4 La decostruzione

Transcript

4 La decostruzione
4 La decostruzione
4.1 Introduzione
Come visto nei capitoli precedenti, lo sviluppo di internet sta generando grandi
cambiamenti nelle imprese. Operare in ottica di network in molti casi è ormai
una necessità per poter competere. Per riuscire a godere di un vantaggio
competitivo, bisogna interpretare il cambiamento in corso in modo ampio e
completo, analizzando le implicazioni strategiche di quel processo di
“unbundling”1 già delineato da Hagel e Singer (1999). Si tratta, cioè, di
comprendere la riorganizzazione a cui vanno incontro le industrie per effetto
della diminuzione dei costi di interazione (o transazione secondo Coase).
Le possibilità offerte dalle reti elettroniche, unite alla sempre maggiore capacità
elaborativa dei computer, permettono alle imprese di comunicare in modo più
rapido ed efficace. Attività considerate il fulcro del proprio business vengono
esternalizzate per essere svolte da operatori specializzati in quella determinata
funzione. La catena del valore viene riconfigurata per dare origine a nuove e
originali fonti di vantaggio competitivo.
1
Letteralmente slegare, scartare.
121
4.2 I prerequisiti al cambiamento
In questo paragrafo si vuole discutere di quei fenomeni, già in parte analizzati in
precedenza, che stanno modificando sensibilmente l’arena competitiva:
-
La legge di Moore e le sue implicazioni
-
L’importanza delle osservazioni di Metcalfe
-
La sempre più accentuata diminuzione dei costi di transazione.
4.2.1 La legge di Moore
Tra i concetti che danno dimensione al fenomeno digitale, la legge di Moore è
sicuramente quello più affascinante. Negli anni ’70 Gordon Moore, fondatore
della Intel, osservò come fosse possibile da parte degli ingegneri che lavoravano
per lui, progettare microchip di dimensioni sempre più ridotte. Ciò grazie alle
evoluzioni delle tecniche di miniaturizzazione sempre più raffinate e che
lasciavano presagire un proficuo futuro lungo quella strada.
Disporre di processi produttivi di altissima precisione significa poter condensare
sulla stessa superficie sempre più transistor, il cui numero aumenta secondo una
ragione geometrica. Impianti produttivi all’avanguardia permettono, poi, di
ridurre i costi di produzione.
Da queste considerazioni deriva la legge di Moore: ogni diciotto mesi la potenza
di elaborazione dei processori raddoppia mentre il loro costo rimane costante.
122
Figura
4.1: la
legge di
Moore
Fonte:
Downes,
Mui
(1998)
Ciò significa che la quantità di informazioni che possono essere elaborate cresce
sempre di più, ma con costi comunque contenuti. Microprocessori sempre più
piccoli vengono installati sulle apparecchiature più diverse; grazie al loro basso
costo e alla loro versatilità, sono presenti in quasi tutti gli apparecchi sofisticati
che oggi utilizziamo. Il funzionamento delle lavatrici che attualmente ci sono in
commercio è governato da un microprocessore che coordina tutte le principali
funzioni. Le automobili hanno una quantità tale di processori che, messi insieme,
eguagliano la potenza di calcolo dei moderni computer. Gli esempi possono
essere molti ma ciò che è alla base di tutto ciò è l’enorme capacità elaborativa
oggi a disposizione a basso costo.
La legge di Moore si adatta, anche se con crescite differenti, ad altri aspetti
connessi all’era digitale. Le memorie su cui vengono immagazzinati i dati
all’interno di un computer hanno subito un decremento di prezzo simile a quello
dei processori. Oggi è infatti possibile acquistare unità di memorizzazione di dati
con capacità fino a cinque anni fa impensabile ed a prezzi sensibilmente inferiori.
123
Lo stesso discorso può essere esteso al trasferimento dei dati. La larghezza di
banda2 a disposizione degli utenti permette di condividere informazioni ed
applicazioni molto complesse. Grande attenzione da parte del pubblico e delle
società fornitrici di servizi di connessione, viene posta sulla diffusione dei
collegamenti in fibra ottica che offre in modo esteso ed a costi contenuti
l’accesso alla banda larga. Questi collegamenti sono così veloci da permettere
“ad una fibra ottica delle dimensioni di un capello di trasmettere tutti i numeri del
Wall Street Journal finora pubblicati in meno di un secondo”[Negroponte, 1995].
2
Quantità di informazioni trasmissibili nell’unità di tempo.
124
4.2.2 L’equazione di Metcalfe
Secondo questa brillante intuizione elaborata da Robert Metcalfe3, l’utilità che
deriva dall’adottare una particolare tecnologia o una sua specifica applicazione,
dipende dal numero di utenti che ne condividono l’utilizzo. Più precisamente
l’utilità cresce in ragione quadrata rispetto agli utilizzatori. Per spiegare questo
concetto si prenda l’esempio del telefono per il quale, l’utilità che se ne ricava,
dipende dal numero di persone che lo usano. Più sono cioè i collegamenti
possibili all’interno di questo network comunicativo, maggiore è il beneficio che
lo strumento offre. Se due sole persone avessero il telefono, io sarei restio ad
installarne uno in casa poiché potrei mettermi in contatto con pochi altri
individui. Oggi, invece, la diffusione del telefono è tale che è possibile
comunicare con miliardi di persone in qualsiasi istante; l’utilità che ne deriva è
quindi enorme.
La figura 4.2 schematizza quanto detto.
Figura 4.2: la
legge di
Metcalfe
Utilità
Utilità =Utenti2
Punto di
massa critica
Fonte:
adattamento
da Downes,
Mui (1998)
Utenti
3
Un aneddoto racconta che Robert Metcafe, fondatore della 3Com Corporation, ha elaborato queste
conclusioni al fine di vendere periferiche per la connessione in rete. La sua intenzione era dunque quella
di vendere schede di rete, e non quella di offrire una spiegazione ai fenomeni di diffusione delle
tecnologie.
125
Queste osservazioni ci sono utili anche per giustificare il fenomeno della massa
critica. Vi è un punto nella curva in cui il numero di utenti è tale che l’utilità
subisce una forte espansione: comunemente chiamato punto di massa critica, esso
corrisponde al cambiamento di pendenza della curva. Accade qui che la
diffusione dell’innovazione è talmente elevata che lo svantaggio della non
adozione è molto alto, condizionando ulteriori fenomeni espansivi.
La storia di internet è stata notevolmente influenzata da questi aspetti. Quando,
infatti, la rete ha raggiunto un livello tale di diffusione da diventare un efficace
strumento di comunicazione, ha conosciuto un livello di espansione che nessuna
nuova tecnologia aveva mai affrontato.
126
4.2.3 I costi di transazione
L’analisi dei costi di transazione, ci permette di dare una risposta al perché le
imprese esistono.
A questo problema si è dedicato Ronald Coase che nel 1937 pubblicò il celebre
articolo The Nature of the Firm. In tale articolo l’autore cerca di dare una
spiegazione alla nascita delle imprese come soluzione alternativa al mercato. Il
suo lavoro va però ben oltre, in quanto cerca di giustificare il perché diverse
imprese abbiano dimensioni spesso completamente opposte, pur competendo
nello stesso mercato.
