La Bibbia racconta la famiglia Il contributo del giovane Ratzinger al
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La Bibbia racconta la famiglia Il contributo del giovane Ratzinger al
Cultura Sabato, 21 aprile 2012 Con le finestre aperte. Il libro di Maggioni. La Bibbia racconta la famiglia L e riflessioni proposte da monsignor Bruno Maggioni sul tema della famiglia ripercorrono, in modo tanto essenziale quanto efficace, le pagine significative della narrazione biblica. Mi interessa qui evidenziare alcune provocazioni che emergono dalla Introduzione e dalle Conclusioni. Innanzi tutto, la prospettiva: la famiglia vista come una finestra aperta “affacciandosi alla quale si vedono passare le cose più importanti della vita, e ci si sente interpellati nel centro profondo della fede. La famiglia è una piccola isola, che però è in grado di anticipare persino il mondo nuovo. E quindi diventa anche un giudizio sul mondo vecchio”. Poi, meritano di essere evidenziate la profonda umanità insita nell’esperienza familiare e la provocazione che essa offre per comprendere come Dio vede il mondo; esse vanno proclamate soprattutto in Interessanti le prospettive che si aprono, a partire dalla famiglia vista con lo sguardo aperto sul mondo. questi tempi, spesso pervasi da uno spiritualismo disincarnato e dalla tentazione (non rara) di voler piegare la realtà a schemi più o meno teologici già preconfezionati e destinati a passare sopra la testa di tanti. La famiglia è il luogo nel quale concretamente si può, partendo proprio dalla vita, intuire qualcosa dell’amore di Dio, del suo volto, della sua ostinata gratuità. Una gratuità che si muove nella linea dell’accoglienza: “è un amore che si esprime nel dialogo, sempre però rispettoso della libertà dell’altro che si ama, che si rispetta nella sua identità; non si vuole trasformare nessuno, si vuole solo aiutare l’altro ad essere se stesso”. Quindi, la constatazione che la vita familiare non è solo segnata dalla gratuità e dalla accoglienza, ma anche – e soprattutto - dalla definitività: “L’uomo, anche nella relazione d’amore, vuole andare sempre e solo sul sicuro, cioè vuole sempre salvare se stesso. Prima di fare una scelta mette avanti un piede e saggia il terreno, se il terreno resiste fa la scelta ma la fa conservando sempre una possibilità di tornare indietro se le cose andassero male. Quest’uomo non ama veramente, quest’amore non sperimenta la bellezza dell’amore,è un uomo che cerca soltanto se stesso”. Ancora: la famiglia quale luogo concreto nel quale diventa possibile sperimentare lo stupore dell’amore, lo stupore di essere amati. Uno stupore che ha il volto dell’uomo e della donna, dei figli e che – appunto perché stupore che nasce dalla gratuità- si fa amore concreto, carità. Le famiglie possono creare un ambiente dove chi guarda, chi entra, chi si affaccia, incontra il dono: l’essere amato gratuitamente. Infine, la famiglia quale luogo per eccellenza dell’accoglienza. Sentendosi accolti e non solo aiutati, si comprende che è questa lo logica con la quale rapportarsi a tutti, in modo particolare a chi è in difficoltà: “Se un uomo ha fame e sulla porta di casa gli si dà un panino, si è colmato il bisogno di fame di quell’uomo, ma non lo si è accolto. Se invece gli si dà lo stesso panino e gli si dice: “entra un attimo, siediti”, tutto è diverso. Si è accolta la sua persona”. Due provocazioni, infine. La prima: è vero che l’uomo, pur vivendo un amore pieno, sperimenta che la sua sete d’amore è sempre oltre, perennemente insoddisfatta. Questa inquietudine insanabile attesta che l’uomo è fatto per Dio, e che le realtà terrene più profonde –come appunto il matrimonio e la famiglia – sono immagini che rinviano a Qualcuno che sta oltre. L’esperienza matrimoniale e familiare restano umane se sanno rinviare a Dio. La seconda: nella vita familiare si sperimenta un continuo sforzo di purificazione: i propri progetti devono cedere il passo alle esigenze della solidarietà, alle esigenze del marito e della moglie, dei figli. Si sperimenta come la fede nel Dio vivente richieda obbedienza, rischio, fiducia e speranza. Sono pagine che, terminato il VII Incontro mondiale delle famiglie, meritano di essere riprese affinché la riflessione sulla famiglia non resti solo ricordo di un evento. ARCANGELO BAGNI Il contributo del giovane Ratzinger al Vaticano II Insieme al cardinal Rahner elaborò un testo apprezzato da moltissimi dei padri conciliari O ttantacinque anni e sette di pontificato. Due ricorrenze per papa Benedetto, a tre giorni di distanza l’una dall’altra, da quando i cardinali, in quell’aprile del 2005, lo hanno voluto successore di Giovanni Paolo II. Lui si è definito un “umile lavoratore nella vigna del Signore”, e spesso porta in primo piano l’immagine del granello di senape, il più piccolo tra i semi che, andando