Bollettino numero 6 1993

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Bollettino numero 6 1993
EDITORIALE
In questo numero del bollettino, desideriamo parlarvi del maltrattamento psicologico.
Sempre di più le tematiche legate all'abuso sessuale e al maltrattamento fisico vengono trattate, anche se non sempre
con la necessaria ponderazione, dagli specialisti in materia e soprattutto dalla carta stampata.
Spesso troviamo l'articolo a sensazione che colpisce momentaneamente i sentimenti e le emozioni di ogni essere
umano, ma poi le difficoltà nell'approfondire il tema, il tabù ancora presente in ognuno di noi, sommergono la punta
dell'iceberg di fenomeni ancora molto diffusi.
Molto più raramente sentiamo parlare di maltrattamento psicologico: perché è ancora più difficile da osservare,
quantificare, denunciare o semplicemente definire?
Se l'abuso sessuale o il maltrattamento fisico lascia delle tracce, seppure sempre difficili da valutare e soprattutto da
attribuire senza ombra di dubbio, il maltrattamento psicologico non lascia dei segni osservabili a prima vista e si
manifesta spesso con dei sintomi che sono riscontrabili anche in contesti che nulla hanno a che fare con il
maltrattamento (es.: difficoltà di linguaggio, ritardo dello sviluppo fisico; difficoltà nel mangiare, dormire, nel gioco,
difficoltà scolastiche, ecc.).
Se un bambino presenta delle difficoltà scolastiche o se sembra demotivato a scuola o se il contesto scolastico sembra
deprimerlo, possiamo permetterci di denunciare i genitori, i docenti o altri adulti significativi per lui, per
maltrattamento psicologico?
Quando è necessario parlare di maltrattamento psicologico rispetto ad un docente che vuole stimolare a tutti i costi un
allievo, o di un genitore che spinge il proprio figlio a diventare quello che desidererebbe che il figlio diventasse?
Ci possiamo rendere conto molto facilmente che il limite tra il lecito, l'evolutivo, l'auspicabile e il maltrattamento
psicologico è di difficile decifrazione.
Il maltrattamento psicologico può essere trattato in vari modi, ma forse la difficoltà maggiore risiede nel definirlo e nel
disegnargli dei limiti più o meno precisi.
In questo numero del bollettino, abbiamo deciso di trattare questa tematica dapprima con un'intervista ad uno
psicologo in modo da poter almeno cercare di definire alcune sfaccettature di questo fenomeno, meno appariscente del
maltrattamento fisico o dell'abuso, ma sicuramente molto più diffuso.
In un secondo tempo tratteremo di questo tema in un contesto molto circoscritto, preciso, ma purtroppo di grande
attualità: nelle situazioni di separazione o di divorzio di una coppia.
Valuteremo poi con un'altra intervista il punto di vista di un Pretore sul maltrattamento psicologico.
•
Quali tipi di maltrattamento psicologico vengono osservati in un contesto non terapeutico, ma giudiziario?
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Sono più frequenti i maltrattamenti psicologici o altri tipi di maltrattamenti?
Questi contributi non hanno chiaramente la pretesa di essere degli apporti universali (sono dei punti di vista come
sempre arbitrari) ed esaustivi (il campo del maltrattamento psicologico è molto vasto): la nostra speranza è che
costituiscano uno spunto, una base di riflessione, partendo dall'idea che nessuno è al riparo da situazioni che
potrebbero generare dei maltrattamenti psicologici.
PIERRE KAHN
psicologo
Servizio medico-psicologico
di Coldrerio
COPPIA IN CRISI E IL MALTRATTAMENTO PSICOLOGICO
Equilibri precari
In ogni famiglia, all'interno del proprio ciclo di vita, degli eventi quali il matrimonio, la nascita di un figlio, una malattia,
la perdita del posto di lavoro, la morte di una persona cara ecc., vengono a rompere dei sottili equilibri e a mutare il
corso degli eventi.
La famiglia deve riorganizzarsi, scoprire nuove risorse con lo scopo principale di mantenere una sua coerenza interna e
permettere nel medesimo tempo ad ogni membro uno sviluppo ed una crescita individuale.
Nella mia esperienza in qualità di terapeuta, posso affermare che tutte le famiglie hanno le potenzialità per superare
crisi più o meno gravi, anche se alcune necessitano dell'aiuto esterno (di uno specialista) per scoprire risorse
intrinseche al sistema familiare ma difficilmente reperibili dai membri stessi.
Al di là degli eventi particolarmente importanti e destabilizzanti sopracitati, esistono dei "piccoli problemi quotidiani"
che possono alimentare il gioco relazionale della coppia genitoriale e/o matrimoniale.
Questi problemi possono avere una doppia valenza a seconda di come vengono affrontati: aumentare e consolidare
l'alleanza della coppia genitoriale, oppure intaccarne la coerenza creando i presupposti di difficoltà nel processo
educativo dei propri figli.
Questo per quel che riguarda la coppia genitoriale.
Rispetto alla coppia matrimoniale, la risoluzione o meno di questi problemi, permette, o la crescita della coppia
matrimoniale (fondamentale poi anche al momento dello svincolo dei figli dalla famiglia), o le premesse di uno stallo di
coppia, anticamera di una sofferenza a lungo termine per una coppia in crisi che non vuole o non riesce a separarsi.
In alcuni casi, sempre più frequenti, questo implica la rottura della coppia matrimoniale, la spaccatura della famiglia,
con conseguente separazione e/o divorzio tra i coniugi.
La crisi di coppia
Un articolo intero dovrebbe essere consacrato alle coppie matrimoniali in crisi, "incastrate" nello stallo di coppia ed
incapaci di rompere un equilibrio perverso, equilibrio che genera soprattutto sofferenza.
