L`Osservatore Romano, 8 maggio 2016, p. 5

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L`Osservatore Romano, 8 maggio 2016, p. 5
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L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
Anno CLVI n. 104 (47.239)
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Città del Vaticano
domenica 8 maggio 2016
.
Papa Francesco denuncia l’esclusione dei poveri dell’Africa dai servizi sanitari essenziali
Nella giornata mondiale delle comunicazioni sociali
Salute negata
Incontro fecondo
di DARIO ED OARD O VIGANÒ
L’accesso alle cure e ai farmaci dev’essere un diritto e non un privilegio
In diverse parti del mondo, soprattutto in Africa, la salute viene di fatto «negata» e anziché «un diritto
per tutti» si trasforma in «un privilegio per pochi, quelli che possono
permettersela». Lo ha denunciato
Papa Francesco ricevendo in udienza
l’organizzazione Medici con l’Africa
- Collegio universitario aspiranti e
medici missionari (Cuamm), che da
oltre 65 anni lavora in sette Paesi del
continente «in favore del diritto
umano fondamentale della salute per
tutti». Un diritto basato sulla convinzione — ha affermato il Pontefice
durante l’incontro di sabato mattina,
7 maggio, nell’Aula Paolo VI — che
la salute «non è un bene di consumo» e che «l’accessibilità ai servizi
sanitari, alle cure e ai farmaci» non
deve restare «un miraggio» ma va
assicurata a livello «universale».
In Africa — ha constatato con
preoccupazione Francesco — «i più
poveri non riescono a pagare e sono
esclusi dai servizi ospedalieri, anche
dai più essenziali e primari». Vittime
di questo meccanismo di esclusione
sono soprattutto le donne in attesa e
i piccoli: «troppe mamme muoiono
N
durante il parto e troppi bambini
non superano il primo mese di vita a
causa della malnutrizione e delle
grandi endemie». Proprio in mezzo
a questa «umanità ferita e dolente» i
medici del Cuamm sono chiamati a
testimoniare l’amore della «Chiesa
madre che si china sui più deboli e
se ne prende cura». Una Chiesa che
non è una «super clinica per vip»
ma piuttosto un «ospedale da campo» al servizio dei «tanti feriti e
umiliati della storia».
Per il Papa l’Africa ha bisogno di
«processi di sviluppo autentici e duraturi», che «necessitano di impostazioni di lavoro serie, domandano ricerca e innovazione e impongono il
dovere di trasparenza verso i donatori e l’opinione pubblica». In ogni
caso vanno coinvolte le popolazioni,
chiamate a diventare artefici del proprio futuro: «vi esorto — ha detto il
Pontefice rivolgendosi ai volontari —
a mantenere il vostro peculiare approccio alle realtà locali, aiutandole
a crescere e lasciandole quando sono
in grado di continuare da sole».
PAGINA 8
L’Onu annuncia la scoperta di oltre 50 fosse comuni in zone dell’Iraq occupate in passato dall’Is
Altri tre giorni di tregua per Aleppo
DAMASCO, 7. È stata estesa di altri
tre giorni la tregua nella città siriana
di Aleppo. Ad annunciarlo è stato il
ministero della Difesa russo a notte
fonda, qualche minuto prima che
scadesse la precedente sospensione
dei combattimenti.
«Il regime di calma nella provincia di Latakia e nella città di Aleppo
è stato esteso dalla mezzanotte del 7
maggio per 72 ore», ha reso noto il
ministero della Difesa in un comunicato, «per evitare un ulteriore aggravarsi della situazione». Gli Stati
Uniti, che hanno lavorato con
Mosca per fare pressione sulle parti
in conflitto e fermare gli scontri,
hanno confermato il prolungamento.
Il transito di Mercurio
Guardare le ombre
GUY CONSOLMAGNO
A PAGINA
4
«Pur accogliendo questa estensione», ha fatto tuttavia notare John
Kirby, portavoce del dipartimento di
Stato americano, «il nostro obiettivo
è arrivare a un punto in cui non
conteremo più le ore e la cessazione
delle ostilità sia pienamente rispettata in tutta la Siria».
Nonostante gli impegni presi, ieri
si è tuttavia registrato un cruento
raid aereo contro un campo profughi
nel governatorato di Idlib. L’attacco
ha provocato la morte di trenta persone, tra le quali alcuni bambini.
Tutte le parti coinvolte nel conflitto
hanno però negato qualsiasi responsabilità.
«Profondamente scioccato e sconcertato» si è detto l’alto commissariato dell’Onu per i rifugiati
(Unhcr). «Questi attacchi — ha detto — rappresentano una flagrante
violazione dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale e dimostrano, ancora una volta, in quale
situazione di estrema difficoltà si
trovino i civili che fuggono dalle
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Udienza al presidente
della Confederazione elvetica
Nella mattina di sabato 7 maggio Papa
Francesco ha ricevuto in udienza
Johann SchneiderAmmann, presidente della Confederazione elvetica, il
quale
successivamente si è incontrato con l’arcivescovo
Paul Richard Gallagher, segretario per
i Rapporti con gli
Stati.
I cordiali colloqui sono stati occasione per constatare
i buoni rapporti tra la Santa Sede e la Svizzera, con un particolare riconoscimento al fedele e professionale servizio del Corpo della Guardia svizzera
pontificia. È stato poi apprezzato il positivo contributo che la Chiesa apporta alle differenti istanze del Paese, in un clima di serena collaborazione. Si è
fatto riferimento all’educazione professionale dei giovani che svolge un ruolo
efficace nell’accesso al mondo del lavoro.
Attenzione particolare è stata riservata al tema della migrazione e delle
politiche di accoglienza e integrazione, nel contesto attuale del continente
europeo. Si è discusso, pure, dei conflitti in Medio oriente e della situazione
dei Paesi subsahariani, rilevando la necessità di rafforzare l’impegno in corso
per favorire la sicurezza e la pace.
violenze in Siria per cercare sicurezza». Per l’Unhcr è «una tragedia
inaccettabile che civili già costretti a
fuggire per salvare la propria vita
siano colpiti in questo modo».
Una nuova riunione sulla Siria è
in programma per lunedì prossimo a
Parigi. Il ministro degli Esteri francese, Jean-Marc Ayrault, ha convocato al Quai d’Orsay i colleghi di
Gran Bretagna, Italia e Germania,
oltre a quelli di Turchia, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti,
per discutere del cessate il fuoco.
Sarà presente anche il leader dell’alto comitato per i negoziati dell’opposizione siriana, Riyad Hijab.
Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza il Signor Johann
Schneider-Ammann, Presidente
della Confederazione Elvetica, e
Seguito.
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza l’Eminentissimo
Cardinale
Marc
Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Il Santo Padre ha nominato
l’Eminentissimo Cardinale Christoph Schönborn, O.P., Arcivescovo di Wien (Austria), Suo
Inviato Speciale alla celebrazione del 25° anniversario dell’erezione dell’Arcidiocesi di MinskMohilev (Bielorussia), in programma a Budslau nei giorni 1 e
2 luglio p.v.
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale
dell’Eparchia di Parma dei Ruteni (Stati Uniti d’America),
presentata da Sua Eccellenza
Monsignor John Kudrick, in
conformità al can. 210 § 1 del
Codice dei Canoni delle Chiese
O rientali.
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale
dell’Eparchia di Holy Mary of
Protection di Phoenix dei Ruteni (Stati Uniti d’America), presentata da Sua Eccellenza Mon-
ell’anno santo straordinario
Papa Francesco traccia con
il messaggio Comunicazione
e misericordia: un incontro fecondo
una rotta imprescindibile per il
mondo della comunicazione. Il sistema dei media è chiamato a non
escludere nessuno, a non ghettizzare, piuttosto a sintonizzarsi sui canali giusti per accogliere e allargare
gli orizzonti, per costruire ponti e
non per innalzare muri come difesa
da altre persone considerate un
problema anziché una risorsa.
«Tanti professionisti, opinionisti,
mezzi di comunicazione e centri di
potere sono ubicati [...] in aree urbane isolate, senza contatto diretto
con i loro problemi. [...] Questa
mancanza di contatto fisico e di incontro [...] aiuta a cauterizzare la
coscienza e a ignorare parte della
realtà» si legge nella Laudato si’.
I frequentatori dei media sono
invitati a usare parole e azioni che
aiutino a fuggire dal circolo vizioso
della condanna e della vendetta, a
spezzare le catene che imprigionano individui e nazioni. La parola
del cristiano, infatti, si pone come
obiettivo la comunione e la cancellazione del tono perentorio della
«scomunica», invitando a mettersi
in ascolto del grido di aiuto che sale dall’umanità. A questo proposito
il Papa ci ammonisce: «ascoltare
non è mai facile. A volte è più comodo fingersi sordi». Con l’efficacia delle immagini, il Pontefice ci
invita ad arrestare il processo di
svilimento delle parole, il nominalismo tipico della nostra cultura,
perché la gente è stanca di parole
che non si incarnano in questa storia meravigliosa e travagliata.
Impegniamoci a restituire alla
parola — specialmente a quella della predicazione — la sua forza pregnante, il fuoco che la rende viva e
dà calore e sapore umano all’annuncio del Vangelo. Forse, abbiamo bisogno di riscoprire una comunicazione che stimoli la creatività, favorisca la comprensione e arricchisca la convivenza tra persone
e culture diverse, convinti che non
è la tecnologia a determinare l’autenticità o meno dei messaggi, ma
il cuore dell’uomo.
L’impegno di tutti, allora, dovrebbe essere rivolto a scegliere con
E, intanto, oltre 50 fosse comuni
sono state scoperte in alcune zone
dell’Iraq, un tempo controllate dal
cosiddetto Stato islamico (Is). Lo rivela oggi l’inviato dell’Onu, Jan
Kubis, al Consiglio di sicurezza parlando di «prove dei crimini atroci»
commessi dai jihadisti. La scoperta
— ha riferito l’emittente Bbc — è avvenuta negli ultimi tempi dopo che
le aree sono passate sotto il controllo
delle forze armate di Baghdad. In
una delle fosse, a Ramadi, c’erano
almeno 40 corpi. Resti umani trovati
anche a Sinjar, Anbar e Tikrit. Le
vittime sarebbero membri di tribù,
minoranza Yazidi, soldati e donne.
NOSTRE INFORMAZIONI
signor Gerald Nicholas Dino, in
conformità al can. 210 § 1 del
Codice dei Canoni delle Chiese
O rientali.
