immersione di un grafo

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immersione di un grafo
PLANARITÀ DI UN GRAFO
Si consideri il grafo della figura (figura 1.a):
(a)
È noto che ci sono altre rappresentazioni nella sua classe di isomorfismo. Ad esempio (figure 1.b e 1.c):
(b)
(c)
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Si può dimostrare facilmente che tutte e tre sono rappresentazioni dello stesso grafo, ovvero, sono tre grafi isomorfi, e quindi
con le stesse caratteristiche e proprietà. Tuttavia si può facilmente trovare una differenza tra le rappresentazioni 1.a, 1.b e 1.c:
mentre nelle figure 1.a e 1.c ci sono lati che si intersecano, nella figura 1.b questo non succede. Anzi, i lati del grafo si
intersecano soltanto nei suoi vertici. Si dice allora che il grafo è planare, poiché può essere “disegnato” nel piano senza che i
lati si intersechino in punti diversi dai vertici.
Per precisare il concetto di grafo planare, si deve definire che cosa si deve intendere per “disegnare” un grafo in una superficie,
cioè per immersione di un grafo in una superficie.
IMMERSIONE DI UN GRAFO
DEF. : Si considerino il grafo G = (V , E) e una superficie Σ .
Si chiama immersione di G in Σ una applicazione ingettiva
f:V∪E→Σ
definita nel modo seguente:
- f(x) = P ∈ Σ
se x ∈ V ;
- f(x) = PQ ⊆ Σ
se x = {u, v} ∈ E , con f(u) = P , f(v) = Q .
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In altre parole, ad ogni vertice u ∈V si fa corrispondere un punto di Σ e ad ogni lato {u, v}∈ E si fa corrispondere un arco
di curva continua su Σ tale che gli estremi di questo arco di curva siano i punti corrispondenti ai vertici u e v del lato
considerato.
Inoltre, se due tali archi su Σ si intersecano, allora il punto di intersezione deve essere un punto di Σ che proviene da un
punto di V .
Dunque, una rappresentazione grafica di un grafo G su una superficie Σ (ad esempio, il piano) si dice immersione in Σ se
due lati non si intersecano in punti che non siano vertici del grafo.
La prima delle figure seguenti mostra la rappresentazione di un grafo G in cui esistono archi che si intersecano in punti
diversi dai vertici, mentre la seconda figura mostra la rappresentazione dello stesso grafo G che non presenta archi che si
intersechino in punti che non siano vertici di G :
Grafo G
Immersione nel piano
Il grafo rappresentato nella seconda figura si dice immersione di G nel piano.
A questo punto si è nella condizione di poter definire il concetto di grafo piano, come un grafo i cui lati non si intersecano in
punti che non siano vertici del grafo stesso. Una definizione formale si introduce qui di seguito.
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GRAFO PLANARE - GRAFO PIANO - NUMERO DI INCROCI
DEF. : Si dice che un grafo G è un grafo piano se è immerso nel piano R2 o nella sfera S2 di R3 .
DEF. : Un grafo G non piano si dice planare se esiste una immersione di G nel piano o nella sfera.
In altre parole, un grafo G è piano se i suoi lati si intersecano soltanto in vertici del grafo; un grafo G’ è planare se esiste un
grafo G isomorfo a G’ tale che G sia un grafo piano.
ESEMPIO : il grafo K4 rappresentato viene rappresentato nella figura seguente in due modi diversi. La prima figura è una
rappresentazione di K4 con due lati che si intersecano in un punto che non è vertice del grafo stesso e, dunque, non si tratta di
un grafo piano. La seconda figura rappresenta un grafo piano isomorfo a K4 . Pertanto il grafo K4 è planare.
Si osservi che uno stesso grafo G può essere rappresentato graficamente in molti modi. A seconda della rappresentazione
grafica di G saranno più o meno numerosi gli incroci, cioè i punti di intersezione di due lati del grafo G che non siano
vertici dello stesso.
