Wu Li Febbraio 2014 - Centro Ricerche Tai Chi
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Wu Li Febbraio 2014 - Centro Ricerche Tai Chi
articoli di Franco Mescola di Franco Mescola di Antonio Pugliese di Antonio Schiavone di Rita Vianello di Natalia Radice rubriche la damina di seta ascoltare se stesso e gli altri il tai chi e lo stare bene tui shou: eros e improvvisazione un'esperienza d'insegnamento passeggera del silenzio editoriale la pratica eventi la posta del CRT 1 pag 2 pag 18 pag 27 pag 28 pag 3 pag 5 pag 8 pag 10 pag 12 pag 16 editoriale - MARZIA BIANCHI Amici praticanti, appassionati del Tai Chi e non solo, arriva il nostro Wu-li di primavera! Febbraio è alle porte e, come il seme sotto la neve, porta con se tutta la potenza di ciò che deve ancora essere espresso. In Medicina Tradizionale Cinese la primavera in realtà inizia a febbraio, mese nel quale si fanno riti di purif icazione per il fegato, il suo organo di riferimento. Alcune tendenze della scienza embriologica odierna ritengono che un preciso spermatozoo venga richiamato magneticamente dall’ovulo mentre sta salendo lungo la tuba. La testa dello spermatozoo entra nell’ovulo, i due si uniscono e per un paio d’ore ogni movimento si ferma. La prima cellula è creata nello spazio, questo momento e questo spazio corporeo che rimarrà con noi per tutta la vita hanno una qualità di quiete intensa, di silenzio. Non è assenza di qualcosa ma energia pura, preparazione al movimento. Tutto si sta preparando, sta raccogliendo luminosità e potenza, per esprimere poi il movimento della vita. Così possiamo leggere la preparazione alla primavera e anche il lavoro interno della nostra pratica, il Chi Kung. Quella parte nascosta, quasi invisibile eppure indispensabile affinché il Tai Chi possa prendere forma. 2 Per noi amici del CRT è un mese ricco di eventi, breve e concentrato. Come potrete vedere dal calendario, ogni week-end ci vedrà impegnati: da Venezia a Napoli a Brescia, passando per Milano. Ma l’appuntamento sicuramente per noi più importante e che aspettiamo con gioia è quello che si terrà a Venezia il 16 febbraio: il III Memorial dedicato a Daniele. Questo giorno speciale ci vedrà uniti nella pratica, indipendentemente dalla scuola di appartenenza, per ricordare e onorare la memoria non solo di un nostro compagno, ma soprattutto di un grande amico. La nostra pratica ci porta a percorrere una Via. Non ha importanza quanto sia lunga e quali siano le sue soste obbligate. Incontreremo tanti compagni di viaggio, con alcuni ne percorreremo un tratto, con altri forse tutto il percorso, ma una cosa è certa, coloro che continuano è perché sono animati dalla stessa sete di ricerca e da qualcosa che è impossibile esprimere con parole. Come disse Lao Tzu “Come possiamo descrivere l’inesprimibile?” Intanto tante altre idee stanno maturando e stanno prendendo potenza... nel frattempo, buona lettura e buona pratica! La damina di seta - FRANCO MESCOLA Lo spazio dove l'anziana signora praticava è un fazzoletto erboso di pochi metri circondato da alberi frondosi che si ergono come colonne. Una sorta di cupola protettrice. Cespugli d'alloro contornano la base della circonferenza creando così un piccolo padiglione naturale. In quella gabbia silenziosa e profumata, prima del sorgere del sole l'anziana signora, una damina vestita di seta azzurra, praticava il suo Tai Chi. Scoprii per caso la sua presenza e da allora non ho più potuto smettere di andare, non visto, a contemplarla e deliziarmi delle sue movenze semplici, naturali e allo stesso tempo, solenni. Devo sempre girare attorno la gabbia silenziosa prima di scorgerla. Potrebbe avere più di cent'anni; minuta, di piccola statura con i capelli bianchissimi raccolti sulla nuca. Una mattina la damina attraversò lo spazio erboso dove, assieme ad altri praticanti, usavo esercitarmi. Era la prima volta che la vedevo fuori dalla gabbia silenziosa. Procedeva lenta, con piccoli passi incerti, un po' curva e appoggiata ad un bastone. Mi meravigliai non poco. Come può, pensai, un esserino che cammina a fatica trasformarsi ed esprimere la sua arte con tanta grazia ed eleganza? Mi fermai ed abbozzai un leggero inchino al quale, mi parve, ella rispose con un accenno di sorriso. Forse, pensai, sa che la spio. A volte la damina di seta medita, ferma ad occhi chiusi nella posizione del palo eretto. Quando inizia la forma sembra che la sua piccola anima si risvegli e la gabbia silenziosa è come invasa da musica delicata ed irreale di una dolcezza indescrivibile. Man mano che il giorno si sostituisce alla notte e riprende il suo potere i suoi gesti si addolciscono guadagnando in ampiezza fino a che la gabbia silenziosa sembra vibrare tutta di quella risonanza fatata. A volte i gesti si rimpiccioliscono fino a divenire una sottile pulsazione. Ma ampi o contenuti i suoi moti si mantengono sempre penetranti e misteriosi. Quel miracolo si rinnova ogni mattino e smette solo quando le campane del vicino tempio annunciano la nona ora. Il fluire del suo movimento è come un canto d'amore. Amore vago per qualche cosa d'invisibile e sconosciuto. Sembra impossibile che ella abbia potuto incontrare durante la sua lunga vita qualcosa di spiacevole o di negativo. Anche i suoi antenati per molte generazioni devono aver ignorato le paure della notte e 3 devono essere stati inconsapevoli del signif icato amoroso dei loro stessi gesti. Lei esprime la natura della razza come veniva espressa miriadi di anni fa, naturalmente s'è staccata dai gesti imbrigliati della scuola dove ha appreso il suo Tai Chi: si esprime libera come se conoscesse perfettamente il signif icato di quei gesti non appresi che la muovono e commuovono. Gesti che nessuno può insegnare. È un moto che proviene dalla memoria organica. La memoria profonda e oscura, che appartiene a milioni di vite o, ancora prima, al vuoto senza fine del cielo anteriore. La piccola donna ha accettato e dimenticato tutte le morti che l'hanno preceduta. Ricorda solo l'amore. Il suo desiderio piange la polvere del passato e invoca il silenzio degli Dei per il ritorno del tempo. Gli amanti umani, senza saperlo, fanno la stessa cosa. Il ventinovesimo giorno dell'undicesimo mese, giorno del mio compleanno, mentre praticavo avvertii una sensazione non gradita. I miei gesti erano grevi, esterni. Troppo pensati. Mi allontanai dal gruppo e mi diressi verso la gabbia silenziosa. Girai più volte attorno ad essa senza riuscire a scorgere la damina di seta. Un mio allievo si avvicinò e sussurrò: “Franco, il guardiano del parco ci ha detto che la piccola signora non c'è più...