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Ensemble InterContemporain
P r e s id e n te : Pierre Boulez
D ir e tto r e : David Robertson
A m m in is tr a to r e g e n e r a le : Claude Le Cleach
Sophie Cherrier
Emm anuelle O phèl e, f l a u t i
Laszlo Hadady
Didier Pateau, o b o i
Alain Dam iens
André T routtet, c la r in e tti
Guy Arnaud, c la r in e tto b a s s o
Pascal Gallois
Paul R \ v e a u \ , f a g o t t i
Jens Mc M anama, c o r n i
Antoine Curé
Jean-Jacques Gaudon, tr o m b e
Jérôme Naulais
Benny Sluchin, tr o m b o n i
Gérard Buquet, tu b a
Vincent Bauer
Michel Cerutti
Daniel Ciam polini, p e r c u s s io n i
Pierre-Laurent Aimard
Florent Boffard
Dimitri Vassilakis, p ia n o fo r tilta s tie r e
Frédérique Cam breling, a r p a
Jeanne-M arie Conquer
Jacques Ghestem
M aryvonne Le Dizès, v io lin i
Christophe D esjardins
Nathalie Vandebeulque, v io le
Pierre Strauch
Jean-G uihen Queyras, v io lo n c e lli
Frédéric Stochl, c o n tr a b b a s s o
M u s ic is ti s u p p le m e n ta r i
Chrystel Délavai, f l a u t o
François Cagnon, c o r n o
Christophe Bredeloup, p e r c u s s io n i
Hae Sun Kang, v io lin o
Maria K itsopoulos, v io lo n c e llo
Gilles Blum, d ir e tto r e d i s c e n a
Jean Radei
Damien Rochette, a s s is te n ti d i s c e n a
L’Ensemble InterContemporain viene costituito nel 1976 da
Pierre Boulez e dall’allora M inistro della Cultura francese
Michel Guy. Dedito alla valorizzazione del repertorio contem ­
poraneo. intrattiene rapporti con numerosi compositori, ai quali
commissiona opere che poi esegue nella sala da concerti parigi­
na e nel corso di tournée. Il suo stretto rapporto con l ’IRCAM
(Istituto di Ricerca e Coordinamento Acustica/Musica) permet­
te agli autori di usufruire delle nuove tecnologie di produzione
sonora, il che consente all’ensemble di sperimentare nuove
prassi esecutive e nuove tecniche strumentali. Il suo organico è
composto da musicisti provenienti da varie esperienze m usicali,
ai quali, grazie ad un impegno a tempo parziale, viene consen­
tito di svolgere attività loro proprie. Variabile in numero e
composizione dal duo di pianoforti all’orchestra vera e propria,
la formazione possiede un vasto repertorio, del quale fanno
parte anche oltre 500 opere da camera. Il lavoro dei musicisti è
supportato da una vera e propria struttura organizzativa, com ­
posta da una direzione amministrativa e da una finanziaria­
contabile, dalla biblioteca, dall’archivio e dall’ufficio pubbli­
che relazioni. Giuridicamente l ’EIC si presenta come associa­
zione culturale di pubblica utilità senza fini di lucro, la cui
responsabilità è affidata ad un Ufficio di Presidenza composto
dal Presidente, Pierre Boulez, e dal suo Vice, identificato nel
Direttore Generale del Settore Danza e M usica del Ministero
per la Cultura francese. Due terzi delle sue risorse finanziarie
provengono da finanziam enti statali e del Comune di Parigi,
mentre la rimanenente parte viene acquisita tramite le attività
concertistiche e donazioni.
Nato nel 1958 a Santa M onica, negli Stati Uniti, David Rober­
tson attualmente vive a Francoforte e a Parigi. Intrapresi inizial­
mente gli studi di viola e corno, si dedica in seguito alla
direzione frequentando i corsi della Royal Academy of Music di
Londra e quindi si perfeziona in Olanda con Kiril Kondrachin
e a Lucerna con Rafael Kubelik. A ventuno anni consegue il
Secondo premio al concorso “Nikolaj M alko” di Copenhagen e
quindi intraprende la carriera concertistica collaborando con
varie orchestre scandinave. Dal 1985 al 1987 è Direttore del1’Orchestra Filarmonica di Gerusalemme e in seguito collabora
con i complessi sinfonici degli enti radiofonici di Berlino,
Colonia, Parigi e Copenhagen, della Rai di Torino e della BBC
di Londra. Su richiesta di Pierre Boulez nel settembre del 1992
succede a Peter Eòtvos alla guida dell’Ensemble InterCon-
,
temporain, con il quale si dedica anche al repertorio lirico, e
nell’agosto scorso è stato per la prima volta ospite al Festival
Internazionale di Edimburgo.