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DEF. : Si chiama numero di incroci (crossing number) di un grafo G , e si indica con cr(G) , il numero minimo di incroci
del grafo G .
Ne consegue che un grafo G è planare se e solo se cr(G) è uguale a zero.
ESEMPI :
1. Si consideri il grafo completo K4
In questa rappresentazione di K4 compare un incrocio. Tuttavia K4 può essere rappresentato anche nel modo seguente
e in questa situazione non si ha alcun incrocio. Pertanto cr(K4) = 0 e K4 è un grafo planare.
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2. Si consideri ora il grafo completo K5 :
Nella figura precedente, K5 presenta cinque incroci. D’altra parte esistono altre sue rappresentazioni, come risulta dalle
figure seguenti
In queste due figure ci sono, rispettivamente, tre incroci ed un solo incrocio.
A questo punto per affermare che sia cr(K5) = 1 bisogna escludere che esista una ulteriore rappresentazione dello stesso
K5 nella quale si possa eliminare anche quest’ultimo incrocio. In realtà questo sarà escluso nel seguito.
Da quanto precede emerge il fatto che la scelta di un rappresentante di un grafo planare nella sua classe di isomorfismo
deve essere fatta in modo oculato perché non è detto a priori che una scelta qualsiasi evidenzi la sua planarità.
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G-AMMISSIBILITÀ DI UN SOTTOGRAFO
DEF. : Siano G un grafo e H un sottografo planare di G ; sia Ĥ una immersione di H nel piano.
Si dice che Ĥ è G-ammissibile se:
1. G è planare;
2. esiste una immersione planare Ĝ di G tale che Ĥ ⊆ Ĝ .
Nella seguente figura si rappresentano un grafo G , un sottografo H di G che coincide con la sua immersione Ĥ nel piano ed
una immersione Ĝ di G nel piano:
Grafo G
Sottografo
H=Ĥ
Grafo Ĝ
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Si verifica che:
- il grafo H è un sottografo planare di G ;
- G è planare ed una sua immersione piana è Ĝ ;
-
Ĥ è un sottografo di Ĝ e, quindi, H = Ĥ è G-ammissibile.
L’approfondimento della planarità di un grafo richiede l’introduzione di alcune nozioni geometriche che rivestono
particolare importanza per la comprensione di tale argomento.
ALCUNE NOZIONI GEOMETRICHE
DEF. : Si chiama poligono una parte di piano delimitata da una successione finita di almeno tre segmenti consecutivi
e non allineati, tali che il primo estremo del primo segmento coincida con il secondo estremo dell’ultimo segmento.
DEF. : Si chiama angoloide la parte convessa di spazio delimitata da almeno tre semirette non complanari aventi
la stessa origine.
DEF. : Si chiama poliedro l’intersezione di due o più angoloidi.
Esempi di poliedri sono: i parallelepipedi, le piramidi e i prismi.
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Un poliedro è delimitato da poligoni che si chiamano facce del poliedro, i lati di tali poligoni si chiamano spigoli del poliedro
e i vertici di tali poligoni si chiamano vertici del poliedro.
Ogni vertice di un poliedro appartiene ad almeno tre sue facce distinte; il numero di facce a cui appartiene coincide con il
numero di spigoli che passano per tale vertice; questo numero è detto valenza del vertice.
DEF. : Un poliedro si dice regolare se tutte le sue facce sono poligoni regolari.
Si dimostra che esistono solo cinque poliedri regolari: tetraedro (piramide, con quattro facce che sono triangoli equilateri),
esaedro (cubo, con sei facce che sono quadrati), ottaedro (con otto facce che sono triangoli equilateri), dodecaedro (con dodici
facce che sono pentagoni regolari) ed icosaedro (con venti facce che sono triangoli equilateri).
A ciascun poliedro (regolare o meno che sia) si associa un grafo avente per vertici i vertici del poliedro, per lati gli spigoli del
poliedro.
Si può dimostrare che il grafo associato ad un poliedro è sempre un grafo piano.
