SILVIA BRACCI[1] Sono già state dette molte cose e molte ce ne
Transcript
SILVIA BRACCI[1] Sono già state dette molte cose e molte ce ne
SILVIA BRACCI[1] Responsabile della UOC Tutela Salute Mentale e Riabilitazione in Età Evolutiva e Disabili Adulti nella ASL RM/E, il servizio si occupa anche dei disabili adulti. Sono già state dette molte cose e molte ce ne sarebbero ancora da dire; molte sfide e spunti di riflessione. Io mi pongo di fronte a voi quasi come una “principiante”, anche se in passato, per circa dieci anni, mi sono occupata dei disturbi psichiatrici in adolescenza nel reparto diretto da Marco Lombardo Radice all’Istituto di Neuropsichiatria Infantile di via dei Sabelli. Ricordo che anche allora il rischio era che i ragazzi permanessero in reparto più del dovuto; in alcuni casi, il ricovero si è protratto oltre l’anno, proprio perché anche allora vi era una grande difficoltà a trovare all’esterno situazioni idonee, di trattamento ed in prospettiva di integrazione; poi per una lunga fase, non mi sono occupata di minori e adesso di nuovo mi trovo a lavorare con il gruppo dei neuropsichiatri della ASL RM/E. Per quanto riguarda gli interventi in IPM, è noto che anche la ASL RM/E, nella figura del Dott. Forte, ha investito molto e ha in qualche modo cercato, in questa prima fase, di organizzare le risorse che erano assegnate a questa funzione, cercando di calarle nell’organizzazione della ASL; in questo settore, nella ASL RM/E sono organizzati in modo particolare, infatti, il Settore TSMREE si occupa della Salute Mentale in età evolutiva, c’è anche però un altro servizio “forte” che all’interno del Dipartimento di Salute Mentale, si occupa specificamente della psichiatria dell’adolescenza. Questo lo dico perché ho colto alcune difficoltà; alcuni nodi, che ci possono essere stati nella collaborazione con l’istituzione della Giustizia Minorile, in parte senz’altro dovuti anche ad un’organizzazione complessa della struttura sanitaria. Mi sembra che, in questi giorni, abbiamo deciso concordemente di unificare, semplificando le procedure, tutta la parte che si occupa dell’aspetto psicologico; quindi, tutti i colleghi provenienti da due servizi ma che collaboravano sia all’interno che all’esterno dell’IPM, da ora in poi faranno parte di un unico servizio all’interno della UOC TSMREE/DA. Questo, credo, possa rispondere a quella questione, di cui si discuteva prima, legata all’attesa, alla non conoscenza del ragazzo, per cui ad un certo punto si deve decide rapidamente di inserire un ragazzo in comunità, quando invece possiamo parlarne per tempo e con calma prima, e quindi trovare un posto giusto per quanto è possibile, ed i referenti più idonei. I bisogni relativi alla cura del ragazzo e gli scopi della giustizia minorile rispondono ad esigenze diverse, che possono comportare alcune criticità nello svolgimento dei diversi compiti, ma che dovrebbero avere un unico obiettivo, ovvero quello di far sì che questi giovani abbiano in qualche modo una vita migliore di quella alla quale sono molto spesso destinati. Con la Dott.ssa Caponetti siamo d’accordo su molte cose, dobbiamo solo capire come farle diventare delle collaborazioni sempre più fruttuose. Mi vengono in mente due questioni. Abbiamo il piano strategico sull’emergenza psichiatrica ed il piano sanitario regionale che hanno tra gli obiettivi la creazione di posti letto per la cura delle patologie psichiatriche in acuzie (reparto degenza) e nel post-acuzie (comunità terapeutiche), tuttavia le istituzioni coinvolte, ovvero la Regione, il Comune, gli Assessorati alla Sanità e del Sociale nel Lazio legiferano e programmano interventi in maniera separata. Per esempio, la Legge 4 e la legge 41, che sono due leggi che stabiliscono rispettivamente i requisiti strutturali e di funzionamento per tutte le strutture socio-assistenziali e sanitarie del Lazio, sono state prodotte in maniera separata; a mio avviso questo è un errore che ha delle ripercussioni nel nostro lavoro. Dal 2003 sono in vigore e quindi vanno rispettate. Vi faccio solo un altro esempio dell’attenzione che la Regione Lazio ha avuto in questi ultimi anni nei confronti dei Servizi di Tutela e Salute Mentale Età Evolutiva: nella legge 