scuola forense aa 2013 caso 1 _giur.

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scuola forense aa 2013 caso 1 _giur.
Cass. civ. Sez. II, 20/06/2013, n. 15545 (rv. 627001)
Redi Imm S.r.l. c. Benedetti e altri
OBBLIGAZIONI > E >CONTRATTI >
Obbligazione
in genere
OBBLIGAZIONI > IN GENERE - Obbligazioni divisibili e indivisibili - In genere - Doppio
contratto preliminare avente ad oggetto beni immobili unitariamente considerati - Indicazione
unitaria del prezzo - Idoneità - Fondamento - Conseguenze
La stipulazione di due contratti preliminari di vendita cumulativa, aventi ad oggetto beni
immobili considerati come un "unicum", con la pattuizione di un solo prezzo, può essere ricondotta
ad una unitaria manifestazione negoziale facente capo ad un contratto preliminare complesso,
avente ad oggetto una prestazione unica ed inscindibile, disciplinata dall'art. 1316 cod. civ.; ne
consegue che l'impossibilità di distinguere la parte di prezzo riferibile all'una o all'altra promessa di
vendita non determina la nullità dei preliminari medesimi. (Rigetta, App. Firenze, 16/06/2006)
FONTI
OBBLIGAZIONI E CONTRATTI
Contratto
preliminare
Obbligazione
in genere
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FELICETTI Francesco - Presidente Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere Dott. BURSESE Gaetano Antonio - Consigliere Dott. MATERA Lina - Consigliere Dott. CARRATO Aldo - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 20866/07) proposto da:
RE.DI. Immobiliare S.r.l. (C. F.: (OMISSIS)), in persona dell'amministratore unico e legale
rappresentante pro tempore, sig. P.A., rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine
del ricorso, dagli Avv.ti Baldassarri Marco e Giovanni Galoppi, ed elettivamente domiciliata presso
lo studio del secondo, in Roma, Via Gregoriana n. 56;
- ricorrente contro
B.L. (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale a margine del
controricorso, dall'Avv. FIORE Giovanna ed elettivamente domiciliato presso il suo studio, in
Roma, via degli Scipioni, n. 94;
- controricorrente e L.O. (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale a margine del
controricorso, dagli Avv.ti PAPA Giannitalo e Carla Rizzo ed elettivamente domiciliato nello studio
della seconda, in Roma, via Anapo, 20;
- altro controricorrente e ricorrente incidentale F.M. 0 F.M. (C.F. (OMISSIS)), e P.A. (C.F. (OMISSIS)), in proprio;
- intimati Avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze n. 1306/2006, depositata il 16 giugno 2006 e
non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 9 maggio 2013 dal Consigliere
relatore Dott. Aldo Carrato;
uditi gli Avv.ti Marco Baldassari, per la ricorrente principale, Renzo Tosti (per delega), per il
ricorrente incidentale L. O., e F.G., per il controricorrente B. L.;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio,
che ha concluso per il rigetto sia del ricorso principale che di quello incidentale.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione, notificato il 14 dicembre 1998, il sig. B.L. conveniva, dinanzi al Tribunale di
Pistoia, il sig. P.A., in proprio e quale rappresentante legale della S.r.l. RE.DI., perchè fosse
dichiarata la risoluzione del contratto preliminare, con il quale il predetto convenuto gli aveva
promesso di vendergli un appezzamento di terreno posto all'interno di Via (OMISSIS), parte di
proprietà della società rappresentata e parte nella sua personale disponibilità, sulla base di un
precedente preliminare concluso con i coniugi L.O. e F.M., per intervenuto recesso, ai sensi dell'art.
1385 c.c., con condanna dei promittenti venditori al pagamento di una somma pari al doppio della
caparra confirmatoria ed al rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del contratto.
Si costituiva in giudizio il sig. P.A., in proprio e quale rappresentante legale della S.r.l. RE.DI.,
assumendo che il mancato trasferimento della proprietà della parte dell'appezzamento di terreno da
lui promesso era dovuto ad un inadempimento dei due suddetti coniugi, che, perciò, aveva
convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Pistoia, con atto di citazione, notificato il 12 ottobre
1998, per ottenere una sentenza, che ai sensi dell'art. 2932 c.c., sostituisse il contratto non concluso.
Pertanto, previa autorizzazione del giudice, con atto di citazione notificato il 2 marzo 1999, il sig. P.
chiamava in causa i sigg.ri L. e F., per essere dichiarato indenne delle conseguenze pregiudizievoli
derivanti dall'eventuale accoglimento della domanda proposta dal sig. B. nei suoi confronti (nella
duplice qualità).
La sig.ra F. rimaneva contumace, mentre si costituiva il sig. L., il quale sosteneva che si era trovato
nell'impossibilità sopravvenuta di adempiere la prestazione.
Nel corso di questo giudizio, il Tribunale di Pistoia, all'esito della causa promossa in precedenza dal
sig. P. con atto di citazione in data 12 ottobre 1998, con sentenza del 20 luglio 2000, disponeva, ai
sensi dell'art. 2932 c.c., il trasferimento, in favore dell'attore, del terreno di proprietà dei predetti
due coniugi (promesso in vendita al B.).
