno acquisire tutte le informazioni relative
ai Corsi di
Formazione a Distanza (FAD) attivi e seguendo le indicazioni potranno anche iscriversi e svolgerli.
colonna
a
sinistra.
Arrivati
al
blocco
di
link
cliccabili
denominato
“NOTIZIE” scorrere col puntatore sino a “Corsi di formaEntrati nell’homepage dall’indirizzo www.fnomceo.to.it occorre scorrere col puntatore del mouse,
verso il basso, la prima colonna a sinistra. Arrivati al blocco di link cliccabili denominato
zione”.
Cliccandovi
sopra
si
accede
alla
pagina
dedicata
ai
Corsi
FAD che ha l’indirizzo:
“NOTIZIE” scorrere col puntatore sino a “Corsi di formazione”. Cliccandovi sopra si accede alla
pagina dedicata ai Corsi FAD che ha l’indirizzo:
http://www.fnomceo.it/fnomceo/showVoceMenu.2puntOT?id=112
http://www.fnomceo.it/fnomceo/showVoceMenu.2puntOT?id=112
Di seguito pubblichiamo anche il codice Qr che permette l’accesso diretto da smartphone.
Di seguito pubblichiamo anche il codice Qr che permette l’accesso diretto da smartphone.
8.30-13.30 e 14.00-17.00
8.30-13.30 e 14.00-17.00
8.30-13.30 e 14.00-17.00
8.30-13.30 e 14.00-17.00
8.30-12.30 pomeriggio chiuso
L’UFFICIO PREVIDENZA (Pratiche Enpam) sarà aperto al pubblico nei seguenti orari:
LUNEDI
MARTEDI
MERCOLEDI
GIOVEDI
VENERDI
8.30-13.30 pomeriggio chiuso
8.30-13.30 pomeriggio chiuso
8.30-13.30 pomeriggio chiuso
8.30-13.30 pomeriggio chiuso
8.30-12.30 pomeriggio chiuso
CASELLE PEC
LA SEGRETARIA DELL’ORDINE
Dr.essa Rosella Zerbi
Agli iscritti
La “Federazione Sanitari Pensionati e Vedove” si
occupa della risoluzione dei problemi economicosociali dei medici, farmacisti, veterinari che
godono di una pensione
e dei loro famigliari.
Per maggiori informazioni o per accedere ai
servizi dell’Ente, si può telefonare alla signora
Teresa Gariglio, 333/8440475,
Presidente provinciale dell’Ente,
o al dott. Giorgio Cappitelli, 348/6703250,
Presidente regionale.
(RTM)
L’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino ha deliberato
di rinnovare la convenzione con POSTECOM per la gestione delle caselle di Posta
Elettronica Certificata (PEC), attivate nel 2010 fino al 30 settembre 2015.
Il rinnovo della convenzione prevede le stesse modalità di adesione precedentemente
adottate e cioè il pagamento a carico di questo Ordine provinciale delle caselle attivate
da parte degli iscritti.
PER INFORMAZIONI: telefonare allo 011.5815108 oppure inviare mail a
[email protected]
Per comunicare
un cambio di indirizzo
Si chiarisce agli iscritti che la procedura corretta
per la segnalazione all’ordine di un cambio di residenza o di indirizzo prevede obbligatoriamente
la compilazione dell’apposito modulo scaricabile
all’indirizzo:
www.omeco.to.it à modulistica à modulo variazione indirizzo
Questo modulo deve essere inviato via mail all’indirizzo:
[email protected]
o inviato tramite fax al numero: 011505323
Inoltre si pregano gli iscritti di segnalare alla segreteria amministrativa eventuali disguidi di spedizione della rivista “torino medica”
La Redazione di Torino Medica (RTM)
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LUGLIO 2015
LUGLIO 2015
57
rubriche
Corsi e congressi in pillole
CORSI ECM DELL’OMCEO DI TORINO
quando
17-19 settembre 2015
dove
Le informazioni relative agli argomenti dei Corsi e Congressi che l’OMCeO di Torino sta elaborando, oltre ai
programmi e alle relative schede d’iscrizione, sono consultabili anche in Rete sia sul sito istituzionale www.omceo.
to.it sia sul Portale di informazione e aggiornamento medico-scientifico e culturale www.torinomedica.com.
