Wu Li Febbraio 2014 - Centro Ricerche Tai Chi

Transcript

Wu Li Febbraio 2014 - Centro Ricerche Tai Chi
articoli
di Franco Mescola
di Franco Mescola
di Antonio Pugliese
di Antonio Schiavone
di Rita Vianello
di Natalia Radice
rubriche
la damina di seta
ascoltare se stesso e gli altri
il tai chi e lo stare bene
tui shou: eros e improvvisazione
un'esperienza d'insegnamento
passeggera del silenzio
editoriale
la pratica
eventi
la posta del CRT
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pag 2
pag 18
pag 27
pag 28
pag 3
pag 5
pag 8
pag 10
pag 12
pag 16
editoriale
- MARZIA BIANCHI
Amici praticanti, appassionati del Tai Chi
e non solo, arriva il nostro Wu-li di
primavera!
Febbraio è alle porte e, come il seme sotto
la neve, porta con se tutta la potenza di ciò
che deve ancora essere espresso.
In Medicina Tradizionale Cinese la
primavera in realtà inizia a febbraio, mese
nel quale si fanno riti di purif icazione per
il fegato, il suo organo di riferimento.
Alcune tendenze della scienza
embriologica odierna ritengono che un
preciso spermatozoo venga richiamato
magneticamente dall’ovulo mentre sta
salendo lungo la tuba. La testa dello
spermatozoo entra nell’ovulo, i due si
uniscono e per un paio d’ore ogni
movimento si ferma. La prima cellula è
creata nello spazio, questo momento e
questo spazio corporeo che rimarrà con
noi per tutta la vita hanno una qualità di
quiete intensa, di silenzio. Non è assenza
di qualcosa ma energia pura,
preparazione al movimento.
Tutto si sta preparando, sta raccogliendo
luminosità e potenza, per esprimere poi il
movimento della vita.
Così possiamo leggere la preparazione
alla primavera e anche il lavoro interno
della nostra pratica, il Chi Kung. Quella
parte nascosta, quasi invisibile eppure
indispensabile affinché il Tai Chi possa
prendere forma.
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Per noi amici del CRT è un mese ricco di
eventi, breve e concentrato. Come potrete
vedere dal calendario, ogni week-end ci
vedrà impegnati: da Venezia a Napoli a
Brescia, passando per Milano. Ma
l’appuntamento sicuramente per noi più
importante e che aspettiamo con gioia è
quello che si terrà a Venezia il 16 febbraio:
il III Memorial dedicato a Daniele.
Questo giorno speciale ci vedrà uniti nella
pratica, indipendentemente dalla scuola di
appartenenza, per ricordare e onorare la
memoria non solo di un nostro compagno,
ma soprattutto di un grande amico.
La nostra pratica ci porta a percorrere una
Via. Non ha importanza quanto sia lunga e
quali siano le sue soste obbligate.
Incontreremo tanti compagni di viaggio, con
alcuni ne percorreremo un tratto, con altri
forse tutto il percorso, ma una cosa è certa,
coloro che continuano è perché sono
animati dalla stessa sete di ricerca e da
qualcosa che è impossibile esprimere con
parole.
Come disse Lao Tzu “Come possiamo
descrivere l’inesprimibile?”
Intanto tante altre idee stanno maturando e
stanno prendendo potenza... nel frattempo,
buona lettura e buona pratica!
La damina di seta
- FRANCO MESCOLA
Lo spazio dove l'anziana signora praticava è un fazzoletto erboso di pochi metri
circondato da alberi frondosi che si ergono come colonne. Una sorta di cupola
protettrice. Cespugli d'alloro contornano la base della circonferenza creando così un
piccolo padiglione naturale. In quella gabbia silenziosa e profumata, prima del sorgere
del sole l'anziana signora, una damina vestita di seta azzurra, praticava il suo Tai Chi.
Scoprii per caso la sua presenza e da allora non ho più potuto smettere di andare, non
visto, a contemplarla e deliziarmi delle sue movenze semplici, naturali e allo stesso
tempo, solenni. Devo sempre girare attorno la gabbia silenziosa prima di scorgerla.
Potrebbe avere più di cent'anni; minuta, di piccola statura con i capelli bianchissimi
raccolti sulla nuca.
Una mattina la damina attraversò lo spazio erboso dove, assieme ad altri praticanti,
usavo esercitarmi. Era la prima volta che la vedevo fuori dalla gabbia silenziosa.
Procedeva lenta, con piccoli passi incerti, un po' curva e appoggiata ad un bastone. Mi
meravigliai non poco. Come può, pensai, un esserino che cammina a fatica trasformarsi
ed esprimere la sua arte con tanta grazia ed eleganza? Mi fermai ed abbozzai un
leggero inchino al quale, mi parve, ella rispose con un accenno di sorriso. Forse,
pensai, sa che la spio.
A volte la damina di seta medita, ferma ad occhi chiusi nella posizione del palo eretto.
Quando inizia la forma sembra che la sua piccola anima si risvegli e la gabbia
silenziosa è come invasa da musica delicata ed irreale di una dolcezza indescrivibile.
Man mano che il giorno si sostituisce alla notte e riprende il suo potere i suoi gesti si
addolciscono guadagnando in ampiezza fino a che la gabbia silenziosa sembra vibrare
tutta di quella risonanza fatata. A volte i gesti si rimpiccioliscono fino a divenire una
sottile pulsazione. Ma ampi o contenuti i suoi moti si mantengono sempre penetranti e
misteriosi.
Quel miracolo si rinnova ogni mattino e smette solo quando le campane del vicino
tempio annunciano la nona ora. Il fluire del suo movimento è come un canto d'amore.
Amore vago per qualche cosa d'invisibile e sconosciuto. Sembra impossibile che ella
abbia potuto incontrare durante la sua lunga vita qualcosa di spiacevole o di negativo.
Anche i suoi antenati per molte generazioni devono aver ignorato le paure della notte e
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devono essere stati inconsapevoli del signif icato amoroso dei loro stessi gesti. Lei
esprime la natura della razza come veniva espressa miriadi di anni fa, naturalmente s'è
staccata dai gesti imbrigliati della scuola dove ha appreso il suo Tai Chi: si esprime
libera come se conoscesse perfettamente il signif icato di quei gesti non appresi che la
muovono e commuovono. Gesti che nessuno può insegnare. È un moto che proviene
dalla memoria organica. La memoria profonda e oscura, che appartiene a milioni di vite
o, ancora prima, al vuoto senza fine del cielo anteriore. La piccola donna ha accettato e
dimenticato tutte le morti che l'hanno preceduta. Ricorda solo l'amore. Il suo desiderio
piange la polvere del passato e invoca il silenzio degli Dei per il ritorno del tempo. Gli
amanti umani, senza saperlo, fanno la stessa cosa.
Il ventinovesimo giorno dell'undicesimo mese, giorno del mio compleanno, mentre
praticavo avvertii una sensazione non gradita.
I miei gesti erano grevi, esterni. Troppo pensati. Mi allontanai dal gruppo e mi diressi
verso la gabbia silenziosa. Girai più volte attorno ad essa senza riuscire a scorgere la
damina di seta. Un mio allievo si avvicinò e sussurrò: “Franco, il guardiano del parco ci
ha detto che la piccola signora non c'è più...è morta...”
Ora la gabbia silenziosa è fredda, la danza fatata è cessata. Lo spegnersi di quella piccola vita mi turbò più di quanto ritenessi possibile. Alcune abitudini possono creare un
attaccamento di cui si è coscienti solo quando il rapporto s'interrompe. Il fascino della
damina di seta e dei suoi gesti mi accompagneranno per sempre per ricordarmi che l'atomo di vita che era dentro di lei e l'atomo di vita dentro di me così come in tutti gli esseri viventi, sono nell'infinito universo di energia, una sola cosa.