Il gioco relazionale della coppia in crisi implica spesso anche un maltrattamento psicologico di un coniuge verso l'altro,
dove il discorso evolutivo della coppia matrimoniale lascia il posto a quello del rancore, delle colpe, del buono e del
cattivo, come se dovesse esserci un vincitore ed un perdente.
Purtroppo in queste situazioni la sconfitta più dolorosa la riporta la coesione familiare e soprattutto la generazione più
fragile, cioè quella dei figli.
In effetti, se dei "giochi" relazionali di coppia che perdurano nel tempo permettono agli adulti implicati di sviluppare
delle contro misure, delle corazze più o meno adeguate per fronteggiare i maltrattamenti psicologici e i colpi bassi, nel
medesimo tempo, questi "proiettili" vanno a colpire gli indifesi e cioè i figli.
Pur consapevole dei dolori vissuti dall'adulto, desidero ora soffermarmi sulle ferite vissute dal bambino e quindi sui
maltrattamenti psicologici da lui vissuti e che derivano direttamente o indirettamente dalla crisi della coppia
matrimoniale.
I bisogni del bambino
Il capitolo legato ai bisogni del bambino è particolarmente ricco e dipende essenzialmente dall'età presa in
considerazione: vari ed autorevoli autori l'hanno ampiamente approfondito ed arricchito negli ultimi anni.
Nel contesto di quest'articolo mi soffermerò quindi unicamente su due bisogni che considero fondamentali ed universali
per il bambino, indipendentemente dalla sua età cronologica: il bisogno costante del padre e della madre come punti di
riferimento e la necessità di usare tutte le energie a disposizione per creare i presupposti di uno sviluppo psico-fisico
adeguato.
a) Punti di riferimento
Esistono delle situazioni particolari dove un'incapacità manifestata e dichiarata di uno o entrambi i genitori, l'assenza
di un genitore o il suo decesso ecc., comportano delle costellazioni familiari anomali nelle quali i punti di riferimento
del bambino differiscono dalla "norma" (es.: membri della famiglia allargata, famiglia adottiva, istituto, ecc.).
Pur consapevole dell'esistenza di queste situazioni, tralascerò volutamente la loro analisi, concentrando la mia
attenzione sui sistemi familiari che comprendono entrambi i genitori.
Il bambino possiede delle grandi capacità di adattamento alle varie situazioni di vita, che dal mio punto di vista, vanno
ben oltre quelle messe in mostra generalmente dall'adulto. Riesce spesso a "sopravvivere" in mezzo a tensioni,
conflitti, e a volte violenza derivanti dai problemi della coppia matrimoniale o da relazioni non risolte o mal risolte tra i
genitori e le rispettive famiglie d'origine.
Tutte queste difficoltà che il bambino vive indirettamente possono essere più o meno sopportate solo però se il padre e
la madre continuano a rispondere in modo adeguato ai suoi bisogni, che sono dettati dal momento evolutivo
attraversato.
Se queste risposte non vengono date dai due genitori, ecco che il bambino perde i suoi punti di riferimento più
importanti: si sente destabilizzato, insicuro, perderà probabilmente la fiducia in sé dopo aver perso quella nei propri
genitori e inizierà ad autovalutarsi in modo negativo.
Tutti questi aspetti andranno a perturbare il suo sviluppo psico-fisico, frenandolo se non addirittura arrestandolo in
certe situazioni particolari.
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Quali sono i messaggi usati dal bambino per segnalare l'inadeguatezza di una situazione?
Nella maggior parte delle crisi della coppia matrimoniale, il bambino segnala attraverso vari tipi di sintomi (es.:
difficoltà relazionali, difficoltà di comportamento e rendimento scolastico, sintomi psicosomatici come enuresia,
emicrania, vari dolori, ecc.) il pericolo della rottura di tale coppia. Generalmente il bambino spera sempre al di là della
gravità della crisi di coppia, di "salvare" il matrimonio dei propri genitori, coltivando il sogno che i due protagonisti
riprendano a convivere in una ritrovata armonia.
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Spesso è lui, anticipando il ruolo che dovrà svolgere il Pretore, ad "invitare" i due genitori ad un tentativo di
conciliazione!
Se questo suo tentativo fallisce, spesso in un primo tempo si colpevolizza attribuendosi colpe chiaramente non sue,
per la partenza di uno dei genitori.
Dopo questa fase, di lunghezza variabile, inizia a dare dei messaggi più o meno espliciti, sulla sua necessità di
mantenere una relazione la più costante possibile con entrambi i genitori.
Se i due genitori rispondono a questo importantissimo bisogno del bambino, generalmente i sintomi spariscono.
Viceversa, nelle situazioni dove per vari motivi questo non avviene, ecco che i sintomi perdurano, si accentuano o
vengono sostituiti da altri aspetti sintomatici spesso più gravi perché il bambino ha l'impressione che il suo messaggio
non è stato recepito.
b) Uno sviluppo psico-fisico adeguato del bambino
Come lo abbiamo analizzato precedentemente, questo sviluppo viene a volte intralciato dalle perturbazioni esistenti
all'interno del contesto familiare e che sembrano indicare al bambino una possibile minaccia inerente la coesione della
famiglia.
In questi casi lo sviluppo psico-fisico del bambino subisce degli "scossoni" e la crisi della coppia matrimoniale comporta
delle conseguenze indirette su questo sviluppo.
Esistono però, e non sono poche, delle situazioni di crisi matrimoniale ancora più pericolose per la crescita del
bambino, nelle quali le conseguenze possono essere definite come dirette.
