01.Assemblea 05.01.2014 - Il vangelo della

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01.Assemblea 05.01.2014 - Il vangelo della
Comunità dell’Isolotto - Firenze, domenica 5 gennaio 2014
IL VANGELO DELLA PROSPERITA'ALLA CONQUISTA DEI POVERI
riflessioni sul neopentecostalismo in Brasile
Gruppo Paola- Adriana – Luciana – Francesca – Tina
Elia De Virgilio ci presenta la sua tesi di laurea su questo tema
La crisi dei nostri giorni
Oggi abbiamo la certezza che non possiamo più andare avanti così. Il limite della
“crescita” (demografica, materiale) sarà presto raggiunto in questo 21° secolo.
Questa certezza però significa che tante delle “certezze” sulle quali si basava la
nostra civiltà, prima di tutto il modello di crescita della società capitalista, stanno
crollando. Proprio perché esse non prevedevano il raggiungimento di un limite, la fine
del processo di accumulazione, o del progresso nella visione positivista.
Il mito del progresso, evocato tanto nel 19° secolo, epoca del positivismo e della
grande rivoluzione industriale è perdurato e perdura fino ad oggi. Si continua a
parlare di innovazioni tecnologiche, energie rinnovabili, sviluppo sostenibile etc. che
dovrebbero permettere il cammino in salita di un progresso incessante.
Invece diventa sempre più evidente che le promesse del progresso non potranno
essere mantenute.
Anche le speranze dell’Illuminismo, con la democrazia e la “pace perpetua”, si stanno
rivelando dei sogni troppo belli per essere veri. Il termine democrazia sembra essere
sempre più una semplice etichetta, una parola svuotata dal suo senso. Non sappiamo
più chi o cosa votare, in quale ideologia credere e noi cittadini di “stati democratici”
stiamo scoprendo che il potere è tutt’altro che nelle nostre mani e che, per di più,
siamo sorvegliati e controllati se non addirittura perseguitati incessantemente dai
nostri stati! A dirlo in altre parole: “le aspettative illuministiche… sono state smentite
dalla storia” (Almond, Appleby, Sivan, 2006: 12).
Però forse più del futuro della democrazia, dell’umanità e in generale delle sorti di
questo pianeta noi esseri umani ci stiamo preoccupando ognuno della sua lotta
quotidiana di sopravvivenza. Qui in Europa assistiamo allo smantellamento dei sistemi
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di sicurezza sociale, all’aumento della disoccupazione, al lavoro sempre più precario. In
altri continenti, neanche tanto lontani da noi, scoppiano guerre, le migrazioni
aumentano (e vengono sempre più fortemente contrastate) e gli effetti della
globalizzazione e di mercati sempre più aggressivi si mostrano con tutta la crudeltà.
Buona parte della popolazione mondiale si concentra negli slum, le bidonvilles, i
kampung
o
le
favelas
delle
megalopoli
del
mondo
(Davis,
2006).
Insomma, sembra che crescente miseria, conflittualità e incertezza stanno dominando
la percezione dei nostri tempi.
Però noi esseri umani abbiamo bisogno di sicurezza, abbiamo bisogno di certezze a cui
aggrapparci, su cui costruire le nostre vite, capaci di dare un senso a quello che
facciamo (Bauman, 2007).
Il ritorno delle religioni
Le religioni e la fede in Dio da sempre hanno cercato di soddisfare questo bisogno di
certezza in un modo trascendentale, quando la ragione umana non sapeva dare
risposte.
Ma dall’epoca dell’Illuminismo in poi il processo di secolarizzazione ha diminuito in
modo continuo l’influenza delle religioni, sostituito dalla “fede positivista” nella
scienza, nella ragione, nel progresso, nel mercato.
