VALORI ETERNI

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VALORI ETERNI
VALORI ETERNI?
NO: TUTTO E’ STORICO!
Introduzione a Benedetto Croce1
In antitesi al positivismo non solo si sviluppa la corrente dello "spiritualismo", ma rinasce,
addirittura, l’"idealismo”. E rinasce perfino nel mondo anglossassone, perfino nei pragmatici
Usa. Tra gli italiani spicca Benedetto Croce. Sicuramente lo conosci già.
Certo: è il pensatore che ha redatto il manifesto degli intellettuali anti-fascisti, un manifesto
contro il totalitarismo ed ispirato ai valori "liberali".
E' vero: Croce, non solo ha redatto il Manifesto degli intellettuali anti-fascisti (nel '25, come
risposta al Manifesto degli intellettuali fascisti preparato da Giovanni Gentile), ma è stato un
punto di riferimento degli intellettuali che si opposero al fascismo. Dopo la guerra sarà una
figura di spicco dello stesso partito liberale (candidato alla stessa Presidenza della Repubblica).
Fino al '25, però, aveva sostanzialmente appoggiato il fascismo, nel senso che lo vedeva come
uno strumento per mettere in ginocchio le forze della sinistra (esaurito questo compito, la
classe liberale avrebbe potuto continuare - con le mani pulite - a gestire la cosa pubblica).
Croce afferma che la storia non è mai "giustiziera”, ma sempre "giustificatrice”. Cosa ne dici?
Mi pare, come minimo, incoerente: come può opporsi al fascismo se gli eventi storici (e il
fascismo non è un evento storico?) non vanno condannati, ma giustificati?
Una considerazione pertinente. Per Croce, come per Hegel, ciò che è reale è razionale: ogni
evento storico, quindi, per lui ha una sua ragion d'essere, una sua razionalità. Sotto questo
profilo, quindi, avrebbe dovuto considerare il fascismo come un evento razionale. E, invece,
no. Per lui è razionale anche l'imperativo morale, vale a dire la coscienza morale. Dopo la firma
del Concordato tra lo Stato e la Chiesa, ad esempio, ebbe a dire in Senato "di fronte agli
uomini che stimano Parigi valer bene una messa, sono altri pei quali l'ascoltare o no una
messa e' cosa che vale infinitamente di più di Parigi, perché è affare di coscienza".
Per Croce la storia non è un Tribunale che condanna o che assolve, che biasima o che loda. Il
giudizio dello storico è al di là delle parti, al di là della mischia: lo storico deve conoscere,
comprendere, e basta. Cosa ne dici?
Mi pare una tesi accettabile: lo storico non deve lasciarsi travolgere dalle passioni politiche o
da sentimenti morali, ma deve cercare le ragioni per cui, ad esempio, ha vinto Mussolini contro
la classe liberale.
Questa l'ottica di fondo di Croce, ottica che avrebbe dovuto portarlo a giustificare lo stesso
fascismo.
Per Croce la storia non si ricostruisce con i "se”. Cosa ne dici?
Perché no? E' vero che la storia è quella che è, ma e' anche vero che la storia avrebbe potuto
essere diversa "se" gli uomini (o determinati uomini - da Cesare a Napoleone ad un partito - )
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Nasce a Pescasseroli negli Abruzzi nel 1866. Compie gli studi ginnasiali in un collegio religioso. Nel 1833 perde i
genitori ed una sorella in un terremoto (un trauma che lo segnerà per sempre). Vive presso la casa del celebre zio Silvio
Spaventa dove conosce gli uomini liberali più illustri del tempo. Si iscrive alla facoltà di giurisprudenza. Segue con
interesse le lezioni di Antonio Labriola che lo introduce al marxismo. Nel 1900 pubblica "Materialismo storico ed
economia marxista". Nel 1866 si trasferisce a Napoli dove, tra l'altro, pubblica la "Rivoluzione napoletana del 1977" e
"La Spagna nella vita italiana durante la Rinascenza". Nel 1914 pubblica "Breviario di estetica". Nel 1903 fonda con
Giovanni Gentile la rivista "La Critica". Per i tipi di Laterza escono: "Ciò che è vivo e ciò che è morto della filosofia di
Giorgio Hegel, "La filosofia di G. B. Vico", "Estetica", "Teoria e storia della storiografia". Nel 1910 è nominato
senatore. Nel 1921 è chiamato da Giolitti a coprire la carica di Ministro della Pubblica Istruzione. Dopo il delitto
Matteotti e le leggi fascistissime del 1925 diventa il punto di riferimento degli intellettuali anti-fascisti (vedi il
Manifesto"). Numerosi i saggi di critica letteraria e storiografici: "Shakespeare", "La poesia di Dante", "Storia della
storiografia italiana nel secolo XIX, "Storia d'Europa nel secolo XIX. Dopo il discorso contro il Concordato (nel 1929)
pronunciato in senato, si ritira dalla vita politica attiva, ma continua il suo antifascismo a livello culturale. Tra le sue
ultime opere: "La storia come pensiero e come azione". Muore nel 1952.
avessero fatto scelte diverse. Se non considerassimo il "se", uccideremmo la "libertà" che è la
caratteristica dell'uomo: la storia non è ineluttabile, ma dipende dalle scelte degli uomini!
