marshall mcluhan attraverso il cinema: teoria

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marshall mcluhan attraverso il cinema: teoria
MARSHALL MCLUHAN ATTRAVERSO IL CINEMA: TEORIA,
RAPPRESENTAZIONE E RIAPPROPRIAZIONE
Laurea Specialistica in Letterature Comparate e Culture postcoloniali
Tesi di Laurea in Letterature Anglo-Americane (III sessione A.A. 2009/2010)
Presentata da: Dott.ssa Monica Rossi
Relatore: Dott.ssa Elena Lamberti
Correlatori: Dott. Francesco Barbieri e Dott. Giacomo Manzoli
INDICE
CAPITOLO 1 - MCLUHAN E LE TEORIE DEL CINEMA
1.1
IL SECOLO DEI MEDIA
1.1.1
Un quadro storico
1.1.2
Alcuni concetti chiave
1.1.3
Breve storia e pre-istoria del cinema
1.1.4
Il cinema tra arte e industria
1.2
MCLUHAN E IL MEDIUM CINEMA
1.2.1
The Medium Is The Message
1.2.2
The Reel World
1.2.3
Cinema versus televisione
1.3
DOPO MCLUHAN
1.3.1
Cinema totale
1.3.2
Cinema e realismo
1.3.3
Cinema e fantastico
1.3.4
Cinema e psicologia
1.4
CINEMA, SOCIETA’ E TECNOLOGIA
1.4.1
Oltre il senso del cinema
1.4.2
La psico-tecnologia
1.4.3
New media e cultura convergente
CAPITOLO 2 - MCLUHAN COME SOGGETTO CINEMATOGRAFICO
2.1
IL VERO MARSHALL MCLUHAN
2.1.1
Il professor Marshall McLuhan
2.1.2
The McLuhan Explosion
2.1.3
Dall’archetipo al cliché
2.2
MCLUHAN INTERPRETE DI SE STESSO
2.2.1
Annie Hall e il filosofo pop
2.2.2
McLuhan pro e contro: il dibattito americano
2.2.3
McLuhan pro e contro: il dibattito italiano
2.3
MCLUHAN DA UOMO A PERSONAGGIO
2.3.1
Il cinema delle mutazioni
2.3.2
Videodrome e la tele-visione
2.3.3
Il professor O’Blivion
2.4
LA RISCOPERTA DI MCLUHAN: IL DOCUMENTARIO
2.4.1
Risvegliando il grammatico
2.4.2
Finnegans Wake versus McLuhan’s wake
2.4.3
Laws of Media
CAPITOLO 3 - MCLUHAN E IL CINEMA DI WIM WENDERS
3.1
WIM WENDERS ATTRAVERSO MCLUHAN
3.1.1
Il cinema della percezione
3.1.2
Uno sguardo comune sul mondo
3.2
ALICE NELLE CITTA’
3.2.1
Felix contro Narciso
3.2.2
Dalla scrittura alla fotografia
3.2.3
Televisione e immagini
3.2.4
Alice e il potere dell’innocenza
3.3
FINO ALLA FINE DEL MONDO
3.3.1
Il viaggio nel villaggio globale
3.3.2
L’atto di vedere
3.3.3
Eugene contro Sam
3.4
LISBON STORY
3.4.1
Il paesaggio urbano
3.4.2
L’atto di ascoltare
3.4.3
I media e i bambini
INTRODUZIONE
Marshall McLuhan era un professore di letteratura inglese dell’Università di Toronto. Durante gli anni
Cinquanta e Sessanta fu tra i primi insegnanti ad avvicinarsi al linguaggio dei giovani e allo studio dei mass
media decidendo di aprire i suoi seminari di letteratura inglese alle forme della comunicazione di massa,
come la pubblicità, la stampa e i fumetti. Il suo metodo anticonvenzionale e la sua natura interdisciplinare
non gli permisero di avere vita facile in ambito accademico. Nonostante ciò, in breve tempo divenne uno
degli studiosi più noti del panorama accademico canadese e statunitense, soprattutto dopo la
pubblicazione di The Gutenberg Galaxy: The Making of Typographic Man (1962) e Understanding Media:
The Extensions of Man (1964).