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale
dell’Eparchia di Saint Peter the
Apostle of San Diego dei Caldei
(Stati Uniti d’America), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Sarhad Yawsip Jammo, in
conformità al can. 210 §1 del
Codice dei Canoni delle Chiese
O rientali.
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale
della Diocesi di Xuân Lôc
. (Vietnam), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Dominique
Nguyên Chu Trinh, in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede Sua Eccellenza Monsignor
Joseph Đinh Đú’c Đao,
. Coadiutore della medesima Diocesi.
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia all’ufficio di Ausiliare
dell’Arcidiocesi di Częstochowa
(Polonia), presentata da Sua Eccellenza
Monsignor
Antoni
Długosz, in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di
Diritto Canonico.
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia all’ufficio di Ausiliare
dell’Arcidiocesi di Southwark
(Gran Bretagna), presentata da
Sua Eccellenza Monsignor John
Hine, in conformità ai canoni
411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.
Provviste di Chiese
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo dell’Eparchia di Holy
Mary of Protection di Phoenix
dei Ruteni (Stati Uniti d’America) Sua Eccellenza Monsignor
John Stephen Pažak C.Ss.R., trasferendolo
dall’Eparchia
di
Saints Cyril and Methodius of
Toronto degli Slovacchi di rito
bizantino (Canada).
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo di San José del Guaviare (Colombia) il Reverendo Nelson Jair Cardona Ramírez, del
clero della Diocesi di La Dorada
- Guaduas, finora Parroco della
Parrocchia «Santísima Trinidad»
a Puerto Salgar e Delegato diocesano per i ministri ordinati.
Nomine di Amministratori
Apostolici
Il Santo Padre Francesco ha
nominato Amministratore Apostolico sede vacante dell’Eparchia
cura parole e gesti per superare le
divergenze, medicare le ferite e riallacciare i rapporti nel segno del
perdono, diventando ambasciatori
di concordia. Tessere la trama di
una «diplomazia della misericordia» significa, per il Papa, non
considerare mai nulla perduto nella
relazione, non rimanere intrappolati negli anfratti oscuri di vecchie
ostilità. Equivale, invece, a intraprendere il cammino della misericordia, riconoscere le proprie responsabilità, chiedere perdono e
mostrare compassione anche verso
chi ci ha fatto del male.
Una comunicazione che continua a discriminare tra “vincenti” e
“perdenti” indebolisce la dignità
delle persone e contribuisce a creare sacche di emarginazione, sulle
quali si erge l’orgoglio superbo del
trionfo. Sia, invece, trasparenza del
desiderio e della volontà di mitigare i tormenti della vita, una comunicazione capace di offrire calore a
quanti hanno conosciuto solo il gelo del giudizio o del rifiuto. «Il
linguaggio aspro e bellicoso della
divisione non si addice alle labbra
del Pastore, non ha diritto di cittadinanza nel suo cuore e, benché
sembri per un momento assicurare
un’apparente egemonia, solo il fascino durevole della bontà e
dell’amore resta veramente convincente» ha detto Francesco incontrando lo scorso 23 settembre i vescovi statunitensi.
Allora, se la comunicazione ha
una rilevanza “politica”, essa non
può essere sottratta al ruolo di tessitrice di comunione e costruttrice
di cittadinanza. In questa prospettiva, il riconoscimento della rete
come luogo di «comunicazione
pienamente umana» da parte del
Pontefice, ci apre la strada verso la
“prossimità”, anche digitale. Siamo
invitati a scoprire modalità ancora
inesplorate per avvicinarci alle persone, chinarci sulle loro sofferenze.
Con parole di Francesco, «in un
mondo diviso, frammentato, polarizzato, comunicare con misericordia significa contribuire alla buona,
libera e solidale prossimità tra i figli di Dio e fratelli in umanità»,
frequentatori sempre più assidui
dei portali, che ci chiedono una
presenza nutrita da un supplemento di anima e di cuore.
di Parma dei Ruteni (Stati Uniti
d’America)
Sua
Eccellenza
Monsignor William Charles
Skurla, Arcivescovo Metropolita
di Pittsburgh dei Bizantini (Stati Uniti d’America).
Il Santo Padre ha nominato
Amministratore Apostolico sede
vacante dell’Eparchia di Saints
Cyril and Methodius of Toronto
degli Slovacchi di rito bizantino
(Canada) Sua Eccellenza Monsignor John Stephen Pažak
C.Ss.R., Vescovo dell’Eparchia di
Holy Mary of Protection di
Phoenix dei Ruteni (Stati Uniti
d’America).
Il Santo Padre ha nominato
Amministratore Apostolico sede
vacante dell’Eparchia di Saint
Peter the Apostle of San Diego
dei Caldei (Stati Uniti d’America) Sua Eccellenza Monsignor
Shlemon Warduni, Vescovo ausiliare di Baghdad dei Caldei
(Iraq).
Nomina
di Vescovo Ausiliare
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo Ausiliare di KoszalinKołobrzeg (Polonia) il Reverendo Monsignore Krzysztof Stefan
Włodarczyk, finora Direttore
dell’Ufficio Pastorale Diocesano,
assegnandogli la sede titolare di
Surista.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 2
domenica 8 maggio 2016
Il nuovo sindaco di Londra
Sadiq Khan (Epa)
Dichiarazione del nuovo ministro degli Interni austriaco
Al Brennero
né blocco né muri
BRUXELLES, 7. «Al Brennero non ci
sarà nessun muro e il confine non
verrà chiuso». È il nuovo ministro
degli Interni austriaco, Wolfgang
Sobotka, ad affermarlo. Sobotka
sottolinea che «se l’Italia fa i suoi
compiti non ci sarà neanche biso-
gno dei controlli». Una nota polemica quando afferma che «se la
Germania può controllare il confine
verso l’Austria, non si capisce perché l’Austria non possa fare lo stesso verso l’Italia». Quello che è più
importante è che Vienna si impe-
Cresce anche il numero degli sfollati interni
Il business della tratta
a spese dell’Africa
Rifugiati arrivano al campo di Dadaab in Kenya (Ansa)
di FAUSTA SPERANZA
L’Africa non è il maggiore “produttore” di migranti. Anzi è il
continente con la più alta percentuale di rifugiati. E quello che soffre maggiormente del fenomeno
degli sfollati interni. Dati Onu alla mano, è questo lo scenario che
emerge guardando, non dall’esterno ma dall’interno, al rapporto tra
migranti e Africa e tra migranti e
guerre.
Il 65 per cento di quanti si
muovono dall’Africa subsahariana
restano all’interno del continente.
Solo in Sud Africa, ogni anno entrano almeno 250.000 migranti. Al
di sotto del Sahara ci sono quasi
15 milioni di sfollati, all’incirca un
terzo del totale mondiale. Il campo profughi più affollato al mondo è in Kenya. È il campo di Dadaab, che circonda le città di Hagadera, Dogahaley e Kambios,
non lontano dal confine con la
Somalia, da cui provengono i disperati ospiti. Oltre 400.000 persone. Altri campi sfiorano queste
cifre in altri Paesi.
Certamente se dici fame e guerre, dici Africa. Nel mondo, a vivere fuori dai confini nazionali sono
244 milioni di persone, pari al 3,3
per cento della popolazione. Sessanta milioni fuggono da conflitti,
violenze, crisi umanitarie, emergenze naturali. E, di questi, ben il
25 per cento sono africani.
A ben guardare, però, le guerre
tra vari Stati in Africa sono diminuite e quello che scatena le violenze sono soprattutto le disuguaglianze economiche. Negli anni
Novanta, le crisi sono state provocate dai grandi conflitti in Africa
occidentale, nella Repubblica Democratica del Congo, in Somalia,
dalla tragedia in Rwanda, o dalla
coda della guerra in Angola. E gli
strascichi sono ancora tanti. Basti
citare la situazione difficile dei
rwandesi fuggiti in Zambia, dove
vivono momenti di seri scontri
con la popolazione locale.
Non mancano poi casi di xenofobia. I più gravi riguardano i cittadini dello Zimbabwe che hanno
trovato rifugio in Sud Africa, dove
sono al centro di tensioni da 15
anni. Ci sono poi altre situazioni
difficili anche se non esplosive,
come ad esempio i 93.000 cittadini della Repubblica Centroafricana fuggiti in Ciad, che ospita anche 360.000 profughi dal Sudan.
Non si può dire che non ci sia
crescita economica. Il punto è che
aumenta lo sviluppo solo per meno del 30 per cento della popolazione. Squilibri e tendenza all’urbanizzazione, in qualche caso selvaggia, producono l’esodo verso
le grandi città, come Nairobi in
Kenya, Lagos in Nigeria, Johannesburg in Sud Africa, Addis
Abeba in Etiopia, Lusaka in Zambia. Assembramenti con tensioni
sociali altissime.
Il tutto si unisce a un altro fenomeno che rende unica al mondo quest’area. La crescita demografica che non conosce curve di
discesa. Si delineano così i contorni di una situazione in movimento
da anni e anni.
In tutto questo quadro, è relativamente recente l’esodo massiccio
verso l’Europa. C’è da dire che
dai Paesi del Maghreb da tempo
si parte verso il Vecchio Continente e verso il Medio oriente e che il
flusso da Marocco e Tunisia in
realtà si è fortemente ridotto con
gli accordi tra Unione europea e
governi locali. Certamente non ha
funzionato l’accordo con la Libia,
Paese smembratosi alla caduta di
Gheddafi. Ma ci si chiede se
bastino la destabilizzazione in Libia e la tragica guerra da cinque
anni in Siria a giustificare le cifre
della recente emergenza umanitaria sul Mediterraneo e sulla rotta
balcanica.
C’è qualcuno, che studia da vicino il continente nero, che a questa interpretazione non ci sta. È il
professor Aldo Pigoli, docente di
Storia dell’Africa contemporanea
all’Università cattolica del Sacro
Cuore a Milano, che ci dice di essere certo che neanche lo stop al
conflitto in Siria riuscirebbe a far
diminuire il flusso, dovuto in realtà a una riorganizzazione del business del traffico di esseri umani
senza precedenti. Business che,
come mette in crisi le strutture
dell’Unione europea, così mette in
crisi i processi di integrazione delle macroregioni in Africa.