è morta...” Ora la gabbia silenziosa è fredda, la danza fatata è cessata. Lo spegnersi di quella piccola vita mi turbò più di quanto ritenessi possibile. Alcune abitudini possono creare un attaccamento di cui si è coscienti solo quando il rapporto s'interrompe. Il fascino della damina di seta e dei suoi gesti mi accompagneranno per sempre per ricordarmi che l'atomo di vita che era dentro di lei e l'atomo di vita dentro di me così come in tutti gli esseri viventi, sono nell'infinito universo di energia, una sola cosa. Altri racconti di FRANCO MESCOLA sul sito: http://tusitaladallacittadacqua.wordpress.com 4 ascoltare se stesso e gli altri Rif lessioni sulla natura del Tui Shou. Un lavoro a due per imparare ad ascoltare il flusso del chi - FRANCO MESCOLA Alcuni praticanti di Tai Chi Chuan, in particolare i principianti, in nome di una presunta natura pacif ica, preferiscono non studiare la spinta delle mani. Si sente spesso dire: «non amo la competizione..», «non sono aggressivo/a...». Questo atteggiamento a volte nasconde la paura di non riuscire a controllarsi. Sono queste le persone che più avrebbero bisogno di esercitarsi nella spinta delle mani, perché attraverso questa pratica hanno modo di conoscere la propria aggressività, accettarla ed estendere la capacità di gestirla anche nel vivere sociale. L'aggressività, spesso demonizzata e repressa in alcune culture, è parte inscindibile della nostra personalità. È la scintilla della giusta ira, la potenza che affiora quando la vita è in pericolo. Accettandola ci si rende più liberi, esprimendola in modo controllato attraverso la ritualizzazione di alcune pratiche si eliminano tensioni e angosce che spesso conducono allo stress. La spinta delle mani contiene un insegnamento profondo e 5 aiuta ad armonizzare il corpo con la mente e lo spirito. Diverse arti marziali utilizzano la spinta con le mani per sperimentare e migliorare le tecniche, elaborare strategie, aumentarne la sensibilità e diminuire il tempo di reazione, prevenire e rispondere in maniera appropriata ad attacchi o situazioni di pericolo provenienti dall'ambiente esterno. Molti sono i termini per definire il tui shou: "mani appiccicose, mani che aspirano, che disperdono, ... che si oppongono... L'allenamento della spinta delle mani mette in evidenza le caratteristiche proprie dell'arte marziale che le ha concepite. Nel judo per esempio, esiste l'abilità nell'effettuare la presa più vantaggiosa possibile sul judogi e agli arti dell'avversario; così come esiste nella boxe occidentale un lavoro con le mani e con le braccia per districarsi, tenere, seguire e bloccare. Ogni scuola di Tai Chi Chuan ha sviluppato un sistema che rif lette le caratteristiche delle forme di base: quelle più morbide pongono l'accento sulla cedevolezza e la fluidità, le altre privilegiano tecniche più potenti, caratteristica questa che viene, in genere, preferita dai principianti. Alcuni metodi utilizzano cerchi a largo raggio difensivo e usano, di conseguenza, posizioni relativamente larghe e basse. Altre scuole utilizzano cerchi più piccoli e adottano posizioni raccolte; lo stile Chen appartiene alla prima categoria, lo stile Wu alla seconda. Queste classif icazioni non sono assolute: pur appartenendo alla stessa scuola, maestri diversi manifestano la propria arte in modo personale. Man mano che le tecniche vengono assimilate e interiorizzate si trasformano e diventano sempre meno visibili. Maestri anziani oppongono ad avversari che adottano posizioni basse e tecniche potenti, posture ridotte e movimenti talmente piccoli che sembrano sfidare te leggi fisiche. 6 Chiunque può praticare e in qualsiasi tenuta e in qualunque luogo La spinta delle mani dovrebbe essere studiata ogni giorno dopo aver eseguito la sequenza e in ogni altro possibile momento. In mancanza di un partner può essere praticata da soli, immaginando un avversario ed elaborando risposte a diverse situazioni di lotta. Procedendo nella ricerca e approfondendo la comprensione, le forme vengono via via trascese. Dai principi fondamentali che sostengono questa pratica emergono moti spontanei e nuove espressioni sempre diverse perché libere da schemi, eppure sempre uguali perché conformi ai principi del Tai Chi che sono universali. I movimenti sono determinati dall'armonizzazione del corpo con l'energia vitale che, modulata e influenzata da un pericolo esterno, reagisce per difendere la propria integrità e continuare a esistere nel corpo che la ospita. Questo, per me, è un buon modo per arrivare a capire come unire l'esterno con l'interno. Dovremmo praticare con tutti: esperti o principianti, donne o uomini, Vecchi e giovani. I bambini sono ottimi maestri perché possiedono quella naturalezza che noi adulti, inevitabilmente furbi, abbiamo perso. Senza la pratica delle spinte delle mani, il Tai Chi Chuan rimane solo un modo elegante per muovere l'aria. Non è azzardato dire che, se non si esplorano le spinte delle mani, non si arriverà mai a capire l'arte nella sua completezza. Sarebbe come imbracciare una chitarra, mettere su una cassetta di musica eseguita da Segovia e illudersi di suonare come il maestro. A proposito... suonare come il maestro non basta. L'arte affiora spontaneamente quando si sarà dimenticata, nella musica, come suona il maestro e come usare lo strumento e, nel Tai Chi come si muove il maestro e come usare una tecnica. A ogni buon conto non si può negare che l'esercizio del Tai Chi, anche senza le implicazioni marziali, apporti benefici profondi per la salute e il benessere. 7 il tai chi e lo stare bene - ANTONIO PUGLIESE Per sapere se si sta bene bisogna prima imparare a sentirsi, cosa che si da per scontata ma che proprio non lo è. Sentire il proprio corpo, il proprio animo, le proprie emozioni, sapere quali sono i pensieri che ci stanno passando per la mente non sono qualità che si hanno in dote, e neanche ci viene insegnato a svilupparle a scuola. Inoltre il tipo di civiltà e i tempi in cui viviamo non partecipano di certo allo sviluppo di questa qualità; l’educazione che riceviamo anche dai media spinte dalle multinazionali, che ci vogliono bisognosi di un qualche cosa che non abbiamo, spacciandocelo per indispensabile, ci invita a partecipare, a loro favore, a un modo di vivere superficiale e consumistico. Non è che lo star bene sia una cosa che avviene una volta per tutte. Ha bisogno di una continua presenza e vigilanza, c’è il bisogno di accorgersi subito dell’eventuale cedimento dello stato di attenzione per poter di nuovo ritornare in posizione. Lo studio e la pratica dello stare bene porta ad alzare, per mezzo dell’attenzione, il livello medio del proprio stato d’essere, aumentando la presenza a sé stessi, ai propri pensieri e quindi a non accettare passivamente lo stato d’essere che questi ci inducono. Il momento ideale per cambiare è quando si è stufi di sè, quando si ha la nausea di sentire se stessi in uno stato di disagio e di insoddisfazione. Quando questa consapevolezza avviene e diventa costante è un momento eccezionale. Si cambia. Buchi nella continuità dello star bene sono dovuti alla cattiva abitudine assimilata, cioè allo stato di malessere al quale ci siamo precedentemente abituati. 