Ora che siamo arrivati all’”eclisse delle grandi ideologie del 20° secolo” che erano
state il marxismo e il liberalismo (Pace 1990: 164), assistiamo a un ritorno delle
religioni? Il ritiro delle religioni dalla sfera pubblica è stato solo il primo tempo della
partita tra la laicità e le religioni? E’ arrivato il tempo della “rivincita di Dio”? Come
avviene questo ritorno o risveglio religioso? Come si stanno evolvendo le religioni nei
nostri tempi?
Gilles Kepel (1991) nel La rivincita di Dio fa un’analisi di questo processo, individuando
gli anni ’70 come decennio di svolta nel quale avviene una inversione di tendenza negli
sviluppi delle religioni. Sono anni turbolenti e con la crisi del petrolio per la prima volta
la vulnerabilità del modello di sviluppo occidentale diventa visibile, percepibile. Nel
contesto del “discredito globale della modernità” (Kepel 1991:13) un nuovo discorso
religioso si viene affermando, in contrasto con il discorso religioso progressista
avviato negli anni ’60. Questo fenomeno si manifesta all’interno di tutte le grandi
religioni, in particolare nelle tre religioni del libro, il Giudaismo, il Cristianesimo e
l’Islam, ma anche in altre religioni come l’Induismo.
Il pentecostalismo come forma religiosa nasce già all’inizio del XX secolo negli Stati
Uniti, ma è nella sua versione neopentecostale, a partire dalla metà degli anni '70, che
arriva a conquistare le masse popolari ed avere un forte impatto sulle società dove vi
è presente questa nuova variante del Cristianesimo, in particolare nei paesi del “terzo
mondo”.
La domanda alla quale cerco di dare risposta nella mia tesi è questa:
Il neopentecostalismo è la nuova variante del Cristianesimo che più si adatta al mondo
globalizzato e alla vita nelle grande città?
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Il vangelo della prosperità
Tradizionalmente il Cristianesimo è una religione che si pone al lato degli umili e
poveri. La festa del natale ci ricorda proprio questo: Gesù nasce in una stalla in mezzo
ad animali. Sono i pastori dei campi i primi ad adorarlo. La sua provenienza è quella da
una famiglia semplice e durante tutta la sua vita egli sta al lato degli ultimi. La
condanna dell'accumulazione di ricchezze avviene più volte. Il passaggio più famoso è
quando Gesù parla dell'impossibilità per i ricchi di entrare nel regno dei cieli. Più
facile sarebbe che un cammello passasse dal buco di un ago (Mt 19, 24).
I fortunati nella vita invece hanno bisogno. Necessitano di sapere che hanno diritto
alla loro fortuna in questo mondo.
Con il rapido processo di modernizzazione che avviene in Brasile a partire dagli anni
'60 e la conseguente ascesa sociale di una parte della società cresce questo secondo
bisogno. Il boom economico e la crescita degli anni '90 e 2000 hanno sicuramente
aumentato ancor di più il bisogno di dare un fondamento religioso alla nuova ricchezza
in un paese con la distribuzione del reddito tra le più diseguali al mondo.
Il neopentecostalismo ha introdotto con successo la cosiddetta Teologia della
Prosperità, una dottrina che propone una interpretazione alternativa degli
insegnamenti biblici rispetto al tema della ricchezza. Questa teologia, che nasce negli
USA durante gli anni '60 negli ambienti pentecostali e carismatici, afferma che il
regno dei cieli non aspetta i fedeli nell'aldilà, ma che lo si può raggiungere oggi e qua,
nella vita terrestre del presente. Riporto qui alcune voci di predicatori del Vangelo
della Prosperità o della Confessione positiva come viene anche chiamato.
“Siamo figli di Dio e siamo stati creati per la vittoria (…) Dio ci vuole prosperi, in
buona salute, vittoriosi.”
“La Teologia della Prosperità porta il celeste nelle nostre vite terrene. Per mangiare i
cibi migliori, per vestire i vestiti migliori, per guidare le macchine migliori, per avere
il meglio di tutte le cose, per accumulare tante ricchezze, per non ammalarsi mai, per
non soffrire nessun incidente, per avere una lunga vita, per morire una morte dolce –
basta credere con il cuore e pregare a voce alta per tutte queste cose. Basta usare il
nome di Gesù con la stessa libertà con cui usiamo i nostri assegni bancari.” (voci
citate in Mariano 1999: 147).