in profondità nella terra, fa crescere una grande pianta. Due immagini bibliche che meglio ci aiutano a comprendere le linee guida del suo magistero; e forse sono una risposta indiretta alle critiche di chi afferma che ha voluto fare marcia indietro C’è chi accusa il Papa e tornare a prima del Concilio Vaticano II. di voler imporre uno stile Lo sottolinea anche il cardinale Kurt Koch, preconciliare; ma ciò che presidente del Pontificio Consiglio per la ricerca è una fede sincera. promozione dell’unità dei cristiani, che, sulle pagine de “L’Osservatore Romano” scrive: «Il Papa non vuole assolutamente di Fabio Zavattaro tornare indietro, come gli viene oggi da più parti rimproverato pubblicamente, vuoi per ignoranza vuoi per appartenenza a quei teologi, che pur avendo le conoscenze necessarie, tengono spesso discorsi populistici e sostengono intenzionalmente il contrario a livello pubblico, confondendo l’onestà scientifica con l’agitazione in politica ecclesiale. Papa Benedetto non vuole assolutamente tornare indietro, ma andare in profondità come il granello di senape che cresce solo dalla profondità della terra». A papa Benedetto non importano singole riforme, ricorda ancora il porporato, «importa che il fondamento e il cuore della fede cristiana tornino a splendere: aspira a una semplificazione della fede cristiana, come ha annunciato finora esemplarmente nelle sue tre encicliche». Il Concilio era stato da poco annunciato da papa Giovanni XXIII quando l’allora giovane professore di teologia a Bonn tiene all’Accademia cattolica di Bensberg una conferenza nella quale delinea, dal punto di vista teologico, le funzioni del Concilio nella vita della Chiesa, opponendosi a chi lo vorrebbe una costruzione strettamente papale, da una parte, oppure semplice riunione di vescovi, quasi una sorta di consiglio per suggerire modifiche organizzative e politiche. Il Concilio, affermava in quell’occasione, è per sua natura «un’assemblea di consultazione e di decisione, esercita un compito di direzione, ha funzione di ordine e di configurazione... Non è un parlamento e i vescovi non sono deputati, che ricevono il potere e il mandato solo e unicamente dal popolo che li ha eletti. Essi non rappresentano il popolo, ma Cristo, dal quale ricevono missione e consacrazione». Nella sua riflessione, Joseph Ratzinger si sofferma anche sull’infallibilità, che, afferma, «è innanzitutto propria della Chiesa intera: esiste qualcosa come una infallibilità della fede nella Chiesa universale, in forza della quale questa Chiesa universale non si può mai lasciar condurre in errore come Chiesa nella sua totalità. Questa è la parte che hanno i laici nell’infallibilità. Che a questa parte possa spettare a volte un significato estremamente attivo, lo si vide nella crisi ariana, in cui sembrò per certi momenti che l’intera gerarchia fosse caduta preda delle tendenze di mediazione arianizzanti e solo l’atteggiamento sicuro dei fedeli assicurò la vittoria della fede nicena». La disputa alla quale si riferisce il giovane teologo Ratzinger è legata alla dottrina di Ario, poi scomunicato, che si differenzia dall’affermazione contenuta nel Credo Niceno dove a proposito della natura di Cristo si ribadiva il termine consustanziale, cioè della stessa sostanza del Padre e generato e non creato. Il cardinale Joseph Frings, arcivescovo di Colonia, porterà a Roma al Concilio il giovane professore Ratzinger, che avrà un ruolo non secondario; anzi, il 15 ottobre del 1962 un gruppo di teologi si riunisce al Collegio germanico, con l’intento di dare vita a un documento complessivo da proporre in sostituzione di tutti i documenti dottrinali elaborati nella fase preparatoria del Concilio dalle Commissioni centrali. Joseph Ratzinger si presenta alla riunione con uno schema scritto in latino e che sarà integrato da un altro elaborato da un teologo suo connazionale Karl Rahner. Nel “Diario del Concilio” il teologo domenicano francese Yves Congar, creato cardinale da papa Wojtyla nel 1994, scrive che nelle prime settimane dei lavori conciliari lo schema Rahner-Ratzinger «fu tirato in 3mila copie e ampiamente distribuito» tra i padri. Il progetto viene reso pubblico il 25 ottobre in un incontro che si tiene all’Angelicum e al quale partecipano vescovi nord europei e anche due cardinali italiani: l’arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini, eletto papa l’anno successivo, e l’arcivescovo di Genova, Giuseppe Siri. In quell’incontro è proprio il giovane teologo Joseph Ratzinger a illustrare a vescovi e cardinali le linee guida dello schema dottrinale alternativo. Schema che, pur apprezzato e condiviso, non troverà il consenso necessario per sostituire tutti gli schemi dottrinali elaborati ma contribuirà ad accantonare gran parte delle stesure elaborate nella fase preparatoria dei lavori del Vaticano II. 9