DEF. : Si chiamano regioni (o facce) di un grafo piano i sottoinsiemi del piano delimitati da lati del grafo.
Bisogna specificare che in questa definizione è compresa anche la “regione esterna” del grafo, cioè la parte (illimitata) del
piano delimitata dai lati del grafo stesso.
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Ad esempio, le regioni del grafo rappresentato nella figura seguente sono cinque:
e
R1
R2
R5 (regione esterna)
R3
R4
Nel grafo precedente si distinguono due tipi diversi di spigoli:
- Spigoli ponte: sono quelli che non separano due facce nel grafo (esempio, lo spigolo e).
- Spigoli frontiera: sono quelli che separano due facce nel grafo (tutti gli altri spigoli del grafo in figura).
Si possono dimostrare le seguenti proprietà:
1. Gli spigoli frontiera di ogni faccia interna formano un ciclo.
2. Se si elimina uno spigolo l di un ciclo, il grafo G – l ha una faccia di meno.
3. Se uno spigolo è parte di un ciclo, esso è frontiera di esattamente due facce.
4. Nella frontiera di ogni faccia ci sono almeno tre spigoli.
5. Se il grafo G ha f facce ed s spigoli, si verifica che
3f ≤ 2s .
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I grafi delle figure seguenti mettono in evidenza la proprietà 5.
f=3
3f = 9 ≤ 12 = 2s
s=6
f=4
3f = 12 ≤ 16 = 2s
s=8
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6. Se G ha f facce ed s spigoli di cui h sono spigoli frontiera, ed ogni faccia ha almeno d spigoli
nella frontiera, si verifica che
df ≤ 2h ≤ 2s .
I grafi delle figure seguenti mettono in evidenza la proprietà 6.
f=3
s=7
df = 9 ≤ 2h = 10 ≤ 2s = 14
h=5
d=3
f=3
s=9
df = 15 ≤ 2h = 16 ≤ 2s = 18
h=8
d=5
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Grafo piano massimale.
DEF. : Un grafo planare si dice massimale se l’aggiunta di un qualsiasi lato comporta la perdita della proprietà di planarità.
Esempio
l
(a)
(b)
La figura (a) mostra un grafo piano che non è massimale. Infatti, si può aggiungere il lato l senza che questo comporti la
perdita della planarità; la figura (b), invece, mostra un grafo piano massimale: non è possibile aggiungere un lato e avere
ancora un grafo piano.
La figura (b) mostra che tutte le regioni del grafo piano massimale (tranne quella esterna), sono limitate da 3 lati. Infatti, se un
grafo piano è massimale ed ha almeno due facce, queste sono limitate da triangoli (cicli di lunghezza 3).
Invece, in una regione di un grafo planare contornata da un ciclo di lunghezza n , con n ≥ 4 , è sempre possibile aggiungere
dei lati e suddividere la regione n-gonale in un certo numero di regioni triangolari.
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Esempio
Ovviamente si tratta di un grafo piano, con tre regioni: due interne e la regione esterna. Una delle regioni interne è una regione
6-gonale, l’altra è una regione 5-gonale. Quindi, in ciascuna delle due è possibile aggiungere dei lati, suddividendo la regione,
senza che questa operazione comporti la perdita della planarità, come si vede qui di seguito.
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Il grafo così ottenuto continua ad essere piano, e adesso ha 5 regioni. Inoltre, tre di queste regioni sono contornate da un ciclo
di lunghezza 4, e quindi è ancora possibile aggiungere altri lati ottenendo ancora grafi piani.
Quest’ultimo grafo ha 7 regioni interne, tutte triangolari, e quindi non si possono suddividere ulteriormente.
Tuttavia questo non significa che il grafo così ottenuto sia un grafo piano massimale; infatti è ancora possibile
suddividere la regione esterna
A questo punto, qualsiasi grafo ottenuto aggiungendo un nuovo lato sarà un grafo non planare, e quindi il grafo precedente è un
grafo piano massimale. Si osserva che tutte le regioni interne sono limitate da triangoli, e la regione esterna, anche se illimitata,
è delimitata da tre lati del grafo.
