2012-03.04 I-07 SALAZAR CONFLITTO UOMO

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2012-03.04 I-07 SALAZAR CONFLITTO UOMO
Michele Salazar
IL CONFLITTO UOMO-MACCHINA: DON
∗
CHISCIOTTE E LA SINDROME CINESE
Il 22 aprile dello scorso anno RAI 3 ha mandato in onda un vecchio film del 1979 del regista James Bridges, Sindrome cinese, con
un cast di prim'ordine: Jane Fonda, Jack Lemmon, Michael Douglas, Scott Brady e James Hampton.
Il film, che a suo tempo fece molto scalpore, tratta il tema,
sempre attuale (si pensi ai disastri di Chenobil e di Fukuscima),
dei rischi che alla salute umana possono derivare dalle centrali nucleari. La trama può essere così riassunta: la giornalista televisiva
Kimberly Wells (Jane Fonda) e l'operatore Richard Adams (Michael
Douglas) sono testimoni di un incidente in una centrale nucleare
californiana. Vorrebbero realizzare un servizio sull'accaduto ma il
loro direttore impone la censura. Su di lui sono intervenuti prontamente i dirigenti della società che ha costruito e che gestisce la
centrale per intimargli il silenzio rammentandogli che le centrali
fanno parte del potenziale strategico degli Stati Uniti e sono quindi
soggette alla tutela delle forze armate dello Stato. I due giornalisti, però, non si rassegnano. Hanno intuito di avere assistito ad un
vero e proprio incidente nucleare, in ciò confortati dall'opinione di
due esperti a cui hanno fatto vedere in segreto le immagini girate
clandestinamente nella sala operativa della centrale proprio mentre i tecnici si affannavano disperatamente a localizzare il guasto e
a ripararlo in un convulso operare su manopole e pulsanti, che da
solo denunziava la gravità dell'accaduto.
L'attività della centrale era stata fermata per gli accertamenti
del caso e la popolazione, fattasi ormai consapevole dei rischi, aveva cominciato ad inscenare manifestazioni di protesta. Nono∗
Intervento al Festival del Diritto, Piacenza 30 settembre 2012.
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Il conflitto uomo-macchina: don Chisciotte e la sindrome cinese
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stante ciò, dopo una sommaria inchiesta, l'apposita Commissione
federale, sollecitata nascostamente dalle lobbyes del potere economico, dava l'ok alla ripresa dell'attività produttiva della centrale.
L'ingegnere Jack Godell, che la dirige, sospetta che l'incidente
possa essere stato causato da un difetto dell'impianto ed in particolare da qualche saldatura andata in avaria. Controlla tutte le radiografie delle saldature e scopre che l'impresa che ha realizzato
l'impianto ha eseguito una sola radiografia e l'ha poi riprodotta,
per risparmiare sui costi, per il numero delle saldature eseguite,
cosicché esiste un'alta percentuale di insicurezza dell'impianto,
che necessita di una verifica ad ampio raggio, previa sospensione
dell'attività. È profondamente turbato dal fatto e decide quindi di
collaborare con i due giornalisti ai quali fornirà la prova del pericolo costituito dalle radiografie fasulle delle saldature perché possano essere esibite alla Commissione di controllo federale. Sennonché, la persona incaricata di recapitare con la propria autovettura
il plico con le radiografie ai due giornalisti viene intercettata, spinta fuori strada mediante un simulato incidente stradale e derubata
del materiale di prova. L'ingegnere Godell, avvisato di quanto è
successo, tenta di recarsi personalmente presso la Commissione
per deporre ma, accortosi di essere inseguito e temendo di fare la
stessa fine della persona a cui aveva consegnato le radiografie,
cambia direzione e si dirige verso la centrale, seminando gli inseguitori. Entrato nella sala operativa, dove i tecnici hanno già messo in moto l'impianto e stanno portando i motori al massimo, intima loro di ridurre la potenza e poiché si rifiutano di obbedirgli, invitandolo ad andare a riposarsi, immaginando che sia stressato e
non in possesso delle complete facoltà mentali, sottrae la pistola
alla guardia giurata e sotto la minaccia dell'arma fa uscire dalla
sala operativa tutti gli addetti, chiudendosi dentro con la doppia
porta blindata, non accessibile dall'esterno. Può così ridurre al
25% l'attività della centrale. Viene raggiunto da Kimberly e da Richard e decide di parlare davanti alle telecamere.