8 Possiamo tranquillamente affermare che lo star male è frutto di distrazione. Non ci sono scuse. C’è un qualcosa di importante che va oltre i problemi che ci affliggono e ai dolori che abbiamo e che dobbiamo sopportare, e lo dico con tanto rispetto per quelli di ognuno. Ma c’è un punto lì in fondo, oltre, se riusciamo a fermare il tempo, ad essere presenti e ad aprire bene gli occhi mettendolo a fuoco ed espandendolo, che ci rivelerà, perfezionandosi nel tempo, il motivo per cui vivere. Ad ognuno il suo. Quando? Ora!!! Basta parole, basta pensieri inutili. Tirare su l’energia. Sgranare gli occhi, urlare, imprecare, a volte serve; dirsi “ ora ci sono!” sorridere, rompere la membrana mucolitica che ci avvolge e ci impedisce i movimenti del pensiero creativo, uscire dal bozzolo, e … fare attenzione, è solo l’inizio. Bisogna affinare l’obiettivo per avere sempre più valide motivazioni per agire. Altre battaglie seguiranno ma la tecnica la conosciamo non ci sono scuse, e se si sbaglia si rincomincia. Quando ci si accorge immediatamente di aver mollato bisogna rallegrarsi perché è un chiaro segno che l’inconscio è sorvegliato da un fido guardiano. Poi andrà tutto meglio. Quindi star bene signif ica sentirsi bene, mantenersi nel bene, lottare con se stessi per il bene, avere un motivo per stare bene. Per saperlo bisogna delle volte anche chiederselo, poichè ci si abitua allo stato del proprio essere. "Come sto?" e poi "Ma sono sincero con me stesso nella risposta che mi sono dato?” Poi al momento, senza andare tanto a indagare sul perché dello stato, promettendosi di affrontare l’argomento più avanti, ci si tira fuori da quel pantano e si vive la nuova meravigliosa realtà che si ha scelto di vivere e non quella che aveva scelto la nostra mente. Il Tai Chi e il Chi Kung possono aiutare, per quello che li caratterizza, l'ascolto. Movimenti lenti dove si ha tutto il tempo di sentirsi e vedersi, di riconoscere che il proprio corpo si muove con il pensiero, che conviene essere amici di se stessi e darsi in pasto ai buoni pensieri, quindi, per chi vuole, migliorarsi nella presenza e nel rapporto con sè e di conseguenza con gli altri. Praticare stando bene viene da sé, l’eseguire una forma armoniosamente e fluidamente può essere un motivo per cui praticare. Si può fingere di star bene come si può fingere di fare "il Tai Chi", non è una colpa, e a volte purtroppo qualcuno si accontenta. Quando sarà stufo… 9 tui shou Eros e improvvisazione - ANTONIO SCHIAVONE Il sudore mi gocciola addosso e tutt'intorno, non so più quale mi appartiene ma poco m'importa, il fiato è ora meno concitato di quando abbiamo cominciato, le braccia avvolgono, spingono, la pancia ruota, le gambe cedono al peso mio e quello del mio compagno con cui sto lottando da non so quanto tempo. Potrebbe essere un'ora o qualche minuto, la percezione del tempo si è dilatata, la mente viaggia ad altri ritmi rispetto a quelli quotidiani, dal quotidiano ho staccato la spina e il contatto è solo con lui/lei e il pavimento su cui cerco di ancorarmi. Il Tui Shou libero ti porta in questo stato di grazia e sofferenza in cui le percezioni, i sensi, si fanno più acuti, si riducono i tempi del pensare con la mente, il corpo pensa e reagisce come sa, come improvvisare una danza in cui non capisci più chi conduce e chi è condotto tanto è immediato il passaggio da uno all'altro, ma nello stesso tempo ogni minuto può durare un'eternità, frazionata da infiniti, microscopici movimenti, ritmi, respiri, dilatazioni e restringimenti non solo fisici. Nell'estasi però c'è una pena continua, l'inadeguatezza del momento, il sentirsi incapace a cedere ancora, la rigidità che affiora, la voglia di vincere che non riesci a domare. Questo è il prezzo che devi pagare per partecipare al gioco, devi rischiare le tue presunte capacità, devi accettare la perdita e come dice Franco rinnovare l'ignoranza; ma quanto ti costa. Nel Tui Shou c'è tutto questo: estasi e sofferenza si alternano, come il vuoto e il pieno, l'equilibrio e la sua mancanza, la tecnica e l'ignoranza. Ed è proprio questo che provoca tanto piacere e che lega la pratica del Tui Shou all'Eros. Eros come ricerca dell'unione degli opposti, come il Dio dell'Amore raccontato da Platone: durante la festa per la nascita di Afrodite, Penia la Dea della povertà, si accoppia con Pronos, il Dio che rappresenta l'espediente, cioè la capacità di ottenere ciò che manca, quello che desideri. Dalla loro unione nasce Eros, l'Amore, quell'Amore che Platone definisce su vari livelli, dall'amore per i corpi delle persone a quello delle loro anime, dall'amore per le arti a quello più elevato: quello per la bellezza in sé. 10 Per questa sua origine l'Amore è tensione tra una mancanza, il desiderio di colmarla e la capacità di poterlo fare. Nel Tui Shou il corpo improvvisa e cerca nel legame con l'altro un respiro comune, un ritmo che riunisca i corpi in un'unico movimento continuo, dimenticando se stessi. Tutto questo ha bisogno di una tensione che nasce da un'esigenza, da una mancanza, un vuoto, proprio come Eros. Un'esigenza che forse non sai bene cos'è; forse verif icare le tecniche, le ore di allenamento solitarie, il rilassamento e la forza, il desiderio di guardare la tua aggressività che si manifesta, l'equilibrio che si alterna. Questa tensione si alimenta di due aspetti principali: l'ascolto e la tecnica. L'ascolto di sé e dell'altro attraverso tutti i sensi dilatati dal contatto continuo e ravvicinato delle mani che sentono e del corpo che respira con l'altro. La tecnica qui si evidenzia nelle sue capacità di modif icare il corpo e i suoi movimenti, così da poterla poi dimenticare durante la pratica, per lasciare improvvisare al corpo quello che è necessario in quel momento. La magia del Tui Shou libero è una parte, un aspetto del Tai Chi, non lo esaudisce di certo, ma dà un'espressione particolare alla sua pratica. Con chi hai praticato il Tui Shou attivi un canale speciale, come conoscere qualcuno da un lato nascosto, o perlomeno più intimo, è una conoscenza passata attraverso i sensi dilatati dalla pratica. Una conoscenza non più mediata da come vorremmo apparire, ma verif icata da come siamo realmente in quel momento, quando è il corpo che si esprime in libertà. Durante la pratica del Tui Shou non ci può essere menzogna, forza si, qualche trucco pure, ma l'altro sa che li hai usati, e se non lo sa tu ne sei comunque cosciente, ma mentire a se stessi non è menzogna ma codardia o comunque altro. Quando finiamo abbiamo bisogno di riprendere un ritmo più lento, dobbiamo rientrare nella dimensione quotidiana. Come dopo una lunga meditazione è necessario muovere il corpo, dopo il Tui Shou la necessità è di calmare lo spirito guerriero che si è manifestato e non c'è niente di meglio che ripetere la forma, lentamente, con il proprio compagno. 11 Il rapporto con gli allievi - RITA VIANELLO Veramente molte sarebbero le osservazioni, le esperienze, le soddisfazioni e anche, diciamolo pure, le difficoltà incontrate nel corso di quello che ormai si avvia a diventare il mio primo decennio di insegnamento di questa affascinante disciplina. Per semplif icare tra tutte le cose che ci sarebbero da raccontare vorrei dedicarmi a quello che per me è uno degli aspetti più delicati dell’insegnamento e cioè il rapporto tra istruttore e allievi, prima però desidero raccontare come sono giunta alla pratica della nostra Arte con la speranza di non tediare troppo chi affronterà questo mio, spero non troppo lungo, personale monologo. L’insegnamento del Tai Chi non è la mia prima esperienza come istruttore avendo iniziato già a vent’anni a tenere dei corsi di danza per adulti e di propedeutica per i bambini presso la scuola di danza dove studiavo a mia volta. Abbandonato quello che considero come il mio primo grande amore, a causa di problemi ai piedi sono approdata quasi per caso in una palestra di karate, scoprendo che mi divertivo assai di più e vivendo in un contesto in cui la competitività, diversamente dal mondo del balletto, veniva espressa liberamente negli allenamenti e ancor più nelle gare. Mentre tra ballerini la competizione è strisciante, e i giudizi sono talvolta soggettivi e basati su simpatie e sull’aspetto fisico che non sempre fanno emergere colui che è maggiormente dotato e portano di conseguenza una rete di invidie sotterranee, nella pratica del karate