Tutti i Corsi e i Congressi si tengono presso la sede dell’Ordine, Villa Raby, in C.so Francia 8 a Torino.
u LA BIBLIOTECA VIRTUALE PER LA SALUTE DELLA REGIONE PIEMONTE
(Proposta della Commissione Pari Opportunità)
CLUB DELLA LITIASI URINARIA
CENTRO CONGRESSI LINGOTTO
Via Nizza 294, Torino
quando
19/09/2015
u 6° CONGRESSO NAZIONALE
26 settembre
ore 8-14
u IL DANNO BIOLOGICO DI TIPO PSICHICO
NELLE CATASTROFI
dove
RESIDENZA RICHELMY
Via S.Donato 97, Torino
19/09/2015
u PRENDERSI CURA DEL BAMBINO CON LE MEDICINE COMPLEMENTARI/
NON CONVENZIONALI (CAM)? COME E QUANDO?
(Proposta della Commissione Medicine non Convenzionali)
quando
23 ottobre 2015
29/9/2015
30/9/2015
1/10/2015
u NBM - MEDICINA BASATA SULLA NARRAZIONE.
RIFLESSIONI SULL’ESSERE PROFESSIONISTA DELLA SALUTE,
SULL’ESSERE PAZIENTE E SULLA MEDICINA ATTRAVERSO IL CINEMA
E LA LETTERATURA.
(Proposta della Commissione Etica e Deontologia)
dove
CENTRO CONGRESSI “MOLINETTE INCONTRA”
C.so Bramante 88, Torino
quando
10/10/2015
13/10/2015
14/10/2015
u
OMEOPATIA PIEMONTESE:
METODI DI CURA A CONFRONTO ATTRAVERSO CASI CLINICI
(Proposta della Commissione Medicine non Convenzionali)
30-31 ottobre 2015
dove
CENTRO CONGRESSI
UNIONE INDUSTRIALE DI TORINO
Via Vincenzo Vela 17, Torino
E/O CON DEMENZA
Il diritto alle cure e la riorganizzazione
delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie
intra ed extra ospedaliere
u LO SPORT PER LA PROMOZIONE DELLA SALUTE:
DAL PORTATORE DI PROTESI ARTICOLARE
ALLE NECESSITÀ DELL’ATLETA
u DI FRONTE ALLA MORTE:
PERCORSI DI CONSAPEVOLEZZA ED ACCOMPAGNAMENTO
(Proposta della Commissione Etica e Deontologia)
quando
16 novembre
dove
IN QUESTA RUBRICA VENGONO PUBBLICATI GRATUITAMENTE TITOLO, DATA, E LUOGO DOVE SI TENGONO I CONVEGNI I CUI PROGRAMMI SONO GIUNTI IN REDAZIONE.
SI CONSIGLIA DI CONSULTARE ANCHE IL PORTALE DI INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO MEDICO-SCIENTIFICO E
CULTURALE WWW.TORINOMEDICA.COM (HOMEPAGE, COLONNA DI DESTRA, SEZIONE CORSI IN PILLOLE).
quando
10 settembre 2015
dove
CENTRO CONGRESSI DELL’ORDINE DEI MEDICI
Cso Francia 8, Torino
58
u ANZIANI MALATI NON AUTOSUFFICIENTI
LUGLIO 2015
u
OFFICINA H
Via Montenavale 1, Ivrea
quando
IL CUORE NELLE VARIE ETÀ DELLA VITA
24 novembre 2015
dove
INFERNOTTI DELL’OSPEDALE SAN GIOVANNI
ANTICA SEDE
Via Cavour 31, Torino
u CONVEGNO INTERNAZIONALE 2015
I 18 MESI PIÙ IMPORTANTI PER MAMMA
E BAMBINO
u LA FRAGILITÀ DELLA FAMIGLIA.
FRAGILITÀ E DISABILITÀ:
UNA SFIDA PER LA FAMIGLIA
LUGLIO 2015
59
congressi
Pubblicazione di programma a pagamento
Ottenuta l’autorizzazione preventiva alla pubblicazione da parte della Direzione della rivista, gli inserzionisti possono rivolgersi direttamente a SGI srl (sig.ra Daniela Cazzaro), al n° telefonico 011.359908 per
informazioni preliminari sulle condizioni economiche.