Coase trova risposta a queste domande nella “scoperta” dei costi di transazione.
Questi rappresentano quei costi che l’impresa deve sostenere nel caso decidesse
di rivolgersi al mercato per l’acquisto di un certo prodotto come alternativa alla
produzione interna.
Ve ne sono sei tipi principali:
-
Costi di ricerca: vengono sostenuti con lo scopo di trovare la controparte
adeguata per una determinata transazione;
-
Costi di informazione: si riferiscono all’ottenimento di informazioni
relative alla controparte, quali situazione finanziaria, natura del prodotto
venduto, etc;
-
Costi di contrattazione: venditore e compratore devono stabilire le
condizioni di vendita attraverso incontri, telefonate, riunioni, etc.,
sostenendo cioè dei costi potenzialmente elevati;
-
Costi di decisione: riguardano la decisione ultima di vendita/acquisto e
quindi di confronto tra differenti offerte;
-
Costi di verifica e sorveglianza: si sostengono affinché vi sia certezza che
la controparte non venga meno agli accordi presi;
127
-
Costi d’esecuzione forzata: si hanno qualora una delle controparti non
adempia completamente ai propri obblighi e l’altra voglia far valere i
propri diritti (attraverso, ad esempio, un’azione legale).
I costi di transazione variano molto in natura ma il concetto di base rimane
sempre lo stesso: devono essere sostenuti affinché il mercato possa essere
un’alternativa alla produzione interna, caso nel quale tali costi sono contenuti
poiché la finalità della transazione è univoca (ottimizzazione delle risorse
dell’impresa) e non doppia (venditore e compratore vogliono ottimizzare allo
stesso momento le loro risorse). La decisione di rivolgersi al mercato può essere
svolta comparando i costi di transazione con i costi che si dovrebbero sostenere
per la produzione interna: se i primi sono maggiori dei secondi, si preferirà
internalizzare la produzione; viceversa la soluzione del mercato sarà preferita. Da
qui la seconda importante conclusione di Coase: l’impresa raggiunge quella
dimensione tale per cui i due costi si equivalgono.
Internet è uno strumento potenzialmente molto importante nella riduzione dei
costi di transazione: basti pensare alla quantità di informazioni che si riescono ad
ottenere navigando in rete circa la controparte di una transazione; così facendo la
decisione di concludere o meno un affare viene presa più facilmente e a minori
costi. Se tali costi decrescessero, insieme a loro diminuirebbe necessariamente la
dimensione ottima di un’impresa.
128
4.3 I fondamenti dell’economia digitale
La legge di Moore, l’equazione di Metcalfe e l’analisi dei costi di transazione,
permettono di delineare il quadro di grande cambiamento che internet sta
generando: la sempre maggiore capacità di ottenere ed elaborare informazioni,
l’aumento esponenziale dell’utilità dell’interconnessione e la diminuzione dei
costi di transazione stanno modificando sensibilmente il modo di fare business.
Si parla così sempre più di economia digitale e dei fondamenti di base a tale
economia.
Valdani (2000) ne individua quattro:
-
Separazione tra economia “fisica” ed economia “virtuale”;
-
Superamento del trade-off tra ampiezza e profondità;
-
Interconnessione elettronica;
-
Internet come protocollo standard, aperto ed universale.
Figura 4.3: i
fondamenti
dell’economia
digitale
Fonte:
Valdani
(2000)
Internet: protocollo
standard, aperto e
universale
Superamento del
trade-off
reach/richness
Separazione
dell’economia delle
cose dalle economie
della conoscenza e
dell’informazione
Interconnessione
elettronica di
cose, persone,
istituzioni, paesi
129
4.3.1 Le catene del valore reale e virtuale
Il flusso dei beni fisici e quello delle informazioni sono spesso stati interpretati
come una sola entità: l’oggetto fisico è stato per molto tempo il miglior veicolo
per trasportare le informazioni ad esso collegate.
Nell’antichità per osservare le piramidi d’Egitto, bisognava recarsi in quei
luoghi, allora remoti. Attualmente è sufficiente osservare delle fotografie, o
meglio ancora un filmato, per ottenere informazioni circa l’aspetto e la
magnificenza di quelle costruzioni. Oggi, quindi, la situazione è radicalmente
mutata, tanto da riconoscere una netta distinzione tra flusso fisico e flusso
informativo: si influenzano a vicenda ma seguono logiche profondamente
diverse, dovute ai differenti vincoli che le caratterizzano.
Un flusso logistico tradizionalmente inteso è visto come un susseguirsi
ordinato e senza soluzione di continuità di fasi: l’output di quella precedente è
l’input di quella successiva, e così via. Questa è una catena in cui la nostra
attenzione si focalizza sull’oggetto che in quel momento viene prodotto,
relegando in secondo piano l’insieme di informazioni che lo circondano.
Evans e Wurster (2000) propongono un differente modo di intendere questa
relazione: non bisogna focalizzarsi sull’oggetto, ma sull’informazione che con
l’oggetto viene trasmessa. Vengono infatti identificati due flussi ben distinti:
quello informativo, che determina il susseguirsi ed il compiersi ordinato delle
fasi, e quello fisico, con il vero e proprio intervento manipolativo sugli oggetti, in
corrispondenza delle informazioni recepite. Come detto, questi due flussi sono da
sempre stati strettamente legati: nel momento in cui si offre l’output alla fase
successiva, si trasferiscono le informazioni circa cosa, quanto e, soprattutto,
come si è prodotto.
La figura 4.4 mostra schematicamente questo rapporto simbiotico.
130
Figura 4.4: la
catena del
valore
tradizionale
Cose
+
conoscenza
Cose
+
conoscenza
Cose
+
conoscenza
Fonte:
Valdani
(2000)
La fase successiva a questo modo di intendere la catena del valore, nasce dalla
possibilità di condividere parte delle informazioni con l’esterno. L’informazione,
cioè, non è più esclusiva della fase a valle, ma può essere condivisa, in modo più
o meno ampio, dall’esterno.
In questo caso l’informazione si separa dal flusso fisico, che comunque continua
a determinarne l’esistenza, per poter essere manipolata al fine di garantire una
ottimizzazione del flusso fisico stesso. Un esempio di questa possibilità è il
servizio che viene offerto dai corrieri espressi, i quali monitorano una spedizione
per conoscere con precisione lo stato di avanzamento della consegna.
In figura 4.5 viene descritta questa possibilità.
131
Figura 4.5:
catena fisica e
virtuale
dissociata ma
integrata
Cose
Cose
Cose
Flusso
fisico
Informazioni
Informazioni
Informazioni
Flusso
informativo
Divulgazione
informazioni
Fonte:
adattamento
da Valdani
(2000)
Oggi siamo abituati ad operare secondo questo schema. È il passo successivo che
segna una rivoluzione imponente, i cui sintomi si sono manifestati da tempo ma
che sono sempre passati inosservati; o meglio, non sono stati interpretati secondo
un diverso punto di vista che ne avrebbe chiarito anzitempo il reale valore.