questa dimensione è istantaneamente scomparsa. In una gara possono entrare in gioco la sfortuna o l’emotività, ma poi il migliore, semplicemente, vince. E così, liberata da quell’unico aspetto per me detestabile della danza, sono entrata in una nuova dimensione: il mondo delle arti marziali. In questa mia nuova palestra col tempo mi è stato affidato il compito di condurre il riscaldamento prima della lezione vera e propria. E’ in questa occasione che per la prima volta mi sono resa conto che in quanto donna non sempre ero accettata da alcuni atleti maschi, quasi sempre dei nuovi arrivati, che tendevano a entrare in competizione con me e a non voler dimostrare una qualsiasi inferiorità nella preparazione atletica. Il tutto sotto lo sguardo più che divertito dei miei insegnanti. Per il resto, problemi legati a forme di maschilismo non ne ho mai incontrati a differenza di quanto raccontato dalle esperienze 12 di molte altre donne. Anzi, i ragazzi si divertivano ed erano molto disponibili ad allenarsi con noi prima delle gare femminili perché questo ci permetteva di sviluppare le tecniche con più forza. All’incirca nello stesso periodo ho avviato dei corsi di ginnastica per signore, attività che mi permetteva di guadagnare qualcosa divertendomi durante gli anni dell’università. A un certo momento però ho dovuto smettere: un intervento a una gamba prima e la chiusura della mia palestra abituale poi, hanno fatto arrestare per mesi la mia attività fisica. Purtroppo per me, l’intervento all’epoca ha richiesto una convalescenza ben più lunga di quanto inizialmente previsto dai medici e tornare a camminare normalmente, per non parlare di riprendere a praticare dello sport, si è rivelata un’impresa impegnativa. E' in questa fase della mia vita che per caso un’amica mi suggerisce di provare qualche lezione di Tai Chi, da farsi come attività dolce e finalizzata al completo recupero della mobilità. E così me ne sono andata a provare una lezione di una cosa di cui avevo qualche volta sentito parlare e della quale avevo solo una vaga idea su cosa aspettarmi. E infatti, complice un’infelice istruttore, non mi piacque affatto! Per me si rivelò un’esperienza decisamente noiosa. Considerando la mia esperienza col Tai Chi definitivamente chiusa e sepolta, intrapresi una frenetica ricerca di un nuovo corso di karate. Nel frattempo la mia solita amica, appassionata di Tai Chi ed ex praticante di karate a sua volta, inizia a frequentare un corso di Tai Chi con il Consiglio di Quartiere di Venezia e mi convince a provare un’ulteriore lezione di questa cosa strana. Correva, come si suol dire, l’anno 2000 e il nuovo millennio mi portò per regalo una rivelazione: il Tai Chi è bello, fa sentire bene, rilassa pure! Provare con un diverso istruttore mi ha fatto capire quanto importante è l’approccio iniziale di un allievo nei confronti di una nuova e sconosciuta disciplina dal momento che la prima impressione che se ne riceve dipende tutta da ciò che ci comunica e da colui che la deve trasmettere. Ricordo ancora il clima sereno, l’accoglienza aperta e sincera verso ogni nuovo partecipante al corso, la pazienza e il sorriso con cui ci si mostrava per la millesima volta quel banalissimo e allo stesso tempo quasi impossibile e irraggiungibile gesto. E fu amore! Contrariamente alla mia prima sfortunata esperienza, questa volta era accaduto tutto il contrario: ne ero totalmente entusiasta. In più avevo notato che anche i miei dolori di schiena, secondo i medici causati dagli allenamenti di karate, si alleviavano. L’artefice di questo mio cambio repentino di gusti e opinioni in materia di Tai Chi si chiamava Daniele Minio. Ero capitata per caso nel corso di uno degli allievi più dotati e preparati del M° Mescola. Da Daniele e dal suo esempio ho iniziato a capire cosa fosse il Tai Chi in palestra e nella vita e a scoprire quella dimensione più profonda ed elevata che mi era sempre mancata nella pratica prettamente sportiva del karate. Dopo alcuni bellissimi anni, quasi ci fosse una maledizione, anche il corso di Daniele Minio, come già la palestra di karate, chiude a Venezia e si trasferisce a Mestre. Che fare? Quasi quasi, mi dico, provo ad iscrivermi a S. Elena ai corsi del M° Mescola anche se all’epoca mi intimidiva solo l’idea. Vinco la mia titubanza e inizio la mia nuova fase di pratica. Mi iscrivo. Vengo inserita nel corso di un’altra persona speciale a cui ancora oggi mi sento legata da stima e amicizia: Aiko Mescola. Credo sia grazie a lei se oggi sono diventata istruttrice a mia volta, alla sua fiducia in me che mi ha permesso di fare i primi passi nell’insegnamento sostituendola in caso di necessità nelle lezioni. Grazie a lei ho capito che insegnare il Tai Chi mi piaceva e mi decisi a intraprendere il corso istruttori. In parallelo alla frequenza del secondo anno del corso istruttori ho avviato il richiesto periodo di tirocinio, svolto sempre assieme a Aiko, il quale si è rivelato un’esperienza 13 fondamentale e decisamente formativa, esperienza che, secondo il mio personale parere, tutti gli aspiranti istruttori dovrebbero svolgere. Prima di avere la responsabilità di un corso tutto mio, ho mosso i primi passi affidandomi ai consigli e ai suggerimenti della mia tutor per oltre un anno, e facendo esperienza dei diversi contesti e dei diversi gruppi di praticanti: i corsi mattutini per signore, quelli del pomeriggio e della sera con gruppi maggiormente eterogenei, quelli di soli principianti, l’affollato Tai Chi nei Parchi. Sono state tutte esperienze utilissime per capire “come” insegnare. Partendo dalla convinzione che la capacità di trasmettere agli altri è in generale un’attitudine personale, una capacità distintiva e innata del carattere di un individuo che si può più o meno possedere, nulla toglie che tale predisposizione si possa anche coltivare e sviluppare. Perché l’insegnamento non è apprendere a memoria una sequenza per poi trasmetterla meccanicamente come qualche volta mi è capitato di osservare, magari facendo sfoggio della propria erudizione e autocompiacendosi di ciò. Secondo me l’insegnamento è accompagnare per mano l’allievo mentre compie i suoi primi impacciati passi nella pratica, sostenerlo quando si sente goffo e aiutarlo a migliorare a poco a poco, facendogli acquisire fiducia nelle sue capacità, e soprattutto dosando le informazioni sulla base di ciò che la persona che ci sta davanti è in grado di ricevere. Come già affermato, trovo inutile fare sfoggio di tutto il nostro repertorio nozionistico riversandolo su un’inerme principiante - il quale, ricordiamolo, iscrivendosi dichiara anche la sua fiducia nelle nostre capacità – che cinque minuti dopo il termine della lezione non ricorderà quasi nulla, ma forse avrà guadagnato un certo mal di testa. Personalmente, quando insegno a dei principianti, o un qualcosa di nuovo a una classe più o meno avanzata, preferisco partire da un concetto di base ed estremamente semplice, per svilupparlo in seguito arricchendolo di sempre nuovi particolari. In questo modo generalmente tutti riescono a seguire almeno in parte l’esercizio e se ne tornano a casa senza quel senso di frustrazione dato dal prendere coscienza della propria incapacità e dei propri limiti. E’ un concetto quest’ultimo che io applico prevalentemente al principiante, in quanto presumo che un praticante avanzato di Tai Chi dovrebbe possedere la maturità per affrontare, e superare quando possibile, quelli che sono i limiti di ognuno, fisici o mentali che siano. Probabilmente è questo uno dei fattori a cui presto maggiore attenzione dato che io stessa per prima, di fronte a tutto ciò che è nuovo, tendo a muovermi su una base di insicurezza dovuta alla strisciante paura di non riuscire bene, o ancora, di non essere sufficientemente capace. Ma ne sono cosciente e mi sforzo di mitigare questo aspetto della mia personalità anche se l’emotività spesso ha ancora la meglio. Allo stesso tempo il timore di non essere sufficientemente brava, questa sorta di “ansia da prestazione”, è stata nel corso dei miei primi anni di insegnamento lo sprone a impegnarmi e a dare il meglio delle mie capacità e credo pertanto che entro certi limiti non sia un qualcosa da considerarsi esclusivamente in negativo, ma può bensì venire incanalata come forza positiva (del resto noi praticanti di Tai Chi conosciamo un certo Yin e Yang…). 