Durante gli anni Sessanta, le sue ricerche, il suo stile singolare e le dichiarazioni sui media e sulla
società lo hanno reso un personaggio famoso e gli hanno permesso di stringere rapporti sia con il mondo
artistico che con quello dei mass media e dei gruppi industriali. Le sue idee hanno attirato l’attenzione della
General Motors che lo ha pagato lautamente per sentirsi dire che «automobiles were a thing of the past» 1,
e di alcune aziende leader nel package-design alle quali spiegò che «packages will soon be obsolete» 2. Gli
artisti trovavano nella sua “filosofia” una legittimazione per il loro modo di fare arte, mentre il Primo
Ministro canadese, Pierre Trudeau, si faceva dare consigli per migliorare la propria immagine televisiva. Il
suo linguaggio sembrava quindi molto congeniale alle nuove generazioni e per questo attirò non solo
l’interesse dei manager e dei pubblicitari, ma anche quello di molti intellettuali e artisti come Andy Warhol,
Timothy Leary, Woody Allen e David Cronenberg.
Questo ampio successo si ripercosse nei diversi modi con cui è stato chiamato: «the first pop
philosopher» (New Yorker), «the most important thinker since Newton, Darwin, Freud, Einstein, and
Pavlov» (Tom Wolfe), «Senior Creative Consultant» (dirigente della Johnson McCormack Johnson), «high
priest of popthink», «metaphysical wizard possessed by a spatial sense of madness», «guru of the boob
tube» (PlayBoy), «wise-cracking jester» (T. Leary), «number one prophet of this consciousness-expanding
art» (New York Magazine). Il suo pensiero è stato definito «a media philosophy in progress» (David
Sobelman).
Nonostante ciò, McLuhan era soprattutto un professore, come ricorda sua moglie, Corinne McLuhan,
e come amava essere definito un esploratore: «sono un ricercatore. Getto la mia sonda. Non ho punti di
vista pregiudiziali. Non mi attengo ad un’unica posizione. [....] L’esploratore è un essere assolutamente
illogico. [....] Io dialogo con i media, mi getto alla ventura nell’esplorazione. Io non spiego nulla. Esploro» 3.
E’, quindi, importante sottolineare, fin da subito, che Marshall McLuhan era in primo luogo un uomo di
1
M. McLuhan, “The Playboy Interview: Marshall McLuhan”, PlayBoy Magazine, Marzo 1969.
Ibid.
3
M. McLuhan, in G. Gamaleri “Knowing McLuhan – Conoscere McLuhan”, in G. Gamaleri (a cura di) Understandig
McLuhan, Edizioni Kappa, Roma 2006, p. 25.
2
lettere che, solo in seguito, si interessò allo studio dei mezzi di comunicazione e della società. La letteratura
è alla base delle sue ricerche sui media.
Il professore canadese utilizzava l’esperienza artistico-letteraria e applicava il metodo del practical
criticism appreso a Cambridge alle sue valutazioni critiche della società. In altre parole, studiava l’ambiente
mediatico con gli strumenti propri dell’arte e della letteratura, trovava nella letteratura di J. Joyce, W.
Lewis, T.S Eliot, e molti altri, delle probes con cui illustrare le sue scoperte. Le probes sono delle “sonde
verbali”, delle formule letterarie, che richiedono la collaborazione del lettore per la sua comprensione e
hanno il compito di spingerlo a riflettere sul loro significato. I suoi testi sono, per stessa ammissione dello
studioso, “un mosaico”: un puzzle di citazioni, osservazioni e giochi di parole. Hanno una struttura non
lineare e rifiutano il punto di vista fisso. Si possono leggere dall’inizio alla fine, o vice versa. Queste
caratteristiche si riflettono nel suo linguaggio orale, da molti definito “orale” o “oracolare”.