Oggi si tende sempre più a gestire in modo separato le due catene del valore
(figura 4.6); esse continuano infatti ad influenzarsi a vicenda, ma le regole
competitive che le caratterizzano sono estremamente diverse e spesso
incompatibili.
Figura 4.6:
catene reale e
virtuale
dissociate
Flusso
fisico
Cose
Informazioni
Cose
Informazioni
Fonte:
adattamento
da Valdani
(2000)
Cose
Informazioni
Flusso
informativo
132
4.3.2 Il trade-off tra ampiezza e profondità
In un’economia tradizionale in cui le informazioni sono incorporate nel mezzo
fisico, queste seguono una legge da cui non si può prescindere: vi è un trade-off
tra la profondità delle informazioni offerte e l’ampiezza del pubblico raggiunto
[Evans e Wurster, 1997].
Tale trade-off è facile da intuire: la profondità (in inglese richness) indica la
qualità dell’informazione percepita dall’utente; l’ampiezza (reach) indica quale è
il numero di persone a cui tali informazioni sono destinate. In un’economia in cui
cose ed informazioni sono strettamente interconnesse, non è possibile offrire
informazioni approfondite ad un numero ampio di persone a causa delle
limitazioni che il mezzo fisico impone. Un mensile di attualità, non può
contenere informazioni dettagliate su tutti gli avvenimenti accaduti; dovrà,
infatti, effettuare dei compromessi tra notizie da inserire e dimensioni del
giornale. A seconda del pubblico di riferimento, verranno fatte queste scelte.
Questo trade-off vale anche per le catene logistiche. Il numero di potenziali
controparti in una transazione è inversamente proporzionale alla qualità
informativa che ci si attende.
La figura 4.6 mostra la curva sulla quale effettuare compromessi tra reach e
richness.
133
Figura 4.7: il
trade-off tra
profondità e
ampiezza delle
informazioni
Richness
Profondità
delle
informazioni
Trade-off
tradizionale
Reach
Ampiezza dell’audience
raggiunta
Fonte: Evans
e Wurster
(1997)
Il trade-off genera in qualsiasi contesto di riferimento delle asimmetrie
informative: chi ha un accesso privilegiato ad una fonte informativa gode di un
vantaggio competitivo molto elevato poiché può sfruttare a proprio favore il
trade-off che si genera. Se però tale canale privilegiato viene reso accessibile a
tutti, l’asimmetria scompare e con lei il trade-off. Questo è ciò che sta
cominciando ad avvenire: attraverso i canali informativi digitali si ha accesso ad
una quantità tale di informazioni che l’asimmetria informativa viene molto
ridimensionata. Ne sono un esempio i numerosi negozi online4: l’offerta di
prodotti è ampia e virtualmente infinita (elevata reach), e le informazioni messe a
disposizione dei clienti sono abbondanti e complete (elevata richness).
4
Si pensi ad esempio ad Amazon.com: considerando il solo reparto libri, gode di una varietà di titoli di
molte volte superiore a quella del più grosso rivenditore off line (Barnes&Noble). Vengono, poi, messi a
disposizione dei potenziali acquirenti strumenti per la valutazione dei titoli, quali ad esempio le
recensioni.
134
La figura 4.7 mostra la nuova curva di riferimento del trade-off.
Figura 4.8: la
dissoluzione
del trade-off
Richness
Profondità
delle
informazioni
Nuova economia
Reach
Ampiezza dell’audience
raggiunta
Fonte:
Valdani
(2000)
Due sono le forze che permettono di dissolvere il trade-off: l’esplosione
dell’interconnessione e l’adozione di standard informativi comuni.
135
4.3.3 L’interconnessione estesa
Il fenomeno dell’interconnessione è già stato affrontato nel primo capitolo.
Internet, il principale strumento dell’interconnessione, è estesa a tutto il pianeta e
sono sempre di più le famiglie che si dotano di un computer per poter usufruire
dei suoi servizi. Se da una parte la penetrazione della rete è sempre più elevata,
dall’altra le velocità di collegamento stanno aumentando sempre di più. Velocità
ed interconnessione estesa permettono, inoltre, di ottenere informazioni sempre
più complesse e personalizzate, riducendo in tal modo l’asimmetria informativa
di cui prima si parlava.
4.3.4 Gli standard universali
Perché l’interconnessione manifesti tutte le sue potenzialità, è necessario che
esistano standard comuni. Il raggiungimento di questo obiettivo permette di
modificare notevolmente il paradigma del trade-off: se gli utenti non hanno la
possibilità di utilizzare strumenti comuni di comunicazione, l’interconnessione
viene ridimensionata nella sua importanza.
I canali elettronici esclusivi sono sempre più soppiantati da sistemi aperti; le reti
private cedono il passo a quelle pubbliche che, anche se inizialmente meno
performanti, offrono piattaforme più solide per gli sviluppi futuri. La possibilità
di condividere la stessa struttura comunicativa è essenziale affinché ampiezza e
profondità vengano perseguite contemporaneamente.
Nello sviluppo degli standard, il concetto di massa critica assume molta
importanza. Rifacendoci alla legge di Metcalfe, nel momento in cui lo standard
viene utilizzato da un numero sempre maggiore di persone, l’utilità del suo
utilizzo cresce esponenzialmente al superamento della massa critica.
Sul concetto di standard si tornerà ampiamente nel seguito della trattazione.
136
4.4 La decostruzione
“La decostruzione consiste nella frammentazione e nella riformulazione delle
strutture tradizionali di business”. [Evans e Wurster, 2000]
Viene determinata dall’influsso di due forze precedentemente analizzate: la
separazione tra la catena del valore reale e quella virtuale, e il superamento del
trade-off tra profondità ed ampiezza, reso possibile dall’interconnessione estesa e
dall’utilizzo di standard tecnologici e comunicativi.
Il fenomeno decostruttivo coinvolge tutti gli aspetti di business tradizionali: la
composizione delle catene del valore, le catene logistiche, le strutture
organizzative, i rapporti con i consumatori. Nel momento in cui i vincoli di reach
e richness vengono superati, non vi è più la necessità di accorpare nuove unità
all’interno della propria struttura, ma diventa maggiormente vantaggioso ridurla
al fine di massimizzare la creazione del valore in quelle fasi che definiscono il
core business. Le forze che tengono insieme l’impresa vengono meno (i costi di
transazione diminuiscono…), disaggregandola per poi ricombinarla diversamente
in nuove strutture di business. Tutto ciò grazie al supporto tecnologico che rende
possibile “virtualizzare” le catene del valore al fine di integrarle più
liberamente tra di loro.
Queste nuove realtà saranno espressione delle logiche distinte che governano
cose e informazioni, non più soluzioni di compromesso.