In effetti, spesso, quando il gioco relazionale durante la crisi di coppia entra nella sua fase di immobilità, di stasi,
perché ognuno dei due partner ha svelato le sue mosse relazionali e le ripropone instancabilmente senza cambiarle e
senza produrre cambiamenti, viene chiamato in causa un nuovo partecipante: il bambino.
È subito importante sottolineare come questa "manovra" del/dei genitori non sia fatta coscientemente: l'includere il
proprio figlio all'interno del gioco relazionale con il proprio partner, risulta essere un meccanismo inconscio utile ad
uscire dall'impasse e soprattutto a diminuire la sofferenza per l'adulto che tale "gioco" comporta sempre.
Esistono chiaramente delle situazioni dove diversi figli partecipano al gioco relazionale in atto, e sono "catturati" dai
vari schieramenti.
Il genitore cerca un'alleanza con il proprio figlio finendo spesso per creare una coalizione con lui contro l'altro genitore.
Queste situazioni che si rivelano poi devastanti per il bambino, si consumano poco a poco, attraverso comportamenti
"banali", quotidiani, e poco appariscenti all'interno del sistema familiare.
La prima conseguenza diretta per il bambino, riguarda il concetto di lealtà del bambino verso uno dei genitori.
La realtà clinica ci fornisce giornalmente degli esempi dove traspare l'estrema lealtà di un figlio verso entrambi i suoi
genitori: anche nelle situazioni familiari più disastrate e "patologiche", il figlio difende sempre i suoi genitori coprendo
e nascondendo spesso anche degli alti subiti e che minacciano direttamente la sua integrità psico-fisica.
Tornando alla coalizione che si viene a creare tra un genitore e un figlio, contro l'altro genitore, possiamo facilmente
intuire come il bambino venga messo nella condizione di dover "tradire" questa lealtà subendo un maltrattamento
psicologico molto importante.
La seconda conseguenza diretta del coinvolgimento del figlio all'interno del conflitto della coppia matrimoniale,
riguarda l'investimento energetico richiesto al bambino.
Spesso questi bambini vengono completamente risucchiati dal vortice della crisi di coppia: il figlio brucia tutte le sue
energie all'interno del gioco relazionale familiare.
Di conseguenza, il bambino non si occupa più delle sue attività (es.: gioco, scuola), della sua crescita, dei suoi bisogni
trascurando così lo sviluppo psico-fisico tipico della sua età.
In pratica questi bambini passano dalla generazione dei figli a quella degli adulti, saltando una generazione, e devono
assumere questo nuovo ruolo senza peraltro averne le capacità e averne costruito le premesse con uno sviluppo
armonico e graduale.
Usando un'immagine metaforica potremmo chiederci come e quanto può reggere una casa senza le dovute e solide
fondamenta.
Il contesto peritale
Un contesto particolarmente fertile per l'osservazione del maltrattamento psicologico vissuto dal bambino è quello
relativo alla richiesta di una perizia fatta dalla Pretura ad uno specialista, psicologo e/o psichiatra.
Generalmente questa richiesta viene fatta quando il Pretore deve prendere una decisione relativa all'affidamento dei
figli e/o al diritto di visita del genitore al quale non vengono affidati i figli. Quando arriviamo in questa fase del ciclo di
un sistema familiare, la rottura della coppia matrimoniale è inevitabile e non possiamo più aiutare il bambino rispetto
al suo "progetto vitale" che è quello di rimettere insieme i due genitori.
A questo punto, il nostro intervento in quanto specialisti, è quello di limitare il più possibile il grado di sofferenza del
bambino.
Purtroppo, ci si rende conto che al momento del divorzio e della separazione, i coniugi utilizzano sovente due
argomenti di peso per cercare di ottenere "una vittoria" nella loro estenuante battaglia: i soldi ed i figli.
I figli subiscono allora degli ulteriori maltrattamenti psicologici perché diventano degli "oggetti del contenzioso"
perdendo la loro dimensione di esseri umani con dei bisogni, e relative sofferenze, soprattutto se i bisogni non
ricevono un'adeguata risposta.
Il punto di vista del bambino
Uno degli elementi fondamentali per cercare di circoscrivere il più possibile la sofferenza del bambino è quello di
sentire il suo punto di vista e i suoi desideri presenti e futuri.
Questo aspetto è stato tra l'altro preso in considerazione nel nuovo Diritto del divorzio e personalmente penso che
questa disposizione rappresenti una conquista importante per i bambini. Purtroppo questa possibilità viene a cadere
per i bambini in tenera età: questi figli corrono i maggiori rischi anche perché non hanno ancora potuto sviluppare
delle difese minime per proteggersi dai maltrattamenti di tipo psicologico.
Da un punto di vista pragmatico, considero fondamentale il fatto di andare il più possibile nel senso dei desideri del
bambino (es.: vivere con uno dei due genitori, avvallare o eliminare le visite fatte ad un genitore) e di includere
sempre nel rapporto peritale la possibilità nel tempo di un cambiamento dal punto di vista del bambino.
L'immutabilità nel tempo delle decisioni può essere una fonte di sofferenza per il bambino. Osservazioni
cliniche.
Vorrei ora sottolineare un aspetto un pò paradossale che sempre più mi è dato di osservare con i bambini "prigionieri"
del divorzio dei loro genitori.
Da un lato esiste, come l'ho analizzato precedentemente, un desiderio quasi immortale e utopico del bambino di
cercare fino all'ultimo istante la possibilità che i genitori decretino la pace e tornino a vivere insieme con il figlio.
Questo desiderio è talmente forte che può perdurare a lungo nel tempo, anche dopo un divorzio ufficiale quando il
bambino vive già con uno solo dei due genitori.