Torino - 2/3/4 Ottobre 2015
Agriturismo La Margherita Golf Club
Girasoli Carmagnola Str. Pralormo 315
ISTITUTO ITALIANO DI AGOPUNTURA
ASSOCIAZIONE MEDICO SCIENTIFICA
SEMINARIO PROPEDEUTICO
50 ANNI DI APPLICAZIONI CLINICHE
IN AGOPUNTURA, RIFLESSOTERAPIE
E TERAPIE NATURALI IN MEDICINA E
TERAPIA DEL DOLORE
Prof. Luciano Roccia
Il Seminario, riservato a tutte le professioni sanitarie viene tenuto dal Prof. Roccia e dai suoi Collaboratori per illustrare e
condividere l’esperienza di oltre 50 anni di Attività Clinica in
Agopuntura ed altre Terapie Riflesse, Complementari e Naturali
alla luce della loro odierna diffusione e del riconoscimento della loro validità in molte patologie croniche e terminali da parte
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Saranno presentate
le ricerche e le evidenze dell’Integrative Oncology Centre (Agopuntura, Psicoterapia (Relazione Mente-Corpo), Fitototerapia,
Alimentazione dell’MD Anderson Cancer Centre, Houston,
Texas. Particolare enfasi sarà dedicata alle reali possibilità terapeutiche di queste terapie sfrondandole da miti ed illusioni e le
più recenti ricerche Anatomiche, Neurofisiologiche e Neurochimiche e le Applicazioni Cliniche nell’Uomo e negli Animali con
Dimostrazioni pratiche su pazienti volontari. Ampio spazio sarà
riservato ai partecipanti per domande e discussioni varie.
RELATORI
Prof.ssa Elsa Margaria
Specialista e già Docente di Anestesiologia e Terapia
del Dolore Univ. Di Torino
Dott.ssa Tania Re
Psicologa, Antropologa. Cattedra UNESCO Univ. di Genova
CERFIT Centro di Riferimento per la Fitoterapia
della Regione Toscana
Dott.ssa Giada Neirotti
Biologa, Riflessoterapista. Istituto Italiano Di Agopuntura
Membro della Reflexology American Association (USA)
Sig.ra Corinne Cader
Istituto Europeo di Shiatsu
Prof. Leonello Milani
Specialista in Neurologia, Direttore Scientifico
di “La Medicina Biologica”
Direttore Medico Guna Omeopatici
Prof. Marzio Panichi
Veterinario e già Docente Univ. di Torino
Consulente IRCC (Istituto Ricerca Cura del Cancro
di Candiolo)
Dott. Carlo Ripa
Specialista in Med. dello Sport, Docente FISA, Istit. Ital.
di Agopuntura
Prof. Luciano Roccia
già Docente di Chirurgia Generale Univ. di Torino
Direttore Istituto Italiano di Agopuntura
60
LUGLIO 2015
Segreteria Organizzativa
Dott.ssa Maria Pia Claretta Assandri, Sig.ra Luisa Albrito
Il costo di Iscrizione al Corso è di 300 euro Coffee Breaks
compresi. Il costo di Iscrizione con Soggiorno, pensione
completa, anche vegetariana, per 2 giorni in camera doppia
(due ospiti) è di 400 Euro a persona, in singola 460.
L’iscrizione è limitata alla recettività dell’Agriturismo e si darà la
precedenza ai Medici ed ai residenti.
...la serenitànda!
dell’igiene profo
Per iscrizioni e-mail a
[email protected]
specificando titolo, professione ed eventuale
prenotazione Soggiorno.
Istituto Ital. Agopuntura - Via Pralormo 315 - Carmagnola (To)
P. IVA o C.F. 10313670019
PROGRAMMA
Venerdì 2 Ottobre
15,00 Presentazione Corso e Docenti.
Introduzione al Seminario.
La Semeiotica e la Diagnosi. L’Anatomia e le recenti Ricerche.
Prof. Luciano Roccia, Dott. Carlo Ripa
16,00 EtnoMedicina e Medicine Etniche.
Terapie cutanee nelle diverse tradizioni culturali.
Dott.ssa Tania Re
17,00 Coffee Break
17,15 L’Auricoloterapia, l’Approccio Globale al Paziente.
La neurofisiologia. Prof. Roccia, Dott. Carlo Ripa
18,15 Dimostrazioni Pratiche su Pazienti.
Prof. Roccia, Dott. Carlo Ripa
19,30 Discussione Domande e Risposte
Sabato 3 Ottobre
9,00 Il Dolore a 360 gradi.