Dopo aver frequentato l ’Università delle Arti di Tokyo, Riè
Hamada grazie ad una borsa di studio del governo francese si
trasferisce a Parigi, dove si perfeziona sotto la guida di Isabel
Garcisanz. Impegnata sia in recital solistici che a fianco di
complessi orchestrali, viene più volte invitata dai festival di
Parigi e M ontpellier e prende parte a numerosi allestimenti
operistici, ospite, tra l’altro, dell’Opera Bastille e del Teatro di
Chatelet. Del suo repertorio lirico fanno parte ruoli principali in
“Arianna e Barbablù” di Dukas e “Turandot” e "La Bohème di
Puccini.
Nato nel 1957, Pierre-Laurent Aimard ha frequentato il
Conservatorio di Parigi sotto la guida di Yvonne Loriod e
Geneviève Joy. Vincitore nel 1973 del Concorso Internazionale
“Olivier M essiaen”, tre anni più tardi si classifica secondo al
Concorso Internazionale di Ginevra e in seguito collabora con
le orchestre sinfoniche di Boston e Chicago, la Concertgebouw
di Amsterdam e la Philharmonia Orchestra, sotto la guida di
direttori quali Seiji Ozawa, Sergiu Celibidache e André Previn.
Profondamente interessato alla musica contemporanea, ha in
tale ambito collaborato con numerosi compositori. Componen­
te dell’Ensemble InterContemporain dalla sua costituzione, è
inoltre impegnato in formazioni da camera e come accompa­
gnatore.
Nato nel 1964, Florent Boffard intraprende gli studi musicali
presso il Conservatorio della Regione di Lione e quindi li
prosegue al Conservatorio Nazionale di Parigi nella classe di
Yvonne Loriod, conseguendo i primi premi di pianoforte,
musica da camera, armonia e accompagnamento. In seguito si
aggiudica il primo posto al Concorso Internazionale Claude
Kahn” e il secondo al “Vianne da M otta di Lisbona, intrapren­
dendo quindi la carriera concertistica che lo vede ospite dei
festival di Berlino, Bath, Montpellier e Roque d Anthéron. Fa
parte dell'Ensem ble InterContemporain dal 1988.
1
Tristan Murail
(1947)
Serendib
per 22 musicisti
Maurice Ravel
(1875-1937)
Trois Poèmes de Stéphane Mallarmé
per soprano e strumenti
Soupir
Placet fu tile
Surgi de la croupe
et du bond
Conlon Nancarrow
(1912)
Piece nr. 2
per piccola orchestra
Elliott Carter
(1908)
Doppio Concerto
per clavicembalo, pianoforte
e due orchestre da camera
Introduzione - Cadenza per
clavicembalo
Allegro scherzando
Adagio
Presto - Cadenza per
pianoforte - Coda
Con il contributo del M inistero degli Esteri francese,
Association Française d ’Action Artistique (AFAA)
Tristan Murail
Serendib, per 22 strumenti
“N oi siamo musicisti e il nostro modello è il suono, non la
letteratura, il suono e non la matematica, il suono e non il
teatro, le arti figurative, la fisica dei quanti, la geologia,
l’astrologia o /’agopuntura!” (Gérard Grisey); “La rivoluzione
più brutale e significativa che abbia colpito il mondo musicale
negli anni recenti non ha avuto origine da una qualunque
ridiscussione della scrittura musicale (seriale o altro) ma,
ben più profondamente, dal mondo dei suoni stessi, in altre
parole dall’universo sonoro che il compositore è invitato a
gestire.” (Tristan Murail).