Altri racconti di FRANCO MESCOLA sul sito:
http://tusitaladallacittadacqua.wordpress.com
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ascoltare se stesso e gli altri
Rif lessioni sulla natura del Tui Shou. Un lavoro
a due per imparare ad ascoltare il flusso del chi
- FRANCO MESCOLA
Alcuni praticanti di Tai Chi Chuan, in particolare i principianti, in nome di
una presunta natura pacif ica, preferiscono non studiare la spinta delle
mani. Si sente spesso dire: «non amo la competizione..», «non sono
aggressivo/a...». Questo atteggiamento a volte nasconde la paura di non
riuscire a controllarsi. Sono queste le persone che più avrebbero bisogno
di esercitarsi nella spinta delle mani, perché attraverso questa pratica
hanno modo di conoscere la propria aggressività, accettarla ed
estendere la capacità di gestirla anche nel vivere sociale.
L'aggressività, spesso demonizzata e repressa in alcune culture, è parte
inscindibile della nostra personalità. È la scintilla della giusta ira, la
potenza che affiora quando la vita è in pericolo. Accettandola ci si rende
più liberi, esprimendola in modo controllato attraverso la ritualizzazione
di alcune pratiche si eliminano tensioni e angosce che spesso conducono
allo stress. La spinta delle mani contiene un insegnamento profondo e
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aiuta ad armonizzare il corpo con la mente e lo spirito. Diverse arti
marziali utilizzano la spinta con le mani per sperimentare e migliorare le
tecniche, elaborare strategie, aumentarne la sensibilità e diminuire il
tempo di reazione, prevenire e rispondere in maniera appropriata ad
attacchi o situazioni di pericolo provenienti dall'ambiente esterno.
Molti sono i termini per definire il tui shou: "mani appiccicose, mani che
aspirano, che disperdono, ... che si oppongono...
L'allenamento della spinta delle mani mette in evidenza le
caratteristiche proprie dell'arte marziale che le ha concepite.
Nel judo per esempio, esiste l'abilità nell'effettuare la presa più
vantaggiosa possibile sul judogi e agli arti dell'avversario; così come
esiste nella boxe occidentale un lavoro con le mani e con le braccia
per districarsi, tenere, seguire e bloccare.
Ogni scuola di Tai Chi Chuan ha sviluppato un sistema che rif lette le
caratteristiche delle forme di base: quelle più morbide pongono
l'accento sulla cedevolezza e la fluidità, le altre privilegiano tecniche più
potenti, caratteristica questa che viene, in genere, preferita dai
principianti. Alcuni metodi utilizzano cerchi a largo raggio difensivo e
usano, di conseguenza, posizioni relativamente larghe e basse. Altre
scuole utilizzano cerchi più piccoli e adottano posizioni raccolte; lo
stile Chen appartiene alla prima categoria, lo stile Wu alla seconda.
Queste classif icazioni non sono assolute: pur appartenendo alla stessa
scuola, maestri diversi manifestano la propria arte in modo personale.
Man mano che le tecniche vengono assimilate e interiorizzate si
trasformano e diventano sempre meno visibili. Maestri anziani
oppongono ad avversari che adottano posizioni basse e tecniche
potenti, posture ridotte e movimenti talmente piccoli che sembrano
sfidare te leggi fisiche.
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Chiunque può praticare e in qualsiasi tenuta e in qualunque luogo
La spinta delle mani dovrebbe essere studiata ogni giorno dopo aver eseguito la sequenza
e in ogni altro possibile momento. In mancanza di un partner può essere praticata da soli,
immaginando un avversario ed elaborando risposte a diverse situazioni di lotta.
Procedendo nella ricerca e approfondendo la comprensione, le forme vengono via via
trascese. Dai principi fondamentali che sostengono questa pratica emergono moti
spontanei e nuove espressioni sempre diverse perché libere da schemi, eppure sempre
uguali perché conformi ai principi del Tai Chi che sono universali.
I movimenti sono determinati dall'armonizzazione del corpo con l'energia vitale che,
modulata e influenzata da un pericolo esterno, reagisce per difendere la propria integrità e
continuare a esistere nel corpo che la ospita. Questo, per me, è un buon modo per
arrivare a capire come unire l'esterno con l'interno. Dovremmo praticare con tutti: esperti
o principianti, donne o uomini, Vecchi e giovani. I bambini sono ottimi maestri perché
possiedono quella naturalezza che noi adulti, inevitabilmente furbi, abbiamo perso. Senza
la pratica delle spinte delle mani, il Tai Chi Chuan rimane solo un modo elegante per
muovere l'aria. Non è azzardato dire che, se non si esplorano le spinte delle mani, non si
arriverà mai a capire l'arte nella sua completezza. Sarebbe come imbracciare una chitarra,
mettere su una cassetta di musica eseguita da Segovia e illudersi di suonare come il
maestro.
A proposito... suonare come il maestro non basta. L'arte affiora spontaneamente quando si
sarà dimenticata, nella musica, come suona il maestro e come usare lo strumento e, nel Tai
Chi come si muove il maestro e come usare una tecnica. A ogni buon conto non si può
negare che l'esercizio del Tai Chi, anche senza le implicazioni marziali, apporti benefici
profondi per la salute e il benessere.
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il tai chi e lo stare bene
- ANTONIO PUGLIESE
Per sapere se si sta bene bisogna prima imparare a sentirsi, cosa che si da per
scontata ma che proprio non lo è.
Sentire il proprio corpo, il proprio animo, le proprie emozioni, sapere quali sono
i pensieri che ci stanno passando per la mente non sono qualità che si hanno in
dote, e neanche ci viene insegnato a svilupparle a scuola. Inoltre il tipo di civiltà
e i tempi in cui viviamo non partecipano di certo allo sviluppo di questa qualità;
l’educazione che riceviamo anche dai media spinte dalle multinazionali, che ci
vogliono bisognosi di un qualche cosa che non abbiamo, spacciandocelo per
indispensabile, ci invita a partecipare, a loro favore, a un modo di vivere
superficiale e consumistico.
Non è che lo star bene sia una cosa che avviene una volta per tutte. Ha
bisogno di una continua presenza e vigilanza, c’è il bisogno di accorgersi subito
dell’eventuale cedimento dello stato di attenzione per poter di nuovo ritornare
in posizione.
Lo studio e la pratica dello stare bene porta ad alzare, per mezzo
dell’attenzione, il livello medio del proprio stato d’essere, aumentando la
presenza a sé stessi, ai propri pensieri e quindi a non accettare passivamente
lo stato d’essere che questi ci inducono.
Il momento ideale per cambiare è quando si è stufi di sè, quando si ha la
nausea di sentire se stessi in uno stato di disagio e di insoddisfazione.
Quando questa consapevolezza avviene e diventa costante è un momento
eccezionale.
Si cambia.
Buchi nella continuità dello star bene sono dovuti alla cattiva abitudine
assimilata, cioè allo stato di malessere al quale ci siamo precedentemente
abituati.
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Possiamo tranquillamente affermare che lo star male è frutto di distrazione.
Non ci sono scuse.
C’è un qualcosa di importante che va oltre i problemi che ci affliggono e ai
dolori che abbiamo e che dobbiamo sopportare, e lo dico con tanto rispetto per
quelli di ognuno.
Ma c’è un punto lì in fondo, oltre, se riusciamo a fermare il tempo, ad essere
presenti e ad aprire bene gli occhi mettendolo a fuoco ed espandendolo, che ci
rivelerà, perfezionandosi nel tempo, il motivo per cui vivere.
Ad ognuno il suo.
Quando?
Ora!!!
Basta parole, basta pensieri inutili.
Tirare su l’energia. Sgranare gli occhi, urlare, imprecare, a volte serve; dirsi “
ora ci sono!” sorridere, rompere la membrana mucolitica che ci avvolge e ci
impedisce i movimenti del pensiero creativo, uscire dal bozzolo, e … fare
attenzione, è solo l’inizio. Bisogna affinare l’obiettivo per avere sempre più
valide motivazioni per agire.