14 In questi anni di insegnamento, ho incontrato molte personalità diverse tra gli allievi, e ho cercato di far sentire a proprio agio chiunque anche se talvolta non è sempre facile che un corso si amalgami bene. Tai Chi Qualche volta il rapporto con l’allievo maschio può rivelarsi problematico, specie se questi proviene da precedenti esperienze nelle discipline marziali cosiddette “esterne”. In questi ultimi anni sto portando avanti quello che è nato all’inizio come un esperimento: si tratta di un corso di Tai Chi tenuto assieme all’insegnante Marco Panfilo, scelta che è stata dettata da problemi legati agli impegni personali di entrambi e soluzione che ci permette di gestire il corso senza dover mai sospendere nessuna lezione. Durante questo che possiamo definire “corso sperimentale”, ho potuto osservare che molti dei nuovi arrivati maschi, scelgono istintivamente Marco come figura di riferimento già dal primo ingresso in palestra. Per me questo non è vissuto come un problema e non va a intaccare la nostra collaborazione dato che credo sia da ricondurre al nostro contesto culturale, contesto culturale in cui tutti noi siamo cresciuti, ci siamo formati come individui e viviamo tutt’ora in maniera più o meno consapevole. Di conseguenza, non si può pretendere di trasformare all’improvviso la mentalità della gente, essendo questi dei meccanismi complessi e che richiedono dei tempi lunghi per essere assimilati a pieno e vissuti in seguito come normali. Per quanto riguarda il mio ruolo di istruttrice, ho notato che a me si rivolgono preferibilmente quelle persone bisognose di rassicurazioni e che talvolta non si trovano a proprio agio con i modi più diretti di Marco. Questo tra Marco e me è un esperimento che si è rivelato per essere positivo: riusciamo a garantire sempre le lezioni, possiamo dividere il corso in più livelli a seconda delle necessità del momento e seguire in tal modo dal principiante assoluto all’allievo più avanzato. Si nota sovente negli allievi più avanzati, ma non solo, una certa, come dire, “smania” di ricoprire il ruolo di istruttore, che si accompagna alla fretta nell’intraprendere questo compito. Il ruolo di istruttore di Tai Chi, ma il concetto si può estendere a tutte le discipline, è un compito che dà grandi soddisfazioni e anche gratif icazioni, ma è allo stesso tempo assai gravoso, in quanto richiede costanza, dedizione, equilibrio. Quando si arriva in palestra bisogna lasciare fuori della porta i propri problemi e i propri impegni per dedicarsi serenamente agli altri. Talvolta ci si ritrova ad essere un po’ psicologi, altre volte una sorta di medico o di fisioterapista, altre ancora si diventa depositari dei problemi altrui perché non è raro che le persone che si avvicinano al Tai Chi ricerchino non solo la forma fisica, ma un benessere più profondo e completo. Durante i miei primi anni come istruttrice, lo ammetto senza vergogna, era faticoso trovare una dimensione in cui collocarmi, volevo essere me stessa, fare del mio meglio, ma non portarmi a casa le ansie e le preoccupazioni altrui, e tantomeno fingere di avere risposte che non possiedo. E' solo in questi ultimi anni che mi sento veramente sicura nell’insegnamento, ora che ho affrontato un percorso che mi ha portata a conoscere in maniera più approfondita ciò che mi riprometto di insegnare a mia volta agli altri, ora che conosco le applicazioni delle forme e posso dare un senso e un’interpretazione al singolo gesto. Probabilmente a molti di coloro che hanno ancora la forza di continuare a leggere questa sorta di fiume interiore che è da considerarsi nient’altro se non un piccolo pensiero individuale, potrò forse apparire troppo esigente, ma fare l’insegnante non è solo ricevere le gratif icazioni date dal ruolo gerarchico che si ricopre, dai rapporti di amicizia che spesso si instaurano, bensì sono giunta alla ferma convinzione che è necessario utilizzare una speciale alchimia, un amalgama fatto di sensibilità, di responsabilità e soprattutto di seria preparazione. 15 passeggera del silenzio Rif lessioni sul libro di Fabienne Verdier - NATALIA RADICE “Nel mese di giugno scorso ho partecipato al seminario di calligrafia cinese e Tai Chi Chuan, tenuto dai maestri Ning Wang e Franco Mescola presso la Bottega del Tintoretto a Venezia. In quell’occasione Marzia Bianchi ci ha segnalato un libro, Passeggera del silenzio, che ho letto appena rientrata a casa, trovandolo bellissimo. A lei va il mio ringraziamento”. Questo libro è autobiografico. Nel 1983 Fabienne, ventenne francese, studentessa di pittura, carattere libero e ribelle, riesce ad ottenere il permesso di partire per la Cina con una borsa di studio. La Cina di quell’epoca è ancora un paese totalmente chiuso agli stranieri. L’ambasciata francese vorrebbe che Fabienne restasse a Pechino o Shanghai, ma Fabienne vuole frequentare i suoi corsi nel Sichuan, una provincia remota, dove nessuno potrebbe garantire la sua incolumità. Giunta dopo un viaggio di sei giorni a Chongqing, una brutta e inquinatissima città industriale del Sichuan, entra 16 all’accademia di belle arti, ufficialmente per frequentarne i corsi. In realtà Fabienne ha segretamente intenzione di studiare l’arte tradizionale cinese e, in particolare, l’antica arte della calligrafia. Incontra da subito l’ostilità dei professori dell’accademia e dei quadri di partito, che la osservano e la spiano continuamente, ma la sua tenacia la porta a imparare il cinese, a conoscere gli studenti e diventare loro amica, finché riesce ad ottenere l’indirizzo di due maestri calligrafi. Fabienne diventa l’allieva di uno di loro e vivrà un vero e lungo percorso iniziatico, durante il quale il maestro le insegnerà non solo a dipingere gli antichi ideogrammi, ma a comprendere il profondo legame tra la calligrafia e le altre finissime arti cinesi, la filosofia taoista e, soprattutto, il rapporto dei cinesi con la natura, il loro concetto di arte e di armonia. Fabienne scopre che in Cina gli artisti non sono liberi di esprimersi, devono rispettare i canoni artistici imposti dal regime. La calligrafia, come altre antiche arti, è stata bandita in quanto considerata arte degenerata e i maestri vivono poveramente, non possono insegnare e alcuni di loro hanno subìto torture e l’amputazione della mano destra. La ragazza, dopo sei anni, durante gli scontri di piazza Tienanmen, è costretta ad abbandonare il paese, ma tornerà pochi mesi più tardi, con un incarico ufficiale del ministero degli esteri francese, per promuovere gli scambi culturali tra i due paesi e la riabilitazione degli artisti dissidenti. 