L'altro lato del paradosso è una constatazione che ho fatto da poco tempo analizzando numerose situazioni di
separazione o divorzio: spesso l'apice della sofferenza legata al maltrattamento psicologico viene raggiunto quando i
genitori sono ancora insieme e non quando sono effettivamente separati o divorziati.
Durante i colloqui individuali con i bambini, anche al di fuori del contesto peritale, quando si chiede loro di precisare la
situazione che crea maggiore sofferenza, spesso indicano i litigi, i conflitti tra i genitori prima della separazione, come
fonte di grande sofferenza individuale.
Ci rendiamo quindi conto, ed è qui che si situa l'aspetto paradossale, come il desiderio più importante del bambino
(genitori insieme sotto il tetto coniugale) rappresenti spesso anche la maggior fonte di sofferenza per lui.
A questo punto diventa importante analizzare con il bambino il paradosso, soppesare
"vantaggi e svantaggi" ed "elaborare" eventuali lutti con lui.
Naturalmente l'elaborazione di un lutto, per la separazione o il divorzio tra i genitori sarà sicuramente più facile in
tutte le situazioni dove la coppia genitoriale può mantenere una coesione funzionale che le consente di rispondere
sempre ed in modo adeguato ai bisogni del bambino.
Generalmente questo risultato richiede purtroppo un certo lasso di tempo: in effetti la prima tappa indispensabile, e
che spesso dimentichiamo o sottovalutiamo dandola per scontata, è il processo di lutto della coppia matrimoniale.
L'aspetto ufficiale, giuridico di un atto di separazione o di divorzio non è sufficiente e non rappresenta in se
l'elaborazione del lutto di una vita di coppia: nel lavoro clinico con le famiglie, ci rendiamo conto che dei divorzi
ufficialmente pronunciati molti anni prima, di fatto non sono ancora stati pienamente sottoscritti dai due ex-coniugi.
Purtroppo queste constatazioni vengono spesso accompagnate dall'osservazione che il bambino sta ancora subendo a
distanza di anni dei maltrattamenti di tipo psicologico, maltrattamenti che potrebbero lasciare una traccia indelebile e
compromettere a loro volta la costruzione del futuro contesto familiare che il bambino creerà quando diventerà adulto.
PIERRE KAHN
psicologo
Servizio medico-psicologico
di Coldrerio
INTERVISTA AL DR. FABIO SBATTELLA
A CURA DI PIERRE KAHN
1) Quale è la sua definizione di maltrattamento psicologico?
Circoscrivere e definire adeguatamente il fenomeno del maltrattamento infantile è un compito già di per sé difficile e
delicato.
Quando poi si vuole inquadrare il problema specifico del maltrattamento psicologico, tale compito sembra divenire
ancora più impervio: è possibile rilevare gli effetti della violenza verbale o stabilire collegamenti esatti tra problemi
presentati dai bambini e pressioni psicologiche?
È possibile fare veramente del male ai bambini senza fare ricorso alla violenza fisica?
Non si corre il rischio di criminalizzare errori e limiti dei genitori introducendo il concetto di "maltrattamento
psicologico"?
Può esistere un maltrattamento fisico che non sia nello stesso tempo psicologico?
Nonostante questi interrogativi, affrontare il problema è possibile e doveroso: l'esperienza clinica mostra infatti come
esistano casi evidenti in cui l'uso costante ed intenzionale di messaggi di denigrazione, minaccia, discriminazione e
disistima, ledono gravemente le possibilità di sviluppo dei bambini.
Considerando la complessità dell'argomento cercherò di giungere gradualmente ad una definizione adeguata,
discutendo progressivamente i vari aspetti del problema.
Una prima definizione possibile scaturisce dalle osservazioni sopra ricordate:
"Maltrattamento psicologico è qualsiasi maltrattamento da parte di chi si occupa del bambino, che risulti
pregiudizievole per il suo sviluppo psichico".
Si tratta di una definizione molto ampia.
Possono infatti risultare pregiudizievoli per Io sviluppo psichico le aggressioni verbali cosi come i maltrattamenti fisici o
le omissioni caratteristiche dell'incuria.
È necessario inoltre precisare che gli aspetti dello sviluppo psichico, sui quali si possono registrare affetti negativi,
sono molteplici: vi possono essere conseguenze sul piano affettivo, cognitivo, sulle capacità di adattamento, di
comunicazione, di apprendimento.
Ecco dunque che una definizione più precisa potrebbe essere la seguente: "Il maltrattamento psicologico di un
bambino consiste in atti di omissione o nell'esecuzione di azioni che sono considerati dannosi sul piano psicologico".
Si tratta di pratiche o atteggiamenti che compromettono in modo immediato o a lungo termine il comportamento, lo
sviluppo affettivo, le capacità cognitive o le funzioni fisiche del bambino".
Questa è una parte della complessa definizione fornita del l'International Conference of Psychological Abuse of Children
and Youth.
In entrambe le definizioni sono sottolineati i due aspetti necessari a delineare una situazione di maltrattamento
psicologico: le azioni, messe in atto o omesse da chi maltratta, ed i danni registrabili nel bambino.
Per quanto riguarda il primo aspetto, va sottolineato che in genere è considerato dannoso un comportamento che ha
alte probabilità di produrre effetti deleteri su chi lo subisce.
Non bisogna tuttavia incorrere nell'errore di attribuire a priori significato negativo a determinati tipi di azioni o
atteggiamenti.
Essi non possono mai essere considerati per sé stessi, fuori dal contesto in cui si realizzano.
Bisogna ad esempio sempre considerare l'età o lo stadio evolutivo dei soggetti.
In prospettiva evolutiva si può infatti ricordare che lo stesso comportamento ha effetti diversi sull'individuo a seconda
del suo livello di sviluppo.