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GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
gna a dare all’Italia il pieno sostegno per il piano del presidente del
Consiglio, Renzi. Il riferimento è al
cosiddetto migration compact per assicurare fondi ai Paesi africani. Il
ministro sottoscrive la necessità di
«creare le infrastrutture e le misure
necessarie in Libia e negli altri Paesi di partenza». Poi l’aggiunta di
una raccomandazione alla Commissione europea, quella cioè di «mettere per l’emergenza migranti lo
stesso impegno che ha dimostrato
per questioni economiche».
Dal momento che l’attenzione resta sul caso Brennero, emblematico
della possibile disfatta di Schengen,
il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, interviene per chiarire senza mezzi termini che il blocco austriaco della
frontiera con l’Italia al passo del
Brennero sarebbe «una catastrofe
politica per l’Europa». Juncker sottolinea come il valico sia un crocevia chiave per i trasporti europei e
una porta d’accesso tra nord e sud
d’Europa. Bloccarlo «avrebbe non
solo conseguenze economiche gravi,
ma anche conseguenze politiche
particolarmente pesanti».
Mentre si discute, c’è l’attualità.
In Sicilia lo sbarco di 698 migranti.
A Reggio Calabria di altri 950. Tutti salvati in diverse operazioni nel
Mediterraneo. Tra i disperati in cerca di altra vita, anche i 15 giovani
trovati nascosti in un cargo contenente spazzatura, diretto in Spagna
dall’enclave di Melilla, in Marocco.
Intanto, il giorno dopo la cerimonia di conferimento del Premio
Carlo Magno al Papa, alla presenza
di tutti i vertici dell’Ue, nel dibattito politico riecheggiano le parole di
Francesco, in particolare il suo appello a ritrovare «l’identità europea
che è, ed è sempre stata, un’identità
dinamica e multiculturale». E l’invito a dare «uno slancio nuovo e coraggioso», che può far rinascere il
«sogno» europeo, e riscoprire un
nuovo umanesimo fondato sulla
«capacità di integrare, la capacità
di dialogare e di generare».
Kenny
rieletto
primo ministro
irlandese
Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
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Khan nuovo sindaco di Londra
LONDRA, 7. Ha fatto segnare una
svolta decisiva il risultato più atteso
delle amministrative nel Regno Unito, il test elettorale più importante
prima delle legislative del 2020.
Sadiq Khan, 45 anni, deputato laburista figlio d’immigrati pakistani musulmani, è infatti il nuovo sindaco di
Londra, metropoli sempre più multietnica. «Non avevo mai neppure so-
gnato di diventare primo cittadino»,
ha detto Khan dopo l’ufficializzazione del risultato. «Ringrazio tutti per
avere reso possibile ciò che era impossibile», ha aggiunto.
Figlio di un autista di autobus e
di una sarta, Khan è un avvocato
specializzato nei diritti umani ed è
parlamentare dal 2005. Ha ottenuto
il 57 per cento dei voti contro il 43
Con la mediazione dell’O sce
Trattative a Minsk
sulla crisi ucraina
Il segretario generale dell’Osce, Lamberto Zannier (Osce)
DUBLINO, 7. Dopo lunghe trattative, il leader del partito Fine Gael,
Enda Kenny, è stato riconfermato
ieri primo ministro d’Irlanda, alla
guida di un Governo di minoranza.
La nomina di Kenny — che mette
fine a uno stallo di settanta giorni
dopo che le elezioni del 26 febbraio
hanno prodotto un Parlamento
frammentato — è stata approvata
con 59 voti favorevoli e 49 contrari.
Fondamentale l’intesa del Fianna
Fáil, che ha stretto un accordo politico con il Fine Gael per un Governo di minoranza, che dovrebbe durare almeno tre anni. Simili per
l’impostazione nazionalista di centrodestra, i due schieramenti politici
sono sempre stati divisi da una accesa rivalità.
Critici i laburisti, che formavano
una coalizione guidata da Kenny
nella precedente legislatura, secondo i quali l’accordo avrà breve durata. Kenny si era insediato poco
dopo che Dublino era stata costretta a chiedere un prestito all’Unione
europea e al Fondo monetario internazionale. Il salvataggio internazionale ha permesso all’Irlanda di
superare la grave crisi economica.
Al voto di febbraio il Fine Gael
ha perso 24 seggi, ma è rimasto,
con 50 deputati, il primo partito
d’Irlanda. Il Fianna Fáil è invece la
seconda forza, con 44 seggi.
Servizio vaticano: [email protected]
Netta sconfitta dei laburisti alle amministrative in Scozia
KIEV, 7. «Nei prossimi giorni ci saranno ancora contatti ad alto livello all’interno del Gruppo formato
Normandia per far avanzare il dialogo di pace e le prossime tappe
dovrebbero essere la liberazione di
prigionieri e l’organizzazione di
elezioni nel Donbass». Lo ha detto
ieri il segretario generale dell’O rganizzazione per la sicurezza e la
cooperazione in Europa (Osce),
Lamberto Zannier, aggiungendo
tuttavia che «le posizioni sono ancora lontane. A Minsk continuiamo
il negoziato sull’attuazione degli
accordi, ma i progressi sono molto
lenti».
«Ci sono una serie di precondizioni necessarie alle elezioni — ha
aggiunto Zannier — e innanzitutto
ci deve essere un effettivo cessate il
fuoco, perché è impensabile avere
elezioni normali dove si spara. Ci
vorranno garanzie di sicurezza per
i votanti e un accordo sulle modalità che ancora non ci sono. Una
volta stabilite queste condizioni,
serviranno poi i tempi tecnici per
la preparazione. Quindi, come minimo, parliamo di vari mesi».
Nonostante sia in vigore il
cessate il fuoco per il periodo della
Pasqua
ortodossa,
negoziato
dall’Osce nel tavolo negoziale a
Minsk, Zannier ha mostrato preoccupazione «perché abbiamo visto
una tendenza verso crescenti viola-
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
fax 06 698 83675
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
zioni del cessate il fuoco; vediamo
una presenza di armamenti pesanti
a ridosso della linea di contatto e
gli osservatori riferiscono che molti
di questi armamenti pesanti che
erano stati depositati in aree designate sono usciti da queste aree».
per cento del candidato conservatore, Zac Goldsmith.
«Sono molto orgoglioso che Londra abbia scelto la speranza contro
la paura, l’unità contro la divisione»,
ha detto ancora il primo sindaco
musulmano di Londra e di una capitale europea. «La paura non ci rende più sicuri, ci rende più deboli —
ha insistito l’esponente laburista — e
la politica della paura semplicemente non è benvenuta nella nostra
città».
Khan ha concluso il suo intervento auspicando che a ogni londinese
vengano date le stesse opportunità
che lui e la sua famiglia ebbero negli
anni scorsi. «Opportunità — ha precisato il neosindaco — non di sopravvivere, ma di prosperare».
L’elezione di Khan non è stata
una sorpresa. Tutti i sondaggi della
vigilia del voto e gli exit poll lo davano infatti per vincente. Alla sua
vittoria fa però da contrappeso la
netta sconfitta del Labour in Scozia,
una volta feudo elettorale del centro
sinistra. Un esito che mette in discussione la leadership di Jeremy
Corbyn, da settembre alla guida del
partito, il quale però ha detto che
non rassegnerà le dimissioni.
In Scozia il Labour ha perso il 9,2
per cento dei consensi rispetto alle
elezioni del 2011, passando da secondo a terzo partito del Parlamento semi-autonomo di Edimburgo, con 24
seggi contro i 31 dei Tory e i 63 dello
Scottish National Party, che, tuttavia, non è riuscito a ottenere la maggioranza assoluta. Il Labour ha perso voti anche a vantaggio dell’Ukip,
la formazione antieuropeista di
Nigel Farage.
Più a sud, in Galles, l’Ukip ottiene sette seggi nell’Assemblea nazionale locale, confermando un consenso fra il 15 e il 20 per cento dove
non si è votato col maggioritario
secco: fatto tutt’altro che irrilevante
— almeno sulla carta, indicano gli
analisti politici — in vista del referendum del 23 giugno sulla Brexit.
L’Fmi chiede all’Eurogruppo
l’alleggerimento del debito greco
ATENE, 7. Mentre la Grecia è ancora
paralizzata dallo sciopero generale
indetto dai sindacati contro le nuove misure di austerità, il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha
chiesto ieri all’Eurogruppo l’alleggerimento dei debiti di Atene che, secondo l’istituzione di Washington, è
precondizione necessaria per la prosecuzione del programma di aiuti.
Il richiamo è giunto sotto forma
di una lettera del direttore dell’Fmi,
Christine Lagarde, di cui il quotidiano «Financial Times» ha pubblicato alcuni stralci. «Pensiamo —
scrive Lagarde — che finanziamenti,
misure precise e alleggerimento del
debito vadano discussi assieme. Secondo l’Fmi, per sostenere la Grecia
con un nuovo schema è essenziale
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
telefono 06 698 99480, 06 698 99483
fax 06 69885164, 06 698 82818,
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Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
che finanziamenti e alleggerimenti
di debito dei partner europei siano
realistici, quindi basati su misure
realistiche». Al tempo stesso, il
Fondo monetario ha ammorbidito
la sua posizione sui parametri di bilancio pretesi dalla Grecia, in particolare la consistenza dell’avanzo
primario (la differenza tra entrate e
uscite dello Stato prima delle spese
per gli interessi sul debito), che potrebbe, quindi, non essere tassativamente del 3,5 per cento del prodotto interno lordo.
Le recenti richieste dell’Fmi —
nell’ambito del nuovo programma
europeo di aiuti, che ha un ammontare complessivo teorico di 86 miliardi di euro — sono state aspramente criticate in Grecia.
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L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 8 maggio 2016
pagina 3
Il congresso del partito dei lavoratori
in corso a Pyongyang (Ansa)
Colloquio
a Soci
tra Putin
e Abe
Soldati americani
nello Yemen
contro i miliziani
di Al Qaeda
MOSCA, 7. Il presidente russo,
Vladimir Putin, e il premier giapponese, Shinzo Abe, hanno discusso «della questione del trattato di pace» tra Mosca e Tokyo nel
loro incontro ieri a Soci: lo ha riferito il capo della diplomazia del
Cremlino, Serghiei Lavrov, precisando che i negoziati bilaterali
proseguiranno a giugno a livello
di vice ministri degli Esteri.
Mosca e Tokyo non hanno mai
firmato un trattato di pace dopo
la seconda guerra mondiale a causa della controversia sui Territori
del Nord del Giappone occupati
da Mosca sul finire del conflitto e
rivendicati dal Tokyo.