Altre battaglie seguiranno ma la tecnica la conosciamo non ci sono scuse, e se
si sbaglia si rincomincia.
Quando ci si accorge immediatamente di aver mollato bisogna rallegrarsi
perché è un chiaro segno che l’inconscio è sorvegliato da un fido guardiano.
Poi andrà tutto meglio.
Quindi star bene signif ica sentirsi bene, mantenersi nel bene, lottare con se
stessi per il bene, avere un motivo per stare bene.
Per saperlo bisogna delle volte anche chiederselo, poichè ci si abitua allo stato
del proprio essere.
"Come sto?" e poi "Ma sono sincero con me stesso nella risposta che mi sono
dato?”
Poi al momento, senza andare tanto a indagare sul perché dello stato,
promettendosi di affrontare l’argomento più avanti, ci si tira fuori da quel
pantano e si vive la nuova meravigliosa realtà che si ha scelto di vivere e non
quella che aveva scelto la nostra mente.
Il Tai Chi e il Chi Kung possono aiutare, per quello che li caratterizza, l'ascolto.
Movimenti lenti dove si ha tutto il tempo di sentirsi e vedersi, di riconoscere che
il proprio corpo si muove con il pensiero, che conviene essere amici di se
stessi e darsi in pasto ai buoni pensieri, quindi, per chi vuole, migliorarsi nella
presenza e nel rapporto con sè e di conseguenza con gli altri.
Praticare stando bene viene da sé, l’eseguire una forma armoniosamente e
fluidamente può essere un motivo per cui praticare.
Si può fingere di star bene come si può fingere di fare "il Tai Chi", non è una
colpa, e a volte purtroppo qualcuno si accontenta.
Quando sarà stufo…
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tui shou
Eros e improvvisazione
- ANTONIO SCHIAVONE
Il sudore mi gocciola addosso e tutt'intorno, non so più quale mi appartiene ma
poco m'importa, il fiato è ora meno concitato di quando abbiamo cominciato, le
braccia avvolgono, spingono, la pancia ruota, le gambe cedono al peso mio e
quello del mio compagno con cui sto lottando da non so quanto tempo.
Potrebbe essere un'ora o qualche minuto, la percezione del tempo si è dilatata,
la mente viaggia ad altri ritmi rispetto a quelli quotidiani, dal quotidiano ho
staccato la spina e il contatto è solo con lui/lei e il pavimento su cui cerco di
ancorarmi.
Il Tui Shou libero ti porta in questo stato di grazia e sofferenza in cui le
percezioni, i sensi, si fanno più acuti, si riducono i tempi del pensare con la
mente, il corpo pensa e reagisce come sa, come improvvisare una danza in cui
non capisci più chi conduce e chi è condotto tanto è immediato il passaggio da
uno all'altro, ma nello stesso tempo ogni minuto può durare un'eternità,
frazionata da infiniti, microscopici movimenti, ritmi, respiri, dilatazioni e
restringimenti non solo fisici.
Nell'estasi però c'è una pena continua, l'inadeguatezza del momento, il sentirsi
incapace a cedere ancora, la rigidità che affiora, la voglia di vincere che non
riesci a domare.
Questo è il prezzo che devi pagare per partecipare al gioco, devi rischiare le
tue presunte capacità, devi accettare la perdita e come dice Franco rinnovare
l'ignoranza; ma quanto ti costa.
Nel Tui Shou c'è tutto questo: estasi e sofferenza si alternano, come il vuoto e il
pieno, l'equilibrio e la sua mancanza, la tecnica e l'ignoranza.
Ed è proprio questo che provoca tanto piacere e che lega la pratica del Tui
Shou all'Eros.
Eros come ricerca dell'unione degli opposti, come il Dio dell'Amore raccontato
da Platone: durante la festa per la nascita di Afrodite, Penia la Dea della
povertà, si accoppia con Pronos, il Dio che rappresenta l'espediente, cioè la
capacità di ottenere ciò che manca, quello che desideri.
Dalla loro unione nasce Eros, l'Amore, quell'Amore che Platone definisce su
vari livelli, dall'amore per i corpi delle persone a quello delle loro anime,
dall'amore per le arti a quello più elevato: quello per la bellezza in sé.
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Per questa sua origine l'Amore è tensione
tra una mancanza, il desiderio di colmarla e
la capacità di poterlo fare.
Nel Tui Shou il corpo improvvisa e cerca nel
legame con l'altro un respiro comune, un
ritmo che riunisca i corpi in un'unico
movimento continuo, dimenticando se
stessi.
Tutto questo ha bisogno di una tensione
che nasce da un'esigenza, da una
mancanza, un vuoto, proprio come Eros.
Un'esigenza che forse non sai bene cos'è;
forse verif icare le tecniche, le ore di
allenamento solitarie, il rilassamento e la
forza, il desiderio di guardare la tua
aggressività che si manifesta, l'equilibrio
che si alterna.
Questa tensione si alimenta di due aspetti
principali: l'ascolto e la tecnica.
L'ascolto di sé e dell'altro attraverso tutti i
sensi dilatati dal contatto continuo e
ravvicinato delle mani che sentono e del
corpo che respira con l'altro.
La tecnica qui si evidenzia nelle sue
capacità di modif icare il corpo e i suoi
movimenti, così da poterla poi dimenticare
durante la pratica, per lasciare improvvisare
al corpo quello che è necessario in quel
momento.
La magia del Tui Shou libero è una parte,
un aspetto del Tai Chi, non lo esaudisce di
certo, ma dà un'espressione particolare alla
sua pratica.
Con chi hai praticato il Tui Shou attivi un canale speciale, come conoscere qualcuno da
un lato nascosto, o perlomeno più intimo, è una conoscenza passata attraverso i sensi
dilatati dalla pratica.
Una conoscenza non più mediata da come vorremmo apparire, ma verif icata da come
siamo realmente in quel momento, quando è il corpo che si esprime in libertà.
Durante la pratica del Tui Shou non ci può essere menzogna, forza si, qualche trucco
pure, ma l'altro sa che li hai usati, e se non lo sa tu ne sei comunque cosciente, ma
mentire a se stessi non è menzogna ma codardia o comunque altro.
Quando finiamo abbiamo bisogno di riprendere un ritmo più lento, dobbiamo rientrare
nella dimensione quotidiana.
Come dopo una lunga meditazione è necessario muovere il corpo, dopo il Tui Shou la
necessità è di calmare lo spirito guerriero che si è manifestato e non c'è niente di
meglio che ripetere la forma, lentamente, con il proprio compagno.
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Il rapporto con gli allievi
- RITA VIANELLO
Veramente molte sarebbero le osservazioni, le esperienze, le soddisfazioni e anche,
diciamolo pure, le difficoltà incontrate nel corso di quello che ormai si avvia a diventare
il mio primo decennio di insegnamento di questa affascinante disciplina. Per
semplif icare tra tutte le cose che ci sarebbero da raccontare vorrei dedicarmi a quello
che per me è uno degli aspetti più delicati dell’insegnamento e cioè il rapporto tra
istruttore e allievi, prima però desidero raccontare come sono giunta alla pratica della
nostra Arte con la speranza di non tediare troppo chi affronterà questo mio, spero non
troppo lungo, personale monologo. L’insegnamento del Tai Chi non è la mia prima
esperienza come istruttore avendo iniziato già a vent’anni a tenere dei corsi di danza
per adulti e di propedeutica per i bambini presso la scuola di danza dove studiavo a mia
volta. Abbandonato quello che considero come il mio primo grande amore, a causa di
problemi ai piedi sono approdata quasi per caso in una palestra di karate, scoprendo
che mi divertivo assai di più e vivendo in un contesto in cui la competitività,
diversamente dal mondo del balletto, veniva espressa liberamente negli allenamenti e
ancor più nelle gare. Mentre tra ballerini la competizione è strisciante, e i giudizi sono
talvolta soggettivi e basati su simpatie e sull’aspetto fisico che non sempre fanno
emergere colui che è maggiormente dotato e portano di conseguenza una rete di invidie
sotterranee, nella pratica del karate questa dimensione è istantaneamente scomparsa.
