Sulodexide nel trattamento delle trombosi venose

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Sulodexide nel trattamento delle trombosi venose
Periodico di informazione e aggiornamento scientifico sui percorsi diagnostico-terapeutici per pazienti vascolari
Direttore Editoriale: Cristiano Virno - Direttore Responsabile: Antonio Guastella - Anno II - n. 0/2011 - Reg. del Trib. di Roma n. 221 del 13/05/2010 - Periodicità quadrimestrale
©
2011 MEDIPRINT S.r.l. - Cod. 20B/11 - Via Val Maggia, 28 - 00141 Roma - tel. 06.8845351-2 - fax 06.8845354 - [email protected] • www.mediprint.it
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Sulodexide nel trattamento
delle trombosi venose.
Valutazioni cliniche a confronto
M. Camponeschi - Punto Medico, Servizio di Angiologia, Camposampiero (PD)
L. Corucci - Medico Oculista, Ospedale Lotti Pontedera (PI)
S. Damia - Specialista in Chirurgia Vascolare, Roma
P. Neri - Professore Aggregato, Facoltà Di Medicina e Chirurgia, Università Politecnica delle Marche, Ancona,
Responsabile dell’Ambulatorio di Immunologia Oculare, Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti
Umberto I-GM Lancisi-G Salesi, Ancona
R. Stradella - Angiologia Ambulatoriale. I.C.P. Milano
Anno II - n. 1(Suppl. 1)/2011 - Reg. del Trib. di Roma n. 221 del 13/05/2010 - Periodicità quadrimestrale
G.M. Zorzan - U.O. Chirurgia Vascolare, ICCS Istituto Clinico Città Studi, Milano
Efficacia clinica di un’associazione a base
di omega-3, acido alfa-lipoico e policosanoli
sui parametri cardiometabolici
e sul rischio cardiovascolare a 10 anni
R. Volpe*, D. Gavita*, S. Valle**, J. Donati Boume***, F. Pacioni ****
*Servizio di Prevenzione e Protezione, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma;
**Laziosanità-Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio, Roma;
***Royal Wolverhampton Hospitals NHS Trust, Wolverhampton (UK);
****Laboratorio Centrale, Policlinico Umberto I, Università “La Sapienza”, Roma
Specialità medicinale a base di:
Sulodexide (Glucuronil Glucosaminoglicano)
RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO
1.
2.
3.
DENOMINAZIONE
DEL MEDICINALE
®
TREPARIN® 250 LRU capsule molli
TREPARIN 600 LRU / 2 ml soluzione iniettabile
COMPOSIZIONE
QUALITATIVA E QUANTITATIVA
®
TREPARIN 250 LRU capsule molli
ogni capsula contiene:
Principio attivo: Sulodexide (Glucuronil glucosaminoglicano solfato) 250 LRU.
Per gli eccipienti,
vedere 6.1
®
TREPARIN 600 LRU / 2 ml soluzione iniettabile
ogni fiala contiene:
Principio attivo: Sulodexide (Glucuronil glucosaminoglicano solfato) 600 LRU.
Per gli eccipienti, vedere 6.1
FORMA FARMACEUTICA
“250 LRU Capsule molli” 50 capsule.
“600 LRU/2 ml Soluzione iniettabile” 10 fiale da 2 ml.
4. INFORMAZIONI CLINICHE
4.1. Indicazioni terapeutiche
Ulcere venose croniche.
4.2. Posologia e modo di somministrazione
Secondo prescrizione medica:
CAPSULE: 1 capsula 1-2 volte al giorno, lontano dai pasti.
FlALE: 1 fiala al giorno, per via intramuscolare.
La terapia può essere iniziata con le fiale e dopo 15-20 giorni, passare alla via orale per 30-40 giorni.
4.3. Controindicazioni
Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti.
Diatesi e malattie emorragiche.
4.4. Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego
Nei casi nei quali sia in atto un trattamento con anticoagulanti, è consigliabile
controllare periodicamente i parametri emocoagulativi.Tenere fuori dalla portata dei bambini.
4.5. Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione
Esiste la possibilità di interferenze con trattamenti anticoagulanti effettuati
contemporaneamente alla terapia con Treparin®.
4.6. Gravidanza e allattamento
Pur non essendo emersa fenomenologia negativa in proposito nel corso degli studi
sperimentali, se ne sconsiglia l’impiego nel corso della gravidanza e dell’allattamento.
4.7. Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari
Treparin® non influisce sulla capacità di guidare veicoli o di usare macchinari.
4.8. Effetti indesiderati
Nel corso delle sperimentazioni cliniche non ne sono stati segnalati.
In letteratura, tuttavia, sono reperibili rari casi di sensibilizzazione consistenti in manifestazioni cutanee, in sedi diverse. Sono stati inoltre segnalati, occasionalmente, facendo uso
della forma orale capsule, disturbi gastrointestinali, e facendo uso della forma iniettabile
fiale, dolore, bruciore, ed ematoma, nella sede di iniezione.Tali fenomeni sono soggetti a
remissione rapida per riduzione della posologia o, al più, sospensione della terapia.
4.9. Sovradosaggio
L’impiego incongruo, come dosaggio, del farmaco può indurre fenomenologie
emorragiche. In tal caso istituire idonea terapia antiemorragica (Solfato di protamina 1%).
5. PROPRIETA’ FARMACOLOGICHE
5.1. Proprietà farmacodinamiche
Categoria farmacoterapeutica: antitrombotici/eparinici
Codice ATC: B01AB11
La specialità medicinale TREPARIN® è a base di unico principio attivo: Sulodexide
(Glucuronil glucosaminoglicano solfato G.G.S.).
Il Sulodexide ha dimostrato di esplicare la propria azione sui più comuni tipi di alterate lipidemie: l’azione è da collegarsi alla capacità di legare le LDL e le VLDL e di
attivazione delle lipoproteinlipasi.
E’ stato ipotizzato il seguente meccanismo d’azione:
Stimolazione della lipoproteinlipasi - Riduzione della sintesi epatica delle lipoproteine e/o aumento del loro ritmo di degradazione - Legame competitivo delle lipoproteine con Sulodexide, somministrato in via terapeutica, piuttosto che con i G.A.G. della parete arteriosa - Inibizione della
aggregazione piastrinica - Attivazione della fibrinolisi. Questo aspetto è apparso costituire un ulteriore approccio al recupero funzionale della parete arteriosa sede di placche ateromasiche, con conseguente positiva influenza sulla funzione epatica, circolatoria, cardiaca.
5.2. Proprietà farmacocinetiche
Il Sulodexide agisce nei confronti delle lipoproteine fisiologicamente, come un filtro, diminuendone il meccanismo di trasporto attraverso la parete e limitandone la comparsa in
zona intimale. La somministrazione del farmaco libera nel torrente circolatorio un’enzima, o sistema enzimatico, capace di idrolizzare i trigliceridi legati alle lipoproteine.
Il Sulodexide in parte circola libero nell’organismo, e, in parte, subisce un legame con la
frazione ß, alla quale sono, di norma, associate le frazioni lipidiche.
La maggior parte di quanto non si lega alle proteine plasmatiche viene escreto per via
urinaria: dopo 12 ore dalla somministrazione, si ritrova in quantità che è stata calcolata
di circa il 14,4% e del 13%, mentre dopo 24 ore, i valori risultano del 28,5% e del 27%,
rispettivamente, per somministrazioni orali ed iniettive. Entrambe le vie di somministrazione garantiscono buoni livelli di assorbimento.
5.3. Dati preclinici di sicurezza
I dati preclinici rivelano assenza di rischi per gli esseri umani sulla base di studi convenzionali di farmacologia di sicurezza, tossicità per somministrazioni ripetute,
genotossicità, potenziale cancerogeno, tossicità riproduttiva. Il Sulodexide è un’eparinoide che ha dimostrato di possedere una buona tollerabilità locale e generale,
anche a dosaggi di molto superiori a quelli impiegati in terapia clinica.
Lo studio sulla tossicità del prodotto, condotto su varie specie di animali da laboratorio, ha consentito di concludere che, per somministrazioni orali, non è agevole
determinare il valore della DL50, dato che, a dosaggi di 1000 volte superiori alla DTS,
non si ottengono segni di sintomatologia tossica; dosi superiori sono di non agevole somministrazione all’animale: comunque, è stato stabilito che la DL50 per os, è
superiore a 8000 mg/kg.
Somministrato per via iniettiva, il farmaco risulta ben tollerato a dosaggi fino a 200
DTS/kg (i.m.) e 100 DTS/kg (e.v.) e la DL50, per impiego parenterale, è stata calcolata, in mg/kg, a 2840 (i.m.) e 2090 (i.p.) per il Mus musculus ed in 3120 (i.m.) e
2100 (i.p.) per il ratto.
Anche per somministrazioni protratte nel tempo, il farmaco appare ben tollerato,
senza influenze nocive su organi e funzioni organiche, incapace di indurre modificazioni dello sviluppo embriofetale o alterazioni della gestazione, come anche dell’aspetto istologico dei principali organi esaminati.Prove di laboratorio hanno dimostrato che il farmaco risulta sprovvisto di attività mutagena nel corso dei tests di più
frequente accezione.
6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE
6.1. Elenco degli eccipienti
®
TREPARIN 250 LRU capsule molli
Eccipienti: Sodio laurilsolfato, olio vegetale, cera d’api, glicerina, gelatina, etile
p-idrossibenzoato,
propile p-idrossibenzoato, titanio biossido, ferro ossido giallo
®
TREPARIN 600 LRU/2 ml soluzione iniettabile fiale
Eccipienti: Sodio cloruro, acqua per preparazioni iniettabili
6.2. Incompatibilità
Non pertinente
6.3. Periodo di validità
2 anni
6.4. Speciali precauzioni per la conservazione
Conservare a temperatura non superiore ai 25° C
6.5. Natura e contenuto del contenitore
Treparin® 250 LRU capsule molli - blister P.V.C. - Alluminio - 50 capsule
Treparin® 600 LRU/2 ml soluzione iniettabile - fiale in vetro - 10 Fiale
E’ possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.
6.6. Istruzioni per l’uso
Nessuna istruzione particolare.
Il prodotto non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere
smaltiti in conformità ai requisiti di legge locali.
7.
TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
Omikron Italia S.r.l. - Viale Bruno Buozzi n. 5 – 00197 Roma
8.
NUMERI DELLE AUTORIZZAZIONI ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
Treparin 250 LRU capsule molli
AIC
023797119
AIC
023797121
Treparin 600 LRU fiale
9.
DATA DI RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE
Giugno 2005
10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO
Giugno 2005
Indice
Sulodexide nel trattamento delle trombosi venose.
Valutazioni cliniche a confronto
Ruolo della sulodexide nel trattamento ambulatoriale delle trombosi venose superficiali
4
M. Camponeschi
Utilizzo di sulodexide nel trattamento ambulatoriale delle occlusioni venose retiniche
6
L. Corucci
Il trattamento ambulatoriale delle trombosi venose superficiali con sulodexide:
comparazione di 3 casi clinici
10
S. Damia
Potenzialità e applicazioni cliniche nel trattamento ambulatoriale con sulodexide
delle occlusioni venose retiniche
13
P. Neri
Diagnosi, prevenzione e trattamento con sulodexide dei pazienti affetti
da trombosi venosa profonda
19
R. Stradella
Il trattamento ambulatoriale delle trombosi venose con sulodexide
22
G. M. Zorzan
Efficacia clinica di un’associazione a base di omega-3,
acido alfa-lipoico e policosanoli sui parametri cardiometabolici
e sul rischio cardiovascolare a 10 anni
R. Volpe, D. Gavita, S. Valle, J. Donati Boume, F. Pacioni
28
SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO DELLE TROMBOSI VENOSE. VALUTAZIONI CLINICHE A CONFRONTO
Ruolo della sulodexide nel
trattamento ambulatoriale delle
trombosi venose superficiali
Massimo Camponeschi
Punto Medico, Servizio di Angiologia, Camposampiero (PD)
Introduzione
attività farmacologica antitrombotica, mediante
l’inibizione del fattore X attivato, la riduzione
dell’adesività piastrinica, l’attivazione del sistema fibrinolitico e l’inibizione diretta del fibrinogeno stesso; l’azione sulla trombina è di scarso
rilievo.
