Sise Newsletter n. 30
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Sise Newsletter n. 30
NUMERO 30 - FEBBRAIO 2005 SISE r e t t e l s w e n Giornata di Studio “Sistema universitario e valutazione della ricerca” ASSEMBLEA SISE Roma, 23 aprile 2005 Sabato 23 aprile 2005, a partire dalle ore 9.15, avrà luogo a Roma, presso l’Aula Magna del Rettorato dell’Università di Roma Tre, la Giornata di Studio SISE dedicata a “Sistema universitario e valutazione della ricerca”. Dopo i saluti introduttivi, il professor Franco Cuccurullo, Rettore dell’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” di ChietiPescara e presidente del Comitato di Indirizzo per la Valutazione della Ricerca, terrà una relazione sul tema La valutazione scientifica nel sistema universitario. Alle ore 11 si apriranno i lavori dell’Assemblea Ordinaria dei Soci della Società Italiana degli Storici dell’Economia, con il seguente ordine del giorno: relazione del Presidente; relazione del Tesoriere; relazione dei Revisori dei Conti sull’ultimo biennio; approvazione del bilancio 2004. Seguiranno le votazioni per il rinnovo delle cariche sociali per il prossimo quadriennio. La giornata si concluderà con una visita alla Centrale Montemartini, nuova sede espositiva dei Musei Capitolini (http://www.centralemontemartini.org). PAG. 1 Attività SISE PAG. 4 Conferenze e convegni SOCIETÀ ITALIANA DEGLI STORICI DELL’ ECONOMIA CONVEGNO QUADRIENNALE SISE “Tra vecchi e nuovi equilibri economici. Domanda e offerta di servizi in Italia in età moderna e contemporanea” Torino, 12-13 novembre 2004 Il quarto Convegno Quadriennale della SISE, tenutosi il 1213 novembre 2004 a Torino presso le sale Cavour ed Einaudi del Centro Congressi Torino Incontra, è stato come di consuetudine dedicato ad un tema centrale e di largo interesse “Domanda e offerta di servizi in Italia in età moderna e contemporanea”, analizzato nelle sue variabili implicazioni con le dinamiche economiche di lungo periodo. Molteplici gli spunti di riflessione, a partire dalla prolusione di MARIO DEAGLIO sul ruolo dei servizi nell’economia italiana, che ha allargato il fronte delle problematiche alla valutazione economica di aspetti forse più sfuggenti alla trattazione sistematica, come il terziario religioso e sportivo, ed ha proposto agli studiosi nuove chiavi di lettura della complessa tematica. I lavori del Convegno, articolato in sei sessioni, hanno fatto registrare un’ampia partecipazione di studiosi di diversa provenienza e formazione. Le prime due sessioni parallele, seguite all’apertura dei lavori e presiedute da SERGIO ZANINELLI e FAUSTO PIOLA CASELLI, sono state dedicate ai temi del commercio e del credito; le sedute pomeridiane, coordinate da PAOLO FRASCANI e da FRANCO AMATORI, hanno avuto per oggetto i servizi urbani, i servizi per le imprese e ancora il credito; le sessioni conclusive di sabato, svoltesi sotto le presidenze di PAOLA MASSA e di VINCENZO GIURA, sono state a loro volta dedicate ai temi degli approvvigionamenti, del turismo, dei trasporti e dei servizi per le imprese. Le cinquantun relazioni presentate e discusse nelle due giornate di lavori, hanno esaminato da angolazioni diverse – per epoche ed aree geografiche – il poliedrico settore del terziario, facendo emergere un primo e prezioso aggiornamento sullo stato di avanzamento degli studi sui temi proposti. Entrando più nello specifico, la sezione dedicata al commercio ha visto il largo predominio di interventi legati a ruolo, funzioni e struttura delle fiere cittadine in età PAG. 10 Visto? PAG. 17 Eventi PAG. 19 Call for papers ter t e SISE l news moderna e contemporanea. Così ANDREA BONOLDI ha esaminato i servizi commerciali e finanziari utilizzati tra XVI e XVIII secolo dagli operatori della fiera di Bolzano e che tanta parte hanno avuto nel favorire l’esportazione della produzione serica italiana verso l’area germanica; VALDO D’ARIENZO, attraverso le vicende della fiera di Salerno, ha posto l’accento sul legame tra evoluzione del sistema fieristico e trasformazione dei servizi offerti al commercio in età moderna; ALESSANDRA BULGARELLI ha individuato nell’ampliamento del sistema fieristico abruzzese in età moderna, e quindi nell’accrescersi del circuito di distribuzione delle produzioni interne, un elemento di rottura della tradizionale interpretazione storiografica che vede un’economia locale essenzialmente votata all’autoconsumo; MARIA GABRIELLA RIENZO ha indagato la funzione territoriale della fiera di Foggia nella prima metà del ’900, intesa come elemento di congiunzione tra le caratteristiche strutturali dell’economia locale e le politiche governative di programmazione economica. Più teorico l’approccio di LUCA CLERICI che, anche alla luce di recenti indagini di settore, propone una lettura più complessa dell’istituto fieristico, che ne esprima il tradizionale valore non soltanto in termini di funzionalità, ma anche di “garanzia” per i convenuti. Il quadro degli interventi è stato chiuso da PATRIZIA BATTILANI, che ha ricostruito la lenta evoluzione del moderno sistema di distribuzione commerciale in Italia a partire dal secondo dopoguerra, ponendo particolare attenzione al fenomeno cooperativo. Un quadro piuttosto differenziato di interventi, sia sotto il profilo temporale che spaziale, ha caratterizzato la sezione relativa al credito. MARINA ROMANI ha posto al centro della sua analisi il parallelo circuito commerciale e creditizio gestito dalle comunità mantovane non cristiane tra basso Medioevo ed età moderna e strutturato come una sorta di “filiera dell’usura”; FRANCESCO COLZI e DONATELLA STRANGIO hanno affrontato, per diversi periodi temporali, il tema del debito pubblico nello Stato Pontificio con riferimento all’attività dei Monti tra XVI e XIX secolo, alla struttura del mercato dei titoli, alle motivazioni dei sottoscrittori, al comportamento e alle responsabilità degli organi pubblici. Analoga tematica ha affrontato MAURO CARBONI, il cui contributo era centrato sul finanziamento del debito pubblico bolognese in età moderna e sul graduale processo di razionalizzazione del sistema di indebitamento del Reggimento cittadino. Relativamente all’Età contemporanea, GAETANO SABATINI ha evidenziato il ruolo svolto nell’economia interna abruzzese, a partire dagli anni ’80 del XIX secolo, dalla crescita del risparmio postale alimentato dalle rimesse degli emigranti; ISABELLA FRESCURA si è soffermata sul tema del credito cooperativo in Sicilia, con particolare riferimento alle Casse rurali cattoliche, mentre SILVANA CASSAR ha relazionato sulla coerenza tra la politica creditizia dei due principali istituti bancari siciliani, il Banco di Sicilia e la Cassa di Risparmio, e gli obiettivi politici e le aspettative del fascismo; ancora con riferimento ai servizi bancari in 2 età fascista, FREDIANO BOF ha esaminato l’opera svolta dall’Ente di zona di Udine delle Casse rurali ed artigiane del Friuli in tema di coordinamento, revisione, assistenza contabile, tributaria e amministrativa prestata alle casse rurali friulane tra 1938 e 1943; PIETRO CAFARO ha reso noto i primi risultati di una indagine in corso sul finanziamento del Mediocredito regionale lombardo alle piccole e medie imprese negli anni del “miracolo economico” italiano; LUCIO AVAGLIANO ha proposto il punto della situazione in tema di indagini sul tema dei servizi bancari e, nello specifico, delle operazioni di tutela del risparmio e di democratizzazione del credito, dei servizi finanziari alle imprese, del micro credito e della “banca etica”. Nella sezione dedicata alle public utilities un ruolo di rilievo hanno avuto gli studi dedicati a casi specifici relativi alla gestione delle acque. Al soddisfacimento delle crescenti necessità idriche di Genova in età moderna e contemporanea sono stati rispettivamente dedicati gli interventi di ANDREA ZANINI e MARCO DORIA: il primo si è soffermato sul potenziamento, tra 1622 e 1639, dell’acquedotto cittadino, mentre il secondo ha evidenziato il contributo dell’amministrazione comunale alla gestione dell’approvvigionamento idrico e al suo adeguamento alle mutate esigenze determinate dalla rivoluzione industriale e dalla rapida crescita dell’area urbana. Sul sistema di gestione delle opere idrauliche, questa volta bresciane, si è trattenuto anche PAOLO TEDESCHI, il cui contributo si è incentrato sull’attività svolta dai “Consorzi d’Acque” sorti nella prima metà dell’800 con lo scopo di realizzare opere di irrigazione e bonifica. Brescia è stata al centro anche dell’indagine condotta da GIOVANNI GREGORINI con riferimento agli aspetti organizzativi, tecnologici, istituzionali, urbani e sociali legati allo sviluppo del sistema cittadino di pubblica illuminazione. Questi stessi aspetti sono stati ripresi dagli interventi sui sistemi di comunicazione svolti da ANDREA GIUNTINI e da SIMONE FARI, con rispettivo riferimento alla realizzazione della rete postale e del servizio telegrafico italiani nei decenni successivi all’unificazione. L’intervento di ELISABETTA NOVELLO ha delineato la parabola evolutiva della “Società Veneta per Imprese e Costruzioni Pubbliche” dalla sua fondazione (1872) alla fine dell’Ottocento, con particolare riguardo al ruolo che essa giocò nello sviluppo dei servizi urbani, proponendosi come esecutrice, e in alcuni casi assumendosi la gestione, di opere pubbliche di rilevante interesse sociale, come gli acquedotti di Napoli e di Venezia oltre a numerose ed importanti tratte ferroviarie. La stessa sezione ha richiamato anche interventi più legati al contesto politico-istituzionale, come nel caso dei contributi di STEFANO MAGAGNOLI e GIUSEPPE MORICOLA, che hanno rispettivamente evidenziato il ruolo svolto dagli enti locali in Emilia e in Campania nel promuovere la concreta realizzazione di una politica infrastrutturale e favorire, di conseguenza, la maturazione di una classe imprenditoriale indigena negli anni dell’industrializzazione italiana. 3 GIOVANNI FAVERO, infine, ha preso in esame l’evoluzione e l’organizzazione del servizio di statistica pubblica in Italia nell’intento di individuarne ruolo, funzioni, strategie adottate e informazione prodotta rispetto al mutare dei sistemi di governo. Variegato anche il quadro degli interventi che hanno caratterizzato la sezione dedicata ai servizi alle imprese. MARIO TACCOLINI ha esposto i primi risultati di una indagine in corso volta a ricostruire la storia dei rapporti tra istruzione tecnico-professionale e crescita economica nei decenni iniziali del processo di industrializzazione italiano; EZIO RITROVATO ha ricostruito le vicende che hanno portato alla costituzione a Bari, nel 1924, della Camera di Commercio Italo-Orientale e rimarcato il ruolo svolto da quest’ultima nel fornire servizi commerciali, creditizi e amministrativi che favorissero una presenza italiana sui mercati levantini, russi, africani e del vicino ed estremo Oriente; GIAN LUCA PODESTÀ ha aperto una finestra sull’esperienza coloniale italiana, affrontando il tema dell’impianto di un sistema di servizi – da quelli creditizi a quelli commerciali, di trasporto, ristorazione, ecc. – necessario a valorizzare le iniziative e la presenza italiana in Africa Orientale tra 1936 e 1939; VALENTINA ROMEI ha ripercorso settanta anni di storia economica italiana nell’intento di costruire un quadro quantitativo delle fasi che hanno contraddistinto il processo di integrazione tra servizi e sistema produttivo e disporre così di una utile base empirica nell’ambito del dibattito in corso circa gli aspetti strutturali dello sviluppo economico dei prossimi decenni. Strettamente collegato al precedente, l’intervento di MICHELANGELO VASTA mirava a verificare tempi e modalità della transizione dal predominio del settore industriale a quello dei servizi con riferimento alla grande impresa italiana. Sulla stessa linea anche la relazione di RENATO GIANNETTI, che ha disaggregato per comparto le serie storiche dei servizi tra 1950 e 1973, nell’intento di verificare le specifiche interdipendenze tra attività terziarie e manifatturiere. PIA TOSCANO ha invece evidenziato le dinamiche che hanno sostenuto la rilevante crescita del settore dei servizi a Roma e che hanno consentito alla capitale ter t e SISE l news di accrescere il proprio contributo alla formazione del PIL nazionale; FRANCESCO DANDOLO ha ripercorso la genesi, i primi sviluppi e l’opera dell’Unione regionale industriale sorta a Napoli nel 1917 con lo scopo di tutelare l’insieme dei variegati interessi di un sistema industriale rafforzatosi nel corso del conflitto mondiale; ELISABETTA MERLO, infine, ha dedicato il suo intervento ai servizi commerciali connessi al mercato della moda. Nell’ambito della sezione dedicata agli approvvigionamenti, RENZO PAOLO CORRITORE ha proposto una interpretazione generale della politica governativa di approvvigionamento cerealicolo in età moderna; GIULIO FENICIA ha ricostruito le politiche annonarie del Regno di Napoli nella seconda metà del ’500, in particolare soffermandosi sui consumi di carne, pesce, formaggi e altri beni spesso trascurati dalla corrente bibliografia; ALBERTO GRANDI ha concentrato l’attenzione sulla lavorazione del grasso destinato alla produzione di candele e sapone a Bologna tra XVII e XVIII secolo, descrivendo il sistema di “filiera” dalla macellazione bovina alle fasi di trasformazione e commercializzazione; la comunicazione di MARIO RIZZO ha invece avuto per oggetto i servizi strategici dello Stato di Milano nel periodo di dominazione spagnola, avanzando alcune considerazioni circa l’interazione tra la sfera politico-militare e quella socio-economica. La sezione sul turismo è stata introdotta dall’intervento di MARIA LUISA CAVALCANTI sull’evoluzione, le caratteristiche, la struttura e i problemi dell’offerta di servizi turistici in Italia tra XIX e XX secolo; lo stesso tema, sebbene sotto un diverso profilo, è stato trattato da MARCO TEODORI, il quale ha ricostruito gli intenti e le linee guida dell’intervento statale nel settore turistico-alberghiero attraverso l’esame della legislazione, della letteratura e della pubblicistica coeva; SERGIO ONGER ha analizzato le fortune dell’industria termale lombarda tra ’800 e ’900, evidenziando il ruolo svolto da imprenditori e istituti bancari nell’accogliere una domanda, inizialmente elitaria, di servizi terapeutici e di svago; CLAUDIO