137
4.4.1 Un esempio di decostruzione: il settore dell’intermediazione
finanziaria
Non necessariamente tutti i settori saranno influenzati da questa rivoluzione in
tempi brevi. Alcuni, comunque, già manifestano i sintomi del cambiamento. Tra
questi, il settore dell’intermediazione finanziaria è sicuramente quello in cui
queste forze agiscono più pesantemente.
Il modello di business tradizionale di una banca prevede un’integrazione della
catena del valore sia orizzontalmente che verticalmente: i beni/servizi offerti
sono prodotti ed erogati secondo una comune base di riferimento. Ciò comporta
notevoli investimenti con conseguenti forti economie di scala, da cui deriva il
vantaggio competitivo.
La condizione centrale affinché l’intermediazione finanziaria sia redditizia è la
creazione di un rapporto privilegiato con il cliente: alcuni prodotti vengono
addirittura venduti sottocosto (ad esempio i conti bancari in cui il titolare versa
pochi liquidi) al fine di garantirsi la fiducia della clientela; i margini elevati di
altri tipi di prodotti (tipicamente d’investimento) concorrono a creare gli utili. In
questo quadro si inserisce l’home banking. Attraverso questo strumento le
banche possono tagliare quei costi fissi relativi alla creazione di una rete
distributiva capillare sul territorio. Se ciò da una parte è vantaggioso, dall’altra
comporta dei rischi elevati per la banca stessa. Uno strumento di questo tipo,
infatti, dà accesso ai clienti ad una serie di informazioni che prima la banca
deteneva gelosamente e su cui costruiva il suo potere contrattuale5. Non solo:
oggi vi sono in commercio software6 in grado di scavalcare completamente
l’interfaccia offerta dalla banca, offrendo una gestione della finanza personale
integrata. Questo non piace alle banche perché vengono escluse da importanti
fonti di reddito, quale appunto la gestione finanziaria personale.
5
6
Attraverso fenomeni di asimmetria informativa.
Software di questo tipo sono Money della Microsoft e Quicken della Induit.
138
Questo processo di decostruzione è alimentato dalla creazione di standard di
riferimento per la descrizione dei servizi finanziari offerti. In questo modo la
comparazione dei servizi bancari risulta ancora più veloce ed efficace ed avvicina
sempre di più il cliente alle fonti informative a maggiore valore aggiunto.
Il cliente si trova però a disposizione una quantità tale di servizi che risulta
difficile scegliere quello più adatto alle proprie esigenze. Per questo motivo
stanno già sorgendo degli agenti specializzati che offrono servizi di navigazione
affinché il consumatore venga indirizzato verso la migliore soluzione possibile.
La figura 4.9 mostra il modello di retail banking integrato mentre la 4.10 quello
decostruito.
Figura 4.9:
retail banking
tradizionale
Strutturazione e confezionamento del prodotto
(mutui, assicurazioni, investimenti, etc.)
Svolgimento delle transazioni ed emissione degli estratti conto
(mainframes)
Vendita al dettaglio e distribuzione
(sportelli automatici, numeri verdi, cassieri)
Clienti
Fonte: Evans,
Wurster
(1997)
139
Figura
4.10:retail
banking
decostruito
Fonte: Evans
e Wurster
(1997)
Nella figura 4.10 si nota come il cliente possa accedere ai servizi finanziari
attraverso accessi differenti. La gestione dei propri fondi, ad esempio, può essere
ottenuta attraverso un software installato sul proprio personal computer, come ad
esempio Quicken della Intuit; questo, si connette automaticamente a siti di
trading quali SchwabOne al fine di concludere le transazioni ritenute più
opportune. In alternativa, il cliente potrebbe telefonare al proprio consulente
finanziario il quale si occuperà di effettuare operazioni finanziarie.
140
4.4.2 La “smediatura”7 del vantaggio competitivo
In un’economia tradizionale, il vantaggio competitivo di un’impresa è ottenuto
come media dei vantaggi competitivi delle singole fasi della catena del valore. Il
processo di decostruzione invece, sgretolando queste catene, non permette più di
competere su delle medie ma pone in risalto la competitività di ogni singola fase.
Che questo sia un vantaggio o un pericolo per le aziende dipende da molti aspetti.
Una fase che non produce valore, invece che rallentare l’intera struttura, può ad
esempio essere decostruita verso chi all’esterno riesce a svolgerla a costi minori.
Questo fenomeno è già presente da tempo: la pratica dell’outsourcing è una realtà
ormai consolidata. La decostruzione va però ben oltre il taglio dei costi e non
coinvolge solo attività di supporto non considerate centrali all’impresa. “La
decostruzione permette una separazione delle attività senza precedenti, incluse
alcune che le imprese vedono come tasselli centrali della loro identità. Riduce in
pezzi industrie con strutture tradizionali, distrugge vecchi business e ne crea di
nuovi” [Evans, 1998].
La “smediatura” impone grossi cambiamenti dal punto di vista strategico. Nei
business tradizionali prosperano e sopravvivono imprese che in certe fasi della
catena del valore raggiungono prestazioni poco competitive che vengono
mascherate da altre che invece garantiscono vantaggi competitivi importanti. In
ambiti decostruiti, al contrario, le imprese competono in mercati ben più definiti
e ristretti che riducono necessariamente le fonti di vantaggio competitivo. Ci
sono così meno opportunità per vincere.
La “smediatura” non ha influenza solo sui singoli elementi della catena del
valore. Essa coinvolge, infatti, il rapporto che in ogni fase s’instaura tra la catena
reale e quella virtuale. Grazie all’avvento dell’interconnessione e di standard
universalmente accettati, questo rapporto viene sempre più sgretolato:
7
il termine “smediatura” è un neologismo che sta ad indicare il processo inverso dell’effettuare una
media tra degli elementi.
141
l’economia delle cose e quella delle informazioni si separano per seguire logiche
completamente diverse. Quella fisica vuole ottimizzare, ad esempio, le
consistenze a magazzino. Quella informativa incrementa il più possibile l’offerta.
Soluzioni basate su internet consentono di ottenere questo risultato. Si ricordi
ancora una volta Amazon: essa eccelle sia dal punto di vista logistico che
dell’offerta, grazie ad una netta separazione tra le due attività.
I rischi della “smediatura” sono elevati: modificare radicalmente la fonte di
vantaggio competitivo può avere delle conseguenze disastrose per chi non è
rapido al cambiamento e per chi fa della “media” il suo vantaggio competitivo.
Chi non riuscirà ad eccellere in ogni singola fase, sarà destinato ad affrontare una
dura competizione su più fronti da parte di operatori altamente specializzati.
Vi sono tre possibilità che le imprese hanno per evitare i rischi della
decostruzione e per coglierne le opportunità [Evans, 1998]:
-
Possono riconoscere la fonte del loro vantaggio competitivo e di quello
dei diretti o indiretti concorrenti;
-
Possono autonomamente e in anticipo sugli altri cercare risposte alle
potenziali minacce;
-
Possono esaminare le loro barriere interne al successo. Se in passato ciò
significava cannibalizzare i propri prodotti per dare maggiori opportunità
ad altri, in un ambito decostruito ciò significa cannibalizzare interi
business model.
