come si misura la massa

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COME SI MISURA LA MASSA
Walter Bich
I.N.RI.M.
Per misurare la massa dei corpi sulla superficie terrestre si approfitta delle sue proprietà
gravitazionali.
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Infatti, una massa m in un campo gravitazionale g genera una forza (comunemente
chiamata “peso”) secondo la legge
→
→
F = mg
→
→
Poiché sia F sia m possono essere misurati, si può ricavare la massa.
E’ questo il principio di funzionamento delle comuni bilance, che viene realizzato nella
pratica equilibrando il peso della massa da misurare con una forza agevolmente
misurabile.
Questa forza di equilibratura può essere di varia natura: elastica (una molla di costante
elastica nota, Figura 1), elettromagnetica (un insieme bobina-magnete) o gravitazionale
anch’essa.
→
F
Figura 1
Bilancia a molla
→
P
Solo in quest’ultimo caso la misura è indipendente dal luogo in cui viene effettuata.
→
Infatti, l’accelerazione di gravità g dipende dalla posizione sulla superficie terrestre,
mentre la forza elastica o quella elettrica ne sono indipendenti.
Di conseguenza, solo se la forza equilibratrice è della stessa natura gravitazionale di
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quella da misurare l’equilibrio sarà indipendente dal valore di g e dunque dalla posizione
sulla Terra.
La maggior parte delle bilance commerciali, quelle che vediamo sui banchi dei negozi, ma
anche delle pese a ponte, cioè quelle grandi piattaforme all’ingresso degli stabilimenti o
delle raffinerie, adibite alla pesatura degli autocarri e delle autobotti, sono dei primi due tipi
(Figura 2).
Figura2
Figura 2
Bilancia
Bilancia
commerciale
commerciale a
dinamometro
a
Queste bilance, come tutte quelle preposte a garantire la fede commerciale, cioè l’equità
degli scambi commerciali, sono soggette al controllo della legge.
Periodicamente degli incaricati si recano sul posto muniti di campioni di riferimento di
massa nota per controllare che l’indicazione delle bilancia corrisponda effettivamente al
valore del campione che viene posto sul piattello.
Per inciso, ciò vale anche per molti altri strumenti di misura, per esempio quelli contenuti
nelle pompe di benzina che misurano il volume del carburante erogato.
Viene da chiedere come si possa avere un campione di massa nota.
La risposta più ovvia è che questo sia stato misurato su un’altra bilancia, a sua volta
controllata, o come si dice, tarata.
La risposta è corretta, col che il problema si sposta a monte.
E’ necessario a questo punto un altro, più importante, inciso: quando si parla di un
campione di massa nota, non si racconta tutta la storia; infatti, non è possibile conoscere
esattamente la massa di un campione, così come, d’altra parte, di quasi nessun’altra
grandezza.
Ci si accontenta allora di una conoscenza approssimata o, per meglio dire, incerta. Vi
saranno dunque campioni più o meno incerti.
Con i migliori si tareranno le bilance migliori, destinate a misurare altri campioni aventi
massa più incerta. Con questi si tareranno bilance di classe inferiore e così via fino ai
gradini più bassi della piramide, cioè, appunto, le bilance commerciali, o le pesapersone o
simili.
Concentriamoci sui campioni “migliori”. Dove si trovano? Come si tarano? Quanto bene si
conoscono (o, per dirla con termini più scientifici, qual’è la loro incertezza?)
Andiamo con ordine.
Si trovano presso i laboratori metrologici che quasi tutti i Paesi (tutti quelli che hanno
sottoscritto la Convenzione Internazionale del Metro, e molti altri) hanno istituito negli anni,
Presso questi laboratori sono custodite le copie del Kilogrammo Prototipo
Internazionale, anch’esso di platino-iridio.
Questi campioni, ovviamente includendovi il prototipo stesso rispetto al quale sono tarati
periodicamente, costituiscono il vertice della catena metrologica, da cui tutti gli altri
campioni di massa discendono. Infatti non è possibile per il momento “costruire” in
laboratorio un campione di massa se non “copiandolo” da un altro campione di massa
nota.
Tutto quello che si può fare, dunque, è confrontare campioni tra loro. Ed è proprio così che
si tara un campione di alta qualità, confrontandolo con un altro mediante una bilancia che,
in questo caso, è più appropriato chiamare comparatore di massa.
Questo nome indica quegli strumenti che non sono in grado di fornire essi stessi, in quanto
precedentemente tarati, il valore di un campione, ma solo la sua differenza rispetto ad un
altro.
Possono avere uno o due piatti.
Questa seconda tipologia ha origini antichissima ed è a tutti nota. Si potrebbe dire a buona
ragione che le bilance più antiche fossero dei comparatori.
In ogni strumento, e dunque nella bilancia, si distinguono alcune caratteristiche
metrologiche, per esempio la portata, cioè il carico massimo che questa può sopportare;
ma anche il campo di misura, cioè quell’arco di valori entro i quali lo strumento è capace di
produrre delle misure.