Sono alcune delle battagliere affermazioni del gruppo Itinéra­
ire, costituitosi vent’anni fa fra gli allievi della classe di com­
posizione di Olivier Messiaen - Murail, Grisey, Hughues Dufourt, Michaël Lévinas. Sono diversi gli stimoli a partire dai
quali si è formata la nuova coscienza del movimento francese:
l ’indagine sul suono condotta attraverso il lavoro con l ’elettro­
nica (di nuova generazione: già con il controllo informatico),
che ha portato a scoprire una realtà “biom orfica” del suono, non
oggetto fisso ma essere vivente dotato di un proprio divenire
dinamico, come un intreccio di linee di forza. E ’ in sostanza la
stessa scoperta che fecero Stockhausen e altri compositori
“analogici”, m a invero il credo di questo gruppo si avvale di
strumenti di indagine sulla fisica e sulla percezione del suono
molto sofisticati, e a quelle scoperte si aggiungono gli studi
sulla percezione, la teoria dell’informazione e della percezione
estetica, ad esempio di Abraham Moles; si delinea una teoria
della com plessità, per cui il suono non è artificialmente scindi­
bile in timbro, armonia, ritmo, intensità, essendo costituito
invece come un continuum di questi aspetti.
La musica di Murail si costruisce a partire da questa poetica del
suono come puro sviluppo, con un accento quasi ossessivo sulla
continuità organica - per lo meno nel suo primo periodo creati­
vo: Mémoire-érosion (1976) in cui gli strumenti ripercorrono
itinerari simili a quelli del feed-back dei vecchi studi analogici,
o Ethers (1978) in cui un continuo suono di maràcas sostituisce
il silenzio (ipotetico) che sottende qualsiasi ascolto. Dagli anni
Ottanta Murail esplora anche le aree di discontinuità, i processi
che contraddicono l ’aspettativa dell’ascoltatore, quasi una ri­
composizione del processo visto da diverse angolazioni, cose
per esempio in Désintégrations ( 1983) o Vues aériennes ( 1988).
Serendib ( 1992), ardua partitura microtonale e m obilissim a nel
metro, consiste di 10 sezioni, distinte dalla cura per l’aspetto
timbrico e la mobilità del ritmo: “le forze e i contorni si
arrotolano a spirale all'interno del suono: bisogna saperli
scoprire. La musica, su una continua risacca di fondo [ saranno
i volanti moti sugli intervalli degli armonici naturali], si frange
e ritorna su sé stessa: turbolenze locali nell’immagine del
movimento globale. Come Sindbad il marinaio (che scoprì
casualmente la mitica isola di Serendib, da cui Walpole trasse
il termine ‘serendipity’ : facoltà di fa re per caso scoperte
inattese e fortunate) il compositore è trascinato di scoglio in
scoglio, di naufragio in naufragio. Con un p o ’ di fortuna, sarà
gettato su rive sempre più lontane e fantastiche, per scoprirvi le
architetture vaghe ma prepotenti dei nostri sogni collettivi".
(Tristan Murail).
M aurice Ravel
Trois Poèmes de Stéphane Mallarmé, per soprano e strumenti
Maurice Ravel scrive i suoi Trois Poèmes de Stéphane M allar­
mé nel 1913, un anno prim a del bellissimo Trio in la', in quello
stesso anno anche Debussy scrive i suoi Trois Poèmes de
Stéphane M allarmé, ma il 1912-1913 è soprattutto il periodo
fatidico delle prime del Pierrot Lunaire e del Sacre du
Printemps. Nel 1913 Ravel si trova a lavorare con Strawinsky
all’orchestrazione della Kovanscina, su commissione di Djagilev; Strawinsky era stato pochi mesi prima a Berlino, alla prima
del Pierrot, e aveva riportato una profonda impressione da
quella nuovissima e acuminata poetica. Pare che ne mostrasse
a Ravel la partitura (così almeno riporta lo Jankelevic), e
insieme anche la partitura della propria opera, simmetricamente
dirompente; ecco Ravel fare un balzo improvviso dai nutrimenti
sostanzialmente francesi o al più romantici - una decina d ’anni
prima aveva scritto: “fu ascoltando per la prim a volta 1 Aprèsmidi d ’un faune che capii cosa sia la musica” - agli incande­
scenti climi delle prime avanguardie del secolo. La sensibilità
molto francese di Ravel, ugualmente divisa fra geometria e
passione è profondamente colpita dalla rigorosa e surreale
opera di Schônberg, tanto quanto lo è Strawinsky; entrambi