Con successiva sentenza n. 698 del 2003 (riferita al giudizio instaurato dal B.), lo stesso Tribunale
dichiarava risolti i due contratti preliminari contestuali conclusi il 22 maggio 1997 per legittimo
recesso del B. e, conseguentemente, condannava il P., in proprio, alla restituzione della somma di
Euro 154.937,06, pari al doppio della caparra versata, oltre ad Euro 11.775,21, pari all'i.v.a.
corrisposta sul secondo acconto.
Condannava, altresì, i due menzionati coniugi L. - F. a pagare al P. l'importo di Euro 30.987,41, in
accoglimento della formulata domanda di garanzia.
Con atto di citazione, notificato l'8 ottobre 2004, il sig. P., in proprio e nella qualità di legale
rappresentante della s.r.l. RE.DI., impugnava la predetta sentenza, chiedendo alla Corte d'Appello di
Firenze di respingere le domande avanzate dall'originario attore, perchè infondate in fatto e in
diritto ed, in particolare, deduceva cinque distinti motivi: - con il primo prospettava che il giudice di
primo grado aveva erroneamente ritenuto che l'accoglimento della domanda formulata nei confronti
del L. e della F., ai sensi dell'art. 2932 c.c., presupponeva l'inadempimento colpevole dei promittenti
venditori ed ostava alla configurabilità dell'impossibilità sopravvenuta a concludere il contratto
definitivo; - con il secondo motivo il P. contestava il ritenuto collegamento funzionale tra i due
contratti preliminari contestualmente conclusi il 22 maggio 1997; - con il terzo motivo l'appellante
censurava la sentenza di prime cure nella parte in cui aveva limitato la responsabilità dei coniugi L.
- F. alla rilevazione di esso P., in proprio, e non anche della s.r.l. RE.DI. Immobiliare; - con il
quarto motivo il P. eccepiva la nullità del contratto preliminare del 22 maggio 1997 perchè era stato
pattuito dalle parti un unico prezzo complessivo, senza possibilità di distinguere tra i beni promessi
in vendita, con la conseguenza che il corrispettivo della compravendita non si sarebbe potuto
ritenere nè determinato nè determinabile; - con il quinto motivo l'appellante deduceva l'eccessivo
ammontare della caparra confirmatoria, intesa come penale.
Si costituiva in sede di gravame il B., chiedendo la conferma della sentenza impugnata e, al
contempo, a titolo di appello incidentale, ne invocava la modifica del capo 2), punto secondo; si
costituiva, altresì, il L., che proponeva appello incidentale al fine di ottenere la reiezione di tutte le
domande proposte contro di lui e contro la F., con condanna alla restituzione di tutte le somme
corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado.
Con sentenza n. 1306 del 2006, pubblicata il 6 giugno 2006, la Corte d'Appello di Firenze, rigettava
sia l'appello principale proposto dal sig. P., nella duplice specificata qualità, sia quello incidentale
formulato dal sig. L. e, in accoglimento dell'appello incidentale proposto dal sig. B., precisava che
nella parte del dispositivo in cui si leggeva "il P. nell'indicata qualità", doveva intendersi "il P., in
proprio e quale rappresentante legale della RE.DI."; condannava, inoltre, il sig. P., in proprio e
quale rappresentante legale della RE.DI., al rimborso delle spese processuali sostenute dal sig. B. e i
due coniugi L. - F., in solido tra loro, a rimborsare la metà delle spese processuali sostenute dal P.,
dichiarando compensate la residua metà. A sostegno dell'adottata decisione la Corte fiorentina
respingeva, in primo luogo, il motivo dell'appello principale relativo alla dedotta nullità del
contratto preliminare del 22 maggio 1997, sull'assunto dell'indeterminabilità dell'oggetto, alla
stregua della corretta interpretazione del disposto dell'art. 1540 c.c. in tema di vendita cumulativa di
più immobili, oltre che tenendo conto della circostanza che l'unico prezzo era stato stabilito dalle
parti in funzione dell'indivisibilità soggettiva della prestazione, "per il modo in cui era stato
considerato dalle parti contraenti"" (ai sensi dell'art. 1316 c.c.). La Corte di secondo grado
respingeva, altresì, il gravame del P. (nella duplice qualità spesa) con riferimento alla mancata
prova relativa all'impossibilità sopravvenuta della prestazione dei coniugi L.- F. nonchè in ordine
alla limitazione della responsabilità dei medesimi coniugi alla rilevazione del solo P. (e non anche
della s.r.l. RE.DI) ed, infine, in relazione alla doglianza riguardante l'eccessivo ammontare della
caparra confirmatoria (intesa come penale). La Corte toscana rigettava, inoltre, il gravame
incidentale del L. ed accoglieva quello del B. avuto riguardo alla dichiarazione di responsabilità del
P., sia in proprio che quale legale rappresentante della suddetta società.
Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione la s.r.l. RE.DI, articolato
in tre motivi. I sigg.ri L.O. e B.L. hanno resistito con due distinti controricorsi (contenente, quello
del primo, anche ricorso incidentale riferito a due motivi), mentre le altre parti intimate non hanno
svolto attività difensiva in questa sede. Il difensore della ricorrente principale ha, altresì, depositato
memoria difensiva ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
1. Rileva il collegio che bisogna farsi carico, in via pregiudiziale, della duplice eccezione di
inammissibilità del controricorso formulato dal L.O. così come prospettata dalla ricorrente
incidentale nella memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c., riferita all'assunto difetto di "ius postulandi"
e alla supposta tardività del controricorso stesso. Entrambe le eccezioni sono destituite di
fondamento.
La prima, basata sulla circostanza della ravvisata insussistenza del requisito della specialità, è priva
di pregio perchè - secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 15692
del 2009 e Cass. n. 26504 del 2009) - il mandato apposto in calce o a margine del ricorso per
cassazione (o del controricorso) è per sua natura mandato speciale, senza che occorra per la sua
validità alcuno specifico riferimento al giudizio in corso ed alla sentenza contro la quale si rivolge,
poichè in tal caso la specialità del mandato è deducibile dal fatto che la procura al difensore forma
materialmente corpo con il ricorso od il controricorso al quale essa si riferisce, risultando, altresì,
irrilevanti sia la mancanza di uno specifico richiamo al giudizio di legittimità sia il fatto che la
formula adottata faccia cenno a poteri e facoltà solitamente rapportabili al giudizio di merito. E'
stato, inoltre, da ultimo, puntualizzato che il requisito di specialità della procura necessaria per il
ricorso in cassazione, ai sensi dell'art. 365 c.p.c., non è escluso dall'utilizzo del verbo "delegare"
(invero adoperato anche nel caso di specie), che non induce nel testo del mandato un elemento di
genericità, non richiedendo tale disposizione che la procura sia conferita mediante l'uso di un verbo
specifico o che essa contenga l'autoqualificazione formale della sua specialità, ma essendo
sufficiente che la procura risulti apposta a margine od in calce al ricorso od al controricorso e ne
formi parte integrante (cfr. Cass. n. 3602 del 2012).
E', altresì, infondata anche l'eccezione di tardività della costituzione con controricorso formulato dal
L., poichè, nella specie, risulta osservato il doppio termine prescritto dall'art. 370 c.p.c., ai fini della
notificazione dell'atto difensivo e del suo successivo deposito in cancelleria. In particolare, tenendo
conto che il ricorso è stato spedito per la notificazione il 30 luglio 2007 e che l'ultima notificazione
risulta avvenuta il 28 agosto 2007 (con il deposito dei relativi avvisi di ricevimento il 18 settembre
2007), dovendosi applicare la sospensione dei termini processuali al termine ex art. 369 c.p.c.,
comma 1, ne deriva che quest'ultimo sarebbe venuto a scadenza il 5 ottobre 2007 e che, perciò, gli
intimati si sarebbero potuti costituire provvedendo alla notificazione del controricorso al massimo
entro il 25 ottobre 2007. Orbene, nella specie, risulta "ex actis" che il L. ha consegnato il
controricorso per la notifica a mezzo posta il 19 ottobre 2007 e che lo stesso è stato notificato alla
ricorrente principale il 23 ottobre successivo, donde la tempestività della sua notificazione (e la sua
conseguente ammissibilità, essendo, poi, avvenuto il deposito nel termine di cui all'art. 370 c.p.c.,
comma 3).
2. Ciò posto, si rileva che, con il primo motivo, la ricorrente principale ha censurato la sentenza
impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1418, 1325, 1350, 1351, 1470 e 1540 c.c.
(deducendo la nullità delle promesse di vendita dedotte in giudizio), nonchè prospettando
l'insufficienza e, comunque, la contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della
controversia. Ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c. ("ratione temporis" applicabile nella fattispecie,
risultando la sentenza impugnata pubblicata il 16 giugno 2006) ha formulato il seguente quesito di
diritto: "dica la S.C. se sia vero che nel caso di preliminari di vendita aventi per oggetto beni
immobili appartenenti a diversi proprietari deve essere indicato il corrispettivo pattuito per ciascuno
di tali immobili; se sia vero che, in mancanza di tali indicazioni, i preliminari di vendita sono da
ritenersi nulli ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1418, 1325, 1350, 1351 e 1470 c.c.; se
sia vero che la disposizione di cui all'art. 1540 c.c. è, nel caso di specie, del tutto inconferente in
quanto relativa a fattispecie diversa rispetto a quella di cui trattasi; se è vero che l'interesse di una
delle parti contraenti, laddove non sia esplicitato e disciplinato dal contratto, è privo di rilevanza
giuridica, rimanendo confinato nella sfera interna del contraente medesimo".
2. Con il secondo motivo la ricorrente RE.DI. Immobiliare s.r.l. ha prospettato la violazione e falsa
applicazione dell'art. 1362 c.c. e segg., artt. 1385, 1175, 1375 e 1467 c.c., nonchè il vizio di
motivazione insufficiente o contraddittoria su un punto decisivo della controversia, ponendo il
seguente quesito di diritto: "dica la S.C. se è vero che è illegittimo il recesso del promittente
compratore da un preliminare di vendita giustificato dalla mancata esecuzione di altro preliminare
concluso tra soggetti diversi, ove tale collegamento negoziale non sia stato espressamente precisato
e disciplinato nelle sue conseguenze; se è vero che in tale ipotesi il promittente compratore non può
pretendere la restituzione della caparra versata; se è vero che, laddove sia configurabile la
cosiddetta "presupposizione", l'eventuale mutamento della situazione di fatto presupposta può
comportare la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1467 c.c., con gli effetti di cui all'art. 1458
c.c.".