Un punto di vista legittimo: tu vuoi mettere in evidenza il fatto che la storia non è un processo
necessario in quanto ha come protagonista l'uomo che è libero. L'ottica di Croce,
naturalmente, è diversa: per lui la storia ha come soggetto lo Spirito. Non si tratta,
naturalmente, di uno Spirito (Provvidenza) trascendente, ma "immanente” alla stessa storia.
Croce arriva ad affermare che la "filosofia” si risolve nella comprensione della "storia", nella
"storiografia". Per lui una filosofia che pretenda di essere al di sopra della storia ed occuparsi di
problemi eterni non può che produrre dispute interminabili ed inconcludenti. Per Croce non
esistono problemi filosofici insolubili: per lui si tratta di comprendere le ragioni storiche per cui
sono nati. Cosa ne dici?
Mi sembra che Croce rinunci proprio agli interrogativi che sono propri dell'uomo, agli
interrogativi cioè eterni, quali quelli sul senso del mondo, della vita.
Un punto di vista legittimo. Croce ha un'ottica diversa. Per lui tutto è storia (anche il sasso è
un "evento” - una realtà che resiste alle forze di disgregazione). Così i problemi filosofici. Una
concezione che hai visto anche nello "storicismo” tedesco.
Tutto è "storia": la concezione crociana è definita "storicismo assoluto". Non vi è niente di
sovrastorico: né idee, né valori, né filosofie. E non esistono, quindi, valori eterni con i quali è
legittimo giudicare la storia. Croce - come Hegel - contrappone lo storicismo all'illuminismo che
ha osato valutare e condannare intere epoche storiche in base a presunti valori razionali eterni.
Croce, in altre parole, punta il dito contro l'intelletto "astratto" che pretende separare "l'ideale"
dal "reale": ciò che è reale è razionale - ripete con Hegel. Più approfondiamo Croce, dunque, ci
rendiamo conto dell'incoerenza dell'anti-fascismo crociano, del suo opporsi al fascismo in nome
di "ideali morali".
Probabilmente tu conosci Croce non solo per il suo Manifesto degli intellettuali antifascisti, ma
anche per la sua concezione dell'arte. Vero?
Sì. So che Croce ha teorizzato la piena autonomia dell'arte dalla morale: un'opera d'arte - dal
romanzo al film al teatro alla pittura - non può essere valutata sulla base di valori morali,
quand'anche rappresentasse situazioni oscene.
E' vero: per Croce l'arte non è subordinata a valori morali, ma è amorale. Lo scopo dell'arte è
l'arte stesso; lo scopo del bello è il bello stesso. L'artista non ha nessun compito di insegnare
valori morali.
L'arte, per Croce, non solo deve essere subordinata alla morale, ma neanche alla "verità",
neanche al "piacere", neanche all’"utile”: l'arte è, appunto, in funzione di se stessa. Perché?
Ci provo: perché l'arte - ho presente la concezione dell'arte sia di Schelling che di Hegel – è
una forma di "conoscenza". Come potrebbe la conoscenza essere funzionale ad altro da sé?
E' così: per Croce - in sintonia con l'idealismo tedesco - l'arte è una forma di "conoscenza” (la
chiama "visione”, "intuizione”). Non si tratta, tuttavia, della conoscenza concettuale o
filosofica: l'intuizione artistica ha come oggetto l'immagine in quanto immagine e non si pone il
problema della corrispondenza di tale immagine al vero.
Proprio perché è una "visione", un’"intuizione" (una conoscenza intuitiva), l'arte non si può
definire né morale né immorale, né è subordinata alla verità o all'utile. Eventuali messaggi
morali, o religiosi, o filosofici contenuti in opere d'arte non sono gli scopi dell'arte, ma sono
elementi intrinseci alla stessa "intuizione" (ne sono parte integrante). Croce arriva ad
identificare l’"intuizione” con l’"espressione”: per lui ogni "intuizione” artistica è sempre
"espressione”. Cosa ne dici?