BERMOND ha ripercorso le fasi di nascita, espansione e consolidamento del comune di Sestrière, voluto dagli Agnelli per soddisfare una crescente domanda di turismo invernale, ma la cui realizzazione consentì elevati margini di accumulazione fondiaria che vennero trasferiti in altre attività gestite dalla famiglia, non ultima la Fiat; VALERIA PINCHERA ha chiuso i lavori della sezione esaminando la domanda d’arte in Italia in età moderna e proponendo una valutazione della rilevanza economica del collezionismo privato attraverso l’analisi della spesa di alcune tra le più importanti famiglie dell’aristocrazia italiana. Il tema dei trasporti ha completato il telaio di sezioni del Convegno. DAVID CELETTI ha ricostruito le caratteristiche organizzative del trasporto della canapa, importante per volume e finalità di utilizzo, dall’interno della Repubblica di Venezia all’Arsenale della Serenissima; FRANCESCO D’E SPOSITO , partendo dal frammento superstite di un ter t e SISE l news registro doganale di fine ’400, ha tratteggiato un profilo qualitativo e quantitativo del servizio di trasporto marittimo sorrentino finalizzato all’approvvigionamento di Napoli; LUCA MOCARELLI ha centrato l’attenzione sui servizi di facchinaggio in genere nella Milano del ’700, approfondendo le modalità e le implicazioni economiche e sociali della loro consistente presenza. Seguendo un discorso parallelo, MARIA LUISA PICCINNO, ha approfondito il mondo dei facchini da portantina a Genova tra fine XVIII e inizi XIX secolo e sulla decina di compagnie da essi costituite; MARIA STELLA ROLLANDI ha esaminato il sistema dei servizi marittimi sovvenzionati tra l’Unità e la prima guerra mondiale, ponendo particolare attenzione al dibattito parlamentare che lo ha accompagnato; GIOVANNA MARIA CARUSOTTO ha relazionato sullo sviluppo dei trasporti a Catania tra fine ’800 e inizi ’900, anni in cui la crescita demografica e le aspirazioni a diventare una città industriale e commerciale produssero una forte espansione della domanda di servizi che l’amministrazione municipale era chiamata a soddisfare; ANDREA LOCATELLI ha ricostruito l’evoluzione del trasporto urbano a Bergamo nel ’900, mettendo in evidenza le specificità locali del settore rispetto al quadro nazionale ed europeo. Un Convegno, in definitiva, ricco di una grande quantità di spunti e suggestioni per i numerosi “addetti ai lavori” convenuti a Torino. CONFERENZE E CONVEGNI Terzo Seminario del Centro Interuniversitario di Ricerca per la Storia Finanziaria Italiana (CIRSFI): Debito pubblico e formazione dei mercati finanziari fra età moderna e contemporanea, Cassino, 15-16 ottobre 2004. Il Seminario è stato ospitato anche quest’anno dall’Università degli Studi di Cassino nella nuovissima sede della Facoltà di Economia in località Folcara. Il tema è stato scelto con l’intento sia di costituire un’occasione di confronto e di discussione su un tema centrale della specializzazione – oggetto anche di un programma promosso da alcune unità del CIRSFI e cofinanziato dal MIUR nel 2003 – sia di raccogliere ulteriori spunti per la presentazione di una sessione tematica al prossimo Convegno dell’Associazione Internazionale di Storia Economica, che si terrà a Helsinki nel 2006. In apertura FAUSTO PIOLA CASELLI e ANGELO MOIOLI hanno espresso i saluti degli organizzatori, ricordando i risultati dell’attività del CIRSFI nel periodo appena trascorso e le scadenze che si prospettano nei mesi futuri. ANTONIO DI VITTORIO, presidente della Società Italiana degli Storici dell’Economia, ha testimoniato il patrocinio della SISE e si è poi soffermato sulla scomparsa del prof. Luigi De Rosa di fronte ai molti colleghi, allievi e amici presenti al Seminario. 4 La prima sezione dei lavori, presieduta da GIUSEPPE BOGNETTI e dedicata a Debito pubblico e formazione del mercato finanziario nell’Italia moderna e contemporanea, è stata aperta da un intervento di FRANCESCO COLZI su Mercato finanziario e debito pubblico a Roma in età moderna, nella quale il relatore ha evidenziato l’elevato grado di sviluppo della piazza finanziaria romana, seppure inserita nel contesto di un’economia scarsamente dinamica, quale era quella dello Stato pontificio tra XVI e XVII secolo. Colzi ha soprattutto sottolineato la presenza di alcuni caratteri moderni, rispetto ad altre piazze dell’epoca, nel mercato secondario dei “luoghi” romani. La modernità individuata dal relatore andrebbe riconosciuta anzitutto nello spessore e nella trasparenza informativa caratterizzante il mercato finanziario pontificio. A rendere il sistema relativamente efficiente contribuivano inoltre costi di transazione e intermediazione estremamente bassi, benché la solennità che caratterizzava la cessio dei titoli finisse per rallentarne la trasferibilità (gli elementi di viscosità risultavano evidenti, ad esempio, nei lunghi periodi di conservazione per luogo). Nella relazione si sono esaminate le caratteristiche degli acquirenti del debito romano sul mercato secondario, sottolineando la maggiore ampiezza di questo gruppo e le differenze rispetto ai finanzieri che curavano l’emissione primaria. ROBERTO ARTONI, ha invece offerto Una lettura dell’evoluzione del debito pubblico in Italia dal 1880 al 2000. Tra le intenzioni principali dell’economista vi era quella di definire una propensione tipica della società italiana per strategie di indebitamento poco sostenibili. Il relatore ha proceduto indicando come punti nodali del periodo analizzato i momenti di difficoltà finanziaria periodicamente succedutisi negli ultimi cento anni. Nella crisi della finanza pubblica del 1896 è stato riconosciuto il ruolo fondamentale del contesto economico della grande depressione di fine secolo: secondo Artoni risultò determinante nell’aumento del debito pubblico l’evoluzione macroeconomica piuttosto che il disavanzo primario. All’opposto, nel periodo “d’oro” giolittiano è possibile riconoscere una forte ripresa, conseguenza dall’azione congiunta di saldi primari elevati e di una crescita reale sostenuta. Secondo lo studioso, l’evoluzione del debito legata alla Grande Guerra può essere compresa solo con un’attenta revisione dei dati disponibili sull’entità reale del valore delle commesse belliche e tenendo conto dell’effetto dell’abbandono della stabilizzazione dei cambi da parte delle autorità americane nel 1919. Anche nel caso della crescita della spesa e del debito pubblico durante il fascismo, Artoni ha rilevato come l’elemento macroeconomico, la Grande Depressione, risulti essenziale per la comprensione dell’esposizione statale negli anni Trenta. Due elementi sono risultati centrali nell’intervento del relatore: in primo luogo la risoluzione delle crisi, che ha sempre richiesto opportuni provvedimenti di aggiustamento fiscale, ha però visto nell’evoluzione delle condizioni macroeconomiche generali una condizione imprescindibile per il risanamento. In 5 secondo luogo bisogna ricordare come l’Italia, seppur paese di sviluppo “tardivo”, già nell’Ottocento risulti fortemente integrata nel ciclo economico internazionale e risenta quindi degli andamenti congiunturali di quest’ultimo, benché nel nostro Paese una specifica componente speculativofinanziaria abbia accentuato gli elementi negativi delle crisi cicliche a livello sovranazionale. DOMENICANTONIO FAUSTO ha presentato le proprie Note sul debito pubblico italiano dall’Unità a oggi, attraverso una ricostruzione dell’andamento del debito sulla base dei conti del Tesoro. La relazione si è concentrata su quattro periodi di crescita dell’indebitamento: il decennio immediatamente successivo all’Unità, in cui il debito raddoppiò, le crisi legate alle due guerre mondiali e, per finire, il periodo dal 1970 al 1985. Sottolineando la rilevanza dell’elemento macroeconomico, Fausto ha illustrato come il risanamento della crisi post-unitaria fu possibile grazie a una fase inflativa tra il 1871 e il 1873 e, successivamente, dopo un periodo di fluttuazione del rapporto debito/PIL (tendente all’aumento), grazie alla crescita del prodotto interno (tra il 1897 e il 1913). Lo studioso ha spiegato il miglioramento della posizione italiana dopo la prima guerra mondiale con la crescita dell’inflazione (fino al 1925) e – dopo la stabilizzazione della lira – come conseguenza della sistemazione del debito di guerra. Infine, la risalita dei prezzi e la crescita del PIL dopo la Grande Depressione contribuiscono, secondo il relatore, a spiegare il ridimensionamento del peso del debito tra gli anni 1934 e 1939. Un’altra importante questione ancora aperta sollevata da Fausto, è stata quella della diversa distribuzione del debito tra Nord e Sud, ereditato dal periodo pre-unitario. Il perdurare della concentrazione dei sottoscrittori del debito nell’area settentrionale ha determinato, per un lungo periodo, una differente ripartizione degli effetti netti dell’indebitamento pubblico tra le diverse regioni italiane. LUCIANO SEGRETO ha concluso la prima sezione con un intervento intitolato Alla ricerca di un mercato finanziario. Il relatore ha posto il quesito della natura del mercato finanziario italiano e della sua relazione con il sistema produttivo del Paese. Ha poi rilevato come la disponibilità di capitali (esigua, ma tuttavia ben presente già dal periodo pre-unitario) venisse tradizionalmente assorbita dal debito pubblico e da impieghi poco rischiosi, determinando di conseguenza una scarsa propensione a sostenere le iniziative industriali, che cominciarono a necessitare di consistenti risorse dalla fine dell’Ottocento. L’investimento borsistico divenne un’alternativa appetibile per gli investitori solo all’inizio del Novecento, ma la crisi finanziaria del 1907 spense sul nascere la fiducia nella borsa, spingendo le imprese a appoggiarsi alle banche per ogni esigenza di finanziamento, tendenza poi consolidata nel periodo tra le due guerre, con l’ascesa della banca mista. Anche nel secondo dopoguerra i mercati finanziari rimasero una realtà asfittica, nella quale più che altro si aggiustavano gli equilibri tra i gruppi ter t e SISE l news proprietari, mentre il debito pubblico rappresentava un’irresistibile “spugna” per il risparmio. Segreto ha sottolineato l’importanza di collegare lo studio del sistema finanziario a quello della struttura industriale del Paese, evidenziando, ad esempio, come i settori della piccola e media impresa, considerati tra i più dinamici dell’economia nazionale, si siano di fatto sviluppati ai margini, e indipendentemente, dal mondo finanziario “tradizionale”. La seconda parte del Seminario è stata dedicata a una tavola rotonda sui Modelli di interazione fra debito pubblico e mercati finanziari in età moderna e contemporanea. Presieduta da FRANCESCO BALLETTA, ha visto gli interventi di GIUSEPPE DI TARANTO, FAUSTO PIOLA CASELLI ed ENRICO S TUMPO . Aprendo la tavola rotonda, il presidente ha evidenziato come la relazione tra debito pubblico e sviluppo dei mercati finanziari sia una costante della storia economica italiana e come il primo elemento abbia esercitato una funzione di freno per il secondo (principalmente a causa degli alti tassi d’interesse). Piola Caselli ha invece ripreso i temi affrontati da Colzi, ribadendo il carattere esemplare del debito dello stato pontificio per la comprensione della finanza pubblica negli stati italiani in età moderna. Ha tuttavia invitato a considerare una serie di ulteriori elementi nella misurazione della reale entità dell’indebitamento della Camera apostolica, che sfaterebbero il pregiudizio di un debito in costante crescita dal XVI secolo all’età napoleonica. Ha infine auspicato un approccio alla ricerca che sia in grado di cogliere la totalità complessiva del debito pubblico (considerando ad esempio anche l’appalto di entrate), linea seguita dal gruppo di ricerca di Cassino che presenterà la propria relazione al Seminario CIRSFI 2006. L’intervento di Di Taranto ha invece preso le mosse dai concetti di neutralità del debito pubblico e di vincolo intertemporale di bilancio, enunciati dalla teoria finanziaria. Dopo aver sottolineato la necessità di definire in modo differente il debito in un contesto moderno o contemporaneo, tenendo conto anche del differente profilo geo-economico degli stati studiati, Di Taranto si è concentrato sulla questione della nascita del debito in età moderna. Stumpo è tornato sul tema della neutralità del debito, o meglio, della sua funzione di strumento finanziario al servizio di politiche economiche differenti, citando gli opposti esempi della Spagna e dell’Inghilterra del XVII secolo. Venendo al caso italiano, si è riallacciato all’intervento di Segreto, sottolineando come il perdurare delle condizioni di arretratezza del Paese in età contemporanea rendessero improbabile lo sviluppo di un mercato finanziario efficiente e portassero invece a un allargamento dell’investimento nel debito pubblico. L’incontro si è concluso con un vivace dibattito, alimentato dai numerosi interventi del pubblico e dalle risposte dei relatori. La mattinata della seconda giornata ha visto, come ormai tradizione del CIRSFI, la presentazione di nuovi progetti di ricerca avviati da giovani studiosi nell’ambito della storia finanziaria italiana. La discussione è stata guidata da ter t e SISE l news GIUSEPPE FELLONI e ha toccato un ampio spettro di tematiche. Il progetto di ISABELLA CECCHINI (Università Ca’ Foscari, Venezia) si inserisce in un più ampio lavoro di ricerca sui mercati di cambio a Venezia tra Cinquecento e Seicento (in particolare negli anni 1570-1630), il cui obiettivo consiste in una prima mappatura delle reti di credito della città. Attraverso lo studio degli archivi notarili veneziani, Isabella Cecchini intende ricostruire la vicenda della famiglia Lumaga – originari di Norimberga – prestatori di denaro legati alle più importanti famiglie mercantili attive a Venezia e coinvolti in prestiti al governo spagnolo di Napoli. CLAUDIO MARSILIO (Università Bocconi, Milano) ha orientato il proprio lavoro, Le fiere di cambio nel XVII secolo viste da un osservatorio privilegiato: gli operatori finanziari dell’oligarchia genovese. 