Le indicazioni canoniche di sulodexide sono le
ulcere venose croniche, ma in tale sede si è voluto allargare l’indicazione alle recidive di TVS agli
arti inferiori.
La TVS agli arti inferiori è una patologia estremamente frequente in ambito angiologico; si
manifesta, come noto, con la presenza di un
tratto venoso indurito, spontaneamente dolente, con cute circostante calda e arrossata; possono essere presenti sintomi generali come febbre
e non definito malessere.
Tale patologia può complicarsi con TVP e conseguente embolia polmonare e, più frequentemente, con netto peggioramento di insufficienza venosa cronica (IVC), in particolare se la TVS
insorge su vene varicose (detta quindi anche varicoflebite), con comparsa a distanza anche di
ulcere venose.
La trombosi venosa si suddivide classicamente
in profonda (TVP) e superficiale (TVS); per
entrambe la terapia in fase acuta è oramai ben
standardizzata (eparina calcica o a basso peso
molecolare sottocute e dicumarolico), per
tempi e modi variabili a seconda della localizzazione, dell’estensione e della situazione clinica globale. Anche per la fase cronica la terapia della TVP è standardizzata (dicumarolico
per tempo variabile), mentre per la TVS non è
ancora risolto il problema delle recidive e dell’eventuale prevenzione con terapia farmacologica.
Infatti, per ovvi motivi, non è proponibile una
terapia a tempo indeterminato con i farmaci sopraindicati, pur essendo noto che più viene prolungata la terapia anticoagulante più si riduce il
rischio di recidive a distanza.
Daltronde gli antiaggreganti piastrinici, in primis ASA e ibuprofene, pur essendo ampiamente
utilizzati con tale indicazione, in vari studi hanno dato risultati poco convincenti.
Scopo dello studio
Materiali e metodi
Si è voluta quindi studiare la probabilità di recidiva a distanza in pazienti con TVS agli arti inferiori sottoposti a trattamento profilattico con
sulodexide.
Sulodexide è un glicosaminoglicano dotato di
Sono stati esaminati 7 pazienti (5 femmine e 2
maschi), età compresa fra 44 e 66 anni, affetti
da TVS agli arti inferiori; tutti obbligatoriamente dovevano avere determinate caratteri-
4
RUOLO DELLA SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO AMBULATORIALE DELLE TROMBOSI VENOSE SUPERFICIALI
stiche e cioè essere al primo episodio di TVS,
esenti da trombofilia congenita o acquisita o
neoplasie, in classe CEAP C0, C1 o C2 (escluse
le classi superiori), non avere interessamento
della safena interna in prossimità della crosse,
non essere allettati.
Tutti i pazienti sono stati sottoposti a EcoColorDoppler (Esaote Megas con sonda da 7,5-10
MHz) che ha confermato la diagnosi di TVS, che
poteva essere occlusiva o no, e messi in terapia
farmacologica standard con eparina a basso peso molecolare per un tempo di 30 gg.
Al 30° giorno è stato eseguito EcoColorDoppler
di controllo, che ha evidenziato la completa ricanalizzione in 5 pazienti e incompleta negli altri 2 pazienti (1 maschio e 1 femmina), che sono
usciti dallo studio (questo perché una eventuale
recidiva di TVS avrebbe posto dei problemi di
diagnosi strumentale piuttosto complessi e comunque opinabili).
I 5 pazienti con ricanalizzazione completa sono stati messi in terapia con sulodexide 250
LRU mattino e sera per 10 gg, poi sulodexide
250 1 cps la sera + elastocompressione diurna
con calze graduate.
Risultati
Nessun paziente ha sospeso la terapia per intolleranza e tutti sono stati ricontrollati clinicamente ogni mese e con metodica EcoColorDoppler al 3° mese.
In nessuno dei pazienti trattati con sulodexide si
sono avute recidive omo- o eterosede di TVS e
tutti hanno portato a termine lo studio senza
che insorgessero problematiche specifiche.
Dopo il terzo mese la posologia di sulodexide è
stata continuata con 1 cps da 250 LRU al dì, ma
non è ancora disponibile il follow-up a 6 mesi,
dopo il quale, in assenza di recidive, si intende
sospendere la terapia.
Conclusioni
Sulodexide, alla dose di 250 LRU/die, è quindi
apparsa efficace e ben tollerata nella prevenzione delle recidive a breve e medio termine di TVS
agli arti inferiori dopo un primo episodio acuto.
Bibliografia
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Scientifico Editore Roma 1993.
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alla diagnosi, profilassi e trattamento. Il Pensiero
Prandoni P, Vigo M. La malattia tromboembolica venosa. Piccin Editore, 1989, Padova.
5
SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO DELLE TROMBOSI VENOSE. VALUTAZIONI CLINICHE A CONFRONTO
Utilizzo di sulodexide nel
trattamento ambulatoriale delle
occlusioni venose retiniche
Lucia Corucci
Medico Oculista, Ospedale Lotti Pontedera (PI)
Fattori di rischio
I fattori di rischio implicati nelle occlusioni venose retiniche sono i medesimi che si riscontrano nelle alterazioni vascolari che interessano altri distretti corporei.
Tali fattori di rischio sono pertanto rappresentati
dall’età, dall’ipertensione, dall’abitudine al fumo,
dal diabete e da patologie meno frequenti quali
l’iperomocisteinemia, la resistenza alla proteina C
attivata, deficit di proteina C ed S, anticorpi antifosfolipidi e tutte le condizioni che determinano
un aumento della viscosità ematica.
In ambito oculistico risulta di frequente riscontro la diagnosi di alterazioni vascolari retiniche.
Tali alterazioni sono di facile riscontro in quanto la retina è l’unico tessuto dove è possibile visualizzare direttamente sia le arterie sia le vene
con il supporto di apposite lenti.
È consuetudine che il medico di Medicina Generale invii, allo specialista oculista, i pazienti affetti da ipertensione arteriosa o altre patologie
che possano alterare il microcircolo proprio per
riscontrare la presenza di alterazioni vascolari e
per stadiare la patologia.
Occlusioni venose retiniche
Occlusione venosa di branca
Le occlusioni venose retiniche si verificano
quando la circolazione di una vena è ostruita; il blocco della circolazione comporta la
formazione di emorragie retiniche e la conseguenza più comune è la formazione di aree
ischemiche. L’occlusione può interessare la
vena centrale retinica oppure una delle sue
branche.
È una condizione patologica più frequente rispetto all’occlusione venosa centrale ed è causata
da un blocco parziale del circolo venoso a livello
dei punti di incrocio artero-venoso. L’occlusione
induce un innalzamento della pressione nel circolo capillare con conseguente formazione di
emorragie. Si possono avere interessamenti di un
quarto o di metà retina a seconda del circolo capillare coinvolto. La patologia interessa maschi e
femmine in egual misura e si verifica in genere
dopo i 50 anni. La complicanza più grave e devastante dell’occlusione venosa di branca è la neovascolarizzazione conseguente all’ischemia che,
in casi avanzati e non trattati adeguatamente,
porta all’insorgenza di emovitreo, distacchi di retina trazionali o glaucoma neovascolare. Questa
Sintomi
I sintomi possono variare da persona a persona e, in linea generale, insorgono all’improvviso. In alcuni casi il calo visivo è marcato, mentre in altri casi, soprattutto se l’occlusione interessa una branca, i sintomi possono essere
inesistenti o sfumati.
6
UTILIZZO DI SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO AMBULATORIALE DELLE OCCLUSIONI VENOSE RETINICHE
na centrale della retina all’emergenza dal nervo ottico. I sintomi sono analoghi a quelli dell’occlusione di branca, con particolare riferimento alla riduzione del visus che risulta improvvisa e dovuta a
edema maculare. Si apprezzano, sulla superficie retinica, emorragie e vasi venosi dilatati e tortuosi.
Esistono due forme di tale occlusione: l’occlusione della vena centrale di tipo ischemico e la
forma non ischemica.
La forma ischemica si verifica in un 20-25% dei
casi con un marcato e improvviso calo visivo. Al
fondo dell’occhio si apprezzano emorragie retiniche sparse su tutta la superficie retinica ma soprattutto al polo posteriore, edema del nervo ottico, vene retiniche dilatate e tortuose, severo
edema maculare ed essudati cotonosi. Tale forma è gravata da complicanze che possono insorgere anche a distanza di tempo dall’evento occlusivo; tra queste la più frequente è rappresentata da glaucoma neovascolare.
La forma di occlusione non ischemica è più frequente e si verifica, infatti, nel 75-80% dei casi.
Al fondo oculare si rilevano emorragie retiniche
a fiamma su tutto l’ambito retinico, edema del
nervo ottico, vene tortuose e dilatate e rari essu-
Figura 1. Occlusione venosa di branca: fluoroangiografia.
Figura 3. Occlusione della vena
centrale della retina:
fluoroangiografia.
A=fluoroangiografia; B=OCT, scansione maculare; C=mappa
tomografica dell’ispessimento retinico
Figura 2. Occlusione venosa di branca.
complicanza, nelle occlusioni di branca, è poco
frequente, mentre è di più frequente riscontro
l’insorgenza di edema maculare con una riduzione massiva della capacità visiva.
È di fondamentale importanza sapere che questi
pazienti hanno una predisposizione a sviluppare
un’analoga occlusione venosa di branca nell’occhio controlaterale ed ecco che la terapia sistemica assume un valore importantissimo (Figg. 1,2).
Figura 4. Fluoroangiografia di un
paziente con occlusione della
vena centrale della retina di tipo
ischemico.
Occlusione della vena centrale della
retina
Si tratta di un quadro patologico meno frequente
del precedente ed è dovuta all’occlusione della ve-
7
L: CORUCCI
una terapia medica sistemica oltre che far modificare lo stile di vita del paziente. Ho ritenuto
importante somministrare a tali pazienti, una
terapia con sulodexide (Treparin®), ottenendo
buoni risultati clinici caratterizzati dalla totale
risoluzione di forme lievi e miglioramenti marcati in casi più severi.
Sulodexide è un glicosaminoglicano (GAG) costituito, per l’80%, da eparina a medio peso molecolare e per il 20% da dermatansolfato e agisce, pertanto, sia sull’endotelio sia sul sangue
circolante. La molecola può inibire, infatti, la
trombogenesi e l’accrescimento del trombo su
superfici attivate, quali piastrine e cellule endoteliali, e stimola inoltre la fibrinolisi locale. Tutte queste azioni non alterano lo stato coagulativo del paziente e sono associate a una spiccata
attività profibrinolitica.
L’azione di sulodexide sul microcircolo si completa attraverso l’intervento della molecola sulle
membrane basali ripristinando, sia qualitativamente che quantitativamente, i GAG sub-endoteliali. A livello del sangue circolante sulodexide
inibisce la trombogenesi riducendo la formazione di trombina libera, i livelli di fibrinogeno e
quindi la viscosità ematica ed esercita, inoltre,
un’attività antiproliferativa a carico della muscolatura vascolare arteriosa responsabile della
riduzione del lume vasale.
Tale molecola agisce inibendo tutte le componenti responsabili dello sfiancamento delle pareti venose della stasi e dell’induzione della sofferenza vascolare (Tab. I).
Figura 5. Esame OCT di paziente
che presenta edema maculare.
dati cotonosi (Figg. 3,4). Se la visione risulta
compromessa significa che siamo in presenza di
un’emorragia o di un edema maculare. Accade
spesso che, con il tempo, nonostante le emorragie retiniche e l’edema maculare si risolvono,
può residuare un calo visivo (Fig. 5).