In una gara possono entrare in gioco la sfortuna o l’emotività, ma poi il migliore,
semplicemente, vince. E così, liberata da quell’unico aspetto per me detestabile della
danza, sono entrata in una nuova dimensione: il mondo delle arti marziali. In questa mia
nuova palestra col tempo mi è stato affidato il compito di condurre il riscaldamento
prima della lezione vera e propria. E’ in questa occasione che per la prima volta mi sono
resa conto che in quanto donna non sempre ero accettata da alcuni atleti maschi, quasi
sempre dei nuovi arrivati, che tendevano a entrare in competizione con me e a non
voler dimostrare una qualsiasi inferiorità nella preparazione atletica. Il tutto sotto lo
sguardo più che divertito dei miei insegnanti. Per il resto, problemi legati a forme di
maschilismo non ne ho mai incontrati a differenza di quanto raccontato dalle esperienze
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di molte altre donne. Anzi, i ragazzi si divertivano ed erano molto disponibili ad allenarsi
con noi prima delle gare femminili perché questo ci permetteva di sviluppare le tecniche
con più forza.
All’incirca nello stesso periodo ho avviato dei corsi di ginnastica per signore, attività che
mi permetteva di guadagnare qualcosa divertendomi durante gli anni dell’università. A
un certo momento però ho dovuto smettere: un intervento a una gamba prima e la
chiusura della mia palestra abituale poi, hanno fatto arrestare per mesi la mia attività
fisica. Purtroppo per me, l’intervento all’epoca ha richiesto una convalescenza ben più
lunga di quanto inizialmente previsto dai medici e tornare a camminare normalmente,
per non parlare di riprendere a praticare dello sport, si è rivelata un’impresa
impegnativa. E' in questa fase della mia vita che per caso un’amica mi suggerisce di
provare qualche lezione di Tai Chi, da farsi come attività dolce e finalizzata al completo
recupero della mobilità. E così me ne sono andata a provare una lezione di una cosa di
cui avevo qualche volta sentito parlare e della quale avevo solo una vaga idea su cosa
aspettarmi. E infatti, complice un’infelice istruttore, non mi piacque affatto! Per me si
rivelò un’esperienza decisamente noiosa. Considerando la mia esperienza col Tai Chi
definitivamente chiusa e sepolta, intrapresi una frenetica ricerca di un nuovo corso di
karate. Nel frattempo la mia solita amica, appassionata di Tai Chi ed ex praticante di
karate a sua volta, inizia a frequentare un corso di Tai Chi con il Consiglio di Quartiere
di Venezia e mi convince a provare un’ulteriore lezione di questa cosa strana. Correva,
come si suol dire, l’anno 2000 e il nuovo millennio mi portò per regalo una rivelazione: il
Tai Chi è bello, fa sentire bene, rilassa pure! Provare con un diverso istruttore mi ha
fatto capire quanto importante è l’approccio iniziale di un allievo nei confronti di una
nuova e sconosciuta disciplina dal momento che la prima impressione che se ne riceve
dipende tutta da ciò che ci comunica e da colui che la deve trasmettere. Ricordo ancora
il clima sereno, l’accoglienza aperta e sincera verso ogni nuovo partecipante al corso, la
pazienza e il sorriso con cui ci si mostrava per la millesima volta quel banalissimo e allo
stesso tempo quasi impossibile e irraggiungibile gesto.
E fu amore!
Contrariamente alla mia prima sfortunata
esperienza, questa volta era accaduto
tutto il contrario: ne ero totalmente
entusiasta. In più avevo notato che anche i
miei dolori di schiena, secondo i medici
causati dagli allenamenti di karate, si
alleviavano. L’artefice di questo mio
cambio repentino di gusti e opinioni in
materia di Tai Chi si chiamava Daniele
Minio. Ero capitata per caso nel corso di
uno degli allievi più dotati e preparati del
M° Mescola. Da Daniele e dal suo esempio
ho iniziato a capire cosa fosse il Tai Chi in
palestra e nella vita e a scoprire quella
dimensione più profonda ed elevata che
mi era sempre mancata nella pratica
prettamente sportiva del karate.
Dopo alcuni bellissimi anni, quasi ci fosse
una maledizione, anche il corso di Daniele
Minio, come già la palestra di karate,
chiude a Venezia e si trasferisce a Mestre.
Che fare? Quasi quasi, mi dico, provo ad
iscrivermi a S. Elena ai corsi del
M° Mescola anche se all’epoca mi
intimidiva solo l’idea. Vinco la mia
titubanza e inizio la mia nuova fase di
pratica. Mi iscrivo. Vengo inserita nel corso di un’altra persona speciale a cui ancora
oggi mi sento legata da stima e amicizia: Aiko Mescola. Credo sia grazie a lei se oggi
sono diventata istruttrice a mia volta, alla sua fiducia in me che mi ha permesso di fare i
primi passi nell’insegnamento sostituendola in caso di necessità nelle lezioni. Grazie a
lei ho capito che insegnare il Tai Chi mi piaceva e mi decisi a intraprendere il corso
istruttori.
In parallelo alla frequenza del secondo anno del corso istruttori ho avviato il richiesto
periodo di tirocinio, svolto sempre assieme a Aiko, il quale si è rivelato un’esperienza
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fondamentale e decisamente formativa, esperienza che, secondo il mio personale
parere, tutti gli aspiranti istruttori dovrebbero svolgere. Prima di avere la responsabilità
di un corso tutto mio, ho mosso i primi passi affidandomi ai consigli e ai suggerimenti
della mia tutor per oltre un anno, e facendo esperienza dei diversi contesti e dei diversi
gruppi di praticanti: i corsi mattutini per signore, quelli del pomeriggio e della sera con
gruppi maggiormente eterogenei, quelli di soli principianti, l’affollato Tai Chi nei Parchi.
Sono state tutte esperienze utilissime per capire “come” insegnare. Partendo dalla
convinzione che la capacità di trasmettere agli altri è in generale un’attitudine
personale, una capacità distintiva e innata del carattere di un individuo che si può più o
meno possedere, nulla toglie che tale predisposizione si possa anche coltivare e
sviluppare. Perché l’insegnamento non è apprendere a memoria una sequenza per poi
trasmetterla meccanicamente come qualche volta mi è capitato di osservare, magari
facendo sfoggio della propria erudizione e autocompiacendosi di ciò. Secondo me
l’insegnamento è accompagnare per mano l’allievo mentre compie i suoi primi
impacciati passi nella pratica, sostenerlo quando si sente goffo e aiutarlo a migliorare a
poco a poco, facendogli acquisire fiducia nelle sue capacità, e soprattutto dosando le
informazioni sulla base di ciò che la persona che ci sta davanti è in grado di ricevere.
Come già affermato, trovo inutile fare sfoggio di tutto il nostro repertorio nozionistico
riversandolo su un’inerme principiante - il quale, ricordiamolo, iscrivendosi dichiara
anche la sua fiducia nelle nostre capacità – che cinque minuti dopo il termine della
lezione non ricorderà quasi nulla, ma forse avrà guadagnato un certo mal di testa.
Personalmente, quando insegno a dei principianti, o un qualcosa di nuovo a una classe
più o meno avanzata, preferisco partire da un concetto di base ed estremamente
semplice, per svilupparlo in seguito arricchendolo di sempre nuovi particolari. In questo
modo generalmente tutti riescono a seguire almeno in parte l’esercizio e se ne tornano
a casa senza quel senso di frustrazione dato dal prendere coscienza della propria
incapacità e dei propri limiti. E’ un concetto quest’ultimo che io applico prevalentemente
al principiante, in quanto presumo che un praticante avanzato di Tai Chi dovrebbe
possedere la maturità per affrontare, e superare quando possibile, quelli che sono i
limiti di ognuno, fisici o mentali che siano. Probabilmente è questo uno dei fattori a cui
presto maggiore attenzione dato che io stessa per prima, di fronte a tutto ciò che è
nuovo, tendo a muovermi su una base di insicurezza dovuta alla strisciante paura di
non riuscire bene, o ancora, di non essere sufficientemente capace. Ma ne sono
cosciente e mi sforzo di mitigare questo aspetto della mia personalità anche se
l’emotività spesso ha ancora la meglio.
