(Fondazione Università di Mantova, 27.4.2007) Massimiliano Nastri

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(Fondazione Università di Mantova, 27.4.2007) Massimiliano Nastri
Qualificazione energetica degli edifici
Mantova (Fondazione Università di Mantova, 27.4.2007)
Massimiliano Nastri
PRESTAZIONI DEI COMPONENTI EDILIZI TRASPARENTI
INDICE
1.
1.1.
1.1.1.
1.1.2.
1.1.3.
1.2.
1.2.1.
1.2.2.
1.2.3.
1.2.4.
1.3.
1.3.1.
1.3.2.
1.3.3.
1.4.
1.5.
Gli elementi di chiusura trasparenti
Gli elementi di chiusura in vetro
La costituzione e le proprietà degli elementi di chiusura in vetro
La costituzione e le proprietà degli elementi di chiusura in vetrocamera
La costituzione e le proprietà degli elementi di chiusura in vetro a controllo solare
Gli elementi di chiusura cromogenici
I dispositivi fotocromici
I dispositivi termocromici e termotropici
I dispositivi a cristalli liquidi
I vetri elettrocromici
Gli elementi di chiusura trasparenti composti
Gli elementi di chiusura in materiali isolanti trasparenti
Gli elementi di chiusura con dispositivi prismatici
Gli elementi di chiusura trasparenti a taglio laser e di rifrazione
Gli elementi di chiusura integrati dai moduli fotovoltaici
Le schermature solari (dispositivi frangisole e light shelf)
Note
Riferimenti bibliografici
MASSIMILIANO NASTRI
Ricercatore in Tecnologia dell’architettura e Docente di Progettazione di sistemi costruttivi
(Politecnico di Milano, Dipartimento Best)
PRESTAZIONI DEI COMPONENTI EDILIZI TRASPARENTI
1.
Gli elementi di chiusura trasparenti
Lo studio intorno al campo degli elementi di chiusura trasparenti osserva le superfici applicate ai
sistemi di facciata nei caratteri di espressione morfologica e di interazione con le sollecitazioni
ambientali esterne, considerando soprattutto le procedure di controllo della trasmissione termica
e luminosa: la spiegazione riguarda le modalità produttive, funzionali e di impiego delle tecniche e dei materiali tesi, in generale, sia alla riduzione delle perdite o all’accumulo del calore
(conseguente all’irraggiamento solare), sia alla selezione dinamica dei raggi solari e alla calibrazione della luce naturale, nel rispetto dei tipi d’uso previsti (Button, Pye, 1993; Wigginton,
1996; Amstock, 1997; Knaack, 1998; Krewinkel, 1998; Schittich Christian et alii, 1998, tr. it.
2004; Bray, 2001).
Lo studio esplicita i caratteri dei materiali e dei prodotti secondo le loro proprietà, le lavorazioni
e le applicazioni come elementi dell’involucro edilizio, analizzati nei confronti della capacità di
influire sulle condizioni energetiche e ambientali. In particolare, gli elementi di chiusura trasparenti sono indagati (sulla base di una serie di parametri fisici e geometrici) (1) in merito alle strategie termiche, illuminotecniche e acustiche da adottare per la funzionalità dell’organismo edilizio e nel rispetto delle esigenze ergonomiche degli ambienti interni (Korn, 1967; Baroni, 1984;
Moor, 1990; Scarinici, Colombo, 1993; Conio, 1995; Ascensio, 1997; Knapp, 1998; Behling,
Behling, 1999; Krampen, Schempp, 1999; Murray, edited by, 2005) (2).
Su queste basi, la trattazione esamina i contenuti con l’obiettivo di fornire il supporto conoscitivo e operativo per individuare le tipologie, le soluzioni compatibili e i procedimenti di utilizzo
espressi in relazione ai principali riferimenti di tipo termico, luminoso (3) e radiativo (4): questo, tramite la definizione prestazionale (a livello meccanico, termoigrometrico, illuminotecnico
e acustico), esecutiva (secondo i rapporti con le intelaiature e gli elementi di giunzione) e
l’approfondimento dei principali fattori di carattere fisico, funzionale, applicativo (Moore, 1991;
Torricelli, Sala, Secchi, 1995; Francese, 1996; Ravaioli, 1997; Hyatt, 2004; Boschi, a cura di,
2005; Tucci, 2006).
Inoltre, la trattazione rileva i contributi degli studi riferiti sia ai materiali e ai dispositivi provenienti dai settori di ricerca sperimentale, sia alle possibilità di trasferimento dai comparti a tecnologia evoluta (a esempio, dai settori aerospaziale e automobilistico): e tali contributi sostengono, nell’ambito dei sistemi in esame, le modalità dirette a ottimizzare le caratteristiche fisiche,
meccaniche, chimiche e termiche delle superfici trasparenti, al fine di calibrare le condizioni di
comfort negli spazi costruiti e i criteri di gestione energetica dell’involucro (Imbrighi, 1993;
Compagno, 1995; Schittich, 2003; Altomonte, 2004). In questo caso, lo studio espone i materiali
e i composti a elevate prestazioni, indicati nei princìpi sia di mediazione tra la trasmissione luminosa e la conduzione termica (in modo da ridurre le dispersioni termiche senza incidere sulla
trasparenza), sia di controllo della radiazione solare incidente (anche con l’adozione di rivestimenti selettivi o di dispositivi schermanti): questo, esaminando i materiali e i composti in grado
di regolare le condizioni ergonomiche ed energetiche in forma “passiva” e “attiva” (5), secondo
le funzioni di riflessione, di captazione e di diffusione delle sollecitazioni ambientali esterne.
Gli elementi di chiusura trasparenti sono qui assunti, allora, nella determinazione degli apporti
in termini di guadagno solare e di riduzione delle perdite termiche (dovute all’elevata conduttività e al basso valore di inerzia termica), considerando gli elementi di chiusura in vetro (1.1), gli
1
elementi di chiusura cromogenici (1.2), gli elementi di chiusura trasparenti composti (1.3), gli
elementi di chiusura integrati dai moduli fotovoltaici (1.4) e le schermature solari (1.5).
1.1. Gli elementi di chiusura in vetro
La disamina degli elementi di chiusura in vetro per l’applicazione ai sistemi di facciata è introdotta dalla spiegazione relativa ai procedimenti produttivi, ai caratteri funzionali e morfologici:
questo, con l’obiettivo di rilevarne la composizione e le proprietà essenziali rispetto alle prestazioni fisiche, meccaniche e materiali nell’interazione con gli stimoli termici, luminosi e acustici
(1.1.1). La disamina si concentra, nello specifico, sulla costituzione e sulle proprietà degli elementi di chiusura in vetrocamera (1.1.2) e degli elementi di chiusura in vetro a controllo solare
(1.1.3).
1.1.1. La costituzione e le proprietà degli elementi di chiusura in vetro
Il vetro, a livello fisico e chimico, è costituito da una soluzione (solida) ottenuta per fusione, risultante dal processo di solidificazione progressiva della miscela omogenea definita da un elemento “vetrificante” (il silicio), da un elemento “fondente” (il sodio, sotto forma di solfato o di
carbonato) e da un elemento “stabilizzante” (il calcio, sotto forma di carbonato). Il vetro, quale
sostanza unitaria (ovvero, come “fluido solidificato”), è composto da molecole completamente
disordinate che non realizzano alcun reticolo cristallino (in modo isotropo, per cui le caratteristiche fisiche e chimiche sono indipendenti rispetto alla direzione), determinando la condizione di
trasparenza.
Il vetro impiegato nei sistemi di facciata è di tipo sodico-calcico: durante la produzione, le sostanze della miscela sono riscaldate fino a diventare fluido-viscose, per poi essere sottoposte a
raffreddamento; in seguito all’elevata viscosità e al processo di raffreddamento, gli ioni e le molecole non hanno la possibilità di disporsi in modo regolare. I silicati e l’ossigeno non riescono a
formare una struttura cristallina, per cui si ottiene uno stato molecolare disordinato: il vetro è
costituito, quindi, da miscele di silicati, trasparenti secondo le diverse gradazioni e precisate da
uno stato di aggregazione (“stato vetroso”) in cui le molecole presentano la disposizione casuale
propria dei liquidi (6) (tab. 1).
Silice (Si)
69÷74 %
Calce (CaO)
5÷12 %
Ossido di sodio (Na2O)
12÷16 %
Magnesia (MgO)
0÷6 %
Allumina (Al2O3)
0÷3 %
Tab. 1. Composizione del vetro applicato nei sistemi di facciata.
Si indica la costituzione del vetro rispetto alle principali quantità chimiche della miscela sottoposta ai
processi di riscaldamento e di raffreddamento, che conducono a uno stato molecolare disordinato: il vetro
è definito da composti di silicati, trasparenti secondo le differenti gradazioni, con la possibilità di contenere anche percentuali ridotte di altre sostanze (additivi) nella massa vetrificabile per incidere sulle proprietà e sul colore (Schittich et alii, 1998, tr. it. 2004, p. 61).
Il vetro sodico-calcico utilizzato nei sistemi di facciata è resistente agli acidi e alle soluzioni alcaline, ed è dotato di una superficie sufficientemente dura (riferita dal valore della durezza sclerometrica, secondo la “scala di Mohs”, compresa tra 6÷7): inoltre, esso si comporta in modo
quasi totalmente elastico, non dispone di nessuna riserva di plastificazione e, a causa delle elevate forze di legame atomico, possiede una rigidità meccanica molto elevata (7) (tab. 2).
2
Simbolo
Valore e unità
Densità a 18 °C
Durezza superficiale
r
Modulo elastico di Young
E
Coefficiente di Poisson
Calore specifico
Coefficiente di dilatazione lineare
Conducibilità termica
Indice di rifrazione nel campo visibile (tra
380 e 780 nm)
ν
2.500 kg/m3
6÷7 (secondo la scala di
Mohs)
70.000 N/mm2
(oppure: 7 × 1010 Pa)
0,23
0,72 × 103 J/(kg × K)
9 × 10-6 K-1
W/m.K
1,5
Caratteristiche
c
a
λ
n
Tab. 2. Proprietà fisiche del vetro applicato nei sistemi di facciata.
Si indicano i principali valori che determinano, per il vetro sodico-calcico utilizzato nei sistemi di facciata, la resistenza agli acidi e alle soluzioni alcaline, la resistenza superficiale, l’elevata elasticità e rigidità
meccanica (Schittich et alii, 1998, tr. it. 2004, p. 61).
Le proprietà fisiche del vetro riguardano, principalmente, la trasparenza alle radiazioni visibili,
la permeabilità allo spettro solare e l’opacità alla radiazione termica: la radiazione solare ultravioletta e relativa al campo spettrale del visibile può attraversare in parte lo strato di vetro, mentre la radiazione termica relativa al campo spettrale dell’infrarosso, proveniente dalle superfici
irradiate negli spazi interni, è in buona parte riflessa, in funzione della quantità di ossido di ferro
(8) e dello spessore (Holland, 1966; Doremus, 1973; Holloway, 1973; Rawson, 1980, 1991;
Duffy, 1981; Bansal, Doremus, 1986; Schittich et alii, 1998, tr. it. 2004, pp. 74-75).
Le principali modalità produttive del vetro utilizzato nei sistemi di facciata sono:
• il procedimento float (letteralmente “vetro galleggiante”, elaborato da Alastair Pilkington nel
1959), che prevede la colata della miscela vetrificabile viscosa su un bagno piano di stagno
fuso, su cui galleggia. La colata è mantenuta, all’interno di una atmosfera controllata chimicamente, a elevati livelli di temperatura. All’ingresso, il bagno di stagno ha una temperatura
T = 1.000 °C e, all’uscita, T = 600 °C: in seguito, il vetro è raffreddato lentamente con un
processo in assenza di tensioni. A causa delle tensioni superficiali e delle differenze di viscosità tra la massa vetrosa e il bagno di stagno, il vetro fluido assume la forma di lastre piane,
che possono essere tagliate (per una larghezza massima di 320 cm e per una lunghezza fino a
600 cm, con spessori uniformi compresi tra 2÷19 mm) senza la necessità di ulteriori trattamenti di lisciatura o di levigatura. La tipica colorazione verde del vetro float è attenuata o eliminata mediante la riduzione della quantità di ossido di ferro, così ottenendo lastre incolore
o di “cristallo” (con la capacità di trasmettere circa l’85% della radiazione luminosa incidente): nella miscela sono aggiunti metalli alcalini (quali sodio, calcio, potassio, sotto forma di
carbonati e di solfati), al fine di allentare la struttura compatta del silicio;
• il procedimento di tiratura, che prevede l’esecuzione di processi di tensione della miscela vetrificabile viscosa, ottenendo lastre molto sottili o molto spesse, dotate di leggere ondulazioni
superficiali;
• il procedimento di colatura, che prevede la colata della miscela vetrificabile viscosa tra una o
due coppie di rulli laminatori, realizzando la struttura superficiale delle lastre secondo la conformazione dei rulli e di tipo traslucido (che non consente una visione chiara come nel caso
del vetro float o tirato, con la conseguente diffusione uniforme della radiazione luminosa);
3
• il procedimento produttivo del vetro borosilicato, che prevede, all’interno dei processi float,
di tiratura o di colatura, l’aggiunta di ossido di boro (pari al 7÷15%) alla miscela vetrificabile
viscosa, ottenendo lastre resistenti agli sbalzi termici e agli acidi.
Gli elementi di chiusura in lastre di vetro sono eseguiti da lavorazioni finalizzate a realizzare
prodotti adeguati agli impieghi specifici, considerando le procedure di trattamento (termico,
chimico e superficiale), di stratificazione e di rivestimento: tali procedure sono rivolte a incrementare le prestazioni meccaniche, fisiche, termiche e ottiche, comportando alcune indicazioni
operative per l’applicazione ai sistemi di facciata (Moor, 1989; Eekhout, 1990, 1996; Loughran,
2003; Nijsse, 2003).
Sulla base delle modalità produttive, si rilevano le successive lavorazioni sui bordi delle lastre
utilizzate nei sistemi di facciata (che escludono l’applicazione con spigoli di taglio normali per
l’impiego all’interno dei telai), svolte mediante i processi di abrasione, di levigatura e di molatura (a esempio, con filo greggio).
La produzione degli elementi di chiusura riguarda, principalmente, le modalità di trattamento
termico che determinano:
• le lastre di vetro trattato con tempra termica (toughened glass, o vetro di sicurezza monolitico), ottenute mediante il riscaldamento (a temperatura T = 640÷700 °C) delle lastre piane in
vetro chiaro (tagliate nella loro forma definitiva ed eventualmente perforate) e l’improvviso
raffreddamento con getti d’aria fredda: le superfici esterne delle lastre si raffreddano, si induriscono e si contraggono più velocemente del nucleo interno (a temperatura elevata), comportando l’insorgere di forti compressioni che incrementano la resistenza meccanica e termica
del vetro. In particolare, durante il processo di raffreddamento il nucleo interno tende a restringersi, incontrando l’impedimento delle superfici già irrigidite: quando anche la sezione
interna delle lastre si raffredda e si contrae, le superfici esterne, ormai rigide, inducono uno
stato di compressione. Il vetro temprato, che non può essere sottoposto a lavorazioni di taglio
o di perforazione, presenta allora una trazione all’interno delle lastre e una elevata compressione delle superfici, così in grado di assorbire le forze di trazione e di flessione elevate e, in
caso di rottura, di disgregarsi in piccoli frammenti (9);
• le lastre di vetro indurito, ottenute mediante il riscaldamento (a temperatura T = 640 °C) delle
lastre piane e il successivo lento raffreddamento con getti d’aria fredda, comportando
l’esecuzione di elementi dotati di elevata resistenza a flessione e agli sbalzi termici: a livello
costruttivo, le lastre monolitiche devono essere vincolate, all’interno dei sistemi di facciata,
sui quattro lati, in conseguenza del comportamento a rottura che prevede la disgregazione radiale da bordo a bordo. Le lastre sottoposte ai processi di indurimento possono essere trasformate in elementi stratificati di sicurezza, ma non possono essere soggette a lavorazioni di
taglio o di perforazione;
• le lastre di vetro curvato, ottenute mediante il riscaldamento (a temperatura T = 640 °C) delle
lastre piane, l’adesione su uno stampo di supporto (le cui dimensioni dipendono dalle capacità di lavorazione) e la successiva ricottura (con la possibilità di eseguire ulteriori processi di
tempra o di stratificazione).