«Il Giappone non è solamente
nostro vicino, è anche un nostro
partner molto importante nella regione Asia-Pacifico» ha dichiarato
Putin, aggiungendo: «Abbiamo
certe questioni che richiedono
un’attenzione particolare ed è per
questa ragione che dobbiamo dedicare un maggior impegno nel
costruire le nostre relazioni».
Dal canto suo, Abe giovedì sera
a Londra aveva dichiarato di sperare di avere dei progressi verso
un trattato di pace che metta fine
alle controversie territoriali. «Sarà
il terzo vertice con Putin. Senza il
dialogo diretto tra leader non è
possibile risolvere questo problema» aveva sottolineato Abe.
Nel corso del lungo colloquio
Abe ha confermato l’invito a Putin a recarsi in Giappone in visita
ufficiale. La data della trasferta a
Tokyo del leader del Cremlino
non è comunque ancora stata fissata. Putin ha a sua volta invitato
Abe a partecipare al Forum economico di Vladivostok in calendario a settembre. Russia e Giappone, ha poi precisato Lavrov, potrebbero infine riprendere i vertici
nel formato “2+2” con i ministri
degli Esteri e della Difesa.
WASHINGTON, 7. Per la prima volta il Pentagono ha ammesso ieri
che truppe statunitensi stanno
combattendo in Yemen. In particolare «un numero molto piccolo»
di militari stanno aiutando le forze degli Emirati Arabi Uniti a
scacciare i miliziani di Al Qaeda
nella penisola arabica dal porto di
Mukkala, conquistata dai lealisti
lo scorso aprile. Lo ha spiegato il
comandante della Us Navy, Jeff
David, uno dei portavoce del Pentagono.
Oltre alle truppe di terra nel
Paese operano i jet della Us Air
Force. La campagna contro Al
Qaeda nello Yemen è in corso in
parallelo a quella portata avanti
dalle truppe lealiste del presidente
Abd Rabbo Mansour Hadi contro
i ribelli huthi. Per cercare di porre
fine a questo sanguinoso conflitto
sono in corso in Kuwait dei colloqui di pace con la mediazione
dell’O nu.
Intanto, sette persone sono rimaste uccise e oltre quindici ferite
ieri in un attentato suicida compiuto in un mercato nella città di
Marib, a est della capitale Sana’a.
Fonti della sicurezza hanno detto
che non è ancora chiaro chi sia responsabile per l’attacco, anche se
si ritiene possa trattarsi di elementi legati ad Al Qaeda.
In Nicaragua
il canale
della discordia
MANAGUA, 7. Ancora polemiche in
Nicaragua per il progetto di un
canale finanziato con capitali cinesi. Rappresentanti del Governo e
degli indigeni rama e kriol hanno
firmato un accordo per dare in affitto «a tempo indefinito» i territori di tali comunità al gruppo di
Pechino che gestisce il mega-progetto. Tuttavia L’accordo del canale transoceanico tra l’Atlantico e
il Pacifico ha spaccato le comunità
indigene. Alcune di loro, da tempo contrarie al progetto, contestano l’intesa.
Giorni fa, in una nota, rappresentanti dell’etnia creola hanno rivendicato i propri diritti, insieme
a quelli dei rama e dei kriol, su
un’area di 276 chilometri quadrati,
pari al 52 per cento della superficie inserita nel progetto della Canal Interoceánico.
Rappresentanti del Centro nicaraguense per i diritti umani hanno
tenuto a ricordare le numerose
manifestazioni, in gran parte di
contadini, contro il progetto per
ragioni soprattutto ambientali.
D’altra parte, diversi leader delle
comunità di Monkey Point, Wiringkay e Bangkukuk Taik, nel sudest del Paese, hanno sottolineato
che non intendono riconoscere
l’accordo e che alcune delle persone che a nome loro hanno sottoscritto l’intesa non fanno in realtà
parte della comunità.
Alcune settimane fa un team di
scienziati internazionali ha sollevato perplessità sul rapporto presentato dall’Environmental Resources Management, la società di
consulenza assunta da Hong
Kong Nicaragua Canal Development Company, che con il Governo di Managua dovrebbe costruire
il canale. Il progetto, è stato precisato, potrebbe portare un cambiamento ecologico consistente sia in
Nicaragua che nei Paesi vicini.
Movimenti sospetti in un sito della Corea del Nord mentre il leader apre il congresso del partito dei lavoratori
Segnali di un possibile test nucleare
PYONGYANG, 7. Le ultimissime immagini satellitari su Punggye-ri, il
sito di tre dei quattro test atomici
effettuati di recente dalla Corea del
Nord, mostrerebbero segnali preparatori di una possibile nuova detonazione. Secondo il sito 38 North,
con sede a Washington, le istantanee riprese il 5 maggio, rispetto a
quelle del 2 maggio, evidenziano
quattro veicoli al centro di controllo.
«Pur in assenza di una serie storica
completa, sembra che i veicoli non
siano spesso visibili tranne che in vista di test», si legge sul sito. Nessun
mezzo o persona risulta invece dalle
immagini del 2 maggio.
I timori sono rafforzati dal settimo congresso del partito dei lavoratori, il primo in 36 anni e in corso
di svolgimento, capace di motivare
la prova di forza del leader del regime comunista Kim Jong Un. Secondo gli analisti, un nuovo test costituirebbe un ulteriore passo rispetto
ai reclamati successi raggiunti sui
programmi atomici e missilistici, arricchitisi di recente della miniaturizzazione delle testate nucleari, dei
missili a lunga gittata lanciati da
sottomarini e dei motori a combustibile solido per vettori.
«Quest’anno — ha affermato Kim
Jong Un nel solenne discorso inaugurale del congresso — i nostri militari e la nostra gente hanno portato
a termine con successo il primo test
di bomba all’idrogeno e il lancio del
satellite in orbita rilanciando la dignità e il potere del nostro Paese».
Il messaggio lanciato è stato chiaro:
il nucleare e i missili a lungo raggio
— ha detto il leader del regime comunista — «sono la prova della forza della Corea del Nord».
L’intervento del leader è durato
solo 15 minuti e ne ha dato conto
solo in tarda serata la televisione di
Stato, la Kctv. Per tutta la giornata i
media del regime comunista hanno
rispettato la consegna del silenzio,
malgrado le premesse fossero ben
diverse. La Kctv, per cominciare, ha
iniziato le trasmissioni in anticipo rispetto al solito, con l’annunciatrice
che ha parlato di «giornata memorabile segnata dal congresso e dal
principio di una nuova era».
Verso l’impeachment
per Dilma Rousseff
Tuttavia le edizioni delle news di
metà giornata e del pomeriggio della televisione statale hanno ignorato
il congresso. Solo più tardi un funzionario ha fornito alcune informazioni: nella casa della cultura 25
aprile, addobbata nel modo solenne
delle grandi occasioni con le bandiere del Partito, gli oltre 3000 delegati
si sono riuniti a partire dalle 9, mentre un gruppo di giornalisti stranieri
Prima visita
all’estero
per Suu Kyi
VIENTIANE, 7. Aung San Suu
Kyi, ministro degli Esteri e consigliere di Stato (una sorta di
primo ministro) del Myanmar, è
in Laos in visita ufficiale. Si tratta del primo viaggio all’estero
del premio Nobel da quando è
stata nominata ai vertici politici
del Myanmar, dopo le elezioni
legislative dello scorso novembre, vinte nettamente dal suo
partito.
Ufficialmente Suu Kyi accompagna il nuovo presidente Htin
Kyaw, suo stretto collaboratore.
Lo riferiscono i media di Stato
del Myanmar e del Laos, aggiungendo che la visita avviene
su invito del presidente laotiano,
Bounnhang Vorachit, in carica
da sole tre settimane.
Secondo l’agenzia di stampa
locale Kpl, obiettivo primario
della visita è quello di rafforzare
le relazioni e la cooperazione tra
i due Paesi asiatici. Suu Kyi,
Kyaw e Vorachit — informano
giornalisti sul posto — hanno
inoltre parlato di questioni regionali e internazionali di comune
interesse e discusso del riavvio
dei voli diretti, turistici e commerciali tra i due Paesi.
è stato tenuto a duecento metri
dall’edificio.
La svolta è maturata in serata, ma
non a sorpresa: un paio di anni fa,
un funzionario nordcoreano spiegò
all’agenzia di stampa italiana Ansa,
durante una visita a Pyongyang, che
spesso gli annunci sono tarati sul fuso orario americano, nel senso che il
destinatario primario dei messaggi è
rappresentato dal nemico di sempre,
gli Stati Uniti.
Cambio ai vertici
della sicurezza afghana
KABUL, 7. Cambio ai vertici del ministero della Difesa e dell’intelligence in Afghanistan. Il presidente
Ashraf Ghani ha scelto Masoom
Stanikzai — apprezzato dai comandanti della Nato — per la guida della direzione nazionale della Sicurezza (Nds), i servizi afghani. Stanikzai era dallo scorso anno a capo
del ministero della Difesa, anche se
la sua nomina non era mai stata approvata dal Parlamento. Al suo posto arriva ora il generale Abdullah
Khan.
Le nuove nomine dovranno essere sottoposte al voto del Parlamento, che ad aprile ha approvato la
scelta del generale Taj Mohammad
Jahid per la guida del ministero
dell’Interno dopo le dimissioni di
Noor-ul-Haq. Lo scorso dicembre,
a seguito di un sanguinoso attacco
dei talebani, si era dimesso dalla
guida della direzione nazionale della Sicurezza Rahmatullah Nabil,
critico sulla politica di Ghani verso
il vicino Pakistan. A fine aprile, dopo l’attacco dei talebani a Kabul e
l’annuncio dell’avvio dell’annuale
“offensiva di primavera”, il Parlamento aveva chiesto a Ghani e al
chief Executive, Abdullah Abdullah, di provvedere alle nomine ai
vertici della sicurezza.
Soldato afghano in azione
nella provincia di Helmand (Ansa)
Nel frattempo, l’ambasciata americana a Kabul ha avvertito i cittadini statunitensi che si trovano in
Afghanistan del «rischio molto alto» di sequestri nel Paese dopo il
rapimento la scorsa settimana a Jalalabad dell’australiana Katherine
Jane Wilson, operatrice umanitaria
che da tempo lavora nel Paese.
