Tim Robbins: inseguo l`arte di rompere tutti gli schemi

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Tim Robbins: inseguo l`arte di rompere tutti gli schemi
r.
ià
FESTIVAL DEI 2 MONDI/AGF
L'attore durante il concerto «Tini Robbins & Friend», dove è accompagnato sul palco anche dal figlio e dalfratello
Tim Robbins: inseguo l'arte
di rompere tutti gli schemi
Il divo a Spoleto in concerto e con due spettacoli teatrali
Intervista
MICHELA TAMBURRINO
INVIATAASPOLETO
V
edere un divo dì Hollywood fare prove tecniche in
canotta, camicia sbrindellata e sneakers, cantare in una
balera nella valle del nulla, regala
forti emozioni. Tim Robbins è più
di una star, incarna il volto pensante di un certo cinema e il fatto
che sia bello da morire, nulla toglie al suo intelletto, anzi, sono
fortune che si sommano. Al Festival dei Due Mondi di Spoleto porta tre spettacoli per tre studi differenti di linguaggio e di emozioni. Un concerto con sue musiche
dedicato ai migranti, ai disperati,
ai discriminati; 1984 da Orwell:
«Una saga del potere rivisitata.
Nella nostra versione all'inizio ci
sarà l'uomo incappucciato nella
prigione di Abu Ghraib, e la guerra in Iraq»; dunque unHarlequino
on to Freedom che non è solo reinterpretazione ma un nuovo modo di parlare di temi importanti.
Robbins, partiamo dal concerto,
cantare e suonare con figlio e
fratello al seguito, una bel divertimento, no?
«Adoro suonare ma non è solo
questo. Quando canto Queens
ofDreams penso al dovere morale che abbiamo tutti e che riguarda l'aprire le porte ai rifugiati. Canto di una donna che
fa un sogno di speranza sul
proprio uomo che è su un gommone in mare e finisce con un
lungo lamento doloroso. Tim
Robbins & Friends riassume la
mia carriera musicale come la
mia carriera di regista e pro-
MEDIA
duttore trova una sua sintesi
anche in 1984. Ho realizzato
più di 150 spettacoli e ho privilegiato quelli che ritenevo di
maggiore impatto sociale. Un
impegno verso chi ci sta accanto e che realizzo anche attraverso stage per studenti a
rischio o per detenuti».
Anche «Libertà per Arlecchino»
rompe con gli schemi classici
nella quale questa maschera è
stata incardinata?
«Certo, è un Arlecchino diverso,
una rivisitazione della Commedia dell'Arte. Tutto è partito anni
fa da una conversazione con Dario Fo. Fu allora che scoprii la forza di questo personaggio, lui mi
fece vedere la sua bellezza. Poi
con Fo ci siamo scritti lunghe lettere e l'argomento è stato approfondito. Una figura con un carattere che si adatta a tutti i possibili
scenari. È una storia che funzio-
na a Spoleto come a Bali o a New
York. Una tradizione che si recita
e che si balla, che ha toccato
l'America e che è molto italiana. Il
mio Arlecchino non è così furbo,
almeno non come gli Arlecchini
ai quali siamo abituati, è eroico e
ha accanto una Colombina meno
servetta e più rivendicativa. Possiamo dire che il mio è un inno alla libertà. Anche di genere».
Questo è il fascino principale?
«Mi elettrizza la parte primordiale, quella non scritta. Noi conosciamo i testi della commedia,
quelli che sono arrivati a noi, per
come ce li ha consegnati, primo
tra tutti, Carlo Goldoni. Ma i giullari, loro esistevano da molto prima, le loro maschere erano già lì
con le loro improvvisazioni, i loro
canovacci. Trasportavano notizie senza essere predicatori, erano precisi, divertenti, raccontavano dei ricchi e dei poveri, dei
paesi e delle usanze differenti,
raccontavano amore e speranze
fino alle scoperte della scienza.
Nel lavoro che debutterà il 7 luglio al Festival di Spoleto e che
abbiamo sperimentato nelle carceri californiane, Arlecchino parla della differenza tra schiavo e
servo, dell'Africa dalla quale è
stato strappato. Che c'è di più
moderno?».
Torniamo alla musica. Quando si
è scoperto musicista.
«Forse lo sono da sempre. Mio
padre lo era e anche mia madre.
A10 anni ho cominciato a capire
che era un mondo importante
per me. Con gli anni mi sono affinato nella scrittura oltre che nell'esecuzione. Devo ringraziare
comunque i grandi artisti della
mia band come Jack Pinter, polistrumentista inglese che ha suonato con Faithfull e Yoko Ono,
Noel Langley con la sua celebre
tromba e tutti gli altri, parenti
compresi».
© BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
Ho scoperto grazie
a Dario Fo Arlecchino
Il mio parla della
differenza tra schiavo
e servo e l'ho provato
nelle carceri americane
Tim Robbins
Attore, regista e
sceneggiatore
La band
Rgruppo
musicale di
Tim Robbins
include
Jack Pinter,
polistrumentista inglese
che ha
suonato con
Faithfull e
Yoko Ono, e
Noel Langley
(foto sopra)
con la sua
celebre
tromba
Da regista
A sinistra,
una scena di
«Harlequino:
onto
Freedom»
scritto e
diretto da Tim
Robbins
Qui a fianco,
«1984» di
George Orwell,
adattato da
Michael Gene
Sullivan
per la regia
di Robbins:
«Una saga
delpotere
rivisitata - dice
Robbins - dove
c'è un uomo
incappucciato
nella prigione
diAbu Ghraib
e la guerra
in Iraq»
L'impegno
Tim Robbins
ha realizzato
più di 150
spettacoli
a sfondo
sociale. Un
impegno che
realizza pure
con stage per
studenti a
rischio e per
detenuti
Musicista lo sono da
sempre. Ma mi sono
affinato. Qui canto
del dovere morale che
abbiamo tutti di aprire
le porte ai rifugiati
MEDIA
Spettacoli I 31
®
(immilli l'rsTFU
Colonna sonora
Sul lago d'Oria
risorge il clima
delle mitiche
"Schtibertiadi"
V
La band
llgruppa
musicale di
Tim Robbins
include
Jack Pinter,
palistrumenHsta inglese
die ha
suonato con
Faithfull e
Yoko Ono, e
Noci Lungley
(foto sopra)
con la sua
celebre
tromba
L'impegno
Tìm Robbins
ha realizzato
più di 150
spettacoli.
a sfondo
sociale. Un
impegno che
realizza pure
con stage per
studenti a
rischioeper
detenuti
edere un divo di Hollywood fare prove tecniche in
canotta, camicia sbrindellata e sneakers, cantare iu una
balera nella valle del nulla, regala
forti emozioni. Tim Robbins è più
di ima stai; incarna il volto pensante di un certo cinema e il fatto
che sia belio da morire, nulla toglie al suo intelletto, anzi, sono
fortune c h e a sommano. Al Festival dei Due Mondi di Spoleto porta tre spettacoli per tre studi differenti di linguaggio e di emozioni. Un concerto con sue musiche
dedicato ai migranti, ai disperati,
ai discriminati; 1984 da Orwell:
«Una saga elei potere rivisitata.
Nella nostra versione all'irridili ci
sarà l'uomo incappucciato nella
prigione di Abu Ghraib, e la guerra in Iraq»; dunque miHarleqtrino
on toFreedom che non è solo reinterpretazione ma un nuovo modo di parlare di temi importanti
Robbins, partiamo dal concerto,
cantare e suonare con figlio e
fratello al seguito, una bel divertimento, no?
«Adoro suonare ma non è solo
questo. Quando canto Queens
ofDreams penso al dovere morale che abbiamo tutti e che rig u a r d a l'aprire le porte ai rifugiati. CanLo di una donna che
fa un sogno di speranza sul
proprio uomo che è su un gommone iu m a r e e finisce con u n
lungo lamento doloroso. Tim
Habbins & Friendu riassume la
mia carriera musicale come la
mia c a r r i e r a di regista e produttore trova u n a sua sintesi
anche in 1984. Ho realizzato
più di 150 spettacoli e ho privilegiato quelli che ritenevo di
maggiore impatto sociale. Un
impegno verso chi ci sta accanto e che realizzo anche attraverso stage per studenti a
rischio o per detenuti».
Anche «Libertà per Arlecchino»
rompe con gli schemi classici
nella quale questa maschera è
stata incardinata?
«Certo, è un Arlecchino diverso,
una rivisitazione della Commedia dellArte. Tutto è partito anni
fa da una conversazione con Dario Fo. Fu allora che scoprii la forza di questo personaggio, lui mi
lece vedere la sua bellezza. Poi
con Fo ci siamo scritti lunghe lettere e l'argomento è stato approfondito. Una figura con un carattere che si adatta a tutti i possibili
scenari. È una storia che funziona a Spoleto come a Bali o a New
York. Una tradizione che si recita
e che si balla, che ha toccato
C
Tini Robbins £ Friend», dove e accompagnato sul palco anche dal figlia e dal fratello
Tim Robbins: inseguo l'arte
di rompere tutti gli schemi
TI divo a Spoleto in concerto e con due spettacoli teatrali
Musicista lo sono da
sempre. Ma mi sono
affinato. Qui canto
del dovere morale che
abbiamo tutti di aprire
le porte ai rifugiati
Ho scoperto grazie
a Dario Fo Arlecchino
Il mio parla della
differenza tra schiavo
e servo e l'ho provato
nelle carceri americane
Tim Robbins
Attore, legista a
sceneggiature
l'America e che è molto italiana. Il
mio Arlecchino non è così furbo,
almeno non come gli Arlecchini
ai quali siamo abituati, è eroico e
ha accanto una Colombina meno
servetta e più rivendicativa. Possiamo dire che il mio è un inno alla libertà. Anche di genere».