Non mi convince: io potrei essere capace di intuire, immaginare la Gioconda, senza essere
capace di esprimerla con colori...
E' la classica obiezione che si è fatta a Croce, una obiezione per lui infondata. Non è vero che
la Gioconda tutti la possono immaginare e solo Leonardo l'ha saputa concretizzare, grazie alla
sua abilità tecnica, con colori, prospettiva...: dire che si può immaginare una figura, senza
essere in grado di esprimerla è falso (se uno non e' in grado di esprimerla, vuol dire che non
l'ha effettivamente immaginata quella figura; così pure chi dice di avere grandi pensieri che
però non riesce ad esprimere col linguaggio, di fatto quei grandi pensieri non li ha - se li
avesse, troverebbe le parole adeguate - ).
Per Croce un conto è l’"espressione” che un tutt'uno con l’"intuizione” ed un conto
l'estrinsecazione dell'espressione (tramite delle "tecniche”), estrinsecazione che non appartiene
all'attività artistica, ma a quella pratica. Cos'è che caratterizza l'intuizione artistica? Per Croce
è il "sentimento”: l'intuizione artistica è un’"intuizione lirica”. Si tratta di un sentimento che ha
perso qualsiasi asprezza, che "ha subito - come dice S. Guglielmino in "guida al novecento"
(Principato), pag. 84 - quasi un processo di decantazione”.
Altre caratteristiche dell'arte? Per Croce la distinzione in "generi letterari" (epico, comico... ) è
un'operazione estranea all'arte: nell'arte non esistono generi letterari. Non esiste neanche la
"bellezza fisica": la bellezza è solo nell'intuizione lirica, non nelle cose. Il poeta, poi, si
identifica con la sua "poesia".
Cosa dici della concezione complessiva dell'arte da parte di Croce?
Ho la sensazione che la rigida distinzione tra l'intuizione lirica e altre attività del pensiero
(penso alla filosofia, alla morale, alla politica) impedisca di comprendere appieno opere d'arte
di grandissimo livello - cito solo Lucrezio, Dante, Manzoni, Leopardi - che sono impregnate di
concezioni filosofiche e morali. Non capisco perché mai l'artista non possa avere ispirazione da
ideali politici o religiosi...
E' questa una critica classica che è stata fatta a Croce. Tieni, comunque, presente che Croce
non nega all'artista la possibilità di esprimere dei messaggi morali o filosofici o religiosi: per lui
nelle opere d'arte tali messaggi sono parte integrante dell'intuizione artistica (non elementi
estrinseci).
Un conto, quindi, (per Croce) è l'arte ed un conto la filosofia: si tratta di due attività dello
Spirito che sono "distinte” tra loro. In questo Croce prende le distanze da Hegel: non esistono
solo gli "opposti”, ma i "distinti". Per il filosofo napoletano le attività dello Spirito non sono
opposte tra loro, ma distinte: distinta - come abbiamo detto - la conoscenza artistica da quella
logico-concettuale della filosofia, come è distinta l'attività teoretico-conoscitiva da quella
pratica (economia e morale). Questo non significa che gli opposti non esistono. Questi esistono
all'interno di ogni attività: il "bello" il "brutto" nella conoscenza artistica, il "vero" e il "falso"
nella conoscenza logico-concettuale", l'"utile" e il "dannoso" nell'economia, il "bene" e il "male"
nella morale.
Lo Spirito, quindi, è "Pensiero" (attività conoscitiva grazie alla "fantasia" e all’"intelletto") e
"Azione"-Volontà (attività economica e attività morale). L'arte è conoscenza intuitiva del
"particolare" nel senso che ha a che fare con stati d'animo individuali, mentre la filosofia ha a
che fare con concetti universali. Così l'economia ha a che fare col perseguimento di un fine
particolare (l'utile), mentre la morale ha a che fare col bene universale. Cosa ne dici?
Mi sembra una distinzione tanto ovvia che non riesco a capire come mai Hegel non l'abbia
colta: come potrebbero l'arte e la filosofia essere considerate degli opposti?
In Hegel l'arte e la filosofia non sono opposti: la filosofia è la "sintesi" di arte e di religione (e
nella sintesi gli opposti - in questo caso arte e religione - non sono annullati, ma conservati,
conservati come distinti). Si potrebbe - utilizzando la logica crociana - porsi la domanda se
l'arte sia una forma di conoscenza opposta a quella della religione o non, invece, distinta.