Lo scopo di questo lavoro è analizzare Marshall McLuhan attraverso il cinema: teoria,
rappresentazione e riappropriazione. Il titolo riflette la struttura della tesi. Lo studio si basa su una ricerca
interdisciplinare che coinvolge quattro ambiti distinti: letteratura e critica letteraria; storia e teoria del
cinema; sociologia e sociologia del cinema; teoria e storia della comunicazione. Tutte le discipline
menzionate sono fondamentali per ricostruire il “mosaico McLuhan”. Tuttavia, il cinema è lo strumento con
cui si è scelto di ripercorrere l’opera, la vita e le immagini del professore canadese. Con questo proposito, si
presentano prima la teoria, con particolare riferimento alla sua concezione di cinema e di medium, poi la
sua biografia e la sua rappresentazione nel cinema e, infine, la possibile applicazione delle sue osservazioni,
ovvero la riappropriazione delle sue ricerche. In questo percorso, il “mosaico McLuhan” viene “decostruito”
e “ricostruito” lungo i tre capitoli.
Partendo da un’introduzione sulla storia dei mass media e del cinema, il primo capitolo ha come
obiettivo la discussione della definizione di cinema e di medium proposta da McLuhan. L’intento è
confrontare la concezione mcluhaniana di cinema (e indirettamente di televisione) elaborata negli anni
Sessanta e Settanta, con i successivi dibattiti sorti con l’evoluzione dell’ambiente mediatico, il digitale, il 3D
e le tecnologie di internet, giungendo così a un suo aggiornamento (capitolo uno). Poi, si discute di Marshall
McLuhan come soggetto cinematografico. L’obiettivo è analizzare la sua rappresentazione nei film
selezionati. A questo proposito, osserveremo il McLuhan attore, nel film Annie Hall di Woody Allen; il
McLuhan personaggio, in Videodrome di David Cronenberg; e il recupero di McLuhan come grammatico o
filosofo dei media, nel documentario McLuhan’s Wake di Kevin McMahon e David Sobelman, incontro tra
realtà e finzione, attore e personaggio (capitolo due). Nella terza parte, ci si riappropria di McLuhan per
“applicarlo” ad un campo di ricerca specifico. L’obiettivo di questo capitolo è analizzare il cinema del regista
Wim Wenders con gli “strumenti” di Marshall McLuhan. Con questo proposito, si opera una comparazione
tra i film Alice nelle città, Fino alla fine del mondo e Lisbon Story e le ricerche del professore canadese
(capitolo tre).
Dopo McLuhan, il cinema è il secondo grande protagonista di questo studio. Secondo McLuhan, il
cinema è un mezzo ibrido «a metà via tra era meccanica ed era elettrica» 4, tra arte e scienza, sogno e
realtà, macchina fotografica e computer. Esso si relaziona con il romanzo per via della “narratività” e con il
teatro per l’uso degli attori. Sviluppatosi contemporaneamente alla città, il cinema è testimone delle
trasformazioni sociali, culturali, artistiche e scientifiche degli ultimi due secoli. Sebbene oggi il cinema non
sia più lo stesso medium descritto da McLuhan nei Sessanta, continua a mantenere uno stretto legame con
la letteratura e il teatro, da un lato, con la sociologia e la tecnologia, dall’altro. Proprio per questi motivi, ho
ritenuto il cinema lo strumento ideale attraverso il quale ricostruire il “mosaico McLuhan”. Lo stesso
McLuhan, come studioso dei media, si è interessato di letteratura, teatro, sociologia e certamente di
tecnologia. Al cinema dedica un capitolo di Understanding Media e ulteriori riflessioni compaiono in altri
lavori dove il mezzo viene spesso comparato con un altro strumento egemone in epoca contemporanea: la
televisione. Dall’incontro tra queste discipline, nonché miei interessi personali, è nata l’idea di “raccontare”
McLuhan attraverso il cinema.