Allo stesso tempo il timore di non essere sufficientemente brava, questa sorta di “ansia
da prestazione”, è stata nel corso dei miei primi anni di insegnamento lo sprone a
impegnarmi e a dare il meglio delle mie capacità e credo pertanto che entro certi limiti
non sia un qualcosa da considerarsi esclusivamente in negativo, ma può bensì venire
incanalata come forza positiva (del resto noi praticanti di Tai Chi conosciamo un certo
Yin e Yang…).
14
In questi anni di insegnamento, ho incontrato molte personalità diverse tra gli allievi, e
ho cercato di far sentire a proprio agio chiunque anche se talvolta non è sempre facile
che un corso si amalgami bene. Tai Chi
Qualche volta il rapporto con l’allievo maschio può rivelarsi problematico, specie se
questi proviene da precedenti esperienze nelle discipline marziali cosiddette “esterne”.
In questi ultimi anni sto portando avanti quello che è nato all’inizio come un
esperimento: si tratta di un corso di Tai Chi tenuto assieme all’insegnante Marco
Panfilo, scelta che è stata dettata da problemi legati agli impegni personali di entrambi e
soluzione che ci permette di gestire il corso senza dover mai sospendere nessuna
lezione. Durante questo che possiamo definire “corso sperimentale”, ho potuto
osservare che molti dei nuovi arrivati maschi, scelgono istintivamente Marco come
figura di riferimento già dal primo ingresso in palestra. Per me questo non è vissuto
come un problema e non va a intaccare la nostra collaborazione dato che credo sia da
ricondurre al nostro contesto culturale, contesto culturale in cui tutti noi siamo cresciuti,
ci siamo formati come individui e viviamo tutt’ora in maniera più o meno consapevole.
Di conseguenza, non si può pretendere di trasformare all’improvviso la mentalità della
gente, essendo questi dei meccanismi complessi e che richiedono dei tempi lunghi per
essere assimilati a pieno e vissuti in seguito come normali. Per quanto riguarda il mio
ruolo di istruttrice, ho notato che a me si rivolgono preferibilmente quelle persone
bisognose di rassicurazioni e che talvolta non si trovano a proprio agio con i modi più
diretti di Marco.
Questo tra Marco e me è un esperimento che si è rivelato per essere positivo: riusciamo
a garantire sempre le lezioni, possiamo dividere il corso in più livelli a seconda delle
necessità del momento e seguire in tal modo dal principiante assoluto all’allievo più
avanzato.
Si nota sovente negli allievi più avanzati, ma non solo, una certa, come dire, “smania” di
ricoprire il ruolo di istruttore, che si accompagna alla fretta nell’intraprendere questo
compito. Il ruolo di istruttore di Tai Chi, ma il concetto si può estendere a tutte le
discipline, è un compito che dà grandi soddisfazioni e anche gratif icazioni, ma è allo
stesso tempo assai gravoso, in quanto richiede costanza, dedizione, equilibrio. Quando
si arriva in palestra bisogna lasciare fuori della porta i propri problemi e i propri impegni
per dedicarsi serenamente agli altri. Talvolta ci si ritrova ad essere un po’ psicologi, altre
volte una sorta di medico o di fisioterapista, altre ancora si diventa depositari dei
problemi altrui perché non è raro che le persone che si avvicinano al Tai Chi ricerchino
non solo la forma fisica, ma un benessere più profondo e completo. Durante i miei primi
anni come istruttrice, lo ammetto senza vergogna, era faticoso trovare una dimensione
in cui collocarmi, volevo essere me stessa, fare del mio meglio, ma non portarmi a casa
le ansie e le preoccupazioni altrui, e tantomeno fingere di avere risposte che non
possiedo.
E' solo in questi ultimi anni che mi sento veramente sicura nell’insegnamento, ora che
ho affrontato un percorso che mi ha portata a conoscere in maniera più approfondita ciò
che mi riprometto di insegnare a mia volta agli altri, ora che conosco le applicazioni
delle forme e posso dare un senso e un’interpretazione al singolo gesto. Probabilmente
a molti di coloro che hanno ancora la forza di continuare a leggere questa sorta di fiume
interiore che è da considerarsi nient’altro se non un piccolo pensiero individuale, potrò
forse apparire troppo esigente, ma fare l’insegnante non è solo ricevere le gratif icazioni
date dal ruolo gerarchico che si ricopre, dai rapporti di amicizia che spesso si
instaurano, bensì sono giunta alla ferma convinzione che è necessario utilizzare una
speciale alchimia, un amalgama fatto di sensibilità, di responsabilità e soprattutto di
seria preparazione.
15
passeggera del silenzio
Rif lessioni sul libro di Fabienne Verdier
- NATALIA RADICE
“Nel mese di giugno scorso ho partecipato al seminario di calligrafia cinese e Tai Chi
Chuan, tenuto dai maestri Ning Wang e Franco Mescola presso la Bottega del
Tintoretto a Venezia. In quell’occasione Marzia Bianchi ci ha segnalato un libro,
Passeggera del silenzio, che ho letto appena rientrata a casa, trovandolo bellissimo.
A lei va il mio ringraziamento”.
Questo libro è autobiografico. Nel 1983
Fabienne, ventenne francese,
studentessa di pittura, carattere libero e
ribelle, riesce ad ottenere il permesso di
partire per la Cina con una borsa di
studio. La Cina di quell’epoca è ancora
un paese totalmente chiuso agli stranieri.
L’ambasciata francese vorrebbe che
Fabienne restasse a Pechino o
Shanghai, ma Fabienne vuole
frequentare i suoi corsi nel Sichuan, una
provincia remota, dove nessuno potrebbe
garantire la sua incolumità.
Giunta dopo un viaggio di sei giorni a
Chongqing, una brutta e inquinatissima
città industriale del Sichuan, entra
16
all’accademia di belle arti, ufficialmente per
frequentarne i corsi. In realtà Fabienne ha
segretamente intenzione di studiare l’arte
tradizionale cinese e, in particolare, l’antica
arte della calligrafia.
Incontra da subito l’ostilità dei professori
dell’accademia e dei quadri di partito, che la
osservano e la spiano continuamente, ma
la sua tenacia la porta a imparare il cinese,
a conoscere gli studenti e diventare loro
amica, finché riesce ad ottenere l’indirizzo
di due maestri calligrafi. Fabienne diventa
l’allieva di uno di loro e vivrà un vero e
lungo percorso iniziatico, durante il quale il
maestro le insegnerà non solo a dipingere
gli antichi ideogrammi, ma a comprendere
il profondo legame tra la calligrafia e le
altre finissime arti cinesi, la filosofia
taoista e, soprattutto, il rapporto dei
cinesi con la natura, il loro concetto di
arte e di armonia.
Fabienne scopre che in Cina gli artisti
non sono liberi di esprimersi, devono
rispettare i canoni artistici imposti dal
regime. La calligrafia, come altre antiche
arti, è stata bandita in quanto considerata
arte degenerata e i maestri vivono
poveramente, non possono insegnare e
alcuni di loro hanno subìto torture e
l’amputazione della mano destra. La
ragazza, dopo sei anni, durante gli
scontri di piazza Tienanmen, è costretta
ad abbandonare il paese, ma tornerà
pochi mesi più tardi, con un incarico
ufficiale del ministero degli esteri
francese, per promuovere gli scambi
culturali tra i due paesi e la riabilitazione
degli artisti dissidenti.