Con la promessa che il mondo può essere un luogo di felicità, prosperità e abbondanza
la Teologia della Prosperità permette a coloro che la seguono l'accettazione della
società dei consumi.
Per i difensori della Teologia della Prosperità gli uomini sono destinati alla prosperità,
alla salute, al successo e alla felicità. Basta avere una fede incondizionata, rivendicare
i propri diritti ad alta voce in nome di Gesù ed essere obbedienti e fedeli nel
pagamento della decima.
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Il pagamento della decima viene giustificato con il principio della reciprocità, che
vuole dire che per ricevere bisogna prima dare.
“Dio non ha bisogno dei nostri soldi, perché appartengono a Lui tutto l'argento e tutto
l'oro. Ma egli ha bisogno che noi lo obbediamo, affinché ci possa benedire. Esiste una
intima relazione tra il dare e il ricevere. Quanto più diamo, più riceviamo.”
(Robson Rodovalho in Mariano 1999: 160)
Secondo la Teologia della Prosperità tra Dio e i fedeli esiste una relazione di tipo
contrattuale. Come abbiamo già detto, il fedele ha dei diritti (il diritto a una vita in
abbondanza e senza sofferenze) e Dio ha degli obblighi nei suoi confronti. Allo stesso
modo i credenti hanno però degli obblighi nei confronti di Dio. Per giustificare il
pagamento della decima, ovvero la donazione della decima parte dello stipendio o degli
altri introiti che uno riesce a guadagnare a Dio tramite le offerte alla sua Chiesa, le
Chiese neopentecostali trovano conferme in diversi passaggi delle sacre scritture.
“Poi, alzati gli occhi, Gesù vide dei ricchi che mettevano i loro doni nella cassa delle
offerte. Vide anche una vedova poveretta che vi metteva due spiccioli; e disse: «In
verità vi dico che questa povera vedova ha messo più di tutti; perché tutti costoro
hanno messo nelle offerte del loro superfluo; ma lei vi ha messo del suo necessario,
tutto quello che aveva per vivere».” (Luca 21, 1-4)
Ma allora come si spiega il fatto che tanti fedeli che pagano regolarmente la loro
decima vivono nelle favelas e ricevono, se lo ricevono, uno stipendio da fame? La
risposta che danno i leader neopentecostali è semplice: non basta pagare la decima. Gli
affari sulla terra vengono fatti dagli uomini. E per questo bisogna anche essere
intelligenti, furbi e saper approfittare delle opportunità. Queste qualità, combinate
con la benedizione divina porteranno a una ricchezza infinita. Ai fedeli viene
consigliato di aprire negozi propri per diventare padroni. Per diventare ricchi non
basta pagare correttamente la propria decima. Bisogna mettersi in gioco, lavorare e
rischiare. Dio aiuterà colui che se lo merita.
Una usanza nei culti neopentecostali sono le testimonianze di chi ha ottenuto la
benedizione divina. Spesso i testimoni non sono presenti personalmente e quindi si fa
ricorso ai piccoli video che vengono registrati nelle chiese più grandi per poi essere
diffusi nelle altre chiese. Il racconto dei fedeli segue sempre lo stesso schema. Si
comincia a raccontare la vita antecedente all'esperienza di conversione. Questa vita
era caratterizzata da miseria, depressione, paura, disoccupazione, criminalità,
dipendenze tossiche e altre disgrazie. Arrivato “al fondo del pozzo” (espressione
comune tra i neopentecostali) la persona si rende conto di non avere più nulla da
perdere e mette ogni speranza nelle mani di Dio, donando quel poco che gli è rimasto
(che nei racconti dei testimoni spesso non è poi così poco). Questo è il momento
decisivo e di svolta. Dopo il sacrificio avviene un incontro con Dio ed egli porta tutte le
benedizioni nella vita del fedele. Alla fine della testimonianza il fedele racconta quanti
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sogni ha potuto realizzare, quanti beni materiali si è potuto comprare. Spesso nei
video delle testimonianze alla fine si fanno vedere una casa bella e lussuosa, delle
macchine grosse e sportive e altre cose del genere per dimostrare quanti miracoli Dio
ha concesso a chi ha scommesso tutto su di Lui.