142
4.4.3 Le strategie decostruttive8
La separazione tra economia delle cose e delle informazioni sta dando vita a due
strategie che le imprese in generale possono perseguire.
La prima si riferisce alla possibilità di orchestrare le parti che compongono la
catena del valore piuttosto che possederle. Questo approccio strategico va sotto il
nome di “orchestrator” [Edelman, 1998]. Ciò è reso possibile in differenti
modi: il godere di un brand molto forte, il controllo su informazioni critiche, la
capacità di organizzare imprese secondo modelli di network. È possibile definire
come interno (o anche verticale) questo modo di decostruire la catena del valore:
attività precedentemente svolte internamente vengono esternalizzate per potersi
concentrare su quelle a maggiore valore aggiunto o semplicemente per dedicarsi
al coordinamento della catena del valore. Molte imprese leader mondiali nel
proprio settore si sono avvalse di questo approccio: Nike, Dell Computer, Cisco
System, sono solo alcuni dei molti esempi di aziende che eccellono a livello
mondiale. Se orchestrare può essere estremamente vantaggioso, d’altro canto
comporta dei notevoli rischi, primo fra tutti quello di essere imitati dai
concorrenti. Per questo motivo la forza trainante dell’orchestrator deve essere la
capacità di gestire efficacemente gli anelli di catene sempre più complesse.
La possibilità di decostruirsi internamente va oltre le scelte di outsourcing,
poiché è una precisa scelta strategica potenzialmente molto profittevole ma
altrettanto difficile da mantenere e poiché non si riferisce solo ad attività poco
determinanti ma anche a quelle che costituiscono il core business.
La figura 4.11 mostra come l’orchestrator opera.
8
Il punto centrale di riferimento nella trattazione di questi temi è la catena del valore. I termini “interno”
ed “esterno” sono da intendersi, appunto, riferiti alla catena del valore. Una strategia “interna” ha per
oggetto gli anelli che la compongono; quella “esterna” ha per oggetto, invece, le relazioni che si
instaurano tra una catena del valore e delle altre all’interno delle quali si integra.
143
Figura 4.11:
orchestrator
Orchestrator
Partner esterni
Catena del
valore
decostruita
La seconda possibile strategia consiste nel governare al meglio una singola fase
della catena del valore. Piuttosto che coordinare la catena del valore nel suo
complesso, alcune imprese preferiscono specializzarsi nello svolgimento di una
specifica attività che metteranno a disposizione di differenti orchestrator. Per
questo motivo questa strategia può essere definita esterna (o orizzontale).
Edelman (1999) la chiama “governo di livello”, esaltandone la caratteristica di
essere trasversale nei confronti delle differenti catene del valore in cui si
inserisce.
Affinché sia possibile che uno di questi livelli si crei, un’ attività deve essere un
input chiave di una o più catene del valore; deve inoltre essere altamente
modulare per dare flessibilità di adattamento in contesti di applicazione
potenzialmente molto diversi tra loro.
144
Per ottenere invece dei ritorni positivi, l’impresa deve creare un vantaggio
competitivo stabile nei confronti di concorrenti attuali e potenziali. Una delle
possibili alternative è quella di creare degli standard di settore che mettano
l’impresa in una posizione di dominio informativo. Un’altra alternativa è quella
di creare nuovi mercati dove non ne esistono, alimentando nuova decostruzione e
cambiando il modo in cui un intero settore opera.
Una volta raggiunta una posizione di dominio nella gestione di quel livello,
l’impresa deve preoccuparsi di difenderla. L’avvento di nuovi standard e la
nascita di nuove killer app, possono minare posizioni ritenute più che solide. Il
modo migliore per difendere un livello è estenderlo a più settori possibili al fine
di godere di economie di scala sempre più consistenti.
La figura 4.12 chiarisce questa scelta strategica.
Figura 4.12:
governo di
livello
Catena del
valore
impresa A
Catena del
valore
impresa B
Impresa che governa
un livello
145
Catena del
valore
impresa C
4.4.4 Oltre le strategie verticali ed orizzontali: l’enhanced network
Come visto le due scelte strategiche relative alla decostruzione, propongono due
modi diversi di integrarsi nella catena del valore. Una, quella interna (o
verticale), si riferisce al coordinamento di attività svolte da chi, invece, propone
una decostruzione esterna (o orizzontale). La naturale evoluzione di tale
situazione si ha qualora il governo di un livello venga ottenuto mediante
un’attività di coordinamento incentrata su una porzione della catena del valore
che altri orchestrator si preoccuperanno di completare organizzando le relazioni
tra i differenti livelli.
Si configurano così dei network estesi (detti anche enhanced network) in cui gli
operatori sono decostruiti sia verticalmente (ricostruiscono catene del valore al
loro interno) che orizzontalmente (si integrano in modo modulare in più catene
del valore).
La figura 4.13 ne mostra una schematica rappresentazione.
Figura 4.13: i
network estesi
Catena del
valore
impresa B
Catena del
valore
impresa A
Orchestrator
146
4.4.5 La decostruzione delle catene logistiche
Le considerazioni finora fatte per le catene del valore, possono essere estese ai
rapporti logistici che si instaurano tra fornitori e clienti. Il fatto che queste attività
abbiano carattere prettamente fisico non comporta l’assenza di contributi
informativi. Anzi, governare flussi fisici necessita di saper gestire sopratutto
informazioni: se le indicazioni in merito ad approvvigionamenti e forniture
fossero imprecise od incomplete, l’intero sistema logistico collasserebbe. Il tradeoff tra profondità ed ampiezza è quindi presente dando perciò adito a fenomeni
decostruttivi.
Per ciò che riguarda l’interconnessione, i rapporti logistici godono da tempo di
soluzioni di questo tipo come ad esempio l’EDI, ed a questi sistemi chiusi si
stanno inoltre affiancando connessioni più versatili ed estese basate su protocollo
internet TCP/IP.
Ciò che invece può condurre maggiormente alla decostruzione ha carattere
prettamente strategico: utilizzare l’interconnessione per creare degli standard
[Evans e Wurster, 2000]. A livello industriale gli standard sono molto difficili da
creare poiché richiedono investimenti consistenti e poiché il raggiungimento
della massa critica è molto lento; una volta stabiliti, però, il vantaggio che se ne
trae è elevato. Basti pensare alla facilità con cui si riuscirebbe a selezionare il
partner più adeguato per una determinata fornitura se fosse possibile effettuare
delle ricerche sfruttando database opportunamente strutturati mediante l’utilizzo
di standard condivisi. Si potrebbe venir meno alla necessità di instaurare
comunicazioni di tipo gerarchico. Oggigiorno le informazioni scorrono secondo
dei percorsi ben definiti tra fornitori e clienti: un fornitore difficilmente comunica
con altri fornitori della stessa catena logistica a lui non prossimi. Invece,
attraverso l’interconnessione e, soprattutto, l’utilizzo di standard, è possibile
rompere la gerarchia informativa e dialogare con tutti coloro che concorrono alla
147
formazione di una catena logistica. Il sistema ANX9 è un’applicazione di questi
concetti. In figura 4.14 è schematizzato il funzionamento di questo tipo di rete in
opposizione ad approcci di tipo tradizionale.