17
E’ impressionante la distruzione che la
rivoluzione maoista ha perpetrato nei
confronti di una cultura plurimillenaria.
Molto è andato perduto per ragioni
ideologiche e molto si sta oggi perdendo
perché la Cina contemporanea è
interessata solo ad arricchirsi
materialmente. Questo mi è stato
confermato anche dal maestro calligrafo e
incisore di sigilli cinese, da molti anni
residente in Germania, Wang Ning. Torna
raramente in Cina, dove la sua arte suscita
spesso derisione e ilarità.
Fortunatamente gli antichi saperi vengono
mantenuti in vita da anime delicate e tenaci,
poetiche e profonde come quella di
Fabienne Verdier.
"Passeggera del silenzio"
Fabienne Verdier - edizioni TEA
la pratica
LA SEQUENZA PRIMARIA
Regolare il respiro
Dopo aver eseguito alcuni esercizi di riscaldamento
per il Chi Kung, restate in piedi nella posizione eretta
e chiudete gli occhi. Portate l'attenzione al perineo e
rilassatelo.
Portate l'attenzione al terzo occhio, pensando di
aprirlo. Portate la mente e i sensi all'interno del
corpo e quindi al Tan Tien. Calmate la mente e
rilassate sempre più il corpo. Regolate il respiro: per
il benessere e il rilassamento utilizzate la
respirazione addominale o postnatale, per il
benessere e il Tai Chi Chuan quella inversa o
prenatale.
Quando respirate la parte inferiore del corpo respira
con voi. Quando inspirate, nella respirazione
prenatale, tirate il perineo e l'ano verso il Tan Tien.
Quando espirate l'addome si espande e si rilassa
assieme al perineo e l'ano. Procedete al contrario
per la respirazione prenatale. Non utilizzate la forza,
ma il pensiero. NON CONTRAETE L'HUI YIN. Una
tensione in questa cavità blocca la circolazione del
"Chi". La punta della lingua deve toccare il palato
superiore per connettere i canali Du mai e Ren Mai
(vaso governatore e vaso di concezione).
Abbracciare il tan tien
La funzione di quest'esercizio, come quella d'altre
posizioni statiche che intervallano la
sequenza, é quella di "sentire la forza" (Shi Li).
Queste posizioni sono utilizzate nell'arte interna
del Da Cheng Chuan (Y Chuan) con lo stesso
proposito. Sistemate le braccia davanti al vostro
Tan Tien come per proteggerlo o come per
sostenere una sfera. La posizione tenuta
per tre, cinque, dieci o più minuti consente di
percepire e ascoltare l'energia vitale, riconoscerne
la qualità e registrare le sensazioni che ne derivano.
Bisogna rilassare il corpo, intervenendo con la mente,
per ovviare all'inevitabile irrigidimento generato
da una posizione statica tenuta per lungo tempo.
Concentrandosi e ascoltando il fluire
del "Chi", emergono emozioni che cementano nella
memoria del corpo le nozioni derivate dalla pratica.
18
Pulire il corpo
Si disegnano di fronte al proprio corpo dei grandi cerchi dall'interno all'esterno.
Il movimento, guidato dall'intenzione, parte dall'interno verso l'esterno, dal ventre alle
mani. L'immagine che conviene creare è quella di allontanare dal proprio corpo,
utilizzando il movimento, non solo l'energia stagnante e l'aria nociva, ma anche le
emozioni negative e i pensieri egoistici che bloccano lo sviluppo armonico dell'essere.
Ripetete 8 volte.
Travasare il chi nel tan tien
Descrivete dei cerchi con le braccia di fronte al corpo.
Il movimento è dall'esterno verso l'interno (contrario al precedente).
Dopo aver allontanato l'energia perniciosa e le emozioni negative si usa il gesto e il
pensiero per far entrare (travasare) l'energia del cielo attraverso la sommità del
capo (Bay Hui). La si guiderà, molto lentamente, lungo il corpo attraverso la
testa, il torace, l'addome, le gambe e i piedi fino a circa un metro sotto terra.
Immaginate che il Chi del cielo nella sua discesa illumini gli organi interni
e i visceri. Visualizzateli mentre rif lettono la luce e sorridete. Ripetete il movimento
Ripetere per 8 volte.
19
Sostenere la giara
L'esercizio ha la stessa funzione dell'esercizio
numero due (abbracciare e proteggere il Tan Tien),
solo che le mani vanno tenute all'altezza delle spalle
formando un cerchio.
Siccome le braccia vanno tenute estese, per
sostenere il loro peso i muscoli e i nervi si
affaticano e si tendono generando "Chi" che
si percepirà sotto forma di calore.
Anche i muscoli e i nervi delle gambe e della
schiena sono sottoposti a tensione e
generano energia. Poiché quest'energia non è generata
nel Tan Tien è definita "Chi locale". Alla fine abbassate le
mani molto lentamente. Il "Chi", trattenuto fino a quel
momento, fluirà abbondantemente dalle spalle alle mani
e alla punta delle dita. "Sostenere la giara" é
considerato un esercizio Yin perché il corpo é fermo e
l'energia è trattenuta e conservata all'interno. Oltre ad
aumentare il "Chi" nelle spalle e nelle braccia
l'esercizio migliorerà la circolazione nella colonna
vertebrale condizione questa che riveste per la pratica
del Tai Chi Chuan e per l'equilibrio energetico generale,
una particolare importanza.
La sinistra e la destra
spingono le montagne
Dopo aver pulito il corpo e la
mente ed aver assorbito il Chi
del cielo si inizia a costruire il
Chi interno e ad usarlo
ricorrendo ad un'immagine
esterna. Il movimento guidato
dall'intenzione (yi) parte dal
ventre, le mani salgono fino
all'altezza della gola, qui si
separano e puntano
lateralmente con i palmi rivolti
verso terra. Quando le braccia
sono quasi del tutto estese si
raddrizzano le mani e si flettono
i polsi come per spingere un
grande peso. Naturalmente
sarà l'idea, l'immagine, che farà
scorrere il Chi e non la forza
muscolare. L'esercizio può
essere utilizzato come una
sorta di training autogeno.
Rif iutate di essere limitati dalla
paura del passato e del futuro.
Immaginate di allontanare con
la mano destra i ricordi del
passato e con la mano sinistra
le ansie e i timori per ciò che
verrà. Possiamo scegliere di
avere esperienza del presente
come del solo tempo che esiste
e vivere nella realtà del qui ed
ora. Concedetevi quell'attimo
ed espandetelo per vivere ed
apprezzare in pace il momento
presente.
Ripetete per 8 volte.
20
Aggiustare i polsi e spingere con le mani.
Questo esercizio è molto simile a quello precedente. L'unica differenza è che le mani
spingono verso avanti. Ripetere per 8 volte.
Sostenere il cielo in movimento
Questo esercizio è molto simile a quello precedente. L'unica differenza è che le mani
spingono verso l'alto. Ripetere per 8 volte.
21
Tenere il bambino
a destra e a sinistra
Le braccia vanno tenute come
per sostenere un piccolo
bambino.
Il peso va tenuto sulla gamba
destra quando lo sguardo e le
braccia sono rivolte a sinistra e
viceversa. Quest'esercizio ha la
funzione di far percepire la forza
vitale, ovvero il Chi.
La sinistra e la destra
aprono le montagne
Il movimento va eseguito con un
solo braccio e alternativamente,
mentre l'altro indica, con le dita, il
Tan Tien.
Partire con le dita delle due mani
rivolte al baricentro e, senza
muoversi, visualizzare un vortice o
una sfera rotante al centro del
ventre; darle poi la forma di un otto.
Ampliare questo andamento sino a
coinvolgere le braccia e iniziare a
muoversi per facilitare
percorso. Alimentare il fluire con una
forte intenzione e utilizzarla quindi
per estendere ulteriormente disegno
dell'otto sino a staccare
le braccia alternativamente (una
resta sempre ad indicare il Tan Tien).