Caos tra le autorità militari in vista dell’attacco ai jihadisti di Sirte
Colpi di artiglieria su Bengasi
Il presidente brasiliano Dilma Rousseff (Ansa)
BRASILIA, 7. Con quindici voti a favore e cinque contro, la Commissione inquirente del Senato brasiliano
ha dato il via libera ieri al procedimento di impeachment del presidente, Dilma Rousseff. Se anche
l’Aula mercoledì si esprimerà, come
sembra scontato, a favore dell’impeachment — il Senato si trasforma
in tribunale guidato dal presidente
della Corte suprema — Rousseff sarà
sospesa per 180 giorni e il suo incarico sarà assunto ad interim dal presidente del Senato, Michel Temer.
Rousseff è accusata di avere manipolato il bilancio dello Stato nel
2014 prima della sua rielezione a capo dello Stato per non fare emergere le condizioni difficili dell’economia brasiliana.
La replica della presidente non si
è fatta attendere. «Ho un’inclinazione naturale alla resistenza, resisterò
fino all’ultimo giorno», ha infatti dichiarato a margine di un evento
pubblico a Brasilia, aggiungendo:
«Hanno sempre voluto che rinunciassi, perché sono molto scomoda».
TRIPOLI, 7. Confusione politica e
sanguinosi scontri armati in Libia.
Almeno cinque persone sono state
uccise e altre undici ferite da colpi
di artiglieria sparati ieri nel cuore
della città di Bengasi, in una piazza
dove era in corso un comizio politico. Lo riferiscono fonti dell’ospedale Al Jalaa.
Le vittime sarebbero sostenitori
del generale Khalifa Haftar, che fa
riferimento al Parlamento di Tobruk, riconosciuto dalla comunità
internazionale, ma che rinvia il voto
di fiducia al Governo di concordia
nazionale libico — sancito dagli accordi di Skhirat, in Marocco — guidato dal premier designato, Fayez
Al Sarraj.
Haftar nel 2014 lanciò un’operazione per la riconquista di Bengasi
per strapparla agli islamisti di Ansar Al Sharia, che l’11 settembre
2012 avevano ucciso l’ambasciatore
statunitense in Libia, Chris Stevens,
e altri quattro funzionari americani.
Secondo fonti militari, i colpi sono stati sparati dalla zona di Soug
Al Hout, a nord di Bengasi, controllata da gruppi armati ostili ad
Haftar. Quest’ultimo, che ancora
non controlla tutte le zone della città, ha lanciato negli ultimi giorni
un attacco contro Sirte, roccaforte
del cosiddetto Stato islamico (Is),
sfidando l’autorità del Governo di
Al Serraj. Questi, attraverso il Consiglio presidenziale, in qualità di
comandante supremo delle forze armate, ha annunciato la formazione
di «una sala operativa speciale per
condurre le operazioni militari contro l’Is nella regione che si trova tra
Misurata e Sirte».
Intanto, Ibrahim Al Jathran, al
quale il passato Governo centrale
libico aveva affidato il compito di
comandare una forza di polizia responsabile dei terminal petroliferi
(Pfg), avrebbe deciso di «sostenere
l’operazione dell’esercito nazionale
libico di Khalifa Haftar» per «liberare Sirte dai jihadisti dell’Is», che
hanno la loro roccaforte nel Paese
nordafricano. La notizia è stata riportata dal quotidiano «Libya Herald», che cita un ufficiale fedele a
Jathran.
Il giornale sottolinea come non
sia ancora chiaro se Jathran sia stato riassegnato al suo incarico di capo della Pfg nella regione centrale
della Libia. Nei giorni scorsi erano
circolate notizie secondo cui le autorità che fanno riferimento al Parlamento di Tobruk avrebbero destituito Jathran, sostituendolo con il
colonnello Miftah Hasan Abdallah
Al Maqrif.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
domenica 8 maggio 2016
«L’anima del corpo. Contro l’utero in affitto» di Luisa Muraro
In difesa
della relazione materna
di SILVIA GUSMANO
Il transito di Mercurio
Guardare le ombre
doli a quelli di Mercurio, i transiti
di Venere sono estremamente rari.
partire dalle ore 13.12 di L’ultimo è avvenuto nel 2012 e il
lunedì e fino al tramon- prossimo non si verificherà prima
to, ovunque sia visibile del 2117. Più è distante il Sole dietro
il Sole, gli osservatori al pianeta, più si riduce la possibilipotranno godere, tempo tà di riuscire a vedere il percorso del
permettendo, dell’insolita visione pianeta attraversare il disco solare.
del pianeta Mercurio che passa tra
D all’invenzione del telescopio,
noi e il Sole stesso. Il transito termi- avvenuta circa 400 anni fa, i transiti
nerà alle 20.42.
di Mercurio sono stati 55. A quel
Naturalmente, Mercurio è tal- tempo Keplero, con le sue nuove
mente piccolo e il Sole talmente lu- leggi sul moto planetario, riuscì a
minoso che per vedere il transito prevedere quando quei transiti si saservirà un telescopio munito di filtri
rebbero verificati; e nel 1631 padre
speciali. (Mai guardare direttamente
Pierre Gassendi, noto filosofo franil Sole, con o senza telescopio, a
cese e sacerdote cattolico, fu il primeno che non si abbia un’adeguata
protezione per gli occhi). Ciò che si mo a osservarne uno.
Perché prima di allora nessuno
dovrebbe riuscire a vedere attraverso
questo telescopio è l’ombra di Mer- aveva mai notato Mercurio coprire
curio, un piccolo puntino nero che una parte del Sole? Diversamente
si sposta lentamente attraverso la dalle eclissi prodotte dalla Luna,
che è talmente vicina a noi da riusuperficie del Sole.
Gli astronomi chiamano questi scire a coprire completamente il Soeventi “transiti”. Sono importanti le, queste piccole “eclissi” mercuriaper diverse ragioni. Per esempio, ne ne coprono solo una minuscola
confrontando le osservazioni di un frazione, riducendo per noi la sua
transito visto da due punti diversi luminosità solo di una parte su
della Terra, alla fine si può calcolare 25.000.
a quanti chilometri dalla
Terra si trova il pianeta
transitante; è così che gli
Lunedì si potrà osservare il pianeta
astronomi
misurarono
per la prima volta la dimentre passa tra la Terra e il Sole
mensione del sistema soLa prossima volta accadrà nel 2019
lare nel XVIII secolo.
Inoltre, i transiti di MerPoi bisognerà attendere il 2032
curio ci danno un modo
molto preciso per misurare l’orbita di questo
Ovviamente i transiti potrebbero
pianeta. Sono state queste misurazioni a suggerire per la prima volta essere visti più facilmente se Mercuche c’era qualcosa di leggermente rio fosse molto più grande, o il Sole
storto nella comprensione della gra- molto più piccolo. E li vedremmo
vitazione solare di Newton, che alla molto più spesso se Mercurio orbifine fu spiegata solo con la teoria tasse più vicino al Sole. Non è il cadella relatività generale di Einstein.
so del nostro sistema solare, ma di
Mercurio gira intorno al Sole fatto siamo riusciti a scoprire pianeti
ogni 88 giorni. Ma poiché la sua or- che orbitano intorno ad altre stelle
bita è leggermente inclinata rispetto proprio in questo modo. Come ci si
a quella della Terra, il più delle vol- può aspettare, la maggior parte di
te dal nostro punto di osservazione quei pianeti sono giganti, delle didi GUY CONSOLMAGNO
A
Il Transiting Planets and Planetesimals Small Telescope
sembra passare sopra o sotto il Sole,
invece di attraversarne il disco. Così, la maggior parte delle orbite di
Mercurio non producono transiti.
Dalla Terra, il prossimo transito, dopo quello di lunedì, potrà essere osservato nel 2019, e poi bisognerà
aspettare fino al 2032 per vederlo di
nuovo. Anche Venere orbita tra noi
e il Sole e anche questo pianeta ha
dei transiti. Ma perfino paragonan-
mensioni di Nettuno o ancora più
grandi. La maggior parte orbita
molto vicino alla propria stella. È
questo il tipo di pianeta e di orbita
più facile da individuare. Finora sono stati osservati circa 2000 di questi pianeti transitanti.
Per vedere pianeti più piccoli, più
vicini alle dimensioni della Terra,
bisognerebbe cercare il transito di
stelle più piccole, meno luminose.
Ci vuole più tempo per ottenere
misurazioni precise da stelle più
deboli, quindi se ne possono esaminare meno alla ricerca di pianeti. E
poiché, come abbiamo visto, accade
raramente che i pianeti siano
allineati in modo giusto perché sembrino transitare davanti alla loro
stella, probabilmente essi dovrebbero essere molto vicini a essa. Anche
Questo tipo di osservazioni
nei secoli passati
ci ha aiutato a comprendere
che la nostra stella non è l’unica
e che la Terra non è l’unico mondo
così bisogna essere molto fortunati
per riuscire a vedere uno di questi
transiti.
Di recente, però, la fortuna ha favorito un gruppo di astronomi
all’università di Liegi, in Belgio. Insieme ai loro colleghi dell’O sservatorio di Ginevra, hanno costruito
Trappist (Transiting Planets and
Planetesimals Small Telescope), tra
le montagne deserte del Cile, per
compiere proprio queste misurazioni
di piccole stelle deboli. La scorsa
settimana, Michaël Gillon e la sua
equipe hanno riportato la scoperta
di tre pianeti, più o meno della dimensione della Terra, intorno a una
stella ora chiamata Trappist-1.
Il fatto ancor più entusiasmante è
che tutti e tre i pianeti orbitano abbastanza vicino alla loro fresca e debole stella da avere temperature di
superficie che potrebbero rendere
possibile la vita.
Ovviamente, scoprire se c’è vita
continua ad appartenere al regno
della fantascienza. Ma non sono
lontani i tempi in cui potremmo riuscire a trasformare la fantasia in fatto scientifico. Questa stella dista da
noi solo 40 anni luce; è dunque abbastanza vicina perché,
entro i prossimi dieci o
vent’anni, si possa forse
riuscire a vedere se uno
di questi pianeti ha
un’atmosfera dove cercare gas prodotti da creature viventi.
Nei
secoli
passati
osservare le ombre di
Venere e di Mercurio ci
ha aiutato a comprendere la nostra posizione
nell’universo fisico. Da
ciò, ora sappiamo che la
nostra stella non è l’unica stella e che la Terra
non è l’unico mondo. In
modo analogo, cercare le
ombre degli altri pianeti
intorno ad altre stelle
aiuterà a plasmare il modo di comprendere il nostro posto nell’universo,
specialmente se scopriremo che la nostra Terra
non è la sola ad ospitare
la vita.