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L’importanza dei poliedri nella Teoria dei Grafi non è banale. Infatti, Eulero introdusse il tema dei grafi planari nella sua
indagine sui poliedri. Eulero introdusse un teorema per i poliedri, che oggi porta il suo nome, e che afferma:
Teorema di Eulero - Per un qualsiasi poliedro con V vertici, E lati ed F facce, si ha che:
V–E+F=2.
Se ad esempio si considera il tetraedro (figura a) si ha che:
V=4
E=6
4–6+4=2
F=4
(a)
Nel caso del cubo (figura b) si ha che:
V=8
E = 12
8 – 12 + 6 = 2
F=6
(b)
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I due esempi precedenti evidenziano la proprietà del teorema di Eulero per i poliedri.
La rilevanza di questo risultato si basa anche su un’altra affermazione, cioè quella che dice che ad ogni poliedro è associato
un grafo, avente per vertici i vertici del poliedro, e per lati i lati del poliedro. Così, la formula di Eulero per i poliedri può
essere estesa ai grafi.
In termini di Teoria dei Grafi, quindi, la formula di Eulero per un grafo piano connesso viene espressa dal seguente teorema:
TEOREMA DI EULERO – POINCARÉ:
Sia G = (V, E) un grafo piano connesso. Allora si verifica che
|V| – |E| + |F| = 2 ,
ove |F| indica il numero di regioni del grafo piano.
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DIMOSTRAZIONE:
La dimostrazione del teorema di Eulero-Poincaré si effettua per induzione sul numero |E| dei lati.
1. Base induttiva: |E| = 1:
Ovviamente in questo caso si ha che |V| = 2 e |F| = 1 ; evidentemente si ha che
|V| – |E| + |F| = 2 .
2. Ipotesi induttiva: si supponga che la formula di Eulero valga per tutti i grafi piani connessi con |E| - 1 lati.
3. Sia G un grafo piano connesso con |V| vertici, |E| lati e |F| regioni. Allora:
• Se G è un albero, si verifica che |F| = 1 e |V| = |E| + 1 . Quindi
|V| – |E| + |F| = 1 + 1 = 2 .
• Se G non è un albero, deve necessariamente contenere almeno un ciclo. Sia l un qualsiasi lato di questo ciclo, allora
il grafo G’=G–l continua ad essere connesso, ed ha |V| vertici, |E| - 1 lati e |F| - 1 regioni. Per l’ipotesi induttiva,
risulta che:
2 = |V| - ( |E| - 1) + ( |F| - 1) = |V| - |E| + 1 + |F| - 1 = |V| - |E| + |F| .
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Per esempio se si considerano i grafi associati al cubo e al dodecaedro (figure a e b), questi verificano il teorema di EuleroPoincaré. Infatti:
|V |= 8
|E |= 12
8 – 12 + 6 = 2
|F |= 6
(a)
|V | = 20
|E | = 30
20 – 30 + 12 = 2
|F | = 12
(b)
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Dal teorema di Eulero – Poincarè derivano alcuni corollari:
Corollario 1 - Sia G un grafo piano connesso con p vertici, q lati ed r regioni, tale che ciascuna regione abbia come
contorno un ciclo di lunghezza n ; allora si verifica che
q = n (p – 2) / (n – 2) .
Con calcoli diretti, applicando il Teorema di Eulero-Poincaré e il fatto che nr = 2q (in quanto il numero delle regioni è r e
ogni lato appartiene a due regioni), si ha
2=p–q+r
Moltiplicando por n i due lati della uguaglianza
2n = n(p – q + r)
2n = np – nq + nr
nr = 2q
2n = np – nq + 2q
n (q – p + 2) = 2q
(n – 2) q = n (p – 2)
q = n (p – 2) / (n – 2) .
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In modo analogo si dimostrano facilmente i seguenti due corollari.