17 E’ impressionante la distruzione che la rivoluzione maoista ha perpetrato nei confronti di una cultura plurimillenaria. Molto è andato perduto per ragioni ideologiche e molto si sta oggi perdendo perché la Cina contemporanea è interessata solo ad arricchirsi materialmente. Questo mi è stato confermato anche dal maestro calligrafo e incisore di sigilli cinese, da molti anni residente in Germania, Wang Ning. Torna raramente in Cina, dove la sua arte suscita spesso derisione e ilarità. Fortunatamente gli antichi saperi vengono mantenuti in vita da anime delicate e tenaci, poetiche e profonde come quella di Fabienne Verdier. "Passeggera del silenzio" Fabienne Verdier - edizioni TEA la pratica LA SEQUENZA PRIMARIA Regolare il respiro Dopo aver eseguito alcuni esercizi di riscaldamento per il Chi Kung, restate in piedi nella posizione eretta e chiudete gli occhi. Portate l'attenzione al perineo e rilassatelo. Portate l'attenzione al terzo occhio, pensando di aprirlo. Portate la mente e i sensi all'interno del corpo e quindi al Tan Tien. Calmate la mente e rilassate sempre più il corpo. Regolate il respiro: per il benessere e il rilassamento utilizzate la respirazione addominale o postnatale, per il benessere e il Tai Chi Chuan quella inversa o prenatale. Quando respirate la parte inferiore del corpo respira con voi. Quando inspirate, nella respirazione prenatale, tirate il perineo e l'ano verso il Tan Tien. Quando espirate l'addome si espande e si rilassa assieme al perineo e l'ano. Procedete al contrario per la respirazione prenatale. Non utilizzate la forza, ma il pensiero. NON CONTRAETE L'HUI YIN. Una tensione in questa cavità blocca la circolazione del "Chi". La punta della lingua deve toccare il palato superiore per connettere i canali Du mai e Ren Mai (vaso governatore e vaso di concezione). Abbracciare il tan tien La funzione di quest'esercizio, come quella d'altre posizioni statiche che intervallano la sequenza, é quella di "sentire la forza" (Shi Li). Queste posizioni sono utilizzate nell'arte interna del Da Cheng Chuan (Y Chuan) con lo stesso proposito. Sistemate le braccia davanti al vostro Tan Tien come per proteggerlo o come per sostenere una sfera. La posizione tenuta per tre, cinque, dieci o più minuti consente di percepire e ascoltare l'energia vitale, riconoscerne la qualità e registrare le sensazioni che ne derivano. Bisogna rilassare il corpo, intervenendo con la mente, per ovviare all'inevitabile irrigidimento generato da una posizione statica tenuta per lungo tempo. Concentrandosi e ascoltando il fluire del "Chi", emergono emozioni che cementano nella memoria del corpo le nozioni derivate dalla pratica. 18 Pulire il corpo Si disegnano di fronte al proprio corpo dei grandi cerchi dall'interno all'esterno. Il movimento, guidato dall'intenzione, parte dall'interno verso l'esterno, dal ventre alle mani. L'immagine che conviene creare è quella di allontanare dal proprio corpo, utilizzando il movimento, non solo l'energia stagnante e l'aria nociva, ma anche le emozioni negative e i pensieri egoistici che bloccano lo sviluppo armonico dell'essere. Ripetete 8 volte. Travasare il chi nel tan tien Descrivete dei cerchi con le braccia di fronte al corpo. Il movimento è dall'esterno verso l'interno (contrario al precedente). Dopo aver allontanato l'energia perniciosa e le emozioni negative si usa il gesto e il pensiero per far entrare (travasare) l'energia del cielo attraverso la sommità del capo (Bay Hui). La si guiderà, molto lentamente, lungo il corpo attraverso la testa, il torace, l'addome, le gambe e i piedi fino a circa un metro sotto terra. Immaginate che il Chi del cielo nella sua discesa illumini gli organi interni e i visceri. Visualizzateli mentre rif lettono la luce e sorridete. Ripetete il movimento Ripetere per 8 volte. 19 Sostenere la giara L'esercizio ha la stessa funzione dell'esercizio numero due (abbracciare e proteggere il Tan Tien), solo che le mani vanno tenute all'altezza delle spalle formando un cerchio. Siccome le braccia vanno tenute estese, per sostenere il loro peso i muscoli e i nervi si affaticano e si tendono generando "Chi" che si percepirà sotto forma di calore. Anche i muscoli e i nervi delle gambe e della schiena sono sottoposti a tensione e generano energia. Poiché quest'energia non è generata nel Tan Tien è definita "Chi locale". Alla fine abbassate le mani molto lentamente. Il "Chi", trattenuto fino a quel momento, fluirà abbondantemente dalle spalle alle mani e alla punta delle dita. "Sostenere la giara" é considerato un esercizio Yin perché il corpo é fermo e l'energia è trattenuta e conservata all'interno. Oltre ad aumentare il "Chi" nelle spalle e nelle braccia l'esercizio migliorerà la circolazione nella colonna vertebrale condizione questa che riveste per la pratica del Tai Chi Chuan e per l'equilibrio energetico generale, una particolare importanza. La sinistra e la destra spingono le montagne Dopo aver pulito il corpo e la mente ed aver assorbito il Chi del cielo si inizia a costruire il Chi interno e ad usarlo ricorrendo ad un'immagine esterna. Il movimento guidato dall'intenzione (yi) parte dal ventre, le mani salgono fino all'altezza della gola, qui si separano e puntano lateralmente con i palmi rivolti verso terra. Quando le braccia sono quasi del tutto estese si raddrizzano le mani e si flettono i polsi come per spingere un grande peso. Naturalmente sarà l'idea, l'immagine, che farà scorrere il Chi e non la forza muscolare. L'esercizio può essere utilizzato come una sorta di training autogeno. Rif iutate di essere limitati dalla paura del passato e del futuro. Immaginate di allontanare con la mano destra i ricordi del passato e con la mano sinistra le ansie e i timori per ciò che verrà. Possiamo scegliere di avere esperienza del presente come del solo tempo che esiste e vivere nella realtà del qui ed ora. Concedetevi quell'attimo ed espandetelo per vivere ed apprezzare in pace il momento presente. Ripetete per 8 volte. 20 Aggiustare i polsi e spingere con le mani. Questo esercizio è molto simile a quello precedente. L'unica differenza è che le mani spingono verso avanti. Ripetere per 8 volte. Sostenere il cielo in movimento Questo esercizio è molto simile a quello precedente. L'unica differenza è che le mani spingono verso l'alto. Ripetere per 8 volte. 