Dagli armadi ai cassoni gialli: che fine fanno i vestiti usati

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Dagli armadi ai cassoni gialli: che fine fanno i vestiti usati
18 ottobre 2015
giornaledibrescia.it
Cauto Cantiere Autolimitazione
Brescia e Hinterland
Dagli armadi ai cassoni gialli: che fine fanno i vestiti
usati?
La giacca che avete affidato al sacco di
plastica nera nell' ultimo cambio armadio
potrebbe finire sull' appendiabiti di un
mercatino vintage, in un negozio di merce
usata, su una bancarella in Africa o, se fosse
messa male, in un' azienda che la trasformerà
in uno straccio. Non sapete esattamente chi la
userà , ma, dal momento in cui l' avete infilata
assieme ad altri vestiti ormai inutilizzati in uno
dei contenitori gialli collocati lungo le nostre
strade, avete confidato nel fatto che potesse
servire a fare del bene. Ogni anno in Italia
vengono raccolte 1 00mila tonnellate di vestiti
che valgono fino a 600 milioni di euro , come
ha evidenziato nei mesi scorsi Altreconomia. A
Brescia e provincia i principali protagonisti del
settore sono la Cooperativa Cauto , che lavora
in collaborazione con la Caritas , e Humana,
organizzazione umanitaria attiva in progetti di
cooperazione internazionale. Assieme
raccolgono in un anno oltre due milioni di chili
di materiale, il cui destino è molto variabile a
seconda della filiera in cui vengono inseriti.
Nel caso di Cauto il volume d' affari supera i
400mila euro annui per circa mille tonnellate di
media. I cassonetti gialli gestiti dalla
cooperativa sono più di 500 in 110 Comuni
convenzionati e il lavoro di svuotamento dei
cassoni, di trattamento e di gestione burocratica del materiale, classificato per legge come rifiuto,
coinvolge una sessantina di persone. Circa il 60%­70% dei vestiti e degli accessori viene rivenduto
direttamente ad aziende, come la Tesmapri di Prato, che trattano i vestiti e accessori e li rivendono in
Italia e all' estero. La parte restante viene igienizzata (l' obbligo c' è solo in Italia) e rivenduta
direttamente dalla Cauto: o a Spigolandia , in via Mantova, o ad altre cooperative che hanno mercatini
simili. Soltanto il 3% di tutto il materiale viene trasformato in stracci da aziende terze, mentre il 12% più
pregiato, detto «crema», alimenta in particolar modo il mercato del vintage. «Il fatto che non
controlliamo direttamente tutta la filiera non vuol dire che non ci preoccupiamo di dove finiscono i vestiti
­ spiega Michele Pasinetti, direttore di Cauto ­. Le collaborazioni decennali che abbiamo avviato sono
per noi una garanzia». I Comuni con cui Cauto è convenzionata, prosegue Pasinetti, «ricevono report
sui quantitativi dei materiali raccolti, che vengono schedati in modo che siano tracciabili, per avere la
certezza che non finiscano nel nulla». Dopo lo svuotamento dei cassoni gialli il materiale viene portato
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nella sede della cooperativa in via Buffalora. Qui c' è un piccolo polo dei rifiuti da riutilizzare , visto che
oltre agli indumenti l' area è attrezzata per gestire tra le altre cose cibo, mobili, macchinari ospedalieri o
semplice spazzatura. Il valore degli indumenti e degli accessori usati non è solo economico. Da un lato
c' è la tutela dell' ambiente, con il recupero di materiale prezioso che concorre a determinare la
percentuale di raccolta differenziata. Dall' altro c' è l' aspetto lavorativo, con l' inserimento in cooperativa
di persone svantaggiate. I guadagni di Cauto, inoltre, sostengono « Mano Fraterna », progetto della
Caritas che finanzia tra le altre cose microcredito, voucher per la spesa o realtà come la Mensa Menni.
Da Brescia al mondo. L' altro colosso di cui vediamo abitualmente i cassoni gialli è Humana. Nella
prima metà del 2015, l' organizzazione umanitaria ha già raccolto 685mila chili di indumenti negli ottanta
Comuni con cui collabora direttamente e negli altri in cui è presente con contenitori posizionati su suolo
privato. Humana spiega che oltre il 70% dei capi donati dai cittadini è usato come vestito e viene donato
alle «associazioni consorelle» in Mozambico, Zambia e Malawi. Qui viene venduto, i proventi servono a
sostenere progetti umanitari che riguardano istruzione, agricoltura sostenibile, aiuto ai bambini orfani,
prevenzione della diffusione dell' Aids. I benefici si vedono anche in Italia, con i posti di lavoro creati per
gestire la filiera e azioni sociali, coma la distribuzione di indumenti a donne in situazioni di disagio fatta
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EMANUELE GALESI
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