La produzione degli elementi utilizzati nei sistemi di facciata riguarda anche:
• le modalità di trattamento con tempra chimica delle lastre di vetro, mediante l’immersione in
una soluzione a temperatura molto elevata, in cui gli ioni di sodio (disposti esternamente) sono scambiati con gli ioni della soluzione, ponendo in compressione le superfici: le lastre trattate con la tempra chimica, che possono essere sottoposte a lavorazioni di taglio, sono in grado di assorbire forze di trazione, di flessione e termiche elevate.
• le modalità di trattamento superficiale delle lastre di vetro, mediante:
- la smaltatura, che comporta la sovrapposizione e la fusione di uno strato di ceramica sulle superfici durante il processo termico di tempra o di indurimento;
- la satinatura, che comporta l’opacizzazione e la resa ruvida di una superficie tramite acidi,
con la conseguente trasmissione diffusa della radiazione luminosa;
4
- la sabbiatura, che comporta l’opacizzazione e la resa ruvida di una superficie tramite un getto
di sabbia, con la conseguente trasmissione diffusa della radiazione luminosa.
Inoltre, la produzione degli elementi utilizzati nei sistemi di facciata riguarda le modalità di realizzazione de:
• le lastre di vetro colorato (tinted glass), mediante l’aggiunta, prima della fusione, di composti
chimici selezionati (nei colori grigio, blu, bronzo e oro) per ottenere la colorazione desiderata;
• le lastre di vetro riflettente (reflective coated glass), mediante la deposizione di ossidi metallici sulle superfici, al fine di incrementare le proprietà schermanti alla radiazione luminosa;
• le lastre di vetro stratificato (laminated glass, denominato anche vetro laminato), mediante
l’accoppiamento di due o più lastre (saldate su tutta la superficie durante il processo di produzione) con l’interposizione di uno strato intermedio, o film (che conferisce elevate proprietà di isolamento acustico): questo, in materiale termoplastico (a esempio, in polivinilbutirrale,
dotato di trasparenza, tenacità, elasticità e adesione, o realizzato da legami organici o inorganici), è saldato alle lastre a temperatura e a pressione elevate;
• le lastre di vetro stratificato di sicurezza, mediante l’accoppiamento di due lastre (saldate su
tutta la superficie durante il processo di produzione) con l’interposizione di uno strato intermedio elastico: questo, in materiale termoplastico (a esempio, in polivinilbutirrale), è pressato in autoclave sotto la duplice azione di calore e di pressione, con il compito di trattenere i
frammenti in caso di rottura. A livello esecutivo, i bordi devono essere posti in opera in una
scanalatura di vetro tesa a equilibrare la tensione di vapore, per evitare la presenza di umidità
che può danneggiare lo strato intermedio.
Le principali modalità di rivestimento del vetro utilizzato nei sistemi di facciata riguardano la
disposizione sulle lastre di uno strato esterno, interno o nell’intercapedine in caso di vetrocamera (secondo il tipo, la struttura o la composizione, richiedendo ai produttori i valori di rigidità, di
resistenza e di possibilità di impiego) (Gannon, edited by, 2002; Shelby, 2005). I vetri rivestiti,
che possono essere ulteriormente trasformati in vetro isolante o in vetro stratificato, sono prodotti:
• a caldo, attraverso l’applicazione di un ossido di metallo (che incrementa la protezione solare) e di ossido di stagno (che incrementa la protezione termica mediante la riduzione delle
emissioni) sulle superfici delle lastre, durante il procedimento float;
• a freddo, attraverso:
- il procedimento di sputtering, che comporta il rivestimento delle lastre con un ossido di metallo mediante l’accelerazione di elettroni liberi in un campo elettrico: questi incontrano una
molecola di gas (con carica positiva) che, accelerata dal campo elettrico, si scontra con il catodo (con carica negativa) costituito dal materiale di rivestimento. Nello scontro le particelle
si liberano e si depositano sulla superficie delle lastre: i prodotti ottenuti, poco resistenti agli
agenti atmosferici, sono impiegati nei vetri isolanti (vetrocamera) con la superficie rivestita
rivolta verso l’intercapedine;
- il procedimento sol-gel, che comporta l’immersione delle lastre in un liquido e il rivestimento
secondo un processo chimico: i legami metallici aderiscono alle superfici immerse e agli spigoli, poi disgregati in forma pirolitica (ovvero, con il calore) e trasformati negli ossidi corrispondenti. Tale procedimento conduce alla produzione dei vetri antisole o con un basso fattore di riflessione.
In particolare, si rileva il processo di rivestimento del vetro finalizzato ad aumentare la protezione termica, mediante l’esecuzione di superfici (sp. = 0,1÷1 µm) che permettono di riflettere o di
assorbire la trasmissione energetica e di ridurre l’emissività termica: in questo caso, il rivestimento è realizzato da metalli nobili (come rame, argento e oro), da semiconduttori o da rivestimenti pirolitici (come l’ossido di stagno). Per aumentare la protezione termica, le lastre possono
essere rivestite con un materiale basso-emissivo che determina la riflessione dell’energia termica
generata dagli elementi irradiati e radianti, verso l’interno degli spazi costruiti (10). A livello
5
operativo, il rivestimento basso-emissivo (trasparente nel campo spettrale del visibile e riflettente nel campo spettrale dell’infrarosso) è applicato rispetto a:
• la superficie rivolta verso l’esterno o l’interno (con un effetto isolante superiore) per una lastra singola;
• la superficie verso l’intercapedine della lastra interna per un vetrocamera (tab. 3).
Vetro float senza rivestimento
Spessore (mm)
4
Fattore di trasmissione
0,83
energetica s
Fattore solare (g-value)
0,85
Fattore di trasmissione
0,89
luminosa τ
Riflessione
luminosa
0,081
all’esterno
Riflessione
energetica
0,075
all’esterno
Coefficiente relativo di
1,0
riduzione per l’energia
solare radiante
Trasmittanza termica k
5,63
Rivestimento
low-e esterno
4
0,79
Rivestimento
low-e interno
4
0,79
0,811
0,84
0,808
0,88
0,1
0,081
0,13
0,075
0,95
0,94
5,34
3,8
Tab. 3. Applicazione del rivestimento basso-emissivo alle lastre di vetro.
Si indicano i valori che determinano, nel caso di lastre di vetro float semplice o con rivestimento bassoemissivo (low-e), sulla superficie esterna o interna, le proprietà di trasmissione e di riflessione sia energetica sia luminosa (Schittich et alii, 1998, tr. it. 2004, p. 119).
Per quanto riguarda le operazioni esecutive riferite all’applicazione delle lastre di vetro ai sistemi di facciata, si rileva la necessità di protezione sia durante le fasi di stoccaggio (per evitare
che l’umidità prodotta dalla condensa del vapore acqueo penetri capillarmente fino a reagire),
sia durante le fasi costruttive. In questo caso, le lastre di vetro devono essere protette
dall’umidità proveniente dal calcestruzzo fresco, poiché l’attacco delle soluzioni basiche sulle
superfici può provocare delle fenditure nel reticolo molecolare: se le soluzioni alcaline si seccano rapidamente sulle lastre i prodotti della reazione non sono eliminati, e le successive condizioni di umidità possono generare una crescente distruzione del vetro, con le conseguenti corrosioni visibili.
1.1.2. La costituzione e le proprietà degli elementi di chiusura in vetrocamera
L’applicazione degli elementi in vetro ai sistemi di facciata si concentra sulla combinazione delle lastre rivolta a realizzare chiusure dotate di elevate prestazioni termoigrometriche, illuminotecniche e acustiche. Tale combinazione riguarda gli elementi in vetrocamera (o vetro isolante),
eseguiti da almeno due lastre di vetro (secondo il corretto inserimento dei giunti e delle guarnizioni di tenuta) separate ai bordi da un distanziatore, che può essere composto, in generale, da:
• un profilo in alluminio (ricoperto da un cordone di butile e integrato da un adsorbente igroscopico, a esempio di zeolite, che elimina l’umidità nell’intercapedine e che garantisce la tenuta di prima barriera), con gli angoli saldati, brasati e iniettati di butile;
• una sottile fascia di metallo (inserita in modo perpendicolare rispetto ai piani delle lastre), intorno alla quale si dispongono due strati di butile (integrati da un adsorbente igroscopico che
elimina l’umidità nell’intercapedine).
La produzione delle lastre in vetrocamera si precisa ne:
6
• la copertura perimetrale dei pannelli tramite un sigillante di seconda barriera, che serve a incollare le lastre e il distanziatore: tale sigillante, quando i pannelli sono sottoposti a sollecitazioni eoliche negative, subisce uno sforzo di trazione che può determinarne la perdita progressiva di adesione e, quindi, la generazione di infiltrazioni di vapore acqueo fino
all’intercapedine (11);
• l’applicazione degli elementi di tenuta, che impediscono sia lo scambio gassoso tra
l’intercapedine e l’esterno sia la penetrazione di umidità;
• l’incollaggio delle lastre e dei distanziatori con tiocolo, altamente impermeabile alla diffusione del gas (e, quindi, adatto al riempimento dell’intercapedine con gas nobili), ma sensibile
alla radiazione ultravioletta: per questo motivo, le unioni al perimetro devono essere coperte
all’esterno con materiali opachi o con strati protettivi (a esempio, stampati sulle lastre).
L’incremento delle prestazioni termoigrometriche si determina limitando i fenomeni di convezione, mediante l’immissione, all’interno dell’intercapedine tra le lastre di un doppio o triplo vetrocamera, di miscele gassose dotate di una trasmittanza termica inferiore a quella dell’aria e
con una viscosità cinematica elevata. Le miscele gassose utilizzate (in gas argon, krypton, xeno,
freon o in composti krypton-argon e xeno-argon, da evitare se il sigillante di seconda battuta è
costituito da silicone, poiché permeabile alla loro azione) sono inserite nell’intercapedine a pressione atmosferica, al fine di evitare gli eventuali stati di coazione interni ai pannelli, e provvedono a:
• la reazione inerte alle differenze di temperatura tra le lastre (riducendo i flussi di trasmissione
termica);
• la riduzione della distanza tra le lastre, per la loro bassa conducibilità termica.
Le proprietà fisiche degli elementi di chiusura in vetrocamera sono funzionali alla composizione, allo spessore e al numero delle lastre (dotate di eventuali rivestimenti), oltre che al numero,
alle dimensioni e al riempimento della/e intercapedine/i. Nello specifico, all’interno del vetrocamera si determinano i fenomeni di convezione sulle lastre e sui relativi bordi: il flusso termico
è suddiviso in flusso per convezione e conduzione termica nell’intercapedine e in flusso per adduzione tra le lastre. Su queste basi, la trasmissione termica avviene secondo:
• il trasferimento radiativo di calore tra le lastre, influenzato dall’emissività delle due superfici
adiacenti al gas interno;
• la convezione termica attraverso il gas contenuto nell’intercapedine, condizionata dalle proprietà del gas, dalla distanza tra le lastre e dalla differenza di temperatura;
• la conduzione termica alle estremità delle lastre, in cui i distanziatori e i profili del telaio costituiscono dei potenziali ponti termici.
La resistenza alla diffusione termica degli strati gassosi è funzionale rispetto alla distanza tra le
lastre: questa deve essere dimensionata (attorno a un valore sp. ≅ 15 mm) in modo da equilibrare
i fenomeni di convezione (che aumentano con le dimensioni) e di conduzione termica (che diminuiscono con le dimensioni). L’isolamento termico stabilito dalle lastre in vetrocamera aumenta l’efficienza energetica dei sistemi di facciata, riducendo il valore della trasmittanza termica e, di conseguenza, la necessità di riscaldamento, anche tramite l’incremento della temperatura delle superfici interne (con effetti positivi nei confronti della riduzione delle correnti d’aria
e del comfort nelle fasce contigue alle chiusure trasparenti).
Gli elementi in vetrocamera dotati di riempimento in gas e di un rivestimento (sulla superficie
esterna della lastra interna), di tipo basso-emissivo o con deposito di sottili strati di materiali
dielettrici e metallici alternati, riducono notevolmente le perdite per trasmissione termica: il rivestimento comporta che la temperatura del gas all’interno dell’intercapedine sia prossima alla
temperatura radiante dell’aria negli spazi costruiti, riducendo i fenomeni di convezione tra le lastre.
Per quanto riguarda l’isolamento termico, si rilevano i valori di trasmittanza termica riferiti ad
alcune soluzioni applicate nei sistemi di facciata (Schittich et alii, 1998, tr. it. 2004, pp. 71-72),
quali:
7
• per un vetrocamera composto da due lastre float e intercapedine (sp. = 12 mm), k = 3,0
W/m2.K;
• per un vetrocamera composto da due lastre float e intercapedine (sp. = 20 mm), k = 2,8
W/m2.K;
• per un vetrocamera composto da tre lastre float (per cui si interrompono i fenomeni di convezione e si riduce la trasmissione termica) e due intercapedini (sp. = 8 mm), k = 2,4 W/m2.K;
• per un vetrocamera composto da tre lastre float (per cui si interrompono i fenomeni di convezione e si riduce la trasmissione termica) e due intercapedini (sp. = 12 mm), k = 2,2 W/m2.K.
Le condizioni di isolamento termico determinate dall’impiego delle lastre in vetrocamera a elevate prestazioni, integrate da almeno una superficie rivestita in materiale basso-emissivo verso
l’intercapedine e dal riempimento con gas inerte, sono espresse dai valori (ibid.):
• per un doppio vetrocamera:
- con intercapedine di sp. = 60 mm, di trasmittanza termica k = 0,6 W/m2.K, di fattore solare
(g-value) = 0,40 e di trasmittanza ottica diffusa τdiff = 0,55;
- con intercapedine di sp. = 17÷33 mm, di trasmittanza termica k = 0,7 W/m2.K, di fattore solare (g-value) = 0,34 e di trasmittanza ottica diffusa τdiff = 0,62;
• per un triplo vetrocamera, con riempimento in gas argon, di trasmittanza termica k = 0,5÷0,8
W/m2.K, di fattore solare (g-value) = 0,47 e di trasmittanza ottica diffusa τdiff = 0,68.
La costituzione degli elementi di chiusura in vetrocamera diretti a ottenere elevate prestazioni
termiche osserva alcune applicazioni, come:
• il riempimento dell’intercapedine con aerogel a struttura silicea microporosa, resistente a
compressione (adatto all’impiego in lastre sotto vuoto) e dotato di una conducibilità termica
molto bassa (λ = 0,017 W/m.K, trascurando la conduzione relativa alla distanza tra le lastre);
• l’utilizzo di barriere alla convezione, eseguite da vetri o pellicole (che consentono di ridurre
il peso rispetto a un vetrocamera triplo) capaci di resistere ai fenomeni di conduzione
all’interno dell’intercapedine (per elementi di sp. ≅ 130 mm) e tali da determinare:
- un valore del fattore solare (g-value) = 0,15÷0,65 e un valore di trasmittanza termica k
= 0,4÷0,6 W/m2.K;
- con riempimento in krypton o xeno (nella tipologia Superglazing), un valore del fattore solare (g-value) = 0,4 e un valore di trasmittanza termica k = 0,4 W/m2.K.