Questa idea è maturata altresì nell’ambito del corso “Letteratura, Arte, Comunicazione: la scrittura a
mosaico di Marshall McLuhan” tenuto dalla Dott.ssa Elena Lamberti nell’A.A. 2008/2009, e dopo la stesura
di un primo elaborato, finalizzato all’esame, dedicato a comparare le teorie del critico canadese con quelle
del regista Wim Wenders. Durante la stesura della tesina si è realizzata l’idea di poter ampliare il rapporto
tra McLuhan e il cinema in una tesi di laurea specialistica. Si ritiene questa prospettiva di studio un’idea
originale e un campo ancora inesplorato, soprattutto per quanto riguarda la relazione tra il professore
canadese e il cinema di Wenders. A queste considerazioni, è seguito un soggiorno in Canada reso possibile
dalla vincita della borsa di studio all’estero per periodi di ricerca attinenti alla tesi di laurea, messa a
disposizione dalla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere, che mi ha permesso di arricchire la tesi con
contributi nuovi e originali.
A Toronto ho potuto ampliare le mie letture e approfondire alcuni aspetti della personalità di
McLuhan in relazione al suo periodo di massima esposizione mediatica (McLuhan Explosion) e al cinema. Ho
altresì intervistato il regista e scrittore David Sobelman, con il quale ho discusso del suo documentario
McLuhan’s Wake, della relazione tra McLuhan e la letteratura e tra McLuhan e il cinema. Ho trascritto
personalmente l’intervista che ho deciso di lasciare in lingua originale per fedeltà all’autore e compare nella
tesi come “allegato 1”. Ho inoltre conosciuto e discusso con Dominique Scheffel-Dunand, l’attuale direttrice
del McLuhan Program in Culture and Technology della Facoltà di Scienze dell’Informazione dell’Università di
Toronto; Janine Marchessault, professore associato del Department of Film and Video dell’Università di
York; e Francesco Guardiani, professore di letteratura italiana. Ho infine visitato la Couch House, sede
originale dell’Istituto di Cultura e Tecnologia dove McLuhan insegnava.
4
M. McLuhan, Understanding Media: The Extensions of Man, Signet, New York 1964.
Per realizzare il presente studio si sono utilizzate diverse fonti, consultando, in primo luogo, una
vasta bibliografia che comprende saggi, romanzi, racconti, biografie, testi di critica letteraria, testi di storia
dei mass media e del cinema, di teoria del cinema e della comunicazione, testi di sociologia e sociologia del
cinema, interviste, riviste e registrazioni audio, numerosi film e documentari, e la rete internet. In secondo
luogo, a Toronto, ho reperito personalmente ulteriori testi e saggi presso la Robarts Library dell’Università
di Toronto, raccolto testimonianze dirette presso i docenti sopra menzionati e realizzato un’intervista. Tutti
questi contributi confluiscono nel presente studio che, per il lavoro personalmente e autonomamente
svolto in Canada, si può ritenere originale e nuovo.