9
Acronimo di Automotive Network Exchange, è un network sponsorizzato da importanti case
automobilistiche americane, al fine di garantire maggiore efficienza nei rapporti di fornitura.
148
Figura 4.14:
confronto tra
interconnessione
diretta e Anx
Fornitori
di III
livello
Canali tradizionali
di comunicazione
gerarchica
Fornitori
di II
livello
Fornitori
di I
livello
Produttore
Produttore
Fornitore
Comunicazione
universale diretta
tramite Anx
Fornitore
Fonte: Evans,
Wurster (1997)
149
4.4.6 Le implicazioni della decostruzione
Per concludere quanto detto circa la decostruzione, è utile schematizzare le
implicazioni competitive che questa comporta. Stern (1998) ne individua otto:
-
Le definizioni tradizionali di business e settori diventano obsolete, e con
queste anche quelle di concorrenti, fornitori e clienti;
-
Il vantaggio competitivo viene “mediato”;
-
I vantaggi lungo l’intera catena del valore cessano di avere significato per
dare importanza a quelli tipici di ogni livello;
-
Le strategie orizzontali di livello diventano possibili alternative
all’integrazione verticale;
-
L’allocazione delle risorse di livello richiede nuovi modi di valutazione
degli investimenti;
-
I confini delle imprese diventano labili e più permeabili;
-
Il potere contrattuale dei clienti diventa maggiore a causa della
condivisione sempre più estesa delle informazioni;
-
Gli intermediari che traggono valore dal controllo di un nodo nel flusso
informativo sono vulnerabili alla disintermediazione.
150
4.5 La standardizzazione delle informazioni: un modello d’analisi
Come visto, la standardizzazione delle informazioni è uno degli aspetti che più
incidono sulla decostruzione delle catene del valore e delle catene logistiche.
Sono sempre di più gli sforzi che imprese ed organismi di standardizzazione
fanno in questa direzione. Tutto questo interesse è giustificato dai ritorni positivi
che l’affermazione di strumenti condivisi di comunicazione significherebbe sia
per chi li sviluppa, che può godere di un vantaggio conoscitivo degli stessi, sia
per chi li implementa, per il potenziale abbattimento dei costi ed incremento
dell’integrazione coi partner.
Il concetto di standardizzazione delle informazioni è però molto ampio. In senso
allargato associamo al termine informazione un qualsiasi rapporto comunicativo.
Se vogliamo invece affrontare più nel dettaglio l’oggetto della comunicazione, ci
accorgiamo di poterlo classificare secondo tre diverse dimensioni, a seconda
dell’ampiezza che si vuole dare alla comunicazione.
Si potrà quindi parlare di trasmissione di dati, comunicazione di informazioni e
condivisione di conoscenza.
4.5.1 La catena dati – informazioni - conoscenza
La natura di questi tre concetti e le relazioni che li legano sono di grande
interesse in quanto adottati nei modelli di analisi che verranno proposti. Bisogna
innanzitutto dire che tra questi sussiste un rapporto gerarchico: i dati sono alla
base delle informazioni, e quest’ultime della conoscenza. Altra precisazione
riguarda il fatto che non vi è un’univoca definizione adottabile, soprattutto per
ciò che riguarda la conoscenza, a causa delle diverse interpretazioni a cui questi
argomenti possono essere soggetti.
151
4.5.1.1 I dati.
Quello dei dati è di sicuro l’argomento di più facile trattazione. Possono essere
definiti come la materia grezza con cui strutturare la comunicazione. I dati in sè
hanno uno scarso significato; non ci danno spiegazioni dei fenomeni che
vogliamo analizzare ma ci danno gli strumenti (la materia grezza) per farlo. Si
prenda ad esempio il caso di una persona che si rechi a cena in un ristorante: i
dati che si possono ottenere sono relativi a ciò che ha mangiato, in che ordine,
come ha pagato il conto (se in contanti o con la carta di credito), a che ora, e via
dicendo. Come è subito chiaro non si ottengono considerazioni in merito al fatto
che il cliente abbia o meno gradito la cena poiché attraverso i dati così come
vengono proposti (e cioè senza rielaborazione) non è possibile dedurlo.
I dati possono essere suddivisi in due tipi: dati strutturati e non. I primi sono
rappresentati generalmente dai database: vengono cioè proposti con una struttura
ben precisa che ne favorisce la consultazione. Ma anche i documenti scritti e le
pagine Web contengono dati (nella misura in cui si considerano le singole parole
e non i concetti espressi) che però assumono una forma non strutturata.
4.5.1.2 Le informazioni
Come visto i dati non hanno un grande significato presi singolarmente. Quando
invece vengono messi in relazione tra di loro per trasmettere un significato allora
diventano informazioni. Detto diversamente: le informazioni sono dati dotati di
pertinenza e di scopo. Quindi dalla grande massa di dati che continuamente ci
sommerge, noi, ponendo in relazione quelli che più ci interessano, riusciamo a
generare informazione. Ritornando all’esempio precedente, le informazioni
saranno quelle descrizioni relative alla qualità della cena, al gradimento da parte
del cliente, etc., che prima non si erano riuscite ad ottenere tramite la mera
consultazione dei dati.
152
Ottenere informazioni non è un processo facile ed immediato poiché, la grande
massa di dati (strutturati e non) a cui si ha accesso oggi grazie alle tecnologie
informatiche, pone dei seri problemi di adeguata analisi per la produzione delle
informazioni desiderate.
Altra caratteristica fondamentale delle informazioni riguarda la rilevanza delle
stesse a seconda del contesto di riferimento: per essere tali, infatti, le
informazioni necessitano dell’attributo di pertinenza per il destinatario. Senza
tale attributo le informazioni sarebbero tali solo in minima parte.
Anche le informazioni soffrono dello stesso problema che affligge i dati: la
sovrabbondanza10. Le imprese affogano in informazioni e dati ma scarseggiano
in conoscenza.
4.5.1.3 La conoscenza
Definire la conoscenza non è cosa facile poiché il suo significato è spesso molto
soggettivo; ciononostante essa risulta riconoscibile non appena la si vede: ad
esempio il parere di un consulente finanziario che consiglia come investire i
risparmi, etc. Conoscenza diventa quindi l’applicazione e l’uso produttivo delle
informazioni [Greis e Kasarda, 1997]. Le informazioni gestite nel migliore dei
modi, propriamente catalogate e strutturate, accessibili alle giuste persone al
momento giusto, diventano conoscenza. E ancora, “Knowledge is a set of logical
connection among pieces of information whose relationship is revealed through
context and process familiarity” (META Group).