A livello funzionale e costruttivo, si precisano alcune modalità di esecuzione delle interfacce tra
gli apparati strutturali, connettivi e le lastre in vetrocamera, quali:
• la copertura, eseguita dal telaio, e l’impiego, nel caso di elementi a elevate prestazioni termiche, sia di profili a taglio termico sia di distanziatori in materiale isolante per attenuare gli effetti dovuti al ponte termico nel sostegno delle lastre (a causa della minima resistenza termica
nelle unioni perimetrali, per cui la temperatura delle lastre diminuisce rispetto alla posizione
centrale);
• l’individuazione specifica dei profili dei telai (adottati secondo la loro particolare costituzione materica), delle lastre di vetro e della qualità termica relativa alle unioni perimetrali (tab.
4).
Telaio (kR,W/m2.K)
Distanziatore
Vetrocamera a due la- Vetrocamera a tre Vetrocamera a tre
stre, con gas argon (kV lastre, con gas argon lastre,
con
gas
= 1,8 W/m2.K)
(kV = 1,2 W/m2.K)
krypton (kV = 0,8
W/m2.K)
8
Alluminio
(kR = 3,4 W/m2.K)
PVC
(kR = 2,3 W/m2.K)
Legno
(kR = 2,1 W/m2.K)
Altro tipo di alluminio
Altro tipo di alluminio
Altro tipo di alluminio
2,25
2,17
2,09
2,01
2,02
1,92
1,68
1,58
1,59
1,50
1,54
1,43
1,42
1,32
1,36
1,26
1,32
1,20
Tab. 4. Applicazione delle lastre in vetrocamera e proprietà termiche riferite alle tipologie di telaio.
Si indicano i valori che determinano, nel caso di lastre in doppio e triplo vetrocamera, le proprietà termoisolanti (secondo la trasmittanza termica kV) rispetto alla costituzione di diverse intelaiature strutturali
e connettive, dotate di trasmittanza termica kR (Schittich et alii, 1998, tr. it. 2004, p. 123).
Per quanto riguarda l’isolamento acustico, si assumono i valori in funzione delle frequenze di
emissione tipiche per le valutazioni in campo edilizio (comprese tra 100÷3.200 Hz), considerando le riduzioni (per frequenze comprese tra 125÷250 Hz) secondo la tipologia
dell’intercapedine. In particolare, si rilevano i valori del potere fonoisolante riferiti ad alcune soluzioni applicate nei sistemi di facciata (del tipo “massa - molla - massa”, che prevedono
l’aumento dell’isolamento acustico alle alte frequenze e la diminuzione alle basse frequenze; ivi,
p. 73), quali:
• per un vetrocamera composto da due lastre (sp. = 4 mm) e intercapedine (sp. = 12 mm, con
riempimento d’aria), RW = 30 dB;
• per un vetrocamera composto da due lastre (sp. = 4 mm, sp. = 6 mm) e intercapedine (sp. =
16 mm, con riempimento d’aria), RW = 33 dB.
Inoltre, si rilevano i valori del potere fonoisolante considerando il fattore di correzione (da adottare, a esempio, nel caso del rumore da traffico; ibid.), quali:
• per un vetrocamera composto da due lastre (sp. = 4 mm, sp. = 6 mm) e intercapedine (sp. =
12 mm, con riempimento d’aria), RW = 30 dB - 3 dB (Ctr) = 27 dB;
• per un vetrocamera composto da due lastre (sp. = 4 mm, sp. = 8 mm) e intercapedine (sp. =
16 mm, con riempimento d’aria), RW = 36 dB - 3 dB (Ctr) = 33 dB.
1.1.3. La costituzione e le proprietà degli elementi di chiusura in vetro a controllo solare
L’applicazione degli elementi di chiusura in vetro ai sistemi di facciata considera l’impiego di
lastre rivolte a calibrare la luminosità naturale negli spazi costruiti, attraverso la capacità di operare nei confronti della concentrazione e della trasmissione dei raggi solari che incidono sulle
superfici trasparenti. Questi elementi contribuiscono a:
• riflettere e diffondere la radiazione luminosa secondo angoli adattati e regolati selettivamente
(rispetto alla collocazione geografica, alle condizioni climatiche e alla variazione degli angoli
di incidenza);
• utilizzare la radiazione zenitale diffusa proveniente dalla volta celeste;
• evitare i fenomeni di abbagliamento e di scarsa illuminazione nelle fasce più interne degli
spazi costruiti (comportando la distribuzione omogenea della radiazione solare mediante la
riflessione verso le superfici di intradosso);
• contenere i consumi energetici relativi sia ai carichi termici (provvedendo a una maggiore
trasmissione termica e luminosa durante il periodo invernale e a una riduzione dei guadagni
solari durante il periodo estivo), sia all’impiego della illuminazione artificiale.
Gli elementi di chiusura in vetro a controllo solare agiscono sulla selettività spettrale della radiazione (di differente lunghezza d’onda) mediante soluzioni tecniche e dispositivi capaci:
• di impedire alle componenti infrarosse dello spettro solare (0,7 µm < lunghezza d’onda λ <
3,0 µm) di penetrare negli spazi costruiti;
9
• di filtrare selettivamente la distribuzione spettrale (escludendo una quantità pari a circa il
50% della sua energia), senza causare una eccessiva riduzione della trasmissione luminosa.
Nello specifico, lo studio rileva, per l’impiego nei sistemi di facciata, la protezione solare degli
elementi di chiusura in vetro, l’utilizzo dei rivestimenti selettivi e delle schermature solari integrate.
La protezione solare degli elementi di chiusura in vetro prevede la valutazione del rapporto tra la
riduzione del flusso energetico e l’immissione della radiazione luminosa, mediante l’impiego
de:
• i vetri antisole, dotati di un fattore solare (g-value) < 0,50 e di un fattore di trasmissione luminosa τ > 0,40, realizzati da:
- i vetri colorati (ottenuti con l’aggiunta di quantità minime di additivi che conferiscono la colorazione grigia, bronzea, verde e anche blu) o rivestiti;
- i vetri stampati, mediante superfici in modo parziale non trasparenti ottenute tramite serigrafia (in forma di reticoli): questa consiste nella stesura di un velo di smalto sulle lastre (tra le
maglie finissime lasciate aperte durante il processo produttivo), per mezzo di una spatola e di
un telaio (che delinea la configurazione desiderata da riprodurre), e nella successiva cottura
in forno (normalmente associata al processo di tempra) per vetrificare lo smalto;
• i dispositivi regolabili di protezione esterni, collegati alle intelaiature dei sistemi e realizzati
da:
- i dispositivi di protezione fissi o mobili, in forma di lamelle (in posizione orizzontale o verticale) in metallo, in legno, in plastica o in vetro (di tipo temprato termicamente, come le lastre
di vetro di sicurezza monolitico; di tipo stratificato rivestito, dotato di un fattore di trasmissione luminosa ridotto; di tipo colorato). I profili delle lamelle sono composti in modo tale
che la radiazione luminosa sia diretta verso l’intradosso degli spazi costruiti (durante il periodo invernale) e che sia riflessa verso l’esterno (durante il periodo estivo);
- le tende (avvolgibili o a comando) collocate nell’intercapedine delle lastre in vetrocamera,
costituite da materiali in grado di evitare i carichi termici aggiuntivi (che possono provocare
un aumento della pressione agente sugli elementi di chiusura, con rigonfiamenti e deformazioni ottiche);
- le pellicole riflettenti fisse nell’intercapedine delle lastre in vetrocamera (che contribuiscono
anche alla riduzione della trasmittanza termica);
• i dispositivi di protezione interni (che assorbono l’energia solare, trasmettendola negli spazi
costruiti), per cui occorre evitare una distanza troppo ridotta rispetto alle chiusure perimetrali
che può determinare un ristagno di calore; in questo caso, poiché il perimetro delle lastre, coperto dal telaio, assume una temperatura inferiore, è necessario l’impiego di vetro temprato o
indurito per ottenere una maggiore resistenza agli sbalzi termici: inoltre, sulle superfici esterne del vetrocamera possono essere incollate pellicole riflettenti o assorbenti che modificano
direttamente la temperatura delle lastre.
Gli elementi di chiusura in vetro con rivestimento (coating) selettivo riflettono, diffondono o
guidano la radiazione luminosa verso direzioni particolari negli spazi costruiti. Questi elementi
sono costituiti da superfici trattate attraverso:
• il processo di polverizzazione del materiale semiconduttore metallico (come l’ossido di stagno, l’ossido di zinco, il cadmio, l’indio, il tallio e le loro leghe), depositato per via chimica
sulle superfici del vetro chiaro tramite un procedimento pirolitico (12). Il materiale semiconduttore, liquido o polverizzato, è spruzzato direttamente sulle superfici ancora calde (a temperatura T = 600 °C), così da divenirne parte integrante: lo strato è poi cotto sul vetro in modo che, a raffreddamento avvenuto, il coating (di spessore compreso tra 100÷400 nm, molto
resistente e durevole) produca sulle lastre una pellicola dura e compatta, queste poi tagliate e
formate secondo i procedimenti ordinari;
• il processo di deposito magnetotronico (sputtering deposition), che consiste nell’applicazione
di un foglio sottile in metallo puro (come lo stagno, l’argento, l’oro, l’indio e il rame) in se10
guito alla produzione delle lastre di vetro, sulle quali sono aggiunti strati di separazione e
protettivi. Durante il processo di lavorazione, il metallo scelto è dislocato in barre catodiche
che sono bombardate da ioni rilasciati da un gas eccitato elettricamente: questo consente agli
atomi del metallo di essere “strappati” dal catodo e di essere depositati sulle superfici del vetro (13). Il coating (di spessore compreso tra 6÷12 nm per ogni strato) deve essere protetto
dagli agenti esterni, comportandone l’impiego nelle lastre in vetrocamera: l’applicazione di
strati anti-riflessione aggiuntivi (con materiali dielettrici, dotati di elevati valori di rifrazione)
incrementa la trasmissione nel campo spettrale del visibile. La deposizione del rivestimento
trasparente selettivo (a base di metalli nobili) sulle lastre di vetro chiaro permette di ottenere
una elevata trasmissione luminosa nel campo spettrale della radiazione ultravioletta e del visibile, combinata a una riflessione delle radiazioni nel campo spettrale dell’infrarosso: la selezione degli strati che compongono il coating selettivo consente di calibrare il comportamento delle lastre di vetro per i climi temperati (con minimo guadagno solare ed elevata trasmissione luminosa nel campo spettrale del visibile) e per i climi freddi (con massimo guadagno solare e bassa emissività). Inoltre, le strutture metalliche microscopiche (laminate direttamente sulle superfici di vetro) interferiscono in modo ridotto sulla visibilità, poiché è possibile calibrare l’angolo con cui la radiazione colpisce le lastre rispetto all’angolo di osservazione;
• l’applicazione di sottili pellicole in poliestere o in mylar, sulle quali è depositato (sotto vuoto)
uno strato di ossido di metallo, all’interno delle lastre in vetrocamera (per necessità protettive);
• l’applicazione di composti ceramici e smaltati, in polvere di vetro con l’aggiunta di additivi e
di pigmenti colorati (sp. = 100÷150 nm), sulle lastre prima riscaldate (alla temperatura a cui
il vetro si ammorbidisce, T = 650 °C) per consentire la fusione dei pattern sulle superfici, poi
raffreddate ad aria per aumentarne la resistenza meccanica.
Gli elementi di chiusura in vetro con schermature solari incorporate attenuano sia la radiazione
solare diretta, sia i fenomeni di contrasto visivo e di abbagliamento, senza ridurre i livelli di illuminazione naturale e i guadagni solari negli spazi costruiti (durante il periodo invernale). Le
tipologie principali riguardano la realizzazione (con l’impiego di lastre di vetro di tipo laminato
o stratificato, per resistere alle sollecitazioni termiche e all’assorbimento della radiazione solare)
de:
• gli elementi di tipo fisso, composti dall’inclusione, nell’intercapedine delle lastre in vetrocamera, dei dispositivi lamellari posizionati in funzione della particolare angolazione dei raggi
incidenti e precisati dalla necessità di non aumentare la temperatura nella cavità (che potrebbe variare la pressione sulle superfici con danni alle guarnizioni di tenuta);
• gli elementi di tipo mobile, composti dall’inclusione, nell’intercapedine delle lastre in vetrocamera, dei dispositivi lamellari o delle schermature avvolgibili (costituite da film in materiale plastico a controllo solare, come le tende in poliestere con rivestimento riflettente in alluminio sulla superficie esterna) e adattabili alle variazioni della luminosità mediante
l’azionamento elettrico;
• gli elementi con vetri stampati, dotati di due patterns (per bande orizzontali o griglie puntiformi) disposti in parallelo, che agiscono in sincronia (scorrendo reciprocamente) sia per riflettere la radiazione solare (secondo specifici angoli di incidenza, stabiliti selettivamente),
sia per consentire l’ingresso della radiazione luminosa (diretta e diffusa) negli spazi costruiti.
In particolare, i dispositivi lamellari (composti da sezioni concave, di sagoma lenticolare o
triangolare, in lamina di alluminio o di acciaio cromata riflettente, con rivestimento in trital, sp.
totale ≅ 20 mm) sono inseriti in modo orizzontale nell’intercapedine (con un supporto intermedio per dimensioni superiori a 1.100 mm). Questi dispositivi non influiscono sulla trasmittanza
termica (che, per gli elementi in esame, è pari a circa 2,5 W/m2.K), mentre il fattore solare varia
(g-value = 0,22÷0,51) in funzione della inclinazione dei raggi solari (Altomonte, 2004, pp. 168172) (14).
11
1.2. Gli elementi di chiusura cromogenici
La disamina degli elementi di chiusura per l’applicazione ai sistemi di facciata considera la
spiegazione relativa ai procedimenti produttivi, ai caratteri funzionali e morfologici dei dispositivi cromogenici, in grado di modificare le proprietà ottiche in funzione degli stimoli esterni.
Questa tipologia di elementi di chiusura (in generale, ancora riferita a impieghi di carattere sperimentale) è definita dalla capacità di trasformazione delle qualità ottiche secondo le variazioni
termiche o luminose, quale adattamento dinamico alle condizioni ambientali esterne o quale
processo di attivazione in base alle esigenze ergonomiche negli spazi costruiti (15). A tale proposito, lo studio esamina i dispositivi cromogenici:
• a controllo passivo e autoregolante, di tipo adattivo, nella forma di dispositivi fotocromici
(1.2.1) e di dispositivi termocromici e termotropici (1.2.2);
• a controllo attivo, o di tipo “attivabile” (switchable), nella forma di dispositivi a cristalli liquidi (1.2.3) e di vetri elettrocromici (1.2.4).
1.2.1. I dispositivi fotocromici
Gli elementi di chiusura trasparenti integrati dai dispositivi fotocromici sono espressi dalla capacità di cambiare le proprietà ottiche (alterando lo stato iniziale di trasparenza e di colore) durante l’esposizione alla radiazione solare (soprattutto nel campo spettrale ultravioletto), in cui
assorbono energia, e ritornano alle condizioni originali al termine dell’esposizione. Questi dispositivi si basano sul cambiamento cromatico reversibile di materiali intesi quali “sensibilizzatori ottici” che, quando sollecitati dalla radiazione ultravioletta, diventano “agenti riducenti”
(ovvero diminuiscono la valenza positiva o la presenza di ossigeno nei composti dell’idrogeno
tramite l’aggiunta di elettroni): a esempio, nelle lastre di vetro che contengono rame e argento,
la presenza di “agenti riducenti” comporta che i metalli divengano “colloidali”, assorbendo alcuni campi spettrali della radiazione luminosa incidente (16).