3. Con il terzo motivo la ricorrente principale ha dedotto la violazione o falsa applicazione dell'art.
324 c.p.c., degli artt. 2909, 2932, 1463, 1464 e 2697 c.c., oltre che l'insufficienza e, comunque, la
contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia. Essa ha formulato, al
riguardo, il seguente quesito di diritto: " è vero che la sentenza emessa ai sensi dell'art. 2932 c.c.,
con la quale viene disposto, su istanza del promissario compratore, il trasferimento coattivo del
bene promesso in vendita, non richiede per la sua emanazione l'inadempimento colpevole del
promittente venditore; è vero che i principi di cui all'art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c. in materia di
"giudicato" non si applicano al soggetto che non sia stato parte della causa e che non sia erede o
avente causa di una delle parti; è vero che, ove la circostanza dedotta da una delle parti sia
esplicitamente ammessa e comunque non contestata dalle altre parti, la circostanza medesima non
abbisogna di alcuna ulteriore prova o dimostrazione; è vero che, nel caso di risoluzione del contratto
ai sensi degli artt. 1463 e 1464 c.c., la parte liberata deve semplicemente restituire la prestazione
che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito".
4. Con il primo motivo del suo ricorso incidentale il L.O. ha denunciato la violazione e/o falsa
applicazione del disposto di cui agli artt. 2909 e 2932 c.c., mentre con la seconda censura risulta
dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 24 Cost., unitamente alla prospettazione del
vizio di motivazione contraddittoria su un punto essenziale della controversia. Al riguardo sono stati
formulati i seguenti quesiti di diritto: - è vero o meno che la sentenza emessa ai sensi e per gli effetti
di cui all'art. 2932 c.c. non presuppone un inadempimento colpevole? - E' vero o meno che la
sentenza emessa ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2932 c.c. presuppone l'inadempimento come
mero fatto, o, meglio, come mancato adempimento, prescindendo dalle cause dello stesso? - E' vero
o meno che il giudicato intervenuto su una sentenza emessa ai sensi e per gli effetti di cui all'art.
2932 c.c. non preclude al soggetto convenuto per l'inadempimento di provare in altro giudizio
instaurato per far valere la sua responsabilità e ottenere la sua condanna al risarcimento danni, di
dare la prova liberatoria ex art. 1218 c.c., ossia provare di aver fatto tutto il possibile per evitare
l'inadempimento? 5. Occorre, in primo luogo, evidenziare che, con riferimento ai ricorsi in esame,
trova applicazione la disciplina prevista dall'art. 366 bis c.p.c. (introdotto dal D.Lgs. n. 40 del
2006), ai sensi della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5, vertendosi nell'ipotesi di ricorsi avverso
sentenza ricadente nell'ambito di applicabilità dell'indicato D.Lgs., siccome pubblicata il 16 giugno
2006 (cfr.
Cass. n. 26364/2009 e Cass. n. 6212/2010). A tal proposito, si osserva, sul piano generale, che l'art.
366-bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione,
comporta, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo, una diversa valutazione
da parte del giudice di legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dall'art. 360
c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, ovvero del motivo previsto dal n. 5 della stessa disposizione. Nel
primo caso ciascuna censura deve, all'esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la
cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall'art. 384 c.p.c.,
all'enunciazione del principio di diritto ovvero a "dicta" giurisprudenziali su questioni di diritto di
particolare importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5 (il cui
oggetto riguarda il solo "iter" argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una
illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e
sintetica del fatto controverso - in relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria -ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la
motivazione a giustificare la decisione.
6. Chiarito questo aspetto pregiudiziale e passando all'esame dei motivi del ricorso principale, il
collegio rileva che il primo motivo si profila inammissibile quanto al dedotto vizio di motivazione
per difetto dell'assolvimento del requisito imposto dal citato art. 366 bis c.p.c. (non risultando
l'illustrazione di alcuna autonoma sintesi dell'insufficienza del vizio logico dedotto e la chiara
indicazione del fatto controverso in ordine al quale è stata ritenuta la contraddittorietà della
motivazione) mentre è destituito di pregio giuridico con riguardo alle prospettate violazioni di
legge, corredate dall'indicazione di idonei quesiti di diritto.
Con la formulata censura la società ricorrente ha inteso sostenere che, sebbene - nella specie - si
trattasse di due distinti contratti preliminari di compravendita, sottoscritti (quanto ai promittenti
venditori) da due distinti soggetti, il prezzo degli immobili oggetto delle convenzioni era stato
indicato unitariamente, con la conseguenza che, non potendosi distinguere quale parte di esso fosse
riferibile all'una o all'altra promessa di vendita, i due contratti si sarebbero dovuti ritenere nulli, per
assunta violazione dell'art. 1418 c.c., degli artt. 1325, 1350, 1351 e 1470 c.c..