1621-1692), verso lo studio del mercato finanziario internazionale rappresentato dalle fiere di cambio genovesi del XVII secolo. I protagonisti di questa fitta rete di scambi e di relazioni sono alcuni esponenti dell’oligarchia cittadina che si intende studiare attraverso i loro documenti privati (documentazione in larghissima parte inedita), cercando di arrivare alla ricostruzione di una parte del network finanziario genovese. Il progetto di FRANCESCA PASTRO (Università Ca’ Foscari, Venezia) su Il mercato del credito privato in Terraferma tra il 1610 e il 1850 ha per oggetto il mercato del credito a Treviso prima e dopo la caduta della Repubblica di Venezia. Un primo punto che si intende indagare è il ruolo svolto dai notai in un mercato imperfetto a informazione asimmetrica. I notai risultano, infatti, al centro dello scambio creditizio, come intermediari finanziari e detentori delle informazioni riguardo alle varie necessità e all’affidabilità dei potenziali debitori e dei loro garanti. La ricerca di ALESSANDRO PAVARIN (Università degli Studi di Milano) su Marcellino Airoldi, finanziere nella Milano di metà ’600 ha per obiettivo la ricostruzione dell’attività del banchiere Marcellino Airoldi nell’ambito del prestito a privati e del credito allo stato. Lo studio della famiglia Airoldi risulta essere un punto di osservazione “privilegiato” sui flussi del denaro circolanti nel Ducato, dato che suoi membri mantennero la carica di Tesoriere Generale della Regia Camera milanese dal 1651 alla metà del ’700. DAVID CELETTI (Università di Padova) ha presentato un progetto relativo alla pubblicazione delle fonti per la storia finanziaria veneta del XVIII secolo. ENRICO CAMILLERI (Università di Palermo) intende studiare il ruolo della banca mista nello sviluppo industriale italiano, affrontando il tema dalla prospettiva dell’Italia meridionale. Il progetto si riferisce agli anni che vanno dalla fine dell’Ottocento alla prima metà del secolo scorso e mira ad indagare sia la quantità che la qualità dei rapporti fra la grande banca milanese ed il contesto imprenditoriale siciliano, prendendo come punto di partenza la vicenda della Fabbrica Chimica Arenella. Il progetto di DANIELE POZZI (Università degli Studi di Milano) su Capitali svizzeri nella finanza milanese tra Otto e Novecento. 1870-1930 mira ad approfondire il ruolo 6 della presenza di capitali di origine svizzera nel sistema finanziario milanese tra il risveglio delle attività bancarie nei primi decenni post-unitari e l’affermazione della banca mista. Il campo di interesse si estende anche a quella particolare forma di risorsa costituita dal capitale sociale (insieme di competenze, di saper fare e di reti di relazioni) rappresentato dalla presenza di banchieri, imprenditori, commercianti di origine svizzera, attivi in ambito finanziario a Milano. Lo studio di TERESA SISA SANSEVERINO (Università Federico II, Napoli) su La vigilanza della Banca d’Italia sul Credito Italiano dal 1926 al 1960 ha come obiettivo l’analisi dell’attività di monitoraggio e vigilanza della Banca d’Italia, vista nel caso specifico del rapporto con uno dei principali istituti creditizi nazionali. In particolare, la ricerca intende esaminare e interpretare le deroghe di fido bancario e le proroghe concesse al Credito Italiano nel periodo 19471960, prendendo, inoltre, in considerazione l’analisi di bilancio da parte dell’istituto vigilante e il processo di autorizzazione all’apertura di nuove filiali. L’ultima sezione del Seminario ha visto la presentazione, da parte di ROBERTA ALBANESE, del recente aggiornamento della nuova pagina web del C IRSFI (http:// wwwdssi.unimi.it/dipstoria/biblio/cirsfi/index.htm). Grazie agli ultimi interventi, la bibliografia in linea del Centro mette ora a disposizione sulla rete un catalogo di più di 3.000 titoli di monografie e saggi, consultabili attraverso molteplici chiavi di ricerca. L’incontro si è concluso con una tavola rotonda tra tutti i partecipanti, coordinata sempre da Felloni, durante la quale sono stati ripresi alcuni dei principali temi emersi durante le due giornate e si è ribadito soprattutto lo stretto legame tra debito pubblico e origine dei mercati finanziari, soffermandosi infine sui possibili indirizzi delle future ricerche. Convegno di Studi: “Andar per mare”. Il viaggio per mare nella storia. Dimensioni economiche e sociali, Genova, 29-30 ottobre 2004. Il Convegno, inserito nel quadro delle iniziative per Genova 2004. Capitale europea della cultura, è stato organizzato dalla Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Genova, in collaborazione con la Sezione di Storia economica del DIEM. Obiettivo dell’incontro, che ha visto la partecipazione di studiosi provenienti da ogni parte d’Italia, è stato quello di offrire un quadro d’insieme e al tempo stesso alcuni specifici approfondimenti a carattere regionale sul tema del trasporto marittimo dei passeggeri in un’ottica di continuità storica, dall’età medievale fino ad arrivare all’età contemporanea. Elementi di fondo dell’analisi sono stati quindi le tipologie dei viaggiatori (pellegrini, mercanti, emigranti, turisti), le rotte percorse, le imbarcazioni utilizzate, gli armatori, i vettori e gli intermediari, le infrastrutture portuali e i servizi a terra per i passeggeri, il tutto nel contesto di un sistema economico e sociale che cambia nel corso dei secoli: i mutamenti si rispecchiano infatti nell’“andar 7 per mare”, che a sua volta favorisce nuove trasformazioni socio-economiche. Il Convegno all’interno di un discorso unitario che ha assunto come filo conduttore le tematiche sopra accennate, si è articolato in due mezze giornate: la prima dedicata all’analisi del tema in età medievale e moderna, la seconda avente ad oggetto l’età contemporanea. In apertura dei lavori VINCENZO GIURA ha esaminato i motivi che storicamente hanno spinto i popoli a viaggiare per mare (da quelli religiosi a quelli più strettamente economici, commerciali, o militari, o, più semplicemente, per spirito di avventura), verificando, di conseguenza, la parallela evoluzione delle conoscenze tecniche nel campo della navigazione. La prima relazione di PINUCCIA SIMBULA ha presentato un quadro generale dei trasporti marittimi nel Medioevo all’interno dell’area mediterranea prendendo spunto da alcuni interessanti resoconti di viaggio redatti da passeggeri dell’epoca (mercanti, pellegrini, nobili e membri dell’aristocrazia). Si tratta di una navigazione generalmente a vista, lungo le coste, ma non per questo priva di rischi e di problemi. In età moderna, con le scoperte geografiche, gli orizzonti si ampliano e un peso crescente viene assunto dalle nuove rotte oceaniche. Il viaggio per mare, che risponde a logiche economiche, politiche, culturali, religiose, diviene sempre più oggetto dell’attenzione dei giuristi, chiamati a regolamentare in maniera puntuale i rapporti tra vettori e passeggeri. Tali aspetti sono stati al centro della relazione di VITO PIERGIOVANNI che ha fatto particolare riferimento al legame tra diritto canonico e normativa marittima e la sua evoluzione tra il XV e il XVIII secolo. La comunicazione conclusiva di questa prima parte dei lavori (PIERANGELO CAMPODONICO) ha illustrato come si è dato conto dell’“andar per mare” nell’ideazione e nell’allestimento del “Galata Museo del Mare” di Genova. I convegnisti hanno infine preso parte alla visita guidata del museo, che, attraverso interessanti ricostruzioni di navi e di ambienti della marineria, descrive in maniera suggestiva la straordinaria avventura dell’uomo sui mari dall’età di Colombo all’era dei grandi transatlantici. La giornata dedicata all’età contemporanea si è aperta con un discorso introduttivo di PAOLO FRASCANI mirato a sottolineare i mutamenti sostanziali che hanno caratterizzato il settore della navigazione con l’avvento del vapore: cambiano innanzi tutto le motivazioni che spingono la gente a viaggiar per mare (lavoro, turismo, emigrazione), ma anche le qualifiche e le competenze della manodopera imbarcata; la costruzione e la gestione del naviglio presenta una serie di problematiche assolutamente nuove (reperimento dei capitali, sovvenzioni statali, localizzazione dei cantieri e tecniche di progettazione); i porti tendono a specializzarsi e si dotano di infrastrutture in grado di sostenere un traffico di centinaia di migliaia di passeggeri. I successivi interventi si sono quindi articolati su tre filoni tematici: 1) il viaggio di grandi moltitudini di persone nell’età dei flussi migratori ter t e SISE l news di massa, con particolare attenzione alle vicende del porto di Napoli in età liberale (GIORGIO MORICOLA) e di quello di Trieste in un’ottica di lungo periodo, ovvero dalla seconda metà dell’Ottocento ai giorni nostri (DANIELE ANDREOZZI); 2) le problematiche inerenti il settore della cantieristica e la sua progressiva specializzazione, sia per quanto concerne la progettazione delle imbarcazioni e la formazione di una adeguata classe di ingegneri navali (MARIA STELLA ROLLANDI), sia in relazione alla costruzione di grandi navi, dai vapori transoceanici fino alle più moderne navi da crociera (LOREDANA PANARITI); 3) la storia di alcune compagnie di navigazione che si sono dedicate in maniera pressoché esclusiva al trasporto degli emigranti lungo le rotte transoceaniche a cavallo tra Otto e Novecento. L’analisi dei casi della Società di navigazione “Puglia” (EZIO RITROVATO) e dell’“Italia” (MARCO DORIA) ha evidenziato in maniera puntuale la nascita di un modello aziendale dalle caratteristiche ben delineate, che, se può inizialmente godere dei vantaggi di un mercato in grande espansione, è destinato poi a tramontare con la fine del fenomeno migratorio e con l’affermazione di nuovi mezzi di trasporto. A conclusione dei lavori, la proiezione di una selezione di filmati conservati presso l’Archivio cinematografico della Fondazione Ansaldo, dal titolo Transatlantici. Repertorio di un mito (con il commento di ALESSANDRO LOMBARDO), ha contribuito a restituire immagini e atmosfere di una recente, ma per taluni aspetti già lontana, epopea del viaggio per mare. Lezioni Sergio Anselmi, Senigallia, 6 novembre 2004. Il 6 novembre 2004, ad un anno dallo morte di Sergio Anselmi, per mantenere vivo il suo insegnamento, gli amici e i colleghi hanno organizzato, in collaborazione con il Comune di Senigallia, la Regione Marche, l’Università Politecnica delle Marche e la rivista “Proposte e Ricerche”, il primo di una serie di incontri a cadenza annuale intitolata Lezioni Sergio Anselmi. La Lezione del 2004 è stata affidata al professor Predrag Matvejeviæ, ordinario di Slavistica presso l’Università “La Sapienza” di Roma, che ha parlato sul tema Alternative mediterranee. Il Mediterraneo alle soglie del nuovo millennio. Un’ampia sintesi della Lezione verrà pubblicata nel numero 54 (inverno/primavera 2005) di “Proposte e Ricerche”. Convegno: La mobilità delle persone nel Mediterraneo dall’antichità all’età moderna. Procedure di controllo e documenti di identificazione, Napoli, 2-4 dicembre 2004. Il Convegno, svoltosi nella Sala degli Angeli dell’Istituto Universitario “Suor Orsola Benincasa” di Napoli, rientra in un programma più vasto iniziato nel 2002. La maggior parte degli studi finora svolti aveva messo in evidenza la consistenza o le finalità degli spostamenti, le logiche migratorie e le loro diversità. Nell’incontro di Napoli ter t e SISE l news studiosi francesi e italiani hanno preso in esame, da un lato, le modalità del controllo e della sorveglianza e, dall’altro, i mezzi (documenti pubblici o privati, insegne, oggetti, ecc.) di cui disponevano le popolazioni per stabilire la loro identità o per falsificarla. Si è trattato, in sostanza, di comprendere in che misura Stati e Città hanno il loro spazio politico, con l’ambizione di portare un contributo alla riflessione, sulle nozioni di frontiera, di sovranità territoriale, di straniero e di emigrato. Quattro incontri sono già stati tenuti a Roma, Parigi, Aix-en-Provence e Madrid. Il prossimo si svolgerà a Istanbul e verterà sulle popolazioni nomadi o stanziate lungo i confini. Il Convegno di Napoli si è avvalso dell’apporto di VINCENT DENIS; VINCENT DÉROCHE; CAROLINE DOUKI; BÉATRICE FRAENKEL; WOLFGANG KAISER; VINCENT MILLIOT; CLAUDIA MOATTI; REINHOLD MUELLER; EVELYNE OLIEL-GRAUSZ; MICHEL PERRIN; ILSEN ABOUT; JEAN ANDREAU; PIERRE-YVES BEAUREPAIRE; JACQUES BOTTIN; PIERRE COSME; YOCELYNE DAKHLIA; GRÉGOIRE SALINERO; MARIE-CARMEN SMYRNELIS; MARCO MERIGGI; PAOLA AVALLONE; RAFFAELLA SALVEMINI. È stato organizzato con il contributo del Centre de Recherches Historiques dell’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi; dell’École Française de Rome; dell’Institut d’Histoire Moderne et Contemporaine di Parigi; della Maison Méditerranéenne des Sciences de l’Homme di Aix-en-Provence; dell’Université Paris VIII, Unité Mixte de Recherche CNRS, EPHE, Paris I, Paris IV; dell’Istituto di Studi Filosofici di Napoli, Istituto di Studi Storici sul Mediterraneo; dell’Istituto Universitario “Suor Orsola Benincasa” di Napoli. Convegno internazionale: Les systèmes cadastraux en France et en Europe aux XIXe et XXe siècles, Parigi, 20-21 gennaio 2005. Organizzato dal Comité pour l’Histoire Économique et Financière de la France, con la direzione scientifica di FLORENCE BOURILLON, PIERRE CLERGEOT e NADINE VIVIER, si è tenuto a Parigi, nella sede del Ministero dell’Economia, delle Finanze e dell’Industria, un Convegno sui sistemi catastali dei principali paesi europei nel XIX e XX secolo. Esso ha proposto una prospettiva dell’evoluzione catastale (con una specifica attenzione anche agli aspetti di rappresentazione cartografica) degli stati dell’Europa occidentale, sottolineando la diffusione delle innovazioni e le variabili che hanno contribuito a promuovere o a contrastare l’introduzione di un assetto tributario fondato sulla certezza e la generalità dell’imposta. Dall’esposizione dei singoli casi nazionali, oltre a far emergere il ruolo guida assunto dalla codificazione napoleonica all’inizio dell’Ottocento in Italia, Spagna e Olanda, è stato possibile raffrontare il ruolo giocato dallo Stato nell’applicazione e nell’interpretazione dello strumento catastale. Il caso inglese è apparso emblematico: mentre nel XVIII secolo il catasto era utilizzato come un prezioso mezzo per esercitare il controllo del territorio nazionale, nei secoli successivi sarebbe stato ostacolato dal pregiudizio 8 diffuso nella società anglosassone nei confronti di un potere centrale forte, a tal punto da essere considerato superfluo e lasciato