Quando si parla di conoscenza è opportuno suddividerla in due gruppi generati
da momenti differenti: conoscenza esplicita e conoscenza tacita. Secondo ciò
che Nonaka e Takeuchi (1995) affermano, è definita conoscenza esplicita “ciò
che può essere espresso in parole e numeri e può essere facilmente comunicato e
condiviso nella forma di hard data, formule scientifiche, procedure codificate o
10
Nel gergo della rete detta “infoglut”.
153
principi universali”. È quindi codificabile e può essere messa a disposizione degli
altri in modo efficace. Un esperto che descrive una procedura per la risoluzione
di un problema genera conoscenza esplicita. Il processo di esplicitazione,
purtroppo, non è sempre facile.
La conoscenza tacita è, sempre secondo Nonaka e Takeuchi (1995), altamente
personale e difficile da formalizzare. Sensazioni personali e intuizioni ricadono
all’interno di questa categoria. Il concetto di conoscenza tacita è stato studiato da
Polyani (1966) che scrive a proposito di questo argomento: “noi sappiamo più di
quello che riusciamo a dire”. Per descrivere questo fenomeno, egli porta
l’esempio della bicicletta: impariamo ad utilizzarla attraverso l’esperienza poiché
non riusciremmo attraverso le parole scritte su di un libro.
Generalmente la conoscenza tacita è la più preziosa per un’organizzazione.
Renderla però conoscenza organizzativa, e cioè aperta a tutti, non è cosa facile.
Nonaka (1991) identifica quattro modi di conversione della conoscenza:
-
Da implicita a implicita (socializzazione): gli individui apprendono
attraverso la condivisione di esperienza e l’imitazione;
-
Da implicita a esplicita (esteriorizzazione): la conoscenza implicita viene
formalizzata in modo da poter essere condivisa con altri soggetti;
-
Da esplicita a esplicita (combinazione): la conoscenza esplicita si cumula
con altra conoscenza esplicita;
-
Da esplicita a implicita (interiorizzazione): l’individuo utilizza la
conoscenza esplicita e la fa sua attraverso i propri schemi cognitivi,
creando così nuova conoscenza.
La figura 4.15 mostra il processo di creazione di nuova conoscenza.
154
Figura 4.15:
la diffusione
della
conoscenza
Conoscenza
esplicita
Conoscenza
implicita
Conoscenza esplicita
Conoscenza implicita
Socializzazione
Esteriorizzazione
Interiorizzazione
Combinazione
Fonte:
adattamento
da Nonaka
(1991)
155
4.5.2 Modelli d’analisi
Gli impegni verso la standardizzazione sono molti e nei capitoli successivi ne
verranno analizzati i principali dal punto di vista delle possibili implicazioni
future e dell’attenzione che viene loro dedicata. Per dare continuità al lavoro, è
necessario però sviluppare un modello d’analisi da richiamare durante la
discussione dei differenti approcci e senza il quale sarebbe difficile inquadrare
con precisione gli argomenti trattati.
L’obiettivo di schematizzare attraverso una matrice gli attuali contributi alla
standardizzazione non è cosa semplice poiché questi sono estremamente ampi ed
eterogenei.
Prima e fondamentale stringa di analisi riguarda l’obiettivo in merito a cosa si
voglia condividere con i singoli strumenti. Si parla qui di condivisione poiché
l’ampiezza
delle
implicazioni
renderebbe
inadeguato
il
termine
standardizzazione: opportuno infatti quando ci si riferisce ai meri dati, esso
diventa invece impreciso e limitante quando l’oggetto dell’analisi si sposta su
informazioni prima, e su conoscenza poi. Del resto ciò che interessa in ultima
istanza è che vi sia condivisione della stessa base conoscitiva, indipendentemente
dalla sua natura. Standardizzazione deve essere quindi intesa come quella
capacità di rendere fruibile, e nello stesso tempo recepibile, un corpus di flussi
conoscitivi di qualsivoglia natura.
La matrice che si vuole proporre è composta da due dimensioni di riferimento.
Sulla prima non ci sono dubbi: classificazione a seconda che lo strumento porti
alla condivisione di dati, informazioni, conoscenza.
Circa la seconda si aprono due possibilità: suddivisione circa la natura tecnica
dello strumento oppure circa il tipo di decostruzione che lo strumento
comporterebbe.
156
4.5.2.1 Prima caratteristica: natura della condivisione
Questa classificazione suddivide, come detto, rispetto all’oggetto della
condivisione.
Si tratta delle caratteristiche della comunicazione che si instaura tra i soggetti
interessati all’adozione del sistema di standard. Come visto in precedenza questa
può assumere tre livelli di profondità diversi:
-
trasferimento
di
dati:
la
standardizzazione
dovrà
occuparsi
di
omogeneizzare le capacità di sistemi informativi diversi di interfacciarsi
tra di loro, identificando standard di presentazione dei dati di facile
impiego;
-
condivisione delle informazioni: in questo caso l’impegno è rivolto alla
definizione di schemi di riferimento comuni attraverso cui lo scambio
informativo possa avvenire senza la necessità di ridefinirne continuamente
la semantica di base;
-
condivisione della conoscenza esplicita: questo è sicuramente il livello di
analisi più delicato; non si tratterà del processo attraverso cui la
conoscenza da implicita diventa esplicita, ma solo degli strumenti
attraverso i quali quest’ultima viene condivisa.
Circa tale prima dimensione va detto che non sempre è possibile collocare con
precisione gli oggetti dell’indagine a causa delle ampie possibilità di utilizzo a
cui essi si prestano.
Va inoltre precisato che dati, informazioni e conoscenza sono uniti da rapporti
gerarchici: la condivisione della conoscenza presuppone un intenso scambio
informativo il quale, a sua volta, implica che vi sia un trasferimento di dati.
157
La figura 4.16 mostra tale rapporto gerarchico.
Figura 4.16: il
rapporto gerarchico
tra dati, informazioni e
conoscenza
Conoscenza
Informazioni
Dati
4.5.2.2 Seconda caratteristica: suddivisione circa i modi d’interazione (A)
I seguenti tipi d’interazione si rifanno all’approccio tipicamente usato nello
sviluppo delle Enterprise Application Integration, soluzioni particolari in grado
di garantire la compatibilità tra sistemi informatici differenti [Olsen, 2000].
Vengono identificati quattro modelli:
-
web/client acess: le imprese interagiscono attraverso l’utilizzo di server
web, accedendo cioè a pagine html (figura 4.17);
-
data exchange: l’informazione viene estratta da un’applicazione e
trasformata in un formato neutrale che viene poi inviato al partner (figura
4.18);
-
direct application integration: in questo caso, mediante l’utilizzo di
soluzioni middleware, le applicazioni non necessitano di sistemi di
traduzione per essere compatibili le une con le altre (figura 4.19);
158
-
shared process: rappresenta un’estensione del data exchange al fine di
includere accordi su set di messaggi indipendenti. Due imprese, ad
esempio, possono definire congiuntamente un processo di gestione degli
ordini in modo tale che relazione instaurata sia gestita nella massima
efficienza possibile.