Mentre fervono i preparativi per la trasmissione e si è in attesa
dei tecnici per le riprese, la direzione della centrale richiede l'intervento delle forze speciali dell'esercito. Giungono sul posto intanto i tecnici della televisione e può cominciare l'intervista della
Kimberly a Godell che, in preda ad una visibile emozione, denunzia quanto è accaduto in occasione dell'incidente di alcuni giorni
prima. L'intervista è ancora in corso quando gli agenti della squadra speciale sfondano con la fiamma ossidrica la porta blindata,
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Parte Prima - Dottrina
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penetrano nella sala operativa e colpiscono a morte con una sola
pallottola l'ingegnere Godell, il quale, prima di spirare indica il sesto settore come la probabile zona dell'avaria dell'impianto. Nella
confusione che ne segue, a trasmissione ancora aperta, i dirigenti
della centrale si affrettano a dichiarare che l'ing. Godell era uscito
di senno e si era impadronito con la forza della sala operativa della centrale ma che l'ordine era stato ristabilito prontamente dalle
forze speciali e pertanto ogni pericolo era stato rimosso. Si era
trattato dell'azione di un pazzo, per fortuna bloccato dall'intervento dell'esercito.
Pazzo era pure don Chisciotte, a giudizio del suo scudiero,
quando aveva assalito, lancia in resta, a cavallo di Ronzinante, i
mulini a vento, macchine per la produzione di energia, e quindi, in
un certo senso, gli antenati delle moderne centrali nucleari, avendoli scambiati per perfidi giganti.
L'episodio è così narrato da Cervantes nell'VIII capitolo della
Prima Parte del Quijote:
«In questo mentre, scorsero trenta o quaranta mulini a vento
che sono in quella pianura, e come don Chisciotte li ebbe veduti,
disse al suo scudiero:
La fortuna va guidando le cose nostre meglio di quel che potessimo desiderare; perché vedi là, amico Sancio Panza, dove si
scorgono trenta o pochi di più, smisurati giganti, con i quali penso
di battagliare sì da ammazzarli tutti. Con le loro spoglie cominceremo a farci ricchi, poiché questa è buona guerra, ed è anche gran
servigio reso a Dio sbarazzare da tanta cattiva semenza la faccia
della terra.
Quali giganti ? - disse Sancio Panza.
Quelli-- rispose il padrone - che tu vedi laggiù, con le braccia
lunghe, che taluni ne sogliono avere quasi di due leghe.
Guardate - rispose Sancio - che quelli che si vedono laggiù non
son giganti, bensì mulini a vento, e quei che in essi sembrano
braccia sono le pale che, girate dal vento, fanno andare la macina
del mulino.
- Si vede bene - rispose don Chisciotte - che in fatto d'avventure non sei pratico: son giganti quelli; che se hai paura, scostati di
li e mettiti a pregare mentre io vado a combattere con essi fiera e
disuguale battaglia.
E, così dicendo, spronò il cavallo Ronzinante, senza badare a
quel che gli gridava lo scudiero per avvertirlo che, certissimamente,
erano mulini a vento e non giganti quelli che stava per assalire».
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Quel che accadde a don Chisciotte è noto: «nel dare un colpo di
lancia contro la pala, questa fu roteata con tanta furia dal vento
che mandò in pezzi la lancia e si trascinò dietro di sé cavallo e cavaliere, il quale andò a rotolare molto malconcio per il campo».
Godell e don Chisciotte sono mossi dalla medesima spinta ideale. Il primo è consapevole che la centrale può esplodere da un
momento all'altro e innescare un disastro ambientale foriero di distruzione e di morte e si lancia quindi in una frenetica operazione
di salvataggio dell'impianto, a rischio della propria vita. Don Chisciotte vede nei mulini a vento perfidi giganti, cattiva semenza, e
ritiene, dunque, sia suo dovere, quale cavaliere errante, assalirli
ed abbatterli.
