Demografia: il caso genovese
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Demografia: il caso genovese
Demografia: il caso genovese di Paolo Arvati Statistica Statistica 14 Nati Morti 12 10 8 6 4 2 dia annua degli immigrati a Genova, scesa dagli 11.619 del decennio 1971 – 1980 agli 8.306 tra 1991 e 2000, risale, grazie all’immigrazione straniera, ai 10.880 del quinquennio 2001 – 2005. Negli stessi periodi la media annua degli emigrati passa dai 13.328 del decennio 1971 – 1980 ai 10.711 tra 1991 e 2000, ai 9.688 del quinquennio 2001 – 2005. Mediamente gli anni Duemila registrano un saldo migratorio positivo, dopo oltre trent’anni. Novità si registrano anche per il movimento naturale. La media annua dei nati a Genova precipita dai 7.583 del decennio 1971 – 1980 ai 4.351 tra 1991 e 2000, per risalire ai 4.548 del quinquennio 2001 – 2005. Negli stessi periodi la media annua dei decessi scende dai 10.224 del decennio 1971 – 1980 agli 8.835 tra 1991 e 2000, agli 8.348 del quinquennio 2001 – 2005. In altri termini lo “sbilancio” naturale della città si è ridotto. 05 03 01 99 97 95 93 91 89 87 85 83 81 79 77 75 73 71 0 19 Causa del decremento ligure è la denatalità: dai primi anni Settanta il saldo naturale è negativo e il tasso di natalità si riduce fino al 6 per mille abitanti, valore stabile tra il 1980 e la fine degli anni Novanta. Negli anni Duemila si registra una leggera ripresa, sino al 7,5 del 2005 (valore nazionale: 9,5). Nettamente più alto del valore nazionale è il tasso di mortalità, a causa del forte invecchiamento (nel 2005: 13,3 per mille contro il 9,7 nazionale). Il saldo migratorio a livello regionale si mantiene invece positivo, in misura modesta negli anni Ottanta e Novanta, in misura più sostenuta, grazie alla componente straniera, dal 1999 in poi, senza riuscire però a compensare il deficit naturale. Per altro il saldo migratorio positivo a livello regionale sarebbe stato ben più consistente se non fosse intervenuto il “caso” genovese, sino a qualche anno fa caratterizzato da un pesante deficit migratorio. Diversamente dall’andamento regionale, il calo genovese è il risultato nei trent’anni di entrambe le voci del bilancio demografico. Genova incomincia a perdere popolazione quarant’anni fa, nel 1966, a causa di un saldo migratorio per la prima volta negativo dal dopoguerra, mentre il deficit naturale inizierà due anni dopo, nel 1968. Da allora, per oltre trent’anni, il calo è alimentato sia dal saldo naturale negativo, per la parte maggiore, sia dal deficit migratorio. Da qualche anno però le cose stanno cambiando. Il cambiamento si può sintetizzare con poche cifre. La me- Migliaia Tra il 1971 e il 2001 la Liguria subisce un calo di quasi 282 mila abitanti. La flessione maggiore appartiene alla città di Genova che in trent’anni perde 206.565 unità e da sola pesa per il 73,3% sul calo regionale. Nonostante queste novità, il deficit naturale è ancora elevato e a lungo condizionerà negativamente l’andamento demografico della città. Un movimento migratorio modestamente positivo non riuscirà infatti a compensare gli effetti di un saldo naturale ancora costantemente negativo. Nonostante ciò, altri indicatori segnalano cambiamenti. Genova continua ad essere una città molto anziana: le persone di 65 anni e oltre incidono per il 26,5% sul totale della popolazione. Tuttavia l’indice di vecchiaia (numero degli ultrasessantacinquenni ogni cento bambini e ragazzi di età inferiore ai 15 anni) segnala una novità positiva. Si passa infatti da un valore di 245,1 al Censimento 2001 ad uno di 241,9 nel 2006. Nello stesso periodo, effetto della più sostenuta natalità, l’indice “bambini Le persone con oltre 65 anni sono oltre il 26,5% della popolazione genovese. 29 da 0 a 4 anni per 100 donne da 15 a 49 anni” cresce dal 16,0% al 17,3. Si aggravano però altri indicatori: le famiglie sono sempre più piccole, dato che il numero medio dei componenti risulta ancora in flessione (da 2,13 del 2000 a 2,05). È sempre più estesa la solitudine, dato che ormai quasi 16 genovesi su cento abitano da soli, percentuale che sale al 17,5 per gli ultrasessantacinquenni maschi e addirittura al 39,6 per le donne della stessa età. Inoltre diminuiscono i matrimoni (da 2.551 medi annui nel decennio 1991 – 2000 a 2.009 nel periodo 2001 – 2005) e aumentano i divorzi (da 707 a 758 negli stessi periodi), quasi a segnalare una seria dif- 30 ficoltà a mantenere progetti di vita stabili. L’attuale congiuntura demografica locale segnala un quadro chiaroscurale, ma fortunatamente non più monocorde e monodirezionale. Si accentuano fenomeni di tradizionale problematicità della struttura demografica (invecchiamento, fragilità familiare, solitudine crescente), ma emergono fenomeni nuovi, in gran parte legati alle presenze straniere (saldo migratorio positivo e maggiore natalità). È possibile in conclusione una riflessione sul rapporto tra demografia e regolazione politica, con l’avvertenza che la prospettiva, in gene- rale, non può essere che