Figura
4.17:
web/client
access
Fonte:
Olsen
(2000)
159
Figura
4.18: data
exchange
Fonte: Yee
(2000)
Figura
4.19: direct
application
integration
Fonte: Yee
(2000)
160
Figura
4.20:
shared
process
Fonte: Yee
(2000)
161
4.5.2.3 Seconda caratteristica: suddivisione circa gli effetti decostruttivi (B)
Come visto, gli effetti decostruttivi possono essere suddivisi in tre aspetti.
Il primo riguarda l’interno dell’impresa: operazioni svolte prima internamente
vengono decostruite verso l’esterno al fine di ottenere un controllo di tipo
verticale sulla catena del valore. Per raggiungere questo obiettivo l’impresa deve
essere in grado di ridefinire i flussi informativi interni standardizzandoli: i
partner che si inseriscono nella catena del valore riescono così ad integrarsi nel
miglior modo possibile.
La decostruzione può agire anche orizzontalmente: in questi casi l’impresa si
integra trasversalmente con più catene del valore offrendo il proprio output a più
partner contemporaneamente. Per rendere efficiente tale integrazione, l’impresa
deve riorganizzare il flusso informativo rivolto verso l’esterno standardizzandolo.
L’impresa che opera invece come enhanced network deve condividere entrambi
gli aspetti della decostruzione: la catena del valore interna all’impresa viene
decostruita ed il prodotto che l’impresa offre diventa input trasversale di altre
catene del valore. La standardizzazione delle informazioni dovrà quindi essere
raggiunta sia internamente che esternamente.
4.5.2.4 Le matrici
A seconda, quindi, di quale delle seconde due variabili si scelga, possono essere
costruite due matrici differenti.
La prima ha caratteristiche fortemente tecniche poiché basata sui possibili modi
di interazione tra le imprese ed è rappresentata dalla tabella 4.1.
162
Tabella
4.1:
matrice
tecnica
Dati
Informazioni
Conoscenza
Web/client
access
Data exchange
Direct
application
integration
Shared process
La seconda matrice ha invece maggior valore strategico poiché la dimensione
utilizzata è quella relativa alla decostruzione. Quest’ultima non è stata suddivisa
in tre sezioni; si è deciso infatti di definire il network esteso come somma delle
due componenti interna ed esterna.
Dati
Enhanced network
Tabella
4.2:
matrice
strategica
Decostruzione
interna
(o verticale)
Decostruzione
esterna
(o orizzontale)
163
Informazioni
Conoscenza
4.5.2.5 Scelta della matrice.
È necessario effettuare una scelta circa la matrice da utilizzare nel corso dei
successivi capitoli in cui verranno presentati gli approcci alla standardizzazione.
Come detto, la prima ha natura più tecnica: essa descrive i tipi di interazioni che
si instaurano durante la comunicazione. Il suo principale pregio è quello di offrire
una chiara analisi del come adattare il proprio sistema informativo al fine di
renderlo maggiormente compatibile con quello di altre imprese. Il suo principale
limite
risiede
nell’incapacità
di
cogliere
i
risvolti
strategici
della
standardizzazione.
Per questo motivo la scelta cade sul secondo modello, che riesce a fornire una
classificazione più adatta alle finalità di questo lavoro: offrire una correlazione
tra standardizzazione e decostruzione.
164
4.6 Introduzione alle successive trattazioni
Nei successivi capitoli saranno esposte le principali soluzioni al problema della
standardizzazione, cercando di offrirne un panorama esaustivo. Devono, però,
essere fatte alcune precisazioni affinché la trattazione risulti efficacemente
strutturata.
I contributi alla standardizzazione differiscono molto in quanto a caratteristiche:
esistono alternative puramente tecniche, come ad esempio il linguaggio Xml, ed
altre più descrittive, come la classificazione dei prodotti UN/SPSC.
Si è deciso, quindi, di suddividerli in due gruppi basandoci su un’omogeneità
circa l’oggetto della condivisione: la dimensione dati-informazioni-conoscenza
del modello d’analisi. Come detto precedentemente, i confini all’interno di
questa grandezza non possono essere individuati con precisione. I due insiemi
che
si
descriveranno,
quindi,
coinvolgono
più
caratteristiche
contemporaneamente:
-
I linguaggi di comunicazione: tale categoria viene trattata nel capitolo
successivo. Comprende quegli strumenti volti alla definizione di una base
di comunicazione comune quale, ad esempio, l’Xml. Principalmente si
riferiscono alla standardizzazione dei dati ma possono estendere la propria
influenza verso la condivisione delle informazioni.
-
Le definizioni della semantica e della sintassi: li analizzeremo nel
quinto capitolo. Questi strumenti sono finalizzati alla creazione di una
semantica comune a cui far riferimento affinché lo scambio informativo
sia il più efficace possibile. Sono rivolti principalmente alla condivisione
delle informazioni anche se in alcuni casi permettono scambi di
conoscenza.
165
Individuando la posizione di questi due raggruppamenti nella matrice, otteniamo
la seguente rappresentazione:
Dati
Informazioni
Conoscenza
Decostruzione
Enhanced network
Tabella 4.3:
classificazione
degli approcci
alla
standardizzazione
interna
(o verticale)
Linguaggi di
comunicazione
Definizione
della sintassi
e della
semantica
Decostruzione
esterna
(o orizzontale)
Alcune precisazioni vanno fatte anche in merito alla dimensione decostruttiva
secondo cui i contributi verranno classificati.
Si è parlato di decostruzione interna riferendosi a quel fenomeno per cui
un’impresa decide di coordinare la catena del valore, e di decostruzione esterna
intendendo
la
scelta
di
essere
coinvolti
in
più
catene
del
valore
contemporaneamente e definendo uno “strato” in cui agire.
È subito chiaro come queste due alternative siano complementari: spesso chi si
decostruisce esternamente ha bisogno di partner decostruiti internamente affinché
la gestione della catena del valore sia più efficiente possibile. Vale anche il
contrario: chi si rivolge contemporaneamente a più catene del valore, esalta le
proprie capacità quando opera con chi si decostruisce esternamente. I flussi
informativi che si generano devono, quindi, essere resi il più omogenei possibile:
gli strumenti di standardizzazione, affinchè siano efficaci, devono essere
utilizzati da entrambe le parti. Ciò che con la matrice si vuole porre in risalto non
166
è il soggetto a cui questi si rivolgono poiché, come visto, al fine di essere
effettivamente efficaci il loro utilizzo deve essere condiviso in tutti i modi di
decostruirsi. Si vuole invece dare enfasi al tipo di decostruzione che
principalmente favoriscono. Un esempio chiarirà questo concetto. Il linguaggio
xml deve essere utilizzato in modo esteso perché raggiunga una diffusione per
cui
diventi
economicamente
vantaggioso
implementarlo.
Chi
ne
trae
maggiormente vantaggio ai fini decostruttivi è chi si decostruisce esternamente,
come verrà in seguito chiarito. Ciò non significa che non venga utilizzato da chi
si decostruisce internamente, ma solo che quest’ultimo ne ottiene minori
vantaggi.
167
168