Questo è il fascino principale?
«Mi elettrizza la parte primordiale, quella non scritta. Noi conosciamo i testi della commedia,
quelli che sono arrivati a noi, per
come ce li ha consegnati, primo
tra tutti, Carlo G oldoni. Ma i giullari, loro esistevano da molto prima, le loro maschere erano già lì
con le loro improvvisazioni, i loro
canovacci. Trasportavano notizie senza essere predicatori, erano precisi, divertenti, raccontavano dei ricchi e dei poveri, dei
paesi e delle usanze differenti,
raccontavano amore e speranze
fino alle scoperte della scienza.
Nel lavoro che debutterà il 7 luglio al Festival di Spoleto e che
abbiamo sperimentato nelle carceri californiane, Arlecchino parla della differenza tra schiavo e
servo, dellAfrica dalla quale è
stato strappato. Che c'è di più
moderno?».
Torniamo alla musica. Q u a n d o si
é scoperto musicista.
«Forse lo sono da sempre. Mìo
padre lo era e anche mia madre.
A 10 anni ho cominciato a capire
che era un mondo importante
per me. Con gli anni mi sono affinato nella scrittura oltre che nell'esecuzione. Devo ringraziare
comunque i grandi artisti della
mia band come Jack Pinter, polistruinenlista inglese che ha suonato con Faithfull e Yoko Ono,
Noe! Langley con la sua celebre
tromba e tutti gli altri, parenti
compresi».
Da regista
A sinistra,
una scena di
«Harlequino:
onta
Frecdom»
scrìtto e
diretto da Tim
Robbins
Qui a fianco,
«1.984» di
George Orwell,
adattato da
Michael Gene
Sullivan
per la regia
dìHobbins:
«Una saga
del potere
rivisitata - dice
Robbins - dvve
e e un uomo
incappucciato
nella prigione
di Abu Ghraib
e la guerra
in Iraq»
STRAORDINARIO! IL JACKPOT HA SUPERATO
MEDIA
omincia la stagiona
della musica sui laghi.
H primo richiamo viene da «Orta Festival» che si
svolge dall'8 al 27 luglio sfruttando come sempre gli ambienti più ospitali e sonori di
questi luoghi bellissimi: la
Basilica dell'Isola di San Giulio (sede dell'inaugurazione,
con l'Orchestra da camera di
Milano diretta da Amedeo
Monetti, musiche di Haydn e
Mozart), la Chiesa di Santa
Maria Assunta, che è la sede
abituale, e la Madonna della
Luzzara a Gozzano. Ancora
Amedeo Monetti dirige l'Ensemble del Festival assieme
al flautista Flavio Alzati e all'arpista Elena Corna in
un'attraente combinazione
di musiche di Bach, Debussy,
Bartk e Respìghi («Antiche
danze ed arie»), tutte ispirate allo spìrito più raffinato
della danza.
Interessantissima si annuncia la possibilità di ascolt a r e l'Aria con trenta Variazioni di Bach, le famose Variazioni Goldberg, in due esecuzioni, una sul clavicembalo
(Davide Pozzi) l'altra sul pianoforte (Beatrice Rana); uno
degli appuntamenti più attraenti ha per titolo <tLa felicità inseguita: Schubert, l'ultimo anno» in cui la pianista
Maria Clara Monetti e l'estro
teatrale di Sandro Cappelletto (voce Barraste) si uniscono per far risorgere il clima
delle leggendarie Schubertiadi, puntando sulla miracolosa creazione di capolavori
nati ueU'«ultimo aimo» di vita di Schubert.
Ancora in cartellone due
q u a r t e t t i con pianoforte
(Brahms e Fauré) a cura del
Piano Quartet, un recital di
Alessandro Taverna, giovane pianista fra i più interessanti con un programma di
Debussy e Ravel a confronto.
L'ultima parola va al Quartetto d'archi Zaìde, cui si unirà il violoncello di Matteo Pigato per il Quintetto in do
maggiore di Schubert: opera
dell'ultimo anno di attività
del compositore, che attraversa tutta la manifestazione
come struggente legame.