Brevi spunti di riflessione sulla figura del responsabile della
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Brevi spunti di riflessione sulla figura del responsabile della
Avvocato Ermanno Cappa Partner La Scala Presidente del Centro Studi Ambrosoli Presidente Emerito AIGI - Associazione Italiana Giuristi d’Impresa Consigliere AEDBF - Associazione Europea per lo Studio del Diritto Bancario e Finanziario Brevi spunti di riflessione sulla figura del responsabile della funzione antiriciclaggio prevista dal provvedimento della Banca d’Italia in data 10 marzo 2011 Queste brevi note costituiscono una sintesi della relazione svolta in occasione del convegno Paradigma “I NUOVI ADEMPIMENTI ANTIRICICLAGGIO PER BANCHE E INTERMEDIARI. Organizzazione, procedure e controlli interni nel provvedimento della Banca d’Italia del 10 marzo 2011” - Milano, 12 e 13 maggio 2011. Si tratta di spunti di riflessione, privi di velleità dogmatiche, finalizzati a tracciare un percorso logico sostenibile per l’applicazione pratica della norma. Le note a piè di pagina sono ridotte all’essenziale e contengono riferimenti altrettanto essenziali. L’atteso provvedimento della Banca d’Italia in materia di organizzazione, procedure e controlli finalizzati a contrastare il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, emanato a metà marzo dopo lunga gestazione, in vigore dal prossimo 1 settembre, contiene una serie di previsioni che - almeno sulla carta - delineano con una certa incisività la figura del “nuovo” responsabile antiriciclaggio aziendale. Le virgolette su “nuovo”si impongono, se solo si consideri che la maggior parte delle banche e degli altri intermediari destinatari della norma, già da tempo - di fatto - avevano individuato al proprio interno un responsabile antiriciclaggio e a suo tempo ne avevano indicato le generalità all’UIC (prima della riforma); altrettanto, i principali gruppi bancari italiani dispongono da tempo di un responsabile antiriciclaggio di gruppo. Certamente in molti casi prevaleva (e prevale) la sostanza sulla forma e non v’è dubbio che, dal punto di vista giuridico, si sentiva forte l’esigenza di una codificazione. La si sentiva, ad esempio, a proposito della delega per le segnalazioni delle operazioni sospette che, dal 1991 1 , si presentava priva di una benché minima disciplina, costringendo l’interprete a fare ricorso ai principi generali per stabilirne i limiti, la portata e le caratteristiche formali 2 . Oggi, con decorrenza 1 settembre 2011, la normativa regolamentare della Banca d’Italia è intervenuta a codificare la materia in maniera molto articolata, talvolta intrusiva. 1 2 Si veda l’art. 3 della Legge n. 197 del 1991. Si veda E. CAPPA La delega per le segnalazioni delle operazioni sospette di riciclaggio, Giuffré 2003. 1 Dal punto di vista pratico-applicativo, quindi, è giocoforza domandarsi, in primo luogo, quali siano le reali novità intervenute. Sul piano dei proclami, il provvedimento è molto energico: la figura del responsabile antiriciclaggio aziendale assume rilievo cruciale e gli competono funzioni complesse da esercitarsi trasversalmente su tutta l’operatività 3 . Facile (e condivisibile) a dirsi, meno facile a realizzarsi in concreto, se il contesto in cui il nostro si trova ad operare non è ideale. Come pure facile (e condivisibile) è prevedere un circuito virtuoso di rapporti con le altre funzioni aziendali 4 , ma molto meno facile talvolta è attuarlo in pratica, ove non concorrano un fattore umano ottimale ed un contesto aziendale permeato di autentica cultura antiriciclaggio. Banca d’Italia, correttamente, da per scontato la sussistenza di tali presupposti ambientali e, in effetti, è corretto pretenderne la ricorrenza, specie in ambiente bancario e finanziario, a vent’anni dall’entrata in vigore della prima legge antiriciclaggio italiana. In ogni caso, considerazioni pratiche-ambientali(-caratteriali) a parte, la norma esiste, ed è contrassegnata da una forza coercitiva dirompente, che le deriva dalla circostanza di essere stata espressamente emanata ai sensi dell’art. dell’art. 7, comma 2 del d. lgs. 231-2007. *** Il richiamo all’art. 7, comma 2, infatti, sortisce almeno due effetti non da poco: da una parte l’applicabilità dell’art. 52, che impone il famigerato obbligo