testo laurano - Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale

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testo laurano - Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale
Comunicazione e guerra
Storia:
- telegrafo ottico, inventato da Chappe
- telegrafia senza fili (immediatamente applicata alla
marina militare)
- rete Internet
Fine Ottocento:
- rivoluzione industriale, che permette lo sviluppo
tecnologico > nasce la guerra tecnologica
- affermazione delle masse come soggetto sociale
attivo
- nasce l’industria culturale
Guerra di Crimea (1853)
- sono censurate per la prima volta le immagini
provenienti dal fronte
- è usato per la prima volta il telegrafo elettrico
- nasce la figura del corrispondente di guerra (William
Russell del Times e Edwin Godkin del London Daily
News)
Guerra del Vietnam (1965)
- rapidissimo sviluppo della televisione:
si passa al colore,
si adotta il jet nel trasporto aereo dei filmati
ed in seguito i satelliti per la trasmissione delle
immagini
si iniziano ad usare le telecamere portatili
- non c’è censura, ai giornalisti accreditati viene
fornita cooperazione ed assistenza, comprensiva
di razioni e alloggio e viene consentito di circolare
liberamente
“sindrome del Vietnam”
studi di Hallin sulle trasmissioni televisivi contro la
teoria di una guerra “persa in salotto”
Ø 
1. 
Due posizioni:
chi pensa, soprattutto militari, che la guerra sia
stata persa a causa di “incompetenza nella
comunicazione”
2. 
chi imputa la sconfitta alla presa di coscienza
dell’opinione pubblica americana
La I guerra del Golfo (1991)
- strategia di news management: controllare i
grandi mezzi di comunicazione di massa non con la
censura
Alimentazione del flusso informativo con comunicati
selezionati e costruiti, con i quali dare ai network
la sensazione di avere le notizie ed al pubblico
quella di essere informato
- packaging = “impachettamento” delle notizie
scelte dall’entourage governativo e rispondenti ai
sondaggi effettuati presso la popolazione
News management. Linee guida:
1. Rinunciare a sforzi palesemente propagandistici e
puntare su una gestione discreta ed accurata dei
media (public relation)
2. Evitare la censura preventiva e regolare l’accesso
ai luoghi degli scontri
3. Costruire eventi narrabili e facilmente
comprensibili
4. Rendere segrete alcune notizie quando la guerra
si prospetta lunga
ai giornalisti stanziati a Dhahran e accreditati presso il Joint Information
Bureau (JIB) viene fatto firmare un documento in cui si impongono
rigide restrizioni da rispettare per non farsi ritirare l’accredito:
- è vietato andare al fronte senza una scorta militare
- è vietato fotografare o filmare morti o feriti
- è vietato dare informazioni su armamenti, risorse,
spostamenti, equipaggiamenti degli alleati e sulla
consistenza dell’armamento nemico
- è vietato descrivere con particolari le operazioni militari
- è vietato fornire dati sulle perdite degli alleati
- è vietato menzionare le basi di partenza delle missioni
- è vietato intervistare i soldati senza preventiva ed ufficiale
autorizzazione
-  sono accreditati ad andare al fronte solo 192 giornalisti,
quasi tutti americani, tranne due britannici
La guerra nella ex Jugoslavia
- molto prima dello scoppio del conflitto alcuni mezzi di
comunicazione jugoslavi hanno operato per favorire l’odio
etnico
- l’industria mediale cessa di essere un’istituzione
indipendente e di rispondere a determinati criteri di
professionalità ma diventa parte – fondamentale - di una più
ampia strategia politica
- prima del crollo del comunismo, l’apparato
mediatico jugoslavo era organizzato con sei
stazioni televisive, una in ogni repubblica, fondate
e completamente controllate dal partito comunista
al potere
- per tentare di arginare le rigide divisioni tra Serbia e
Croazia, l’ultimo governo federale crea un network
nazionale, la YUTEL, competente ed equidistante
da entrambe le repubbliche e, per questo, odiato
da ambedue
- negli anni fra la morte di Tito (1980) e la fine
degli anni Ottanta, la YUTEL è soppressa e la
stampa subisce un processo di controllo e di
censura ancora più stretto
- 1991: campagna di odio e separazione
tutti i collegamenti fra le due ex repubbliche
vengono interrotti, dalle linee telefoniche alle
strade, dalle ferrovie alle comunicazioni
- giornalisti, editori e impiegati ricevono telefonate
e lettere minatorie
- Telesarajevo: esempio di impegnata e ininterrotta
resistenza ai nuovi regimi basati sull’identità
etnica
Modo efficace di usare i media: gli sloveni
- maggiore “occidentalizzazione” e professionalità del
sistema mediale
-  mobilitazione dell’opinione pubblica sia nazionale
che internazionale e sensibilizzazione dei governi
mondiali
- opera di intensa propaganda interna
Modo inefficace di usare i media:
i croati
- le conferenze stampa sono tenute in orari
giornalisticamente impossibili
- l’agenzia di stampa Hina accumula ritardi intollerabili
nei lanci delle notizie
- totale mancanza di pubblicità a iniziative pacifiche
come nel caso del convoglio di intellettuali,
giornalisti, politici, poeti e scrittori partito da Fiume
per raggiungere via mare Dubrovnik per tentare di
sbloccare l’assedio alla città dalmata
Conflitto in Kosovo
NATO unica fonte per i giornalisti:
- briefing giornalieri del portavoce delle forze alleate,
Jamie Shea, affiancato dal generale Walter Jertz
- evanescenza mediatica del lessico militare
- censura alla fonte: ai giornalisti è impedito di
accedere ai campi di battaglia
- grande diffusione di immagini di profughi
- l’effetto devastante del conflitto etnico
contribuisce alla legittimazione morale della
guerra
- invisibilità degli aspetti più cruenti e creazione
di una guerra mediaticamente rassicurante
- scarsa rilevanza informativa
- senso di distanza
- basso coinvolgimento emotivo
Topic ricorrenti:
il tema dei sentimenti (sui profughi in fuga)
il tema della violenza balcanica
la demonizzazione di Milosevic
la banalizzazione delle dinamiche storiche
La “guerra perduta delle notizie” (F.
Colombo)
- spazi limitati per i giornalisti
- immagini fisse
- dichiarazioni generiche e tranquillizzanti delle fonti
militari alleate
- catastrofismo continuo delle fonti serbe
- la distruzione della stazione televisiva di Belgrado
- black – out informativo per le opinioni pubbliche
occidentali
Paradosso:
- prima vera info-war per il colossale ingresso sul
campo delle tecnologie informatiche allo scopo di
guadagnarsi il consenso dei media
- massiccio uso di internet (siti di propaganda,
battaglia fra hackers): non tanto per la possibilità di
avere immagini e notizie “vere” rispetto ai ripetitivi
briefing della Nato, quanto per la notevole
moltiplicazione dei canali e per il dialogo
instauratosi fra i naviganti