Prof.ssa Elsa Margaria, Prof. Luciano Roccia
10,00 Coffee Break
10,30 Ricerche ed Evidenze dell’Integrative Oncology Centre
MD Anderson Cancer Centre Houston USA
Agopuntura, Psicoterapia
Relazione Mente-Corpo, Fitoterapia, Alimentazione
Prof. Roccia, Dott. Tania Re
12,30 Pranzo
14,30 Dimostrazioni pratiche su Pazienti.
Prof. Luciano Roccia e Collaboratori
16,30 Coffee Break
16,45 Omeopatia ed Agopuntura. Prof. Leonello Milani
18,00 Dimostrazioni pratiche su pazienti.
Prof. Roccia, Prof. Milani
19,00 Discussione Domande e Risposte
Domenica 4 Ottobre
9,00 La Riflessoterapia Plantare.
Prof. Leonello Milani - Presentazione del Metodo
Dott.ssa Giada Neirotti - Dimostrazioni Pratiche
10,30 Coffe Break
10,45 L’Agopuntura in Medicina Veterinaria - Dimostrazioni
Pratiche. Prof. Marzio Panichi
11,30 Lo Shiatsu. Sig.ra Corinne Cader
12,30 Discussione e Chiusura Seminario. Prof. Roccia
san casa
sanificazione
ad
ozono
Sanificare gli ambienti dove viviamo
significa salvaguardare la nostra salute.
Il sistema san casa di Ren Pell sfrutta le proprietà antimicrobiche
dell’ozono e garantisce la perfetta disinfezione di materassi, cuscini,
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LUGLIO 2015
61
congressi
Crediti ECM: 8
Centro Congressi Porto Antico
Magazzini del Cotone | Calata Molo Vecchio
VENERDÌ 13 NOVEMBRE
08.30
Accreditamento congressisti
09.00
Apertura congresso
SABATO 14 NOVEMBRE
TAVOLA ROTONDA: Le prime 48 ore del paziente
ustionato: terapia chirurgica. Le esperienze dei Centri
Ustioni di Pisa, Roma, Parma e Catania.
LINEE GUIDA NAZIONALI
Moderatori: M. Stella e G. Lasagna
09.15-09.50 D. Gavetti, “Linee guida Nazionali: approccio metodologico”
09.50-10.20 COFFEE BREAK
TAVOLA ROTONDA: Le prime 48 ore del paziente
ustionato: la prevenzione e il trattamento delle infezioni.
Moderatori: M. Bersini e G. Maggio
10.20-10.50 C. Viscoli, “L’evoluzione delle resistenze agli antibiotici ed i problemi
terapeutici”
10.50-11.10 F. Scaglione, “La farmacocinetica nel grande ustionato”
Moderatori: M. Governa e R. D’Alessio
09.00-09.20 A. Di Lonardo
09.20-09.40 P. Palombo
09.40-10.00 E. Caleffi
10.00-10.20 R. Ranno
10.20-10.40 Discussione
10.40-11.00 COFFEE BREAK
TAVOLA ROTONDA: Le prime 48 ore del paziente
ustionato: discomfort algico e psichico.
Moderatori: A. Posadinu e G. Lasagna
11.10-11.40 M. Tavola, “Strategia nella prevenzione delle V.A.P.”
11.40-12.10 Discussione
11.00-11.20 M. Tami, “Analgosedazione nel grande ustionato”
12.10-14.00 LUNCH/SYMPOSIA
11.20-11.40 M. Germoglio, “La prossima volta, restare! Intervento psicologico
precoce per l’ustionato ed i suoi familiari”
13.30-14.00 Symposium a cura di MediWound
TAVOLA ROTONDA: Le prime 48 ore del paziente
ustionato pediatrico: terapia rianimatoria, antibiotica,
nutrizionale e chirurgica. Le esperienze dei Centri Ustioni di
Firenze e Napoli.
Moderatori: D. Melandri e J. Scheef
14.00-14.20 E. Pinzauti
14.20-14.40 A. Merone
14.40-15.00 Discussione
TAVOLA ROTONDA: Le prime 48 ore del paziente
ustionato: la riabilitazione in fase acuta. Esperienze dei
diversi Centri G.U. a confronto.
Moderatori: E. Palumbo, G. Lasagna e A. Posadinu
15.00-15.20 P. Sgabussi
15.20-15.40 M. Di Emidio
15.40-16.00 Discussione
16.00-16.30 COFFEE BREAK
TAVOLA ROTONDA: Le prime 48 ore del paziente
ustionato: terapia rianimatoria, antibiotica e
nutrizionale.