Nella sua lucida follia l'aveva dunque capito, il prode cavaliere,
con vari secoli di anticipo rispetto al film di James Bridges, che le
macchine e i poteri economici che ne gestiscono l'utilizzo avrebbero
messo a rischio a lungo andare la sopravvivenza del genere umano,
e andavano dunque assaliti e abbattuti, quali simboli del male.
Il conflitto uomo-macchina, che l'immortale capolavoro di Cervantes e il suggestivo film di Bridges hanno inteso evocare con differenti strumenti di espressione artistica, si ripropone purtroppo
continuamente nella realtà in varie forme, come denunziano le
drammatiche vicende accadute nei nostro Paese a Marghera, a Casale Monferrato, in Val di Chiana e da ultimo a Taranto, luoghi dove
giganteschi impianti industriali inquinanti - simboli del male come i
mulini a vento nella visione di don Chisciotte - hanno seminato
morte e distruzione, espropriando, in omaggio alle esigenze della
produzione e del mercato, l'avvenire della persona umana.
A Taranto il conflitto ha addirittura coinvolto i diritti fondamentali della salute (art. 32 Cost.) e del lavoro (artt. 1, 4, 36), divenuti assurdamente alternativi l'uno all'altro nell'ottica distorta ed
erronea della impossibile difesa contemporanea di entrambi: o
chiusura della fabbrica a tutela della salute e conseguenziale licenziamento dei lavoratori, o prosecuzione dell'attività lavorativa a rischio della vita!
In questo drammatico contesto lo spettro del licenziamento ha
annebbiato la ragione dei lavoratori fino a spingerli a proclamare
di essere disposti a vendere la propria salute al diabolico padrone
del vapore in cambio del salario secondo la logica perversa che è
meglio morire di cancro che morire di fame.
Dilemma disumano che ha costituito il tema di un altro film di
successo del 1953, Le salaire de la peur (titolo italiano: Vite ven504
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Parte Prima - Dottrina
Il conflitto uomo-macchina: don Chisciotte e la sindrome cinese
dute) (interpreti Yves Montand, Charles Vanel, Folco Lulli, Peter
van Eyck, Véra Clouzot, William Tubbs, Dario Moreno, Jo Dest),
nel quale il regista francese Henri-Georges Clouzot narra, con la
magia del bianco e nero, una vicenda per molti versi analoga a
quella di Taranto: gigantesche trivelle ed enormi impianti estrattivi
di carburante, simboli della potenza economica, condizionano il
destino di quattro disperati che accettano di trasportare, a rischio
della vita, per una pista impervia che attraversa il Sudamerica, un
carico di nitroglicerina necessario per spegnere l'incendio di alcuni
pozzi petroliferi, ribelle ad ogni altro intervento. Tre di loro salteranno in aria prima di giungere a destinazione.
A Taranto, dove le ragioni del profitto e della produzione hanno
messo in forse - come nei films di Clouzot e di Bridges - l'etica e il
rispetto dei diritti umani e sociali, il conflitto tra sicurezza del lavoro e mantenimento dei livelli di occupazione è esploso in tutta la
sua drammaticità - nel decorso mese di agosto - senza trovare soluzioni acquietanti nella convulsa contrapposizione tra interessi di
varia natura, generali e particolari, pubblici e privati, e potrà trovare composizione non certo con provvedimenti giurisdizionali,
decreti governativi e rabbiose quanto irrazionali azioni sindacali,
ma soltanto ove la persona umana sia collocata, in una visione solidaristica dell'unicuique suum tribuere, al centro di ogni progetto
sociale, come proclama la nostra Costituzione.
Purtroppo nell'attuale momento storico così non è.
Le prestazioni dei diritti sociali - lavoro, salute, giustizia, istruzione - sono state ridotte, infatti, per rigide esigenze di bilancio, al
di sotto dei livelli essenziali che la Costituzione impone debbano
essere garantiti a tutti, tant'è che ancora oggi si discute, specie
dopo l'alluvione dei decreti-legge che ha investito e travolto, con
manovre economiche autoritarie, un Parlamento ingessato e inerme, se essi siano da considerarsi diritti “giustiziabili”, ossia esigibili dalle persone davanti ad un tribunale, con l'assistenza di un avvocato libero ed indipendente, pronto a lottare, com'è suo mestiere, per il loro riconoscimento.
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