Il credente che esige una grande benedizione, deve essere radicale nella sua fede.
Deve far cose che possono sembrare irrazionali, deve correre rischi donando tutto
quello che ha, e lo deve fare senza un minimo di dubbio. Perché, così dice Macedo, “il
dubbio è del Diavolo”. Si arriva addirittura a un linguaggio di tipo finanziario. I
sacrifici sono investimenti sicuri che porteranno una rendita incomparabile. Cito
sempre Macedo: “bisogna dare quello che non si potrebbe dare. I soldi che uno ha
risparmiato per un sogno futuro, questi soldi hanno un valore, perché quello che viene
dato senza soffrire alcuna mancanza non ha valore per il fedele e ancor meno per
Dio.” (Macedo, IstoéSenhor, '89, in Mariano 1999: 170).
Questa insistenza sul pagamento della decima sta causando diversi tipi di reazione nei
fedeli. In una ricerca di Ari Pedro Oro sulle rappresentazioni del denaro nel
neopentecostalismo brasiliano alcuni fedeli confessano di avere vergogna di non
donare niente (Oro, 1992 in Mariano 1999: 174). Preferiscono accettare i lavori più
umili e ridurre ulteriormente i loro consumi per poter fare le loro donazioni alla
Chiesa. Altri lasciano la Chiesa a causa della insistenza degli appelli finanziari,
specialmente dopo che non si sentono ripagati come era stato loro promesso.
Nonostante questo, il numero dei neopentecostali che praticano il “Vangelo della
Prosperità” è in continua crescita.
Neopentecostalismo e capitalismo
C'è chi sostiene che il pentecostalismo comporta una maggiore affinità con lo “spirito
del capitalismo”, analogamente al protestantesimo di matrice calvinista, e quindi
dovrebbe favorire l'ascesa sociale dei suoi membri e lo sviluppo economico dei paesi
dove è presente (David Martin, 1990).
La mia riflessione sul legame tra neopentecostalismo e capitalismo è invece ispirata
all'analisi marxista: il sistema capitalistico necessita di una classe proletaria che sia
succube e laboriosa. Il pericolo più grande per la classe dominante che detiene il
controllo del sistema economico è una base sociale che sia cosciente della ingiustizia e
dello sfruttamento. La mobilità sociale e la prosperità di cui godono alcuni pentecostali
fortunati nella lotteria di Dio serve per mantenere accesa la speranza delle masse che
popolano le favelas. Il fatto che tutti, ricchi e poveri, si sentano parte della stessa
famiglia o comunità e siano legati emotivamente dalle esperienze comuni fatte nei
templi pentecostali impedisce anche che un sentimento di invidia possa crescere nei
meno fortunati. Essi al contrario attribuiscono la causa delle loro condizioni di vita alla
loro fede imperfetta e si sentono in colpa per non essere tanto fermi nella loro fede.
I fedeli che stanno al fondo della piramide sociale ammirano coloro che invece stanno
in cima, segno che questi sono riusciti ad ottenere la benevolenza di Dio. Il
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pentecostalismo, ancor più nella sua versione neopentecostale, funziona come antidoto
efficace che mantiene la popolazione in una condizione di incoscienza della situazione
di oppressione. Esso funziona efficacemente come “oppio del popolo” adattato ai
nostri tempi.