Diagnosi e trattamento
La diagnosi viene eseguita dall’oculista con
l’esame del fondo oculare a livello del quale è
possibile vedere segni quali la dilatazione venosa le emorragie e l’edema maculare. Gli esami
strumentali che seguono la diagnosi e la confermano in modo oggettivo sono rappresentati
dalla fluoroangiografia e dall’OCT (tomografia
a coerenza ottica). La fluoroangiografia è importante per evidenziare e quantificare l’edema
maculare, ma soprattutto per stabilire la presenza di aree ischemiche che necessitano di un trattamento laser. Questo tipo di trattamento, eseguito su aree ischemiche, impedisce la formazione di neovasi soggetti a fenomeni di sanguinamento e ulteriori perdite di campo visivo.
Risulta di fondamentale importanza, in presenza di tali pazienti, non limitarsi a un controllo
prettamente oculistico, ma capire che si tratta di
soggetti con patologia del microcircolo che possono sviluppare tali fenomeni non solo nell’occhio controlaterale ma anche in altri distretti
corporei. In questi casi è pertanto utile che lo
specialista collabori con il curante, impostando
Tabella I. Composizione e attività
di sulodexide.
Caso clinico
Riporto pertanto un significativo caso clinico di
un soggetto di sesso maschile di 58 anni presentatosi, alla mia osservazione, per riduzione visiva percepita da un giorno.
Tale soggetto presentava, infatti, in OD un visus
di 4/10 con correzione e in OS di 10/10 con cor-
Composizione
Attività
• 80% eparina (medio peso molecolare)
• Ripristino della funzione endoteliale
• 20% dermatan solfato (GAG endoteliale)
• Attività fibrinolitica
• Prevenzione della formazione di microtrombi
• Attività antiflogistica (riduzione proteina C-reattiva sensibile)
8
UTILIZZO DI SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO AMBULATORIALE DELLE OCCLUSIONI VENOSE RETINICHE
rezione. La pressione endooculare si manifestava in OO di 16 mmHg.
All’esame del fundus oculi in OD ho apprezzato
l’occlusione di una branca della vena temporale
superiore con numerose emorragie ed edema
maculare.
Oltre a prescrivere esami strumentali di routine,
quali la fluoroangiografia e l’OCT, ho tempestivamente prescritto una terapia sistemica a base
di cortisone (metilprednisolone 16 mg 1 cpr al dì
10 giorni quindi ½ cpr di altri 10 giorni) e sulodexide (Treparin®) con questo schema posologico: 2 capsule al dì lontano dai pasti per 30 giorni,
terminando quindi il ciclo con una sola capsula
al dì per altri 30 giorni. Ho effettuato controlli
settimanali per i 2 mesi successivi all’episodio vascolare. Ho potuto notare che già, dopo un mese
dall’episodio, la vista era migliorata a 7/10 per essere nuovamente di 10/10 alla fine dei 2 mesi di
terapia. Ho nuovamente fatto eseguire esami
strumentali (passati 3 mesi dall’episodio), riscontrando una totale regressione dell’edema
maculare e assenza di aree ischemiche. Inoltre, in
accordo con il curante, ho fatto proseguire la terapia con sulodexide per 6 mesi, proteggendo il
paziente da eventuali nuovi episodi, sia a livello
oculare sia in altri distretti corporei.
Conclusioni
Ritengo di fondamentale importanza trattare le
occlusioni venose retiniche non soltanto effettuando terapie mirate al recupero visivo, quali
argon-laser o iniezioni intravitreali, ma trattando la patologia da un punto di vista sistemico,
poiché si tratta di pazienti con alto rischio di
sviluppare trombosi. In tal senso sulodexide si è
rivelata ottima sia per l’inibizione della trombogenesi e per la spiccata attività fibrinolitica,
sia nell’esplicare la propria azione sui più comuni tipi di alterate lipidemie.
Bibliografia
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9
SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO DELLE TROMBOSI VENOSE. VALUTAZIONI CLINICHE A CONFRONTO
Il trattamento ambulatoriale
delle trombosi venose superficiali
con sulodexide:
comparazione di 3 casi clinici
Stefano Damia
Specialista in Chirurgia Vascolare, Roma
Introduzione
Casi clinici
Tra le patologie che frequentemente si incontrano nell’ambito dell’attività di un ambulatorio ospedaliero di chirurgia vascolare, va annoverata la malattia varicosa, con tutto il corteo di complicanze a essa associate; tra queste
la tromboflebite superficiale riveste un ruolo
particolarmente significativo.
Il meccanismo patogenetico alla base delle
trombosi venose superficiali (TVS) è la stasi
ematica, che si verifica a livello delle vene su
cui la malattia origina, legato alla dilatazione
varicosa delle stesse, al rallentamento del
flusso ematico e/o alla sua inversione di flusso per incontinenza valvolare.
Vengono di seguito riportati alcuni casi clinici, giunti recentemente alla nostra osservazione, con lo scopo di evidenziare, soprattutto, la variabilità delle condizioni di insorgenza della TVS, la rapidità nella comparsa del
processo infiammatorio, la necessità di predisporre, per ogni condizione clinica, un’adeguata tipologia di trattamento.
La malattia, ad andamento generalmente benigno, necessita ugualmente di particolare attenzione nella sua gestione, allo scopo di evitarne
la propagazione al circolo venoso profondo, e
per ridurre al minimo l’impatto estetico-funzionale, soprattutto nel sesso femminile, più
coinvolto da questo particolare problema.
Caso 1
V.A. sesso femminile, di anni 63; no gravidanze. Anamnesi clinica senza particolari patologie pregresse, salvo asportazione di nodulo benigno della mammella circa 30 anni
fa. Ipertensione arteriosa insorta da circa 8
anni, ben controllata con terapia medica.
Figura 1.
10
IL TRATTAMENTO AMBULATORIALE DELLE TROMBOSI VENOSE SUPERFICIALI CON SULODEXIDE: COMPARAZIONE DI 3 CASI CLINICI
(1 cps/die da 250 LRU), associata a elastocompressione (18 mmHg), consentiva un buon recupero funzionale ed estetico dell’arto, con rapido
rientro della paziente alla sua attività lavorativa.
Caso 2
A.B. sesso femminile 58 anni, due gravidanze.
Nell’anamnesi clinica la paziente non riferisce
patologia di rilievo, non assume terapie. Sottoposta a intervento chirurgico di safenectomia
interna bilaterale all’età di 41 anni, la paziente
riferisce un periodo di benessere di circa 5 anni,
cui seguiva la progressiva comparsa di varici recidive prevalenti all’arto inferiore dx, per le quali non praticava alcun trattamento. Alcuni mesi
fa, durante un viaggio di vacanza in Medio
Oriente, si verificava una varicoflebite dell’arto
inferiore dx, con interessamento di alcuni gavoccioli varicosi della faccia postero-laterale di
coscia e gamba. Con questo quadro clinico la paziente giungeva quindi alla nostra osservazione.
L’esame ECD venoso eseguito confermava la
presenza di trombosi completa dei rami collaterali safenici di coscia e gamba, in assenza di impegno trombotico del circolo venoso profondo.
Veniva quindi prescritta terapia con eparina a
basso peso molecolare per due settimane (4.000
U/die), associata a terapia antinfiammatoria per
os per la durata di 4/5 giorni. Contemporaneamente veniva consigliato l’uso di calza antitrombo (18/21 mmHg), insieme a norme comportamentali. Al termine del periodo di trattamento con eparina a basso peso molecolare veniva istituita terapia a base di sulodexide per la
durata di circa 2 mesi. La visita di controllo e
l’esame ECD, eseguiti a fine trattamento, documentavano una riduzione significativa della
trombosi superficiale, ancora non completamente riassorbita, scomparsa della sintomatologia dolorosa locale, normale pervietà del circolo
venoso profondo.
Figura 2. Esame Ecocolordoppler.
All’età di 36 anni subisce un intervento chirurgico di safenectomia interna dx, con buon risultato.
Essendo titolare di un esercizio commerciale, tuttora in attività lavorativa, la paziente riferiva una
progressiva comparsa, nel corso degli ultimi 20
anni, di varici recidive dell’arto inferiore dx, associate a comparsa di voluminose varici primitive
dell’arto inferiore sn, per le quali non eseguiva
particolari accorgimenti terapeutici, salvo una
blanda elastocompressione, peraltro non costante.
Circa un anno fa, a seguito di comparsa di dolore ingravescente all’arto inferiore sn, la paziente
giungeva alla nostra osservazione. L’esame obiettivo documentava una vasta area di varicoflebite
coinvolgente il terzo medio della safena interna
sn, con estensione a voluminoso collaterale perigenicolare (Fig. 1). L’esame ecocolordoppler
(ECD) venoso confermava l’incontinenza dell’ostio safeno-femorale sn (Fig. 2) e della safena
di coscia, l’occlusione trombotica della vena safena interna fino al terzo inferiore di coscia, la presenza di varici recidive dell’arto inferiore dx a
partenza dalla crosse safeno-femorale. Indenne il
circolo venoso profondo bilateralmente. Sulla
base di quanto emerso, e vista l’intensa dolenzia
riferita, la paziente veniva avviata a un sollecito
ricovero, e sottoposta a intervento chirurgico di
trombectomia venosa dei collaterali safenici interessati dalla varicoflebite associata a safenectomia interna sn. Durante il periodo perioperatorio veniva somministrata eparina a basso peso
molecolare (6.000 U/24 h), allo scopo di prevenire un’estensione della trombosi al circolo venoso
profondo. Un’ulteriore prosecuzione della terapia per i successivi due mesi con sulodexide
Caso 3
F.P. anni 47 sesso maschile. All’anamnesi clinica
il paziente non riferisce patologia di rilievo fino
all’età di 30 anni, quando si verificava comparsa
di positività all’HIV. Seguito in ambiente specialistico, il paziente riferisce un buon controllo
11
S. DAMIA
ci con riduzione significativa della sintomatologia correlata.
delle sue condizioni generali, con sostanziale negatività dei parametri di laboratorio, salvo un
modesto innalzamento delle transaminasi. Dal
2005 il paziente è sottoposto a terapia retrovirale per la cura dell’infezione da HIV.
Nell’anno 2006 e 2007 veniva sottoposto a intervento chirurgico di safenectomia interna dx e sn
con buon risultato. Il paziente giungeva alla nostra osservazione riferendo, nel corso degli ultimi mesi, la comparsa di varicoflebiti recidivanti
degli arti inferiori. L’esame obiettivo eseguito
documentava un buon esito degli interventi eseguiti, senza la comparsa di recidive evidenti.
Erano presenti, a livello della regione anteriore
di gamba bilateralmente, alcune aree di indurimento di rami collaterali safenici di piccolo calibro, in alcuni casi ricoperti da cute, sede di deposito emosiderinico.
L’esame ECD documentava regolare morfologia
degli osti safeno-femorali, senza segni di reflusso, normale pervietà e continenza del circolo venoso profondo: scarsamente documentabili all’esame ecografico, per la loro esiguità, gli esiti
delle varicoflebiti. Sulla base del dato anamnestico veniva prescritto uno screening per le
trombofilie, un controllo ematochimico, un esame radiografico del torace (paziente forte fumatore) e una visita cardiologica che davano sostanzialmente esito negativo.
Veniva pertanto suggerita una terapia elastocompressiva (18 mmHg) associata a norme
igienico-posturali (deambulazione prolungata,
attività sportiva, interruzione/riduzione del fumo), associata a ciclo di terapia con sulodexide
(1 cps/die) a scopo profilattico. Un controllo
ambulatoriale, eseguito alcuni mesi dopo, documentava una situazione clinica stazionaria,
una riferita diminuzione degli eventi tromboti-
Conclusioni
La diagnosi di tromboflebite superficiale è agevole, poiché la malattia colpisce il sistema venoso sottocutaneo, associandosi a segni clinici inequivocabili (rossore, tumefazione dolente della
zona colpita, etc.).