In entrambi i casi, è
interessante che stiamo imparando
da questi pianeti non vedendo loro,
bensì le loro ombre. I filosofi scienziati del XVII secolo, come padre
Gassendi, avrebbero colto l’eco del
racconto dell’allegoria platonica di
osservare le ombre in una caverna.
Più impariamo, più veniamo ridimensionati nel renderci conto quanto poco ancora sappiamo della creazione di Dio.
ennesimo no di
un’autorevole
esponente del
pensiero femminista alla maternità surrogata, ma soprattutto
una lucida e appassionante
lettura sulla «realtà che cambia». Fedele alla propria vocazione, nel suo ultimo libro —
L’anima del corpo. Contro l’utero in affitto (Brescia, Editrice
la Scuola, 2016, pagine 86,
euro 8,50) — Luisa Muraro lascia sullo sfondo l’acceso dibattito politico e legislativo in
corso e trasforma il tema della
gravidanza
per
interposta
persona in un paradigma (negativo) sul senso generale della società contemporanea. Paradigma non per filosofe, ma
per tutti, che si accompagna a
un appello cogente: «Svegliamoci e mettiamoci a pensare».
Ovvero: ricordiamo la storia e
guardiamo al futuro, prevedendo gli sviluppi delle nostre
scelte («abbiamo l’immaginazione» per farlo). «Qui non
si tratta di proibire — scrive
Muraro — si tratta di non
sbagliare». Se la storia ci insegna che «non bisognava prendere la strada di fabbricare armi
atomiche
negli
anni
Quaranta» e che l’eugenetica
è nata con le migliori intenzioni, la preoccupazione per il
futuro impone un interrogativo: «L’idea di istituire un
mercato per le creature del
corpo femminile fecondo, che
conseguenze potrebbe avere?». E che conseguenze sta
già avendo?
L’
un figlio per altri non può essere una scelta libera. Parlare
di generosità, come motivazione principale, è un’ipocrisia
che ignora lo stupefacente travaglio fisico e morale che
comportano i lunghi mesi di
gestazione e il parto. Generosità, piuttosto, è quella dei
genitori adottivi che «fanno
passare la realizzazione del loro desiderio attraverso le esigenze pressanti di altri esseri
umani».
Il primo tema su cui riflettere anche in questo ambito
paradigmatico è la «potenza
formidabile» e spaventosa dei
soldi che non solo «servono a
comprare delle cose» (la disponibilità di una donna, le
grosse quote degli intermediari, le spese di una clinica, i
viaggi all’estero), ma anche a
«istituire una legalità» e a
creare un ordine costituito,
quello del mercato, dove il
un’evoluzione che continua
nella cultura grazie alla parola
e alla libertà, ma che non può
perdere le sue radici naturali,
pena l’autodistruzione».
La seconda parte del volume è dedicata alla relazione
materna, scambio di vita che,
sin dal concepimento, si instaura tra due esseri umani:
«quello che viene al mondo e
quello che ve lo accompagna».
Uno scambio, dal profondo
valore simbolico, che domanda di andare avanti senza interrompersi anche dopo la nascita e che serve non solo al
bambino, ma anche alla donna per sentirsi e diventare madre. Se tale relazione s’interrompe per un imprevisto o un
incidente come succede continuamente, la creatura saprà ricostruirla con un’altra persona
adulta «animata dall’esigenza
interiore di subentrare alla
madre naturale», ma — si chie-
La surrogazione è una nuova
forma di soggezione delle donne
Criticarla è pienamente
in linea con l’impegno
femminista per la libertà
Per raggiungere l’attuale livello di civiltà siamo passati
dalla lotta per l’abolizione della schiavitù e dalle conquiste
del femminismo. La maternità
surrogata torna pericolosamente indietro (o peggio: imbocca una strada senza sbocco) su entrambi i fronti. Respingendo con forza l’accusa
di incoerenza rivolta alle femministe che si oppongono alla
pratica dell’utero in affitto, sul
secondo fronte Muraro precisa: la surrogazione si traduce
in una nuova forma di soggezione delle donne e criticarla è
pienamente in linea con
l’impegno femminista per la
libertà.
Sul fronte delle moderne
forme di schiavitù e di colonialismo, inoltre, denunce e
scandali internazionali parlano
Un tema su cui riflettere
è la potenza formidabile
dei soldi che non solo servono
a comprare “cose” ma anche
a creare un ordine costituito
fin troppo chiaramente degli
scenari di miseria, ignoranza e
disperazione in cui si sta sviluppando il mercato delle gravidanze surrogate, a conferma
di quanto ogni madre e ogni
donna sa: mettere al mondo
Angela Manai, «Maternità» (2012)
contratto commerciale si configura come un’autorizzazione a
procedere. Il mercato e la tecnica, nella procreazione e nella
civiltà in genere, «sono sempre meno dei mezzi a nostra
disposizione e sempre più tendono a diventare dei padroni». Il cuore del problema, secondo Muraro, è qui e non
tanto nella necessità di porre
dei paletti al desiderio umano
che, per sua natura, è irrefrenabile e irrazionale (giusto,
finché non si passa dalla teoria
alla pratica legislativa, dove
dei limiti vanno pur posti).
L’argine più efficace a questa
deriva viene dal «concetto di
legge naturale», espressione
ambigua e sospetta «per l’uso
che ne facevano le centrali del
potere costituito», ma oggi
nuovamente valida, come «insegna l’ecologia»: «gli esseri
umani sono il frutto di
de Muraro — «possiamo accettare che l’interruzione venga
programmata senza necessità?». Si tratta di una differenza fondamentale che ha dei risvolti concreti sulla vita di chi
viene al mondo. Il solco che
separa l’adozione dalla nascita
per surrogazione è segnato
dalla «questione delle origini». Spontaneo e vitale per
ogni essere umano è infatti il
desiderio di sapere cosa ci sia
stato prima. Chi ci sia stato
prima. Sulle risposte a questi
interrogativi si costruisce la
personalità adulta. La creatura
nata da una gravidanza surrogata è destinata spesso a restare senza risposte e — si chiede
ancora Muraro — «capirà?
Perdonerà? Capirà il desiderio,
forse, ma, temo, non l’artificio
della separazione» che impedisce la sua ricerca di senso
nel passato.
L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 8 maggio 2016
pagina 5
Sigmund Freud
Distanza e pudore non si lasciano integrare
nei circuiti accelerati
del capitale e della comunicazione
Per questo
il mercato ha esigenza di eliminarli
In un saggio del filosofo sudcoreano Byung-Chul Han
La trasparenza è antagonista
della trascendenza
di SERGIO MASSIRONI
na formidabile critica della
contemporaneità, non semplicemente di qualche suo
aspetto. La società della trasparenza, agile saggio di
Byung-Chul Han, coglie nel segno per l’audacia con cui smaschera un falso ideale. Il
filosofo sudcoreano, che vive e insegna a
Berlino, in una manciata di pagine sa decostruire, infatti, molti luoghi comuni cui il
nord del mondo pare assuefatto. A quattro
anni dalla prima edizione tedesca, la sua
proposta rimane acuta e controcorrente.
La trasparenza, anzitutto. Secondo Han,
c’è un lato oscuro nella luce che tutto vorrebbe avvolgere, essenzialmente perché «io
vivo di ciò che gli altri ignorano di me»:
citazione di Peter Handke anteposta ad
ogni argomentazione. Eppure, «nessun’altra parola d’ordine domina oggi il discorso
pubblico quanto il termine trasparenza»:
nulla deve più negarsi; anzi, ciò che resiste
alla disponibilità è sospetto.
U
tica, alcun soggiornare. La percezione tattile è la fine della distanza estetica dello
sguardo, anzi è la fine dello sguardo». Come a dire: le mani su tutto. Il filosofo denuncia: «La perdita di distanza non è
prossimità, anzi l’annienta».
Per contrasto, Han rilancia dei passaggi
di Walter Benjamin a proposito del sacro,
orizzonte in cui il fatto «che esistano» le
cose del culto è «più importante del fatto
che vengano viste»: rinchiuderle in un luogo inaccessibile, privarle così di ogni visibilità, accresce il loro valore cultuale. La
prassi della separazione è costitutiva del
loro valore. Nella società del positivo, invece, «in cui le cose, divenute nient’altro
che merci, devono essere esposte per essere», tutto ciò «che è fermo in se stesso,
che soggiorna presso di sé, non ha più alcun valore». Solo il volto umano, secondo
Benjamin, costituisce l’ultima trincea di un
sacro che non arretra senza resistere. E
Han rileva come, proprio per questo, il
volto umano scompare, dissolto nei social
network e nella pubblicità in «facce» senza più singolarità. «La faccia è il viso
Walter Benjamin
L’autore oppone al «livellamento della
chiarezza» un primo, elementare, dato di
esperienza: «l’uomo non è mai trasparente
a se stesso». Freud ha mostrato lo scarto
tra ciascuno e se stesso, se è vero che l’Io
nega ciò che illimitatamente l’Inconscio afferma e desidera. Ma, così, «nella psiche
umana si apre una crepa, che non consente all’Io di coincidere con sé. Questa crepa
fondamentale impedisce l’auto-trasparenza». Ne consegue un ulteriore dato di realtà, il secondo fondamentale rilievo di Han:
«Anche tra le persone si apre una crepa: è
impossibile, in questo modo, realizzare
una trasparenza inter-soggettiva, che non è
neppure auspicabile. Proprio la mancanza
di trasparenza dell’Altro è ciò che mantiene in vita la relazione». Il filosofo rimanda
agli studi di Georg Simmel, citandone un
passaggio meraviglioso: «La profondità feconda delle relazioni, che, dietro a ogni
elemento ultimo rilevato, intravvede e onora ancora un altro elemento più ultimo, è
soltanto la ricompensa di quella delicatezza e di quel dominio di sé che, anche nel
rapporto più stretto, che coinvolge tutta la
persona, rispetta ancora la proprietà privata interiore, la quale limita il diritto alla
domanda con il diritto al segreto». All’obbligo di trasparenza manca proprio questa
«delicatezza» per l’alterità, per una «lacuna» che non può essere eliminata. Ebbene,
«distanza e pudore non si lasciano integrare nei circuiti accelerati del capitale,
dell’informazione e della comunicazione»:
per questo il mercato ha esigenza di eliminarli. Ogni spazio riservato viene illuminato e sfruttato, per di più col consenso di
chi avrebbe interesse a custodire la propria
profondità. «Anche l’amore si riduce a un
accordo tra sentimenti piacevoli e stati di
eccitazione privi di complessità e di conseguenze». Ma si dissolve, con la castità, la
gioia del bello: «a causa dell’assenza di distanza, non c’è alcuna considerazione este-
esposto senza alcuna aura dello sguardo
ed è la forma merce del volto umano. La
faccia (face) come superficie (sur-face) è
più trasparente di quel viso o di quel volto
che per Emmanuel Lévinas rappresenta un
luogo eccelso, nel quale irrompe la trascendenza dell’Altro. La trasparenza è
un’antagonista della trascendenza». Sorprende che a scriverlo non sia un metafisico, ma un radicale contestatore del «capitalismo compiuto». Qui non ne va, infatti,
di una morale o dell’ordine antico: al contrario, le regole del gioco liturgico si incontrano con quelle del gioco erotico, perché «ciò che accende il desiderio e intensifica il piacere è proprio la negatività del
segreto, del velo e dell’occultamento». La
loro rimozione disintegra il piacere e si
chiama oscenità. Ma se muoiono la fantasia, il rinvio nel tempo, il preliminare,
l’immaginazione — vittime dell’iper-nitidezza, della pornografia — muore l’umano.