di medio e lungo periodo. Perché i mutamenti demografici sono di medio e lungo periodo. Per esempio l’immigrazione straniera, il più radicale evento demografico della nostra epoca, ha iniziato a produrre conseguenze sulla struttura per età e sulla natalità solo ora, ad oltre vent’anni dal suo inizio. I dati mettono in evidenza le caratteristiche del “caso genovese – ligure”: si mescolano ragioni storiche, recenti cambiamenti epocali, nuove emergenze. I comportamenti riproduttivi sono il risultato di tutti questi fattori, accentuati oggi dalla precarizzazione dei rapporti di lavoro che costringe a dolorosi rinvii e a rinunce spesso definitive per le giovani coppie. Una prospettiva fondata da un lato su obiettivi di ricostruzione di un sistema di regole del mercato del lavoro e di estensione dei diritti sociali, dall’altro su incentivi fiscali per la natalità e per la famiglia, potrà anche non incidere nel breve periodo sulle cause storiche, ma favorirà il superamento delle nuove emergenze. La demografia è uno scenario che segnala l’insorgere di emergenze sociali. La massima emergenza è costituita dagli anziani soli, in particolare i molto anziani. A Genova si contano oltre 50 mila anziani che vivono da soli: si tratta del 30,8% dell’intera popolazione anziana. Di questi 50 mila, ben 32 mila sono ultrasettantacinquenni, quasi 10 mila ultraottantacinquenni. È quasi superfluo segnalare l’esigenza di piani straordinari di sostegno, a partire dalle situazioni estreme dei molto anziani non autosufficienti o parzialmente non autosufficienti, soli o in famiglie che “non ce la fanno più”. L’invecchiamento crea problemi seri anche sul mercato del lavoro, perché invecchia anche la forza lavoro: soIl fenomeno della presenza di stranieri ha cambiato anche lo scenario dei mercatini nella città. A fronte: A Genova sono oltre 50.000 gli anziani che vivono da soli. Statistica no chiare le implicazioni negative sul terreno dell’innovazione e della competitività del sistema economico. L’evidenza di questo problema dovrebbe superare le residue resistenze nei confronti del fenomeno migratorio: Genova, la Liguria e il Paese hanno bisogno degli stranieri. Già oggi interi settori produttivi e dei servizi sopravvivono grazie a loro. Questo rende prioritarie le politiche dell’accoglienza. Si pone anche un problema di “qualità” dei flussi migratori, in considerazione dell’attuale prevalenza di forza lavoro di medio – bassa qualificazione. In breve occorre una politica migratoria. Le leve per questa politica esistono e nella realtà regionale sono tutte eccellenti: l’università (che per altro registra ancora una bassa presenza di studenti stranieri), l’industria nei suoi settori high tech, la sanità e i servizi. Il fenomeno migratorio sta cambiando gli scenari sociali della città. Forse più ancora dell’ormai significativa incidenza degli stranieri sul totale dei residenti (5,3% alla fine del 2005), contano altri indicatori di in- Statistica 31 serimento nella realtà cittadina. Alla fine del 2005 l’incidenza dei matrimoni tra stranieri è pari all’11,9% del totale dei matrimoni e quella dei “matrimoni misti” al 15,8. Alla stessa data l’incidenza dei nati con almeno un genitore straniero sul totale dei nati dichiarati allo stato civile è ampiamente superiore ad un quinto (21,2%). Si segnala una crescente incidenza di alunni stranieri: nell’anno scolastico 2004 – 2005 la percentuale è del 7,4 nella scuola dell’infanzia, del 9,4 nel ciclo elementare, del 9,8 nella media inferiore, del 5,3 nella media superiore. Tutti questi dati evidenziano le dimensioni ampie di un’area “meticcia”, destinata a crescere, a incidere sull’evoluzione culturale della nostra comunità e quindi a delineare un futuro molto diverso dall’esperienza storica della regione. Nei giorni 18 e 19 gennaio scorsi si è tenuto a Genova un importante convegno su “aspetti strutturali e prospettive dell’economia ligure”. Il convegno organizzato da Liguria Ricerche (la società controllata dalla Regione attraverso FILSE che svolge analisi sull’economia e la società ligure) ha affrontato i principali nodi dello sviluppo dell’economia locale con un confronto tra autorità di governo regionale (gli Assessori Costa, Guccinelli, Merlo, Pittaluga, Vesco) e studiosi e operatori economici. I lavori – aperti da Luca Beltrametti, Presidente di Liguria Ricerche e conclusi da Claudio Burlando, Presidente della Regione Liguria – si sono articolati in sei sessioni centrate sui seguenti temi: la finanza pubblica locale; demografia e lavoro; ricerca ed innovazione; la struttura produttiva ligure tra industria e servizi; porti, trasporti e logistica; la Liguria nello scenario internazionale. La realizzazione del convegno è stata possibile anche grazie ad un contributo di Carige. I materiali del convegno sono consultabili sul sito www.liguriaricerche.it 32 Statistica Il tavolo dei relatori in un momento del convegno svoltosi a gennaio nella Sala delle Grida nel Palazzo della Nuova Borsa. Statistica 33