Conclusioni
La fine degli anni '70 e gli anni '80, sono il momento in cui arriva la cosiddetta terza
ondata pentecostale nel continente latino-americano. Vengono fondate chiese nuove
che cominciano a riempirsi, a diffondersi nell'intero paese e ad avere un notevole
successo soprattutto tra gli strati più poveri della popolazione. Inizialmente sono
viste come un fenomeno marginale e vengono poco considerate. Ma con il loro grande
successo e l'esplosione del numero di aderenti dagli anni 90 ad oggi, le Chiese
pentecostali e neopentecostali si sono diffuse in larghe fasce della società brasiliana
e non si può più non prenderne atto. Il successo in termini di numero di aderenti a
queste Chiese pentecostali non si limita al solo Brasile, ma si estende a tutta
l'America Latina come anche a tante altri parti del mondo, dall'Africa fino alla Cina.
I numeri delle conversioni fanno vedere un paradosso. Sembra che la gran parte della
popolazione povera ed emarginata è più attratta dal modello propagato dalle Chiese
neopentecostali, pagando fedelmente la loro decima e credendo nel “Vangelo della
Prosperità”, invece che dal messaggio della Teologia della Liberazione che ha sempre
sostenuto le rivendicazioni economiche e politiche di questa fascia della popolazione.
Da dove viene l'attrazione che il neopentecstalismo esercita sulle popolazioni del “sud
del mondo”?
Probabilmente il pentecostalismo, con la sua grande enfasi sulle emozioni, sui doni
dello Spirito Santo, sulla cura divina, ha una forte attrattività per chi vive in
condizioni difficili. Dall'altro lato si potrebbe pensare che gli ambienti cristiani di
sinistra attorno alla Teologia della Liberazione sono troppo razionali e trascurano
l'aspetto mistico ed emotivo, un elemento importante delle religioni.
Ci si può anche chiedere se, “visto che il neopentecostalismo adatta “i “poveri” alle
esigenze del mercato, abbiamo a che fare con il “braccio spirituale” non solo
dell'imperialismo
americano, ma anche del
neoliberalismo trionfante? (…)
I nuovi culti arrivano effettivamente ad attutire l'impatto negativo dei programmi di
aggiustamento strutturale. Offrono ai convertiti quello che la Banca Mondiale auspica,
cioè l'empowerment (...)” (Corten in Le monde diplomatique 2001).
“Empowerment” nel senso che il neopentecostalismo dà ancoraggio e sicurezza a chi si
trova a dover sopravvivere in un contesto di sradicamento come lo troviamo nelle
periferie delle grandi metropoli del “terzo mondo”, perché le sue regole semplici,
semplici da capire e da seguire, si mostrano molto efficaci, in quanto capaci di
produrre un miglioramento immediato delle vite dei fedeli.
Non sono pochi i credenti di questa religione che sono usciti dalla miseria dalla quale
provenivano e sono riusciti a salire di qualche gradino nella scala della mobilità sociale.
Questo successo forse dovrebbe essere attribuito alle nuove possibilità di ascesa
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sociale che un paese in forte crescita economica come il Brasile offre oggi, ma per i
fedeli neopentecostali il loro eventuale successo viene attribuito all'opera dello
Spirito Santo e alla determinazione con la quale essi credono.
Ma la domanda cruciale che dobbiamo porre è quale sia il modello che questi fedeli
cercano di seguire, che gli viene presentato come strada da percorrere, una volta che
saranno riusciti a fare il passo tanto sognato verso una vita in prosperità?
Nelle Chiese neopentecostali i racconti dei testimoni sulle loro vite dopo che, secondo
la loro visione, sono state benedette da Dio e lo Spirito Santo ha cominciato ad
operare, fare miracoli e realizzare i loro sogni, sono come abbiamo visto quasi tutti
dello stesso tipo: una vita consumista, ricchezza materiale. Questi sono, nei racconti
neopentecostali, i segni della benedizione di Dio.
Secondo Paulo Freire l'unico modello di umanità che gli oppressi conoscono è quello
degli oppressori. Per questo essi mirano a diventare come loro.