21 Tenere il bambino a destra e a sinistra Le braccia vanno tenute come per sostenere un piccolo bambino. Il peso va tenuto sulla gamba destra quando lo sguardo e le braccia sono rivolte a sinistra e viceversa. Quest'esercizio ha la funzione di far percepire la forza vitale, ovvero il Chi. La sinistra e la destra aprono le montagne Il movimento va eseguito con un solo braccio e alternativamente, mentre l'altro indica, con le dita, il Tan Tien. Partire con le dita delle due mani rivolte al baricentro e, senza muoversi, visualizzare un vortice o una sfera rotante al centro del ventre; darle poi la forma di un otto. Ampliare questo andamento sino a coinvolgere le braccia e iniziare a muoversi per facilitare percorso. Alimentare il fluire con una forte intenzione e utilizzarla quindi per estendere ulteriormente disegno dell'otto sino a staccare le braccia alternativamente (una resta sempre ad indicare il Tan Tien). Il percorso è quello che potrebbe essere adottato, come dice nome stesso dell'esercizio, per "aprire" le montagne, ovvero spostare verso destra la montagna di destra e verso sinistra la montagna di sinistra. Il disegno di questo grande otto finale parte dal Tan Tien e, guidato dalla mente, sale obliquamente verso una spalla, entra nel gomito, e ritorna al Tan Tien attraverso la mano appoggiata al centro del ventre, quindi risale obliquamente per entrare nell'altra spalla e arrivare alla mano che, guidata dall'intenzione, si stacca dal corpo per descrivere una circonferenza molto ampia che porterà la mano sino alle reni. 22 Il guerriero Infilare le mani verso l'alto, all'altezza della gola la mano destra fa una parata alta frontale, mentre la sinistra una parata bassa, il corpo è in direzione della mano che si alza. Le anche chiuse verso parata alta. La testa guarda in avanti. Lo stato d'animo è rilassato, consapevole e vigile come è l'atteggiamento di un guerriero in una stato di pericolo consapevole. Il grande orso nuota nell'acqua I movimenti delle braccia, molto ampi, disegnano dei cerchi paralleli al terreno, partendo dai lombi e seguendo, nella fase iniziale, il percorso del meridiano della cintura, con moto che va dall'interno all'esterno E' importante, durante l'esecuzione, 23 imprimere un movimento di avvitamento attorno all'asse delle braccia (COILING) per favorire il flusso del CHI e del sangue sfruttando così la chiusura e l'apertura alternata dei meridiani e delle vene. L'aquila ghermisce la preda Quando si esegue un esercizio che prende come esempio un animale, può essere importante coinvolgersi in quella che si suppone essere la "natura" dell'animale al quale ci si ispira. L'aquila, regina delle altitudini, vede il mondo dall'alto e si identif ica, espandendo la sua coscienza, con il territorio che domina. Si potrebbe dire che la sua coscienza è vasta quanto la sua fame. Si alzano le braccia all'altezza delle spalle, come farebbe un'aquila aprendo le proprie ali. Attraverso dei piccoli movimenti, (remigando), si immagina di librarsi nell'aria facendosi da questa sostenere. Lo sguardo è rivolto verso il basso così come un'aquila che cerchi la sua preda nelle valli sottostanti. Individuatala, sbarrando gli occhi, piomba su di essa e la ghermisce artigliandola. Le "braccia - ali" e le "mani artigli" seguono un percorso che le porterà a congiungersi, piegando busto e gambe, in prossimità del terreno. Ci si raddrizza quindi portando le mani sovrapposte sulla superficie del ventre, immaginando di assimilare così la preda – energia. Ripetere 8 volte 24 il giovane leone ruota la palla I giovani felini sono dotati di straordinaria energia che esprimono in un "gioco" che per loro è addestramento inconscio alla difesa della vita. Imitando un rituale comune a tutti i felini, si immagina di far ruotare davanti a sé, un braccio alla volta, una palla, muovendo la mano dall'esterno all'interno (o viceversa). L'altra mano resta appoggiata sul Tan Tien. Quando si concretizza la sensazione di peso e consistenza, alla fine di ognuna delle due serie, si portano le mani sovrapposte all'altezza del Tan Tien, immaginando di suggere l'energia accumulata. II corpo, tutto, partecipa all'esecuzione L'airone bianco dispiega le ali Ciò che distingue l'airone (o la gru), oltre che la sua leggerezza é la straordinaria coordinazione di tutti gli elementi (ossa, muscoli, nervi, legamenti, giunture, fasce) che compongono il suo corpo fisico. Pensate che alcuni di questi uccelli, ad esempio la garzetta del Lazzaretto Nuovo, scelgono per dormire i rami più alti e sottili delle piante più alte e, pur accadendo a volte che gli alberi su cui si posano e il loro stesso leggerissimo corpo, siano investiti da forti raffiche di vento, questi eleganti piumati dormono indifferenti. L'airone bianco dispiega le ali si esegue facendo salire alternativamente una mano verso l'alto e all'infuori e l'altra verso il basso come per spazzare il ginocchio. Le mani si incrociano all'altezza dello sterno. Il peso passa da un piede all'altro e quando il piede destro è consistente il sinistro è inconsistente, il braccio destro è alzato e lo sguardo è rivolto a 45° a sinistra e viceversa. La posizione che si assume è quella dell'uccello che dispiega alternativamente le ali per regolarizzare la temperatura del corpo. Per disperdere l'eccessivo calore l'airone espone cosi facendo una maggior superficie corporea. Ciò avviene perché si instaura spontaneamente un'armoniosa, totale comunione tra l'airone, l'albero, il vento e, naturalmente, la sempre presente forza di gravità. Il movimento, necessario per il continuo riallineamento, permette le infinite variazioni posturali che consentono l'apparente miracolo. Un atto cosciente, un gesto calcolato, una titubanza anche lieve o il soffermarsi per considerare la qualità del movimento (ammesso che un volatile abbia una capacità di giudizio cosciente) comprometterebbe, al pari del proverbiale millepiedi, un equilibrio cosi fine e delicato. Un'altra spiegazione della postura, forse più in linea con lo spirito del Tai Chi Chi Kung, è che il volatile dispiegando le ali proietta la propria ombra sul fondale trasformando così lo spazio d'acqua oscurato nel suo territorio di caccia. Alcuni pesci infatti, cercando di sfuggire all'eccessiva calura, cadono nell'astuta trappola tesa dell'airone che velocissimo fa scattare il lungo collo per catturarli. Se il movimento è coordinato con il respiro gli organi interni si rilassano e si assestano e il Chi stagnante viene portato in superficie. Eseguire 8 volte a destra e 8 volte a sinistra. 25 Abbracciare il tan tien La funzione di quest'esercizio, come quella d'altre posizioni statiche che intervallano la sequenza, é quella di "sentire la forza" (Shi Li). Queste posizioni sono utilizzate nell'arte interna del Da Cheng Chuan (Y Chuan) con lo stesso proposito. Sistemate le braccia davanti al vostro Tan Tien come per proteggerlo o come per sostenere una sfera. La posizione tenuta per tre, cinque, dieci o più minuti consente di percepire e ascoltare l'energia vitale, riconoscerne la qualità e registrare le sensazioni che ne derivano. Bisogna rilassare il corpo, intervenendo con la mente, per ovviare all'inevitabile irrigidimento generato da una posizione statica tenuta per lungo tempo. Concentrandosi e ascoltando il fluire del "chi", emergono emozioni che cementano nella memoria del corpo le nozioni derivate dalla pratica. Chiudere la sequenza - sigillo 26 eventi FEBBRAIO 08/02 BRESCIA 09/02 15/02 16-17/02 BRESCIA VENEZIA VENEZIA 22.23/02 23/02 23/02 NAPOLI SPINEA MELZO Seminario con M° Mescola "PANORAMI INTERIORI Metodo Biospirali® 5ª Lezione 1° livello Seminario di Tui Shou con M° Mescola Memorial M° Daniele Minio Seminario con M° Mescola e maestri ospiti. Seminario con M° Mescola "PENG LU CHI AN" Lezione speciale Chin'na con M°Ronchi 1ª Lezione - Sintesi - Xuan Chuan - mattino. Lezione approf. corso istruttori, pomeriggio con M° Doldi e Ins. Schiavone e Bianchi MARZO 01/03 08/03 08/03 09/03 15/03 16/03 16/03 SPINEA VIMERCATE VIMERCATE MILANO S.DONA' UDINE/PD MELZO 16/03 23/03 ROMA SPINEA 29/30/03 GENOVA Seminario Chi Kung 1ª lezione con Aiko Mescola Allenamento Maestri-Insegnanti Seminario con M° Mescola Corso Istruttori 3ª lezione 5ª Lezione Speciale Armi con M° Rizzardi Seminario Friuli Venezia