incompleto (l’imposta fondiaria è compresa nell’imposta sui redditi). In Italia il catasto moderno è stato introdotto nella prima metà del Settecento in Savoia e in Lombardia dalle monarchie assolute. In queste terre il rinnovamento del sistema tributario, ispirato ai princìpi fisiocratici, stimolò la crescita del sistema produttivo agricolo e lo orientò verso l’innovazione colturale mediante un sistema di detrazione delle spese. Ben diverso lo scenario, illustrato dagli interventi di ALFREDO BUCCARO e di MARCO IULIANO (Università di Napoli), nell’Italia meridionale, ed in particolare nella città di Napoli, che fino alla fine del XVIII secolo era sprovvista di catasto. In quest’area il processo riformatore, in assenza di un coinvolgimento della classe intellettuale e senza uno sviluppo capitalistico terriero, avrebbe trovato compimento soltanto nel periodo post-unitario, con la redazione di un catasto geometrico-particellare. Le vicende che portarono all’elaborazione e all’attivazione di un catasto urbano moderno in tutto il territorio dello Stato della Chiesa sono state ricostruite da CARLO MARIA TRAVAGLINI (Università Roma Tre), che ha evidenziato la stretta alleanza instaurata tra clero e ceto nobiliare, tesa a preservare privilegi ed esenzioni e a contrastare i provvedimenti di riordinamento fiscale ed amministrativo, promossi da Pio VII nella prima e nella seconda Restaurazione, che avrebbero poi trovato piena realizzazione nel 1835 con la messa a regime del catasto sotto il pontificato di Gregorio XVI. Il Convegno si è concluso con una tavola rotonda che ha evidenziato alcuni elementi comuni alle diverse esperienze nazionali. Nel corso del XVIII e del XIX secolo la disputa sul catasto era strettamente connessa al conflitto sulle forme impositive della proprietà terriera; la riforma del sistema fiscale ha sancito l’affermazione della borghesia e di una nuova concezione di proprietà terriera, ritenuta sì sacra ed inviolabile ma anche tassabile. Dal confronto della struttura delle registrazioni presente nei vari paesi, è emerso che ciascuna nazione si è dotata del catasto che meglio risponde alle esigenze della propria società e che le informazioni racchiuse nella documentazione, pur non offrendo una rappresentazione del tutto oggettiva, in quanto raffiguranti una realtà in movimento, costituiscono un valido strumento per la gestione del territorio e per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio storico. La figura e l’opera di Luigi De Rosa, Napoli, 31 gennaio 2005. Il 31 gennaio scorso, nella sede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Antonio Di Vittorio, Francesco Paolo Casavola, Augusto Graziani, Adriano Giannola e Luigi De Matteo hanno ricordato la figura e l’opera di Luigi De Rosa. ADRIANO GIANNOLA ha fatto riferimento all’attività svolta anche di recente da Luigi De Rosa nell’Istituto Banco di 9 Napoli, nell’Archivio Storico del Banco e, più in generale, alla sua forte vocazione meridionalistica. Ha reso nota, inoltre, la consegna – prima dell’ultima partenza per la Spagna – del dattiloscritto completo sulla storia del Banco di Napoli fino al secondo dopoguerra, che sarà pubblicato a cura della Fondazione. Il presidente dell’Istituto ha, infine, richiamato il valore della personalità di De Rosa, sottolineando come in lui fosse ormai sfumata la distinzione tra lo storico e l’economista, anche grazie alla sua straordinaria capacità di padroneggiare strumenti e metodi scientifici. LUIGI DE MATTEO, nel rimarcare il suo rapporto professionale e personale con “il Professore”, ha ricordato le tappe di una collaborazione iniziata negli anni Settanta all’Archivio Storico del Banco e sviluppatasi successivamente nell’Istituto di Studi sull’Economia del Mezzogiorno nell’Età moderna del CNR. De Matteo ha svolto le sue riflessioni su due temi: la peculiarità di Luigi De Rosa come storico dell’economia e il valore complessivo del suo insegnamento. Dal primo punto di vista, ha evidenziato che De Rosa non era uno storico economico circoscritto ad un ambito specialistico, ma è stato in grado di tenere insieme nel corso della sua lunga attività molti temi di interesse della disciplina e vari periodi storici (in particolare, l’età moderna e quella contemporanea). De Rosa è riuscito a misurarsi anche con i problemi dell’attualità, come dieci anni fa a Pechino, quando svolse una relazione sul futuro economico dell’area orientale. L’aggettivo più ricorrente per il suo lavoro scientifico è stato quello di “pionieristico”, per le sue metodologie e per il suo approccio analitico innovativo: col passare degli anni tale termine è stato sostituito da quello di “classico”, per l’ampiezza delle tematiche trattate e il loro valore generale. Dal secondo punto di vista, De Matteo ha notato che l’opera di De Rosa non può essere ricondotta alla sola storia economica, ma va riconosciuta la grande importanza della sua esperienza civile e culturale, sviluppatasi attraverso un impegno appassionato, una vera e propria “etica del fare”, nelle istituzioni e negli enti di cui ha fatto parte durante tutta la sua vita. AUGUSTO GRAZIANI ha ricordato lo studioso di grande levatura e il caro amico, parlando del valore di Luigi De Rosa, dell’accuratezza della sua attività di ricerca, sviluppata senza mai diventare una “vittima dell’archivio”: un vero storico che analizzava e interpretava in modo straordinario la realtà del passato. Severo con sé stesso e con i suoi allievi, aveva interessi estesissimi verso molteplici paesi, pur concentrando molta della sua opera sull’economia del Mezzogiorno e sulla storia economica dell’intera nazione italiana. Graziani ha ricordato alcuni esempi di tale lavoro, come la ripresa del dibattito tra Gerschenkron e Romeo sulla prima rivoluzione industriale italiana a fine Ottocento. O come l’inserimento, nel contesto della ricostruzione delle principali correnti migratorie italiane, del tema della formazione delle grandi banche (la Banca Commerciale Italiana e il Credito Italiano). O come l’approfondimento degli avvenimenti ter t e SISE l news dell’epoca del fascismo, con particolare riferimento alla rivalutazione della lira a “quota novanta” e ai suoi effetti economici. Graziani, infine, riprendendo gli eventi più recenti trattati dallo studioso scomparso, ha letto un passo sull’“autunno caldo”, nel quale De Rosa sosteneva che, pur nella difficoltà di stabilire chi avesse ragione tra sindacati e imprenditori, era chiaro come le rivendicazioni sindacali mettessero in crisi l’economia e si estendessero a tutti i settori del Paese, attraverso la contestazione studentesca e l’apertura di un conflitto tra il capitale e il lavoro. ANTONIO DI VITTORIO, dopo aver ringraziato l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici per l’iniziativa, ha iniziato a proiettare il ricordo di Luigi De Rosa oltre i soli legami affettivi. A questo proposito, il presidente della SISE ha annunciato la commemorazione scientifica di De Rosa, con la presenza di tutte le istituzioni napoletane, entro la fine di quest’anno. L’incontro, di cui qui si riferisce, rappresenta il primo passo, un ponte tra il ricordo puro e semplice e il momento più prettamente scientifico in preparazione. Di Vittorio ha poi ripercorso il sessantennio della complessa attività di De Rosa, sviluppatasi sul piano scientifico e degli studi, sul piano formativo e della didattica, sul piano istituzionale e della presenza in numerosi enti pubblici, affrontando solo le ultime due tematiche, con l’esplicito rinvio della prima al Convegno di novembre. In particolare, ha messo in evidenza il nesso tra questi diversi piani, non solo perché si ritrovano in un’unica persona fisica, ma per l’importanza del legame tra il ruolo formativo della storia economica e il ruolo generale delle scienze sociali nella società contemporanea. Sul primo versante, De Rosa ha svolto una funzione essenziale nel CUN, facendo emergere il settore di studi della storia economica – a partire dal riordino dell’Università nei primi anni Novanta – come “collante culturale”, vera e propria cerniera tra le discipline economiche, aziendalistiche e matematico-statistiche. Di Vittorio ha poi ricordato il ruolo di De Rosa nell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, dove, insieme con Gerardo Marotta e Antonio Gargano, ha dato vita ad un’intensa collaborazione tra la storia economica e le altre materie umanistiche, e nell’Istituto Datini di Prato, di cui ha rappresentato, per molti lustri, un punto di riferimento, promuovendo l’identità della storia economica nell’ambito degli studi di carattere economico. E ancora nelle riviste da lui fondate, da “Storia Economica” a “The Journal of European Economic History”, la cui diffusione è oggi di oltre cinquemila copie in tutto il mondo, nonché nel Consiglio Nazionale delle Ricerche, di cui è stato prima componente (dal 1966 al 1981) e poi presidente del Comitato per le Scienze Economiche (dal 1981 al 1994), svolgendo una lunga battaglia a sostegno del ruolo delle scienze sociali e conseguendo il risultato della costituzione, in questo campo, di quattro organi di ricerca solo a Napoli. Sul secondo versante, De Rosa – ribadendo sempre la coerenza della formazione con la presenza nelle istituzioni – ha dato un chiaro segnale di indirizzo, anche attraverso ter t e SISE l news il suo motto ricorrente secondo cui “la classe dirigente si forma da questo tronco”, quello delle discipline umanistiche. Di Vittorio, a questo riguardo, ha ricordato la presenza e l’iniziativa di De Rosa in numerosi altri enti ed organismi pubblici: il Consiglio Nazionale della Scienza e della Tecnologia, di cui è stato componente dal 1986 al 1989; il Comitato Tecnico-Scientifico della Programmazione presso il Ministero della Programmazione Economica, di cui è stato presidente dal 1986 al 1989; l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, di cui è stato componente del Comitato Scientifico dal 1986 al 1994 e del Consiglio di Amministrazione dal 1993 al 1997. Tutti questi ruoli sono stati intimamente legati alla sua attività scientifica, consentendogli di accrescere il suo valore non solo come storico dell’economia e come intellettuale, ma nell’autorevolezza di una funzione scientifica diffusamente riconosciuta. Infatti, non si è mai trovato per avventura in questi organismi e va a merito dello studioso e dell’uomo di aver operato pienamente, nelle istituzioni e nella società civile, per affermare i filoni di un impegno cui si è dedicato per tutta la vita. FRANCESCO PAOLO CASAVOLA, a conclusione dell’incontro, ha evocato i ricordi di una frequentazione personale, osservando che Luigi De Rosa ha rappresentato l’esempio di una comunità scientifica formatasi nella seconda metà del Novecento, superando le separazioni tra le diverse discipline scientifiche. A cominciare dalla partecipazione alla formazione di una nuova associazione (l’Associazione Nazionale dei Docenti Universitari), che, con il consenso di Giorgio Spini, si diede l’obiettivo – eccessivamente ambizioso – di un programma radicale di riforma universitaria, con a base la figura del docente unico. Dietro quel progetto di riforma vi era la volontà di recuperare il ruolo del docente, stabilendo parità e colleganza all’interno della comunità scientifica e uscendo da un’impostazione gerarchica. Si trattava di un modo per tentare di rifondare l’Università, superando il modello di Humboldt, fondato sulle cattedre. L’occasione per sviluppare queste tematiche fu data anche dalla frequenza ai congressi internazionali e da quella peculiare forma di “nomadismo culturale”, che ha accomunato studiosi come Casavola e De Rosa, ma anche altri studiosi napoletani, come Ettore Lepore, Mario Sansone e Franco Capotorti. In particolare, i viaggi in treno tra Napoli e Bari, nei primi anni della carriera, e tra Napoli e Roma, molto più di recente, hanno consentito di approfondire le riflessioni comuni e di rendere partecipi gli uni con gli altri delle ricerche in corso, attraverso una sorta di formazione “ferroviaria” che ha caratterizzato una nuova classe di intellettuali e di insegnanti. Luigi De Rosa, in questi momenti, era sempre pronto a fornire un punto di vista illuminante, come ha testimoniato Casavola, arricchendo quel percorso collettivo di conoscenze e di scambi di esperienze. Un’altra fase di collaborazione si è avuta nell’ambito dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, quando De Rosa ebbe l’incarico per un progetto di enciclopedia tematica Altre Italie e preparò con estrema 10 accuratezza un lemmario, che poteva coinvolgere una vasta schiera di studiosi. Casavola, infine, ha sottolineato che ciò che più colpiva di Luigi De Rosa era che faceva del suo “primo mestiere”, la storia economica, un osservatorio per comprendere meglio tutti i contesti in cui si sviluppa nel tempo il mondo economico, un modo di intendere concretamente la realtà. Per De Rosa il sapere specialistico non aveva frontiere: si irradiava su altri saperi e interagiva con essi. Luigi De Rosa era un uomo che, per la specificità dei suoi percorsi culturali e per la sua straordinaria capacità di conoscenza, sembrava facesse parlare gli studiosi, anche di altre discipline, come di fronte ad uno specchio: anche per questo rientra nel novero degli uomini di studio che hanno assunto sulle proprie spalle il dovere della responsabilità collettiva e dei diritti di cittadinanza moderni. VISTO? A.G. CALAFATI, E. SORI (a cura di), Economie nel tempo. Persistenze e cambiamenti negli Appennini in età moderna, Milano, Angeli, 2003, pp. 368, 22,00. Gli Appennini sono un’area-problema nell’ambito delle politiche pubbliche, un territorio per il quale urge porsi il compito di delineare una strategia di sviluppo vincolata all’uso sostenibile dello straordinario capitale culturale e naturale che ospitano. Ma le politiche di sviluppo locale per un territorio come gli Appennini non possono che fondarsi su un’esplorazione del significato del capitale esistente e richiedono pertanto un atto interpretativo che permetta di vedere i valori che tale capitale incorpora, evidenziandone il significato collettivo. Alla costruzione di un progetto locale per gli Appennini la ricerca storica è quindi necessaria, per il fatto di saper mostrare la complessità e l’evoluzione delle relazioni tra processo economico e risorse