Inoltre le stesse azioni hanno un valore ed un peso diverso in relazione alla frequenza, alla durata, al significato
soggettivo che assumono.
Infine, se collocate in un contesto positivo per altri aspetti, gli effetti dei comportamenti nocivi possono essere
attenuati.
È indispensabile considerare con attenzione anche la dimensione sociale e culturale del problema: qualsiasi descrizione
del comportamento di maltrattamento è influenzata da fattori di natura sociale o culturale.
Un comportamento può essere considerato dannoso solo in base a determinati standard culturali e conoscenze
scientifiche.
In sintesi, piuttosto che attribuire valore intrinseco alle azioni degli adulti che si occupano dei bambini, è importante
comprendere la risonanza soggettiva di tali azioni, i fattori di frequenza e cronicità, l'interazione con fattori ambientali
che fungono da catalizzatore o inibitori.
Risulta a questo punto più chiara forse la necessità di comprendere, in una definizione di ordine generale, il concetto di
danno, di compromissione da parte di chi subisce il maltrattamento.
Anche qui tuttavia il problema non è semplice: alcuni dei più importanti danni legati a condizioni di maltrattamento in
età evolutiva emergono solo tardivamente.
Ad esempio il perdurare di messaggi squalificanti verso un bambino può tradursi in un serio ostacolo al costituirsi di
una immagine di sé sufficientemente buona e questo a sua volta tradursi solo in adolescenza o in età adulta in
comportamenti devianti o in sintomi di sofferenza psichica.
Dobbiamo dunque accettare la precarietà di queste definizioni, mantenendo tutti gli aspetti di complessità: il
maltrattamento psicologico consiste in una serie di azioni ed omissioni che, sulla base degli standard culturali e delle
conoscenze scientifiche disponibili, sono da ritenersi nocive per lo sviluppo di almeno una delle dimensioni psicologiche
del bambino.
Si tratta di azioni che assumono rilevanza per la loro intensità, frequenza, durata o gravità o perché si collocano in un
contesto particolarmente negativo.
L'età e le caratteristiche del soggetto che si trova ad essere oggetto di tali azioni sono ulteriori variabili che possono
concorrere a determinare o amplificare soggettivamente la risonanza negativa di tali azioni.
Concretamente si parlerà di maltrattamento psicologico nei casi di ripetute e perduranti disconferme delle capacità del
bambino e nel caso di aggressioni condotte verbalmente o contro oggetti simbolici particolarmente importanti per il
bambino.
Rientrano nello stesso quadro atteggiamenti, messaggi ed azioni tesi alla discriminazione, alla colpevolizzazione, alla
attribuzione di responsabilità eccessive, all'isolamento, al rifiuto, alla svalutazione e alla derisione del bambino, cosi
come gli incoraggiamenti a comportamenti autodistruttivi, le minacce, l'indifferenza.
2) Esistono sintomi specifici del maltrattamento psicologico?
Alcuni dei principali segnali della presenza di una situazione di maltrattamento psicologico sono legati agli esiti del
maltrattamento stesso, cioè ai danni subiti dal bambino maltrattato.
Classicamente vengono distinti indicatori fisici e comportamentali.
Tra i primi vi sono ritardi di sviluppo (ad esempio di tipo psicomotorio) e disturbi psicosomatici. Tra gli indicatori
comportamentali vi sono alcune abitudini anomale e stereotipie, quali il succhiare continuamente, il mordere
frequentemente, il dondolarsi senza senso o il manifestare alterazioni nella condotta alimentare.
Altri sintomi possono essere la presenza di comportamenti estremi (aggressività o adattabilità eccessive, totale
passività ecc.) e le difficoltà di socializzazione, con isolamento accompagnato da comportamenti antisociali
(distruttività, crudeltà, tendenza al furto).
Si tratta, come si può vedere, di sintomi molto comuni e certamente non specifici del maltrattamento psicologico: le
abitudini anomale sono ad esempio legate agli ambiti in cui il bambino più facilmente esprime i propri disagi.
I comportamenti estremi e le difficoltà di socializzazione invece sono comuni a situazioni quali l'incuria, il
maltrattamento fisico o il disadattamento sociale.
Nei casi più gravi si possono osservare sintomi psiconevrotici di tipo fobico, ossessivo, ipocondriaco, isterico, oppure
disturbi del sonno, mancata acquisizione o perdita del controllo sfinterico (con enuresi e/o encopresi), disturbi di
apprendimento e di linguaggio.
Infine, molti tentativi di suicidio in bambini ed in adolescenti sono attribuibili a condizioni di maltrattamento
psicologico.
Anche per questi sintomi è molto importante porre una diagnosi differenziale: è l'insieme di elementi, il contesto
generale che permette di distinguere le situazioni di maltrattamento psicologico da altre condizioni di sofferenza
psichica.
Sono in particolare i segni emergenti dal contesto familiare quelli che permettono di fare luce sulla natura del disagio
del minore: i genitori maltrattanti spesso incolpano il minore dei suoi stessi disturbi, attribuendogli responsabilità
eccessive per l'età, non occupandosi dei suoi problemi e piuttosto negandoli così come negano ogni offerta di aiuto.
3) è possibile stabilire delle tipologie familiari a rischio all' interno delle quali il maltrattamento
psicologico potrebbe svilupparsi con maggiore probabilità?
A rischio sono innanzitutto le famiglie "rigide", quelle che fanno fatica ad accettare o elaborare le trasformazioni
interne alla propria organizzazione, trasformazioni che si rendono necessarie quando la famiglia attraversa un nuovo
momento del ciclo evolutivo.