scrivono in questo periodo delle liriche per voce femminile e un
ensemble in tutto simile a quello del Pierrot nascono 11 Tre
Liriche Giapponesi di Strawinsky e appunto i Trois Poèmes de
M allarmé, entrambi i brani per due flauti, due clarinetti, trio
d ’archi e pianoforte. Forse aleggiava 1 idea di un concerto con
in programma anche il Pierrot, come appare in una lettera di
Ravel alla signora Casella, in cui però le liriche su Mallarmé
sono ancora due. Dunque alla base c ’è il Pierrot, la cui parte
pianistica rivela come Schònberg conoscesse il pianismo di
Debussy, che insieme a Ravel musica tre poemi di Mallarmé, e
due sono gli stessi.... Balena un desiderio di Pierrot nel secondo
dei Poèmes di Ravel, Placet futile, in quella galanteria dissec­
cata e asimmetrica (c ’è persino un 15/8) così diversa dal leggero
moto danzante dello stesso brano nei Poèmes di Debussy. Il
brano di Ravel dipana, sulle imperanti settime del pianoforte, un
canto prezioso portato su balzi vocali, quasi oltre un idea
conchiusa di melodia. Il brillìo di cristallo del primo, Soupir, la
sonorità immateriale che vi accompagna un canto aereo coglie
la brama di purezza del testo, così ricco di suggestioni metafo­
riche - per parte sua Debussy ne dà una lettura di eleganza
piuttosto verlainiana.
Nella scelta dell’ultimo, Surgi (Debussy preferisce la sorridente
immagine di Eventail), si legge il gusto rattenuto ed ermetico di
Ravel: il criptico testo viene vestito di una musica quasi striden­
te, il canto acre ma chiaro, i timbri acuti del pianoforte e i suoi
pedali dissonanti - forse l ’unico vero esempio di politonalità
nella musica di Ravel.
Conlon Nancarrow
Piece nr. 2, per piccola orchestra
Conlon Nancarrow è, come fu Harry Partch, una figura tipica­
mente americana di outsider; dopo studi regolari al conservatorio nell’Ohio, e di contrappunto con Roger Session, suona
molto jazz e musica leggera in diverse band e si dedica alla
composizione con idee abbastanza eccentriche: il suo pensiero
musicale parte da un approfondimento della “dissonanza tem ­
porale” già teorizzata da Henry Cowell; Nancarrow sviluppò
una conseguente relazione fra le altezze e le figurazioni ritm i­
che, e la novità della sua poetica influenzò i pochi che ne
vennero a contatto, come lo stesso Elliott Carter.
Nancarrow fu meno radicalmente avverso al sistema di Partch,
tuttavia partecipò alla guerra civile spagnola nelle Brigate
Internazionali contro il fascismo e fu poi al suo rientro in
America sottoposto a pressioni per la sua fede comunista; così
fu per breve tempo attivo sulla scena delle avanguardie nuo-
vayorkesi, m a nel 1940 si trasferì in Messico. In comune con
Partch, Nancarrow ha u n ’altra caratteristica americana, il do it
yourself: come Partch arrivò a costruirsi da sé gli strumenti per
produrre i suoni che voleva, Nancarrow, che per parte sua
chiede all’ipotetico esecutore prestazioni quasi impossibili, si
risolse a comporre direttamente sul rullo di un piano meccanico
fattosi costruire apposta, da cui ottenere le volute sovrapposi­
zioni irrazionali e una velocità vagamente disumana. E il ciclo
dei circa cinquanta Studies fa r player piano, composti senza
data a partire dalla fine degli anni Quaranta, che solo dalla fine
dei Sessanta Nancarrow prese a scrivere anche in notazione
‘norm ale’, dopo che alcuni brani vennero usati da Cage per un
balletto di Cunningham. Un po' più di attenzione Nancarrow
ebbe quando Peter Garland incise un disco degli Studies, ma la
vita relativamente stentata di Nancarrow fu risolta non dalla
composizione bensì dall’eredità paterna (questo nonostante il
compositore goda, come altri grandi “solipsisti’ , della fervida
ammirazione di un gruppo di eletti).
Come già prima del 1940, dopo gli infruttuosi esperimenti con
u n ’orchestra meccanica di percussioni, a partire dall’84 Nan­
carrow ha di nuovo scritto per il comune piano e per gruppi
orchestrali; il Piece nr. 2 per piccola orchestra è del 1986,
commissione di quella grande mecenate della composizione off
americana che è Betty Freeman.