locali, su cui gli Appennini hanno costruito nel tempo il loro benessere economico. L’attenzione alla complessità alla quale la ricerca storica ci vincola si trasforma in una fondamentale lezione di metodo per chi ha la responsabilità di progettare ed attuare una politica di sviluppo. I saggi contenuti nel volume curato da Calafati e Sori propongono un viaggio nel tempo e nello spazio degli Appennini, con l’obbiettivo di consolidare una prospettiva storiografica per le società e le economie di questo territorio che ha stentato ad emergere, ma che nell’ultimo decennio si è progressivamente delineata mostrando la sua rilevanza. I saggi fanno parte di un ampio progetto di ricerca sulla relazione tra sviluppo locale e conservazione del capitale negli Appennini, svolto presso il Dipartimento di Economia dell’Università di Ancona. Essi, ricostruendo la complessità di relazioni tra processo economico e ambiente che caratterizza gli Appennini, contribuiscono a delineare i 11 contenuti di un progetto di sviluppo che mantenga e valorizzi tale complessità. A. CARERA (a cura di), L’alta Hôtellerie nell’Italia di inizio Novecento. Organizzazione e gestione manageriale in uno studio di Willy Dombré (1922), Milano, ISU Università Cattolica, 2004, pp. 181, 10,50. Il volume propone la trascrizione integrale di un testo del 1912 dal titolo Studio sull’industria alberghiera in Italia, che rappresenta la tesi di laurea di Willy Dombré, figlio del direttore del Grand Hotel d’Este di Cernobbio, discussa all’Università Bocconi sotto la guida del professor Gobbi. Tale testo costituisce un’importante fonte documentale per allargare gli interessi della business history anche ad un campo di studi come quello dei comportamenti imprenditoriali nel settore turistico, che soffre della difficoltà di reperire adeguate fonti documentarie. In questo senso la tesi di Dombré, fonte documentale e testimonianza allo stesso tempo, permette di portare alla luce esperienze e conoscenze dirette dell’ambiente familiare e aziendale costituito dal Grand Hotel. Al testo di Dombré sono inoltre associati due saggi a corredo: il primo, dove Carera, curatore dell’intero volume, fornisce preziose indicazioni metodologiche e alcuni spunti di lettura per il testo di Dombré, rispetto al tema dei comportamenti manageriali nel segmento alto dell’offerta alberghiera italiana di inizio Novecento; il secondo, di Borzomati, che inquadra la biografia di Dombré nel contesto delle vicende familiari e di oltre mezzo secolo di storia del Grand Hotel, evidenziando le specifiche difficoltà ad innovare i comportamenti manageriali a fronte dei mutamenti che contraddistinguono l’evoluzione storica di offerta e domanda nel settore turistico italiano del Novecento. S.A. CONCA MESSINA, Cotone e imprese. Commerci, credito e tecnologie nell’età dei mercanti-industriali. Valle Olona 1815-1860, Venezia, Marsilio, 2004, pp. 384, 28,00. La ricerca si é avvalsa di un notevole numero di atti notarili, individuati con originale metodologia, e di documenti archivistici per la maggior parte inediti, che raccontano di accordi, di relazioni e di reti creditizie, controllate dai maggiori “mercanti-industriali” che dalla valle Olona trasferirono a Milano l’industria cotoniera lombarda dell’età della Restaurazione. Era accaduto, infatti, che in soli due decenni, prima dell’Unità, tra il fiume Olona e le zone limitrofe si fosse concentrato il 70% dell’industria lombarda di filatura, che annoverava le imprese-guida del comparto, a maggiore produttività, tanto che copriva il 75% della produzione totale della regione. Con una costante attenzione alle opere di Chapman per la Gran Bretagna, Chassagne, per la Francia e Veyrassat per la Svizzera, l’Autrice analizza dettagliatamente la natura dei legami tra le imprese dell’epoca, seguendone la delicata fase di transizione, che ter t e SISE l news viene esaminata in tutta la sua complessità ed individuata come segno di evoluzione non solo degli aspetti produttivi, ma anche commerciali e finanziari. Ciò consente all’Autrice di dimostrare i prevalenti caratteri endogeni dell’accumulazione del capitale, che per il finanziamento attinge, come del resto era accaduto in Inghilterra durante la Rivoluzione Industriale, ed in quasi tutti gli altri paesi europei, al credito commerciale ed ai mutui ipotecari. L’Autrice evidenzia come la fabbrica non debba assolutamente identificarsi con l’impresa, poiché l’opificio quasi sempre é solo una parte di imprese con caratteri prevalentemente commerciali (in questo caso, il richiamo all’industria della seta sembra essere doveroso), e come molti stranieri dirigano stabilimenti che lavorano su commessa e sono subordinati (formalmente e no) alle scelte delle maggiori imprese dei “mercanti-industriali”. Che lavori su commessa o sia di proprietà di grossi mercanti-manifattori, che l’hanno eretta per rifornire i propri telai a mano, la fabbrica idraulica meccanizzata opera all’interno dei “confini organizzativi” d’imprese che, svolgendo un ruolo ben più ampio della produzione di filati, ne determinano le scelte produttive secondo criteri d’ordine commerciale. Nello stesso tempo, la scomposizione del processo produttivo estende il potere di chi coordina le produzioni, come nel caso di Francesco Turati, che giunge a controllare un terzo delle fabbriche regionali. Nel complesso, si perviene a una ricostruzione basata su fondi archivistici inediti e sorretta da un nutrito apparato bibliografico, che mostra come obiettivo primario delle strategie imprenditoriali fosse una maggiore produzione, che, adeguatamente collocata, avrebbe allargato il giro d’affari del settore. La prevalenza degli aspetti mercantili era determinata dall’origine degli imprenditori. Alla luce di tale chiave di lettura, sono analizzate le forme del trasferimento tecnologico, l’organizzazione produttiva interna alla fabbrica, l’evoluzione dell’industria di tessitura. L. DE ROSA, Storia delle Casse di Risparmio e della loro Associazione 1822-1950, Roma-Bari, Laterza, 2003, pp. 438, 30,00. Il volume ricostruisce la storia delle Casse di Risparmio attraverso l’evoluzione della loro Associazione. Una storia che intreccia strade comuni fra le Casse e la loro Associazione al fine di migliorare la loro presenza ed assumere un peso via via crescente nello sviluppo sia delle comunità locali che del Paese nel suo complesso. La vicenda è ricostruita attorno ad alcune vicende periodizzanti: la creazione del risparmio postale; i tentativi di invadenza straniera, contro i quali le Casse furono le prime ad introdurre il credito fondiario e quello agrario, i reiterati tentativi di controllo da parte delle forze politiche. Particolarmente significativa, in questo senso, fu l’esperienza del fascismo che costrinse le Casse a confluire in Federazioni regionali dirette dal sistema corporativo e quindi dal regime. Nella rinascita ter t e SISE l news post-bellica, invece, liberate dai vincoli, dall’accentramento e dal gigantismo imposti dal fascismo, ritornarono alla loro storica vocazione e al “localismo”, dando un significativo contributo alla ricostruzione e alla modernizzazione del Paese. E. FELICE, La Società Produttori Sementi. Ricerca scientifica e organizzazione d’impresa, Bologna, il Mulino, 2004, pp. 341, 32,00. Con quasi un secolo di vita, la Società produttori sementi – nota come Prosementi – rappresenta un’esperienza originale nel contesto economico nazionale e europeo, sia perché dimostra come, anche nel campo agricolo, si possano coniugare nel lungo periodo ricerca scientifica e organizzazione d’impresa, sia perché costituisce un esempio particolarmente riuscito del “modello” di sviluppo emiliano-romagnolo. Il volume di Felice ricostruisce in modo approfondito e scientificamente accurato la storia della Società produttori sementi, identificando quattro fasi: la prima, quella delle origini, con l’affermazione della cooperativa fino alla sua trasformazione in SPA, quando, dando avvio alla seconda fase, si ha una proiezione sul mercato nazionale e un allargamento al settore degli ammassi; una terza fase, nel periodo della ricostruzione e del miracolo economico, caratterizzata da scarso slancio, almeno fino alla metà degli anni Settanta, quando, con la quarta fase di vita della società, si ha il rilancio sulla base di ingenti investimenti per l’ammodernamento degli impianti, di una maggiore diversificazione e di accordi con grandi imprese. Le vicende della Società produttori sementi costituiscono un’interessante chiave di lettura attraverso cui guardare ai processi di modernizzazione dell’agricoltura italiana nel XX secolo, dall’espansione dell’età giolittiana alla “battaglia del grano” in età fascista, alla ristrutturazione del secondo dopoguerra, fino alle politiche agrarie comunitarie e alla globalizzazione. Allo stesso tempo, tale ricostruzione offre un contributo di carattere empirico al dibattito, tuttora aperto, sul ruolo e sulle caratteristiche delle fondazioni bancarie e del settore non profit. A. FERRARESE, Aspetti e problemi economici del diritto di decima in Terraferma veneta in età moderna. Verona, Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere, 2004, pp. XXIV+697. Il problema del diritto di decima ha costituito almeno fino al secondo conflitto mondiale – soprattutto in seguito ai tentativi non riusciti di abolizione posti in essere dal legislatore liberale – un argomento irto di contrapposizioni e prese di posizione. Il volume, oltre a ricostruire un quadro d’insieme del problema storiografico del diritto di decima negli ultimi due secoli, ne traccia i tratti salienti nella sua conformazione ed evoluzione secolare tra medioevo e prima età moderna. Il ricorso a fonti archivistiche inesplorate ha poi permesso una ricostruzione dei complessi meccanismi che regolavano il funzionamento del diritto di decima nel territorio veronese e, più in generale, nella Terraferma 12 veneta. L’unicità e la ricchezza della documentazione hanno permesso di avanzare ipotesi nuove sui legami tra i fruitori del diritto (in genere patrizi veronesi e veneti) e le comunità rurali soggette al tributo: nel contempo, la presenza di due importanti catastici (“sincronici” nei numeri di riferimento delle pezze di terra) dei fondi soggetti a decima effettuati nel 1721 e nel 1805 (circa 3.300 ha) ha consentito di verificare per la prima volta l’evoluzione della proprietà terriera nella pianura veronese nei decenni precedenti il catasto napoleonico, permettendo di delineare con tratti molto più precisi l’insieme disomogeneo dei borghesi e non nobili, di cui si conoscevano le rapide fortune in anni tanto movimentati, ma di cui nulla si sapeva circa le origini di tali ricchezze e soprattutto circa le modalità della loro accumulazione. La presenza di serie omogenee e continue di registri contabili della raccolta decimale veronese ha inoltre consentito di ottenere una curva rappresentativa della produzione cerealicola locale plurisecolare (dagli anni ’90 del Cinquecento alla metà dell’Ottocento): l’eccezionalità della serie – fino a nuove ed auspicabili scoperte l’unica serie decimale continua per le regioni centro-settentrionali della penisola – ha permesso di verificare importanti congiunture nel mondo rurale veronese, lasciando inoltre aperte prospettive di approfondimento. G.L. FONTANA, G. GAYOT (eds.), Wool: products and markets (13th-20th century), Padova, Cleup, 2004, pp. 1228, 60,00. Il volume raccoglie i contributi presentati nella sessione 16 del XIII Congresso dell’International Economic History Association, svoltosi nel luglio 2002 a Buenos Aires, e gli atti delle due euroconferenze preparatorie tenutesi nel 2001 a Verviers e, in forma itinerante, a Schio, Valdagno, Follina e Biella con interventi non solo di studiosi ed esperti del patrimonio laniero, ma anche di industriali di spicco internazionale, di manager, tecnici e sindacalisti del settore. Una sessantina di specialisti di numerosi paesi europei, americani ed asiatici analizzano la formazione, i caratteri e l’evoluzione di un gran numero di regioni tessili europee e di altri continenti sul filo dei tre tempi che, all’insegna di innovazioni tecniche, produttive ed organizzative, contrassegnano la lunga crescita e il declino relativo della produzione laniera, giunta a rappresentare nei tempi recenti non più del 3% del commercio tessile mondiale: il lungo periodo medioevale e moderno in cui la fortuna della produzione laniera è assicurata dallo statuto iconico dell’abito di lana, la fase della “rottura” ottocentesca e quella della nuova geografia degli approvvigionamenti e dell’industria tessile ridisegnata a partire dagli anni Sessanta-Settanta del Novecento. Il volume è suddiviso in tre sezioni, che rispecchiano la dinamiche interne dei lavori e la successiva organizzazione degli interventi multidisciplinari e delle relazioni. La prima sezione – relativa alla lana come materia prima fondamentale 13 nei quasi sette secoli in cui ha costituito il fulcro peculiare della produzione artigianale, proto-industriale e industriale moderna – raccoglie una nutrita serie di saggi, caratterizzati oltre che da una ampia rappresentatività geografica e cronologica, da un’altrettanta omogeneità di criteri euristici e di linee di ricerca. Nella seconda sezione seguono invece i contributi con cui si è cercato di sondare, sempre in prospettive di lungo periodo e per macro-aree regionali, l’evoluzione delle differenti “geografie” della produzione laniera, nonché le connesse problematiche inerenti alle tecniche e alle manifatture interessate. Anche in questo caso, l’ampia prospettiva degli interventi ha favorito l’emergere di importanti messe a punto e di nuovi “punti di stazione” storiografici, in particolare per quanto concerne la secolare evoluzione della divisione territoriale e dell’organizzazione della produzione laniera (ampiamente ripresi ed opportunamente evidenziati nei tre saggi introduttivi di G.L. Fontana e G. Gayot, di C. Maitte e di B. Lemire). Nella terza sezione, dedicata ai molteplici e “altalenanti” rapporti tra mercati e produzioni, i contributi proposti focalizzano la loro attenzione nella valutazione, sempre secondo una prospettiva plurisecolare, delle trasformazioni nella domanda tessile e delle connesse “ricadute” (in particolare le problematiche relative ai processi di rilocalizzazione