Tali famiglie sono in particolare poco inclini a creare lo spazio necessario per lo sviluppo psicologico e l'autonomia del
minore.
Sono inoltre a rischio le famiglie poste in particolari condizioni di stress, dovuto sia a condizioni ambientali (difficoltà
lavorative, ospedalizzazioni dei membri della famiglia), sia a condizioni interne (tensioni legate a fantasie o ad azioni di
separazione).
Particolarmente pericolose sono le condizioni di isolamento sociale che caratterizzano le famiglie maltrattanti:
l'isolamento può rivestire il ruolo di causa, di sintomo e di effetto del maltrattamento, creando circoli viziosi che si
autorinforzano.
Spesso infatti l'adulto maltrattante si trova in condizioni di isolamento, a causa ad esempio di una recente
immigrazione, della lontananza della famiglia estesa, della diffidenza verso l'esterno su cui si è creata l'unità familiare.
La paura di essere etichettati o criticati per eventuali difficoltà del bambino accentua l'isolamento in queste famiglie ed
impedisce inoltre al bambino stesso di accedere a modelli e a condizioni ambientali alternativi rispetto a quelli familiari.
4) Alcuni autori, nelle situazioni di abuso sessuale e/o stupro parlano di due attori attivi anche se in ruoli
ben distinti: è possibile ritrovare questo meccanismo quando siamo confrontati con il maltrattamento
psicologico?
Spesso il maltrattamento psicologico è parte di un gioco reciprocamente distruttivo in atto nella coppia.
Il minore, può rivestire, in questo contesto, ruoli diversi, ma che coinvolgono sempre almeno due persone. In alcuni
casi, ad esempio nel caso di un genitore separato o di una ragazza madre, il bambino funge da sostituto del partner
assente, e gli attacchi a lui rivolti si riversano sul minore.
In altre situazioni il minore costituisce il parafulmine delle tensioni di coppia: essa ritrova la propria unità attaccando
congiuntamente il minore.
Più complesse sono le situazioni in cui uno dei genitori agisce il maltrattamento fisico mentre l'altro, evitando di
scendere sullo stesso piano, non aiuta il minore, ma al contrario aggrava la situazione attribuendogli colpe e
responsabilità inadeguate.
5) Possono esistere, soprattutto per un minore, delle conseguenze irreversibili dopo aver vissuto una
situazione di maltrattamento psicologico?
Non penso si possa, oggi come oggi, attribuire mai ad un disagio psicologico l'attributo di irreversibilità.
Tuttavia possono esistere ferite molto gravi e profonde, cosi difficili da ricucire da sembrare irreversibili, cosi
complesse da far dire al soggetto, o a chi si occupa di lui, "sono irrecuperabili, sono senza speranza".
Le ferite psicologiche sono tanto più gravi quanto più sono state il frutto di maltrattamenti continuativi, precoci, o di
azioni che hanno attaccato valori o aspetti fondamentali per il soggetto.
6) Quali possono essere le difese di un essere umano e più in particolare di un minore contro il
maltrattamento psicologico?
Le difese sono molte, tutte quelle descritte dalla letteratura psicologica in relazione a situazioni di conflitto possono
essere messe in campo.
Le più efficaci sembrerebbero le vie di fuga: sottrarsi alla situazione di maltrattamento.
Tuttavia ciò spesso non è possibile per il minore, che si trova in condizione di dipendenza rispetto agli adulti.
Le vie di fuga possono essere così costituite dalle fantasticherie, dalla chiusura autistica, e addirittura anche dai ricorso
a sostanze alcoliche.
L'emergere di comportamenti sintomatici è spesso il risultato di precise strategie difensive.
Dr. FABIO SBATTELLA
psicologo; didatta presso il Centro
Milanese di Terapia della Famiglia;
Consulente del Centro Ausiliario
Minorile (CAM)
del Tribunale Minori di Milano
INTERVISTA ALL' AVV. LAURA BEROGGI
A CURA DI PIERRE KAHN
1) Quale è la sua definizione del maltrattamento psicologico?
Il maltrattamento psicologico comprende una vasta gamma di comportamenti tendenti, consciamente o
inconsciamente, a ferire una o più persone nei sentimenti, noi rapporti interpersonali, nell'ambito delle scelte di vita e
dei convincimenti di fondo.
Per esemplificare, con riferimento al mio campo di attività, penso alla sofferenza provocata dall'alterarsi di certi
rapporti di coppia, all'atteggiamento di alcuni genitori nei confronti dei figli, al condizionamento del parentado verso la
coppia che si appresta a separarsi, alle lacerazioni che si manifestano talvolta nelle famiglie a causa di dispute di
natura successoria, al degenerare dei rapporti di vicinato.
2) Il fenomeno del maltrattamento psicologico è, più o meno frequente di altri disagi dal punto di
osservazione di un Pretore?
Nell'ambito delle sue attività, in quali settori specifici le è dato modo di riscontrare tali fenomeni? è difficile rispondere
a una domanda cosi formulata.
Occorre precisare che il Pretore nell'ambito delle sue funzioni non può indagare a fondo in un settore tanto delicato e
personale come quello del maltrattamento psicologico.
Nella marea di cause che sommerge le preture, solo alcune si presentano in tutta la loro drammaticità al Giudice
Civile.
Per molte altre risultano solo i dati finanziari, conseguentemente l'attenzione giuridica si concentra sull'aspetto
materiale, che occulta le tensioni più profonde dalle quali é stata generata la controversia.
Per fare un esempio, nella genesi di una vertenza di carattere ereditario ci possono si essere dei maltrattamenti
psicologici, di fronte al Pretore la disputa si manifesta però solo dal profilo finanziario, con un elenco di cifre relative
hai beni da spartire.
