TV-INFORMAZIONE TUTELA MINORI

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TV-INFORMAZIONE TUTELA MINORI
TV, INFORMAZIONE E TUTELA DEI MINORI
di Pier Fabrizio Santovetti, già vice direttore TG1 Rai, attualmente vice direttore
e responsabile rapporti con la stampa della Fondazione Italia Giappone
(in allegato la “Carta di Treviso” VEDI A PARTE ALTRO ARTICOLO DENOMINATO "LA
CARTA DI TREVISO FIRMATA IL 5 OTTOBRE 1990)
Parlare di televisione significa affrontare un argomento al tempo stesso famigliare (la Tv
è infatti
parte della nostra quotidianità e, in quanto tale, essa investe il compito educativo di
genitori e di
insegnanti) ma anche difficile perché pone numerosi problemi che coinvolgono la sfera
emotiva,
oltre che le relazioni familiari ed interpersonali.
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Se la televisione è così amata, se essa ha tanto successo è perché crea fortissime
emozioni, perché ci
fa sentire – e fa sentire i bambini, le bambine, i ragazzi, le ragazze – parte del mondo.
La sua capacità di comunicazione la rende non soltanto un formidabile mezzo di
informazione ma
anche uno strumento di formazione, di crescita comune che consente di allacciare
rapporti, di
entrare in relazione con gli altri. Tuttavia la sua serialità induce e produce dipendenza,
tanto da
generare preoccupazione nei genitori (e negli insegnanti) i quali non sempre sono in
grado di
proteggere i loro figli (o i loro allievi) dai rischi di un appiattimento dello spirito critico, di
una
omologazione contagiosa, di una accettazione passiva degli stereotipi televisivi.
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Che fare allora? Come intervenire affinché si possa elevare la qualità di ciò che entra
nelle case?
Cosa fare per tutelare i soggetti più deboli, i bambini e le bambine, il loro diritto a una
crescita e ad
uno sviluppo armonioso?
A parte l’ennunciazione contenuta nell’art. 31 della Costituzione della Repubblica che
impegna la
comunità nazionale, in tutte le sue articolazioni, a proteggere l’infanzia e la gioventù, tre
sono state
le tappe fondamentali per rispondere positivamente alla necessità di salvaguardare i
diritti e le
esigenze di armonico sviluppo della personalità infantile e adolescenziale.
In primo luogo, pur se siamo ancora nella declaratoria di princìpi universali, la
Convenzione
dell’ONU del 1989, divenuta in Italia legge dello Stato nel 1991: essa, al suo art. 3,
stabilisce che “i
maggiori interessi dei bambini devono costituire oggetto di primaria considerazione”.
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Seconda tappa (ma primo, vero passo concreto dell’Italia verso la consapevolezza della
particolare
attenzione da riservare al pubblico dei minori) è stata nell’ottobre del 1990 la firma della
“Carta di
Treviso” da parte dell’Ordine nazionale dei giornalisti, della Federazione nazionale della
stampa
italiana e di Telefono Azzurro: lo scopo era quello di disciplinare i rapporti tra
informazione e
infanzia (in allegato, il testo integrale della “Carta di Treviso”).
Terza tappa nel 1993, quando ventuno organismi laici e cattolici di utenti, consumatori,
genitori e
insegnanti (tutti e 21 interessati alla tutela dei diritti dell’infanzia) e la FRT–Federazione
Radio e
Televisioni (che è un'associazione di 150 tv locali e nazionali, tra le quali le tre reti
Mediaset e
alcuni canali telematici e satellitari) sottoscrissero un Codice di autoregolamentazione
che istituiva,
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per la prima volta in Italia, una fascia oraria protetta, dalle ore 16.00 alle 19.00, nella quale
la
programmazione televisiva doveva tener conto di alcuni accorgimenti e limitazioni.
Contemporaneamente un “Comitato tv e minori” – organismo paritetico di controllo
dell'applicazione del Codice di autoregolamentazione (costituito dai rappresentanti delle
emittenti e
da quelli delle associazioni) - è andato sperimentando con successo un tavolo di
incontro tra le
diverse componenti, pur essendo espressione di posizioni, interessi, punti di vista a
volte anche
molto distanti fra loro. Questo tavolo ha lavorato alacremente, cercando (e quasi sempre
trovando)
punti di accordo su temi così difficili e controversi come quelli di tv e infanzia.
