Storia, trama e analisi del film "I due pericoli pubblici"

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Storia, trama e analisi del film "I due pericoli pubblici"
Storia, trama e analisi del film "I due pericoli pubblici"
Scritto da Mario Mangione
Sabato 30 Agosto 2008 15:55 - Ultimo aggiornamento Lunedì 22 Settembre 2008 22:15
La storia
Il film vede lo stesso Fulci impegnato nella scrittura della sceneggiatura insieme a Castellano e
Pipolo, alla loro terza collaborazione con il regista romano.
Le riprese, effettuate a Roma, iniziano il 30 novembre del 1964 e finiscono a metà dicembre, a
testimonianza di un film girato in fretta e furia.
La sigla d’inizio del film, dal titolo Sempre insieme, è cantata da Franchi e Ingrassia.
La trama
La vicenda inizia con il tentativo di truffa a un imprenditore milanese da parte di un pregiudicato
(Riccardo Garrone), conosciuto nell’ambiente malavitoso come “Il barone”, in collaborazione
con l’affascinante Floriana (Margaret Lee). Per compiere la truffa egli si spaccia per
l’ambasciatore del Marocco ma, ad una cena, viene riconosciuto dai due comici (che
interpretano i personaggi di Franco e Ciccio Introlia, due disoccupati sempre in cerca di lavoro),
lì nella veste di camerieri, che erano stati in carcere con il truffatore. Rivelata al collaboratore
dell’imprenditore la vera identità del "barone" essi gli fanno fallire il colpo e lo fanno arrestare,
mentre Floriana riesce a fuggire. Franco e Ciccio, così, vengono minacciati di morte da un
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burbero malvivente meglio noto come “lo Sfregiato” (Poldo Bendandi), che lavora per conto
della organizzatrice della truffa suddetta, tale Dora (Linda Sini). I due riescono a salvare la
propria pelle promettendo di realizzare dei colpi che possano ripagare Dora del milione perso
nel fallito raggiro. Così assistiamo a vari sketch su raggiri fallimentari dei due: dapprima essi
cercano di realizzare una truffa ai danni di una povera vedova. Travestiti da frati le cercano di
far credere invano che il marito, prima di morire, abbia manifestato l’intenzione di dare un
milione al loro convento; poi vi è il fallimento del furto di un quadro ad un museo;
successivamente tentano la fortuna con la truffa del finto incidente ai danni di un’ automobilista.
Infine non partecipano nei dovuti modi alla truffa della bisca clandestina su uno yacht,
organizzata da Dora con Floriana e lo Sfregiato, che verranno così arrestati. Da questo
momento in poi i due organizzeranno autonomamente altri colpi, che, ovviamente, non
riusciranno. Dapprima si travestono da vigili nel giorno della Befana, confidando di impadronirsi
dei tradizionali regali donati loro dalla cittadinanza. Poi si intrufolano all’interno del ministero
della guerra e, travestiti da generali (Franco è nelle vesti di Hitler), stanno quasi per ottenere un
milione per riformare dalla leva un ragazzo, ma Franco, preso dalla parte del generale
inflessibile, straccia l’assegno ottenuto. In seguito i due muoiono, dopo che Ciccio era riuscito
ad aprire la cassaforte piena di soldi del comando del ministero, poiché Franco ha
inconsapevolmente ordinato il lancio di due bombe atomiche sulll'edificio Infine i due, ascesi in
Paradiso, tenteranno addirittura di impadronirsi dell’aureola di San Pietro.
Analisi critica I titoli di testa vedono la consueta trovata a tema del regista: vengono fatti scorrere sullo sfondo
numerosi articoli di giornale che parlano di sensazionali furti.
Nel film si assiste ad un climax dei crimini perpetrati. Franco e Ciccio, da innocenti disoccupati
in cerca di lavoro arrivano addirittura a profanare il luogo della virtù perenne. L’idea del furto
dell’aureola di S. Pietro risulta irriverente ma pertinente allo spirito ribelle e fuori da ogni schema
di Fulci. Inoltre il regista mette alla berlina ogni categoria sociale: gli industriali, che con ogni
mezzo cercano di concludere affari vantaggiosi; tutti i ricchi membri della “buona” società, pieni
di vizi, tra cui quello del gioco; il clero, interessato solo ai propri vantaggi economici, non
compatendo i veri bisogni dei fedeli; i medici, saccenti e non attenti veramente alla salute dei
propri pazienti; i militari, delegati alla sicurezza della nazione e invece distratti da altre
occupazioni banali (nel film i militari che controllano l’ingresso del ministero permettono senza
problemi l’entrata di Franco e Ciccio poiché sono troppo impegnati ad ascoltare la partita Roma
– Napoli alla radio) oppure facilmente corruttibili con denaro affinché riformino i figli dei
“signorotti” dell’alta società.