Al massimo il Pretore può ipotizzare la presenza di maltrattamenti psicologici da certi elementi che fuoriescono durante
le udienze.
3) Il maltrattamento psicologico "colpisce" tutte le fasce d'età ed ambedue i sessi?
Chi ne è maggiormente vittima se parliamo in termini di frequenza e per quale motivo secondo lei? Il Pretore
nell'ambito delle sue funzioni viene a conoscenza di talune sofferenze psicologiche.
È però molto difficile dire quali siano le fasce d'età e le persone più colpite, sia perché molte persone non esternano i
loro disagi sia perché non riescono neppure a esprimerli a causa del tempo limitato a disposizione durante le udienze,
che scandiscono con ritmo incalzante la giornata in Pretura.
Un discorso particolare va riservato ai bambini, perché mentre l'adulto ha, o dovrebbe avere, una personalità più
strutturata, che gli permetta di affrontare disagi psicologici anche marcati, il bambino è estremamente fragile e può
risultare irrimediabilmente traumatizzato da esperienze di maltrattamento psicologico.
Occorre poi sottolineare che il Pretore, diversamente da altri magistrati o professionisti, viene a conoscenza di
maltrattamenti psicologici per lo più nell'ambito di vertenze di natura familiare (separazioni, divorzi, richieste di
protezione dell'unione coniugale, ecc.).
In questi casi il Giudice incarica generalmente un esperto di occuparsi più a fondo del problema psicologico in cui si
dibatte il bambino e i suoi familiari.
Questo per prendere poi una decisione che risulti più idonea alle necessità del caso.
4) Quali sono i mezzi a disposizione di un Pretore per aiutare una vittima di maltrattamento psicologico?
Esistono secondo lei degli strumenti che non avete attualmente a disposizione ma che potrebbero esservi
utili?
Qual'è il suo punto di vista sul nuovo Diritto del divorzio ed in particolare sul maggiore spazio accordato al
parere del bambino?
Uno dei grossi problemi del Pretore oggi è il sovraccarico di lavoro; una maggiore disponibilità di tempo permetterebbe
al Giudice Civile di dedicarsi in modo più approfondito ai casi di maltrattamento psicologico che gli appaiono tali in
modo evidente.
Attualmente, il Pretore deve conciliare la tenuta delle udienze con la redazione delle numerose sentenze, oltre a
organizzare il personale della cancelleria, a cui competono molti compiti di carattere amministrativo.
A causa di ciò, quando il caso appare in tutta la sua gravità e si tratta, occorre pur sottolinearlo, di un numero limitato
di episodi, il Pretore consiglia o indirizza la persona vittima di maltrattamenti psicologici a specialisti del ramo
(consultori, centro coppia e famiglia, operatori sociali, psichiatri, psicologi, ecc.) che possono adeguatamente aiutarla a
risolvere i suoi problemi.
Il Pretore oggi in genere ascolta i bambini solo in pochissimi casi, poiché delega al servizio medico psicologico l'analisi
approfondita dei casi più difficili.
La generalizzazione di un ampio spazio riservato al parere del bambino, come proposto dalle nuove normative del
diritto del divorzio, mi sembra un grosso passo in avanti a tutela dei diritti del minore.
Non bisogna tuttavia dimenticare che il colloquio tra il bambino e il Giudice rappresenta un'esperienza difficile per il
minore.
Occorre però rammentare che i bambini contesi vengono spesso coinvolti dagli stessi genitori nella problematica della
vertenza e finiscono per attendersi molto dai Pretore.
In alcuni casi sporadici ho ricevuto lettere scritte dagli stessi bambini che mi chiedevano di aiutarli. Con le nuove
proposte legali sul divorzio questo aiuto potrà essere più tangibile.
Una specializzazione del ruolo dei Pretori con la designazione di un Giudice delle famiglie, cosi come già è stato attuato
a Lugano o avviene da tempo in alcuni cantoni confederati, potrebbe favorire un miglior approccio del Giudice a questi
problemi particolarmente gravi e delicati.
Laura Beroggi
avvocato
pretore di Mendrisio-Nord.
COMUNICATI IMPORTANTI
ATTENZIONE
Il segretario dell'Associazione svizzera perla protezione dell'infanzia ha cambiato sede.
Nuovo indirizzo:
Brunnmattstrasse 38
casella postale
3000 BERNA 14
Nuovo numero telefonico:
dal 25.9.93 - tel. 031/382 02 33
Nuovo numero del fax:
dal 25,9.93 - fax. 031/382 45 21
MANIFESTAZIONI
23 OTTOBRE 1993
Il Gruppo regionale della Svizzera orientale dell'ASPI terrà a San Gallo una giornata di discussione e formazione sulla
prevista creazione di un centro per il bambino maltrattato, a San Gallo.
Informazioni ulteriori presso il segretariato del Gruppo regionale.
19 NOVEMBRE 1993
ore 17.30 presso il Ristorante "CASA DEL POPOLO" a Bellinzona si terrà
l'ASSEMBLEA ANNUALE del nostro GRUPPO REGIONALE dell'ASPI.
19 NOVEMBRE 1993
ore 20.30 presso il Ristorante "CASA DEL POPOLO" a Bellinzona
l'avv. Werner Walser, pretore di Lugano, terrà una conferenza pubblica dal titolo:
IL BAMBINO NELLA PROCEDURA DI DIVORZIO.
