Autostima e Cristianesimo

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Autostima e Cristianesimo
Autostima e Cristianesimo
Padre Michel Esparza, sacerdote che esercita il suo ministero pastorale a Logroño,
è filosofo e teologo ed autore del libro “El pensamiento de Edith Stein”
(“Il pensiero di Edith Stein”- Eunsa)
L’autostima non è considerata in maniera positiva negli ambienti cristiani, perché sembra
contrapporsi all’umiltà. Lei, invece, pensa che l’autostima e il Cristianesimo siano complementari.
In che modo?
Esparza: Sì, a prima vista l’autostima sembra opposta all’umiltà, perché pensiamo che sia umile chi non
si prende troppo sul serio. Se, però, consideriamo la cosa in modo più approfondito, ci rendiamo conto del
fatto che l’umiltà si traduce in un dimenticarsi spontaneamente di se stessi, vale a dire è umile
innanzitutto chi non pensa troppo a sé. Questo egocentrismo non si riscontra solo nelle persone vanitose
ed arroganti, ma anche in quelle che si sottovalutano: anche la falsa modestia e l’autorifiuto sono contrari
all’umiltà. Per essere umili, quindi, è necessario accettarsi per come si è; è necessario, anzi, amarsi pur
sapendo che si hanno dei difetti. È in questo che l’autostima e il Cristianesimo sono complementari. In
ultima istanza, i conflitti con sé stessi derivano dalla difficoltà di accettare le propria miseria e niente
riconcilia tanto con se stessi quanto il sentirsi amati.
Cristo ci ha rivelato l’amore incondizionato di Dio per ogni essere umano. Chi, nonostante la sua
condizione di miseria, si sente guardato continuamente con amore da un Padre che lo ama per quello che
è, godrà di una pace interiore inamovibile. Che neanche i suoi errori personali potranno togliere, perché sa
che suo Padre lo perdona ogni volta che glielo chiede. Sapendosi amato in questo modo, amerà sé stesso
e, libero da problemi personali, potrà dedicarsi completamente ad amare gli altri. La pace interiore, infatti,
non è l’unico frutto dell’umile autostima di chi sa di essere figlio di Dio. Un buon rapporto con se stessi
ha anche un’importanza fondamentale per la qualità dell’amore nei confronti degli altri. È logico che un
atteggiamento conflittuale verso sé stessi renda complicato andare d’accordo con gli altri, in primo luogo
perché è difficile che chi è assorbito dalle proprie preoccupazioni presti attenzione a quelle altrui. In
secondo luogo perché chi teme di essere rifiutato dagli altri diventa suscettibile.
Il Cristianesimo può aiutare a risolvere i problemi di autostima?
Esparza: L’autostima e il Cristianesimo non sono soltanto complementari: penso anche che solo la vita
cristiana possa fornire delle risposte stabili ai problemi di autostima. Chi sa di essere figlio di Dio, si
dimentica facilmente di sé stesso e la qualità del suo amore verso gli altri aumenta. Chi, invece, non è
consapevole di questa dignità, si vede impedito a raccogliere quei successi che aumentano la sua
autostima e lo rendono meritevole della stima altrui. In questo modo, però, non si raggiunge mai un buon
rapporto con se stessi e con gli altri, perché l’io è avvelenato dall’amor proprio e non viene mai
soddisfatto completamente. Chi non conosce l’amore che Dio prova verso di lui nonostante le sue miserie
avrà due alternative: riconoscerle e deprimersi o autoingannarsi, eventualmente con l’aiuto della
psicoterapia (c’è chi ricorre a uno psicoterapeuta perché lo convinca che è una persona fantastica). In
questo modo, però, non si ottiene mai una pace duratura, perché l’intelligenza ingannata protesta sempre.
È a questo punto che il Cristianesimo offre la migliore alternativa. La conoscenza di queste realtà sarebbe
la propaganda migliore per la vita cristiana.
Perché nella vita cristiana è stata accantonata l’idea di amare se stessi?
Esparza: Forse per mancanza di sfumature. Ci sono Cristiani ai quali sembra strano che si parli di amore
per sé stessi, perché pensano che si tratti di un tipo di egoismo. Si sorprenderebbero se capissero che è il
contrario, che l’amore per sé stessi e l’amor proprio sono inversamente proporzionali. Non si tratta
soltanto di amare noi stessi per le nostre qualità, ma soprattutto per l’immenso amore che Dio prova per
noi. Se accettiamo l’amore che Dio ha per noi, riceviamo la più grande dignità immaginabile: la dignità di
figli di Dio. Questo giusto amore nei confronti di sé stessi è il modo più efficace di combattere l’egoismo
dell’io. Se rileggiamo la letteratura cristiana, scopriamo che il giusto amore per sé stessi è sempre stato
presente. Il primo comandamento è sempre stato amare il prossimo come sé stessi. Autori antichi come
San Tommaso d’Aquino e altri più recenti come Pieper o Lewis, distinguono due tipi di atteggiamento
verso sé stessi. È un concetto che è entrato nella mentalità del popolo cristiano (si pensi al detto: “La
carità ben ordinata inizia da sé stessi”). Ciò che forse non è stato sottolineato abbastanza è il rapporto
esistente tra filiazione divina ed umiltà e tra questa sana autostima e la qualità dei nostri amori.