Giulia con M° Mescola Sintesi - Xuan Chuan - 2ª lezione mattino. Lezione approf. corso istruttori pomeriggio, con M° Doldi e Ins. Bianchi e Schiavone Corso istruttori 3ª lezione Lezione - Sintesi - Xuan Chuan - 2ª lezione, Ins. Pugliese e Reveanne Seminario Liguria con M°Mescola e Mostra del M° Franco Mescola APRILE 05/04 06/04 12/04 13/04 13/04 SPINEA MESTRE S.DONA' UDINE/PD MELZO 3ª Lezione Speciale Ventaglio con M° Doldi Corso Istruttori 4ª lezione 6ª Lezione Speciale Armi con M° Rizzardi Seminario Friuli Venezia Giulia con M° Mescola 3ª Lezione Speciale Ventaglio con M° Doldi MILANO MILANO SPINEA S.DONA' BUCCINASCO PESCANTINA SPINEA Lezione Maestri-Insegnanti con M° Mescola Corso Istruttori 4ª lezione Seminario Chi Kung 2ª lezione con Aiko Mescola 7ª Lezione Speciale Armi con M° RizzardI Seminario CRT Lombardia con M° Mescola Seminario "ESSERE ISTRUTTORI " Lezione speciale Tui-Shou 3ª lezione Ins. Pugliese e Reveanne MAGGIO 03/05 04/05 10/05 10/05 11/05 24/25 31/05 GLI EVENTI POSSONO SUBIRE VARIAZIONI. CONSULTARE IL SITO WWW.TAICHI.IT PER ULTERIORI INFO RIGUARDO I SINGOLI INCONTRI_VALIDO FINO A MAGGIO 2014 27 posta del crt In riferimento alle nuove disposizioni circa l’obbligatorietà da parte di tutti gli istruttori e di tutti i soci praticanti di fornire il certif icato medico con o senza cardiogramma vi chiedo se è possibile pubblicare sul prossimo Wu-Li la normativa, viste le diverse interpretazioni della stessa questo servirebbe per fare chiarezza. Grazie e cari saluti a tutti! ANTONIO PUGLIESE Innanzi tutto ringrazio Toni per la domanda e cercherò di rispondere in modo chiaro fissando tutti i paletti necessari. Il decreto del fare ha suscitato quel che si dice un vespaio, e per quanto ci riguarda, tanto, anzi direi tantissimo, rumore per nulla. Si devono distinguere due aspetti: uno riguarda l’obbligo civile e penale, l’altro riguarda invece il rapporto con l’assicurazione (nel caso del CRT l’ente UISP che si appoggia a GENERALI Italia SpA). Parlando del primo aspetto che riguarda il rispetto delle leggi dello Stato e delle sue Istituzioni, riporto il testo della legge del 21 agosto che ho trovato trascritta in linguaggio più adatto a noi comuni cittadini: Dal 21 agosto sono entrate in vigore nuove regole in materia di certificati medici con riferimento allo svolgimento delle attività sportive. Sulla materia sono intervenute anche le Circolari del Ministero della Salute n. 4608 e n.4609, datate entrambe 11/09/2013. In breve la situazione attuale si può descrivere nei seguenti termini: 1) rimane obbligatorio il certificato del medico sportivo per le attività agonistiche (DM 18/02/1982), che siano svolte da tesserati o da non tesserati. Nulla è infatti cambiato in materia; 2) è sempre richiesto il certificato medico per le attività sportive non agonistiche organizzate da associazioni e società sportive affiliate ad Enti di promozione sportiva, Federazioni e Discipline sportive associate (art.3 del DM 23/04/2013). Non è però più previsto come obbligatorio l’elettrocardiogramma a riposo, a meno che non sia il medico a ritenerlo opportuno; 3) se viene organizzata una iniziativa patrocinata da Federazioni/Enti di promozione sportiva o Discipline sportive associative ed aperta a non tesserati che non abbia natura agonistica ma che sia caratterizzata da un particolare ed elevato impegno cardiovascolare (a titolo meramente esemplificativo manifestazioni podistiche di lunghezza superiore ai 20 Km, gran fondo di ciclismo, di nuoto, di sci di fondo o altre tipologie analoghe), si rende necessario chiedere il certificato medico previa rilevazione della pressione arteriosa, elettrocardiogramma basale, step test o test ergometrico con monitoraggio dell’attività cardiaca e altri accertamenti che il medico certificatore riterrà necessario per i singoli casi (art.4 del DM 23/04/2013); 4) non è più dovuto il certificato medico per le attività ludico-motorie a seguito delle modifiche apportate all’articolo 2 del DM 24/04/2013 dalla Legge 98/2013 28 di conversione del Decreto Legge 69/2013 (c.d. Decreto del Fare). Viene chiaramente detto che essendo noi soci di enti promozione sportiva (UISP), abbiamo l’obbligo di presentare la certif icazione medica. Parla anche dell’elettrocardiogramma, ma che questo sia necessario o meno è compito del medico e del socio che si sottopone alla visita di idoneità e non della società sportiva che deve semplicemente conservare copia del certif icato medico nella sede della società (l’originale rimane al socio che ne può disporre in caso necessiti di iscriversi ad altre discipline sportive). Secondo l’aspetto assicurativo, l’ente UISP, non richiede il certif icato medico, ma vi è un’eccezione: morte per infarto o ictus dovuta alla presenza di vizi cardiaci che potessero essere diagnosticati con un esame medico. Rimane da evidenziare il fatto che tutti parlano dei costi del certif icato medico, e nessuno però pensa al Presidente dell’Associazione e ai Membri del Direttivo, per cui vi rendo noto quanto segue: Le sanzioni civili e penali per l’omessa acquisizione del certif icato medico che è soggetta alle seguenti sanzioni: - sanzione amministrativa pecuniaria da € 51,65 ad € 516,46 (ai sensi dell’art.2 della Legge 1099/1971); - responsabilità penale del presidente nelle ipotesi, a titolo esemplif icativo, di decesso o lesioni grave; - responsabilità civile dell’associazione con aggressione del solo patrimonio associativo nel caso di associazione dotata di personalità giuridica oppure, nel caso (più frequente) di associazione priva di personalità giuridica, con aggressione anche del patrimonio personale di quanti abbiano agito in nome e per conto dell’associazione, ai sensi dell’art.38 del codice civile. Stante quanto ti ho esposto fino ad ora, rimane quindi fermo l’obbligo da parte del socio presentare il certif icato medico per la pratica sportiva e conseguenze sia civili che penali per il Presidente e i membri del Direttivo dell’Associazione e gli Istruttori in caso di morte o infortunio grave del socio privo del certif icato. Dal punto di vista assicurativo la perdita di indennizzo in caso di morte o infortunio grave. Per chi lo desidera si può fare richiesta alla segreteria della norma di legge 21/06/2013 che gli verrà inoltrata via e.mail Buona Pratica !! GIANCARLO RONCHI INVITIAMO TUTTI A SCRIVERE E CONDIVIDERE PENSIERI ED EMOZIONI VISSUTE INSIEME, DUBBI O PROPOSTE SCRIVENDO AL SEGUENTE INDIRIZZO: [email protected] 29 WU-LI ONLINE è una rivista auto prodotta e un bollettino dell’associazione REDAZIONE Giancarlo Ronchi Francesca Napolitano Marzia Bianchi hanno collaborato: Rita Vianello Natalia Radice Antonio Schiavone Antonio Pugliese Franco Mescola Aiko Mescola “CENTRO RICERCHE TAI CHI è un'associazione sportiva dilettantistica”. La denominazione ridotta dell’Associazione è “C.R.T.” L’Associazione, escluso ogni fine politico e di lucro, sorge con lo scopo di favorire: sul piano personale, il raggiungimento di una sempre maggiore consapevolezza delle potenzialità dell’essere umano, fornendo nel contempo agli Associati mezzi idonei, metodi e tecniche per il conseguimento di una maggior capacità di autodeterminazione e di introspezione; sul piano generale, il conseguimento di un armonioso equilibrio psicofisico tra individuo e ambiente. Centro Ricerche Tai Chi Via A.Calmo, 18 Lido 30126 VENEZIA (VE) [email protected] www.taichi.it 30