Osserva il collegio che, contrariamente all'impostazione prospettata dalla ricorrente, la Corte di
appello fiorentina, nella logica ed adeguata ricostruzione della complessiva vicenda contrattuale, ha
ritenuto - sulla base di una sufficiente motivazione del percorso argomentativo adoperato - che, in
effetti, nella fattispecie in esame era stato stipulato un doppio preliminare contestuale di vendita
cumulativa (da ritenersi ammissibile in ipotesi sulla scorta dell'applicazione analogica dell'art. 1540
c.c. riferita alla "vendita cumulativa di più immobili"), in cui l'unico prezzo era stato stabilito dalle
parti in funzione dell'indivisibilità soggettiva della prestazione, alla stregua della previsione del
disposto di cui all'art. 1316 c.c., con la conseguenza che, poichè la volontà delle parti era stata
quella di considerare i beni da trasferire come un "unicum" (tanto è vero che l'oggetto delle future
vendite era stato indicato unitariamente, sia nella sua descrizione strutturale che in quella catastale),
si sarebbe dovuta qualificare irrilevante l'omessa distinzione dei prezzi per ciascuno dei lotti, dal
momento che all'oggetto unico della complessa convenzione contrattuale sarebbe legittimamente
corrisposto un prezzo unico.
Del resto, la Corte territoriale ha opportunamente evidenziato che dall'interesse del B. di acquistare
entrambi i lotti discendeva, logicamente, la configurazione di una indivisibilità della prestazione,
alla quale, per l'appunto, corrispondeva l'unicità del prezzo desumibile dall'unitarietà della
complessiva operazione contrattuale riconducibile alla stipula del doppio preliminare di vendita
contestualmente concluso. Peraltro, il giudice di appello ha posto, altresì, adeguatamente in risalto
come il P., fin dalla sua costituzione nel giudizio di primo grado, aveva riconosciuto il collegamento
causale e teleologico tra la futura vendita dell'appezzamento di terreno di sua proprietà e la futura
vendita del fondo (di estensione inferiore) adiacente di proprietà della s.r.l. RE.DI. Immobiliare, di
cui egli stesso era il legale rappresentante.
Oltretutto, è risaputo che l'interpretazione del contratto condotta sulla base di una corretta esegesi
del processo di formazione e di manifestazione della volontà delle parti, l'accertamento, in generale,
sull'effettiva natura e portata delle condizioni contrattuali e quello, in particolare, sulla indivisibilità
o meno dell'obbligazione assunta, per effetto della comune volontà dei contraenti, costituiscono
apprezzamenti di fatto incensurabili in sede di legittimità, se adeguatamente motivati, come devono
ritenersi nella specie (e, del resto, la confutazione dell'assunto vizio motivazionale è - come
evidenziato - da ritenersi inammissibile per violazione dell'art. 366 bis c.p.c.).
Pertanto, non potendosi discorrere di preliminari di vendita propriamente distinti sul piano
strutturale-funzionale, ma di una unica manifestazione negoziale facente capo ad un contratto
preliminare complesso (con una parte promittente solo formalmente plurisoggettiva), l'eccezione di
nullità dedotta dalla ricorrente è infondata, a fronte dell'accertata unicità del prezzo (e, quindi, della
sua valida determinazione in relazione ad un oggetto complessivo comunque idoneamente definito)
corrispondente ad un'unica effettiva prestazione contrattuale, seppure riferita materialmente a due
distinti fondi immobiliari (promessi in vendita alla stesso promissario acquirente). In sostanza,
dunque, la sentenza impugnata - al fine di addivenire alla soluzione prescelta - non ha fatto tanto
leva sull'applicabilità dell'art. 1540 c.c. (oggetto di apposita contestazione da parte della ricorrente),
quanto, in senso decisivo, sulla "ratio" fondata intorno all'asserita applicabilità dell'art. 1316 c.c. (di
cui, invece, la ricorrente non ha specificamente dedotto la violazione o falsa applicazione), in base
alla quale la Corte di appello, con valutazione di fatto adeguatamente motivata, ha ricondotto la
fattispecie contrattuale complessa ad una prestazione soggettivamente unica ed inscindibile (perchè
così considerata dalle parti, in virtù dell'interpretazione della volontà esternata e del contenuto
complessivo ella fattispecie negoziale), con la conseguenza che all'unica prestazione sarebbe
corrisposto un prezzo unico.
7. Anche il secondo motivo del ricorso principale si prospetta inammissibile con riferimento al
supposto vizio motivazionale (per inosservanza del requisito prescritto dall'ari. 366 bis c.p.c.) e
destituito di fondamento in ordine alle dedotte violazioni di legge, le cui censure sono invece
corredate dalla formulazione di idonei quesiti di diritto. Con tale censura la società ricorrente ha
inteso dedurre le richiamate violazioni di legge in ordine alla supposta illegittimità della ritenuta sua
responsabilità solidale e alla conseguente condanna alla restituzione del doppio della caparra sul
presupposto del ravvisato collegamento funzionale tra i due contratti preliminari contestualmente
conclusi il 22 maggio 1997. Secondo la prospettiva della ricorrente, nella specie, si sarebbe potuta
configurare l'ipotesi della presupposizione, in ordine alla quale avrebbe potuto essere dichiarata la
risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1467 c.c., dal momento che le parti, pur non ignorando
l'intenzione del B. di acquistare entrambi i lotti di terreno, non avevano convenuto alcuna specifica
previsione per l'eventualità del mancato contestuale acquisto dei due beni.