delle produzioni), sotto la possente ed ineludibile spinta dei mercati e delle congiunture commerciali. L’originalità, la varietà degli approcci e la straordinaria ricchezza di contributi, insieme all’ampio spazio-economico considerato, rendono il volume un importante momento di sintesi storiografica. Come sottolineano nell’introduzione Fontana e Gayot “le vaste panorama du monde lainier est ici redessiné, avec sa nature variable et multiforme, et replacé dans le cadre général du changement des économies et des sociétés, des politiques et des cultures, des modes et des styles de vie, des courants artistiques, et des croyances religieuses”. Con una proiezione sulle problematiche attuali rimarcata conclusivamente da Beverly Lemire: “Participants in this conference were brought from contemplation of early modern society to pressing economic issues of today, illustrating both the significance of the wool trade and the importance of history in the study of contemporary society”. G.L. FONTANA (a cura di), L’industria vicentina dal Medioevo a oggi, Padova, Cleup, 2004, pp. 637, 30,00. Il secondo volume della Storia dell’economia vicentina, promossa dal Centro Studi sull’Impresa e sul Patrimonio Industriale e dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Vicenza, ricostruisce le vicende del settore manifatturiero nel Vicentino – una delle aree di prima industrializzazione nel Veneto e nel Paese – con una serie di saggi che coprono un periodo di sei secoli facendo risaltare i tratti costitutivi e caratterizzanti di un sistema ter t e SISE l news industriale dalle radici plurisecolari, distintosi per la capacità di integrarsi con le mutevoli condizioni culturali, tecnologiche e di mercato ad ogni storico cambiamento degli scenari competitivi. L’intervento di E. Demo dedicato al sistema produttivo quattro e cinquecentesco, col quale si apre il volume, si collega a quelli di W. Panciera, autore del successivo saggio dedicato al Sei e Settecento, e di G.L. Fontana e G. Roverato, che trattano rispettivamente dello sviluppo dell’industria e della nascita della grande e media impresa nel XIX e XX secolo. Il volume si conclude giungendo ai nostri giorni con il contributo di G. Corò. A queste analisi dei settori, dei sistemi e dei personaggi chiave nell’economia vicentina dei vari periodi si affiancano i due saggi di approfondimento dedicati, rispettivamente, da L. Clerici alla rete di fiere e mercati e agli scambi nel territorio e da F. Vianello alle figure di mercanti-imprenditori del tardo Cinquecento. Gli autori ricostruiscono le dinamiche evolutive di settori e territori portanti nelle diverse epoche storiche evidenziando la persistenza delle tradizioni manifatturiere in un gioco di continuità e rotture, nell’alterno rapporto tra città e campagna e nell’avvicendamento/interazione di diversi ceti imprenditoriali, modalità produttive e politiche istituzionali. Dal quadro di lungo periodo che viene così a delinearsi risaltano chiaramente, pur attraverso fasi di crisi e periodi di profonda trasformazione, alcuni caratteri di fondo, quali la fitta trama di rapporti con le regioni europee più avanzate e la presenza costante sui mercati internazionali, l’apertura nei confronti di tecniche nuove e la capacità di assimilare innovazioni e competenze provenienti dall’esterno, la reputazione sociale della funzione imprenditoriale, la varietà delle specializzazioni produttive locali e la capacità, specie in momenti particolarmente critici, di “fare sistema” a scale e con modalità diverse (su base endogamica, familiare, tra imprese, tra imprese e istituzioni, ecc.) producendo regole e beni pubblici che hanno rafforzato la competitività del sistema industriale vicentino. L’opera, oltre ad affrontare questioni di rilevante importanza nel dibattito interno alla storia economica, propone una visione di lungo periodo che può servire a fare acquisire all’industria vicentina maggiore consapevolezza dei propri punti di forza e a mettere a punto, in una fase di grande incertezza e radicali trasformazioni, strumenti per nuovi percorsi di sviluppo, evitando gli errori di valutazione che possono derivare da una lettura circoscritta ai caratteri e ai problemi della crescita più recente. S. F UMERO , Ricerca e sviluppo nell’industria biotecnologia e farmaceutica. Strategie, processi, organizzazione, pianificazione e altre considerazioni, Torino, Bollati Boringhieri, 2003, pp. 214, 18,00. Il volume colma innanzitutto una carenza di studi su uno dei settori industriali più avanzati, ad alta intensità di ricerca e innovazione e strettamente connesso alla frontiera delle conoscenze scientifiche, qual è quello biotecnologico e farmaceutico, ter t e SISE l news ma non per questo privo di problemi. Non ultimo le responsabilità del mondo politico che non promuove adeguati investimenti pubblici e privati nell’istruzione e nella ricerca. L’Autore si addentra nell’analisi di questioni assai complesse di carattere scientifico, tecnologico e manageriale e dagli aspetti strategici generali passa ad esaminare i processi che regolano le fasi di ricerca e sviluppo e la gestione delle risorse umane, soffermandosi con particolare attenzione sulle potenzialità dei nuovi approcci biotecnologici. L’introduzione delle tecniche di biologia molecolare, della biotecnologia e la decifrazione del genoma umano e animale hanno, infatti, aperto strade del tutto nuove e imprevedibili, offrendo grandi opportunità di notevole interesse scientifico, oltre che applicativo e industriale. I. FUSCO (a cura di), La seta. E oltre…, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2004, pp. 541, 40,00. Il volume raccoglie parte degli interventi presentati in occasione del Convegno La seta. E oltre…, che si è svolto presso l’Università della Calabria nell’ottobre del 2001, e rappresenta un primo tentativo di mettere insieme, in un’ottica interdisciplinare, competenze differenti in tema di gelsibachicoltura e sericoltura calabrese. Risultato della collaborazione tra l’Università della Calabria e l’Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo del CNR di Napoli, il lavoro è arricchito da un breve dizionario del lessico della seta, da numerose immagini e corredato di un filmato su DVD dal titolo Calabria… Il baco e la seta. Gelsi, bachi e seta hanno segnato la storia calabrese e possono ancora fornire possibilità di sviluppo alla regione. Da qui l’idea che ha animato il gruppo di ricerca, coordinato da Gigliola Pagano De Divitiis e composto da storici economici, storici dell’arte, tecnici del restauro, linguisti, urbanisti, architetti, agronomi, sindaci e rappresentanti di istituzioni che operano a livello locale: è insomma necessario sì studiare più a fondo la storia della seta calabrese, per recuperare la memoria della regione, ma occorre andare anche “oltre” la seta, per individuare possibili sviluppi innovativi che il settore è ancora in grado di offrire al territorio. R. GIANNETTI, M. VASTA (a cura di), L’impresa italiana nel Novecento, Bologna, il Mulino, 2003, pp. 486, 30,00. Il volume è il risultato di una ricerca decennale che ha richiesto un accurato e lungo lavoro di immissione, standardizzazione e revisione dei dati censuari e di altre fonti e offre importanti elementi conoscitivi sia sui singoli settori industriali e il loro andamento, sia sulle caratteristiche di fondo, le anomalie, le potenzialità e i successi del nostro capitalismo. L’aspetto più significativo sta nel fatto che all’analisi quantitativa si unisce l’attenzione alle strategie, alle culture e alle scelte dei diversi attori (famiglie, manager, azionisti, tecnici, operai) nel contesto socio-istituzionale in cui hanno operato. Nonostante gli evidenti progressi conseguiti a partire 14 dall’età giolittiana, un aspetto costante del percorso industriale italiano è la prevalenza dei comparti tradizionali e, a parte qualche eccezione, la prevalenza di una dimensione d’impresa assai più ridotta rispetto a quella di altri Paesi sviluppati. Alla forte instabilità delle aziende più grandi fa da contraltare il contributo assicurato dalla microimprenditorialità alla tenuta del sistema economico nel suo complesso. Oggi però, che è venuto meno con l’euro il ricorso alle svalutazioni competitive, anche le piccole e medie imprese sono fortemente minacciate dalla concorrenza dei paesi in via di sviluppo. Emergono altresì la funzione centrale svolta dal settore creditizio e l’azione decisiva dello Stato, con l’intreccio fra capitalismo pubblico e privato, fattori indispensabili in un paese second comer come il nostro. All’Introduzione di Giannetti e Vasta fanno seguito La struttura industriale (1911-1996) (G. Federico), La dinamica delle imprese manifatturiere (1908-1971) (R. Giannetti), Le prime 200 imprese manifatturiere (1913-1991) (R. Giannetti e M. Vasta), Proprietà e controllo nel capitalismo italiano (1911-1972) (L. Bargigli e M. Vasta), La performance delle imprese (1900-1971) (M. Vasta), Le strategie delle imprese dall’Unità al 1973 (G. Federico e P.A. Toninelli), Imprenditori e manager (1913-1972) (A. Rinaldi), Conclusioni (R. Giannetti e M. Vasta). In Appendice, La fonte e il database Imita.db (M. Vasta). A. GIUNTINI, G. MUZZIOLI, Al servizio della città. Imprese municipalizzate e servizi urbani a Modena dalle reti ottocentesche alla nascita della Meta S.p.A., Bologna, il Mulino, 2003, pp. 491, 36,00. Le infrastrutture tecniche a rete rappresentano una delle chiavi di volta maggiormente adeguate per la comprensione, in prospettiva storica, dello sviluppo e della modernizzazione delle città. La storia delle imprese municipalizzate modenesi, che si estende dalla metà dell’Ottocento fino ad oggi, permette di seguire da vicino la crescita e la trasformazione di Modena da città “immobile” a laboratorio politico ed economico per la messa a punto di un modello di straordinaria efficacia. Il volume di Giuntini e Muzzioli ricostruisce la storia dello sviluppo e della profonda mutazione della municipalizzazione nel caso modenese, dedicando particolare attenzione ai servizi urbani a rete, e soprattutto a quelli energetici, ambientali e dei trasporti. La ricerca segue un arco temporale che va dalla metà del XIX secolo ai giorni nostri, che hanno visto la quotazione in borsa di META (Modena Energia Territorio Ambiente), la società pluriservizi, prodotto della lunga evoluzione delle infrastrutture municipali modenesi. A. GIUNTINI, D. POZZI (a cura di), Energia per il territorio. Enrico Mattei e l’industria del metano in Italia, Trucazzano (Milano), Giona, 2003, pp. 159. Il volume raccoglie gli atti del Convegno Energia per il territorio: l’avventura del metano dopo la svolta di Caviaga, 15 tenutosi a Lodi il primo giugno 2001. La rievocazione della scoperta, avvenuta verso la fine della seconda guerra mondiale, del primo giacimento profondo dell’Europa occidentale a Caviaga, ha rappresentato l’occasione per una più ampia riflessione sulla storia dell’industria energetica in Italia e sui suoi protagonisti, in primis su Enrico Mattei, e sul ruolo del metano nello sviluppo economico del nostro Paese, unica fonte energetica ampiamente disponibile sul territorio italiano. Da materia prima utilizzata già negli anni Trenta per alimentare auto e camion, il metano, grazie all’impegno dell’AGIP, vide progressivamente estendersi il proprio impiego all’industria, garantendo all’economia nazionale una fonte d’energia a buon mercato. Venne così con l’impiego del metano riducendosi la dipendenza dell’Italia dalle importazioni di petrolio e carbone: il metano coprirà l’11,6% dei consumi energetici complessivi nel periodo 195063, per giungere a circa un terzo nel 2000, di cui il 24% di produzione nazionale. Il volume si apre con l’intervento di C. Pavese, che fornisce un profilo di lungo periodo dei paradigmi energetici, seguito dal saggio di D. Pozzi, dove si presenta la situazione del settore degli idrocarburi in Italia prima del ritrovamento di Caviaga, evidenziando il problema della mancanza di integrazione tra i vari ambiti dell’industria stessa. F. Guidi analizza il ruolo del giacimento lodigiano nel quadro delle strategie dell’AGIP nel dopoguerra, mentre P. Orzalesi ricostruisce le attività dell’AGIP nella pianura padana; M. Colitti, che ha lavorato con Mattei, ne presenta il profilo come imprenditore e fondatore dell’ENI; A. Giuntini analizza gli usi domestici del metano e il rapporto tra ente nazionale e società municipalizzate. Chiudono il volume il saggio di L. Solimene, che presenta l’impiego del metano nella grande industria petrolchimica, e un’appendice documentaria curata da D. Pozzi, riguardante il processo di trasferimento tecnologico che permise all’AGIP di acquisire le competenze tecniche necessarie per la scoperta di Caviaga. A. MACFARLANE, M. GERRY, Una storia invisibile. Come il vetro ha cambiato il mondo, Roma-Bari, Laterza, 2003, pp. 272, 20,00. Il volume si inserisce in un crescente interesse per questo materiale e la sua produzione che ha visto la contemporanea uscita di un altro studio (Le età del vetro. Storia e tecnica del vetro dal mondo antico ad oggi, a cura di R. Barovier Mentasti, Milano, Skira, 2003), oltre all’allestimento a Firenze della mostra “Vitrum. Il vetro fra arte e scienza nel mondo romano”. Il fatto che gli autori siano un antropologo e un ex direttore d’azienda che si occupa della storia degli strumenti in vetro, specie dei microscopi, rende conto dell’approccio adottato che spazia dall’arte all’economia, dalle abitudini alle mentalità delle varie parti del mondo, dalla tecnologia alla scienza. La storia del vetro si intreccia con i conflitti tra Oriente e Occidente: apprezzato inizialmente come gioiello, poi come contenitore di alimenti ter t e SISE l news in grado di non alterarli, il vetro è oggetto di largo uso nelle abitazioni, dalle finestre alle suppellettili e agli oggetti di arredamento, fino all’invenzione di occhiali e apparecchi scientifici e ai molteplici impieghi industriali (basti pensare agli isolatori nei grandi elettrodotti) e scientifici in biologia, medicina, astronomia, chimica ecc. Dall’indice: Vetro invisibile, Il vetro in Occidente. Dalla Mesopotamia a Venezia, Il vetro e le origini della scienza, Il vetro e il Rinascimento, Il vetro e la scienza dopo il Rinascimento, Il vetro in Oriente, Uno scontro di civiltà, Occhiali e altre