Sacro e profano, ugualmente travolti. «Del
tutto trasparente è solo l’operazione di un
processore, perché si svolge in modo puramente additivo. Rituali e cerimonie, invece, sono processi narrativi, che si sottraggono all’accelerazione. Sarebbe un sacrilegio voler accelerare un sacrificio». Ebbene,
la società della trasparenza «abolisce tutti i
rituali e le cerimonie, perché non si possono rendere operazionali, perché sono di
ostacolo all’accelerazione dei circuiti informativi, comunicativi e produttivi». Tuttavia — osserva Han con un geniale passaggio al piano delle scienze — a differenza
del calcolo, nemmeno «il pensiero è trasparente a se stesso. Il pensiero non segue
linee calcolate in anticipo, ma va in campo
aperto». Come a dire che proprio tutto è
in discussione: avanza un paradigma antropologico così piegato alla fruibilità, al
consumo, che anche la conoscenza considera pericolosa. A sostituirla, dilagano informazioni e vissuti: «Un’unica conoscenza può mettere interamente in questione il
già-esistente e trasformarlo. All’informazione manca questa negatività. Anche l’esperienza ha conseguenze, dalle quali si origina la forza del cambiamento. In ciò essa si
distingue dal vissuto, che lascia intatto il
già-esistente». Sapere e vivere, ma non
pensare. La riflessione come pericolo.
Nell’ultimo capitolo, l’affondo decisivo
nei confronti dell’utopia di una «società
trasparente». Essa convince, perché democratica: come lucidamente colto da David
Brin, elemento chiave della trasformazione
in corso è infatti l’idea di poter eliminare
ogni flusso di informazioni asimmetrico,
che produce relazioni di potere e di dominio. Il potere si ammanta volentieri del segreto. Scrive Han: «La prassi dell’arcano è
una delle tecniche del potere. La trasparenza elimina le sfere arcane del potere».
Vincente è la richiesta di un’illuminazione
reciproca, di un controllo non più esercitato solo dall’alto verso il basso, ma anche
dal basso verso l’alto. «Ciascuno espone
ogni altro alla visibilità e al controllo, addirittura fin dentro la sfera privata. Questa
sorveglianza totale degrada la società trasparente a una disumana società del controllo. Ognuno controlla l’altro». Ecco
chiarirsi la radicale questione, sociale e antropologica: «La fiducia, che produce spazi liberi d’azione, non può essere facilmen-
te rimpiazzata dal controllo». Così, per
quanto difficile sia da argomentare in
un’epoca di tracollo delle istituzioni, Han
cita Richard Sennett: «Il popolo deve aver
fiducia nei suoi governanti; se ha fiducia,
accorda loro una libertà di azione senza
sentire bisogno di consultazioni, monitoraggi e supervisioni costanti. Se non godesse di questa autonomia, il governante
non potrebbe mai fare una mossa». Da coniugare con la prioritaria riscoperta della
responsabilità pubblica, l’esigenza posta
dal filosofo appare imprescindibile. Invece
di dire «la trasparenza realizza la fiducia»
si dovrebbe a suo giudizio più propriamente confessare che essa la esclude: quella della trasparenza «è una società della
sfiducia e del sospetto che, in conseguenza
di una fiducia che viene a mancare, si sottomette al controllo».
Difficile non cogliere a questo livello un
compito epocale del cristianesimo, cruciale
per la sopravvivenza di quella dignità personale che individui separati non sapranno
più garantirsi: ricostruire legami di fiducia.
Li alimentano i riti e le grandi narrazioni,
screditati dal trend del capitalismo compiuto. Il consumatore perfetto, infatti, è solo;
non vede pretese di dominio a lui esterne,
che lo minaccino di sudditanza o di emarginazione: gli è offerta la sensazione di essere signore e imprenditore di se stesso.
Egli si espone, si offre, si usa: «l’auto-sfruttamento è più efficace dello sfruttamento
da parte di un terzo, perché si accompagna
al sentimento della libertà». Chi si convince di valere per le proprie prestazioni, così,
«si sottopone a una costrizione libera, auto-prodotta», consegnandosi a un cosmo in
Nelle società del positivo in cui le cose
divenute nient’altro che merci
devono essere esposte
tutto ciò che è fermo in se stesso
non ha più alcun valore
cui nessun muro separa più l’esterno
dall’interno. «L’intero globo evolve oggi in
un panottico (…) La sorveglianza oggi non
si realizza, come si ritiene normalmente,
nella forma di un attacco alla libertà. Piuttosto, ciascuno si consegna volontariamente
allo sguardo» di tutti. Potremo chiamarla
ancora libertà? Le minacce alla sicurezza
incrineranno questo paradigma, o lo rafforzeranno? Quale resistenza dimostreranno le
culture non occidentali? Le religioni sapranno custodire la grammatica dell’Alterità e la simbolica dell’Invisibile? A leggere
Byung-Chul Han, sono problemi che toccano tutti.
Solitudine e misericordia nell’opera di Madeleine Delbrêl
La contestazione
degli anni Sessanta
sull’Osservatore
Il sessantesimo numero della rivista «Firmana. Quaderni di teologia pastorale»
(Assisi, Cittadella Editrice) si concentra
sul modo in cui «L’Osservatore Romano» ha raccontato il mondo giovanile e
la contestazione universitaria in Italia tra
il 1967 e il 1969. Uno studio di Francesco
Maria Moriconi sottolinea che «nel 1967
gli articoli de “L’Osservatore Romano”
si occupano delle caratteristiche del
mondo giovanile in Italia così come esso
si era configurato dalla seconda metà degli anni ‘50 e soprattutto nella prima metà degli anni ‘60, senza fare mai riferimento a una “questione” dei giovani,
semplicemente prendendone in considerazione aspetti particolari e manifestazioni più vistose che, se per l’organo vaticano possono essere motivate, si esprimono
tuttavia nelle forme più stravaganti e
spesso superficiali». La contestazione,
continua l’approfondimento, per «L’O sservatore Romano» rappresenta «da un
lato una giusta protesta per l’arretratezza
delle strutture universitarie», dall’altro
«un pericolo nel momento in cui si fa
portatrice di idee disgregative della vita
civile, ponendosi come rifiuto globale,
radicale e selvaggio di tutti gli aspetti
del sistema».
Gioberti
e la presenza carsica
di Dante
Nell’ultimo numero della rivista «Studium» Alessio Leggiero individua la presenza carsica di Dante nella filosofia del
linguaggio di Vincenzo Gioberti. Del resto l’ecclesiastico torinese, sin dagli anni
giovanili, aveva fatto una vera e propria
lectio continua della Divina commedia,
sviluppandone i contenuti nelle sue opere
e citandone spesso a memoria i canti. È
nella forma della criptocitazione — scrive
l’autore del saggio — che è dato di ravvisare la presenza dantesca nella «scienza
ideale» giobertiana. Secondo Leggiero, la
riflessione di Gioberti ha reso attuale la
concezione di signum dell’Alighieri autorizzando
l’ipotesi di una linea
di pensiero che collega Böhme, Keplero, Leibniz allo
stesso Gioberti. Al
pensatore, Leggiero ha dedicato un
libro Il Gioberti
frainteso (Roma,
Aracne, 2013,
Il grande scandalo della carità
«In ognuno c’è qualcosa che non sarà
mai compreso da nessuno» scrive Madeleine Delbrêl (1904-1964) nei suoi
appunti. «È questa solitudine rudimentale — continua Madeleine — che
dobbiamo accettare in primo luogo».
Il suo itinerario parte da un moto
di rabbiosa ribellione
verso l’apparente strapotere del male
La profonda consapevolezza del mistero che si nasconde dietro ogni volto umano non ha mai abbandonato
questa donna allegra, intelligente, sensibilissima, mai indulgente verso se
stessa, che con la sua umiltà operosa
ha cambiato il volto della città dove
ha speso tutta la sua vita terrena,
Ivry-sur-Seine, accompagnando intere
generazioni di lettori alla scuola della
misericordia divina. Assistente sociale,
mistica della ferialità, di un quotidiano che diventa eroico e infinitamente
affascinante se vissuto dentro la luce
calda dell’amore di Dio, il suo itinerario parte paradossalmente dal riconoscimento del proprio radicale, irrimediabile nulla. E da un moto di rabbiosa ribellione verso l’apparente strapotere del male: «la morte, da parte sua,
gode di ottima salute» scrive una Madeleine adolescente e fieramente atea
prima di lasciarsi conquistare dalla
sorprendente, scandalosa forza dell’amore di Dio.
E proprio La misericordia, il grande
scandalo della carità (Milano, Gribaudi,
2016, pagine 95, euro 7,50) è il titolo
che hanno scelto Gilles François e Bernard Pitaud, gli autori di un libro che
racconta alcuni aspetti poco conosciuti
della vita della scrittrice, a partire da
uno degli oggetti personali che gli erano più cari, per fortuna giunto fino a
noi, il suo erbario — così chiamava il
suo libro delle ore, gonfio di foto, lettere, fiori secchi, elenchi di nomi, ritagli di giornale sotto la copertina in
cuoio grezzo — segno visibile di una
vastissima, capillare rete di carità vissuta, una litania sui generis fatta di storie
di dolore e guarigione, «rifugio immenso e dolce per tutta questa gente
la cui vita palpita intorno a noi».