4/03 sono previsti tra le struttura sanitarie regionali lo studio dentistico, il servizio chirurgico ecc., ma non sono previsti i requisiti strutturali e di funzionamento del TSMREE, non sono previsti i servizi e le strutture residenziali e semi-residenziali. Anche quelle che ben funzionano in Roma/A fanno riferimento a Progetti, ma nel “librone” della regione Lazio (DGR 424/06) dove sono descritti tutti i servizi sanitari questo tipo di strutture semplicemente non esistono, piccolo dettaglio! Dobbiamo a mio avviso fare un salto di qualità e passare dai progetti ai servizi; in questi anni siamo andati avanti sempre molto attraverso progetti, per altro il più delle volte meritevoli, tutti noi infatti abbiamo prodotto e realizzato progetti. E’ ora di fare programmazione insieme, perché i tavoli sono tanti, il rischio è che ciascuno di noi faccia il suo compitino, fa la sua relazione che rimane agli atti. Sono tanti i documenti bellissimi, ma noi dobbiamo avere in qualche modo un’integrazione strategica, forte. Le persone che lavorano sul campo, oneste e motivate, che cercano di mandare avanti i servizi, noi tutti, dobbiamo essere un po’ più esigenti nei confronti delle istituzioni. Casetta Rossa, ad esempio, che rappresenta una grande risorsa, non ha avuto ancora l’autorizzazione dal Municipio per il funzionamento come struttura socio-assistenziale, meno che mai quella sanitaria. Ha un équipe in grado di svolgere una valutazione clinica ma è autorizzata a farlo? Io funzionario pubblico posso riconoscere una tariffa ad un Ente non autorizzato, non riconosciuto? Questi sono problemi che dobbiamo risolvere insieme. Nella nostra organizzazione di UOC abbiamo creato un’unità operativa per i rapporti con il Tribunale che si dedica soprattutto alle situazione nel civile; la sua competenza è comunque concentrata su questa fascia di bisogno perché, ha ragione il Dott. Forte, il bisogno di cura è lo stesso, un ragazzo poi può andare oltre e passare all’atto o si ferma poco prima, comunque le situazioni sono simili. Quindi occorre cercare di attrezzarci per un “prima”, andando a vedere le popolazioni a rischio del nostro territorio per cercare in qualche modo di intervenire con anticipo, un “durante” quando la situazione si è fatta acuta, e poi un “dopo”, perché è importante che, dopo aver inserito i minori nelle comunità, il servizio segua i ragazzi anche dopo, e questo vale naturalmente anche per i minori del settore civile. La comunità quindi non deve essere il punto di arrivo, bensì il punto di partenza, perché se non programmiamo un “dopo”, anche il migliore intervento terapeutico e riabilitativo non sarà proficuo, perché è molto probabile che il ragazzo esca e ritrovi fuori la stessa situazione che ha lasciato. E’ per questo che occorre la presenza degli enti locali; ad esempio dobbiamo chiamare al nostro tavolo i municipi, perché i progetti che ciascun municipio porta avanti dovrebbero essere inseriti in una programmazione di territorio e su questo possiamo forse darci una mano reciprocamente. L’altro elemento che vorrei sottoporre alla vostra attenzione è la possibile fruttuosa contaminazione fra i nostri due mondi; io accolgo la sfida della Dott.ssa Spagnoletti, credo sarà per noi motivo di riflessione perché la scommessa sta nel capire come possiamo garantire i bisogni di sicurezza della società dobbiamo cercando nello stesso tempo di portare avanti lo sviluppo di questi giovani. Spesso siamo noi stessi ad ostacolarlo con comportamenti ed azioni contraddittori, spingendo i ragazzi ad accettare i nostri programmi terapeutico- educativi e dall’altro, togliendo loro la speranza, mettendoli in situazioni di grande sofferenza, privandoli di un supporto. Il mondo degli adulti spesso dimostra di non tenere molto a questi giovani, li abbandona durante il loro faticoso percorso di crescita, come se potessero autonomamente trovare la forza necessaria. Sappiamo perfettamente che ciò è quasi sempre impossibile. Uniamo i nostri sforzi, mettiamo in campo la nostra competenza, la nostra professionalità per dimostrare il contrario. [1] Il presente articolo risulta la sbobinatura dell’intervento effettuato durante la Giornata di Studio, rivista e corretta dall’Autore.