Se ho deciso di scrivere un libro a questo proposito è perché non ne trovavo nessuno da raccomandare.
Riconosco che il termine “autostima” non sia il più appropriato per un libro di spiritualità. Derivando dal
campo della psicologia, questa parola potrebbe suggerire erroneamente che l’umiltà consiste nel
perseguire a tutti i costi un sentimento positivo verso sé stessi (l’umiltà non è un semplice stato d’animo;
è piuttosto la consapevolezza di una dignità che conduce a dimenticarsi spontaneamente di sé stessi).
Tuttavia, ho scelto il termine “autostima” per la sua indubbia risonanza positiva. Questa tematica è
universale, ma con il mio libro cerco di aiutare soprattutto persone con una certa tendenza all’ossessione
perfezionista. Se consegnassi un libro intitolato “L’umiltà del Cristiano” a una di queste persone, molto
probabilmente non lo leggerebbe e penserebbe: “Cerco di essere migliore e mi dispiace quando sbaglio, e
per giunta questo autore mi viene a dire che è per mancanza di umiltà”. Sarebbe molto più incoraggiante
dirgli: “Si vede che non conosci la tua dignità. Come Cristiano hai più motivi di tutti per amarti anche se
hai molti difetti”. C’è un altro motivo per il quale impiego il termine autostima: essendo d’uso comune,
permette di divulgare il messaggio cristiano all’uomo comune. La tematica dell’autostima, inoltre, è di
moda e parlare di autostima nel Cristiano permette di correggere certi approcci sbagliati. Si insiste
giustamente sull’importanza di coltivare un atteggiamento positivo verso sé stessi, ma non conviene farlo
a scapito della verità su di sé. L’autoinganno non libera.
Cosa intende dire con la frase: “L’umiltà è la virtù che ci aiuta a conoscere la nostra miseria e la
nostra grandezza”?
Esparza: Questa frase, che ho imparato da San Josemaría Escrivá, riassume bene quanto ho affermato in
precedenza. L’umiltà è la verità e la verità è che tutti abbiamo miserie e che siamo immensamente amati
da Dio. Il miglior antidoto alla nostra miseria consiste nello scoprire la nostra grandezza di figli di Dio.
Dal momento che il nostri io è “affamato” di stima, il modo migliore perché non dia fastidio consiste nel
fornirgli un “cibo” capace di soddisfarlo pienamente. Anziché passare tutta la vita a cercare soluzioni di
ricambio che non soddisfano mai del tutto, ci conviene ricorrere direttamente alla fonte della nostra più
grande dignità: la meravigliosa realtà di essere follemente amati da un Dio maternamente paterno. In
questo modo rettifichiamo ciò che è stato alterato fin dagli albori dell’umanità. Solo in questo modo,
sapendoci così amati, amiamo noi stessi e possiamo sperimentare la gioia di amare gli altri in modo
sempre più libero e disinteressato.
Lei cita molto lo scrittore inglese Lewis: le sue intuizioni sull’umiltà sono valide?
Esparza: Ammiro questo autore per la sua acutezza intellettuale e il suo senso dell’umorismo. Nel suo
libro “Semplice Cristianesimo”, c’è un capitolo antologico sull’umiltà, di appena 12 pagine, molto
profondo e sempre attuale.
Lei ha una buona autostima?
Esparza: Ora più che mai. Nel mio libro cerco di trasmettere intuizioni che mi hanno aiutato molto ad
orientare in maniera corretta la mia vita cristiana e che, attraverso la mia opera pastorale, aiutano molte
altre persone. Ciò non vuol dire che non ci siano alti e bassi. Ci sarà sempre una lotta per recuperare la
pace interiore. Si dice che la superbia non scompaia fino a mezz’ora dopo la morte, ma - finché non ci si
allontana dall’amore di Dio - si dispone di qualcosa con cui compensarla.
Fonte: Michel Esparza è l’autore di “La autoestima del cristiano” (casa editrice Belacqva) “un’opera
rivolta ai Cristiani di oggi che cercano di migliorare la qualità del loro amore”, secondo quanto ha
raccontato a ZENIT l’autore.
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http://filiaecclesiae.wordpress.com/2013/12/28/autostima-e-cristianesimo/