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Molti sketch sono tratti dal bagaglio di esperienze di Franco e Ciccio e vengono uniti l’un l’altro
attraverso la sapiente regia di Fulci. Egli, come nelle migliori slapstick comedy o nei mute comic
film, molto spesso si limita a seguire con la macchina da presa le gag dei due, attraverso
lunghe riprese. Ma si intravede la sua abile mano nell’efficace montaggio di sequenze
sull’aeronautica militare, in gran parte immagini di repertorio, per far percepire la mobilitazione
della flotta aerea che deve sganciare la bomba atomica. Numerosi gli sketch da ricordare: dal tentativo di truffa alla vedova travestiti da frati alla truffa
nel museo con i due all’interno di armature, dall’esilarante chirurgo – Ciccio, che opera Franco,
al nascondersi dei due nel reparto alienati, travestiti da Napoleone e Giuseppina Bonaparte.
Vi è spazio persino per delle sequenze oniriche. I due, dopo aver fumato inavvertitamente della
marijuana, si baciano, invaghitisi l’un dell’altro, vedendo mutati e distorti i rispettivi connotati
sessuali (Franco vede Ciccia e Ciccio vede Franca).
Franco, inoltre, riprende l’esilarante imitazione di Hitler, uno dei suoi cavalli di battaglia già nella
posteggia, poi ripresa negli spettacoli teatrali e nei programmi televisivi.
Il filo conduttore di tutte le truffe della coppia è il loro travestimento. In nessun film finora
realizzato i due avevano cambiato così tanti costumi e personaggi. A differenza di quanto
affermato da Bertolino e Ridola nella monografia sulla coppia [1] , questo topos sembra essere
molto efficace a far scaturire la risata. Inoltre è il presupposto essenziale per favorire il
sarcasmo di Fulci nei confronti della società.
La pellicola segna un passaggio importante nella collaborazione di Franco e Ciccio con Fulci.
Dopo questo film il regista realizzerà prodotti in cui si registra una diminuzione delle gag visive
del duo a favore di un maggior numero di gag verbali, ricalcando lo stesso percorso comico del
grande Totò. Fulci di certo aveva intuito che la coppia non poteva stancamente riproporre le
proprie macchiette da avanspettacolo, così vedeva necessaria un’operazione di rinnovamento
per evitare che il duo si ripetesse troppo. Operazione che, senza dubbio, poteva scaturire solo
con la forte mediazione di chi scriveva la sceneggiatura o dirigeva i film, non dai soli Franco e
Ciccio, che non possedevano delle solide basi teatrali da cui far scaturire la vis verbale. Ma,
purtroppo, la consapevolezza del rinnovamento non si manifestò in gran parte dei successivi
registi che diressero il duo palermitano. Consapevole di ciò Fulci con perspicacia affermò: «c’è
stata l’inflazione dei loro film, e loro non avevano le spalle di un Totò. Totò si rinnovava, a modo
suo, loro no, e, pur essendo degli ottimi comici, hanno esagerato, si sono ripetuti troppo» [2] .
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Castellano e Nucci affermano che il finale tragicomico del film richiamerebbe alla lontana il tema
principale del celebre film Il dottor Stranamore, realizzato nello stesso anno da Stanley Kubrick
[3]
. Ma il paragone appare un po’ eccessivo. D’altronde può aver influito nell’idea lo stesso clima
storico degli anni di realizzazione del film.