Il percorso è quello che potrebbe
essere adottato, come dice
nome stesso dell'esercizio, per
"aprire" le montagne, ovvero
spostare verso destra la montagna
di destra e verso sinistra la
montagna di sinistra.
Il disegno di questo grande otto
finale parte dal Tan Tien e, guidato
dalla mente, sale obliquamente
verso una spalla, entra
nel gomito, e ritorna al Tan Tien
attraverso la mano appoggiata
al centro del ventre, quindi risale
obliquamente per entrare nell'altra
spalla e arrivare alla mano che,
guidata dall'intenzione, si stacca dal
corpo per descrivere una
circonferenza molto ampia che
porterà la mano sino alle reni.
22
Il guerriero
Infilare le mani verso l'alto, all'altezza della
gola la mano destra fa una parata alta
frontale, mentre la sinistra una parata
bassa, il corpo è in direzione della mano
che si alza. Le anche chiuse verso parata
alta. La testa guarda in avanti.
Lo stato d'animo è rilassato, consapevole e
vigile come è l'atteggiamento di un
guerriero in una stato di pericolo
consapevole.
Il grande orso nuota nell'acqua
I movimenti delle braccia, molto
ampi, disegnano dei cerchi
paralleli al terreno, partendo dai
lombi e seguendo, nella fase iniziale,
il percorso del meridiano della cintura, con
moto che va dall'interno all'esterno
E' importante, durante l'esecuzione,
23
imprimere un movimento
di avvitamento attorno all'asse
delle braccia (COILING) per favorire
il flusso del CHI e del sangue
sfruttando così la chiusura e l'apertura
alternata dei meridiani e
delle vene.
L'aquila ghermisce la preda
Quando si esegue un esercizio
che prende come esempio un
animale, può essere importante
coinvolgersi in quella che si suppone
essere la "natura" dell'animale
al quale ci si ispira.
L'aquila, regina delle altitudini,
vede il mondo dall'alto e si identif ica,
espandendo la sua
coscienza, con il territorio che
domina. Si potrebbe dire che la
sua coscienza è vasta quanto la
sua fame.
Si alzano le braccia all'altezza
delle spalle, come farebbe un'aquila
aprendo le proprie ali.
Attraverso dei piccoli movimenti,
(remigando), si immagina di
librarsi nell'aria facendosi da
questa sostenere.
Lo sguardo è rivolto verso il
basso così come un'aquila che
cerchi la sua preda nelle valli
sottostanti.
Individuatala, sbarrando gli
occhi, piomba su di essa e la
ghermisce artigliandola.
Le "braccia - ali" e le "mani artigli" seguono un percorso
che le porterà a congiungersi, piegando busto e gambe, in prossimità del terreno.
Ci si raddrizza quindi portando le mani sovrapposte sulla superficie del ventre,
immaginando di assimilare così la preda – energia. Ripetere 8 volte
24
il giovane leone ruota la palla
I giovani felini sono dotati di
straordinaria energia che esprimono
in un "gioco" che per loro
è addestramento inconscio alla
difesa della vita.
Imitando un rituale comune a
tutti i felini, si immagina di far
ruotare davanti a sé, un braccio
alla volta, una palla, muovendo la
mano dall'esterno all'interno (o
viceversa). L'altra mano resta
appoggiata sul Tan Tien.
Quando si concretizza la sensazione
di peso e consistenza, alla
fine di ognuna delle due serie, si
portano le mani sovrapposte
all'altezza del Tan Tien, immaginando
di suggere l'energia accumulata.
II corpo, tutto, partecipa all'esecuzione
L'airone bianco dispiega le ali
Ciò che distingue l'airone (o la gru), oltre che la sua
leggerezza é la straordinaria coordinazione di tutti gli
elementi (ossa, muscoli, nervi, legamenti, giunture, fasce)
che compongono il suo corpo fisico. Pensate che alcuni di
questi uccelli, ad esempio la garzetta del Lazzaretto Nuovo,
scelgono per dormire i rami più alti e sottili delle piante più
alte e, pur accadendo a volte che gli alberi su cui si posano
e il loro stesso leggerissimo corpo, siano investiti da forti
raffiche di vento, questi eleganti piumati dormono
indifferenti. L'airone bianco dispiega le ali si esegue facendo
salire alternativamente una mano verso l'alto e all'infuori e
l'altra verso il basso come per spazzare il ginocchio. Le
mani si incrociano all'altezza dello sterno. Il peso passa da
un piede all'altro e quando il piede destro è consistente il
sinistro è inconsistente, il braccio destro è alzato e lo
sguardo è rivolto a 45° a sinistra e viceversa. La posizione
che si assume è quella dell'uccello che dispiega
alternativamente le ali per regolarizzare la temperatura del
corpo. Per disperdere l'eccessivo calore l'airone espone
cosi facendo una maggior superficie corporea. Ciò avviene
perché si instaura spontaneamente un'armoniosa, totale
comunione tra l'airone, l'albero, il vento e, naturalmente, la
sempre presente forza di gravità. Il movimento, necessario
per il continuo riallineamento, permette le infinite variazioni
posturali che consentono l'apparente miracolo. Un atto
cosciente, un gesto calcolato, una titubanza anche lieve o il
soffermarsi per considerare la qualità del movimento
(ammesso che un volatile abbia una capacità di giudizio
cosciente) comprometterebbe, al pari del proverbiale
millepiedi, un equilibrio cosi fine e delicato.
Un'altra spiegazione della postura, forse più in linea con lo
spirito del Tai Chi Chi Kung, è che il volatile dispiegando le
ali proietta la propria ombra sul fondale trasformando così lo
spazio d'acqua oscurato nel suo territorio di caccia. Alcuni
pesci infatti, cercando di sfuggire all'eccessiva calura,
cadono nell'astuta trappola tesa dell'airone che velocissimo
fa scattare il lungo collo per catturarli.
Se il movimento è coordinato con il respiro gli organi interni
si rilassano e si assestano e il Chi stagnante viene portato
in superficie. Eseguire 8 volte a destra e 8 volte a sinistra.
25
Abbracciare il tan tien
La funzione di quest'esercizio, come quella d'altre
posizioni statiche che intervallano la
sequenza, é quella di "sentire la forza" (Shi Li).
Queste posizioni sono utilizzate nell'arte interna
del Da Cheng Chuan (Y Chuan) con lo stesso
proposito. Sistemate le braccia davanti al vostro
Tan Tien come per proteggerlo o come per
sostenere una sfera. La posizione tenuta
per tre, cinque, dieci o più minuti consente di
percepire e ascoltare l'energia vitale, riconoscerne
la qualità e registrare le sensazioni che ne derivano.
Bisogna rilassare il corpo, intervenendo con la mente,
per ovviare all'inevitabile irrigidimento generato
da una posizione statica tenuta per lungo tempo.
Concentrandosi e ascoltando il fluire
del "chi", emergono emozioni che cementano nella
memoria del corpo le nozioni derivate dalla pratica.
Chiudere la sequenza - sigillo
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eventi
FEBBRAIO
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Seminario con M° Mescola "PENG LU CHI AN"
Lezione speciale Chin'na con M°Ronchi
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M° Doldi e Ins. Schiavone e Bianchi
MARZO
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08/03
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23/03
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Seminario Chi Kung 1ª lezione con Aiko Mescola
Allenamento Maestri-Insegnanti
Seminario con M° Mescola
Corso Istruttori 3ª lezione
5ª Lezione Speciale Armi con M° Rizzardi
Seminario Friuli Venezia Giulia con M° Mescola
Sintesi - Xuan Chuan - 2ª lezione mattino.
Lezione approf. corso istruttori pomeriggio, con
M° Doldi e Ins. Bianchi e Schiavone
Corso istruttori 3ª lezione
Lezione - Sintesi - Xuan Chuan - 2ª lezione, Ins.