Deve, innanzitutto, ribadirsi che - per giurisprudenza univoca di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n.
24792 del 2008) - la sussistenza di un collegamento negoziale tra due negozi giuridici si desume
dalla volontà delle parti, le quali possono anche concordare che uno soltanto dei contratti sia
dipendente dall'altro, se il regolamento di interessi che l'uno è volto a disciplinare non dipende da
quello dell'altro; l'interpretazione di tale volontà negoziale costituisce "quaestio facti" insindacabile
in sede di legittimità, se immune da vizi logici e da violazione delle norme ermeneutiche di cui
all'art. 1362 c.c. e segg.. E' stato, in particolare, precisato (v., soprattutto, Cass. n. 7524 del 2007)
che, nel caso di negozi collegati, il collegamento deve ritenersi meramente occasionale quando le
singole dichiarazioni, strutturalmente e funzionalmente autonome, siano solo casualmente riunite,
mantenendo l'individualità propria di ciascun tipo negoziale in cui esse si inquadrano, sicchè la loro
unione non influenza la disciplina dei singoli negozi in cui si sostanziano; il collegamento è, invece,
funzionale quando i diversi e distinti negozi, cui le parti diano vita nell'esercizio della loro
autonomia negoziale, pur conservando l'individualità propria di ciascun tipo, vengono tuttavia
concepiti e voluti come avvinti teleologicamente da un nesso di reciproca interdipendenza, per cui
le vicende dell'uno debbano ripercuotersi sull'altro, condizionandone la validità e l'efficacia. Ai fini
della qualificazione giuridica della situazione negoziale, per accertare l'esistenza, l'entità, la natura
le modalità e le conseguenze di un collegamento funzionale tra negozi realizzato dalle parti occorre
un accertamento del giudice di merito che passi attraverso l'interpretazione della volontà
contrattuale e che, se condotto nel rispetto dei criteri di logica ermeneutica e di corretto
apprezzamento delle risultanze di fatto, si sottrae al sindacato di legittimità. Orbene, sulla scorta di
tali principi e per quanto già chiarito in risposta alla prima censura, deve ritenersi che la Corte
territoriale abbia congruamente e logicamente ricostruito il legame intercorrente tra i due contratti
preliminari, conclusi contestualmente e sostanziati in uno stesso documento, in termini di contratti
funzionalmente tra loro collegati. Ed infatti, come già sottolineato, sulla scorta delle intenzioni dei
contraenti e dell'oggetto dei contratti, appariva evidente che le parti avessero inteso dar vita ad un
rapporto giuridico inscindibile, in vista del trasferimento dell'intero bene (ancorchè formato da due
lotti, formalmente distinti ma sostanzialmente formanti oggetto di una prestazione complessiva
unica in favore dello stesso promissario acquirente), non potendo la prestazione oggetto del
complesso preliminare frazionarsi ovvero modificarsi, poichè - in caso contrario - si sarebbe venuto
ad attuare un contratto diverso da quello realmente voluto dai contraenti. In una fattispecie
accostabile a quella oggetto della controversia in questione, questa Corte (cfr. Cass. n. 822 del 983;
v., anche, Cass. n. 4747 del 1999) ha avuto modo di statuire che il bene promesso in vendita anche
se appartenga pro quota a più comproprietari può essere considerato dai contraenti nella sua
interezza, ma in tale caso - qualora il preliminare non giunga a perfezione a seguito della mancata
accettazione della relativa proposta da parte di tutti i comproprietari - non può pretendersi
(attivamente o passivamente) la sua esecuzione specifica limitatamente ad una o ad alcune soltanto
delle quote di comproprietà in cui risulta frazionata la proprietà dell'intero immobile con la
realizzazione soltanto parziale e frazionata degli effetti e del risultato, globalmente e unitariamente
considerati dalle parti contraenti nel contratto preliminare. In tal caso, infatti, mutando l'entità di
una delle prestazioni dovrebbe correlativamente modificarsi anche la controprestazione pattuita, ma
tale modifica non può essere attuata dal giudice, in quanto la sentenza costitutiva prevista dall'art.
