La diga di Molare
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La diga di Molare
Testo, foto e video sono rilasciati dall’autore con licenza CC 3.0 BY-Sharealike-Noncommercial Diario di viaggio. Numero 4. Agosto 2013 La diga di Molare di Vittorio Bonaria (foto a colori di M. Scarsi; foto di repertorio molare.net) Ho appreso dell’esistenza della Diga di Molare nei primi anni ’80 quando dalla città di Genova, mi ero trasferito con i miei genitori nel paese di Molare dove i Bonaria sono o dovrebbero essere “autoctoni”. In quel periodo, nel quale io ero poco più che bambino e poco meno che adolescente, le estati erano contraddistinte dalle giornate passate “al fiume”, con i genitori prima e successivamente con gli amici. Molti dei laghetti allora frequentati (“il Ponte”, “il Salveoregina”, “il Tana”, “la Pisa e la Pisetta”, “il Cascinotto”, “la Centrale o Lago di Salvatore”, ecc…) portavano i segni di un evento remoto (almeno agli occhi di un ragazzino) accaduto in quella valle. In particolare “la Pisa” o “il Lago di Salvatore” erano specchi d’acqua contraddistinti da cascatelle formatesi tra i ruderi di antiche strutture distrutte delle furie delle acque. 1 Testo, foto e video sono rilasciati dall’autore con licenza CC 3.0 BY-Sharealike-Noncommercial Fu mio padre che mi accennò al crollo di una diga e all’esistenza della Diga di Molare. Nel 1985, cinquantennale in occasione del del disastro venne pubblicato da Federico Borsari di Ovada un lungo articolo che riassumeva quanto accaduto nel Quell’anno fatidico avevo 13 agosto tredici 1935. anni e naturalmente fu scarso il mio interesse per un evento così lontano. Tuttavia all’alba degli anni ’90, quando ancora si parlava della ricostruzione dell’invaso (discorsi questi, giunti per altro sino ai nostri giorni), l’idea di fare un’escursione improvvisata (del tipo espadrillas e pantaloncini bermuda), sembrò un bel modo di passare una mezza giornata estiva. Insieme ad un mio amico neopatentato ci dirigemmo con l’automobile verso Loc. Ortiglieto sino al punto convenuto dal quale iniziare la camminata. Sprovvisti di macchina fotografica, acqua da bere (…tanto c’è il fiume…), telefonino (telefonino?), bussola e via discorrendo, raggiungemmo lo squarcio di Sella Zerbino per poi inerpicarci sino alla vecchia strada lungo il crinale Sud di Bric Zerbino che un tempo univa Molare a Rossiglione. Non ci volle molto a raggiungere la vecchia casa del custode Abele De Guz e quindi la Diga di Molare. La grande struttura in cemento alta quasi 50 metri strideva fortemente rispetto al contesto circostante rappresentato da un’area completamente abbandonata, senza case (eccezione fatta per quella del custode), senza strade utilizzate e soprattutto senza un fiume alla base della diga. 2 Testo, foto e video sono rilasciati dall’autore con licenza CC 3.0 BY-Sharealike-Noncommercial Nel corso dei venti anni successivi mi sono recato molte altre volte alla Diga di Molare, percorrendo nuovi itinerari e cercando scorci inediti da poter fotografare. Fatto salvo per le variazioni stagionali, l’area del meandro abbandonato di Bric Zerbino non sembra aver subito modificazioni di sorta. La diga è sempre lì, uguale, immobile. accanto alla guardiano entrare Passando casa sembra un del quasi una di “bolla temporale” creatasi in quel lontano 13 Agosto 1935 nella quale il scandito umani calendario dagli non è avvenimenti degli ultimi ottant’anni. L’opera dell’uomo, realizzata disinteressandosi del contesto ambientale, sembra essere stata paradossalmente adottata da madre natura. Ciò vale solo per la Diga di Molare (quella che un tempo era chiamata “Diga Principale di Bric Zerbino”), in quanto del grande lago non vi è più traccia. E’ stato rifiutato, abortito, al pari della “Diga Secondaria” che un tempo sorgeva al posto dello squarcio di Sella Zerbino in corrispondenza della quale il Torrente Orba si aprì un nuovo varco alle 13.30 del 13 agosto 1935. Oggi provo una certa impressione al pensiero che un ventennio dopo la mia prima escursione, sono diventato autore di un libro interamente dedicato alla storia della Diga di Molare. Durante quella giornata estiva ormai perduta, avrei senza dubbio pensiero di riso, poter al solo scrivere “un libro”! 