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n° 296 - settembre 2000
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Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it
È tornato a casa il Perseo
Il Vasari lo descrive talmente bello che “farà
maravigliare e’ maestri
che sanno, per havere
molte parti maravigliose”.
Parliamo del Perseo,
l’opera realizzata da Benvenuto Cellini, ritornato dopo il suo restauro
sotto la Loggia dei Lanzi,
dove è stato ammirato
per quattro secoli e
mezzo, cioè dal 1554
fino al dicembre 1996,
quando venne portato
nella stanza degli Uffizi approntata per il restauro. Il Perseo è tornato quindi al suo posto dopo 442 anni, il 23
giugno 2000, vigilia di
san Giovanni Battista.
Un evento davvero, se
si pensa che è una delle
cinque o sei statue più
importanti del mondo,
«una pagina irrinunciabile del manuale anche
più sommario di storia
dell’arte», scrive Paolucci.
Ma, sempre citando Paolucci, il Perseo «non è
solo questo. Il Perseo
con la sua inquietudine,
intellettuale e in attingibile bellezza, è il “palladio” di Firenze, ne rappresenta l’identità, ne
significa il destino. Più
ancora del David di Michelangelo è il vero protettore della città».
Tra i titoli di giornale
che riportavano il trasferimento dell’opera
per il suo restauro, si
parlava di “un volo d’angelo senza ritorno”, poiché quasi tutti erano
convinti che mai più il
Perseo sarebbe tornato
nella sua sede originaria.
Invece il Perseo vi è tornato, e tutti lo possiamo
ammirare sopra la sua
base scolpita come
un’oreficeria, a fronteggiare oltre ai turisti, la
tramontana che soffia
tra via della Ninna e il
Piazzale degli Uffizi.
Il restauro è stato finanziato dalla Cassa di Risparmio di Firenze, e
curato da Giovanni Morigi con l’Istituto Centrale per il Restauro di
Roma e l’Opificio delle
Pietre Dure di Firenze
come supervisori e garanti. È stato un restauro
“aperto”, e cioè visibile
al pubblico che non ha
tradito le aspettative:
circa trecentomila sono
state le persone che
hanno visitato il cantiere, grazie anche alla
sua felice ubicazione all’interno degli Uffizi.
In una delle due sale è
stata allestita una mostra che documenta i lavori di recupero della
statua con materiale fotografico, software interattivi, applicazioni
multimediali ad alto
profilo tecnologico su
cd-rom che descrive ogni
fase di questo singolare
intervento, arricchito
da notizie storiche e dalla
ricostruzione delle fasi
dalla fusione del Perseo
basata sulla Vita e sul
Trattato della Scultura
del Cellini.
La decisione di ricollocarla nella Loggia dei
Lanzi dopo il restauro è
stata, al di là delle previsioni, concordemente
Benvenuto Cellini: Il Perseo, Firenze, Loggia dei Lanzi
particolare del volto al termine del restauro
stabilita poiché si è ritenuto che si potesse far
tornare all’aperto senza
rischi apprezzabili per
la sua conservazione,
con la garanzia però di
controlli e periodici interventi manutentivi.
Diverso è stato invece
il responso degli specialisti per la base di
marmo. Dopo la pulitura e il consolidamento
curati da Agnese Parronchi, essa è apparsa
troppo degradata e fragile per tollerare lo stress
e i rischi dell’esposizione
all’aperto.
L’originale è stato quindi
trasferito al Bargello e
al suo posto è stata collocata la copia in marmo
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della ditta Sollazzino di
Firenze. Il Perseo di oggi
è quindi diviso in due:
la parte inferiore con la
base in marmo, la targa
con la Liberazione di
Andromeda e le piccole
quattro sculture in
bronzo già da molti anni,
sostituite con copie, in
riproduzione, e il Perseo, il semidio vittorioso, invece in originale.
Chi era Perseo lo sappiamo dalla mitologia
greca, che narra essere
frutto dell’amore contrastato tra Giove e la
principessa Danae, figlia di Acrisio, re di
Argo. A causa di una
profezia, secondo la quale
avrebbe ucciso suo
nonno, Perseo fu abbandonato con la madre su
un piccolo vascello che
naufragò nell’isola di
Serifo, una delle Cicladi.
Qui il re Polidette, affascinato dalla bellezza
di Danae, li accolse
presso la sua corte tentando a lungo di sedurre
la bella figlia di Acrisio
che lo respingeva con
fermezza.