L’esame di riferimento per una diagnosi completa rimane l’ECD, eseguito in clino-ortostatismo e integrato dalle manovre funzionali (compressione).
La raccolta dei dati anamnestici, gli esami di laboratorio (screening delle trombofilie) si rivelano utili nell’individuazione di particolari condizioni predisponenti (malattie sistemiche, infezioni, neoplasie latenti etc.).
Il trattamento delle TVS può variare a seconda
della situazione specifica del paziente, e può
prevedere varie fasi: chirurgica, conservativa,
medica.
La terapia medica generalmente prevede l’utilizzo, in fase acuta, di eparina a basso peso molecolare, di fondamentale importanza per interrompere la possibile evoluzione dell’evento trombotico, l’estensione dello stesso al circolo venoso profondo, favorendo un più rapido riassorbimento e
dissolvimento dei trombi. Ulteriore compito della terapia medica è quello di evitare la comparsa
di ricadute precoci, sostenute principalmente
dall’alterazione parietale, cui vanno incontro le
vene colpite da TVS. L’utilizzo di sulodexide, successivamente al trattamento eparinico, consente
una riduzione delle recidive, un miglioramento,
in tempi più rapidi, della sintomatologia, agendo
sinergicamente sulla parete venosa, sull’aggregazione piastrinica e sulla fibrinolisi.
12
SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO DELLE TROMBOSI VENOSE. VALUTAZIONI CLINICHE A CONFRONTO
Potenzialità e applicazioni cliniche
nel trattamento ambulatoriale
con sulodexide delle occlusioni
venose retiniche
Piergiorgio Neri
Professore Aggregato, Facoltà Di Medicina e Chirurgia, Università Politecnica delle
Marche, Ancona, Responsabile dell’Ambulatorio di Immunologia Oculare, Azienda
Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti Umberto I-GM Lancisi-G Salesi, Ancona
Background
condurre a gravi e irreversibili danni visivi.
La maggior parte dei ricercatori riconoscono
che queste due entità rappresentino due step
L’occlusione venosa retinica (RVO) è un’affezione vascolare della retina potenzialmente severa
ed è riconosciuta come una delle più comuni
cause di cecità dopo la retinopatia diabetica. La
RVO è stata riconosciuta come entità clinicamente ben distinta dal 1855 (1) ed è stata osservata e descritta in numerose pubblicazioni successive. Tuttavia la patogenesi e la gestione di
questo disturbo rimangono, in qualche modo,
ancora non ben chiarite. A tal proposito, in un
articolo pubblicato sul Canadian Journal of
Ophthalmology del 2007, Madhusudhana KC et
al. definirono la gestione dell’occlusione della
vena centrale della retina una sfida clinica (2).
Canonicamente, la RVO è classificata in base al
tratto in cui si trova l’ostruzione: l’occlusione
della vena centrale della retina (CRVO) e l’occlusione di branca venosa retinica (BRVO) sono
le due entità riconosciute. Le due forme presentano sia differenze sia punti in comune nella patogenesi e nella presentazione clinica.
La RVO viene comunemente suddivisa in due
sotto-tipi: RVO non ischemica (Fig. 1) e RVO
ischemica (Fig. 2).
Tale distinzione è rilevante per il clinico, dal momento che due terzi dei pazienti con il tipo ischemico sviluppano complicanze temibili, quali
edema maculare, ischemia maculare e neovascolarizzazione iridea (rubeosis iridis), che possono
Figura 1. Quadro
fluorangiografico che mostra RVO
non ischemica.
Figura 2. Esame fluorangiografico
che evidenzia RVO con aree
ischemiche, caratterizzate da
ampie zone ipofluorescenti nelle
fasi tardive del test.
13
P. NERI
letudinem estremamente sfavorevole. La neovascolarizzazione a carico del segmento posteriore, pur se meno frequente rispetto a quella a carico della porzione anteriore, può ulteriormente
aggravare la prognosi visiva, inducendo complicazioni quali emovitreo e distacco di retina.
Per quanto concerne la BRVO, essa è essenzialmente un blocco parziale della circolazione venosa che drena la retina con una conseguente alterazione pressoria intra-capillare, che conduce
a fuoriuscita di fluidi intravascolari, rottura delle pareti vasali ed emorragie retiniche. Comunemente questi fenomeni portano a edema maculare e, nei casi più gravi, a ischemia maculare
quando la trica capillare, che fornisce il sostentamento ossigenativo per la retina, viene gravemente compromessa da codesto circolo vizioso.
Anche in questo caso, la neovascolarizzazione,
determinata dal conseguente spike intratissutale
di Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF)
è la complicanza più devastante.
Istologicamente, la CRVO presenta, generalemente,
un trombo fresco nei pressi della lamina cribrosa, o
proprio nella porzione immediatamente dietro alla
suddetta lamina cribrosa. I trombi mostrano una
lieve infiltrazione linfocitaria, segno istologico di
un’evidente compartecipazione dei mediatori della
flogosi in seguito all’occlusione. Il sovvertimento
degli strati retinici è uno degli hallmark istopatologici della CRVO, frutto dell’ischemia retinica. Per
quanto concerne la BRVO, tale affezione ha un quadro istologico patognomonico per l’evidente compromissione arteriolare. La BRVO si verifica, quasi
sempre, in prossimità di incroci artero-venosi. A tal
proposito, si ipotizza che sia frutto dell’arteriosclerosi che induce l’arteria danneggiata a comprimere
la vena retinica adiacente. La conseguenza di ciò
conduce a flusso turbolento, danno endoteliale,
trombosi venosa e, quindi, a ostruzione.
dello stesso processo fisiopatologico. D’altro
canto altri gruppi di ricerca sostengono invece
che il pattern ischemico e non ischemico sono,
in realtà, distinte entità cliniche con autonomi e
differenti movens fisiopatologici. Tali osservazioni si potrebbero riflettere significativamente
nella gestione della patologia, influenzando potenzialmente sia l’impostazione terapeutica, sia
la prognosi quoad valetudinem.
Fisiopatologia delle RVO
La morbilità visiva e, nelle fasi avanzate della patologia, la cecità in corso di RVO, sono dovute a
a tre sequele: edema maculare, ischemia maculare e glaucoma neovascolare (3). L’evento patologico che determina la RVO è la formazione di
trombi intraluminali, che possono essere associati ad alterazioni emoreologiche, degli elementi cellulari ematici e della struttura vasale
che costituiscono le basi della triade di Virchow.
In aggiunta, la CRVO è stata paragonata a una
sindrome compartimentale neurovascolare a livello della lamina cribrosa o all’occlusione della
porzione finale della vena retinica alla sua inserzione nel nervo ottico.
La CRVO non ischemica è ipotizzata come una
forma di lieve entità clinica e costituisce la forma
maggiormente rappresentativa, in termini numerici, di tutte le sottoclassi di patologie occlusive venose retiniche. In questa forma la neovascolarizzazione è rara, con un’incidenza inferiore al
2%. Tuttavia lo switch verso il tipo ischemico è
purtroppo comune e determina i presupposti
per una marcata riduzione visiva. Quest’entità
colpisce il 20-25% dei pazienti e si associa, pericolosamente, a glaucoma neovascolare.
In entrambi i sottotipi il blocco emoreologico
della vena della retina rappresenta la condicio sine qua non per l’evento patologico; tuttavia il tipo non-ischemico è in grado di mantenere un
flusso ematico retinico relativamente migliore
attraverso circoli collaterali, così evitando le tanto temute complicazioni di tipo ischemico. Si
aggiunga che la CRVO di tipo ischemico si correla pericolosamente alla neovascolarizzazione
del segmento anteriore, nota con il nome di rubeosis iridis, base fisiopatologica del glaucoma
neovascolare che indica una prognosi quoad va-
Sulodexide
Concetti generali
I glicosaminoglicani (GAG) sono un gruppo di
composti presenti in natura che hanno trovato
impiego clinico nella prevenzione degli eventi
trombotici. Sotto il profilo chimico-fisico, i GAG
sono molecole di carica negativa, costituite da
14
POTENZIALITÀ E APPLICAZIONI CLINICHE NEL TRATTAMENTO AMBULATORIALE CON SULODEXIDE DELLE OCCLUSIONI VENOSE RETINICHE
promuove la conversione del fibrinogeno in fibrina, che in seguito polimerizza, portando alla formazione di trombi occlusivi sia arteriosi,
sia venosi (9,10), o a trombo-embolie provenienti dall’atrio sinistro nei pazienti con fibrillazione atriale. La trombina, inoltre, può esercitare un auto-feedback positivo, attivando il
fattore VIII e fattore V (11). L’inibizione della
formazione della trombina e l’azione proteolitica sono i principali meccanismi con cui i
GAG esercitano i loro effetti anticoagulanti e
antitrombotici (12,13).
La trombina è la serina-proteasi essenziale nella
cascata della coagulazione che promuove la deposizione di trombi con l’adesione del fibrinogeno
in fibrina, che polimerizza poi, sotto l’influenza
dall’attivazione trombina-indotta del FXIII, formando quindi un trombo occlusivo stabile intravascolare. La trombina esercita, inoltre, anche un
feedback positivo sulla sua stessa famiglia, attivando FVIII e FV. Scendendo nel dettaglio, le frazioni
FMH e DS di sulodexide accelerano l’inibizione
della trombina tramite l’interazione simultanea
con ATIII e HCII, rispettivamente (14,15). In conseguenza di ciò esse inibiscono direttamente la
trombina e la sua formazione, inibendo l’attivazione da feedback di pro-trombina (11).
Sulodexide, quindi, prolunga il tempo di coagulazione della trombina e il tempo di tromboplastina parziale attivata (aPTT). L’attivazione indotta dall’eparina di ATIII ritarda la formazione
e la crescita del trombo con l’induzione di uno
status di ipo-coagulabilità. Importante rimarcare gli effetti isto-macroscopici del danno endoteliale cronico provocato dalla formazione di
trombi. Si aggiunga la compromissione della
microcircolazione che libera mediatori dell’infiammazione e di chemiotassi, che determinano
l’incipit di un circolo vizioso che porta a lesioni
irreversibili a carico dei tessuti colpiti. In aggiunta, oltre agli effetti anti-trombotici della sulodexide, la somministrazione del composto in
modelli con preesistenti trombi, ha dimostrato
una riduzione dose-dipendente della sezione del
trombo inveterato (16).
Per quanto inerente l’attività sul feedback positivo delle lipoprotein-lipasi, sulodexide ha dimostrato efficacia nel determinare tale fenome-
lunghe catene di polisaccaridi non ramificati che
contengono un’unità ripetitiva disaccaridica. Le
singole unità disaccaridiche contengono uno dei
due zuccheri modificati, l’N-acetilgalattosammina o l’N-acetilglucosamina, e un acido uronico
come glucuronato o iduronato (3-6).
L’utilizzo clinico dei GAG per il trattamento delle malattie trombotiche non è però da banalizzare: l’eparina ha dimostrato di avere un’efficacia
molto spiccata nel migliorare il profilo emoreologico, ma potenzialmente gravata da vari effetti
collaterali tra cui trombocitopenia indotta. Pertanto gli sforzi per sviluppare terapie alternative
hanno determinato l’introduzione di eparine a
basso peso molecolare e di piccole molecole mirate a siti selettivi nella cascata della coagulazione.
Una di queste alternative, sulodexide, è un GAG
altamente purificato, che consta di due frazioni
distinte. La composizione chimica di sulodexide
è infatti rappresentata, per l’80%, da eparina ad
alta mobilità (FMH) e per il 20% da dermatansolfato (DS). La frazione FMH è così denominata in virtù delle proprie peculiarità elettroforetiche. Di grande importanza è sottolineare che
FMH e DS sono inoltre caratterizzati dall’avere
un minor grado di solfatazione e minore attività anticoagulante dell’eparina non frazionata.