seccature, Visioni del mondo. A fine testo, due Appendici: Tipi di vetro, Il ruolo del vetro in venti esperimenti che hanno cambiato il mondo. P. MASSA, A. MOIOLI (a cura di), Dalla corporazione al mutuo soccorso. Organizzazione e tutela del lavoro tra XVI e XX secolo, Milano, Angeli, 2004, pp. 768, 45,00. Il volume raccoglie gli interventi del Convegno internazionale svoltosi ad Imperia nel maggio 2003 a conclusione di un lavoro di ricerca decennale che ha coinvolto una cinquantina di studiosi. Dopo i promettenti risultati iniziali conseguiti dal Seminario permanente dedicato alle corporazioni, costituito nel 1994 con il patrocinio della SISE, si è deciso di proseguire le ricerche grazie anche all’ottenimento di due cofinanziamenti ministeriali. Si sono quindi privilegiate due piste di lavoro: la prima è stata quella della rilevazione sistematica della presenza corporativa nelle principali città italiane che, grazie all’impegno di tutti i gruppi di ricerca coinvolti nel progetto, ha portato a schedare quasi 1.400 istituzioni corporative in oltre 70 città. La seconda è andata invece in direzione di un ampliamento cronologico verso l’età contemporanea, con particolare riferimento alle società di mutuo soccorso e alla loro continuità con l’agire corporativo. Proprio per valorizzare adeguatamente il grande lavoro compiuto si è organizzato il Convegno di Imperia, a cui sono stati invitati anche i più importanti studiosi europei del tema ai fini di una comparazione su più ampia scala. Gli interventi sono stati ricondotti a tre grandi ambiti tematici che costituiscono le tre sezioni in cui è diviso il volume. La prima, dedicata al rapporto tra corporazioni ed economie urbane, si apre con la presentazione da parte di Angelo Moioli dei risultati del lavoro di schedatura compiuto e raccoglie contributi relativi alla presenza corporativa in alcune importanti realtà europee – come i Paesi Bassi e il Belgio (Lucassen, Lourens, De Munck), l’Europa centrale (Ehmer), l’Inghilterra (Keene) –, insieme alle ricerche di studiosi italiani relative all’area veneta (Costantini), a Bologna (Gheza Fabbri), alla Toscana (Sabbatini-Moriani), a Milano (De Luca, Mocarelli, Parziale) e a Mantova (Grandi e Romani). La seconda indaga invece le relazioni tra corporazioni, progresso tecnico e mercato internazionale, e raccoglie interventi di studiosi italiani e stranieri dedicati al rapporto ter t e SISE l news 16 M. MERIGGI, Gli stati italiani prima dell’Unità. Una storia istituzionale, Bologna, il Mulino, 2002, pp. 191, 11,00. L’Autore ripercorre l’età del Risorgimento, tra la fine del XVIII secolo e l’Unificazione, con l’intento di analizzare le istituzioni politiche nei diversi Stati italiani, nell’epoca delle riforme, in quella rivoluzionaria e napoleonica, durante la restaurazione e, infine, nel cosiddetto “decennio preparatorio”. Si concentra sui cambiamenti delle forme istituzionali – dagli organismi statali alle amministrazioni locali e alle rappresentanze territoriali o di corpo – per ricostruire le modalità in cui si attuò nel nostro Paese la transizione dall’antico regime allo stato di diritto ottocentesco. Sullo sfondo delle contraddizioni che peseranno sull’esperienza postunitaria, Meriggi coglie le dinamiche e le peculiarità del periodo: il formarsi degli apparati di governo e l’ascesa degli esecutivi, le “sofferenze” degli organi legislativi, i “tempi lunghi” delle monarchie amministrative restaurate, il delinearsi di un “costituzionalismo municipale”. Emerge come la specificità italiana, pur nelle forti diversità regionali e in una parabola non univoca, dia luogo ad una nazione che “pareva rappresentare l’occasione di una rinascita dei territori e della loro soggettività, in tempi ormai post-cetuali e al tempo stesso inevitabilmente statuali”. Qualcosa, quindi di molto diverso dal sogno nazionale dei giacobini di fine Settecento e di tanti funzionari napoleonici alla caduta di Bonaparte, un sogno basato sulla dissoluzione dei particolarismi municipalisti o, in generale, localisti che, invece, hanno segnato e segnano la nostra storia fino ad oggi. un importante contributo all’ampliamento della sensibilità degli storici dell’economia verso tematiche che focalizzino l’attenzione sulle relazioni tra l’uomo e l’ambiente, riconoscendo alla componente fisica una propria specificità. Il volume si apre con una introduzione nella quale sono definiti i presupposti metodologici di uno studio di storia economica dell’ambiente. I primi due capitoli sono dedicati a ricostruire il quadro normativo ed istituzionale dello Stato pontificio in merito alla gestione dei boschi, argomento che viene in parte ripreso nel capitolo settimo, dedicato alla trattazione delle vicende inerenti alla creazione di un vero e proprio dicastero forestale. Si tratta di un punto fondamentale della questione che si snoda tra la fine del Settecento e lungo tutto il corso del secolo successivo. Le innovazioni allora introdotte, con l’adozione di una legislazione omogenea per tutto lo Stato, ad eccezione però delle Legazioni, riproponevano la questione della maggiore attenzione riservata al problema del disboscamento attestatasi nella pubblicistica coeva. Le informazioni fornite dalle sentenze della Sacra Consulta sono state elaborate dall’Autore attraverso l’uso di un database, per desumere un quadro complessivo delle caratteristiche dei reati forestali, che fa emergere dinamiche sociali ed economiche di particolare interesse. Nel capitolo terzo ci si sofferma proprio su questi aspetti; i capitoli quarto e sesto focalizzano invece l’attenzione sulla questione dei comportamenti adottati dai mercanti di legname e dalle popolazioni rurali, mentre il capitolo quinto si sofferma su alcuni aspetti legati alla questione inerente il valore del legname in rapporto agli altri usi agricoli, ripensando in parte quella contrapposizione tra bosco e coltivo proposta da una tradizionale interpretazione storiografica. L’impressione complessiva che si ricava dalla lettura del testo è quella della ricomposizione in un quadro esauriente del significato che la risorsa forestale aveva assunto nello Stato pontificio, un quadro nel quale, alle specificità proprie della situazione in esame, si collegano più ampie riflessioni sulla natura dei rapporti tra società del passato e risorse in via di deperimento. I protagonisti dei conflitti instauratisi intorno ad essa sono delineati nelle loro rispettive ragioni, nei loro interessi e nelle strategie, a volte lecite, a volte illecite, di appropriazione di un bene economico. La tematica specifica, se da un lato viene esaurita nei suoi molteplici significati, dall’altro getta una luce su altre questioni di carattere sociale ed economico proprie del milieu pontificio tra Sette e Ottocento, secondo una reciprocità tra strutture sociali e produttive e quadri ambientali, che come ricorda Sansa nelle conclusioni, costituisce una delle caratteristiche delle ricerche di storia economica dell’ambiente. R. SANSA, L’oro verde. I boschi nello Stato pontificio tra XVIII e XIX secolo, Bologna, CLUEB, 2003, pp. 288, 22,00. Il volume di Renato Sansa sulla gestione dei boschi nello Stato pontificio tra XVIII e XIX secolo rappresenta F. VIANELLO, Seta fine e panni grossi. Manifatture e commerci nel Vicentino, 1570-1700, Milano, Angeli, 2004, pp. 320, 30,00. La revisione dei tradizionali giudizi negativi sull’economia italiana del Seicento è in corso ormai da più di vent’anni. tra corporazioni e tecnologia (Pfister, Casado Alonso, Gottardi, Demo) e ai prodotti di successo delle economie urbane italiane destinati al mercato internazionale (Frangioni, Caligaris, Trivellato, Della Valentina, Dal Borgo, Scognamiglio, Riello). La terza e conclusiva sezione, che si riferisce alle trasformazioni subite dalle forme associative del lavoro a partire dalla soppressione delle corporazioni, si apre con la presentazione da parte di Luigi Trezzi dei risultati della rilevazione compiuta sulle società di mutuo soccorso in Italia a partire dai censimenti ministeriali e raccoglie, accanto ai contributi offerti dai componenti dei gruppi di lavoro che hanno indagato il fenomeno mutualistico nel Lazio meridionale (Calcagni, Casmirri) e nel Lazio centro-settentrionale (Girelli, Strangio, Bocci, Pastorelli) e in Liguria (Patrone, Piccinno, Zanini), interventi dedicati a svariati aspetti della presenza e dell’agire mutualistico in Italia e all’estero (Allio, Teodori, Fortunet, Gheza Fabbri, Grohmann, Ivone). 17 Il volume in esame si propone di contribuire al dibattito attraverso lo studio approfondito di un caso, quello del territorio vicentino. Sede di una manifattura tessile di non secondario rilievo nel panorama italiano, la Vicenza del secondo Cinquecento fu coinvolta nel processo di riconversione dalla lana alla seta che interessò alcuni dei più importanti centri produttivi della penisola. Diversamente da quanto avvenne altrove, nella città berica le perdite della manifattura di pannilana in declino furono più che compensate dall’espansione del setificio e nel corso del Seicento fu proprio il ruolo centrale assunto da questo settore a sostenere la presenza delle merci e dei mercanti vicentini in alcune delle principali piazze del Nord-Europa. Cessata in città, la lavorazione della lana proseguiva intanto nei grossi borghi della fascia pedemontana, dove mercanti, artigiani, filatrici e tessitori contadini continuarono a produrre tessuti destinati per lo più al mercato veneto e a quello delle regioni vicine. Insieme ad una molteplicità di altre produzioni, dalla lavorazione dei metalli alla confezione di cappelli di paglia e di ceramiche, il lanifici del territorio riuscirono a garantire la sopravvivenza di un complesso di competenze tecniche ed imprenditoriali e di circuiti di traffico sulle quali sarebbe andata ad innestarsi la crescita proto-industriale settecentesca. Il volume prende inoltre in esame i rapporti, spesso contrastati, tra Vicenza e la capitale nel quadro della politica economica veneziana, la complessa regolamentazione fiscale cui era sottoposta la lavorazione della seta, i conflitti tra mercanti e lavoratori nei centri minori del territorio. S. VITALI, Passato digitale. Le fonti dello storico nell’era del computer, Milano, B. Mondadori, 2004, pp. 228, 20,00. Con l’obiettivo di analizzare le trasformazioni che la tecnologia informatica ha apportato al mestiere dello storico nell’ultimo mezzo secolo, l’Autore tocca un aspetto nevralgico ed estremamente delicato del fare storia: il rapporto con le fonti, la loro ricerca, selezione, studio, interpretazione e critica. Rapporto già mutato durante il XX secolo, a partire dalla storia seriale introdotta dalla scuola delle Annales e dalla storia quantitativa di matrice americana negli anni Sessanta fino ai documenti digitali. Questi, in particolare, presentano alcune caratteristiche che paiono lontane dal soddisfare i requisiti che si ritiene debbano avere, o hanno avuto finora, le fonti storiche. Sono, infatti, immateriali, dinamici (cioè facilmente manipolabili e soggetti a cambiamenti nel corso del tempo) e fragili (in quanto esposti all’obsolescenza dell’hardware e del software da cui dipende la loro accessibilità e perciò soggetti al rischio di “scomparire”). Inoltre sono sovente veicolati da un media, la rete, per sua natura volatile, instabile e soprattutto insidioso, visto che al suo interno non sempre è facile distinguere fra menzogna e verità. ter t e SISE l news In altre parole, le fonti digitali – siano esse il risultato di trasposizioni o di elaborazioni di fonti tradizionali effettuate da storici, archivisti, bibliotecari o altri soggetti, oppure documenti prodotti fin dalla loro origine in formato digitale – offrono inedite possibilità conoscitive, ma pongono rilevanti sfide epistemologiche. Si tratta di questioni che non possono non condizionare il giudizio sui risultati dei progetti in corso per trasferire parti del patrimonio documentario e culturale su supporto digitale e che diventano ancora più complesse quando si tratta di documenti e prodotti editoriali nati direttamente in formato elettronico e perciò privi di supporto cartaceo a cui ricorrere per “controllare” e “verificare” il digitale. E nel futuro per fare storiografia sarà impossibile non utilizzare queste nuove fonti sulle quali gli storici baseranno molte delle loro ricostruzioni e interpretazioni. EVENTI Istituto Internazionale di Storia Economica “F. Datini”, XXXVII Settimana di Studi: Ricchezza del mare, ricchezza dal mare. Secoli XIII-XVIII, Prato, Monash University, 11-15 aprile 2005. Prolusione: Paola Massa (Genova), Il mare come fattore di sviluppo e di integrazione economica. Lunedì 11 aprile: L’ecosistema del mare: mare, laghi e paesi interni. Relazioni di Arnold Esch (Deutsches Institut, Roma), Il ruolo del mare nell’economia di una città-corte in espansione: i registri doganali del porto di Roma, 1450-1480; Gigliola Pagano De Divitiis (Università della Calabria), Mediterraneo e Nord Europa fra ’500 e ’700: scambi commerciali e scambi culturali; Cátia Alexandra Pereira Antunes (Leiden), Sea and land: the integration of the Dutch and Portuguese urban hinterlands in the European maritime system during the seventeenth century; Poul Holm (Centre for Maritime and Descrizione generale d’Europa, in Sebastiano Münster, Cosmographia universalis © Biblioteca Comunale “A. Lazzerini” - Prato (divieto di ulteriore riproduzione). ter t e SISE l news Regional History, Esbjerg), Lex Heerma Van Voss (Utrecht), Close encounters with the Dutch; comunicazioni di Carles Manera (Universitat de les Illes Balears), El Mar Mediterráneo, puente entre costas: la articulación comercial entre el litoral levantino español y las Islas Baleares en el siglo XVIII; Alberto Grandi (Parma), Il governo di una risorsa collettiva. Regole e istituzioni della pesca nei laghi di Mantova in età moderna. Martedì 12 aprile: Il mare e il suo spazio. Relazioni di Jean-Claude Hocquet (Commission Internationale d’Histoire du Sel), Deux ressources maritimes associées, le sel et le poisson. Profil historiographique; Gérard Le Bouëdec (Université Bretagne Sud), Produits vivriers et matières premières dans le développement du cabotage en Europe atlantique (de la Péninsule Ibérique à l’Europe du Nord), XVe-XVIIIe siècles; Gilbert Buti (Université de