Corollario 2:
Sia G un grafo piano connesso massimale con p vertici, q lati ed r regioni. Se, escludendo la regione esterna, ogni regione è
un triangolo, allora si verifica che q = 3p – 6 .
Inoltre, se G è un grafo piano connesso e, ancora escludendo la regione esterna, ogni regione è un quadrangolo, allora si
verifica che q = 2p – 4 .
Corollario 3:
Sia G un grafo planare connesso con p vertici, q lati ed r regioni, con p ≥ 3 . Allora:
• q ≤ 3p – 6 ;
• se G non ha triangoli, allora q ≤ 2p – 4 .
Il corollario 3 ci permette di escludere che un certo grafo assegnato sia planare; ad esempio, il grafo completo K5 ed il grafo
bipartito completo K3,3 non sono grafi planari (figure a e b):
5 vertici
6 vertici
10 lati
9 lati
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Infatti il grafo K5 (un grafo con triangoli), si ha che q = 10 e p = 5 , per cui
10 > 3p – 6 = 9 ,
e quindi non si verifica la prima disuguaglianza del corollario 3. Ne consegue che K5 non è un grafo planare.
Per quanto riguarda il grafo K3,3 , si applica la seconda disuguaglianza, perché non ha triangoli. Questo grafo ha 9 lati e 6
vertici, e si ha che
9 > 2p – 4 = 8 .
Questo dimostra che il grafo K3,3 non è un grafo planare.
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Suddivisione elementare di un grafo. Teorema di Kuratowski.
DEF.: Sia G = (V, E) un grafo. Si chiama suddivisione elementare di G il nuovo grafo G’ ottenuto da G introducendo
uno o più vertici di grado 2 su lati di G .
Il grafo G’ così ottenuto si dice omeomorfo al grafo G .
La figura mostra due grafi omeomorfi:
Basandosi sul concetto appena introdotto, il matematico e logico polacco Kazimierz Kuratowski (Varsavia, 2 febbraio 1896 –
18 giugno 1980), determinò una caratterizzazione dei grafi planari, oggi conosciuta come il Teorema di Kuratowski. A
differenza dei criteri precedenti, il teorema di Kuratowski è una condizione necessaria e sufficiente affinché un grafo G sia
planare.
Qui si riporta soltanto l’enunciato del teorema, essendo troppo lunga la sua dimostrazione.
TEOR. DI KURATOWSKI: Un grafo G è planare se e solo se non contiene alcun sottografo omeomorfo ai grafi K5 e K3,3 .
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I grafi K5 e K3,3 sono chiamati anche grafi di Kuratowski, per il fatto che Kuratowski dimostrò, nel 1930, che questi sono i
grafi non planari minimali (più “ridotti”).
Dire che un grafo è non planare equivale a dire che contiene tra i suoi sottografi uno almeno tra K5 e K3,3 .
Duale geometrico di un grafo piano. Teorema di Whitney.
DEF.: Sia G = (V, E) un grafo piano. Si definisce duale geometrico del grafo piano G il grafo G* = (V*, E*) ottenuto nel
seguente modo:
- ogni faccia (regione) di G si identifica con un vertice di G* ;
- ogni lato l di G genera un lato l* in G* , tale lato l* è incidente i vertici del grafo G* identificati con le due facce
(regioni) di G separate dal lato l .
Quindi il duale geometrico di un grafo piano G , si ottiene ponendo un punto in ogni regione di G (compresa la regione
esterna) e, se due regioni condividono un lato l , i punti corrispondenti a queste regioni si uniscono con un lato l* che
attraverserà unicamente il lato l .
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La figura seguente mostra un grafo piano e il suo duale geometrico:
Grafo G
Grafo G e la costruzione del suo duale G*
Grafo G*
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Osservando con attenzione la figura precedente, si vede che:
- i due grafi G e G*
hanno lo stesso numero di lati;
- il grafo G* è piano;
- il grafo G è semplice, ma G* è un multigrafo;
- il grafo G* ha un laccio se e solo se il grafo G ha un lato ponte;
- se il grafo G ha r regioni, q lati e p punti, allora il grafo G* ha r* regioni, q* lati e p* punti, dove:
r* = p ,
q* = q ,
p* = r ;
- il grafo duale di G* è il grafo G , ovvero il duale del duale di un grafo G è lo stesso grafo G .