Inoltre il basso peso molecolare delle due frazioni di sulodexide consente ampio assorbimento
orale rispetto all’eparina. Nel modello animale
murino gli effetti farmacodinamici sono stati
osservati entro 3 ore dalla somministrazione
orale. Si aggiunga, inoltre, che la distribuzione
cellulare di materiale fluorescente è stata osservata nel fegato, nei reni e nell’endotelio delle vene e delle arterie (7,8).
Meccanismo di azione
I GAG esercitano un’azione antitrombotica, interagendo con gli inibitori delle proteasi della
serina, quali l’antitrombina III (ATIII) e il cofattore II dell’eparina (HCII).
La risultante di queste interazioni biologiche,
l’inibizione delle proteasi attivate della serina
nella cascata della coagulazione viene accelerata più di 1.000 volte attraverso l’ATIII e l’HCII.
La trombina è la proteasi cardine della serina
in seno al sistema di coagulazione, in quanto
15
P. NERI
no biologico (17), con eguali caratteristiche rispetto all’eparina a basso peso molecolare (18).
Tali proprietà sono state dimostrate nei modelli
animali, dove sulodexide ha ridotto significativamente la concentrazione di colesterolo sia plasmatica, sia intra-tonacale aortica rispetto ai
gruppi di controllo (19).
corso degli anni possono collocare, a buona
ragione, questa molecola di grande interesse
nella terapia medica delle patologie occlusive
venose retiniche. I positivi riscontri in ambito
nefrologico, flebologico e nella chirurgia plastica in seno alla gestione delle ferite difficili,
incitano a un uso sempre maggiore di questo
GAG di ultima generazione che può positivamente agire su varie componenti del procedimento trombotico: sulodexide, in modelli animali con trombi inveterati, ha dimostrato una
riduzione dose-dipendente della struttura del
trombo, nonché ha dimostrato di poter ridurre significativamente la concentrazione di colesterolo plasmatico e intra-tonacale vascolare. Queste proprietà rappresentano punti di
forza per un utilizzo di routine di questa molecola, contando anche sulle caratteristiche
farmaco-chimiche, rappresentate dal basso peso molecolare di sulodexide, che consentono
un veloce ed efficace assorbimento orale. Inoltre, se è vero che le vecchie molecole di GAG
presentavano una spiccata efficacia nel migliorare il profilo emoreologico, gravata potenzialmente da vari effetti collaterali tra cui trombocitopenia, sulodexide rappresenta un GAG altamente purificato, con un’impalcatura biochimica che esalta il profilo efficacia/sicurezza,
allineandosi con i concetti di moderna farmacologia clinica.
Sulodexide: potenzialità e applicazioni
nelle RVO
La pietra angolare della gestione della RVO è
rappresentata da una strategia di trattamento
che a oggi rimane ancora controversa.
Innanzi tutto nessun intervento viene reputato il gold standard e la gestione corrente nella
maggior parte dei centri di alta specializzazione oftalmologica è fondata sulla stretta osservazione delle complicanze e sul trattamento
tempestivo delle stesse nel momento in cui esse si presentassero (2).
Se è vero che per il trattamento dell’edema maculare e dell’ischemia retinica, si stanno facendo
strada farmaci a somministrazione intravitreale
(Es: steroidi e anti-VEGF) e si conferma il ruolo
della fotocoagulazione laser, rispettivamente, la
terapia medica con emodiluizione rappresenta
un metodo di base che può influire, in maniera
determinante, sulla prognosi quoad valetudinem
del paziente che incorra in tale problema.
La moderna medicina impone, inoltre, la consapevolezza che non si possa stabilire un protocollo con un singolo farmaco, ma si impone una
strategia combinata che vada ad agire sui diversi step fisopatologici dell’affezione.
Le qualità emerse dagli studi su sulodexide nel
Caso clinico 1
Paziente di 43 anni, di sesso maschile, presentatosi con brusco calo del visus nell’occhio di sinistra (pari a 2/10) non migliorabile. All’esame
Figura 3. Foto del fundus oculi che
mostra lo status pre (A) e post (B).
16
POTENZIALITÀ E APPLICAZIONI CLINICHE NEL TRATTAMENTO AMBULATORIALE CON SULODEXIDE DELLE OCCLUSIONI VENOSE RETINICHE
biomicroscopico si apprezzava un quadro caratterizzato da diffuse emorragie intra-retiniche
con edema maculare diffuso, compatibile con
una CRVO (Fig. 3A). Dopo l’introduzione di sulodexide 250 LRU per 2 volte al dì per os e 3 iniezioni intravitreali di anti-VEGF si apprezza, a 4
mesi, un netto miglioramento del quadro clinico, con riassorbimento delle emorragie intraretiniche e dell’edema maculare (Fig. 3B).
ha avuto un altrettanto soddisfacente recupero, attestandosi a 1/10 non migliorabile.
Conclusioni
L’utilizzo di sulodexide apre attualmente scenari in oftalmologia che non sono stati percorsi precedentemente. Un modello di affezione multi-organo molto studiato è sicuramente il diabete mellito, caratterizzato da
una grande propensione verso le complicanze vascolari. Le complicanze microvascolari,
come la retinopatia e la nefropatia, così come
le complicanze macrovascolari, sono in gran
parte responsabili della morbilità e mortalità
nei pazienti affetti da diabete mellito di tipo
2 (20-22). Uno dei segni precoci di danno vascolare è rappresentato dall’aumentata permeabilità vasale, che può essere eventualmente associata con microalbuminuria in
una seconda fase della malattia. I punti di
contatto della fisiopatologia della vasculopatia diabetica con la patologia trombotica venosa retinica, pur se con le dovute differenze,
costituiscono un punto di forza nell’impiego
Caso clinico 2
Il secondo caso clinico illustra la vicenda di
una paziente di 57 anni, presentatasi con severa riduzione visiva nell’occhio di destra pari a
1/20 non migliorabile con lenti. All’esame biomicroscopico si annotavano emorragie intraretiniche ampiamente diffuse con edema maculare documentato anche alla tomografia a
coerenza ottica (Fig. 4A). A seguito dell’introduzione di sulodexide 250 LRU per 2 volte al
dì per via orale e 5 iniezioni intravitreali di anti-VEGF si osservava una ben evidente riduzione della componente edematosa intra-retinica (Fig. 4B). Tuttavia l’outcome visivo non
Figura 4. Tomografia a coerenza
ottica (OCT) che mostra edema
maculare al base-line (A). Nel post
terapia (B), appare evidente il
ripristino della fisiologica morfologia
retinica.
17
P. NERI
clinico di sulodexide in tale ambito.
Tuttavia molti interrogativi sono ancora da
chiarire: la durata della terapia, la dose ottimale e l’assenza di una metodologia standardizza-
ta nella gestione della RVO rendono necessarie
ulteriori indagini che possano fornire ulteriori informazioni e validino le ipotesi terapeutiche avanzate.
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18
SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO DELLE TROMBOSI VENOSE. VALUTAZIONI CLINICHE A CONFRONTO
Diagnosi, prevenzione e trattamento
con sulodexide dei pazienti affetti
da trombosi venosa profonda
Roberto Stradella
Angiologia Ambulatoriale. I.C.P. Milano
Introduzione
no la comparsa, l’evoluzione e la risposta al trattamento.
L’esistenza di condizioni predisponenti o scatenanti va presa in considerazione in ogni singolo
paziente, perchè esse contribuiscono, in varia
misura, a definirne il profilo di rischio.
La definizione del rischio è dunque fondamentale per il processo decisionale riguardante l’iter
diagnostico da riservare a un singolo paziente.
L’ultrasonografia è la metodica non invasiva di
prima scelta per la diagnosi di TVP prossimale
degli arti inferiori. Infatti essa gode di un’elevata accuratezza diagnostica, praticità e semplicità
d’uso e può essere ripetuta senza restrizioni;
consente la visualizzazione del sistema venoso
(pareti venose e apparati valvolari) e la rappresentazione del flusso in tempo reale secondo varie modalità.
La trombosi venosa profonda (TVP), con le
complicanze che ne possono derivare, costituisce una malattia seria e potenzialmente fatale,
che spesso complica il decorso clinico di pazienti affetti da altra patologia ma che colpisce
anche soggetti in apparenti condizioni di buona salute.
Purtroppo si stima che la Diagnosi Clinica Ambulatoriale, per pazienti affetti da tale patologia
e confermata da indagini obiettive, sia solo intorno al 30%. Questo dato sta alla base della necessità che sia messa in atto una corretta procedura diagnostica, al fine di garantire un adeguato trattamento, assolutamente indispensabile a
coloro che sono portatori di tale malattia.
Meno diffusa è la consapevolezza, e la conseguente pratica clinica, circa l’importanza che riveste la tempestività della diagnosi.
Prevenzione e trattamento della TVP
(Linee Generali)
Diagnosi ambulatoriale della TVP
degli arti inferiori
Un trattamento preventivo della TVP dovrebbe
essere messo in atto in ogni situazione in cui è
logico pensare che ne esista il rischio.
Esistono farmaci a effetto antitrombogeno, derivati dall’eparina, le cosiddette eparine a basso
peso molecolare, sotto forma di piccole siringhe
già pronte da utilizzare anche domiciliarmente,
dal paziente stesso e senza particolari rischi, pur
sempre sotto il controllo del medico curante.
Le manifestazioni cliniche della TVP degli arti
inferiori sono molteplici (dolore spontaneo o
provocato dallo stiramento dei muscoli, rossore,
cianosi, aumento della temperatura cutanea,
crampi, aumento delle dimensioni dell’arto,
edema franco ecc.)
Esistono molteplici fattori associati alla TVP,
predisponenti o scatenanti, che ne condiziona-
19
R. STRADELLA
Nei pazienti che devono sottoporsi a chirurgia a
rischio la prevenzione (profilassi) inizia 12 ore
prima dell’intervento e continua al bisogno.
In alcuni casi, in cui il rischio è legato a malattie
che durano nel tempo, la profilassi può essere di
lunga durata (anche per tutta la vita).
In questi casi può essere più comodo l’uso di anticoagulanti da prendere per bocca.
Questo medesimo tipo di trattamento viene indicato nel tempo alla recidiva di TVP.
Una volta che la TVP si è instaurata è necessario
provvedere a una terapia anticoagulante.
Scopo di questa terapia è di evitare che la trombosi si estenda ad altri tratti di vena e che avvenga un’embolia polmonare, e di ottenere che siano ridotti al minimo i danni alle valvole e alle
vene. Per questo si usano gli stessi derivati dall’eparina (eparina a basso peso molecolare) usati per la prevenzione, ma a dosaggi molto più
elevati, per ottenere un effetto curativo.
via della formazione di complessi o per il legame
del farmaco all’endotelio. Questo legame attiva
le lipoproteinolipasi e blocca il legame della
trombina. Sulodexide ha inoltre proprietà antitrombotica sia venosa che arteriosa, portando
infatti a una diminuzione della viscosità ematica per via anche della sua azione fibrinolitica
dovuta all’inibizione di fattori della coagulazione come il fattore x attivato.
Il periodo di svezzamento, in questi 50 pazienti, è durato per circa 3 mesi, con somministrazione monodose orale. Solo 2 pazienti non
hanno risposto alle nostre aspettative, anche
per il fatto di essere soggetti affetti da altre svariate patologie.
Terminati i 90 giorni di terapia con sulodexide,
ho potuto personalmente constatare, in questi
48 casi, il beneficio tratto sul circolo venoso. Dopo 1 anno con controlli periodici di 3 mesi, coloro che erano stati colpiti da TVP ed erano stati trattati in modo rapido con eparina non hanno più avuto ricadute dopo il trattamento con
sulodexide; posso pertanto affermare l’importanza di questa molecola in tale patologia e l’effetto prolungato di essa nel mantenere il paziente lontano da nuovi e indesiderati processi infiammatori acuti a carico del circolo venoso
profondo e superficiale.