Le esperienze dei Centri Ustioni di Milano, Padova, Verona e Cesena.
Moderatori: M. Stella e D. Mavilio
16.30-16.50 A. Citterio
16.50-17.10 B. Azzena
17.10-17.30 E. Vigato
17.30-17.50 D. Melandri
17.50-18.10 Discussione
11.40-12.00 G. Caputo, “Accettazione del trauma”
12.00-12.20 F. D’Asta, “L’importanza della rete Centri Ustioni-territorio:
presentazione del modello inglese e del progetto europeo sulla
formazione in emergenza”
12.20-12.50 Discussione
12.50
dalle 14.00
alle 16.00
Chiusura congresso
SEMINARIO DI APPROFONDIMENTO
“Trattamento delle cicatrici da ustione secondo il protocollo
riabilitativo del C.T.O. di Torino ed integrazione con il Taping
Neuro Muscolare”
A. O .U Città della Salute e della Scienza di Torino, dipartimento di ortopedia,
traumatologia e riabilitazione, presidio CTO - Direttore Prof. G. Massazza
14.00-14.45 D. Arena, “Trattamento dell’ ustionato in fase post acuta, valutazione
dei fattori predittivi di retrazione funzionale, classificazione e
valutazione fisioterapica delle cicatrici; trattamento riabilitativo
dell’ustionato in fase degli esiti (massaggio con crema base,
kinesiterapia di messa in tensione, desensitizzazione, massaggio con
plastilina, compressione e mezzi di contatto, splint)
14.45-15.30 D. Toscano, “Razionale dell’applicazione del TNM sulle cicatrici da
ustione (taglio standard, modifica del taglio e applicazione del TNM
sulle cicatrici da ustione, su cicatrici estese e su cicatrici chirurgiche).
15.30-16.00 Discussione
Il work shop è destinato a tutti gli iscritti al congresso ed in particolare ai
Fisioterapisti dei centri ustione e dei reparti di chirurgia plastica , ma anche
a fisioterapisti delle strutture riabilitative residenziali ed ambulatoriali per
offrire ai pazienti con esiti cicatriziali importanti una continuità riabilitativa
sul territorio.
Obiettivo del seminario è di offrire ai discenti una serie di strumenti diversificati per il
trattamento riabilitativo delle cicatrici estese partendo dall’esperienza maturata sulle
cicatrici da ustione che si può allargare a tutti i tipi di cicatrice. Agli strumenti classici si
affianca l’integrazione con il TNM.
*Al termine del seminario verrà rilasciato un attestato di partecipazione
Per restare aggiornati, visitate: www.ustionigenova2015.it
Crediti ECM: 8
L’accreditamento ECM è rivolto a tutte le professioni sanitarie, esclusi gli studenti.
Per ricevere i creditiLUGLIO
ECM sarà 2015
obbligatoria la presenza alle giornate di congresso, con firma di ingresso all’inizio
e di uscita alla fine, e la compilazione di tutta la modulistica ECM (incluso il questionario finale).
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LUGLIO 2015
63
Il Poliambulatorio Villa Iris di Pianezza si impegna
quotidianamente nel dare ai vostri figli i migliori strumenti e
le più elevate professionalità per accompagnarli nella
crescita. Un metodo delicato ma incisivo utilizzato anche
con gli adulti e che contraddistingue la Struttura Sanitaria.
MODELLO METODOLOGICO MULTISCIPLINARE
+ Area
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Per lo sviluppo del bambino si propongono alcune
funzioni globali dello sviluppo dell’individuo attraverso
diverse Aree di Interventi Riabilitativi:
Motorio Sensitiva
Cognitiva
Comunicativa
Affettiva-Relazionale
Alimentazione-Deglutizione
Valutazione e Trattamenti Riabilitativi
Cardiologia, Dermatologia, Fisiatria, Ortopedia,
Fisioterapia, Acquaticità, Idrokinesiterapia, Psicologia, Neuropsicomotricità, Foniatria, Logopedia,
Otorinolaringoiatria, Odontoiatria, Oculistica,
Medicina Sportiva, Educazione Alimentare.
dedicato
ai bambini
Email: [email protected] - Sito: www.poliambulatoriovillairis.it
Artemio Brusa
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