2932 c.c. deve riprodurre il medesimo assetto di interessi assunto dalle parti quale contenuto del
contratto preliminare, senza possibilità alcuna di introdurvi modifiche. Del resto è stato anche
puntualizzato (v. Cass. n. 874 del 1995) che, in presenza di un contratto preliminare predisposto per
la vendita di un bene fra parti complesse deve ritenersi, di norma, la ricorrenza di un negozio unico
- avente ad oggetto tutto il cespite nel suo insieme - quando sia indicato l'oggetto del negozio da
intendersi come bene unitario e sia previsto un prezzo globale (e, quindi, unico). In sostanza,
dunque, la Corte di appello toscana ha adeguatamente motivato (e il relativo supposto vizio logico è
stato, peraltro, inammissibilmente fatto valere in questa sede per la ritenuta violazione dell'art. 366
bis c.p.c.) circa la riportata ricostruzione della complessa fattispecie contrattuale, senza trascurare,
peraltro, che il P. stesso (nella duplice qualità) aveva, di fatto, riconosciuto il collegamento causale
e teleologico della vendita dell'appezzamento di terreno di sua proprietà e della vendita di quello
adiacente di proprietà della RE.DI. (v. pag. 13 della sentenza). Pertanto, ravvisato il collegamento
funzionale, strutturale e finalistico (e non occasionale e che, anzi, si potrebbe qualificare
preordinato) tra i due contratti, la Corte di merito ne ha fatto consequenzialmente discendere
l'indivisibilità soggettiva del contratto e delle correlate responsabilità, da intendersi come assunte
solidalmente dalle parti e senza possibilità di essere scisse nella loro fase esecutiva (e, perciò,
nemmeno con riguardo all'applicabilità dell'art. 2932 c.c.). Quindi, con valutazione sufficientemente
giustificata sul piano logico-giuridico, la Corte di secondo grado (riconfermando l'impostazione
adottata dal giudice di prime cure) ha legittimamente ritenuto che, in presenza di un unico
sinallagma ricollegato a due vendite fuse in un unico contratto, con un unico oggetto e due sole parti
(la parte venditrice, unitariamente considerata, e quella acquirente), il contratto si sarebbe dovuto
qualificare come soggettivamente indivisibile, con conseguente applicabilità della disciplina di cui
all'art. 1316 c.c.. Sulla base di ciò si giustifica giuridicamente la conseguenza ulteriore a cui è
giunta la Corte territoriale, secondo cui - atteso il collegamento funzionale dei due preliminari e,
quindi, l'inscindibilità delle prestazioni, in relazione all'interesse dell'originario attore l'inadempimento di quello concluso dal P. in proprio non poteva che ripercuotersi anche sull'altro
concluso dalla RE.DI., con la derivante applicazione dell'art. 1385 c.c., nel senso che, accertato
l'inadempimento dell'unica ed inscindibile prestazione con effetto su coloro che tale inscindibile
prestazione avevano promesso, la restituzione del doppio della caparra non poteva che far carico a
coloro e nei limiti in cui la caparra era stata ricevuta.
3. Anche il terzo motivo del ricorso principale è da qualificarsi inammissibile con riguardo al
denunciato vizio motivazionale (per inosservanza dell'art. 366 bis c.p.c.) mentre, con riferimento
alle dedotte violazioni di legge, è da ritenersi destituito di pregio, con conseguente relativo rigetto.
La dedotta censura è riferita alla parte della sentenza di appello con la quale la stessa non aveva
tenuto della prospettata circostanza che la domanda di esecuzione specifica del contratto non
concluso era stata accolta sul presupposto del solo mancato spontaneo adempimento del L. e della
F., senza che si fosse proceduto ad alcuna valutazione in ordine all'imputabilità della mancata
esecuzione della prestazione (riconducibile all'incapacità di intendere e di volere della F.), sulla
quale, quindi, non avrebbe potuto esercitare alcuna influenza il relativo giudicato formatosi sulla
intervenuta pronuncia ex art. 2932 c.c.. In altri termini, secondo la prospettazione della ricorrente, la
sentenza resa nella causa tra il P. e i sigg. L.- F. non era idonea a far stato nei confronti di essa
società RE.DI., che aveva, perciò, il pieno diritto di eccepire l'impossibilità sopravvenuta della
prestazione promessa dal P. in proprio, la quale era comprovata in atti, ragion per cui la sentenza
impugnata si sarebbe dovuta considerare illegittima nella parte in cui l'aveva condannata alla
restituzione del doppio della caparra.
Con motivazione logica e sufficientemente congrua la Corte territoriale ha attestato che, nella causa
in cui erano stati convenuti per l'esecuzione specifica del contratto non concluso, il L. e la F.
avrebbero dovuto dedurre e riscontrare probatoriamente che essi non avevano potuto stipulare il
contratto definitivo di trasferimento della proprietà dell'appezzamento di terreno per impossibilità
sopravvenuta riconducibile a causa a loro non imputabile. Senonchè, la Corte fiorentina ha appurato
che la dedotta impossibilità, ascrivibile ai coniugi L.- F., ad adempiere il contratto preliminare
concluso con il P., non era stata assolutamente provata e la F. era rimasta addirittura contumace nel
parallelo giudizio intercorso con lo stesso P..
Di conseguenza, la Corte territoriale ha esattamente rilevato che il giudicato formatosi in detto
giudizio copriva il dedotto ed il deducibile, nel senso che tale effetto preclusivo venutosi a formare
impediva che la sentenza pronunciata ex art. 2932 c.c. (implicante l'inadempimento colpevole del L.
e della F.) - potesse essere rimessa in discussione in altro giudizio, mediante l'allegazione di fatti
che avrebbero dovuto essere dedotti nel processo che era stato definito con la sentenza divenuta
irrevocabile, al fine di non incorrere nella violazione del principio del "ne bis in idem". Del resto il
P. non avrebbe potuto invocare, a fondamento della eccezione di impossibilità sopravvenuta, il fatto
secondario della impossibilità sopravvenuta della F. di adempiere il contratto con lui concluso,
perchè la sentenza emessa in suo favore presupponeva un fatto diverso, ovvero l'inadempimento
colpevole dei coniugi L.- F., rimasto accertato in modo incontrovertibile.