Pugliese e Reveanne
Seminario Liguria con M°Mescola e Mostra del
M° Franco Mescola
APRILE
05/04
06/04
12/04
13/04
13/04
SPINEA
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S.DONA'
UDINE/PD
MELZO
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6ª Lezione Speciale Armi con M° Rizzardi
Seminario Friuli Venezia Giulia con M° Mescola
3ª Lezione Speciale Ventaglio con M° Doldi
MILANO
MILANO
SPINEA
S.DONA'
BUCCINASCO
PESCANTINA
SPINEA
Lezione Maestri-Insegnanti con M° Mescola
Corso Istruttori 4ª lezione
Seminario Chi Kung 2ª lezione con Aiko Mescola
7ª Lezione Speciale Armi con M° RizzardI
Seminario CRT Lombardia con M° Mescola
Seminario "ESSERE ISTRUTTORI "
Lezione speciale Tui-Shou 3ª lezione Ins.
Pugliese e Reveanne
MAGGIO
03/05
04/05
10/05
10/05
11/05
24/25
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PER ULTERIORI INFO RIGUARDO I SINGOLI INCONTRI_VALIDO FINO A MAGGIO 2014
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posta del crt
In riferimento alle nuove disposizioni circa l’obbligatorietà da parte di tutti gli istruttori e
di tutti i soci praticanti di fornire il certif icato medico con o senza cardiogramma vi
chiedo se è possibile pubblicare sul prossimo Wu-Li la normativa, viste le diverse
interpretazioni della stessa questo servirebbe per fare chiarezza.
Grazie e cari saluti a tutti!
ANTONIO PUGLIESE
Innanzi tutto ringrazio Toni per la domanda e cercherò di rispondere in modo chiaro
fissando tutti i paletti necessari.
Il decreto del fare ha suscitato quel che si dice un vespaio, e per quanto ci riguarda,
tanto, anzi direi tantissimo, rumore per nulla.
Si devono distinguere due aspetti: uno riguarda l’obbligo civile e penale, l’altro riguarda
invece il rapporto con l’assicurazione (nel caso del CRT l’ente UISP che si appoggia a
GENERALI Italia SpA).
Parlando del primo aspetto che riguarda il rispetto delle leggi dello Stato e delle sue
Istituzioni, riporto il testo della legge del 21 agosto che ho trovato trascritta in linguaggio
più adatto a noi comuni cittadini:
Dal 21 agosto sono entrate in vigore nuove regole in materia di certificati medici
con riferimento allo svolgimento delle attività sportive. Sulla materia sono
intervenute anche le Circolari del Ministero della Salute n. 4608 e n.4609, datate
entrambe 11/09/2013.
In breve la situazione attuale si può descrivere nei seguenti termini:
1) rimane obbligatorio il certificato del medico sportivo per le attività agonistiche
(DM 18/02/1982), che siano svolte da tesserati o da non tesserati. Nulla è infatti
cambiato in materia;
2) è sempre richiesto il certificato medico per le attività sportive non agonistiche
organizzate da associazioni e società sportive affiliate ad Enti di promozione
sportiva, Federazioni e Discipline sportive associate (art.3 del DM 23/04/2013).
Non è però più previsto come obbligatorio l’elettrocardiogramma a riposo, a
meno che non sia il medico a ritenerlo opportuno;
3) se viene organizzata una iniziativa patrocinata da Federazioni/Enti di
promozione sportiva o Discipline sportive associative ed aperta a non tesserati
che non abbia natura agonistica ma che sia caratterizzata da un particolare ed
elevato impegno cardiovascolare (a titolo meramente esemplificativo
manifestazioni podistiche di lunghezza superiore ai 20 Km, gran fondo di
ciclismo, di nuoto, di sci di fondo o altre tipologie analoghe), si rende necessario
chiedere il certificato medico previa rilevazione della pressione arteriosa,
elettrocardiogramma basale, step test o test ergometrico con monitoraggio
dell’attività cardiaca e altri accertamenti che il medico certificatore riterrà
necessario per i singoli casi (art.4 del DM 23/04/2013);
4) non è più dovuto il certificato medico per le attività ludico-motorie a seguito
delle modifiche apportate all’articolo 2 del DM 24/04/2013 dalla Legge 98/2013
28
di conversione del Decreto Legge 69/2013 (c.d. Decreto del Fare).
Viene chiaramente detto che essendo noi soci di enti promozione sportiva (UISP),
abbiamo l’obbligo di presentare la certif icazione medica.
Parla anche dell’elettrocardiogramma, ma che questo sia necessario o meno è compito
del medico e del socio che si sottopone alla visita di idoneità e non della società
sportiva che deve semplicemente conservare copia del certif icato medico nella sede
della società (l’originale rimane al socio che ne può disporre in caso necessiti di
iscriversi ad altre discipline sportive).
Secondo l’aspetto assicurativo, l’ente UISP, non richiede il certif icato medico, ma vi è
un’eccezione: morte per infarto o ictus dovuta alla presenza di vizi cardiaci che
potessero essere diagnosticati con un esame medico.
Rimane da evidenziare il fatto che tutti parlano dei costi del certif icato medico, e
nessuno però pensa al Presidente dell’Associazione e ai Membri del Direttivo, per cui vi
rendo noto quanto segue:
Le sanzioni civili e penali per l’omessa acquisizione del certif icato medico che è
soggetta alle seguenti sanzioni:
- sanzione amministrativa pecuniaria da € 51,65 ad € 516,46 (ai sensi dell’art.2
della Legge 1099/1971);
- responsabilità penale del presidente nelle ipotesi, a titolo esemplif icativo, di
decesso o lesioni grave;
- responsabilità civile dell’associazione con aggressione del solo patrimonio
associativo nel caso di associazione dotata di personalità giuridica oppure, nel
caso (più frequente) di associazione priva di personalità giuridica, con
aggressione anche del patrimonio personale di quanti abbiano agito in nome e
per conto dell’associazione, ai sensi dell’art.38 del codice civile.
Stante quanto ti ho esposto fino ad ora, rimane quindi fermo l’obbligo da parte del socio
presentare il certif icato medico per la pratica sportiva e conseguenze sia civili che
penali per il Presidente e i membri del Direttivo dell’Associazione e gli Istruttori in caso
di morte o infortunio grave del socio privo del certif icato.
Dal punto di vista assicurativo la perdita di indennizzo in caso di morte o infortunio
grave.
Per chi lo desidera si può fare richiesta alla segreteria della norma di legge
21/06/2013 che gli verrà inoltrata via e.mail
Buona Pratica !!
GIANCARLO RONCHI
INVITIAMO TUTTI A SCRIVERE E CONDIVIDERE PENSIERI ED EMOZIONI VISSUTE INSIEME, DUBBI
O PROPOSTE SCRIVENDO AL SEGUENTE INDIRIZZO: [email protected]
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WU-LI ONLINE
è una rivista auto prodotta e un bollettino dell’associazione
REDAZIONE
Giancarlo Ronchi
Francesca Napolitano
Marzia Bianchi
hanno collaborato:
Rita Vianello
Natalia Radice
Antonio Schiavone
Antonio Pugliese
Franco Mescola
Aiko Mescola
“CENTRO RICERCHE TAI CHI è un'associazione sportiva dilettantistica”.
La denominazione ridotta dell’Associazione è “C.R.T.”
L’Associazione, escluso ogni fine politico e di lucro, sorge con lo scopo di favorire:
sul piano personale, il raggiungimento di una sempre maggiore consapevolezza delle potenzialità
dell’essere umano, fornendo nel contempo agli Associati mezzi idonei, metodi e tecniche per il
conseguimento di una maggior capacità di autodeterminazione e di introspezione;
sul piano generale, il conseguimento di un armonioso equilibrio psicofisico tra individuo e ambiente.
Centro Ricerche Tai Chi
Via A.Calmo, 18
Lido
30126 VENEZIA (VE)
[email protected]
www.taichi.it
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