3 Testo, foto e video sono rilasciati dall’autore con licenza CC 3.0 BY-Sharealike-Noncommercial Nel 1997 mi laureai in Scienze Geologiche (un pensiero che negli anni ’80 avrebbe questa volta fatto ridere i miei maestri o professori) e proprio in quell’anno venne trasmesso dai Rai2 “Il Racconto del Vajont” di Marco Paolini. La vicenda del 1963 mi era nota grazie agli studi accademici, ma la trasposizione teatrale di Paolini mi colpì nel profondo in quanto evidenza metteva non squisitamente in solo grande il fatto tecnico ma soprattutto il contesto umano delle vittime e dei vinti. Fu a partire da quel periodo post-laurea che decisi di approfondire conoscenze le del mie Vajont dimenticato della Valle Orba e nel 2005, in occasione nel 70° anniversario ho creato il sito www.molare.net dedicato al disastro dimenticato di Molare e più bellezze in del generale tratto alle Molarese della Valle Orba. Nel maggio 2013 libro è quindi “Storia uscito della il mio Diga di Molare. Il Vajont dimenticato” edito dalla ERGA di Genova. 4 Testo, foto e video sono rilasciati dall’autore con licenza CC 3.0 BY-Sharealike-Noncommercial La Storia della Diga di Molare La storia della Diga di Molare ha inizio alla fine del 1800 e si ambienta nella valle del Torrente Orba posizionata nel Basso Piemonte, al confine con la Liguria. Il Torrente Orba ha origine a poca distanza dalla città di Genova sulle vette delle Alpi Liguri (M. Beigua e M. Rama) che costituiscono lo spartiacque tra il Mar Ligure e l’Adriatico. Sul finire del XIX secolo l’Ing. Luigi Zunini, nativo della zona e autentico pioniere dello sfruttamento delle acque ai fini elettrici Milano), (professore propose prevedevano un esclusivamente una prima, rettore serie di utilizzo progetti dell’acqua idropotabili a poi favore a del del di Politecnico fattibilità scopi di che inizialmente capoluogo ligure e successivamente idroelettrici. Tra questi la realizzazione di una diga presso la “Stretta di Bric Zerbino” avrebbe consentito la formazione di un grande avrebbero alimentato la lago in Loc. centrale 5 Ortiglieto idroelettrica le cui posta acque alcuni Testo, foto e video sono rilasciati dall’autore con licenza CC 3.0 BY-Sharealike-Noncommercial chilometri più a valle in Loc. Cerreto, nel territorio comunale di Molare. Nonostante delle la popolazioni contrarietà della vallata l’Ing. Zunini prima e le Officine Elettriche Genovesi successivamente, serie di (O.E.G.) produssero progetti nei una quali la capacità dell’invaso aumentò dagli iniziali 8.000.000 18.000.000 m3. m3 agli Questi oltre incrementi aumentarono la quota d’invaso dai 311 m s.l.m. ai 322 m s.l.m. Ciò ebbe due conseguenze: la prima fu che la diga a gravità detta “di Bric Zerbino” raggiungesse un’altezza di 47 m (rispetto ai 33 m inizialmente previsti) mentre la seconda, ben più rilevante, fu la comparsa di una diga secondaria detta “di Sella Zerbino”. Nei pressi di Loc. Ortiglieto il torrente aggirava infatti il Bric Zerbino disegnando un pronunciatissimo meandro entro il quale il progettista posizionò la diga principale. A seguito delle continue varianti progettuali, in corrispondenza di un punto perimetrale del futuro lago, chiamato appunto “Sella Zerbino”, la quota dell’argine naturale sarebbe stata circa 15 m inferiore alla quota dell’invaso previsto. Ciò rese quindi inderogabile al progettazione di una seconda diga. L’invaso fu realizzato con i capitali della società Edison (della quale le O.E.G. erano una controllata) tra il 1918 ed il 1924. Sia la progettazione che la realizzazione della “Diga Secondaria di Sella Zerbino” furono contraddistinte da numerose varianti atte a minimizzare problematiche costruttive, a scadentissime caratteristiche i costi loro delle 6 scaturenti volta rocce da numerose determinate di dalla fondazione. Le Testo, foto e video sono rilasciati dall’autore con licenza CC 3.0 BY-Sharealike-Noncommercial conseguenze non tardarono a manifestarsi. Tra il 1924 ed il 1925 iniziarono le operazioni di invaso, molte delle quali abusive. Nel diaframma roccioso sopra il quale era presente la diga secondaria comparvero cospicue perdite d’acqua a cui si tentò vanamente di porre rimedio con iniezioni cementizie ed impermeabilizzazioni che si protrassero per gli anni a venire. Anche la “Diga Principale di Bric Zerbino” presentava gravi carenze riguardanti in questo caso la capacità di scarico. Durante il periodo di funzionamento almeno per due volte si rischiò la tracimazione. ~ · ~ Alle primissime luci del 13 agosto 1935 il boato di un lontano tuono spezzò la monotonia degli ultimi siccitosi mesi. Gli sguardi dei contadini della vallata si volsero speranzosi verso i monti a sud, sopra i quali era visibile un'enorme nuvola di colore scurissimo che puntava spedita in direzione nord. Alle 7.30 si abbatté su Molare e Ovada un vero e proprio nubifragio. Ad Ortiglieto iniziò a piovere già alle 6.00. I dati pluviometrici registrati in tutte le stazioni del circondario furono a dir poco sconcertanti. precipitazione L'evento pari portò a quasi nell'arco il 30% di meno di quelle di medie 8 ore una annue per quelle zone. Il fiume si gonfiò rapidamente e, in corrispondenza dal Lago di Ortiglieto, raggiunse una portata di deflusso pari a più del doppio di quanto permesso dagli organi di scarico; alcuni di essi si ostruirono e smisero immediatamente di funzionare. 