A questo punto è il caso di approfondire il senso della "filosofia" ed, in particolare, distinguerla
dalla "scienza". Per Croce la filosofia (la conoscenza logico-intellettva) ha come oggetto non
delle "immagini", ma dei "concetti". Così pure la scienza. Ma vi è una differenza fondamentale
tra filosofia e scienza: i concetti della filosofia non sono solo "universali", ma anche "concreti",
mentre i concetti della scienza sono solo astratti. I concetti della scienza vengono così chiamati
"pseudo-concetti". Cosa ne dici?
Si tratta di una distinzione che non mi convince. Che i concetti della scienza siano astratti mi
pare una verità sacrosanta: quando mai si può osservare la "massa"? Ma... come si fa a
sostenere che i concetti della filosofia sono "universali concreti"? Forse che il concetto di
"essere", di "Dio", di "libertà" non sono astratti?
Tieni presente che Hegel - e Croce segue Hegel - considera il concreto come la "sintesi degli
opposti": sono quindi astratti i contenuti della scienza, ma concreti gli oggetti della filosofia.
Croce, a differenza di Hegel, dice però che la scienza non è un prodotto dell’"intelletto”, ma
dell'attività economica: sulla lunghezza d'onda di altri pensatori (vedi Mach), Croce sostiene
che il valore della scienza non è conoscitivo, ma di utilità (la scienza serve ad ordinare le
nostre esperienze e favorire la memoria).
Croce, quindi, svaluta la scienza - la scienza mitizzata, assolutizzata dal positivismo - ancor di
più di quanto avesse fatto Hegel: per Croce non è neanche un sapere (altro che il sapere più
elevato, il sapere dell'umanità matura!), ma viene ridotta ad attività "pratica”. Cosa ne dici?
Mi pare che Croce - come tutto l'idealismo - sia del tutto incapace di comprendere il valore
della scienza: come si fa a non riconoscere le grandi scoperte (dalla rivoluzione copernicana
alla legge della gravitazione universale al Big Bang al mondo sub-atomico) effettuate dal
progresso scientifico?
Che la scienza abbia avuto un progresso è un fatto. Ma... in che consiste questo progresso? Le
teorie scientifiche sono "scoperte” delle leggi eterne della natura come pensava Galileo, o
semplici "teorie" la cui certezza non è mai assoluta?
Croce colloca nell’"attività pratica" dell'economia anche il "diritto", le "leggi", l’"attività politica",
la vita stessa dello Stato. Cosa ne dici?
Mi pare in perfetta sintonia con Hegel: per Hegel, infatti, non esistono diritti "naturali", ma il
diritto è tale in quanto convenzionalmente stabilito dallo Stato per l'utilità dei cittadini.
Tieni presente che per Hegel lo Stato ha un valore "etico” e non meramente utilitario. Croce è,
in questo, sulla lunghezza d'onda, ad esempio, di Hobbes. E' vero, comunque, che per Hegel il
diritto non è qualcosa di naturale, ma di stabilito dallo Stato.
Vediamo di chiarire ulteriormente il concetto di "filosofia". Abbiamo detto che ha come oggetto
l’"universale concreto", vale a dire la "sintesi degli opposti" e la "sintesi dei distinti". Ma cos'è
questo universale concreto? E' lo stesso Spirito come sintesi di Pensiero e di Volere, e' lo
Spirito come processo storico. Il filosofo è tale in quanto comprende la storia viva, concreta
(non la storia dei "se", non la storia valutata con "ideali" separati dal "reale"), la storia come
razionalità, come lo sviluppo reale dello Spirito.
Per questo - secondo Croce - il "giudizio filosofico" coincide col "giudizio storico" (giudizio che
risponde sempre ai bisogni della situazione del presente: ogni storia è sempre "storia
contemporanea"). Cosa ne dici?
Mi pare un'ottica accettabile: se la filosofia ha l'ambizione di cogliere l'Intero (e non la parte),
non vedo altro Intero che la Storia che si fa, che si realizza. Del resto Hegel non diceva che la
filosofia è come la civetta che si alza al tramonto del sole? In altre parole, non diceva Hegel
che la filosofia è la comprensione della razionalità di un'epoca quando si è conclusa?
Un punto di vista legittimo. Tieni, comunque, presente il rischio che più volte abbiamo
sottolineato in questo viaggio: il rischio di arrivare a giustificare tutto. E' vero che Croce non è
arrivato a giustificare il fascismo, ma forse con un certa incoerenza.
Alla fine di questo viaggio su Croce (uno dei più grandi intellettuali del '900 ed uno degli
intellettuali italiani più conosciuti all'estero: molte sue opere sono state tradotte in numerose
lingue), è il caso di dire che Croce ha riscoperto l'idealismo grazie ai suoi interessi giovanili per
il marxismo: è grazie proprio a questi studi che ha sentito il bisogno di risalire ad Hegel.