Non celebra forse il neopentecostalismo questa ascesa di alcuni degli oppressi nel
rango degli oppressori? Non siamo arrivati con la “Teologia della Prosperità” ad una
perfezione della idolatria del consumismo e della ricchezza materiale? E questa
idolatria avviene proprio tra i poveri, tra coloro che meno hanno la possibilità di
accesso all'abbondanza materiale, ad una vita edonistica e consumista.
Citiamo Freire quando parla della invasione culturale.
“L'invasione culturale è la penetrazione degli invasori nel contesto culturale degli
invasi... In questo senso l'invasione culturale, indiscutibilmente alienante, realizzata o
no con soavità, è sempre una violenza all'essere della cultura invasa, che perde la sua
originalità o si vede minacciata di perderla. (...)
In realtà, ogni dominazione comporta un'invasione, non solo fisica, visibile, ma a volte
camuffata, in cui l'invasore si presenta come se fosse l'amico che aiuta. In fondo
l'invasione è una maniera di dominare economicamente e culturalmente l'invaso.
Invasione realizzata da
una società-matrice, metropolitana, su una società
dipendente, oppure invasione implicita nella dominazione di una classe su un'altra, in
una stessa società.
Come manifestazione della conquista, l'invasione culturale porta alla non-autenticità
dell'essere degli invasi (…).
E' importante, all'invasione culturale, che gli invasi vedano la loro realtà con l'ottica
degli invasori e non con la loro.
La stabilità degli invasori è garantita dal mimetismo degli invasi.
Una condizione fondamentale per il successo dell'invasione culturale è la convinzione,
da parte degli invasi, della loro inferiorità intrinseca. E poiché nulla esiste senza il
suo
contrario, nella misura in cui gli invasi si riconoscono come “inferiori”,
necessariamente riconosceranno la “superiorità” degli invasori. I valori di questi
vengono ad essere il programma degli invasi. Quanto più si accentua l'invasione,
alienando gli invasi nella cultura e nell'essere, tanto più questi vorranno somigliare a
quelli; camminare come quelli; vestire alla loro moda, parlare come loro.” (Freire 1971:
186, 187).
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Le dinamiche dell'invasione culturale, come le descrive Freire ancora prima che il
neopentecostalismo esistesse e conquistasse le masse popolari del mondo, sono state
adottate e perfezionate da questa religione.
Forse il neopentecostalismo può essere visto come un'espressione emblematica dello
stadio nel quale si trova il nostro mondo globalizzato. Una fase del capitalismo
avanzato che genera crisi continue ma allo stesso tempo sembra inarrestabile. In
questa fase la diversità delle forme ed espressioni culturali e religiose del mondo si
sta livellando, fondandosi in poche espressioni omologate. Una di queste espressioni
standardizzate è rappresentata dal neopentecostalismo, nel quale i più umili adorano il
trionfo dei forti, il successo materiale dei ricchi e condannano la loro stessa povertà
come opera del Diavolo.
Chiusi in una visione del mondo distorta, questi credenti non riescono più a vedere e
capire i veri motivi della loro condizione miserabile, non si rendono conto di essere
oppressi e sfruttati, non si accorgono della colonizzazione culturale della quale sono
vittime.
Se con la Teologia della Liberazione si era creata una religiosità “coscientizzante” che
apriva gli occhi agli oppressi e univa le loro mani, tra la grande parte dei poveri del
Brasile questa religiosità è stata rimpiazzata con successo dal neopentecostalismo.
Il neopentecostalismo, così come tutte le altre espressioni religiose alienanti, è “(...) il
singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito
di una condizione priva di spirito. È l'oppio
dei popoli.” (K. Marx 1844).
E' seguito un dibattito vivace con Elia. Da
segnalare la testimonianza di prima mano
di Marilia Carvalho e Silvia, brasiliana e
l'intervento approfondito e puntuale di
Giovanni Franzoni, presente alla riunione.
Giovanni Franzoni tra noi
Marilia Carvalho, dal Brasile
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