20 NOVEMBRE 1993
sabato sarà la GIORNATA DEI DIRITTI DEL BAMBINO
Su invito dell'associazione "Difesa dei Bambini-Internazionale Sezione Svizzera" di Ginevra abbiamo sponsorizzato con
il contributo del "ROTARACT di Mendrisio"
il timbro che verrà usato per un mese, prima del 20 novembre, in tutte le macchine affrancatrici automatiche del
TICINO. Abbiamo pensato così di contribuire più concretamente alla sensibilizzazione dell'opinione pubblica in vista di
questa giornata.
HELP O FON PRIME ESPERIENZE
Sin dall'inizio di maggio Help-o-fon è entrato in funzione.
Con il numero 157 00 57 bambini e adolescenti possono essere consigliati, trovare sostegno e richiedere aiuto.
L'operazione si è svolta senza problemi.
Solo in poche parti della Svizzera ci sono state difficoltà a livello tecnico che saranno da risolvere in collaborazione con
le PTT.
Globalmente il numero di chiamate è diminuito, fatto che dovrebbe però modificarsi man mano che il nuovo numero
sarà più conosciuto dall'opinione pubblica.
Molti sono i colloqui seri e le comunicazioni di lunga durata.
I bambini e i ragazzi che necessitano di parlare in modo esteso dei loro problemi vengono richiamati. ln un primo
periodo sono state fatte innumerevoli chiamate di prova (da parte di bambini e adulti).
Più notorietà per il 157 00 57.
Sono stati intrapresi e si fanno tutt'ora grandi sforzi per rendere noto il nuovo numero telefonico e la nuova offerta per
bambini e giovani.
Grandi e piccoli sono stati informati con opuscoli, autocollanti, piccoli poster e libretti d'indirizzi.
Il primo set di materiale si è esaurito in pochi giorni e nemmeno una seconda edizione è stata sufficiente a colmare la
richiesta.
L'Help-o-fon naturalmente è felice di questo interesse dato che può essere utile solo se il numero 157 00 57 gode di
notorietà!
Sussiste inoltre una grande richiesta di materiale didattico.
L'Help-o fon spera di poterlo mettere a disposizione il più presto possibile.
La questione della tassa
Il fatto che Help-o-fon non fosse gratuito ha causato parecchie discussioni.
Le prime esperienze fatte però ci hanno confermato che si è trattata di una buona decisione.
Oggi i suoi utenti considerano questo servizio telefonico serio e le chiamate -scherzo che un tempo bloccavano le linee
durante il mercoledì pomeriggio sono diminuite.
Qualità
Al fine di migliorare la qualità e di offrire corsi di formazione sono stati creati dei gruppi di lavoro. Nella Svizzera
Francese e Tedesca sono stati organizzati, nelle scorse settimane, degli incontri tra gli addetti ai servizi di Help-o-fon e
gruppi di specialisti che li sostengono e accompagnano offrendo consulenza.
Essi hanno avuto la possibilità di conoscersi, di trasmettersi delle informazioni e di scambiarsi le prime esperienze.
Oltre alle questioni della qualità e della formazione è necessario risolvere una serie di altre problematiche.
I vari centri di Help-o-fon stanno per esempio mettendosi in contatto con esperti in materia, vari servizi di sostegno
(giuridici, psicologici, ecc.) in modo da poter risolvere con maggiore competenza i casi difficili.
Tratto da PRO JUVENTUTE "Jnfo" Nr. 4/93
Ruth Rutman
E possibile ordinare materiale Help-o-fon al seguente indirizzo:
Help-o-fon,
Seehfstrasse 15,
casella postale,
8022 Zurigo
(richiesta scritta con busta affrancata).
Help-o-fon. Telefono permanente per i bambini e giovani
LIBRI
Questa volta abbiamo rinunciato a segnalare dei libri per restare nel tema dell'abuso psicologico e in modo particolare
in quello dei bambini "vittime" del divorzio dei propri genitori.
Questioni familiari
Bollettino d'informazione della centrale per le questioni familiari dell'ufficio federale delle assicurazioni sociali, EffingerStrasse 33, 3003 BERNA- Nr.2, 1992.
La prise en considération des intèrêts des enfants dans le nouveau droi du divorce.
Josette Moullet Auberson dell'ufficio federale di giustizia presenta le proposte del nuovo diritto del divorzio ora in
consultazione.
L'avanprogetto dovrebbe comportare degli articoli che meglio salvaguardano gli interessi dei minori sia dal punto di
vista procedurale che materiale.
è fatto obbligo, ad esempio, al pretore (al giudice) di ascoltare il bambino prima di decidere sul suo destino (art.147 e
148)
L'art. 138 a linea 3 rappresenta una novità i quanto prevede la possibilità di lasciar esercitare l'autorità parentale ad
ambedue i genitori.
Un articolo da leggere tutto.
Un campo così importante come quello del divorzio meriterebbe una più ampia discussione nell'ambito pubblico
considerato che un matrimonio su tre va in contro a una rottura e che spesso, troppo spesso, chi ne esce perdente è il
bambino! (To).
Der spiegel
Nr. 33/anno 47, 16 agosto 1993.
Der Kampf ums Kind.
Non abbiamo mai citato in questa rubrico una rivista di lingua tedesca, credo comunque che la lettura di questo
recentissimo articolo sia sicuramente da consigliare a tutti quelli che conoscono il tedesco.
Anche se in stile giornalistico, si pensi che la copertina porta il titolo che tradotto suona "Bambino ostaggio, Divorzio:
la Vittima" vi troviamo tutti gli elementi di questa moderna tragedia che si ripercuote sul bambino.
In 20 anni la percentuale dei bambini coinvolti nel divorzio dei propri genitori e che vivono con un solo genitore, nella
Germania Ovest sono passati dal 2,1% al 5,2% di tutta la popolazione di età inferiore hai 18 anni.
Un articolo da leggere e che possa servire per una discussione anche a noi. (To).