I dispositivi fotocromici, suddivisi in organici (quali idrocarburi aromatici) e inorganici, necessitano della presenza di tracce di metalli pesanti per attivare il fenomeno di fotocromismo, in cui
si impiegano le proprietà di particolari composti (come gli alidi di argento, che contengono fluoro, cloro, bromo e iodio). La produzione degli elementi di chiusura (che osserva difficoltà realizzative a causa delle reazioni chimiche) e le conseguenze funzionali prevedono:
• l’aggiunta di sali di argento (alogenuri d’argento) e di composti metallici di fluoro, cloro,
bromo e iodio nella miscela vetrosa (in generale, una lastra a base di boro-silicio), tramite la
fusione (a temperatura T = 1.250÷1.450 °C) in cui avviene la formazione di cristalli (∅ = 15
nm) e il successivo trattamento termico. A livello funzionale, le basse forze di legame tra
l’argento e il cloro permettono la rottura dei cristalli, sfruttando l’energia contenuta nelle radiazioni luminose (con lunghezza d’onda λ = 300÷400 nm): questo fenomeno determina
l’oscuramento del vetro, mentre, una volta cessata l’esposizione alla radiazione ultravioletta,
la ricombinazione molecolare inverte la reazione e permette la trasparenza del vetro alla luce;
• l’applicazione a substrati plastici, mediante trattamenti superficiali svolti da sostanze organiche, che includono stereoisomeri e idrocarboni aromatici polinucleari. In questi composti, il
fenomeno di fotocromismo è associato a divisioni eterolitiche e omolitiche, o a processi di
isomerizzazione, per cui si verificano delle scissioni nei legami molecolari (in seguito
all’esposizione alla radiazione ultravioletta e visibile), con la conseguente formazione di microfori nel campo spettrale del visibile: la riformazione delle catene molecolari avviene
quando termina l’esposizione alla radiazione luminosa, garantendo nuovamente la trasparenza dei composti;
• il processo di “imbibizione” (imbibe), in cui i composti cromatici non fanno parte
dell’impasto del substrato, ma sono depositati mediante un trattamento superficiale di immersione in un bagno chimico che produce le plastiche fotocromiche.
L’applicazione dei dispositivi fotocromici ai sistemi di facciata osserva:
12
• l’elevata durabilità dei trattamenti e la resistenza nei confronti delle sostanze chimiche (a esempio, conseguenti alle piogge acide);
• le difficoltà funzionali nel caso di variazioni improvvise della radiazione luminosa, considerando che il tempo di reazione dallo stato trasparente a quello oscurato è compreso tra 4÷5
minuti, mentre il tempo di reazione dallo stato oscurato a quello trasparente è compreso tra
8÷10 minuti;
• le difficoltà funzionali nel caso di aumento della radiazione solare per cui gli elementi di
chiusura, in seguito alla transizione cromatica, diventano assorbenti invece che riflettenti,
comportando le condizioni di surriscaldamento e incrementando il livello di scambio termico
radiativo;
• le difficoltà operative nel caso della presenza di elementi schermanti esterni, che possono generare zone a diversa intensità di luce e di ombra;
• le difficoltà applicative nel caso della distribuzione uniforme dei materiali cromogenici sulle
lastre di vetro e della perdita dei fenomeni di reversibilità nel tempo (Altomonte, 2004, pp.
140-143).
Inoltre, all’interno di questo ambito sperimentale, si rilevano le prestazioni dei dispositivi fotoelettrocromici, eseguiti da due componenti che usufruiscono de:
• le proprietà foto-reattive di un materiale semiconduttore (come il diossido di titanio policristallino), in grado di interagire con la radiazione luminosa per produrre cariche elettriche
(nella forma di una cella solare elettrochimica);
• la capacità di utilizzare queste cariche elettriche (nella forma di un dispositivo elettrocromico) per garantire, in modo controllabile e reversibile, la variazione cromatica.
La produzione degli elementi di chiusura e le conseguenze funzionali prevedono:
• l’applicazione di un film in diossido di titanio policristallino su una lastra di vetro, insieme a
un colorante chimico che riduce il rischio di corrosione del rivestimento e lo rende sensibile a
un ampio campo spettrale: in presenza della radiazione ultravioletta, il colorante trasferisce
elettroni nel diossido, sostituendoli con gli elettroni provenienti da un elettrolita, il quale, a
sua volta, assorbe elettroni da un contro-elettrodo (così completando il processo). Se il contro-elettrodo è costituito da un film sottile in triossido di tungsteno, si ottiene un componente
cromogenico a comportamento passivo;
• l’attivazione mediante un circuito elettrico esterno, controllato direttamente dall’utenza o da
un “sistema di gestione computerizzata dell’edificio” (BMS), in modo indipendente dalle
condizioni climatiche (Altomonte, 2004, pp. 143-144).
1.2.2. I dispositivi termocromici e termotropici
Gli elementi di chiusura trasparenti integrati dai dispositivi termocromici e termotropici sono
espressi dalla capacità di evitare i rischi di surriscaldamento, con la possibilità di mantenere comunque inalterato l’utilizzo della radiazione solare: questo, considerando la trasmissione diffusa
della luce, che precisa l’adozione di tali dispositivi in alternanza rispetto alle porzioni trasparenti
(a esempio, al di sopra o al di sotto delle superfici di visibilità). Gli studi sperimentali individuano sia l’impiego per ampie superfici trasparenti, sia i contributi alla riduzione dei consumi energetici (per la diminuzione dei guadagni termici e, quindi, dei carichi di raffrescamento).
Questi dispositivi variano i propri caratteri cromatici in funzione della temperatura, che induce
una reazione chimica o una transizione di fase tra due stati: tale processo, che genera la variazione ottica del materiale trasparente, è reversibile una volta che sono ripristinate le condizioni
termiche entro le quali la reattività chimica è stabile.
Il comportamento termocromico si verifica mediante:
• l’impiego di diversi composti organici, inorganici e film di ossidi metallici, con la capacità di
trasformarsi in conduttori a certe temperature: i composti, soggetti a riscaldamento oltre una
soglia definita (quale temperatura critica), variano le proprietà relative alla trasmissione luminosa (soprattutto nel campo spettrale dell’infrarosso). L’applicazione agli elementi di chiu13
sura nei sistemi di facciata avviene nella forma di rivestimenti basso-emissivi (secondo
l’utilizzo di ossidi metallici, quali l’ossido di vanadio), al fine di ridurre la trasmissione nel
campo spettrale dell’infrarosso o le perdite termiche per emissione e scambio radiativo;
• l’impiego di due componenti di base dotati di diversi valori di rifrazione e miscelati tra loro,
quali l’acqua e un polimero (hydrogel, che richiede una buona impermeabilizzazione dei telai), o di due differenti polimeri (polymer bend): i componenti, soggetti a riscaldamento oltre
una soglia definita (quale temperatura critica, per cui assumono una colorazione lattiginosa),
variano le proprietà relative alla trasmissione luminosa rispetto all’intero ambito radiativo
dello spettro solare. A livello funzionale:
- alle basse temperature, la miscela è omogenea ed è definita da una elevata trasparenza: i polimeri si dispongono all’interno del composto secondo catene che presentano un diametro inferiore rispetto alla lunghezza d’onda della radiazione nel campo del visibile, permettendo la
trasmissione luminosa;
- alle alte temperature, le catene polimeriche si separano in domini discreti, le cui dimensioni
sono simili alla lunghezza d’onda della radiazione nel campo del visibile, causando la riflessione della luce. Le dimensioni di questi domini possono essere stabilite da variazioni chimiche delle sostanze, in grado di influenzare anche la temperatura critica, il gradiente della variazione cromatica e la velocità del processo di trasformazione.
Nella situazione oscurata, un film termotropico permette il passaggio del 20% circa della radiazione luminosa incidente (assumendo i valori del fattore di trasmissione luminosa τ pari a
0,80÷0,90 nello stato trasparente e pari a 0,10÷0,50 nello stato opaco). L’applicazione alle superfici degli elementi di chiusura osserva:
• l’instabilità alla radiazione ultravioletta, che si manifesta con l’ingiallimento dei materiali, influenzandone le proprietà energetiche;
• il degrado per effetto dell’umidità e dell’ossigeno sui composti polimerici;
• i costi meno elevati rispetto ai dispositivi di schermatura tradizionali (Altomonte, 2004, pp.
145-149).
1.2.3. I dispositivi a cristalli liquidi
Gli elementi di chiusura trasparenti integrati dai dispositivi a cristalli liquidi (LCD, Liquid Crystals Display) sono espressi dalla capacità di variare, in modo dinamico, il proprio stato dalla
condizione traslucida fino alla totale trasparenza: il funzionamento si basa su materiali con struttura molecolare a barre (come particelle lunghe solo qualche nm) che, sollecitati da un campo
elettrico (per il fenomeno di anisotropia dielettrica), si allineano e modificano la trasmissione
luminosa. Tali dispositivi sono composti da una matrice polimerica, dotata della dispersione di
gocce di cristallo liquido (caratterizzate da un comportamento anisotropo), che determina:
• in assenza di campo elettrico, l’orientamento delle particelle in modo casuale (nella matrice
polimerica), comportando una serie di riflessioni dei raggi incidenti e la configurazione traslucida;
• in presenza di campo elettrico, l’orientamento delle particelle in una sola direzione (nella matrice polimerica), che corrisponde al gradiente del potenziale applicato, comportando la configurazione trasparente.
I dispositivi possono essere regolati, mediante sistemi di controllo, rispetto alla trasmissione luminosa richiesta (che, in generale, assume un valore del fattore di trasmissione luminosa τ =
0,48÷0,76): in particolare, i cristalli liquidi (dei quali il tipo più comune è a struttura nematica
intrecciata) (17) sono composti da polimeri che formano delle catene rotanti tra piatti polarizzati
(il cui grado di rotazione può essere stabilito durante il processo di produzione). L’applicazione
agli elementi di chiusura (sulle superfici dei vetri laminati, con diverse colorazioni di tipo neutro, verde o grigia) osserva:
• la necessità dell’alimentazione elettrica continua per mantenere la trasparenza;
• la bassa stabilità agli effetti della radiazione ultravioletta;
14
• il possibile funzionamento ridotto a causa dell’aumento della temperatura (per cui è necessario l’impiego combinato con i vetri a controllo solare) (Altomonte, 2004, pp. 150-153).
1.2.4. I vetri elettrocromici
Gli elementi di chiusura trasparenti eseguiti dai vetri elettrocromici sono espressi dalla capacità
di ricevere o di schermare un flusso di ioni, i quali influenzano le proprietà di trasmissione nel
campo spettrale del visibile e del vicino infrarosso (18). La struttura dei vetri elettrocromici è
realizzata dalla sovrapposizione di diversi strati su lastre trasparenti, ottenuta mediante procedimento magnetotronico. Gli strati possono essere costituiti da:
• uno strato di accumulo di ioni, uno strato conduttore di ioni e un materiale elettrocromico depositati tra due substrati in vetro o in plastica, con l’interposizione di conduttori trasparenti
(TCO, Transparent Conductive Oxide, in ossido di stagno “drogato” con fluoro o in ossido di
indio “drogato” con ossido di stagno);
• tre superfici, con lo strato centrale composto da un conduttore di ioni o da un elettrolita (IEC,
Electrolite), capace di perdere ioni quando è attraversato da una corrente elettrica e racchiuso
da due sottili pellicole polimeriche, costituite da un film elettrocromico (WE, Working Electrode, generalmente in ossido di tungsteno) e da un controelettrodo, o film ad accumulo di
ioni (CE, Counter Electrode); in questo caso, i due strati esterni sono realizzati da materiali
conduttori trasparenti, anche se lo strato per l’accumulo degli elettroni e il conduttore trasparente possono essere incorporati in un unico strato (19).
A livello funzionale, il cambiamento delle proprietà ottiche avviene mediante l’attivazione di un
campo elettrico, che determina l’inserimento o l’estrazione di ioni mobili (relativi agli ossidi di
metallo, in forma di pellicole, sp. = 200÷300 nm): l’attivazione comporta la reazione degli ioni
introdotti, generando dei composti colorati che modificano lo spettro cromatico del materiale.
Nello specifico, quando il potenziale elettrico è applicato ai conduttori trasparenti, una parte degli ioni immagazzinati nello strato di accumulo attraversa la zona di separazione e si dispone
nello strato elettrocromico. Questo processo (continuo e reversibile) genera una variazione nella
densità degli elettroni, che produce una modulazione delle proprietà ottiche e, di conseguenza,
l’alterazione dello spettro cromatico del materiale: con l’applicazione di un potenziale inverso è
possibile ritornare alla situazione originaria. Poiché lo strato conduttore di ioni possiede una
conduttività di elettroni trascurabile, le proprietà ottiche restano costanti anche al termine della
immissione di corrente, quindi senza la necessità di alimentare continuamente il campo elettrico.
L’impiego dei vetri elettrocromici come elementi di chiusura osserva:
• il contributo teso ad attenuare parte della radiazione solare incidente (soprattutto durante il
periodo estivo), riducendo i guadagni termici e le richieste energetiche per il raffrescamento
degli spazi costruiti;
• l’eliminazione della schermature solari convenzionali;
• la necessità indispensabile di una connessione elettrica (Altomonte, 2004, pp. 156-157).
1.3. Gli elementi di chiusura trasparenti composti
La disamina degli elementi di chiusura per l’applicazione ai sistemi di facciata considera la
spiegazione relativa ai procedimenti produttivi, ai caratteri funzionali e morfologici delle lastre,
realizzate in forma composta, in grado di fornire elevate prestazioni fisiche, meccaniche e materiali nell’interazione con gli stimoli termici e luminosi. A tale proposito, la disamina osserva la
composizione e le proprietà essenziali riferite ai materiali isolanti trasparenti (1.3.1), agli elementi di chiusura con dispositivi prismatici (1.3.2) e agli elementi di chiusura trasparenti a taglio
laser e di rifrazione (1.3.3).
1.3.1. Gli elementi di chiusura in materiali isolanti trasparenti
Gli elementi di chiusura eseguiti dai materiali isolanti trasparenti (TIM, Transparent Insulating
Materials), precisati anche come materiali isolanti traslucidi (poiché la trasparenza riguarda la
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permeabilità alla trasmissione luminosa), combinano la trasmissione della radiazione solare a elevate prestazioni termoisolanti (Kaltenbach, edited by, 2004). L’applicazione di questi materiali
nei sistemi di facciata consente:
• la realizzazione di ampie chiusure verticali con pannelli dotati di struttura a nido d’ape o capillare, di struttura quasi-omogenea o cava (in forma cellulare evacuata e in schiume acriliche), in grado di limitare le dispersioni termiche e di favorire le condizioni di risparmio energetico, tramite lo sfruttamento passivo dei raggi solari;
• l’esecuzione specifica di pannelli individuati secondo il materiale, la configurazione geometrica (parallela alla direzione dei raggi solari), l’eventuale inserimento tra due lastre di vetro e
l’integrazione di lamine retroflettive (finalizzate ad attenuare e a distribuire la radiazione luminosa secondo molteplici angoli di incidenza), che determina:
- l’eliminazione delle perdite per convezione, in base all’elevato rapporto dimensionale tra la
lunghezza e il diametro delle celle;
- la riduzione degli scambi termici radiativi, limitati dai continui processi di assorbimento e di
re-irraggiamento che avvengono all’interno della struttura;
- la riduzione delle proprietà ottiche dovute alla riflessione della radiazione luminosa causata
dalle superfici sferiche delle celle.