di comunicazione alle autorità di vigilanza (sanzionato penalmente per l’inottemperanza 5 ) in capo all’organismo di vigilanza e agli altri organi di controllo; dall’altra, l’applicabilità dell’art. 56, che sancisce l’armamentario sanzionatorio per l’inosservanza delle disposizioni latu sensu organizzative, invocando espressamente l’applicazione del procedimento amministrativo contemplato da TUB 6 , così sottraendo la materia al sistema procedurale tipico della normativa antiriciclaggio, contrassegnato come noto - dall’applicabilità della legge sulla c.d. depenalizzazione 7 . Su quest’ultimo punto torneremo, per mettere a fuoco una particolare criticità. Tornando alle disposizioni del provvedimento che delineano la figura del responsabile della funzione antiriciclaggio è bene notare, facendo ampio riferimento al testo, fra le prerogative principali, che: 3 Così il provvedimento Bankit a pag 15, ultimo capoverso. Così il provvedimento Bankit a pag. 19 (Capitolo II, Sezione I, paragrafo 5). 5 Si veda l’art. 55, comma 5 del d. lgs. 231-2007. 6 Si veda l’art. 145 del d. lgs. 385-1993 e successive modifiche e integrazioni, espressamente richiamato dall’art. 56, comma 3 del d. lgs. 231-2007. 7 Si tratta della legge n. 689-1981. 4 2 - la sua nomina e revoca sono di competenza dell’organo con funzione di gestione d’accordo con l’organo di supervisione strategica, sentito l’organo con funzione di controllo; - può coincidere con il capo compliance ovvero con il risk manager; - non deve avere responsabilità dirette di aree operative, né dipendere dai responsabili di dette aree; - deve essere in possesso di adeguati requisiti di indipendenza, autorevolezza e professionalità; - ma, soprattutto, è il capo di una funzione caratterizzata da una forte pretesa di indipendenza, che deve essere dotata di risorse qualitativamente e quantitativamente adeguate, ed è deputata a prevenire e contrastare il riciclaggio, con compiti obiettivamente impegnativi (uno per tutti: verificare l’affidabilità del sistema informativo di alimentazione dell’AUI), che presuppongono professionalità non comuni. Deve trattarsi, in sostanza, di un manager di livello, che viene nominato dal vertice e si pone quale interlocutore diretto del vertice stesso 8 . Non è questa la sede per affrontare questioni giuslavoristiche, che presupporrebbero la conoscenza del contesto e un’analisi della contrattazione collettiva nazionale ed aziendale; tuttavia è evidente che si tratta di una posizione di tutto rispetto, meritevole, in linea di principio, di un inquadramento adeguato al ruolo. Su alcune espressioni (indipendenza, autorevolezza, professionalità) vale la considerazione di fondo secondo cui ai proclami teorici dovrebbe seguire l’attuazione pratica, che non sempre è suscettibile di verifica certa. Comunque, detta terminologia denota una inequivocabile pretesa di serietà nella scelta del responsabile antiriciclaggio, coerente, in ultima analisi, con il principio di effettività della delega 9 di funzioni, che costituisce un canone fondamentale della buona gestione societaria e, di riflesso, della sana e prudente gestione bancaria 10 . *** Molto interessante è l’espressione prevenire e contrastare il riciclaggio riferita ai compiti demandati alla funzione antiriciclaggio e, quindi, in primis, al suo responsabile. 8 L’organo con funzione di supervisione strategica con cadenza almeno annuale esamina le relazioni relative all’attività svolta dal responsabile antiriciclaggio: cfr. provvedimento Bankit, pag. 13 (Capitolo I, Sezione I). 9 Per un inquadramento del tema dell’effetività della delega si veda AA.VV LE DELEGHE DI POTERI, della Collana dell’Associazione Italiana Giuristi d’Impresa, Ed, Giuffré 2003. 10 Il provvedimento Bankit sottolinea fra l’altro, a pag. 11, che il contenimento del rischio di riciclaggio assume rilievo anche sotto il profilo del rispetto della regolamentazione prudenziale. 