Come riferito da Paolo Albiero, «fra una ripresa e l’altra de I due pericoli pubblici c’è spazio
anche per un divertente ritorno al suo passato da documentarista: Fulci realizza, per
La settimana Incom n. 02531
, il servizio:
Non sono d’accordo. Intervista a Ciccio Ingrassia e Franco Franchi
, della durata di 2,36 minuti, che esce il 11/12/1964. Nello speciale, che vede i due attori
indossare gli abiti di scena del film, Franco scherza mascherato da Hitler e anche Ciccio veste
un’uniforme nazista; i due comici vengono poi ripresi mentre ascoltano il regista Billy Wilder, in
visita agli stabilimenti di Cinecittà»
[4]
.
Il film esce durante le vacanze natalizie e la prima del film si tiene il 31 dicembre del 1964 al
cinema Siena di Cave (Roma). La pellicola, nonostante la velocità di realizzazione e l’esiguo
budget speso, otterrà un grande successo incassando £. 707.178.000, irutto della strepitosa
prova del duo palermitano. La critica, nonostante la bontà del prodotto, continua a non
apprezzare il fenomeno Franco e Ciccio. Duri i commenti al film e all’interpretazione dei due
siciliani. Castellano e Nucci riportano queste tre pesanti e insensate recensioni [5] :
«(…) Diretti dal regista Lucio Fulci, loro complice ormai recidivo, questi due squallidi esemplari
di certo “sottocinema” che infesta la produzione italiana e la umilia anche per via della tecnica
frettolosa e rudimentale, non si discostano neppure stavolta dai loro limiti risaputissimi (…) Sin
quando insomma continuerà il flagello, il fastidio, il continuo attentato all’intelligenza ed
all’educazione di questi due veri e propri ‘pericoli pubblici’ che sono Franchi e Ingrassia?».
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Anonimo, Gazzetta dl popolo, Torino, 28 febbraio 1965.
«Ancora un film di Franchi e Ingrassia, ormai è un tormento settimanale. (…) Come definire un
simile film? Squallido ma è troppo poco. E’ peggio, molto peggio».
Anonimo, Corriere d’Informazione, Milano, 8 febbraio 1965.
«Mai titolo più appropriato: Franchi e Ingrassia sono davvero due pericoli pubblici. Sono
pericolosi per il nostro equilibrio psichico, per il nostro sistema nervoso, per la serenità delle
nostre giornate. Pericolosi in quanto tremendamente coerenti con la loro linea di condotta
artistica (per modo di dire) che li tiene costantemente tesi sul livello di uno squallore comico
decisamente avvilente. Noi per essere obiettivi dobbiamo dire che non è che viviamo in
continuo allarme nell’attesa che un film dei due siculi rinnovi il nostro patire, ma è indubbio che
la quantità dei film dei due nostri comici riduce a zero la difesa delle nostre meningi e della
nostra anima. Si può dire che non passa una settimana o dieci giorni senza che un richiamo ci
desti, ci allarmi, ci sprofondi nella cupa disperazione: oggi dovrai incontrarti con Franco e
Ciccio. Non c’è scampo, non esiste via d’uscita. Anche se ci rifiutassimo il movente resta
sempre grave: avremmo dovuto incontrarci coi due siculi. Basta il supporre l’incontro per
distruggere il nostro sorriso, la nostra fiducia nella vita, la nostra speranza in un domani
migliore. Addio.».
E., Il nuovo cittadino, 6 marzo 1965.
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Mai testimonianza più evidente, soprattutto con la terza delle recensioni sopra citate, di un odio
preconcetto da parte del mondo critico che non riusciva, e ancora oggi non riesce, a percepire
le differenze fra i vari prodotti di Franco e Ciccio poiché li considera continuamente degli insani
esempi di comicità balorda. [1] Marco Bertolino, Ettore Ridola, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Gremese Editore
2003, p. 30. Essi infatti affermano: «l’insistenza su alcuni elementi della diegesi (in particolare il
topos del travestimento) abbassa irrimediabilmente la temperatura della pellicola».
[2] M. Giusti, Continuavano a chiamarli Franco e Ciccio, Arnoldo Mondadori Editore,
Milano 2004, p. 125.
[3] A. Castellano, V. Nucci, Vita e spettacolo di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia,
Liguori Editore, Napoli 1982, p. 167 .
[4] P. Albiero, Giacomo Cacciatore, Il terrorista dei generi – Tutto il cinema di Lucio
Fulci,
Edizioni Un mondo a parte, Roma 2004.
[5] A. Castellano, V. Nucci, op. cit., p. 142.
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