Perseo difendeva la madre, e il re per liberarsene per sempre, lo
spinse a tentare un’impresa considerata impossibile: uccidere Medusa, l’orribile mostro
con serpi per capelli, un
tempo splendida fanciulla, punita da Minerva, gelosa della relazione intercorsa tra lei
e il dio Nettuno. Medusa era l’unica delle
Gorgoni non immortale, ma ugualmente temibile perché trasformava in pietra chiunBenvenuto Cellini: Il Perseo al termine del restauro
que incrociasse il suo
terribile sguardo.
in dono dagli dei alcuni magico attraverso il
Per portare a buon fine doni speciali: Minerva quale guardare la Gorl’impresa, Perseo ebbe gli diede uno specchio gone senza restare pie-
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trificato, Marte lo fornì
di un elmo che lo rendeva invisibile e Mercurio gli fece dono di
una spada e di calzari
alati. Dopo una serie di
peripezie, Perseo riuscì
a cogliere nel sonno Medusa, le recise il capo e
si allontanò, invisibile,
in sella a Pegaso, il cavallo alato nato dal sangue sgorgato dal collo
mozzato di Medusa.
Nel viaggio di ritorno
a Serifo Perseo liberò
anche la bella Andromeda, tenuta prigioniera da un orribile mostro che l’aveva incatenata ad uno scoglio e,
giunto nell’isola pietrificò il re Polidette, che
ancora insidiava la madre Danae, mostrandogli la testa di Medusa.
Tornato ad Argo, compì
infine la profezia, provocando involontariamente la morte del
nonno Acrisio, colpendolo con un disco lanciato in malo modo.
Il mito fu ripreso nel
1554, quando il Cellini
realizzò per Cosimo I
l’eroica figura in bronzo
che regge la testa sanguinante di Medusa. La
scelta di un soggetto
come il Perseo, da parte
del Granduca, nasceva
da un desiderio di riconferma della dinastia
medicea da un lato, e
a un desiderio di simmetria, diciamo politica, dall’altro: a Giuditta che decapita Oloferne voleva contrapporre il suo Perseo, sull’altro lato della Loggia,
con la testa recisa di Medusa nella mano sinistra. Giuditta era stata
fatta trasportare nel 1495
dal governo repubblicano sulla ringhiera della
Loggia per celebrare
la ritrovata libertà contro la tirannia dei Medici; il Perseo riconfermava invece il potere
granducale su Firenze
e sui nemici della città.
Cellini utilizzò, innovandole, tutte le tecniche allora a disposizione:
utilizzò 24 quintali di
bronzo per la sola figura
di Perseo e 8 quintali
per il corpo di Medusa.
Come narra lo scultore
nelle pagine della Vita
la fusione ebbe momenti
difficili che, pur brillantemente superati,
hanno lasciato tracce
oggi evidenziate dalle
indagini eseguite per
l’intervento di restauro.
Queste hanno messo in
luce i difetti di fusione
e le tecniche adottate
per risarcirli, lo spessore
delle patine, fino all’individuazione degli strumenti adoperati nella
lavorazione e nell’esecuzione dei dettagli decorativi attraverso le
tracce lasciate sulla superficie.
Indagini dalle quali sin
dall’inizio è emersa la
sostanziale differenza
tra le parti esposte alla
pioggia e quelle riparate.
La prima operazione di
restauro eseguita è stata
il lavaggio con acqua
nebulizzata per rendere
solubile l’abbondante
presenza di parti gessose: numerose sono state
le tracce di dorature che
sono state immediatamente fissate.
Ne sono seguite ovviamente molte altre, tra
cui una sabbiatura mor-
bida che ha interessato
soprattutto le capigliature, l’elsa della spada
e il drappo sotto il corpo
di Medusa caratterizzato da molte e complesse modellature ricoperte da spesse incrostazioni. Le stesse che
ricoprivano la schiena
e le natiche del Perseo.
Al termine della rimozione delle sostanze incrostanti si è solubilizzata la pellicola protettiva applicata in precedenza, conservandola
solo nelle zone interessate dalle dorature. Dopo
di che tutto il gruppo
scultoreo è stato racchiuso in un grande
sacco sigillato di polietilene e al suo interno è
stato versato vapore acqueo per 96 ore: l’alta
percentuale di umidità
relativa ha accelerato la
formazione delle espulsioni di polvere verde e
di ossidocloruri di rame
dai crateri di corrosione
attiva, permettendo così
di individuare l’esatta
localizzazione dei focolai. Su questi vi sono
stati ulteriori interventi.
Per la protezione finale
della superficie infine
si è provveduto ad applicare due mani di un
acrilico trasparente per
esterni e tre mani di una
cera microcristallina ad
alta temperatura di rammollimento, cui dobbiamo anche la godibilità dell’opera e la sua
miglior lettura.
maria siponta de salvia
Le foto, di Liberto
Perugi, sono state gentilmente concesse dalla
Cassa di Risparmio di
Firenze
Benvenuto Cellini: Il Perseo, particolare del volto
al termine del restauro