L’elevata trasmissione luminosa (dovuta alle successive riflessioni dei raggi incidenti all’interno
della struttura fisica e geometrica, che rendono i pannelli traslucidi) e le proprietà termoisolanti
richiedono l’impiego di schermature esterne (in forma di rivestimenti, di cortine riflettenti o di
dispositivi frangisole), per evitare le sollecitazioni termiche causate da una elevata incidenza solare (soprattutto durante il periodo estivo). Gli elementi di chiusura applicati nei sistemi di facciata sono composti da:
• i pannelli con struttura a nido d’ape o capillare, costituiti da lastre trasparenti estruse in polimetilmetacrilato (PMMA) o in policarbonato (PC), o anche in altri materiali plastici quali
l’hostaflon (HFL), il politetrafluoroetilene (PTFE), il polieteresolfonato (PES), il fluoroetilenepropilene (FEP) o teflon, prodotti con l’aggiunta di additivi per stabilizzarne il comportamento ai raggi ultravioletti e alle alte temperature, con diversi spessori (tab. 5) e sezioni geometriche. La struttura di questi pannelli (prodotti con taglio tramite filo metallico a resistenza, saldati ai lati ed eventualmente inclusi in un doppio strato di vetro sigillato ermeticamente) è configurata, in generale, da file parallele o alternate di piccoli tubicini capillari con sezione circolare (∅ = 1÷4 mm) o retta, da cilindri cavi (∅ = 1÷3 mm) e da parallelepipedi, rilevando:
- le proprietà termiche stabilite dai valori di trasmittanza termica k compresi tra 2,46÷0,77
W/m2.K (nel caso di lastre capillari in polimetilmetacrilato, sp. = 10÷100 mm), e compresi tra
2,42÷0,71 W/m2.K (nel caso di lastre in policarbonato, sp. = 15÷120 mm);
- le proprietà ottiche stabilite dai valori del fattore di trasmissione luminosa τ superiori a 0,80
(nel caso di incidenza normale della radiazione luminosa) e superiori a 0,70 (nel caso di incidenza diffusa della radiazione luminosa);
• i pannelli costituiti da lastre in vetrocamera con riempimento in materiali dotati di struttura
quasi-omogenea (di tipo microcellulare, con una scarsa densità apparente, e di colorazione
lattiginosa). L’inserimento, nell’intercapedine delle lastre, avviene con l’immissione sotto
vuoto e con la chiusura perimetrale a bassa conducibilità termica e a tenuta ermetica, mediante la sigillatura in laminato plastico contenente polvere di vetro (per la sensibilità dei materiali capillari alla penetrazione dell’acqua, all’umidità e ai composti chimici). Questi pannelli sono realizzati da:
- aerogel, omogenei o granulari (composti per il 2÷5% da silicato, con struttura porosa definita
da sfere di silice microscopiche, e per il 95÷98% da aria situata negli interstizi), e xerogel
(con struttura meno omogenea e con interstizi d’aria più ampi, tale da consentire una migliore
trasmissione luminosa ma inferiori proprietà termoisolanti), di natura inorganica. Gli aerogel
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e gli xerogel, di tipo monolitico (MSA, di densità variabile tra 3÷500 kg/m3), sono prodotti in
lastre (sp. = 8÷20 mm) secondo criteri produttivi attualmente ancora di costo elevato;
- schiuma microporosa di biossido di silice (dotata, se in forma omogenea, di pori di diametro
pari a 100 Å, quale dimensione inferiore sia alla lunghezza d’onda della radiazione nel campo spettrale del visibile, sia alle principali molecole d’aria). La costituzione di tipo granulare
(GSA, realizzata in granuli di polvere o in sfere, ∅ = 10 mm) è applicata come materiale di
riempimento nell’intercapedine di lastre in vetrocamera.
In particolare, si rileva che le proprietà termiche e ottiche de:
- i pannelli (sp. = 20 mm) realizzati con l’inserimento di aerogel e di xerogel nell’intercapedine
sono precisati dai valori di trasmittanza termica k = 0,4÷0,9 W/m2.K e di trasmittanza ottica
diffusa τdiff = 0,69;
- i pannelli (sp. = 20 mm) realizzati con l’inserimento di xerogel nell’intercapedine sono precisati dai valori di trasmittanza termica k = 0,7÷0,9 W/m2.K, di trasmittanza ottica diffusa τdiff
= 0,69 e del fattore di trasmissione luminosa τ = 0,47.
Fattore di trasmissione luminosa τ
Trasmittanza termica k
sp. = 50 mm
0,85
sp. = 100 mm
0,78
1,3
0,8
Tab. 5. Applicazione dei pannelli in materiale isolante trasparente riferita alle proprietà ottiche e
termiche.
Si indicano i valori che determinano, nel caso di due campioni di TIM capillari in policarbonato, incapsulati tra due lastre di vetro (sp. = 4 mm) e separati da un distanziatore in alluminio, le proprietà di trasmissione luminosa e termica (Altomonte, 2004, p. 120).
1.3.2. Gli elementi di chiusura con dispositivi prismatici
Gli elementi di chiusura trasparenti con dispositivi prismatici riflettono la radiazione luminosa,
consentendo di essere attraversati dai raggi indiretti secondo “assi di luce” che diffondono o escludono l’incidenza diretta (in base al principio delle lenti di Fresnel). I dispositivi prismatici
sono costituiti da griglie retro-reflettenti (di spessore contenuto) prodotte:
• in materiale acrilico (a esempio, in polimetilmetacrilato), con la formatura per iniezione (injection moulding) e il rivestimento superficiale dei prismi, secondo i differenti angoli di rifrazione, mediante un film in alluminio puro o in argento: in questo caso, essi sono inseriti tra
due lastre di vetro laminate (con intercapedine sp. ≅ 20 mm);
• in vetro, con l’incisione (specialised etching) delle lastre e il rivestimento mediante un film
acrilico.
Gli elementi di chiusura integrati da questi dispositivi (dotati di una composizione fisica che
comporta un valore di trasmittanza termica k = 2,15 W/m2.K) controllano la radiazione luminosa secondo processi di rifrazione, per cui l’incidenza dei raggi solari è modificata nel passaggio
attraverso i prismi, in modo funzionale a:
• l’applicazione, con i prismi rivolti verso l’interno, finalizzata a rifrangere la radiazione solare
e a dirigerla verso le superfici di intradosso (da disporre secondo finiture riflettenti);
• la penetrazione della radiazione solare in modo riflesso, attenuando le condizioni di incidenza
diretta e determinando:
- la riduzione della temperatura interna e, di conseguenza, dei consumi energetici relativi ai
guadagni solari indesiderati o eccessivi;
- l’assenza dei fenomeni di abbagliamento e di contrasto visivo, tuttavia impedendo la visibilità diretta verso l’esterno;
17
• l’applicazione finalizzata a schermare completamente la radiazione solare diretta e a trasmettere la radiazione zenitale diffusa, secondo processi di riflessione e di rifrazione: questa consiste nel cambiamento della direzione di propagazione, in seguito al passaggio da un elemento trasparente a un altro, con la decomposizione della luce bianca nelle diverse componenti
colorate (Altomonte, 2004, pp. 178-181).
1.3.3. Gli elementi di chiusura trasparenti a taglio laser e di rifrazione
Gli elementi di chiusura trasparenti a taglio laser (laser-cut panels) e gli elementi di rifrazione
sono costituiti da lastre sottili in materiale acrilico traslucido (a esempio, in polimetilmetacrilato), divise dall’azione di un raggio laser in una serie di porzioni in forma rettangolare (per cui la
superficie di ogni taglio agisce come uno specchio in grado di deflettere la radiazione luminosa).
Il funzionamento comporta che la radiazione luminosa sia deflessa da ogni porzione rettangolare
delle lastre per rifrazione, poi per riflessione interna e, successivamente, ancora per rifrazione:
gli elementi in esame deviano verso l’alto la radiazione luminosa relativa ad angoli di incidenza
elevati (a esempio, a 45°) e trasmettono la radiazione luminosa relativa ad angoli di incidenza
inferiori (a esempio, a 20°), permettendo la visibilità verso l’esterno.
Questi elementi, dotati anche di sottili inserti paralleli (con un angolo normale rispetto alla superficie esterna o calibrato rispetto alle specifiche esigenze), riflettono la radiazione luminosa,
deviandola e distribuendola verso le superfici di intradosso interne (garantendo un buon livello
di visibilità), in modo funzionale a:
• l’applicazione a una determinata altezza, in modo da suddividere le chiusure trasparenti in
due porzioni;
• l’applicazione all’interno di lastre di vetro laminate, secondo la produzione di pannelli dotati
di cornici strutturali (sp. = 10÷20 mm) (Altomonte, 2004, p. 175).
1.4. Gli elementi di chiusura integrati dai moduli fotovoltaici
Gli elementi di chiusura dotati di sistemi solari di tipo attivo prevedono l’impiego di soluzioni
dirette alla produzione di energia, attraverso la possibilità di convertire la radiazione solare in
corrente elettrica e di calibrare, simultaneamente, la luminosità negli spazi costruiti: queste soluzioni si affermano quali strumenti di mediazione tra le condizioni climatiche variabili e le condizioni relativamente costanti degli spazi interni, filtrando e accumulando i flussi energetici.
Il funzionamento comporta la conversione diretta della radiazione solare in corrente elettrica
mediante l’utilizzo delle celle fotovoltaiche (PV, photovoltaic, generalmente in silicio), che realizzano l’interazione tra la radiazione luminosa e gli elettroni di valenza nei materiali semiconduttori. Le celle fotovoltaiche sono costituite da un sottile strato di materiale semiconduttore (il
silicio) trattato con diversi processi chimici: questi riguardano l’inserimento di impurità (sotto
forma di atomi di boro e di fosforo) nella struttura cristallina del silicio, generando un campo elettrico e rendendo disponibili le cariche per la formazione della corrente elettrica. Nello specifico, le celle fotovoltaiche sono composte secondo:
• la tipologia monocristallina, per cui il silicio a cristallo singolo è ottenuto da un processo di
melting, sulla base dei cristalli puri e omogenei che, in seguito alla fusione, si solidificano a
contatto con un seme di cristallo: durante il raffreddamento, il silicio si trasforma in un lingotto cilindrico monocristallo, poi tagliato con seghe a filo. Le celle risultanti sono opache,
con una colorazione variabile dal blu e dal grigio fino al nero (questa derivante dal rivestimento antiriflettente in ossido di titanio, finalizzato a ottimizzare la captazione dei raggi solari);
• la tipologia policristallina, per cui i cristalli di silicio sono aggregati tra loro con forme e orientamenti diversi. Le celle risultanti sono definite da una colorazione blu opaca.
Le celle fotovoltaiche cristalline sono prodotte in piccoli dischi (di forma generalmente quadrata, con dimensioni variabili tra 10 × 10 cm e 15 × 15 cm, sp. = 0,4 mm) combinati in rete tra loro, montati in moduli disposti su lastre di vetro laminato (con l’interposizione di strati resinosi
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trasparenti) e collegati dai conduttori rivolti ad assorbire e a trasferire l’energia elettrica prodotta. I moduli (costituiti dall’assemblaggio di 30÷40 celle, di superficie pari a 0,5÷1 m2) sono trasparenti, traslucidi od opachi, secondo la configurazione connettiva (che comporta una trasmissione luminosa variabile rispetto alla distanza tra le celle). Inoltre, le celle fotovoltaiche sono realizzate da:
• i “film sottili” (relativi alle thin-film technologies), per la produzione delle celle solari di tipo
amorfo: in questo caso, il materiale semiconduttore (sp = 1÷6 µm) è depositato per vaporizzazione su strati applicabili ai vari supporti in vetro (con il deposito catodico del silicio, per
dimensioni fino a 60 × 100 cm), plastici o in lastre di alluminio, prevedendo la connessione
per cablaggio;
• le celle amorfe semitrasparenti, prodotte per rimozione di aree parziali di un film sottile, secondo strisce che permettono il passaggio della radiazione luminosa incidente (pari al 12%).
L’energia è difficilmente utilizzata in modo diretto dalle utenze elettriche collegate agli elementi
di facciata, richiedendo l’impiego di dispositivi e di circuiti (in forma di batterie di accumulo)
finalizzati a compensare lo scarto esistente tra l’andamento della potenza prodotta (quale “corrente continua”) e l’andamento della potenza consumata (quale “corrente alternata”) (20).
L’esecuzione dei moduli fotovoltaici (aggregati in composti sandwich, di dimensioni laterali di
50÷200 cm, sp. = 4÷6 cm) avviene senza supporti (in forma frameless) o con una cornice in profili di alluminio; i moduli sono utilizzati singolarmente o collegati (in serie e/o in parallelo) per
realizzare le “stringhe” (quali insiemi di moduli connessi in serie) e i “campi fotovoltaici” (stabiliti dalle connessioni riferite a un singolo impianto). La loro applicazione assume la compatibilità sia con i sistemi di facciata (e, quindi, con le relative strutture di fissaggio), sia con le condizioni di orientamento (per cui si predilige l’affaccio a sud, considerando perdite limitate negli
affacci a est e ovest), con l’inclinazione precisata dalla località geografica (ovvero, dalla latitudine). Questo, rilevando l’esecuzione integrata agli elementi di chiusura (in cui gli apparati di
conduzione energetica sono inseriti nei passaggi e negli alloggiamenti collocati lungo le cornici,
nei profili di raccordo e nei montanti) e la presenza di aree parzialmente trasparenti (con
l’inclusione di settori inattivi nella deposizione dei moduli), in modo funzionale a:
• i criteri di assemblaggio in forma “indipendente”, se l’applicazione non ha funzione di chiusura e non è condizionata dalla costituzione morfologica dei prospetti;
• i criteri di assemblaggio “per sovrapposizione”, con l’installazione dei moduli fotovoltaici
tramite apposite strutture;
• i criteri di assemblaggio “per integrazione”, con l’installazione dei moduli fotovoltaici in
modo da calibrare anche la radiazione luminosa negli spazi costruiti: in questo caso, i moduli
sono realizzati da composti sandwich, in cui le celle di silicio sono interposte (con substrato
in resina artificiale) a due lastre di vetro (con lastra esterna di tipo extra-chiaro, sp. = 4 mm) o
inserite nell’intercapedine delle lastre in vetrocamera (con un valore di trasmittanza termica k
= 1,1 W/m2.K). La distanza tra le celle di una “stringa” è variabile (tra 2÷10 mm), così come
la distanza tra le “stringhe” stesse, che possono addensarsi o distanziarsi secondo le esigenze
di visibilità e di schermatura (comunque rispettando la distanza minima di 2 mm). La realizzazione dei pannelli dotati di celle fotovoltaiche comporta:
- per i moduli in silicio cristallino (mono o policristallino), la produzione di laminati in vetrovetro o in vetro-tedlar, completi di cornice in alluminio, quali elementi di chiusura per i sistemi di facciata continua e strutturale;
- per i moduli in silicio amorfo, la produzione di lastre stratificate in fogli flessibili di materiale
plastico;
• l’applicazione come brise-soleil fotovoltaici, che permette di calibrare (mediante i pattern
delle celle) e di assorbire la radiazione luminosa: questa tipologia, stabilita da elementi collocati oltre il piano di facciata, consente un rendimento efficace delle celle fotovoltaiche, in
quanto esso è direttamente proporzionale alla capacità dispersiva del calore (Altomonte,
2004, pp. 189-198; Herzog, Krippner, Lang, 2004, tr. it. 2005, pp. 291-293).