In particolare, nella geometria dello spazio tridimensionale, dal punto di vista combinatorio, due poliedri P e Q si dicono duali
se esiste una corrispondenza biunivoca T fra gli insiemi di vertici, spigoli e facce di P e Q che inverte le adiacenze. Più
precisamente:
1. ad un vertice, spigolo o faccia di P , la corrispondenza T associa rispettivamente una faccia, spigolo o vertice di Q ;
2. Una faccia F di P incide uno spigolo S se e solo se lo spigolo T(S) incide il vertice T(F) ; viceversa, uno spigolo S
incide un vertice V di P se e solo se la faccia T(V) incide lo spigolo T(S) .
Questa dualità è detta dualità geometrica.
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Il concetto di duale geometrico di un grafo può essere anche formulato in modo astratto.
Il matematico americano Hassler Whitney (23 marzo 1907 – 10 maggio 1989) ha fornito una definizione combinatoria del
grafo duale esprimendo in termini astratti la nozione di duale geometrico di un grafo.
Lo stesso Whitney ha dimostrato l’equivalenza tra il duale combinatorio e il duale geometrico di un grafo ed ha anche
dimostrato il seguente
TEOREMA (Whitney) - Un grafo G è planare se esiste il suo duale combinatorio.
Qui non sarà trattato il concetto astratto del duale combinatorio.
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Contrazione elementare di un grafo. Grafo di Petersen.
In questo paragrafo si introduce una ulteriore caratterizzazione per i grafi planari, che si basa su una operazione sui grafi: la
contrazione di un lato.
Si dice che un lato è stato contratto se il lato è stato eliminato dal grafo ed i suoi estremi sono stati identificati in un nuovo
punto. Formalmente:
DEF.: Sia G = (V, E) un grafo. Si chiama contrazione elementare di G l’operazione seguente:
-identificare due punti adiacenti u e v di G in uno stesso punto w ;
-considerare adiacenti al nuovo punto w tutti quei punti di G che erano adiacenti a u oppure a v .
Esempio
u1
u2
u3
u4
Grafo G
w(=u1=u2)
u3
u4
Grafo H
La figura precedente mostra la contrazione del lato u1u2 , e la identificazione dei suoi estremi con il nuovo punto w ; i lati
u1u3 e u2u4 , che nel grafo G incidono i punti u1 e u2 , rispettivamente, nel grafo H incidono entrambi il nuovo punto w .
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DEF.: Un grafo G1 si dice contraibile ad un grafo G2 , se G2 si ottiene da G1 mediante una successione finita di
contrazioni elementari.
Nell’esempio della figura precedente, il grafo G è contraibile al grafo H .
La definizione precedente fornisce un ulteriore e utile strumento per stabilire la planarità di un grafo, infatti sussiste il seguente
TEOREMA - Un grafo G è planare se e solo se non ha sottografi contraibili a K5 oppure a K3,3 .
Qui non viene riportata la dimostrazione, ma si applica il teorema appena enunciato per stabilire la non planarità di un grafo
molto noto, detto Grafo di Petersen (GP) .
Grafo di Petersen
u1
v1
u5
v5
u2
v2
v4
v3
u3
u4
Grafo di Petersen
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Il grafo di Petersen porta il nome del matematico danese Julius Peter Christian Petersen (Zealand, 16 giugno 1839 – 5 agosto
1910); è un grafo semplice 3-regolare di 10 vertici e 15 lati. È un grafo “piccolo”, ma che spesso viene utilizzato come
esempio oppure come controesempio in molteplici problemi della Teoria dei Grafi.