Provence), Entre échanges de proximité et trafics lointains: le cabotage en Méditerranée aux XVIIe et XVIIIe siècles; Richard W. Unger (University of British Columbia), Investment and risk: ships design and investment in port infrastructure, 1200-1800; Jeanette Mary Neeson (York University, Toronto), Coastal commons: custom and the use of seaweed, 1700-1850; comunicazioni di Harold Fox (Leicester), Human settlement along the coasts of South-Western England during the middle ages; Harald Witthöft (Siegen), The sea as dominant factor in the economic development of a Hanse-city: Lüneburg 1200-1800; Raffaello Vergani (Padova), Legname per l’Arsenale: i boschi “banditi” nella repubblica di Venezia, secoli XV-XVII; Maurizio Gangemi (Bari), Dal Regno di Napoli a Cartagena. Il Mezzogiorno e l’approvvigionamento di legname dell’arsenale spagnolo a metà del ’700; Bernard Allaire (Bordeaux), L’influence des pêches dans les orientations coloniales françaises au Canada à la fin du 16e siècle; Paola Nardone (Chieti), L’economia delle comunità abruzzesi lungo la costa dell’Adriatico; Luciano Palermo (Roma), Economie marittime e insediamenti umani sulle coste tirreniche dello Stato della Chiesa tra XVII e XVIII secolo; Thorkild Kjægaard (University of Greenland), A sea-borne society: Greenland before the European invasion in the 18th century; Panagiotis Mihaïlaris (Fondazione Nazionale delle Ricerche, Atene), Le saline di. S. Maura (Lefcada) come fattore economico dello Stato Veneziano nella prima metà del XVIII secolo; Nuala Zahedieh (Edinburgh), New World resources and the expansion of England’s merchant marine. Mercoledì 13 aprile: Investimenti e rischi. Relazioni di Maria Bogucka (Warszaw), Risks connected to the maritime way of life. The case of Danzig in early modern times; Jan Luiten Van Zanden (Utrecht), Christiaan Van Bochove (Amsterdam), Two engines of early modern economic growth: herring fisheries and whaling during the Dutch Golden Age; Markus A. Denzel (Leipzig), Die Seeversicherung als kommerzielle Innovation im Mittelmeerraun und in Nordwesteuropa vom Mittelalter bis zum 18. Jahrhundert; Enrique Cruselles Gómez (Valencia), Los mercados 18 aseguradores del Mediterráneo catalano-aragonés; Kenneth Morgan (Brunel University), Port facilities in the British Isles, 1600-1800; Emmanuel Garnier (Caen), Les colères de l’Océan. L’impact des tempêtes sur la navigation dans l’Atlantique et en Manche (XVIIe-XVIIIe siècle); comunicazioni di Giulio Fenicia (Bari), I noli marittimi nell’economia ragusea del XVI secolo; Wolfgang Kaiser (Université de Provence), Frictions profitables. L’économie de la rançon en Méditerranée occidentale, XVIe-XVIIe siècles; Leonor Freire Costa (Lisboa), Privateering and insurance: transaction costs in a core-periphery system; Gonçal López Nadal (Universitat de les Illes Balears), A sample of a privateering enterprise: the Majorcan Squadron (1660-1684). Fitting out, financing, investments; Donatella Strangio (Roma Sapienza), Il porto di Civitavecchia (secc. XVI-XVIII): investimenti e sviluppo economico; Luisa Piccinno (Università dell’Insubria), Città portuale e interessi privati: i progetti di ampliamento del Portofranco di Genova tra Sei e Settecento; Louis Sicking (Leiden), Stratégies de réduction de risque dans le transport maritime des Pays-Bas au XVIe siècle; Marcello Berti (Pisa), I rischi nella circolazione marittima tra Europa nordica ed Europa mediterranea nel primo trentennio del Seicento ed il caso della seconda guerra anglo-olandese (1665-67); Gerassimos D. Pagratis (Aegean University), “Le fortune di mare”. Accidenti della navigazione mercantile nei mari Ionio e Adriatico (dalle “prove di fortuna” degli Archivi di Stato di Corfù: 1611-1795). Giovedì 14 aprile: I mestieri del mare e l’economia delle comunità costiere. Relazioni di Jaques Bottin (Paris VII), Mathieu Arnoux (EHESS), La Manche: frontière, marché ou espace de production. Fonctions économiques et évolution d’un espace maritime (XIV e-XVII e siècles); Maryanne Kowaleski (Fordham), Working at sea during the middle ages: changes in remuneration and labor conditions; Alain Cabantous (Paris Sorbonne), L’État et les communautés maritimes (France XVIIe-XVIIIe s.): enjeux économiques et sociaux; Edmund Kizik (Gdañsk), Das Lebensniveau Danziger Seeleute in der 2. Hälfte des 17. und im 18. Jahrhundert; Renaud Morieux (Rouen), Les pêcheurs et la frontière maritime (France-Angleterre 1700-1800); comunicazioni di Pinuccia F. Simbula (Sassari), L’arruolamento degli equipaggi nei regni della Corona d’Aragona nei secoli XIV-XV; Marco Moroni (Ancona), Tra “relitti di mare” e paludi costiere: nascita di una comunità di pescatori a San Benedetto del Tronto (secoli XVI-XVIII); Martin Bellamy (Glasgow Museum), A Northern Arsenal. The administration of the Danish naval dockyard during the reign of Christian IV (1596-1648); John Everaert (Gand), La vocation maritime de la Flandre: la course ou la pêche? (1650-1730); Andrea Zanini (Genova), Un difficile equilibrio. Stato, pescatori e comunità in Liguria tra Sei e Settecento; Manon Van der Heijden, Daniëlle Van de Heuvel (Amsterdam), Surviving strategies of Dutch married seamen’s wives. 17 th-18 th centuries; Martin Krieger (Greifswald), North Frisian sailors 19 in Dutch and Danish services; Carla Rahn Phillips (University of Minnesota), The long-term profitability of the tuna fisheries in Southwestern Spain. Venerdì 15 aprile: Idee, regole e percezioni economiche. Relazioni di Vito Piergiovanni (Genova), Le regole marittime internazionali nel Mediterraneo; Roman Czaja (Toruñ), L’idea del potere sul mare Baltico nella legislazione della Lega Anseatica dal XIII al XVI secolo; comunicazioni di Lawrence V. Mott (Southern Denmark), The export control and the rise of the Office of the Admiral in the Crown of Aragon 1245-1282; Giovanni Ceccarelli (Padova), Quando rischiare è lecito. Il credito finalizzato al commercio marittimo nella riflessione scolastica tardomedievale; Raffaella Salvemini (CNR Napoli), Le pratiche di sanità marittima nel Regno di Napoli nella seconda metà del Settecento; Maria Manuela Rocha (Lisboa), The transport of Brazilian gold: private and public concerns on land at sea. Per maggiori informazioni: http://www.istitutodatini.it/ temi/htm/temi37.htm. Per contatti: [email protected]. Istituto di Storia Economica dell’Università Bocconi – Associazione di Studi e Storia sull’Impresa (ASSI): Incontri di storia dell’impresa 2005, Milano, Università Bocconi, 8 aprile - 24 maggio 2005. 11 marzo, ore 15: Sergio Bologna, I “knowledge workers” fra mito e realtà (con Giuseppe Berta, Ferdinando Fasce, Maurizio Magnabosco, Enzo Rullani); 8 aprile, ore 15: Luciano Ciravegna, Declino dell’industria automobilistica o declino della triade? (con Aldo Enrietti, Tommaso Pardi, Roberto Vavassori, Giuseppe Volpato); 15 aprile, ore 15: Marcello Colitti, Cronache di un’azienda: l’ENI dal 1956 agli anni Ottanta (con Andrea Colli, Pasquale De Vita, Pierangelo Toninelli); 6 maggio, ore 15: Kenneth Lipartito, Business History from the perspective of a cutting-edge journal (con Franco Amatori, Youssef Cassis, Renato Giannetti, Jonathan Wilson); 24 maggio, ore 17.30: Carlo Brambilla e Giuseppe Conti, Banche e sviluppo economico in una prospettiva comparata (con Francesco Cesarini, Leandro Conte, Giangiacomo Nardozzi, Andrea Sironi). Per maggiori informazioni: Franco Amatori, e-mail: [email protected]; Andrea Colli, e-mail: [email protected]. Incontro di Studi: L’attività edilizia nell’Italia moderna: circuiti della manodopera e organizzazione dei cantieri, Mendrisio, Archivio del Moderno – Lugano, Istituto di Storia delle Alpi, 22-23 aprile 2005. L’incontro si inserisce nel quadro di un progetto quadriennale dell’École Française de Rome sull’attività edilizia nell’Italia moderna coordinato da Jean-François Chauvard (Université Marc Bloch di Strasburgo) e Luca ter t e SISE l news Mocarelli (Università di Milano-Bicocca). Per approfondire il tema sono stati previsti quattro incontri di studio dedicati rispettivamente ai materiali da costruzione (Roma, 19-20 novembre 2004); all’organizzazione della manodopera e dei cantieri (Mendrisio-Lugano, 22-23 aprile 2005); alle strategie familiari e alle scelte d’investimento immobiliari (Roma, 2006 e Milano, 2007). È stata inoltre proposta e accettata una sessione al prossimo Congresso dell’Associazione Internazionale di Storia Economica, che si terrà a Helsinki nel 2006, dedicata a Urban construction and economic cycles in pre-industrial european towns, per cui è aperto il call for paper. L’incontro di Mendrisio-Lugano (che si terrà rispettivamente a Mendrisio presso l’Archivio del Moderno, e a Lugano presso l’Istituto di Storia delle Alpi) si articola su tre mezze giornate. La prima, venerdì 22 pomeriggio a Mendrisio, riguarda i movimenti a lunga distanza della manodopera e in particolare i cantieri di ticinesi e lombardi nell’Europa centro-orientale (interventi di Navone, Nikolaeva, Kirikova, Serazin, Tedeschi). La seconda e la terza, sabato 23 a Lugano, riguarderanno casi di studio riferiti alla manodopera e all’organizzazione dei cantieri nelle principali città italiane (interventi di Bianchi, Mocarelli, Repishti, Viganò, Chauvard, Tomasi, Vaquero Piñeiro, D’Amelio, Marconi, Bartoletto). CALL FOR PAPERS European Association for Banking and Financial History (EABH), Annual Colloquium: The State and the financial services: regulation, ownership and deregulation, Lisbona, 26-27 maggio 2006. Obiettivo dei lavori è quello di osservare analiticamente, a partire dal XIX secolo, la tendenza dello Stato a intervenire nel settore finanziario in qualità di regolatore, supervisore e proprietario. Il Comitato Organizzatore, composto da Stefano Battilossi (Universidad Carlo III, Madrid), Luis de Abreu Nuñes (Bank of Portugal), Manfred Pohl (EABH), Jaime Reis (Instituto Ciencias Socales, Lisbona) e Nuño Valerio (ISEGUTL, Lisbona), incoraggia l’invio di contributi, con particolare riferimento ai seguenti argomenti: a) Before the “reversal”: the political economy of finance in the 19th century; b) The defining moment: the Great Interwar Reversal of financial development; c) State ownership and financial regulation in the 20th century: comparing Western Europe and the USA; d) Overcoming the legacy of the Great Reversal: financial reforms at the end of the 20th century. Gli studiosi interessati a partecipare ai lavori dovranno inviare entro il 24 marzo 2005 una sintesi (max 500 parole) del proprio intervento a Verity Gale, e-mail: [email protected]. Per maggiori informazioni: http:/ /www.bankinghistory.de. ter t e SISE l news 20 PORTALE SISE A un anno dall’entrata in funzione del portale della SISE (http://www.sisenet.it), l’esperienza maturata nella gestione quotidiana e le osservazioni dei Soci che ne hanno usufruito hanno permesso di migliorare i servizi offerti, con l’obiettivo di renderli sempre più completi ed efficienti. Molto può ancora essere fatto, tuttavia, per sfruttare le potenzialità del portale quale ideale luogo d’incontro degli storici dell’economia nel lavoro di ogni giorno. L’apporto di ogni Socio è prezioso: per accrescere la conoscenza reciproca, valendosi delle schede personali a disposizione di ognuno; per diffondere l’informazione e favorire la condivisione dei saperi, segnalando eventi, pubblicazioni e qualsiasi strumento utile alla ricerca e all’insegnamento in campo storico-economico; promuovere la circolazione delle idee, avviando e partecipando ai dibattiti del forum. La Redazione del Portale (e-mail: [email protected]) è a disposizione di tutti. Consiglio direttivo della SISE Prof. Antonio Di Vittorio, Presidente. Ordinario di Storia economica presso l’Università di Bari Prof.ssa Paola Massa Piergiovanni, Vice-presidente. Ordinario di Storia economica presso l’Università di Genova Prof. Vincenzo Giura, Vice-presidente. Ordinario di Storia economica presso l’Università “Federico II” di Napoli Prof. Nicola Ostuni, Segretario. Ordinario di Storia economica presso l’Università di Catanzaro Prof. Marco Belfanti, Tesoriere. Ordinario di Storia economica presso l’Università di Brescia Prof. Giuseppe Bracco, Consigliere. Ordinario di Storia economica presso l’Università di Torino Prof. Bernardino Farolfi, Consigliere. Ordinario di Storia economica presso l’Università di Bologna, sede di Forlì Prof. Giovanni Luigi Fontana, Consigliere. Ordinario di Storia economica presso l’Università di Padova Prof. Enrico Stumpo, Consigliere. Ordinario di Storia moderna presso l’Università di Siena, sede di Arezzo Comitato di redazione Giulio Fenicia, Giovanni Luigi Fontana, Renato Giannetti, Carlo Travaglini Collegio dei Revisori dei Conti Prof. Giampiero Nigro. Ordinario di Storia economica presso l’Università di Firenze Prof. Luciano Palermo. Associato di Storia economica presso l’Università Luiss “Guido Carli” di Roma Prof.ssa Paola Pierucci. Ordinario di Storia economica presso l’Università di Chieti, sede di Pescara Presidenza Università di Bari, Dipartimento di Studi Europei - Sezione di Storia Economica, via Camillo Rosalba 53, 70124 Bari; tel. 080 504 92 26; fax 080 504 92 27 Coordinatore Renato Giannetti Redazione Università di Firenze, Dipartimento di Studi Storici e Geografici, via San Gallo 10, 50129 Firenze; tel. 055 275 79 49; fax 055 21 91 73; e-mail: [email protected] Università di Padova, Dipartimento di Storia, piazza Capitaniato 3, 35139 Padova; tel. 049 827 45 10; fax 049 827 45 11; e-mail: [email protected] Segreteria di redazione: Luca Clerici Hanno contribuito a questo numero: Lucia Castellucci, Giuseppe De Luca, Rita d’Errico, Andrea Ferrarese, Idamaria Fusco, Amedeo Lepore, Iginia Lopane, Luca Mocarelli, Marco Moroni, Nicola Ostuni, Maria Luisa Piccinno, Fausto Piola Caselli, Gaetano Sabatini, Raffaella Salvemini, Giuseppe Stemperini, Francesco Vianello. La Newsletter della SISE è pubblicata ogni 4 mesi: ottobre, febbraio e giugno. Tutti i soci della SISE la ricevono gratuitamente in forma cartacea. Inoltre, è disponibile in forma elettronica presso il sito internet della società: http://www.sisenet.it Pubblicazione quadrimestrale della Società Italiana degli Storici dell’Economia Direttore Responsabile: Giovanni Luigi Fontana Autorizzazione del Tribunale di Padova Tip.: CLEUP scarl, via Belzoni 118/3, Padova. Tel. 049 65 02 61