Si è trattato, come è facile comprendere, di un’altra tappa fondamentale, di un vero e
proprio salto
di qualità in quanto le segnalazioni di violazione del codice fatte dagli utenti hanno
rappresentato
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una opportunità formidabile non solo per intervenire con tempestività e con qualche
successo nella
programmazione, ma anche perché tali segnalazioni hanno fatto sì che le emittenti si
confrontassero
con il gradimento e con le opinioni degli utenti, consentendo a quelle emittenti di uscire
dal
rapporto con l’unico parametro preso in considerazione: l’Auditel (il quale sottolinea
l’ascolto, cioè
i numeri, ma non il gradimento).
Tutto ciò ha anche permesso di ottenere, in fascia protetta, (cioè – come si è detto – tra
le ore 16.00
e le 19.00) una serie di risultati tangibili quali – per fare solo alcuni esempi –
l'eliminazione della
pubblicità relativa alle chiamate al 144 (numeri telefonici a carattere erotico) ai
superalcolici e ai
prodotti da fumo; la realizzazione di trailer cinematografici e televisivi differenziati per i
minori o la
loro non messa in onda; l'iniziativa, assolutamente innovativa, di introdurre, per la prima
volta in
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Italia, i bollini, cioè un dispositivo colorato che segnala se il contenuto di un programma
è adatto al
pubblico dei minori.
Purtroppo, e questo è l’aspetto negativo di tutto il problema, il “Comitato tv e minori”
non ha poteri
sanzionatori. Vero è che nel 2003 fu varato un nuovo Codice di autoregolamentazione,
riconosciuto
questa volta da tutte le emittenti pubbliche e private, nazionali e locali, ed il cui rispetto
prevedeva
modifiche o sospensioni dei programmi, multe elevate e, per reiterate e gravi violazioni,
anche la
sospensione o la revoca delle licenze. Resta però il fatto che il Comitato di garanzia tv e
minori, in
caso di accertamento di violazione da parte di una tv, può in pratica ordinare soltanto
che
l’emittente dia conto – all’interno di un telegiornale “di massimo o di buon ascolto” – che
il
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Comitato ha rilevato in quel certo programma una violazione del codice. Il che è e resta
obiettivamente un po’ poco e lascia purtroppo prevedere tempi molto lunghi per ciò che
riguarda la
possibilità di far crescere negli utenti, in particolare negli educatori, una cultura
televisiva che
consenta loro di scegliere e non di subire. Le leggi di tutela dei minori, infatti, ci sono
sempre state
anche se non sempre sono state applicate per la difficoltà di regolamentare una materia
oggettivamente complessa (chi decide cosa è violento, volgare ecc.?, chi stabilisce che
si offendono
le confessioni o i sentimenti religiosi oppure si propongono positivi valori umani e civili
e di
rispetto per la dignità della persona?, chi accerta se è stata rispettata una corretta
educazione
linguistica dei minori oppure si è fatto un ricorso gratuito al turpiloquio e alla scurrilità?,
e cosi via).
Probabilmente sarà necessario ridefinire alcune norme e sanzioni e applicarle con rigore,
ma con la
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consapevolezza che la soluzione è altrove perchè l'intelligenza - dello scegliere, ma
anche del
programmare, del non farsi condizionare – non si può imporre per legge mentre si può
costruire: si
tratta, cioè, di lavorare per migliorare la qualità dei programmi televisivi anche attraverso
la
formazione degli utenti. In pratica, di migliorare il pubblico per migliorare la tv. Compito
non da
poco perchè nel campo tv e minori (come in tanti altri, del resto) non ci sono bacchette
magiche o
ricette valide per tutti. Il cammino è assai arduo ma va compiuto con la consapevolezza
che
comunque è possibile progredire per elevare la cultura televisiva alle esigenze di una
società civile
organizzata, che sappia tenere nel debito conto le competenze, i comportamenti e le
preferenze dei
più piccoli fruitori televisivi: i bambini e le bambine della scuola dell'infanzia.
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