Il grafo di Petersen non è planare perché contiene tanto sottografi contraibili a K5 , quanto sottografi contraibili a K3,3 .
In realtà per affermare che un grafo non è planare, è sufficiente determinare un suo sottografo contraibile a K5 oppure a K3,3 ,
ma non è necessario che ne abbia di entrambi i tipi.
Nel caso del grafo GP , il grafo K5 può essere ottenuto contraendo i lati uivi , identificando gli estremi nei punti wi come
mostrato nella figura seguente
w1
w1
w5
w5
w2
w2
w4
w4
w3
K5
w3
95
Il grafo K3, 3 può essere ottenuto, invece, come viene indicato qui di seguito:
-dapprima si considera il sottografo H di GP della figura seguente
u1
v1
u5
v5
u2
v2
v3
v4
u3
u4
successivamente, si identificano nel suddetto sottografo H i punti v2 , u2 e u3 nel punto w2 , ed i punti v5 , u5 e u4 nel
punto w3 , come mostra la figura seguente
w1
w1
w3
w3
w2
w2
K3, 3
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A questo punto vengono introdotte alcune ulteriori nozioni necessarie per l’esposizione di alcuni algoritmi relativi alla
planarità di un grafo.
Sottografo ponte. Punto di attacco.
DEF.- Siano G = (V, E) un grafo, H un sottografo di G e A = E(G) – E(H) l’insieme dei lati di G che non sono lati di H .
Tra i lati di A si definisce la relazione ~ come segue:
e1 ~ e 2
se esiste un cammino w tale che:
1. w ha come primo lato e1 e come ultimo lato e2 ;
2. w è disgiunto internamente da H , cioè nessun vertice interno del cammino w è un vertice di H .
Si verifica in modo ovvio che la relazione ~ così definita è una relazione di equivalenza tra i lati di A .
DEF.: Si dice ponte (o bridge) di H in G un sottografo di G – H indotto da una classe di equivalenza rispetto alla
relazione ~ .
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ESEMPIO - Sia G il grafo della figura
u3
u4
u2
u5
u1
u6
u7
u8
Grafo G
e sia H il sottografo di G indotto dai lati {u2 , u3} , {u3 , u4} e {u4 , u5} , come rappresentato nella figura seguente
u3
u4
u5
u2
u1
u6
u7
u8
Sottografo H in G
98
Allora, l’insieme A = E(G) – E(H) dei lati di G che non sono lati del sottografo H , è:
A = { {u1 , u2} , {u1 , u5} , {u2 , u6} , {u5 , u6} , {u6 , u7} , {u7 , u8} } .
Due lati di A si dicono equivalenti se esiste un cammino avente i suddetti lati come primo ed ultimo, che sia disgiunto
internamente da H . Dunque:
• {u1 , u2} ~ {u1 , u5} ;
• {u5 , u6} ~ {u7 , u8} ;
• {u1 , u5} ~ {u7 , u8} (questi due lati non sono equivalenti).
Quindi, ci sono due ponti di H in G , rappresentati nella seguente figura 1
• B1 , formato dai lati {u1 , u2} e {u1 , u5} ;
• B2 , formato dai lati {u2 , u6} , {u5 , u6} , {u6 , u7} e {u7 , u8} .
Figura 1:
u3
H
u3
u4
H
u4
u2
u2
u5
u5
u1
u1
u6
B1
u7
u8
u7
u8
u6
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B2
Si verifica che:
1. se B è un ponte di H in G , allora B è un grafo connesso; inoltre, due punti qualsiasi di B sono collegati da un
cammino internamente disgiunto da H ;
2. due ponti B1 e B2 di H in G non hanno punti in comune, con l’unica eccezione possibile costituita dai punti di H .
DEF.- Sia B un ponte di H in G e sia V(B, H) = V(B) ∩ V(H).
I punti di V(B, H) si chiamano punti di attacco di B ad H .
Nell’esempio precedente, i punti u2 e u5 sono i punti di attacco di B1 e B2 ad H .
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