7 Testo, foto e video sono rilasciati dall’autore con licenza CC 3.0 BY-Sharealike-Noncommercial Alle 12.30 circa le acque del torrente incominciarono a tracimare sopra i due sbarramenti. Un’ora dopo la Diga Secondaria e tutta la Sella Zerbino collassarono sotto la spinta di una massa d'acqua e fango, stimata tra i 20 e 25 milioni di metri cubi, che si riversò verso valle mietendo morte e distruzione. La prima grande preda dell’ondata fu proprio la Centrale Elettrica posizionata nel greto del fiume a circa 2 km verso valle della Diga Principale. Solo le pesanti turbine in ghisa, ancorate nella roccia, non furono spazzate via. Più a valle toccò al ponte di Molare, alto circa 12 m e a numerose località frapposte tra il paese e la cittadina di Ovada. Il bilancio delle vittime già rilevante triplicò quando l’ondata raggiunse il popoloso quartiere denominato “Borgo di Ovada” (o “Borgo oltre l’Orba”) pochi minuti dopo le 14. Gli Ovadesi che, al sicuro sulla sponda opposta rispetto al Borgo, videro l’immane ondata travolgere tutto e tutti, narrano ancor oggi con sgomento i più tragici istanti della storia ovadese: “…le case si aprivano come libri…”. Complessivamente le furono oltre sessanta. 8 vittime del Borgo di Ovada Testo, foto e video sono rilasciati dall’autore con licenza CC 3.0 BY-Sharealike-Noncommercial L’ondata non ancora paga delle scempio commesso proseguì la sua folle corsa per molti chilometri seminando morte e distruzione sino a raggiungere la confluenza del Torrente Orba con il Fiume Bormida. Durante i giorni successivi il disastro, apparve chiara a tutti l’entità della sciagura: 111 morti accertati, una novantina le case abbattute, quattro ponti distrutti e l’attività agricola di tutta la medio-bassa Valle Orba messa in ginocchio. Le stime complessive dei danni causati dal disastro ammontavano ad oltre 45 milioni di lire. È opinione comune che la causa unica del Disastro di Molare sia imputabile della Diga al non Principale corretto di Bric dimensionamento Zerbino, rispetto degli ad scarichi un evento meteorico anomalo. In realtà il nubifragio che flagellò l’Alta Valle Orba fu solo il fattore scatenante la catastrofe che portò non solo al crollo della Diga Secondaria ma anche al collasso di Sella Zerbino sulla quale era fondata. Ciò comportò un taglio di meandro lungo il quale era posizionata la Diga Principale. 9 Testo, foto e video sono rilasciati dall’autore con licenza CC 3.0 BY-Sharealike-Noncommercial Durante dell’opera la non trentennale furono storia eseguiti progettuale seri accertamenti e realizzativa geologici sui terreni di fondazione ed al contrario vennero realizzate numerose varianti atte all’incremento della produzione elettrica ed alla minimizzazione dei costi. Nonostante tali evidenze, il 28 Maggio 1938 la Regia Corte d’Appello di Torino, nell'ambito del processo penale riguardante “il crollo della Diga Sella Zerbino”, promulgò la sentenza di assoluzione a favore di tutti gli imputati per non aver commesso i fatti a loro attribuiti. La vicenda processuale che fece seguito alla catastrofe fu un altro capitolo doloroso e sconcertante della storia narrata. Cavilli tecnici, giochi di parole e mere speculazioni fecero sì che l’unica colpevole per la morte di 111 persone fosse madre natura. Una squadra di avvocati di primo piano e di consulenti tecnici di primo ordine salvarono le carriere dei dirigenti O.E.G. come per esempio quella dell’Ing. Tito Gonzales (Direttore Generale della Società Edison) o dello stesso Ing. Zunini. L’Ing. Giacinto Motta (Presidente Edison), non venne minimamente sfiorato dal processo nonostante i capitali utilizzati per la realizzazione dell’opera incriminata provenissero dal colosso Edison. Accadde così che tra il 1938 ed il 1940 le O.E.G. tornarono in Valle Orba presso Loc. Ortiglieto per costruire un nuovo impianto idroelettrico se pur di dimensioni decisamente più contenute. La nuova “Diga di Ortiglieto”, di tipo tracimabile, fu realizzata alcune centinaia di metri a monte del vecchio meandro abbandonato di Bric Zerbino all’interno del quale è tutt’oggi presente la Diga Principale. Quest’ultima, ormai nota a tutti come la “Diga di Molare”, non è più toccata dalle acque del Torrente Orba che, da quel lontano e nefasto 13 Agosto 1935, si è aperto un nuovo varco tra le rocce erodibili di quella che un tempo era la Zerbino. Della Diga Secondaria non vi è più traccia alcuna. 10 Sella