19
1.5. Le schermature solari (dispositivi frangisole e light shelf)
Gli elementi di chiusura applicati ai sistemi di facciata possono essere dotati delle schermature
solari nella forma di dispositivi tessili esterni avvolgibili e di dispositivi frangisole (orizzontali o
verticali, anche associati a lastre di vetro selettivo), montati all’interno o all’esterno. Nello specifico, i dispositivi frangisole (o brise-soleil) sono costituiti da profili lamellari o lenticolari fissi
o mobili, prodotti in materiali opachi (a esempio, in profili di alluminio, di legno o di pietra), riflettenti (a esempio, in vetri a specchio o stampati) o trasparenti in modo parziale (a esempio, in
lamiere perforate o a reticolo). I profili, disposti in modo parallelo o in aggetto lungo il lato esterno della facciata, possono essere inclinati, scorrevoli o girevoli, eseguendo la copertura
completa e diretta delle superfici.
La sperimentazione intorno ai criteri di calibrazione e di diffusione della luce naturale negli spazi costruiti osserva la messa a punto di dispositivi tesi a dirigere e a distribuire la trasmissione
luminosa in modo uniforme e senza fenomeni di abbagliamento: a tale proposito, si considerano
le schermature dotate di superficie diffondente e/o riflettente, le cui prestazioni di controllo solare e di integrazione ambientale riguardano la visibilità verso l’esterno e la riduzione dei carichi
di surriscaldamento, causati da indesiderati guadagni solari. Le varianti tipologiche ai dispositivi
frangisole tradizionali consistono, a esempio, ne:
• l’applicazione di “lame” orizzontali di vetro, eseguite su telai portanti (in forma di elementi
lineari, di bracci rotabili e di supporti meccanici) a loro volta collegati agli attuatori e ai comandi di funzionamento elettrico (azionati per calibrare l’inclinazione rispetto all’incidenza
solare);
• l’applicazione dei dispositivi light shelf (quali profili plastici sagomati interposti
all’intercapedine delle lastre in vetrocamera, quali profili lamellari, prismatici e diffrangenti,
dotati di film olografici), che consentono alla radiazione solare di penetrare in modo diretto
e/o riflesso: questo, comportando la direzione dei raggi verso le superfici di intradosso interne (da disporre secondo finiture riflettenti) e l’attenuazione dell’incidenza diretta.
Nello specifico, i dispositivi light shelf sono realizzati da schermature orizzontali o inclinate (lineari o curve, fisse o mobili), con la superficie superiore riflettente e, possibilmente, combinate
a un elemento sopraluce, in modo funzionale a:
• l’orientamento delle chiusure trasparenti, la latitudine (per la regolazione dell’angolo) e la
configurazione degli spazi costruiti;
• l’impiego in condizioni di elevata radiazione solare diretta, rilevando l’utilizzo nei prospetti
esposti a sud (e le ridotte prestazioni nei prospetti esposti a est e ovest, a causa del ridotto angolo di incidenza), in cui l’elevata ampiezza dell’angolo di incidenza (soprattutto durante il
periodo estivo) ne determina la funzione sia come schermatura alla illuminazione diretta, sia
come strumento di captazione dei raggi solari;
• l’applicazione a una determinata altezza (circa 2 m dall’estradosso, per cui si genera la corretta riflessione verso l’intradosso e l’assenza dei fenomeni di abbagliamento), in modo da
suddividere le chiusure trasparenti in due porzioni.
A livello esecutivo, si prevede l’assemblaggio dei dispositivi light shelf:
• in posizione esterna, che favorisce la diffusione luminosa verso gli spazi costruiti e la visibilità dalle chiusure trasparenti;
• in posizione interna, che riduce la diffusione luminosa verso gli spazi costruiti ma consente
una buona protezione rispetto alla radiazione proveniente dal sopraluce;
• in posizione combinata, che assicura la migliore diffusione luminosa unitamente alla protezione e al comfort visivo (Altomonte, 2004, pp. 172-175).
20
Note
1. I parametri fisici e geometrici che occorre considerare nel progetto e nell’esecuzione degli elementi
di chiusura trasparenti nei sistemi di facciata sono, principalmente:
• il clima, che stabilisce i livelli della radiazione solare e della temperatura, comportando la messa in
atto di specifici valori di emissività, di isolamento, di calibrazione della trasmissione (termica e luminosa) e di schermatura;
• l’orientamento dell’organismo edilizio e dei prospetti, comportando la disamina dell’efficienza termica rispetto ai guadagni solari riferiti alle possibilità di esposizione.
2. La disamina in merito agli elementi di chiusura rileva la possibile integrazione dei sistemi di facciata con parti apribili secondo le soluzioni funzionali stabilite dalla pratica produttiva e costruttiva, a esempio, di tipologia ad anta verso l’interno, ad anta ribalta e ad anta vasistas, ad anta apribile verso l’esterno
con telaio in vista e ad anta apribile verso l’esterno senza telaio in vista (con vetro a incollaggio strutturale). A tale proposito, la trattazione indica il ricorso alle spiegazioni di carattere manualistico già ampiamente esposte nei testi di Santi Cascone (1996), di Christian Schittich et alii (1998, tr. it. 2004, pp. 164166), di Roberta Ciottoli (2002, pp. 81-142) e di Thomas Herzog, Roland Krippner, Werner Lang (2004,
tr. it. 2005, pp. 42-44).
3. I parametri per la valutazione fisico-tecnica degli elementi di chiusura trasparenti, relativi sia alla
trasmissione luminosa sia alla trasmissione energetica, sono:
• il fattore di trasmissione luminosa (denominato anche come coefficiente di trasmissione luminosa o
trasmittanza ottica), espresso con L (tv), (tvL) e anche con la lettera τ, che indica l’attitudine a trasmettere la radiazione solare luminosa, definendo la quantità (anche in percentuale) della radiazione visibile trasmessa direttamente (nel campo spettrale luminoso di lunghezza d’onda λ = 380÷780 nm, in relazione alla sensibilità dell’occhio umano). Secondo il tipo di radiazione si presenta un tipo di trasmittanza ottica diffusa τdiff e un tipo di trasmittanza ottica diretta τdir;
• il fattore di trasmissione energetica s, che indica la quantità (in percentuale) di irraggiamento trasmessa direttamente;
• il fattore solare, o coefficiente di trasmissione solare (g-value, in ambito internazionale), composto
dalla trasmissione energetica diretta e dallo scambio per adduzione dell’energia assorbita nel vetro
sotto forma di radiazione e di convezione termica (nel campo spettrale luminoso di lunghezza d’onda
λ = 300÷2.500 nm);
• la selettività, come rapporto tra il fattore di trasmissione luminosa τ e il fattore solare, e l’emissività,
come capacità di rilasciare energia sotto forma di radiazione;
• la conducibilità termica λ, che indica il flusso termico trasmesso dall’interno verso l’esterno di un elemento bidimensionale, a una differenza di temperatura di 1 K (espressa in W/m.K);
• la trasmittanza termica k (principalmente denominata come coefficiente di trasmissione termica) o Uvalue (in ambito internazionale), che indica l’attitudine a trasmettere il calore. Questo parametro fisico esprime la quantità di energia termica trasmessa in un secondo attraverso la superficie di un metroquadro del materiale costituente un elemento tecnico, quando sussiste la differenza di temperatura pari a 1 °C o a 1 K. A livello operativo, quanto minore risulta il valore di trasmittanza termica di un elemento tecnico o di un materiale, tanto maggiore risulta la sua capacità termoisolante. La trasmittanza termica è espressa, in generale, in W/m2.K e, meno frequentemente, in kcal/h.m2.°C.
4. La disamina degli elementi di chiusura trasparenti considera la divisione dello spettro luminoso in
tre bande di lunghezza d’onda:
• la radiazione ultravioletta vicina (di lunghezza d’onda λ = 0÷380 nm);
• il campo del visibile (di lunghezza d’onda λ = 380÷780 nm);
• il campo dell’infrarosso (di lunghezza d’onda λ = 780÷2.800 nm).
La distribuzione dello spettro solare sulla superficie terrestre si colloca per la maggior parte nel campo
del visibile (47%) e dell’infrarosso (46%), mentre la percentuale relativamente ridotta di raggi ultravioletti (7%) è composta dalla radiazione ultravioletta biologicamente efficace (di lunghezza d’onda λ =
280÷315 nm) e dalla radiazione UV-A (di lunghezza d’onda λ = 315÷380 nm). In generale, le radiazioni
con lunghezza d’onda λ = 315÷3.000 nm possono attraversare gli elementi di chiusura trasparenti e,
quindi, non sono trasmesse negli spazi interni: questo ambito si estende perciò dal campo della radiazione ultravioletta, fino al campo del visibile e dell’infrarosso. Le radiazioni con lunghezza d’onda λ < 315
nm e le radiazioni con lunghezza d’onda λ > 3.000 nm sono, invece, quasi totalmente assorbite dagli e21
lementi di chiusura trasparenti, determinando i fenomeni di riscaldamento che avvengono verso la superficie rivolta agli spazi interni, denominati “effetto serra”.
5. Gli elementi di chiusura trasparenti applicati ai sistemi di facciata possono agire quali strumenti di
utilizzo e di trasformazione “passiva” (di tipo diretto) o “attiva” (di tipo indiretto) della radiazione solare.
L’utilizzo e la trasformazione “passiva” prevede l’impiego di soluzioni tecniche rivolte a captare, accumulare e distribuire l’energia prodotta dalla radiazione solare senza il ricorso a dotazioni impiantistiche:
tali soluzioni assumono le funzioni di controllo del microclima relativo agli spazi costruiti e del bilancio
energetico secondo i princìpi basilari del riscaldamento e della illuminazione solare. L’utilizzo e la trasformazione “attiva” prevede l’impiego di soluzioni tecniche rivolte a captare, accumulare e distribuire
l’energia solare: tali soluzioni comportano il contributo di dispositivi (nella forma di “collettori”) capaci
di integrare lo sfruttamento del calore, della luce naturale o dei fenomeni di convezione relativa ai flussi
aerei (Herzog, Krippner, Lang, 2004, tr. it. 2005, p. 287).
6. Il vetro è realizzato da un reticolo spazialmente irregolare di silicio (Si) e di ossigeno (O), che costituisce la composizione tetraedrica (SiO4) in cui ogni atomo di silicio è circondato da quattro atomi di
ossigeno, e nelle cui cavità alloggiano dei cationi: il riscaldamento alla temperatura T = 800÷1.100 °C
genera il processo di cristallizzazione, in cui si formano i cristalli di silicio, che sono separati dalla vera e
propria massa vetrosa (portando alla produzione di un vetro opaco e lattiginoso).
7. Il vetro, in seguito a danni strutturali interni, a crepe e a graffi superficiali subisce delle incisioni (in
caso di sollecitazione meccanica), con punte di tensione estremamente elevate che non possono essere
eliminate dalla deformazione plastica. Alla base di una incisione o di una scheggiatura si innesca, nel caso di superamento della “tensione (di trazione) critica”, un aumento della fenditura, con un processo di
“crescita” limitato: nella meccanica della fenditura, questa “crescita”, lenta e “stabile”, è definita “sottocritica” (ed è determinata, soprattutto, dalla durata della sollecitazione). In particolare, la “crescita sottocritica” è caratterizzata da:
• la resistenza più elevata rispetto ai carichi permanenti (con sollecitazioni di breve periodo);
• la sensibilità ai processi chimici, come nel caso dell’umidità ambientale che accelera la crescita della
fenditura;
• l’allargamento “instabile” e il possibile cedimento improvviso dell’elemento in vetro.
8. La quantità di ossido di ferro (Fe2O3) all’interno della miscela vetrificabile, riconoscibile otticamente per la colorazione verde, è responsabile delle condizioni di assorbimento e di trasmissione della
radiazione solare: con la riduzione dell’ossido di ferro decresce l’assorbimento, ottenendo una trasmissione superiore, e, quindi, una elevata trasparenza ottica, che si avverte particolarmente nel campo spettrale del visibile.
9. Il procedimento di tempra aumenta la resistenza alle sollecitazioni di trazione sulle superfici, generando un incremento di pressione sulle crepe e sui danni superficiali delle lastre di vetro. In questo caso, i
bordi delle fratture restano chiusi mentre le sollecitazioni di trazione portano, nelle lastre temprate, prima
alla distruzione della tempra e, successivamente, alla tensione di trazione all’interno del vetro.
10. L’applicazione del rivestimento basso-emissivo può variare rispetto agli elementi di chiusura trasparenti adottati:
• nell’edilizia residenziale, in cui occorre favorire la trasmissione dei raggi solari nel campo spettrale
del visibile e la riflessione, verso l’interno, della radiazione generata dagli elementi irradiati e radianti
nel campo spettrale dell’infrarosso;
• nell’edilizia terziaria e commerciale, dove il carico di raffrescamento rappresenta la parte maggiore
del dispendio energetico, in cui occorre favorire la riflessione dei raggi solari nel campo spettrale
dell’infrarosso, in modo da ridurre i guadagni termici.
11. I difetti dovuti al sigillante, che causano l’appannamento del vetrocamera, consistono nella perdita
di aderenza alle lastre di vetro, nella permeabilità eccessiva al vapore acqueo e nella tendenza ad assorbire acqua. La perdita di aderenza del sigillante di seconda barriera conduce alla progressiva creazione di
passaggi attraverso i quali il vapore acqueo può filtrare nell’intercapedine: l’eccessiva permeabilità genera la condensa in prossimità del butile, provocandone i processi di invecchiamento e interrompendone
l’effetto di barriera.
12. Il procedimento pirolitico (chemical vapour pyrolisis deposition) è definito dalla deposizione del
rivestimento in ossido di metallo per via chimica, in fase di vapore, direttamente sul forno di produzione
del vetro float: questo procedimento comporta la fusione dell’ossido di metallo ad alta temperatura e la
sua integrazione sulla superficie delle lastre, permettendo al deposito una elevata resistenza agli agenti
atmosferici e all’abrasione (così facilitando le opere di manipolazione e di installazione).
22
13. Il processo di deposito magnetotronico di metalli nobili comporta che un elettrodo metallico (denominato target) sia bombardato da ioni provenienti da una miscela confinata di gas altamente ionizzati:
gli atomi sono rimossi dalla superficie di questo elettrodo e depositati sulla superficie del vetro. Questo
processo, a temperatura ambiente, conferisce una buona adesione del deposito sulla superficie, che va
posizionata all’interno di un vetrocamera per essere protetta dalle azioni ossidanti e dilavanti provocate
dagli agenti atmosferici.
14. Gli elementi di chiusura in vetro con schermature solari integrate sono eseguiti, a esempio, attraverso due lastre di vetro (di tipo basso-emissivo o riflettente, sottoposte a processi di tempra o di tipo laminato, per resistere ai carichi termici), separate dal distanziatore perimetrale in alluminio. Le lastre integrano i dispositivi lamellari, con un primo strato in polisobutilene (tra il distanziatore e il vetro) e un secondo strato di tenuta in silicone e polisolfide. L’isolamento termico è assimilabile a quello di una lastra
in vetrocamera (con un valore di trasmittanza termica k = 2,5 W/m2.K), mentre l’utilizzo di una lastra di
vetro con rivestimento basso-emissivo e il riempimento dell’intercapedine con gas inerte (argon) permette di ottenere valori anche molto ridotti della trasmittanza termica, pari a 1,3 W/m2.K (Altomonte, 2004,
pp. 171-172).
15. I dispositivi di tipo “attivabile” (switchable) possono essere comandati direttamente o collegati a
un sistema BMS (Building Management System, quale “sistema di gestione computerizzata
dell’edificio”), capace di rispondere continuamente alle variazioni delle condizioni climatiche esterne
(quali la radiazione solare e la temperatura esterna) e ai fattori variabili interni (quali i livelli di illuminazione naturale e artificiale, i carichi termici endogeni e la temperatura interna).