CAPITOLO UNO
Partendo da una introduzione sulla storia dei mass media e sulla storia e preistoria del cinema, il
primo capitolo ha come obiettivo la discussione della definizione di cinema proposta da Marshall McLuhan
e il suo confronto con le teorie successive. Si discute quindi di McLuhan attraverso le teorie del cinema. Le
domande cui si cerca di rispondere sono: qual è la sua definizione di cinema? Si può considerare la sua
definizione ancora attuale? Dopo l’introduzione storica, una breve analisi di alcuni termini - come
comunicazione interpersonale e di massa, industria e merce culturale, cultura popolare e cultura di massa e un esame della nozione di cinema sospesa tra arte/industria (capitolo 1.1), si confronta la concezione
mcluhaniana di cinema - e indirettamente di televisione - elaborata negli anni Sessanta (capitolo 1.2) con i
successivi dibattiti sorti con l’evoluzione dell’ambiente mediatico. Nel capitolo 1.3 si discute del cinema
totale o cinema del futuro (René Barjavel), di cinema e realismo (André Bazin, Ian Jarvie e Pierre Sorlin),
delle forme del fantastico e dell’immaginario (Alberto Abruzzese) e della psicologia del cinema. Nel capitolo
1.4, ci si spinge “oltre il senso del cinema” e si osserva la questione da un punto di vista più ampio,
analizzando il rapporto tra cinema, società e tecnologia (Joshua Meyrowitz, Derrick de Kerckhove, Henry
Jenkins). Il capitolo si conclude con un aggiornamento della concezione di McLuhan con riferimento al
mutamento della cultura mediatica contemporanea dopo l’affermazione del digitale, del 3D e dei “nuovi
media” interattivi, in quella che è stata definita “cultura convergente”.
CAPITOLO DUE
Nel secondo capitolo ci si occupa di Marshall McLuhan come soggetto cinematografico. L’obiettivo è
ricostruire la figura di McLuhan attraverso il cinema e analizzare la sua rappresentazione nei film
selezionati. A questo proposito, si osserva il McLuhan attore, nel film Annie Hall di Woody Allen; il McLuhan
personaggio, in Videodrome di David Cronenberg; e il recupero di McLuhan come grammatico, nel
documentario McLuhan’s Wake di Kevin McMahon e David Sobelman. Le domande cui si cerca di
rispondere sono: chi era Marshall McLuhan? Come viene rappresentato in ciascuno dei film scelti? In
questo percorso, ogni rappresentazione cinematografica ci permette di discutere una sua immagine: il
personaggio cult degli anni Sessanta, o filosofo pop (capitolo 2.2); il media guru, o profeta visionario della
comunicazione massmediatica (capitolo 2.3); il grammatico, ovvero il professore di letteratura inglese
(capitolo 2.4) e di giungere a una sintesi. Tuttavia, non è possibile parlare di questi film, né tanto meno
giungere a un’immagine conclusiva, se prima non si comprendere chi era Marshall McLuhan nella sua
totalità. E’ necessario quindi contestualizzare il processo che porta McLuhan a diventare apprezzato come
professore e come grammatico, famoso come «high priest of popthink» e «metaphysical wizard» (PlayBoy).
Con questo scopo, si discute prima la sua biografia, con particolare riferimento agli anni Sessanta (capitolo
2.1), e dopo la sua immagine nei tre film.
CAPITOLO TRE
L’obiettivo del terzo capitolo è analizzare il cinema del regista Wim Wenders con gli “strumenti” di
Marshall McLuhan. Le domande cui si cerca di rispondere sono: quali sono i punti di contatto tra l’opera di
McLuhan e i film di Wim Wenders? In che modo il cinema si distingue ancora dalla televisione? Con questo
proposito, si comparano i film Alice nelle città (1974), Fino alla fine del mondo (1991) e Lisbon Story (1994)
con le ricerche del professor McLuhan. Si presentano la biografia del regista, la sua esperienza del “sogno
americano”, le caratteristiche del cinema di Wenders e si tracciano alcuni preliminari punti di contatto con
il professore canadese (capitolo 3.1). In seguito, si analizzano i tre film di Wenders con particolare
attenzione alla relazione tra cinema e TV - in continuità con il capitolo 1 - e i punti di contatto con la ricerca
di McLuhan, in conformità con l’immagine che emerge dai precedenti capitoli. In Alice nelle Città (capitolo
3.2) si parla soprattutto di ricerca di identità, narcosi di Narciso, “ritribalizzazione”, scrittura, fotografia e
TV. In Fino alla fine del mondo (capitolo 3.3) si discute in particolare del tema del viaggio, del villaggio
globale, dei limiti connessi allo sviluppo tecnologico, di immagini e assuefazione visiva. In Lisbon Story
invece si parla principalmente di suoni, del “passaggio dall’occhio all’orecchio” e di acoustic space (capitolo
3.4). Il capitolo si chiuderà con una riflessione finale sul cinema.