La composizione è divisa in due sezioni, circa pari di durata;
nella prima legni, ottoni, pianoforte, violini e viole, archi gravi
sono i cinque strati ritmici e melodici (e in sostanza armonico/
tonali) in cui si articola abbastanza astrattamente il decorso
musicale, organizzato sostanzialmente in formule a testim onia­
re il sostanziale disinteresse di Nancarrow per l ’aspetto form a­
le, non ci sono deroghe, al più il tacet di una sezione timbrica.
Nella seconda parte una breve introduzione conduce ad un
canone (massino strumento strutturale della sua musica), la cui
grazia consiste nell’asimmetria dei tempi.
Elliott Carter
Doppio Concerto per clavicembalo, pianoforte
e due orchestre da camera
Il Doppio Concerto per clavicembalo, pianoforte e due orche­
stre da camera, scritto da Elliott Carter fra il 1959 e il 1961, è
una, se non la, sua composizione più affascinante e complessa,
in un catalogo relativamente parco nonostante copra oltre ses­
santa anni e sia segnato da grandi raggiungimenti, che hanno
influenzato altri grandi compositori contemporanei; Straw in­
sky ne parlò come del primo capolavoro americano. Una delle
composizioni più complesse perché prevede, oltre ai due solisti
degli strumenti a tastiera, che affrontano per parte loro scritture
davvero complesse, anche quattro virtuosi delle percussioni,
ognuno dei quali deve destreggiarsi con una decina di strum enti.
Una delle composizioni più affascinanti perché Carter vi affron­
ta quello che è il problema degli anni ’50 non solo per lui, che
ne diceva: “Il discorso musicale necessita di una rivisitazione
completa almeno quanto, all'inizio del secolo, accadde per
l armonia”.
Carter affronta qui il tema dell’organizzazione sintattica del
discorso/decorso musicale non tanto a partire dalla forma. Più
che in base ad una macro-struttura, il Doppio Concerto è
organizzato come successione di sezioni (sette), un mosaico
delle diverse evoluzioni del materiale di base, questo sì rigoro­
samente strutturato (una certa struttura intervallare per ogni
gruppo, e ogni intervallo abbinato ad una certa velocità metronomica); il discorso è riformato attraverso un nuovo ambizioso
pensiero del tempo, e anche la fisionomia dei due gruppi
orchestrali crea la propria disposizione spaziale in base a raffi­
natissime combinazioni ritmiche delle parti (che rispettano
peraltro i caratteri idiomatici dei vari strumenti, fino ai loro
sedimenti storici). Carter si concesse una scrittura che in condi­
zioni normali non avrebbe azzardato, per l'im possibilità con­
creta di vederla realizzata, grazie alla magnanimità di Paul
Fromm che commissionò l ’opera e garanti anche una insolita
durata delle prove.
Charles Rosen, il grande pianista e musicologo statunitense che
fu fra gli interpreti della prima esecuzione, sostiene che ciò che
rende difficile u n ’opera d ’arte creata con un nuovo pensiero non
è tanto ciò che c ’è di nuovo e anche di inaudito, ma piuttosto ciò
che vi m anca; in questo Concerto sarebbe la mancanza di una
pulsazione ritmica di base, identificabile con i gesti del direttore
d ’orchestra: ad un battito di riferimento, statico e ripetitivo, si
sostituisce una struttura ritmica mobile per cui il tempo si
trasforma continuamente nel corso del pezzo. Basti come esem­
pio la sovrapposizione ne\VAdagio di divisioni totalmente irra­
zionali al clavicembalo (4:7) e al pianoforte (5:3), che poi
divergono ritardando il clavicembalo e accelerando il piano­
forte, per di più indipendentemente dai rispettivi gruppi.
Non c ’è spazio per dare altri particolari sulla scrittura nè sulle
suggestioni letterarie alla base della composizione (Lucrezio e
la parodia satirica che ne fa Alexander Pope); va detto che il
contenuto poetico del Doppio Concerto non ne ha bisogno.