3 Il termine contrastare è particolarmente interessante, soprattutto se lo si confronta con l’espressione impedire di cui all’art. 3, comma 1, seconda parte del d. lgs. 231-2007. Detto art. 3, come si ricorderà, stabilisce che i destinatari della legge antiriciclaggio adottano idonei e appropriati sistemi e procedure … per prevenire e impedire la realizzazione di operazioni di riciclaggio 11 . Orbene, il termine impedire è foriero di criticità rilevanti, se solo si consideri che, secondo il Codice Penale, non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo 12 . Non v’è dubbio che, per le materie espressamente indicate all’art. 3, comma 1 del d. lgs. 231-2007, il tema della “posizione di garanzia” dei destinatari della normativa antiriciclaggio vada quantomeno posto in discussione. Per il responsabile antiriciclaggio, invece, e per la funzione che dirige, il problema non si pone, giusta la differenza di terminologia evidenziata. *** Rimane da domandarsi, a proposito di destinatari delle norme, se il nostro responsabile debba o meno considerarsi destinatario del provvedimento che ci occupa. Testualmente, no. Egli non compare, infatti, fra i destinatari delle disposizioni elencati precipuamente a pag. 8. In sostanza, nel caso della banca, è la stessa che, giusto disposto di cui all’esordio del capitolo secondo della sezione IV, si dota di un assetto organizzativo, di procedure operative e di sistemi informativi. Ciò significa che, a rigore, l’impianto sanzionatorio previsto per l’inottemperanza dovrebbe abbattersi, almeno in linea di principio, esclusivamente sulla banca stessa e, quindi, sui suoi vertici aziendali, ai quali spetta adempiere al dovere di diligenza organizzativa in questione. Vero è che, in pratica, non sempre risulta agevole distinguere la responsabilità dell’ente rispetto a quella dell’autore materiale della violazione; inoltre, l’apparato sanzionatorio della legge antiriciclaggio, sin dai tempi della legge 197-1991, si è sempre presentato estremamente contorto sul punto, fino a meritarsi critiche vibrate anche da parte dei vertici della Vigilanza. La panacea di fondo è costituita, come sempre, dall’istituto della responsabilità solidale fra l’intermediario bancario-finanziario e l’autore materiale della violazione. 11 Da notare fra l’altro che sugli stessi incombe l’inversione dell’onere della prova stabilita dall’art. 20 del d. lgs. 2312007. 12 Si veda l’art. 40, comma 2 del Codice Penale, che, in tema di rapporto di causalità, prevede la cc.dd posizione di garanzia del soggetto obbligato a impedire un evento. 4 In materia antiriciclaggio, per gran parte dell’apparato sanzionatorio, precisamente per le violazioni del Titolo I, Capo II e del Titolo II, Capi II e III (art. 57), nonché per le violazioni del Titolo III (art. 58), valgono due principi estremamente importanti ai nostri fini: 1. la responsabilità solidale sussiste anche quando l’autore materiale della violazione non è stato identificato ovvero non è perseguibile (art. 59): principio che si inserisce, evidentemente, nel solco della disciplina sulla responsabilità da reato degli enti 13 ; 2. all’irrogazione delle sanzioni provvede il Ministero dell’economia e delle finanze, con applicazione delle disposizioni della legge n. 689-1981 (art. 60) 14 . Orbene, il richiamo alla legge 689-1981 comporta l’applicabilità dell’art. 6 che, dopo avere stabilito il principio della solidarietà, precisa che chi ha pagato ha diritto di regresso per l’intero nei confronti dell’autore della violazione. E’ già stato ricordato, invece, che il provvedimento della Banca d’Italia del 10 marzo 2011, emanato ai sensi dell’art. 7, comma 2 del d. lgs. 231-2007, rientra nell’orbita delle sanzioni amministrative di cui all’art. 56, non dell’art. 60 del decreto ed è già stato ricordato che detta norma demanda alla Banca d’Italia, non al Ministero, il compito di irrogare le sanzioni, con applicazione dell’art. art. 145 del TUB. A ben vedere la norma invoca le disposizioni del ridetto art. 145 del TUB soltanto in quanto compatibili ma, francamente, ai nostri fini, l’inciso sembra configurare una clausola di stile, piuttosto che una scriminante di immediata fruibilità applicativa. A parte l’inciso, dunque, per le violazioni delle disposizioni contenute nel provvedimento della Banca d’Italia del 10 marzo scatta l’applicabilità dell’art. 145 del TUB che, se da una parte ripropone il principio della responsabilità solidale fra banca e autore materiale della violazione, dall’altra, stabilisce in maniera inequivocabile, in termini diametralmente opposti rispetto alla previsione di cui alla legge 689-1981, che gli obbligati in solido (la banca) i quali provvedano al pagamento della sanzione, non hanno semplicemente il diritto di regresso, bensì, sono tenuti ad esercitare il regresso verso i responsabili 15 . E’ evidente la criticità che ne deriva: in ipotesi di riscontrata violazione, anche involontaria della norma: in sostanza - cioè - laddove la Banca d’Italia ritenga sussistente una responsabilità ascrivibile, direttamente o indirettamente, in capo al responsabile antiriciclaggio aziendale, la Banca, dopo avere pagato la sanzione amministrativa del caso, non potrà sottrarsi al dovere di esercitare il regresso nei confronti del responsabile, anche nell’ipotesi in cui lo ritenga senza colpe. 13 Si veda il d. lgs. n. 231-2001 e successive modifiche e integrazioni. Si tratta della legge comunemente conosciuta come “legge sulla depenalizzazione”. 15 Cfr. art. 145 cit, comma 10, seconda parte. 14 5 Si tratta, evidentemente, di una criticità di cui occorre avere consapevolezza. *** Un’altra, anzi, altre due criticità rivenienti nel provvedimento riguardano precipuamente il delegato per le segnalazioni di operazioni sospette ex artt. 41 e 42 del d. lgs. 231-2007. Occorre farne cenno in quanto la delega in questione può essere attribuita, come noto, al responsabile antiriciclaggio 16 e, in ogni caso, anche laddove le figure non coincidano, i passaggi del provvedimento che ci accingiamo a commentare riguarderebbero comunque detto responsabile in quanto capo della funzione preposta a valutare l’impatto delle norme applicabili sui processi e le procedure interne nonché a collaborare a individuare le procedure e a verificarne l’idoneità17 . Mi riferisco agli ultimi due passaggi riguardanti il delegato per le segnalazioni 18 . Il primo risiede nella previsione secondo cui il responsabile delle segnalazioni di operazioni sospette comunica con le modalità organizzative ritenute più appropriate l’esito della propria valutazione (circa la scelta se inoltrare o meno la segnalazione alla UIF) al responsabile della dipendenza segnalante. Si tratta di una scelta, finalmente un po’energica, finalizzata ad assicurare un minimo di feed back al primo livello aziendale: a chi, cioè, dopo avere inoltrato una segnalazione di operazione sospetta di riciclaggio, si trova spesso a dover gestire l’ignaro cliente in una situazione surreale di immaginabile imbarazzo 19 . Il secondo passaggio risiede nella previsione secondo cui il delegato aziendale viene legittimato a consentire che i nominativi dei clienti oggetto di segnalazione sospetta siano consultabili dai responsabili delle diverse strutture operative aziendali. Senza dubbio, dal punto di vista giuridico, si tratta di un passaggio interessantissimo, evidentemente finalizzato a contenere l’effetto di una esasperata riservatezza interna ma pregno, nel contempo, di una delicata problematicità derivante dalla circostanza che la norma della legge antiriciclaggio riguardante il divieto di comunicazione sulle segnalazioni fatte (art. 46) è tassativa e sanzionata penalmente per l’inottemperanza. Su questo, possibilmente entro il termine di entrata in vigore delle nuove disposizioni (1 settembre), sarebbe davvero auspicabile un chiarimento da fonte autorevole. *** In conclusione, tentando di tracciare un bilancio nella prospettiva dei temi affrontati, vale forse la pena di considerare, con un pizzico di ottimismo e con la giusta considerazione della 16 Si veda il provvedimento Bankit a pag. 19 ((Sezione II). Così il provvedimento Bankit a pag 16 (Sezione I, paragrafo 2). 18 Si veda il provvedimento Bankit a pag 20 (Sezione II). 19 Sul tema del feed back si veda E. CAPPA, Le criticità nell’adempimento dell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette di riciclaggio in Normativa antiriciclaggio e segnalazione di operazioni sospette, a cura di E. CAPPA e U. MORERA Ed. Il Mulino 2008, 121 sgg. 17 6 consolidata esperienza e professionalità degli operatori bancari, che, nel complesso, ferme le criticità evidenziate, il provvedimento della Banca d’Italia del 10 marzo si presta ad una pronta applicazione, senza comportare la necessità di costi stravolgenti, se non il costo, talvolta più stravolgente degli altri, di una autentica e incondizionata cultura antiriciclaggio. Milano, 12 maggio 2011 Avv. Ermanno Cappa 7