La stessa Corte di secondo grado ha, inoltre, correttamente rilevato che, in ogni caso, sia il P. che la
RE.DI. Immobiliare erano da considerarsi decaduti dalla prova relativa alla supposta impossibilità
sopravvenuta della prestazione da parte dei predetti coniugi, dal momento che, nel termine utile per
la formulazione delle deduzioni istruttorie nel giudizio di primo grado, essi si erano limitati a
produrre ed a invocare gli effetti della sentenza del 20 luglio 2000 emessa ai sensi dell'art. 2932 c.c.
relativa ad un giudizio in cui, tuttavia, la questione dell'assunta incapacità di intendere e di volere
della promittente venditrice F. non era stata neppure dedotta, con la conseguente decadenza dalla
prova sulla stessa circostanza, che, perciò, non avrebbe potuto trovare ingresso nemmeno in grado
di appello, siccome inammissibile.
9. Le due censure del ricorso incidentale proposto nell'interesse di L.O. - esaminabili
congiuntamente perchè strettamente connesse - sono infondate quanto alle dedotte violazioni di
legge mentre il vizio motivazionale prospettato con la seconda è inammissibile per mancato
assolvimento del requisito di ammissibilità prescritto dall'art. 366 bis c.p.c., non emergendo una
chiara indicazione del fatto controverso in ordine al quale si è assunta la contraddittorietà del
percorso logico seguito dalla Corte territoriale. Con le predette doglianze il L. ha inteso confutare la
sentenza impugnata nella parte in cui non aveva ritenuto ammissibile che potesse essere dichiarata
la risoluzione del contratto preliminare intervenuto il 22 maggio 1997 tra il P. A., da una parte, e lo
stesso L.O. e la consorte F. M., dall'altra, per impossibilità sopravvenuta della prestazione ex art.
1463 c.c. e segg. per causa non imputabile ad esso L. e, per l'effetto, pervenire al rigetto di tutte le
domande formulate nei suoi confronti, con conseguente ripetizione di quanto dallo stesso
corrisposto in ottemperanza alla sentenza impugnata.
Con motivazione logica ed essenziale, la Corte toscana ha correttamente rilevato come i coniugi L.F. erano rimasti - come è pacifico - soccombenti nel giudizio promosso nei loro confronti dal P. per
l'esecuzione forzata in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto, la cui decisione era
stata fondata sull'inadempimento colpevole degli stessi promittenti venditori, ragion per cui tale
sentenza, passata in giudicato, aveva comportato la copertura del dedotto e deducibile e, quindi, le
ragioni poste a fondamento del ricorso incidentale si sarebbero dovute considerare precluse
nell'altro giudizio in cui i ricorrenti incidentali erano stati chiamati a tenere indenni il P.A. in ordine
al pagamento di quanto dallo stesso corrisposto al B. in funzione della restituzione del doppio della
caparra versata. In altri termini, nel giudizio intercorso tra i predetti coniugi ed il P., in proprio, la
"causa petendi" del giudizio era indubbiamente costituita dall'inadempimento colpevole dei primi,
con la conseguenza che l'accoglimento dell'azione di adempimento coattivo ex art. 2932 c.c.
intervenuta a loro carico postulava, ovviamente, proprio quell'inadempimento, la cui eventuale
inconfigurabilità, per una supposta esimente soggettiva della F., avrebbe dovuto essere fatta valere
proprio in quel giudizio, con la conseguente formazione, in mancanza, della preclusione correlata
all'intervenuto giudicato, idoneo a coprire il dedotto ed il deducibile.
10. In definitiva, sulla scorta delle argomentazioni complessivamente esposte, il ricorso principale
deve essere integralmente rigettato, così come deve essere respinto il ricorso incidentale formulato
nell'interesse di L.O..
In virtù del principio della soccombenza la ricorrente principale deve essere condannata al
pagamento delle spese del presente giudizio in favore del controricorrente B.L.. Deve, infine, essere
dichiarato il non luogo a provvedere sulle spese circa i rapporti intercorsi tra la ricorrente principale
e le altre parti intimate non costituitesi, così come con riferimento a quello instauratosi, a seguito
del formulato ricorso incidentale, tra i coniugi L.- F. e il P.A. (nei cui soli confronti risulta accolta la
domanda di garanzia avanzata nei gradi di merito), in proprio, che non risulta essersi costituito, in
tale qualità, nella presente fase di legittimità.
Le spese in favore del B. si liquidano nei sensi di cui in dispositivo sulla scorta dei nuovi parametri
previsti per il giudizio di legittimità dal D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140 (applicabile nel caso
di specie in virtù dell'art. 41 dello stesso D.M.: cfr. Cass., S.U., n. 17405 del 2012).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale proposto nell'interesse di L.O..
Condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore del controricorrente B. L., delle spese del
presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 6.300,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre
accessori nella misura e sulle voci come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 9 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2013
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