16. Il fenomeno di fotocromismo si verifica anche con elementi non metallici mediante il principio
della nucleazione energetica: tramite l’esposizione luminosa e termica, gli “agenti nucleanti” inducono la
creazione di cristalli (quali il litio metasilicato, il sodio fluorico o il bario disilicato) che, riflettendo alcuni campi spettrali, colorano i composti e li opacizzano, determinando una riduzione nella trasmissione
della radiazione visibile e solare (Altomonte, 2004, p. 140).
17. I cristalli liquidi costituiscono uno stato di aggregazione della materia intermedio (paracristallino)
tra lo stato solido e quello liquido, determinato da molecole allungate le cui posizioni non seguono una
configurazione geometrica regolare. A livello molecolare, i cristalli liquidi sono definiti dalle tipologie:
• a struttura smettica, con le molecole ordinate in modo parallelo tra loro su piani sovrapposti;
• a struttura colesterica, con le molecole ordinate in modo parallelo e disposte su strati ruotanti di un
certo angolo, in forma elicoidale;
• a struttura nematica, con le molecole ordinate nella stessa direzione ma senza regolarità nella stratificazione (Altomonte, 2004, p. 150).
18. Il fenomeno di elettrocromatismo consiste nel passaggio di corrente elettrica all’interno di un materiale comportandone un cambiamento, persistente e reversibile, nella struttura chimica, con la conseguente trasformazione delle caratteristiche ottiche (Altomonte, 2004, p. 156).
19. Nei dispositivi elettrocromici a strati, il conduttore di ioni (o elettrolita) è definito da un conduttore ionico inorganico, da un elettrolita polimerico (a esempio, in poliossido di etilene) o da un elettrolita
liquido. Il controelettrodo, o film di accumulo di ioni, composto da ossidi di metallo di transizione, è caratterizzato da un comportamento elettrochimico perfettamente reversibile e dotato di buona stabilità: in
alcuni casi, esso è trasparente sia nello stato ridotto sia nello stato ossidato (affidando così esclusivamente all’elettrodo la modulazione della trasmissione ottica), in altri casi, esso è trasparente nello stato ridotto e colorato nello stato ossidato (permettendo così la simultanea colorazione dell’elettrodo e del controelettrodo) (Altomonte, 2004, p. 157).
20. La produzione di energia elettrica mediante l’impiego di sistemi di facciata integrati da moduli fotovoltaici necessita che la tensione disponibile assuma un valore costante, ottenuto tramite batterie di accumulo e regolatori di corrente. La disposizione di energia elettrica sotto forma di corrente alternata (a
230 V monofase o a 400 V trifase), secondo le forniture in bassa tensione esercitate dalle società di distribuzione, prevede l’utilizzo di convertitori statici (o inverter): i generatori solari di energia elettrica
sono costituiti da impianti connessi e collegati alla rete di distribuzione, che agisce come sistema di accumulo (Altomonte, 2004, pp. 193-194).
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25
Prestazioni dei componenti edilizi trasparenti
Tecnologie e materiali
Massimiliano Nastri
Unità di ricerca Progettazione e gestione dei sistemi edilizi e ambientali
Dipartimento Best
2
Elementi di chiusura in vetro
Gli elementi di chiusura applicati alla Twin Tower a Vienna, progettata da Massimiliano
Fuksas, sono costituiti dalle lastre in vetrocamera (definite dai pannelli di vetro in cristallo
extra-chiaro laminato), a basso contenuto ferroso per ottenere la completa trasparenza.
1
3
Elementi di chiusura in vetro
Gli elementi di chiusura applicati alla torre
Vitro a Londra, progettata da John McAslan
& Partners, sono costituiti dalle lastre in
vetrocamera (definite dai pannelli di vetro
stratificato, con l’interposizione dello strato
intermedio in polivinilbutirrale), fissate ai
montanti in alluminio con silicone strutturale.
4
Elementi di chiusura in vetro
La produzione riguarda le modalità
di realizzazione delle lastre di vetro
colorato (tinted glass), mediante
l’aggiunta, prima della fusione, di
composti chimici selezionati (nei
colori grigio, blu, bronzo e oro) per
ottenere la colorazione desiderata.
I vetri colorati sono ottenuti con
l’aggiunta di quantità minime di
additivi
che
conferiscono
la
colorazione grigia, bronzea, verde e
anche blu, o rivestiti.
2
5
Elementi di chiusura in vetro
Gli elementi di chiusura applicati alla Galleria La Fayette a Berlino, progettata da Jean Nouvel, sono costituiti
dalle lastre di vetro parzialmente serigrafate, che realizzano una membrana continua eseguita mediante
procedure di fissaggio puntuale (con giunzioni verticali siliconiche, per esplicitarne l’omogeneità percettiva).
6
Elementi di chiusura in vetro
Gli elementi di chiusura applicati alla Ludwig
Erhard Haus a Berlino, progettata da
Nicholas Grimshaw and Partners, sono
costituiti dalle lastre di vetro laminato e
serigrafato (eseguite mediante procedure di
fissaggio puntuale), su cui si impostano le
“lame” orizzontali in vetro che agiscono come
schermatura solare.
3
7
Elementi di chiusura in vetro
Gli elementi di chiusura applicati alla torre del complesso Aurora Place a Sydney, progettato dal Renzo
Piano Building Workshop, sono costituiti dalle lastre in doppio vetro di cristallo extra-chiaro laminato, a
basso contenuto ferroso: le lastre sono dotate della cromatura sfumata bianco-lattiginosa serigrafata a
smalto con moduli circolari ceramici.
8
Elementi di chiusura in vetro
Gli elementi di chiusura applicati alla torre del complesso Aurora Place a Sydney, progettato
dal Renzo Piano Building Workshop, sono costituiti dalle lastre in doppio vetro di cristallo
extra-chiaro laminato, a basso contenuto ferroso. La costruzione avviene tramite il montaggio
dei profili perimetrali alle staffe disposte sulle strutture di impalcato.
4
9
Elementi di chiusura in vetrocamera
Gli elementi in vetrocamera (o vetro isolante)
sono eseguiti da almeno due lastre di vetro
(secondo il corretto inserimento dei giunti e
delle guarnizioni di tenuta) separate ai bordi da
un distanziatore, che può essere composto, in
generale, da:
• un profilo in alluminio (ricoperto da un
cordone di butile e integrato da un adsorbente
igroscopico), con gli angoli saldati, brasati e
iniettati di butile;
• una sottile fascia di metallo, intorno alla quale
si dispongono due strati di butile.
La produzione delle lastre in vetrocamera si
precisa ne:
• la copertura perimetrale dei pannelli tramite
un sigillante di seconda barriera, che serve a
incollare le lastre e il distanziatore<
• l’applicazione degli elementi di tenuta, che
impediscono sia lo scambio gassoso tra
l’intercapedine e l’esterno sia la penetrazione
di umidità;
• l’incollaggio delle lastre e dei distanziatori con
tiocolo, altamente impermeabile alla diffusione
del gas (e, quindi, adatto al riempimento
dell’intercapedine con gas nobili), ma sensibile
alla radiazione ultravioletta: per questo motivo,
le unioni al perimetro devono essere coperte
all’esterno con materiali opachi o con strati
protettivi (a esempio, stampati sulle lastre).
10
Sistema di facciata continua
Serie FW 50 (produzione Schüco).
Intelaiatura in alluminio con profili a taglio termico: il telaio strutturale si collega alle strutture tramite i
montanti, inseriti al cannotto interno, e tramite i traversi (con sezione scatolare rettangolare), per
l’assemblaggio delle lastre in vetrocamera e a chiusura della connessione inferiore.
5
11
Sistema di facciata continua
La tipologia di chiusura verticale esterna della serie
Forster Thermfix (produzione Forster) è composta
dall’intelaiatura in profili di acciaio (con finitura variabile in
acciaio grezzo, in nastro zincato a caldo, in acciaio
galvanizzato per elettrolisi e in acciaio inossidabile).
12
Sistema di facciata continua
La tipologia di chiusura verticale esterna della serie
Jansen - Viss TV (produzione C. P. Sistemi - Jansen) è
composta dall’intelaiatura in profili di acciaio a sezione
scatolare, che eseguono le procedure di fissaggio con
giunzione a pressore, rilevando la possibilità di sostenere
sia parti apribili sia di tamponamento.
6
13
Sistema di facciata strutturale
La tipologia di chiusura verticale esterna della serie Spring 190W SG (produzione Berti) è composta dall’intelaiatura in alluminio con
profili a cellule isostatiche, “flottanti” (per impedire gli stati tensionali indotti) e indipendenti a livello statico rispetto ai moduli contigui
(consentendone la libera dilatazione termica). Il sistema è realizzato da: 1. struttura portante; 2. telaio fisso; 3. telaio apribile; 4.
struttura secondaria.
14
Sistema di facciata continua
La tipologia di chiusura verticale esterna è costituita dai
componenti monoblocco e multicamera in PVC
(produzione Finstral), con rinforzi in acciaio e con sezioni
di accoppiamento in acciaio zincato, proponendo le
modulazioni tradizionali dei sistemi a cortina.
7
15
Sistema di facciata “a cellule”
(unit system)
La tipologia di chiusura verticale
esterna, applicata alla City Hall di
Londra, progettata da Norman
Foster and Partners, è costituita dai
componenti integrati dai profili in
alluminio e dalle lastre in triplo vetro
a bassa emissività, con l’inserimento
del dispositivo schermante a
veneziana nel riquadro superiore.
16
Sistema di facciata “a cellule” (unit system)
La tipologia di chiusura verticale esterna, applicata alla City Hall di Londra, progettata da Norman Foster and Partners, è
costituita dai componenti integrati dai profili in alluminio e dalle lastre in triplo vetro a bassa emissività, con l’inserimento
del dispositivo schermante a veneziana nel riquadro superiore.
8
17
Sistema di facciata “a cellule”
(unit system)
La tipologia di chiusura verticale esterna,
applicata alla City Hall di Londra,
progettata da Norman Foster and
Partners, è costituita dai componenti
integrati dai profili in alluminio e dalle lastre
in triplo vetro a bassa emissività, con
l’inserimento del dispositivo schermante a
veneziana nel riquadro superiore.
La composizione a geometria sferoidale è
realizzata tramite l’intelaiatura strutturale
avvolgente (su maglia romboidale) in profili
tubolari di acciaio.
18
Sistema di facciata strutturale
La tipologia di chiusura verticale esterna, applicata al
complesso Ensemble Immobilier Ponant III a Parigi, progettato
da Valode & Pistre Architectes, è composta dall’intelaiatura in
alluminio con profili montanti e traversi: questi sostengono sia
la sezione centrale della facciata, a supporto (mediante
silicone strutturale) delle lastre di vetro esterne, sia i profili
laterali, a supporto delle lastre di vetro interne.
Il sistema si basa sul procedimento funzionale delle “facciate
respiranti” (o breathing façades), realizzato mediante
l’intercapedine ventilata (con tenda oscurante in lamelle di
alluminio) interposta alle lastre di vetro.
9
19
Elementi di chiusura
elettrocromici
A livello funzionale, il cambiamento
delle proprietà ottiche avviene
mediante l’attivazione di un campo
elettrico, che determina l’inserimento
o l’estrazione di ioni mobili (relativi
agli ossidi di metallo, in forma di
pellicole, sp. = 200÷300 nm):
l’attivazione comporta la reazione
degli ioni introdotti, generando dei
composti colorati che modificano lo
spettro cromatico del materiale.
Quando il potenziale elettrico è
applicato ai conduttori trasparenti,
una parte degli ioni immagazzinati
nello strato di accumulo attraversa la
zona di separazione e si dispone
nello strato elettrocromico. Questo
processo (continuo e reversibile)
genera una variazione nella densità
degli elettroni, che produce una
modulazione delle proprietà ottiche
e, di conseguenza, l’alterazione
dello spettro cromatico del materiale:
con l’applicazione di un potenziale
inverso è possibile ritornare alla
situazione originaria.
20
Elementi di chiusura trasparenti
a controllo solare
Gli elementi dotati di schermature solari,
incorporate nell’intercapedine delle lastre in
vetrocamera (con vetri di tipo laminato o
stratificato), attenuano sia la radiazione
solare diretta, sia i fenomeni di contrasto
visivo e di abbagliamento, senza ridurre i
livelli di illuminazione naturale e i guadagni
solari negli spazi costruiti.
10
21
Elementi di chiusura trasparenti
a controllo solare
Gli elementi dotati di dispositivi traslucenti
(produzione Schott), incorporati nell’intercapedine
delle lastre in vetrocamera (con vetri di tipo laminato
o stratificato), permettono la diffusione della
radiazione solare in modo combinato alle elevate
proprietà di isolamento termico.
22
Elementi di chiusura trasparenti composti
L’elevata trasmissione luminosa (dovuta alle successive
riflessioni dei raggi incidenti all’interno della struttura fisica
e geometrica, che rendono i pannelli traslucidi) e le
proprietà termoisolanti richiedono l’impiego di schermature
esterne (in forma di rivestimenti, di cortine riflettenti o di
dispositivi frangisole), per evitare le sollecitazioni termiche
causate da una elevata incidenza solare (soprattutto
durante il periodo estivo).
Gli elementi di chiusura applicati nei sistemi di facciata
sono composti dai pannelli con struttura a nido d’ape o
capillare, costituiti da lastre trasparenti estruse in
polimetilmetacrilato (PMMA) o in policarbonato (PC), o
anche in altri materiali plastici quali l’hostaflon (HFL), il
politetrafluoroetilene (PTFE), il polieteresolfonato (PES), il
fluoroetilenepropilene (FEP) o teflon, prodotti con
l’aggiunta di additivi per stabilizzarne il comportamento ai
raggi ultravioletti e alle alte temperature, con diversi
spessori e sezioni geometriche.
La struttura di questi pannelli (prodotti con taglio tramite
filo metallico a resistenza, saldati ai lati ed eventualmente
inclusi in un doppio strato di vetro sigillato ermeticamente)
è configurata, in generale, da file parallele o alternate di
piccoli tubicini capillari con sezione circolare (∅ = 1÷4
mm) o retta, da cilindri cavi (∅ = 1÷3 mm) e da
parallelepipedi.
11
23
Elementi di chiusura trasparenti composti
Gli elementi composti dai materiali isolanti trasparenti, che combinano la trasmissione della radiazione solare (con la
riflessione dei raggi incidenti nella struttura fisica e geometrica) a elevate prestazioni termoisolanti (per la riduzione degli
scambi termici radiativi), possono essere costituiti da lastre in vetrocamera con riempimento in aerogel, omogenei o
granulari (composti da silicato, con struttura porosa, e da aria situata negli interstizi).
24
Elementi di chiusura trasparenti composti
Sistema costruttivo in EFTE, applicato all’Eden Project in
Cornovaglia, progettato da Nicholas Grimshaw and Partners.
12
25
Elementi di chiusura
trasparenti composti
La struttura portante del Padiglione
Giapponese all’interno dell’Expo 2000
di Hannover, progettato da Shigeru
Ban Architects, è costituita da archi
definiti da coppie di profili composti in
legno, con setti in legno interposti
trasversali passanti e arcareccio in
legno di pino, a cui si collega
l’intelaiatura interna in profili tubolari di
cartone riciclato mediante fasce
flessibili intrecciate in fibra legnosa.
La membrana di involucro stratificata
e laminata con rivestimento esterno
trasparente in poliestere, interrotta
nelle fasce tra le coppie di profili in
legno degli archi strutturali, è
applicata alle superfici esterne
dell’arcareccio mediante tassellatura
orizzontale ricoperta da strisce in
tessuto bianco.