CONCLUSIONE
Nella conclusione si raccolgono le principali deduzioni rispetto ai temi affrontati, tenendo sempre in
considerazione l’obiettivo finale dello studio: ricostruire il “mosaico McLuhan”. Con questo proposito, in
ogni capitolo si è cercato di rispondere ad alcune domande. Nel primo capitolo, emerge come nella
concezione mcluhaniana il cinema sia «a spectacular wedding of the old mechanical technology and the
new electric world», al tempo stesso rappresentazione della realtà e illusione, industria («limb of the
industrial giant») e arte («collective art form»), realismo (Kracauer, Bazin) e fantastico (Abruzzese, Morin). Il
cinema è quindi un «ibrido tecnologico» (Brancato). Sebbene alcune considerazioni a proposito di cinema e
televisione possano ritenersi, in parte, ancora valide, altre osservazioni, come la distinzione tra media caldi
e media freddi e tra light-on e light-thought non sono più del tutto attuali. Ciò è dovuto al cambiamento
delle tecnologie e all’avvento dell’informatica. Nel capitolo due, si evidenzia come McLuhan sia una figura
complessa cui corrispondono diverse immagini, pur rimanendo soprattutto un professore di letteratura
inglese e un esploratore dei media. In Annie Hall, McLuhan è un attore e interpreta se stesso. La
rappresentazione che emerge è veritiera; tuttavia, si nutre al tempo stesso di alcune celebri immagini degli
anni Sessanta, come quello del personaggio cult e del filosofo pop. In Videodrome si passa dall’uomo al
personaggio. David Cronenberg enfatizza uno specifico cliché: quello del guru visionario e folle. Il dottor
O’Blivion non rappresenta il vero McLuhan, ma soltanto l’esasperazione di un singolo stereotipo. Il
documentario McLuhan’s Wake, di Kevin McMahon e David Sobelman, ha invece avuto il merito di
ricostruire un “mosaico” più autentico e completo. L’immagine di McLuhan - il McLuhan “risvegliato” - è
molto vicina alla realtà e in essa confluiscono le due immagini precedenti: quella del McLuhan attore e
quella del McLuhan personaggio. Nel terzo capito si mettono in relazione le ricerche del professore
canadese con il cinema di Wim Wenders. Tra loro esistono notevoli punti di contatto: i temi affrontati,
l’atteggiamento verso l’oggetto osservato e l’attenzione per i media. McLuhan ne fa l’oggetto delle sue
esplorazioni, mentre Wenders li rende protagonisti dei suoi film. Nel cinema del regista tedesco, i media
sono, in linea con McLuhan, estensioni del mondo interiore dei protagonisti. I suoi film mostrano realtà
altamente “mediate”. Inoltre, entrambi riconoscono la grande capacità persuasiva della TV e ne
sottolineano l’aspetto commerciale. Si evidenzia, infine, la capacità del cinema di Wenders di distinguersi
da quello di Hollywood e dalla televisione commerciale. Le sue immagini sono ancora “vere”; sono quelle in
cui lo spettatore è ancora “libero” di riflettere, di lasciar correre l’immaginazione e di muovere gli occhi
sullo schermo, a differenza dello spettatore televisivo, intrappolato "attraverso lo schermo". L’associazione
tra McLuhan e il regista tedesco è certamente inconsueta, ma per questo originale. Si crede, infatti, che in
McLuhan si possa leggere questa intenzione: stabilire nuove associazioni, spingere il lettore/spettatore a
formulare le proprie riflessioni e ispirare possibili ricerche.