L u c ia n a G a llia n o
Maurice Ravel
T ro is P o è m e s d e S té p h a n e M a lla rm é
S o u p ir
Mon âme vers ton front où rêve, ô calme soeur
Un automne jonché de taches de rousseur,
Et vers le ciel errant de ton oeil angélique,
Monte, comme dans un jardin mélancolique,
Fidèle, un blanc je t d ’eau soupire vers l’Azur!
- Vers l’Azur attendri d ’Octobre pâle et pur
Qui mire aux grands bassins sa lanueur infinie,
Et laisse, sur l ’eau morte où la fauve agonie
Des feuilles erre au vent et creuse un fro id sillon,
Se traîner le soleil jaune d ’un long rayon.
P la c e t fu tile
Princesse ! à jalouser le destin d ’une Hébé
Qui poind sur cette tasse au baiser de vos lèvres,
J ’use mes fe u x mais n ’ai rang discret que d ’abbé
Et ne figurerai même nu sur le Sèvres.
Comme je ne suis pas ton bichon embarbé,
Ni la pastille, ni du rouge, ni Jeux mièvres
Et que sur moi je sais ton regard clos tombé,
Blonde dont les coiffeurs divins sont des orfèvres!
Nommez-nous... toi de qui tant de ris fram boisés
Se joignent en troupeaux d ’agneaux apprivoisés
Chez tous broutant les voeux et bêlant aux délires,
Nommez-nous... pour qu Amour ailé d ’un éventail
M ’y peigne flû te aux doigts endormant ce bercail.
Princesse, nommez-nous berger de vos sourires.
S u rg i de la c ro u p e e t du b o n d
Surgi de la croupe et du bond
D ’une verrerie éphémère
Sans fleu rir la veillée amère
Le col ignoré s ’interrompt.
Je crois bien que deux bouches n ’ont
Bu, ni son amant ni ma mère,
Jamais à la même Chimère
Moi, sylphe de ce fro id plafond!
Le pur vase d ’aucun breuvage
Que l ’inexhaustible veuvage
Agonise mais ne consent,
N a ïf baiser des plus funèbres !
A rien expirer annonçant
Une rose dans les ténèbres.
Tre poemi di Stéphane M allarmé
Sospiro
La mia anima verso la tua fronte, o quieta sorella,
dove sogna un autunno disseminato di lentiggini
e verso l ’errabondo cielo dei tuoi angelici occhi sale,
come in un malinconico giardino,
fedele un bianco zampillo sospira verso l ’Azzurro!
- Verso 1’addolcito Azzurro d ’un Ottobre pallido e puro
che specchia in bacini immensi il tuo infinito languore
e lascia, sull’acqua stagnante dove la fulva agonia delle foglie
erra sospinta dal vento e traccia un freddo solco,
che si trascini il giallo sole di un lungo raggio.
Futile supplica
Principessa! invidioso della sorte di un Ebe
che da questa tazza si offre al bacio delle vostre labbra,
consumo tutto il mio fuoco ma non sono che un modesto abate
e perciò non potrò neppure figurare nudo su di un vaso di Sèvres.
Poiché non sono il tuo agnellino dal folto vello,
nè una pasticca zuccherosa, nè un futile divertimento
ed avverto su di me il tuo sguardo indifferente,
o beltà acconciata da orafi divini!
Eleggeteci... tu cui infiniti sorrisi che sanno di lampone
si raggruppano in greggi di agnellini addomesticati
che da tulli brucano i desideri e belano deliranti
Eleggeteci... perché Amore dalle ali a ventaglio
mi ritragga a guisa di flautista che culla quel gregge,
Principessa, eleggeteci a custode dei vostri sorrisi.
Emerso dalla curva e dal balzo
Emerso dalla curva e dal balzo
di una effimera massa vetrosa
il collo vuoto e inutile si arresta
senza ornare di fiori la triste veglia.
Io, folletto di questa gelida volta,
so che mai le bocche di m ia madre
e del suo amante bevvero
ad una stessa Chimera!
Il vaso vuoto di ogni bevanda
se non di una inesauribile vedovanza
agonizza m a non si rassegna.
Candido bacio tra i più funebri!
a nulla esalare annunciando lo sbocciare
di una rosa nelle tenebre.
(Traduzione di Roberto Cognazzo)
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Nell’intento di dare un contributo alla salvaguardia dell’ambiente, i programmi di sala di Settembre Musica vengono stampati su carta riciclata.