26
Elementi di chiusura
trasparenti integrati
I dispositivi prismatici che riflettono la
radiazione luminosa, consentendo di
essere attraversati dai raggi indiretti
secondo “assi di luce” che diffondono o
escludono l’incidenza diretta, sono collocati
in prossimità delle superfici trasparenti
(produzione Hüppe Form). I dispositivi
prismatici riflettono i raggi solari diretti (1) e
trasmettono la luce naturale diffusa (2),
mentre le lamelle orientabili, parzialmente
perforate, dirigono la radiazione luminosa
fino alla profondità degli spazi interni (3).
13
27
Schermature solari
I dispositivi di controllo solare (produzione Schweizer), aggettanti
rispetto alla cortina perimetrale, sono eseguiti da: 1. reticolo
calpestabile; 2. mensola; 3. pale di calibrazione luminosa; 4. facciata
continua con lastre in vetrocamera; 5. montante strutturale; 6.
parapetto; 7. rivestimento in alluminio ondulato; 8. sezione multistrato
della facciata continua.
28
Schermature solari
I dispositivi di controllo solare applicati
al Research Centre for Rank Xerox a
Welwyn Garden City (Gran Bretagna),
progettato da Nicholas Grimshaw and
Partners, sono costituiti dai profili
lenticolari orizzontali in alluminio
(sostenuti dall’intelaiatura oltre il piano
di facciata), in grado di riflettere e di
diffondere la radiazione luminosa
negli spazi interni.
14
29
Schermature solari
I dispositivi di controllo solare applicati al World Trade Center di
Dogana (Repubblica di San Marino), progettato da Norman Foster
and Partners, sono costituiti dalle lamelle in profilati estrusi di
alluminio, in parte fisse e in parte scorrevoli su monorotaia. Questi
dispositivi sono collegati alle strutture di impalcato, provvedendo
all’esecuzione delle fasce orizzontali in lamiera di alluminio.
30
Schermature solari
Il funzionamento (regolato dalla rotazione dei perni trasversali, fissati in modo puntiforme)
prevede che le “lame” di vetro, durante il periodo estivo, riflettano i raggi solari e impediscano i
fenomeni di abbagliamento, e, durante il periodo invernale, diffondano verso l’interno sia la
radiazione termica sia l’irraggiamento luminoso.
15
31
Schermature solari
I dispositivi di controllo solare della serie Glass Louvre (produzione Colt International),
applicati all’intervento di edilizia residenziale e terziaria ad Abensberg (Germania), progettato
da Michael Gammel, proteggono i prospetti dalla radiazione solare incidente diretta e
diffondono la luce naturale, adattandosi, in modo “automatico”, alle condizioni climatiche.
32
Diaframmi in vetro
Gli elementi di rivestimento applicati alla cortina perimetrale
della Agbar Tower a Barcellona, progettata da Jean
Nouvel, sono costituiti dalle “lame” orizzontali di vetro
(fissate all’intelaiatura in profili di alluminio) con trattamento
selettivo per riflettere e diffondere la radiazione luminosa
negli spazi interni.
16
33
Diaframmi in vetro
Gli elementi di rivestimento applicati alla cortina
perimetrale della Agbar Tower a Barcellona,
progettata da Jean Nouvel, sono costituiti dalle
“lame” orizzontali di vetro (fissate all’intelaiatura
in profili di alluminio) con trattamento selettivo
per riflettere e diffondere la radiazione luminosa
negli spazi interni.
34
Schermature solari
I dispositivi di controllo solare Ellipsoid
(produzione Naco) sono costituiti dalle pale in
lamiera pressopiegata di alluminio anodizzato (o
preverniciato), aggraffata a un profilo estruso
centrale, e sono composti da: 1. telaio superiore;
2. telaio inferiore (connessione alle mensole); 3.
asse superiore; 4. asse inferiore; 5. tappo di
chiusura della pala; 6. pala ellissoidale; 7. rinforzo
interno; 8. molla; 9. nottolino; 10. grano; 11.
giunto di collegamento; 12. asta; 13. mensola
avvitabile; 14. lamiera di copertura; 15. mensola;
16. piastra di attacco per comando elettrico; 17.
piastra di attacco per comando meccanico; 18.
frizione per comando manuale; 19. bullone di
fissaggio mensola-telaio; 20. tassello a
espansione; 21. molla; 22. piastra di serraggio.
17
35
Schermature solari
I dispositivi di controllo solare Airlux (produzione
Naco), costituiti dai profili lamellari in alluminio,
sono composti da: A. lama singola in alluminio
forata; B. profilo tubolare portante in alluminio; C.
supporto in nylon; D. boccola laterale; E. leva di
comando; F. mensola; G. asta di collegamento in
acciaio inox; H. nottolini in alluminio anodizzato; I.
attacco per comando elettrico in acciaio zincato.
36
Elementi di chiusura integrati dai
moduli fotovoltaici
Le celle fotovoltaiche sono assemblate
mediante i profili a mensola in alluminio
(produzione Schweizer), su perni regolabili
secondo l’inclinazione dei raggi solari: le celle
sono collegate per realizzare il “campo
fotovoltaico” sul piano di facciata, in modo
integrato alla costituzione morfologica e
funzionale degli elementi di rivestimento e
delle aperture.
18
37
Elementi di chiusura integrati dai
moduli fotovoltaici
I dispositivi di calibrazione luminosa
(produzione Schweizer) sono dotati di
celle fotovoltaiche cristalline in silicio,
che convertono la radiazione solare in
energia elettrica, garantendo l’adeguata
schermatura alla luce naturale: le celle
fotovoltaiche sono formate in dischi,
montate su lastre di vetro laminato e
collegate dai conduttori rivolti a trasferire
l’energia prodotta.
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Elementi di chiusura integrati dai
moduli fotovoltaici
Il sistema di controllo solare Shadovoltaic
(produzione Colt International), in “lame” di
vetro dotate di celle fotovoltaiche, permette
di filtrare e di captare i flussi energetici
(termici e luminosi), all’interno di prototipi
sperimentali, reagendo dinamicamente alle
radiazioni e provvedendo all’equilibrio delle
condizioni ergonomiche interne.
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Elementi di chiusura integrati dai moduli fotovoltaici
Il sistema di controllo solare Shadovoltaic (produzione Colt International) è costituito dai dispositivi
capaci, in modo simultaneo, di filtrare la luce naturale e di attenuare i carichi termici conseguenti alla
radiazione solare, mediante l’inclinazione calibrata dagli attuatori elettrici e il rivestimento “filtrante”
(ovvero, semi-trasparente).
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Prestazioni dei componenti edilizi trasparenti
Tecnologie e sistemi ambientali
Massimiliano Nastri
Unità di ricerca Progettazione e gestione dei sistemi edilizi e ambientali
Dipartimento Best
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Gregotti Associati International
Centro Ricerca e Sviluppo Pirelli Pneumatici, Milano
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Gregotti Associati International,
Centro Ricerca e Sviluppo Pirelli Pneumatici, Milano
La costituzione dei prospetti è stabilita dalla trama
unificata dei diaframmi esterni, disposti oltre la cortina
principale, secondo la successione alternata, verso l’alto,
dalle porzioni aperte inerenti alle ampie feritoie e secondo
le sottili intelaiature che sostengono i moduli in vetro.
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Gregotti Associati International,
Centro Ricerca e Sviluppo Pirelli Pneumatici, Milano
L’integrazione tra le due sezioni di chiusura, entro le quali si accolgono i percorsi in altezza sul perimetro, realizza il sistema di involucro a doppia
parete, diretto a determinare le condizioni ergonomiche interne in equilibrio rispetto alle sollecitazioni climatiche: in questo caso, specialmente per
mediare i flussi termici e radianti, per ridurre la dispersione di calore e per attenuare le sollecitazioni acustiche. Il sistema, inoltre, comportando una
“fascia tampone” (buffer zone) intermedia tra il clima esterno e interno, consente l’apertura dei serramenti riferiti alla cortina principale e di mantenere
le superfici in vetro a una temperatura prossima ai valori della temperatura media ambientale interna.
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Norman Foster and Partners
Sistema costruttivo di copertura applicato alla Great Court del British Museum, Londra.
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Sistema di copertura voltato in vetro
L’elaborazione del sistema di copertura
della Great Court osserva l’applicazione di
una struttura leggera e trasparente, capace
di realizzare le condizioni di illuminazione
naturale necessarie a percepire lo spazio
costruito nella forma di un ambiente
esterno.
La
soluzione
si
basa
sull’utilizzo
dell’intelaiatura di sostegno alle lastre di
vetro di sezione triangolare, data
l’incapacità di un eventuale impiego di
componenti a sezione quadrata per
risolvere lo spazio irregolare collocato tra i
prospetti in affaccio sulla corte e il volume
della Reading Room.
L’elaborazione si concentra sulla messa a
punto di un sistema a volta (in grado di
avvolgere una superficie di dimensioni pari
a circa 100 × 70 m), caratterizzato dalla
variazione dimensionale delle campate
(compresa tra 14 m, dove la Reading
Room è più vicina alle facciate, e 40 m, agli
angoli della corte); inoltre, l’elaborazione
considera un sistema capace di adeguarsi
alle sezioni pronunciate dei porticati
d’ingresso verso la corte, in equilibrio
rispetto alla configurazione di insieme del
complesso museale all’esterno.
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Sistema di copertura voltato in vetro
La geometria irregolare inquadra la composizione generata dall’intelaiatura costituita dai profili radiali, che si
sviluppano tra la sezione circolare della Reading Room e la sezione rettangolare della corte, a loro volta collegati
da due serie di profili che si diramano a spirale in direzioni opposte: le intersezioni che risultano da queste serie
realizzano le sezioni triangolari (per un numero pari a 3.312), eseguite in opera dalle lastre di vetro.
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Sistema di copertura voltato in vetro
Lo sviluppo della struttura portante si delinea secondo l’obiettivo di realizzare un’orditura leggera, integrata dagli
elementi e dai dispositivi di supporto e di giunzione delle lastre in vetro stratificato (costituite dai pannelli esterni
temprati, sp. = 10 mm, dall’intercapedine, sp. = 16 mm, e dai pannelli interni laminati, sp. = 10 mm): il sistema è
stabilito dai profili scatolari in acciaio di sezione rettangolare, che si innestano sui giunti strutturali a sei vie.
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Sistema di copertura voltato in vetro
L’assemblaggio delle fasce di telaio in alluminio, che
inquadrano le lastre di vetro, avviene mediante l’applicazione,
per bullonatura, ai perni sporgenti dai profili in acciaio. Le
sequenze costruttive comportano l’interposizione di
guarnizioni in neoprene, prevedendo poi la sigillatura
superiore delle connessioni.
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Martin Webler e Garnet Geissler
Sede amministrativa Götz, Würzburg (Germania)
Lo sviluppo della struttura portante si delinea secondo l’obiettivo di realizzare un’orditura
leggera, integrata dagli elementi e dai dispositivi di supporto e di giunzione delle lastre in
vetro stratificato (costituite dai pannelli esterni temprati, sp. = 10 mm, dall’intercapedine, sp.
= 16 mm, e dai pannelli interni laminati, sp. = 10 mm): il sistema è stabilito dai profili
scatolari in acciaio di sezione rettangolare, che si innestano sui giunti strutturali a sei vie. il
sistema è trattato quale “strumento di interscambio”, per la capacità di “rispondere” agli
stimoli esterni, mediante la messa a punto di livelli funzionali diversi e l’impiego di mezzi di
regolazione che consentono di manipolare (in forma naturale, o “passiva”, e in forma
artificiale, o “attiva”) le interazioni con l’ambiente: per questo, gli elementi di chiusura si
comportano come “membrane osmotiche” agenti in un processo di “scambio” di flussi
energetici, luminosi e aerei.
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Martin Webler e Garnet Geissler
Sede amministrativa Götz, Würzburg (Germania)
Il funzionamento microclimatico è calibrato rispetto alle condizioni termiche esterne, mediante le aperture nell’intercapedine del sistema a doppio
involucro e nella copertura dell’atrio centrale: l’organismo architettonico si associa all’esterno attraverso le apparecchiature di “regolazione”
ambientale, che avvolgono la cortina perimetrale in forma modulare secondo le sezioni di ventilazione e di accumulo e i dispositivi di aerazione
meccanica. Il funzionamento del sistema a doppio involucro assume la necessità di contenere i consumi energetici e l’obiettivo di relazionarsi alle
prestazioni degli impianti tecnologici, considerando le procedure operative adatte a equilibrare il rapporto tra le condizioni climatiche e il
benessere negli spazi costruiti. Il sistema determina la “permeabilità” delle chiusure verticali esterne rispetto alle sollecitazioni ambientali,
generando le modalità di controllo “selettivo” e “dinamico”: questo, con la possibilità di regolare i flussi energetici, luminosi e aerei, fino a
convertirli secondo processi di “interazione ecoefficiente”, affermando la capacità protettiva e reattiva ai cambiamenti delle condizioni climatiche.
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Martin Webler e Garnet Geissler
Sede amministrativa Götz, Würzburg (Germania)
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Norman Foster and Partners, RKW (Rhode, Kellermann,
Wawrowsky)
Arag Tower, Dusseldorf
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Norman Foster and Partners, RKW (Rhode, Kellermann, Wawrowsky)
Arag Tower, Dusseldorf
L’apparecchiatura che racchiude i prospetti della torre si comporta nella
forma di un environmentally responsive wall, capace di “rispondere”
attivamente e in modo “organico” agli stimoli climatici: esso opera
diversamente durante il periodo invernale, distribuendo il calore
accumulato dalla massa d’aria nell’intercapedine, e durante il periodo
estivo, con l’obiettivo di evitare il surriscaldamento negli ambienti
asportandone il calore e trasferendolo all’esterno.
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Thomas Herzog + Partner
Deutsche Messe AG Administration Building, Hannover
I due corpi di distribuzione verticale sono intesi quali
apparati per il coordinamento prestazionale complessivo,
rispetto all’alloggiamento e alle modalità operative dei
condotti impiantistici, al funzionamento energetico (di tipo
attivo e passivo) e alla interazione con i sistemi di facciata.
La disposizione di questi nuclei garantisce la schermatura
all’irraggiamento solare per i prospetti sud ed est,
contrastando le condizioni di surriscaldamento.
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Thomas Herzog + Partner
Deutsche Messe AG Administration Building, Hannover
L’applicazione comporta l’impiego di superfici vetrate sulle facciate esposte a sud e a est e l’isolamento
delle chiusure perimetrali esposte soprattutto a nord (mediante l’impiego della ventilazione in prospetto):
il guadagno diretto si esplicita durante la stagione invernale, quando le radiazioni solari penetrano,
attraverso le superfici vetrate, negli spazi interni dove sono trattenute per effetto serra e assorbite dalla
“massa termica”.
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Thomas Herzog + Partner
Deutsche Messe AG Administration Building, Hannover
Le chiusure verticali nei prospetti sud ed est sono realizzate dalla
doppia cortina perimetrale composta dalla sezione di tamponamento
interna e dalla superficie esterna, combinata ai dispositivi a lame di
vetro regolabili e ai profili orizzontali in alluminio, con funzione
deflettrice dei moti convettivi e schermante.
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Norman Foster and Partners
Swiss RE Tower, Londra
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Sistema di facciata a doppia parete
La tipologia di chiusura, applicata alla Swiss Re Tower a Londra,
progettata da Norman Foster and Partners, avvolge la torre
cilindrica, affusolata e rastremata progressivamente secondo uno
sviluppo conico a doppia curvatura (double-curved geometry). La
chiusura, ordita dalla costruzione reticolare diagonale, è composta
dal sistema a doppio involucro che genera un flusso d’aria
ascensionale (sollecitato dall’“effetto camino” e incrementato dal
gradiente termico tra la temperatura nell’intercapedine e la
temperatura dell’aria in ingresso). I componenti di facciata,
intelaiati dai profili in alluminio a taglio termico, sono realizzati dalle
lastre in vetrocamera.
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