Una bilancia ha portata e campo di misura coincidenti (per esempio, 1 kg).
Un comparatore di massa ha un campo di misura nettamente inferiore alla portata; per
esempio, una portata di 1 kg e un campo di misura di 1 g. Il che significa che sui suoi due
piatti potranno essere confrontati campioni fino a 1 kg che differiscono al massimo di 1 g.
Il suo funzionamento è in linea di principio molto semplice e sfrutta il principio della leva.
Il giogo, la parte orizzontale alla sommità della colonna portante e alle cui estremità sono
appesi i piattelli, è libero di oscillare (entro certi limiti) intorno al fulcro centrale, che lo
divide in due bracci uguali.
In condizioni di riposo il giogo è bloccato da appositi arresti, in modo da non danneggiare i
tre delicati coltelli che costituiscono il fulcro centrale e i due sostegni dei piattelli (Figura
3).
Figura 3
Bilancia a bracci
eguali
Quando sui piattelli si pongono i campioni il giogo, una volta sbloccato per mezzo di un
apposito meccanismo, comincia ad oscillare intorno ad un punto di equilibrio che dipende
dalla differenza di massa tra i due campioni.
L’oscillazione ha un periodo essenzialmente dovuto all’attrito tra i due coltelli ed i piani su
cui appoggiano e alla resistenza dell’aria. L’effetto finale dello smorzamento è l’arresto del
giogo nella posizione di equilibrio.
L’angolo del giogo rispetto alla posizione orizzontale è segnato dal famoso ago della
bilancia, un’asta solidale con il giogo e ad esso perpendicolare (dunque verticale), la cui
estremità inferiore accuratamente appuntita percorre, durante l’oscillazione, un arco su un
settore di circonferenza graduato. Su questa graduazione si legge la posizione di equilibrio
(Figura 4).
Figura 4
Ago della bilancia su
graduazione ad arco di
cerchio
In realtà lo smorzamento è debolissimo, per cui il tempo necessario per l’arresto è
lunghissimo, dell’ordine di giorni.
Se si considera che un confronto tra campioni, per ragioni varie, comporta numerose
pesate, si capisce che non è praticamente possibile attendere l’arresto del giogo.
Le situazioni sono svariate.
In passato si leggeva “al volo” un certo numero di punti di inversione dell’oscillazione (in
pratica, tre o cinque) e da questi si deduceva, grazie ad una formula, il futuro punto di
equilibrio.
In seguito si diffusero gli smorzatori, ossia dei dispositivi magnetici o viscosi in grado di
frenare il giogo con una forza proporzionale alla sua velocità, riducendo quindi a pochi
secondi il tempo di attesa.
La soluzione attuale, favorita dall’enorme progresso dell’elettronica e della teoria dei
controlli, è di contrastare il movimento del giogo con una forza elettromagnetica
proporzionale al movimento stesso.
Il risultato è una breve oscillazione al momento del rilascio del giogo, seguita dal ripristino
della posizione di equilibrio, sempre la stessa indipendentemente dallo sbilanciamento
delle forze agenti sul fulcro.
A cambiare é la forza elettromagnetica necessaria, che è la grandezza fisica
effettivamente misurata.
La ridotta escursione del giogo consente poi di sostituire i fragili coltelli con cerniere
elastiche, lamine sottilissime e flessibili ma robuste e in grado di garantire prestazioni
migliori.
Un’altra grande innovazione fu l’introduzione delle bilance monopiatto, in cui il giogo non è
più simmetrico rispetto al fulcro, ma contrappone al braccio che regge il piattello un altro
braccio più corto che termina in un contrappeso appropriato (Figura 5).
Poiché il contrappeso è fisso, per poter effettuare pesate nel campo al di sotto della
portata nominale è necessaria la presenza di pesi supplementari di compensazione a
completamento del peso di taratura.
Questa è la funzione delle manopole visibili sul frontale di queste bilance.
Qual’è il vantaggio dei comparatori di massa?
E’ essenzialmente la maggior sensibilità rispetto ad una bilancia ordinaria.
La sensibilità è un parametro metrologico comune a qualunque strumento ed esprime in
modo rigoroso ciò che è comprensibile anche a livello intuitivo.
Una bilancia è tanto più sensibile quanto più vistosa è la sua risposta ad uno stimolo.
Se, per esempio, poniamo 1 mg sul piatto di una bilancia tradizionale e il suo ago si sposta
di 10°, questa bilancia è dieci volte più sensibile di un’altra il cui ago si spostasse di 1°.
Come si è detto, nelle bilance moderne non si osservano più deviazioni angolari, ma
correnti o tensioni elettriche, tuttavia il concetto rimane lo stesso.
I migliori comparatori di massa del momento hanno sensibilità che consentono di
apprezzare variazioni di massa dell’ordine di 0,1 µg (si ricorda che un microgrammo è un
miliardesimo di kilogrammo…)