Da non dimenticare che 10 di questi pazienti
provenivano da altri medici che, dopo la fase
acuta trattata con eparina, li avevano sottoposti
a trattamento indeterminato con Coumadin, da
me sospeso e reintegrato con sulodexide, sono
stati ottenenuti gli stessi risultati, se non migliori, ma con l’eliminazione degli effetti negativi e
dei numerosi problemi collaterali del primo.
Dopo questi sorprendenti risultati ottenuti con sulodexide e dopo quanto finora riportato, ho pensato e voluto testare, su altri 50 pazienti, tale molecola; ma in questo caso su coloro che erano malati
della cosiddetta sindrome varicosa e cioè portatori
di varici più o meno grandi e più o meno estese: i
cosiddetti pazienti ad alto rischio trombotico.
Casi cinici
Follow-up 1
50 pazienti post-TVP trattati dopo cicli di eparina, con sulodexide per ridurre il rischio di recidiva (svezzamento dall’eparina).
Follow-up 2
Vengono illustrati i casi di 50 pazienti con varici
a rischio trombotico trattati con sulodexide a cicli semestrali a prevenzione delle TVP.
Nella pratica ambulatoriale comune, nel nostro
caso relativa alla specialistica vascolare, è nell’ordine quotidiano di venire a contatto con pazienti che precedentemente abbiamo trattato
con svariati cicli di eparina perchè affetti da TVP
agli arti inferiori e che ora necessitano di un cosiddetto periodo di svezzamento dall’eparina;
ciò allo scopo di evitare che, terminata la fase
acuta, si possa ricadere nuovamente nella malattia, in tempi brevissimi. Ecco allora che abbiamo
trattato 50 di questi pazienti con sulodexide.
Il ruolo di questa molecola è importantissimo in
questi casi. La sua azione è dovuta all’attivazione delle lipoproteinolipasi e a un’inibizione dell’uptake delle lipoproteine VLDL (Very Low
Density Lipoprotein) da parte delle arterie, o per
Cicli semestrali con sulodexide come
prevenzione delle TVP
I miei periodici controlli bimestrali, dopo
l’impiego di tale molecola, mi hanno invoglia-
20
DIAGNOSI, PREVENZIONE E TRATTAMENTO CON SULODEXIDE DEI PAZIENTI AFFETTI DA TROMBOSI VENOSA PROFONDA
to a scrivere questo breve testo per esprimere i
risultati ottenuti, sebbene accompagnati da un
pò di diffidenza all’inizio di ogni terapia; questi risultati sono stati poi confortati dalle successive visite di controllo, dove potevo constatare oltre a un miglioramento soprattutto il
controllo della patologia da loro presentata e il
decorrimento positivo del trattamento con sulodexide. Ciò mi impediva di trovare casi con
peggioramento della situazione vascolare venosa e quindi con la presenza di una TVP. Così non è stato e così mi auguro per il futuro.
Concludendo, anche il paziente dev’essere il
miglior medico di se stesso. Pertanto, quando
si sospettano e si presentano segni di una probabile patologia vascolare che possa suscitare
la presenza in atto di una TVP, resta fondamentale un accertamento immediato da parte
degli operatori vascolari per una diagnosi im-
mediata e le necessarie terapie del caso.
Un ultimo monito, mi si consenta, lo indirizzo
ai Medici di base, che talvolta sottovalutano
questa patologia o diventano loro curatori a
loro modo, per il decorso di tale malattia o che
talvolta, lasciatemelo dire, sottovalutano il paziente perchè forse anziano, apprensivo, depresso, ecc.
Lo specialista, per la prevenzione e la cura delle
TVP è un medico che si occupa, esclusivamente
e quotidianamente, di tale patologia, ovvero
l’Angiologo alias il Chirurgo Vascolare.
Curiamo bene questa patologia in un caso o nell’altro con i mezzi a nostra disposizione, diagnostici e farmacologici. Non la sottovalutiamo mai
perchè la stazione termine è l’arrivo delle cosidette ulcere post-flebitiche. Arrivano in un attimo e se ne vanno dopo mesi e mesi di terapia
dolorosa, nell’attesa, spesso, della prossima TVP.
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Prof. M. Andreozzi.
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Società Italiana di diagnostica vascolare. Prof. G.
Nuzzacci.
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Collegio italiano di flebologia. Prof. Claudio Allegra.
Prof. Mannuccio Mannucci.
•
Ambulatorio flebologico. Prof. Stefano Ricci. Roma.
21
SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO DELLE TROMBOSI VENOSE. VALUTAZIONI CLINICHE A CONFRONTO
Il trattamento ambulatoriale delle
trombosi venose con sulodexide
Gian Marco Zorzan
U.O. Chirurgia Vascolare, ICCS Istituto Clinico Città Studi, Milano
Definizione
le cause di morte della popolazione generale.
Questa notevole differenza pare dovuta al fatto
che, in mancanza di un riscontro autoptico, la
morte per EP viene attribuita a cause diverse con
conseguente grave sottostima del problema.
Si definisce trombosi venosa (TV) l’ostruzione,
parziale o completa, di una o più vene del circolo profondo, siano esse degli arti inferiori o superiori. L’embolia polmonare (EP) è dovuta alla
migrazione nel circolo polmonare del trombo o
a frammenti di esso.
La TV e le sue possibili complicanze, come
l’EP, è una patologia seria e potenzialmente fatale, che spesso viene sospettata nel corso di
una semplice visita ambulatoriale, sia essa eseguita presso uno specialista o presso il medico
di medicina generale, e che richiede una rapida conferma diagnostica e un altrettanto rapido trattamento.
Alcuni fattori di rischio per TV
• Storia di precedenti episodi di TV o EP.
• Chirurgia recente.
• Immobilizzazione.
• Età.
• Malattia neoplastica concomitante.
• Scompenso cardiaco.
• Traumi.
• Terapia ormonale estrogenica.
• Gravidanza.
• Obesità.
• Trombofilia.
Tali fattori costituiscono la base per la distinzione fra TV idiopatica e secondaria: l’esistenza di
fattori predisponenti o scatenanti va presa in
considerazione in ogni singolo paziente perché
essi contribuiscono a definirne il profilo di rischio e hanno implicazione nella scelta del trattamento e della sua durata.
Dimensioni del problema
È difficile fornire stime precise sull’incidenza di
questa malattia nella popolazione poiché esistono molteplici fattori associati a TV, siano essi
predisponenti o scatenanti, che ne condizionano la comparsa e l’evoluzione.
Alcuni Autori hanno stimato che il 2-3% della
popolazione va incontro, nel corso della vita, a
un episodio di TV. Lensing, nel 1999, ha stimato
in circa l’1,6-1,8‰ l’incidenza di TV.
Più complesso è il problema dell’EP: infatti,
mentre in Italia, secondo i dati ISTAT, l’EP non
figura fra le prime 10 cause di morte, recenti studi internazionali pongono l’EP al terzo posto fra
Diagnosi
In tutti i casi di edema si deve considerare la
possibilità di essere in presenza di una TV
(Tab. I).
22
IL TRATTAMENTO AMBULATORIALE DELLE TROMBOSI VENOSE CON SULODEXIDE
Cause acute di edema
• TVP
• Cisti di Baker
• Flebite superficiale
• Ematoma
• Linfangite (erisipela, ecc.)
• Artrite
• Cellulite
• Fratture
• Dermatite
• Ischemia acuta
• Versamento articolare
Cause croniche di edema
• Sindrome postflebitica
• Distrofia simpatica riflessa
• Insufficienza venosa
• Ipoproteinemia (indipendentemente dalla causa)
• Ostruzione venosa
• Edema idiopatico
• Lipodermatosclerosi
• Lipoedema
• Linfedema
• Edema da “poltrona”
• Scompenso cardiaco
Segni clinici di TVP acuta
• Dolore o dolorabilità al polpaccio
• Rigonfiamento con edema di gamba e/o di coscia
• Aumento della temperatura cutanea
Tabella I. Cause acute e croniche
• Dilatazione delle vene superficiali
di edema e segni clinici
• Cianosi in caso di ostruzione severa
di TVP acuta
Sfortunatamente la diagnosi clinica di TV non è
accurata perché si basa su sintomi e segni che
non sono né sensibili né specifici. La mancanza
di un elemento patognomonico richiede che la
diagnosi venga affidata al riscontro di un esame
strumentale. L’esame principe è certamente
quello ecografico e il criterio diagnostico principalmente utilizzato è rappresentato dal test di
compressione (CUS).
L’affidabilità diagnostica è ulteriormente aumentata grazie all’ecocolor doppler e al powerdoppler, che contribuiscono ad aumentare i valori di sensibilità e specificità dell’esame ultrasonografico.
gravità della sindrome post-trombotica, fortemente influenzata dal numero di recidive.
Trattamento
Per quanto riguarda il trattamento occorre distinguere tra la localizzazione prossimale (dalla
vena poplitea in su) della TV e quella distale (vene del polpaccio). Il motivo principale di questa
distinzione risiede nel fatto che le complicanze
tromboemboliche sono sostenute più frequentemente dalle TV prossimali.
La terapia con eparine a basso peso molecolare (EBPM), per via sottocutanea, si è dimostrata sicura ed efficace, poiché interferiscono
meno, rispetto alle eparine non frazionate
(ENF), con le piastrine e con le proteine plasmatiche diverse dall’AT III; esse hanno soprattutto un’azione strettamente dose-dipendente, rendendo possibile una terapia a dosi
fisse in base al peso corporeo del paziente senza necessità, fatte salve alcune eccezioni, di
monitoraggio di laboratorio.
La terapia con EBPM è embricata con anticoagulante orale (AO), di cui il warfarin (dicuma-
Obiettivi della terapia
a. Ridurre la morbosità e la mortalità.
b. Ridurre l’incidenza di recidive.
c. Ridurre l’incidenza di sequele a distanza.
d. Ridurre i sintomi.
e. Migliorare la qualità della vita.
La tempestività e l’adeguatezza del trattamento
costituiscono un fattore fondamentale per ridurre le recidive di TV e anche per ridurre la
23
G.M. ZORZAN
rolico) ne è il prototipo, a partire dal giorno
stesso o da quello successivo fino al raggiungimento dell’effetto terapeutico dell’AO (INR tra
2 e 3). Questa doppia terapia permette di raggiungere, molto rapidamente, livelli adeguati di
anticoagulazione e di impedire la comparsa di
un effetto pro-trombotico paradosso dell’AO.
giungere alle seguenti conclusioni:
1. i pazienti con TV associata a un fattore di rischio reversibile possono giovarsi di una TAO
breve (3-6 mesi) dato il minor rischio di recidiva;
2. pazienti con TV associata a un fattore di rischio persistente possono giovarsi di un trattamento più prolungato (1 anno) o a tempo
indeterminato (quest’ultima decisione deve
essere improntata dalla prudenza considerando che il rischio di emorragie maggiori è pari
al 3% per anno e di emorragie cerebrali pari
allo 0,5% per anno);
3. nei pazienti con TV idiopatica al primo episodio è stato dimostrato come la prosecuzione
della TAO, per un anno, non comporti significative riduzioni di recidive rispetto al trattamento per 3 mesi. In questo studio è sì vero
che le recidive sono state inferiori nel trattamento TAO oltre i 3 mesi, ma il loro numero
è aumentato rapidamente alla sospensione
della TAO allo scadere dell’anno, annullando
così l’apparente vantaggio di un trattamento
prolungato.
Quindi, nell’attesa di ulteriori evidenze, esiste
un consenso sull’opportunità di proseguire la
TAO per almeno 3-6 mesi dopo una TV idiopatica (Tab. II).
Durata ottimale della terapia
anticoagulante orale
La durata ottimale della terapia anticoagulante
orale (TAO), dopo un primo episodio di TV, è
ancora oggetto di discussione. Il criterio fondamentale di scelta è rappresentato dalla possibilità di recidiva che varia, da soggetto a soggetto, a
seconda della persistenza, o meno, delle condizioni di rischio iniziali.
