Liner Notes - Giuppi PAONE

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Liner Notes - Giuppi PAONE
Portland, Maine, agosto 2012. Alla cantante, compositrice, didatta e saggista Giuppi Paone – in
soggiorno negli Usa – l’amica Julie Goell organizza a sorpresa un “incontro sonoro” con il
flautista Carl Dimow: altri musicisti erano stati invitati ad ascoltare e/o partecipare se lo
avessero voluto. Ero – ricorda la Paone - piuttosto imbarazzata. Quando è entrato Carl nella
sala, gli sono andata incontro, mi sono presentata (…) suonare con lui è stato davvero facile, ci
abbiamo messo due note per capirci. Altri musicisti si sono poi aggiunti, è stato un concerto
interessante, divertente. Qualche giorno dopo Carl Dimow (musicista eclettico che, tra l’altro,
suona in gruppi klezmer, nella balcan band Zhok Therapy e nel World Flute Trio) trova una sala
di registrazione dove suonare insieme al trombettista Mark Tipton, al contrabbassista John
Clark ed al batterista-percussionista-fotografo Hayes Porterfield. Avevamo tempo – è ancora
Giuppi Paone a rievocare l’atmosfera della seduta di incisione - e nessuna fretta, nessuna
imposizione, nessun obiettivo da raggiungere. Molto rilassati. Abbiamo suonato e suonato,
senza metterci d’accordo su nulla prima di cominciare un pezzo.
Il risultato è in questo Cd – THE ACADIA SESSION – pubblicato non senza i dubbi sulla
legittimità di trasformare in “documento” un momento così gioiosamente transitorio e creativo
della propria esperienza, forse per questo maggiormente “necessario” di altre opere più
meditate della Paone e dei suoi partner principali: i flauti di Dimow e la tromba di Tipton
(musicista dalla vasta esperienza classica che ha collaborato anche con Bobby McFerrin e Maria
Schneider), tre libere voci. Il terreno comune è quello non inedito di una musica largamente
improvvisata, sperimentale, con riferimenti anche all’ambito contemporaneo; eppure la
registrazione ha un’avvertibile freschezza, i suoni scaturiscono – in tutta la loro complessità –
con una forza ed un trasporto autentici, senza accademismi o autocompiacimenti. Tutti i
musicisti sono tecnicamente bravi e dotati di capacità d’ascolto e d’interplay; le formazioni
sono variegate con una presenza più marcata del flauto con cui, evidentemente, la voce della
Paone si sposa bene in un gioco fitto di frequenze e affinità.
L’impaginazione dell’album plasma architettonicamente il libero fluire della seduta: c’è un
primo blocco introduttivo con “Sul fiato” e “Trio Backstage Warm-Up” che hanno un approccio
ludico e “metasonoro”; il terremotato “Late Late Nite Ferry Blues” ben si unisce alle due ballad
in successione (”When Johnny Comes Marching Home” e “What Is This Thing Called Love?”),
anche se il primo è strumentale – compreso l’uso della voce – e invece negli altri pezzi c’è un
lavoro di destrutturazione, smontaggio, decostruzione, ricostruzione dei testi che la vocalist fa
con rilassata audacia.
“La porta sull’oceano” lavora ancora strumentalmente mentre “Ninna nanna siciliana” introduce
il dialetto e crea una fortissima, drammatica tensione che rimbalza, amplificandosi, in “Lover
Man”. In questo brano si raggiunge un climax drammatico, attenuato e straniato dagli ultimi
due titoli che riportano un po’ l’atmosfera agli inizi, con un supplemento di swing in “Maine
Rush Hour” e un che di contemporaneo in “Strada bianca”.
THE ACADIA SESSION, note rubate dalla tecnologia al fluire del tempo e dell’espressività,
vede Giuppi Paone operare in varie dimensioni di una vocalità capace di tratteggiare atmosfere
dal folclore allo sperimentalismo, dal jazz alla contemporaneità: voce come strumento tra
strumenti a fiato; voce che lavora su testi in varie lingue in un rischioso processo di
interpretazione.
Note rubate che hanno un’istantanea, immediata visionarietà e sono lo ‘spaccato’ di una
relazione sonora riuscita.
Liner notes di Luigi Onori