Nella pratica corrente attualmente i pazienti al
primo episodio di TV vengono trattati con TAO
per 3-6 mesi.
Al fine di fondare scelte razionali è opportuno
distinguere 3 gruppi principali di pazienti:
1. pazienti con TV associata a un fattore di rischio reversibile;
2. pazienti con TV associata a un fattore di rischio persistente;
3. pazienti con TV idiopatica.
Sulla base delle evidenze disponibili è possibile
Tabella II. Controindicazioni
Assolute
• Gravidanza (primo trimestre; ultime 6 settimane)
• Emorragia maggiore (entro 1 mese dall’insorgenza
dell’evento)
Relative
•
•
•
•
•
•
•
•
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•
•
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•
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•
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•
•
•
•
•
assolute e relative alle TAO
Età avanzata (>80 anni)
Paziente non collaborante
Alcoolismo
Ipertensione grave
Endocardite batterica
Pericardite
Insufficienza cardiaca grave
Aneurisma aorta addominale
Insufficienza renale grave
Biopsia renale recente
Recente accidente cerebrale non embolico
Recente chirurgia/trauma SNC o occhio
Aneurismi cerebrali
Arteriosclerosi avanzata
Ulcera peptica attiva
Varici esofagee
Ernia iatale
24
Diverticolosi colon
Malattie infiammatorie intestinali
Insufficienza epatica grave
Malattie biliari
Biopsia epatica recente
Malnutrizione
Diete per calo ponderale
Tireotossicosi
Mixedema
Preesistenti difetti (emostasi)
Piastrinopenia
Piastrinopatia
Menometrorragie
Retinopatia
Puntura lombare
Iniezioni arteriose
IL TRATTAMENTO AMBULATORIALE DELLE TROMBOSI VENOSE CON SULODEXIDE
Ruolo di sulodexide nel trattamento
ambulatoriale delle TV
Ancora oggi, pur essendovi studi a favore dell’efficacia di alcuni GAG, nell’attesa che nuove
molecole (inibitori diretti della trombina, del
FXa, del FIXa e altri) siano validate, il trattamento della TV riposa sull’uso delle eparine seguite dagli AO.
Poiché dopo la sospensione della terapia con
eparine e dicumarolici si viene a creare un vuoto terapeutico con conseguente aumento del rischio di nuovi eventi trombotici sulodexide,
grazie alle caratteristiche della molecola, potrebbe essere considerato una buona soluzione per
colmare questo vuoto, in quanto farmaco efficace, maneggevole e ben tollerato.
Va ricordato come, in alcuni studi, sulodexide
abbia confermato la sua importante azione antitrombotica e profibrinolitica, che favorisce la riduzione del rischio tromboembolico.
Infatti, nello studio di Errichi BM del 2004 condotto su 405 pazienti affetti da pregresso episodio di TV trattata con AO per 6 mesi, il gruppo
sottoposto, in seguito a trattamento con sulodexide per 24 mesi (189 soggetti) ha evidenziato
una recidiva di TV del 7,4% contro il 17,9% del
gruppo di controllo (p<0,05); ciò ha dimostrato
Sulodexide (glucoronil glucosaminoglicano
solfato) è uno dei glicosaminoglicani (GAG)
che fa parte della categoria degli antitrombotici/eparinici essendo costituita, per l’80%, da
eparina a medio peso molecolare e per il 20%
da dermatan solfato.
La molecola agisce farmacologicamente sia a livello endoteliale sia a livello del sangue circolante.
A livello endoteliale inibisce la formazione e/o
l’estensione del trombo su superfici attivate,
come ad esempio le piastrine e le cellule endoteliali, potenziando l’azione anti-X attivato
dell’antitrombina III. Possiede anche un’attività antiaggregante e stimola la fibrinolisi sia
per l’azione esercitata sull’attivatore tissutale
del plasminogeno (TPA) che sull’inibitore dell’attivatore del plasminogeno (PAI). Inoltre
inattiva la trombina attraverso il legame con il
cofattore eparinico II.
A livello del sangue circolante inibisce la trombogenesi e riduce i livelli circolanti di fibrinogeno riducendo, conseguentemente, la viscosità
ematica (Fig. 1).
Figura 1. Meccanismo di azione
di sulodexide.
25
G.M. ZORZAN
l’efficacia di sulodexide nel ridurre gli eventi
trombotici ricorrenti. Si aggiunga che uno studio, condotto da Lasierra et al. su 200 individui
in Spagna nel 2003, ha dimostrato la sicurezza e
l’efficacia di sulodexide nella prevenzione secondaria di soggetti che avevano avuto un episodio di TV indicando che sulodexide può essere
considerato una valida alternativa al trattamento con dicumarolici nella prevenzione secondaria della malattia tromboembolica.
In conclusione sulodexide, grazie alle peculiari
caratteristiche della molecola e in virtù della
sua buona maneggevolezza (ad es. non necessita di controlli di laboratorio), della buona tollerabilità (scarse reazioni indesiderate, scarse
interazioni e incompatibilità) e grazie alla formulazione orale che garantisce maggiore compliance da parte del paziente, può essere considerato di diritto un farmaco efficace nella riduzione del rischio tromboembolico da usare in
particolare come naturale prosecuzione della
terapia con EBPM e/o anticoagulanti orali.
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27
SULODEXIDE NEL TRATTAMENTO DELLE TROMBOSI VENOSE. VALUTAZIONI CLINICHE A CONFRONTO
Efficacia clinica di un’associazione a
base di omega-3, acido alfa-lipoico e
policosanoli sui parametri
cardiometabolici e sul rischio
cardiovascolare a 10 anni
Roberto Volpe*, Daniele Gavita*, Sabrina Valle**, Jack Donati Boume***,
Fabrizio Pacioni ****
*Servizio di Prevenzione e Protezione, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma;
**Laziosanità-Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio, Roma;
***Royal Wolverhampton Hospitals NHS Trust, Wolverhampton (UK);
****Laboratorio Centrale, Policlinico Umberto I, Università “La Sapienza”, Roma
Introduzione
presenza di ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia (la cosiddetta “iperlipemia combinata”) associata a iperglicemia, una situazione metabolica
degna di un’approfondita valutazione clinica.
Al pari delle altre alterazioni metaboliche, anche
per l’iperlipemia combinata e per l’iperglicemia, le
correzioni dello stile di vita (1,8) rappresentano
sempre un primo fondamentale intervento terapeutico. Quando ciò non risulta sufficiente, in quei
pazienti considerati ad alto rischio cardiovascolare
in quanto in prevenzione secondaria oppure perché diabetici o con ipercolesterolemia severa, è necessario ricorrere ai farmaci e, in modo particolare
a quelli capaci di ridurre, in maniera significativa,
l’incidenza di tali eventi (9-13). Tale beneficio si ottiene, però, solo in caso che la prolungata riduzione dei parametri metabolici si protragga per anni.
In altri termini la terapia deve essere cronico-continuativa. Pertanto, prima di intraprendere una terapia che duri tutta la vita, in quei pazienti che, in
prevenzione primaria, presentino valori glicemici
e lipidici considerati borderline è preferibile valutare l’opzione nutraceutica. Tale strategia, tra l’altro, è quella suggerita da autorevoli Enti internazionali che si occupano di prevenzione cardiovascolare, come il NCEP-ATP III (National Cholesterol Education Program - Adult Treatment Panel III) (1) o la Nutrition Foundation of Italy (8),
e ha il pregio di attuare una seria prevenzione anche in quei soggetti che, avendo un rischio cardio-
Nel nostro Paese, come nelle altre nazioni industrializzate, le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte nella popolazione generale, con un risvolto economico sempre meno sostenibile per il Servizio Sanitario
Nazionale. Pertanto l’identificazione dei fattori
che condizionano il rischio cardiovascolare,
contribuendo, in varia misura, a determinarne
l’entità, rappresenta un importante compito del
medico sia di Medicina Generale che dello specialista dell’area cardiovascolare.
Numerosi studi osservazionali hanno messo in
evidenza più la pericolosità rappresentata dalla
presenza concomitante di alterazioni considerate
“borderline” (colesterolemia totale compresa tra i
200 e i 239 mg/dL, trigliceridemia compresa tra
150 e 199 mg/dL, glicemia a digiuno compresa tra
i 100 e i 125 mg/dL) (1,2) che non quella, anche
più ampia, di un solo fattore di rischio isolato
(3,4). A tal riguardo, i dati dell'Istituto Superiore
di Sanità indicano che oltre il 30% degli italiani
adulti presenta un’ipercolesterolemia “borderline” e che oltre il 20% presenta valori di trigliceridemia superiore ai 150 mg/dL (5). Altri studi italiani indicano che circa il 20% della popolazione
adulta presenta valori di iperglicemia borderline,
la cosiddetta “alterata glicemia a digiuno” (6,7).
Da questi dati emerge la concreta possibilità di riscontrare, nei nostri pazienti, una concomitante
28
EFFICACIA CLINICA DI UN’ASSOCIAZIONE A BASE DI OMEGA-3, ACIDO ALFA-LIPOICO E POLICOSANOLI SUI PARAMETRI CARDIOMETABOLICI E SUL RISCHIO CARDIOVASCOLARE A 10 ANNI
di Prevenzione e Protezione del CNR di Roma
(n. 6) e all’ambulatorio del Medical Service del
Food Agriculture Organization di Roma (n. 14),
di entrambi i sessi e di età >40 anni che, nonostante il trattamento dietetico (dieta ipolipidicaipocalorica secondo i principi dell’American
Heart Association Step I) (20), presentavano almeno due parametri tra colesterolemia totale,
trigliceridemia e glicemia classificabili come
borderline. In particolare solo un paziente nel
gruppo a trattamento con Border e uno nel
gruppo di controllo presentavano una glicemia
inferiore ai 100 mg/dL, mentre tutti e 20 i pazienti di entrambi i gruppi presentavano valori
di colesterolo totale e trigliceridi borderline.
Lo studio, randomizzato, è stato condotto con
disegno parallelo: dei suddetti 20 soggetti arruolati, 10 (5 uomini e 5 donne, di età media di 52,9
anni) hanno continuato il solo trattamento dietetico, mentre 10 (6 uomini e 4 donne di età media di 50,9 anni), pur continuando il trattamento dietetico, hanno anche assunto il nutraceutico Border a base di omega-3 (260 mg), acido αlipoico (100 mg) e policosanoli (7 mg), 1 compressa per 2 volte al dì (una compressa dopo
pranzo e una dopo cena).
I criteri di esclusione prevedevano: pregressa
malattia cardiovascolare, scompenso cardiaco,
insufficienza epatica, renale o polmonare cronica, presenza di neoplasia.
Prelievi con valutazione di colesterolemia totale, LDL e HDL (High-Density Lipoprotein),
trigliceridemia, glicemia, insulinemia, uricemia, transaminasemia e creatininemia sono
stati eseguiti alle settimane 0 e 8. Colesterolemia totale, LDL e HDL, trigliceridemia e glicemia sono stati valutati anche alla settimana 4.
Gli esami ematochimici sono stati effettuati in
due laboratori (il Laboratorio Centrale del Policlinico Umberto I dell’Università di Roma
“La Sapienza” e il Laboratorio del Medical Service della Food Agriculture Organization di
Roma) sottoposti a controlli di qualità interno
e interlaboratorio.
Alle settimane 0 e 8 sono state effettuate visite
con misurazione di pressione arteriosa sistolica
e diastolica, peso corporeo e altezza al fine del
calcolo dell’indice di massa corporeo, circonfe-
vascolare non ancora elevato, vengono non trattati oppure trattati ma in modo inadeguato. A tal
proposito, inoltre, i dati emersi dallo studio
CHECK (Cholesterol and Health: Education,
Control and Knowledge), indicano che oltre il
50% della popolazione italiana che presenta livelli alterati di colesterolo rientra nell’area del trattamento non farmacologico (14).
Nello specifico, in caso di iperlipemia e iperglicemia borderline, un’interessante alternativa nutraceutica è rappresentata da un prodotto denominato Border caratterizzato dalla combinazione di
omega-3, acido α-lipoico e policosanoli, sostanze
le cui proprietà cardioprotettive sono state evidenziate in molteplici studi sperimentali e clinici.
In particolare, gli omega-3 riducono sia l’ipertrigliceridemia (grazie a una minor sintesi epatica)
che i valori di pressione arteriosa (grazie al ripristino della funzionalità endoteliale) e l’aggregazione delle piastrine (15). L’acido α-lipoico, invece, favorisce la normalizzazione dei livelli glicemici, sia riducendo la resistenza all’insulina, sia aumentando il trasporto intracellulare del glucosio
mediante il reclutamento dei recettori intracellulari specifici per il glucosio (GLUT-4) presenti a livello delle membrane plasmatiche (16,17). Infine
i policosanoli, oltre a presentare un’azione antiaggregante le piastrine, riducono il colesterolo totale ed LDL (Low-Density Lipoprotein) grazie alla
capacità di inibire la sintesi del colesterolo mediante inibizione della sintesi dell’HMG-CoA-reduttasi (18,19).
Obiettivo dello studio
Trattare con il nutraceutico Border a base di
omega-3, acido α-lipoico e policosanoli soggetti con iperlipemia combinata e iperglicemia
borderline (colesterolo totale tra 200 e 240
mg/dL, trigliceridi tra 150 e 200 mg/dL, glicemia
tra 100 e 125 mg/dL) al fine di valutarne l’efficacia terapeutica (sia in termini di miglioramento
dei parametri cardiometabolici che di riduzione
del rischio cardiovascolare a 10 anni), la sicurezza e la tollerabilità.
Materiali e metodi
Sono stati arruolati 20 pazienti in prevenzione
primaria afferenti all’ambulatorio del Servizio
29
R. VOLPE, D. GAVITA, S. VALLE, J. DONATI BOUME, F. PACIONI
Tabella I. Caratteristiche della
popolazione esaminata
(media e DS).
Gruppo Border
Media
DS
50,9
8,4
26,7
2,5
95
7,7
134
11,8
82
7,2
233
7,3
149
8,6
44
8,4
196
11,7
108
6,9
23
4,1
5,7
0,9
36
11,4
1,0
0,1
10,8
7,2
Età
BMI
Circonferenza addominale
Pressione sistolica
Pressione diastolica
Colesterolo totale
Colesterolo LDL
Colesterolo HDL
Trigliceridi
Glicemia
Insulinemia
Uricemia
Transaminasi ALT
Creatinina
Rischio cardiovascolare a 10 anni
renza addominale e calcolo computerizzato del
rischio individuale assoluto di sviluppare un
evento coronario in 10 anni. Considerando la
multietnicità della popolazione che ha partecipato allo studio, il livello del rischio è stato valutato in base alle funzioni predittive derivate
dai dati dello studio Framingham partendo dall’età e dal genere del soggetto e combinando
questi dati con i valori della pressione arteriosa
sistolica e diastolica, della colesterolemia totale
e HDL e con la presenza o meno del fumo e del
diabete (21).
L’adesione alla dieta è stata verificata mediante
Tabella II. Effetti dei due
trattamenti sui parametri dei
pazienti arruolati.
BMI
Circonferenza addominale
Pressione sistolica
Pressione diastolica
Colesterolo totale
Colesterolo LDL
Colesterolo HDL
Trigliceridi
Glicemia
Insulinemia
Uricemia
Rischio CV a 10 anni
Basale
Media DS
26,7 2,5
95
7,7
134 11,8
83
7,2
233 7,3
149 8,6
44
8,4
196 11,7
108 6,9
23
4,1
5,7 0,9
10,8 7,2
Gruppo di controllo
Media
DS
52,9
5,9
26,8
0,7
94
6,2
134
7,9
83
6,4
230
4,6
148
8,9
44
5,7
191
8,8
107
6,8
22
2,9
5,9
0,7
38
6,7
0,9
0,2
11,4
6,0
diario dietetico qualitativo di 7 giorni somministrato alle settimane 0 e 8 e mediante controllo
del peso corporeo e della circonferenza addominale effettuati alle settimane 0 e 8.
Le medie e le deviazioni standard (DS) sono state utilizzate per descrivere la distribuzione delle
variabili continue. La significatività statistica
delle differenze tra i parametri misurati in entrambi i gruppi è stata valutata utilizzando il test
t di Student e, per i parametri con misurazioni
multiple, l’analisi della varianza (ANOVA).
Sono stati considerati significativi dati con
p<0,05 (Tab. I).
Gruppo Border
Settimana 8
Media DS
26,7 2,5
94
7,6
133 9,5
82
6,5
217 12,6
140 13,8
45
7,1
156 13,1
104 6,8
21
2,4
5,6 0,8
9,5 6,6
30
Δ%
0
-1,1
-0,7
-1,2
-6,9
-6,0
+2,3
-20,4
-3,7
-8,7
-1,8
-12,0
Gruppo di controllo
Basale
Settimana 8
Media DS
Media DS
26,8 0,7
26,9 0,6
94
6,2
93
6,2
134 7,9
136 7,7
83
6,4
85
5,7
230 4,6
227 8,0
148 8,9
145 10,2
44
5,7
44
5,8
191 8,8
191 8,4
107 6,8
106 5,7
22
2,9
22
2,2
5,9 0,7
5,9 0,7
11,4 6,0
11,3 6,0
Δ%
+0,4
-1,1
+1,5
+2,4
-1,3
-2,0
0
0
-0,9
0
0
-0,9
EFFICACIA CLINICA DI UN’ASSOCIAZIONE A BASE DI OMEGA-3, ACIDO ALFA-LIPOICO E POLICOSANOLI SUI PARAMETRI CARDIOMETABOLICI E SUL RISCHIO CARDIOVASCOLARE A 10 ANNI
Risultati
Nei soggetti del gruppo di controllo l’analisi statistica ha evidenziato tra 0 e 8 settimane di trattamento un incremento, statisticamente significativo, dei valori di pressione sistolica e diastolica.
Tutti i parametri misurati alle settimane 0, 4 e 8
(colesterolo totale, LDL e HDL, trigliceridi e glicemia), con l’eccezione del colesterolo HDL, sono risultati in diminuzione nel gruppo Border
già a partire dalla 4a settimana; nel gruppo di
controllo la riduzione dei parametri in generale è
risultata molto più contenuta o assente.
L’analisi statistica sulle variazioni nei parametri
con misurazioni alle settimane 0, 4 e 8 ha evidenziato una differenza, statisticamente significativa
tra i due gruppi per i trigliceridi (p <0,0001) e, al
limite della significatività, per il colesterolo totale (p=0,07). In altri termini per questi parametri
il trattamento ha avuto un effetto sul valore medio (Tabb. III,IV).
In entrambe le fasi dello studio, Border è risultato ben tollerato e la compliance è risultata essere >95% e non si è registrata alcuna alterazione riguardante transaminasi e creatininemia.
L’analisi nutrizionale e il calcolo dell’indice di
massa corporeo e della circonferenza addominale hanno dimostrato la buona aderenza dei
pazienti alla dieta ipolipidica-ipocalorica.
Nella tabella sono riportati gli effetti dei due
trattamenti (attivo con 2 cps/die di Border versus controllo) sui parametri dei 20 pazienti che
hanno partecipato allo studio (dati espressi in
mg/dL, come medie e deviazione standard, Δ%
versus basale) (Tab. II).
Analisi statistica
L’analisi statistica delle medie dei valori basali
dei due gruppi non ha evidenziato differenze
statisticamente significative.
L’analisi statistica, nei soggetti del gruppo Border
sulle variazioni nei parametri con misurazioni
alle settimane 0 e 8, ha evidenziato una riduzione, statisticamente significativa, dei valori del rischio cardiovascolare e dell’insulinemia.
Gruppo Border
Rischio cardiovascolare
a 10 anni
Insulina
Δ%
IC
p
-12,0
-1,8
0,33-2,30
0,3-3,2
0,0144
0,0187
Gruppo di controllo
Pressione sistolica
Pressione diastolica
Δ%
+2
+2,2
IC
p
3,78-0,21 0,0319
4,38-0,01 0,0484
Discussione
I risultati del nostro studio, condotto in pazienti
in prevenzione primaria che, nonostante una
buona aderenza a un corretto regime alimentare
ipolipidico-ipocalorico, risultavano portatori di
valori borderline di colesterolemia totale, trigliceridemia e glicemia, sembrano suggerire come
Colesterolo totale
Colesterolo LDL
Colesterolo HDL
Trigliceridi
Glicemia
Media
basale
233
149
44
196
108
DS
Media
DS
Δ%
Media
settimana 4
vs basale settimana 8
7,3
215
14,1
-7,7
217
8,6
137
15,3
-8,1
140
8,4
45
6,5
+2,3
45
11,7
164
13,6
-16,3
156
6,9
104
7,0
-3,7
104
12,6
13,8
7,1
13,1
6,8
DS
DS
Colesterolo totale
Colesterolo LDL
Colesterolo HDL
Trigliceridi
Glicemia
Media
basale
230
148
44
191
107
4,6
8,9
5,7
8,8
6,8
Media
DS
Δ%
Media
settimana 4
vs basale settimana 8
228
8,7
-0,9
227
147
11,2
-0,7
145
43
5,4
-2,3
44
194
5,7
+1,6
191
108
6,7
+0,9
106
31
DS
8,0
10,2
5,8
8,4
5,7
Δ%
vs basale
-6,9
-6,0
+2,3
-20,4
-3,7
Tabella III. Gruppo Border.
Δ%
vs basale
-1,3
-2,0
0
0
-0,9
Tabella IV. Gruppo di controllo.
R. VOLPE, D. GAVITA, S. VALLE, J. DONATI BOUME, F. PACIONI
un intervento nutraceutico a base di omega-3,
acido α-lipoico e policosanoli, possa rappresentare una valida alternativa alla terapia farmacologica cronico-continuativa. Infatti particolarmente importante appare il dato sulla riduzione,
statisticamente significativa, del rischio cardiovascolare a 10 anni (-12,0%,) calcolato secondo
le funzioni predittive derivate dai dati dello studio Framingham. Ciò a conferma dell’importante beneficio globale che può derivare dalla concomitante riduzione di più fattori di rischio.
Pertanto, quando l’approccio nutraceutico risulti
valido, efficace, ben tollerato e sicuro, può rappresentare una valida strategia per ridurre il rischio
cardiovascolare in quei pazienti a rischio non elevato, notoriamente non (adeguatamente) seguiti,
in quanto un intervento farmacologico potrebbe
apparire prematuro. Invece i dati del “Progetto
Cuore” ci suggeriscono che, se interveniamo solo
sulle persone ad alto rischio, riduciamo effettivamente il rischio in questa fascia di popolazione,
ma non la stragrande maggioranza degli eventi
che si verifica nel resto della popolazione: gli uomini e le donne con un rischio uguale o superiore
al 20% generano, rispettivamente, solo il 25% e il
4% degli eventi, mentre quelli con un rischio inferiore al 20% generano, rispettivamente, il 75% e il
96% degli eventi (5). In altri termini, un basso rischio a cui è esposta tutta la popolazione produce
in termini assoluti un danno maggiore di quello
derivato da un rischio elevato al quale è esposto
solo un piccolo gruppo di persone. Il razionale di
un’associazione nutraceutica efficace, come si è
dimostrata quella a base di omega-3, acido α-lipoico e policosanoli, è proprio quello di ridurre i
livelli dei fattori di rischio nel loro insieme, con
l’obiettivo finale di un sostanziale effetto preventivo sulla popolazione a rischio moderato o basso.
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