(silvia guidi)
Ritratto dell’ecclesiastico torinese (XIX secolo)
pagine 263) in cui, nel ribadire l’unitarietà del suo pensiero, vengono riproposte
le critiche che ebbero un impatto determinante sulla messa all’Indice della sua
opera omnia, sottolineando al contempo
il valore di una riflessione sul rapporto
tra fede e ragione a partire da un’originale lettura della modernità.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
BAGHDAD, 7. Non è più il tempo
delle divisioni, perché gli iracheni, a
milioni, «stanno morendo a causa
della povertà e delle malattie»: è un
appello dai toni estremamente severi
quello che il patriarca di Babilonia
dei Caldei, Louis Raphaël I Sako, ha
indirizzato alla classe politica e dirigente dell’Iraq. In un momento tra i
più drammatici nella storia del Paese, il patriarca caldeo chiede ai politici «saggezza e calma» per dar vita
a una «vera riconciliazione», in grado di mettere fine a «questo degrado economico, istituzionale e della
sicurezza».
Nei giorni scorsi, come è noto,
migliaia di manifestanti, sostenitori
del leader sciita Moqtada al-Sadr,
hanno
occupato
parte
della
cosiddetta zona verde di Baghdad,
dove si trovano le ambasciate e le
massime istituzioni nazionali, per
protestare contro le mancate riforme
e l’immobilismo della politica. Alcuni manifestanti hanno anche assaltato il Parlamento e provocato danni a
numerosi edifici. In risposta, il premier Haider al-Abadi, che da settimane tenta di costituire un esecutivo
tecnico, ha ordinato al ministero
dell’Interno di perseguire quanti
«hanno attaccato le forze di sicurezza, i cittadini e i membri del Parlamento e vandalizzato le proprietà
dello Stato».
Una situazione complessa, dunque, alla quale si aggiungono i timori e le difficoltà degli iracheni che vivono nei territori caduti nelle mani
delle milizie fondamentaliste. Una
popolazione che provoca «sofferenze, povertà e miseria» sottolinea il
patriarca che poi, rivolgendosi direttamente alle alte cariche dello Stato,
scrive: «Tutti voi siete ben consapevoli del fallimento delle istituzioni
governative, della costante violazione del diritto, del procrastinare la
soluzione dei problemi e le riforme
essenziali chieste a gran voce da tutto il popolo. Tutto questo è il risultato di un panorama politico diviso,
che non ha saputo raggiungere una
vera riconciliazione nazionale, a cui
si aggiungono i conflitti di interesse
e le ambizioni che sono emerse di
recente in tutta la loro forza». Di
qui, facendo affidamento soprattutto
«alle nostre responsabilità umane,
nazionali e morali», ecco l’appello
indirizzato a tutti i politici iracheni
affinché «compiano tutti gli sforzi
possibili per una vera riconciliazione, per mettere fine a questo degrado economico, istituzionale e della
sicurezza».
In tal senso, si esortano tutte le
parti in causa «a stare unite e a procedere con una visione chiara e con
domenica 8 maggio 2016
Nel mistero dell’Ascensione del Signore
Nostalgia
di Gesù per noi
di MAURIZIO GRONCHI
Appello del patriarca di Babilonia dei Caldei alla classe politica
In Iraq
non è più tempo di divisioni
un progetto condiviso per liberare
tutti i territori dell’Iraq e lavorare
assieme per la pace e la stabilità nel
Paese, per consentire il rientro di
tutti gli sfollati nelle loro abitazioni».
Non c’è più spazio, insomma, per
gli inutili protagonismi e i compor-
tamenti irresponsabili. «Adesso basta. Ne abbiamo abbastanza di divisioni e dispersioni» afferma il patriarca invitando i politici a «focalizzare l’attenzione sul futuro del vostro Paese, sul futuro dei vostri concittadini. Vostri fratelli, a milioni,
stanno morendo a causa della pover-
Riaperto ad Aleppo il centro dei gesuiti per i rifugiati
Tregua nell’orrore
ALEPPO, 7. Chiuso per due giorni
consecutivi a causa della recrudescenza del conflitto, ha riaperto
giovedì scorso il centro di distribuzione aiuti del Jesuit Refugee
Service (Jrs) ad Aleppo, la città
siriana più martoriata dai bombardamenti. Gli ordigni caduti vicino alla struttura, che ospita anche una clinica, hanno spinto il
team di Aleppo, insieme all’ufficio nazionale ubicato presso l’aeroporto di Damasco, a fermare
ogni attività. Ma il 5 maggio, grazie al cessate il fuoco, il Servizio
dei gesuiti per i rifugiati ha potuto riprendere il lavoro. Il centro
di distribuzione serve circa 6.300
persone della zona di Aleppo e
aiuta «sia cristiani che musulmani
ma anche gente di cui non sappiamo nulla», come ha riferito il
responsabile delle relazioni esterne del Jrs di Aleppo, Cedric Prakash, in un’intervista al telegiornale di Tv2000. «Non facciamo
distinzioni in base alla religione,
serviamo ogni essere umano, in
particolare i più afflitti. In molte
parti della città — racconta Prakash — ci sono abitanti bloccati,
che non possono uscire. Negli ultimi giorni sono morte circa trecento persone e tante altre sono
rimaste ferite. Ora fortunatamente c’è il cessate il fuoco, ogni tregua è un bene per tutti. Tutte le
fazioni in guerra, ovunque siano e
da dovunque provengano, fermino le ostilità», è l’appello.
tà e delle malattie; gli iracheni si
meritano di meglio rispetto a tutto
questo».
Quello del patriarca di Babilonia
dei Caldei è soltanto l’ultimo dei
tanti appelli che gli esponenti ecclesiastici iracheni hanno lanciato per
richiamare l’attenzione sulla drammatica situazione del Paese. Soltanto
pochi giorni fa, come si ricorderà, il
vescovo ausiliare Shlemon Warduni
si era a lungo soffermato sulle complesse vicende irachene, definendo
quello attuale come «il momento
più basso» nella storia del Paese.
Anche se, aveva precisato, «non possiamo dire di aver toccato il fondo»,
perché vi è il rischio che «la situazione precipiti sempre più». Il presule — in una dichiarazione all’agenzia AsiaNews — aveva inoltre rilevato come «nessuno riesca davvero a
capire cosa stia succedendo e nemmeno a prevedere cosa accadrà nel
futuro».
Negli ultimi mesi, e soprattutto
nelle ultime settimane, nella capitale
sono aumentate le forme di aperto
dissenso pubblico e le manifestazioni di piazza contro politica e istituzioni dello Stato che sembrano incapaci di arginare fino in fondo la corruzione. Proprio la corruzione, ormai endemica, ha svuotato le risorse
economiche già prosciugate dal calo
dei guadagni delle attività petrolifere. E la popolazione è «molto stanca» per mancanza di lavoro, di risorse, di prospettive.
Nell’evento reale e trascendente
della risurrezione, storia e fede anziché allontanarsi s’incontrano su
un sottile confine, per diventare accessibili in modi diversi. Alla constatazione storica della scomparsa
di Gesù dallo spazio del mondo —
«Non è qui» (Marco, 16, 6) — corrisponde l’affermazione della fede riguardo il suo ingresso nella sfera
divina: «È asceso al cielo» (Atti degli apostoli, 1, 11). Dunque, assenza
dalla terra e presenza in Dio di
una persona, del Figlio «nato da
donna, nato sotto la Legge» (Galati, 4, 4), nel quale «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Colossesi, 2, 9).
Alla luce di questi essenziali asserti biblici, che ci invitano a credere all’identità storica e divina di
Gesù di Nazaret, sorge l’interrogativo: che fine ha fatto quel corpo,
nato al mondo dallo Spirito Santo
e da Maria Vergine? Qual è il senso della sua scomparsa e di questa
nuova presenza in Dio?
Colui che era in principio presso
Dio, e ha abitato in mezzo a noi, è
tornato al Padre: ora è rivolto al
suo seno (cfr. Giovanni, 1, 1-18).
Grazie alla sua venuta nel mondo,
il Figlio ha rivelato che «Dio è
amore» (1 Giovanni, 4, 16) e, donando se stesso, è rimasto nel mondo mediante lo Spirito. Adesso,
con il suo ingresso nella sfera di
Dio, insieme alle ferite ricevute in
casa dei suoi amici (cfr. Zaccaria,
13, 6), conserva la sua umanità, ricevuta da Maria e trasfigurata
dall’amore pasquale. Perciò, mentre
diciamo che il suo farsi uomo e
morire è stata kénosis (cfr. Filippesi,
2, 7), ovvero spoliazione, abbassamento e annientamento — usando
una metafora, perché Dio non si
svuota, né si annulla, in senso proprio — così pure, sempre in modo
analogo, potremmo dire che Dio si
è arricchito della nostra umanità,
trascinando in sé il corpo del Figlio. Segno ne è il novum dell’umanità crocifissa e glorificata che, con
l’ascensione di Gesù, entra per
sempre nella Trinità, dopo la discesa nella oscura profondità della
morte.
Ciò non significa che a Dio
manchi qualcosa, ma che, nella libertà del suo amore onnipotente,
Egli è capace non solo di creare,
ma anche di accogliere novità. In
questo senso Hans Urs von Balthasar scrive che «attraverso l’oikonomia qualcosa è diventata “altra” anche nella vita intima di Dio» (Teodrammatica), e giustamente precisa
Luis Francisco Ladaria Ferrer:
«Dio, che non si perfeziona né cresce in alcun modo con l’economia
della salvezza (non insisteremo mai
abbastanza su questo punto), a
partire da essa conduce la sua vita
trinitaria in una maniera — almeno
secondo il nostro avviso — “in
qualche modo nuova”. È la conseguenza dell’assunzione dell’umanità da parte del Figlio. Le relazioni
costitutive della Trinità sono ora
relazioni delle altre persone con il
Figlio incarnato» (La Trinità, mistero di comunione).
Non possiamo dimenticare quindi che ciò che Dio fa per noi, in
primo luogo e ultimamente riguarda Lui. Proprio in quanto riguarda
Lui, ne viene la salvezza a noi, mediante lo Spirito, attraverso il suo
Corpo che è la Chiesa. Di fronte al
mirabile evento dell’ascensione di
Gesù, il cuore dei discepoli è ricolmo di gioia e di speranza: «Quella
gioia di sapere che la nostra umanità è entrata in cielo: per la prima
volta!», come ha ricordato Papa
Francesco nell’omelia della messa
celebrata venerdì 6 nella cappella
della Casa Santa Marta.
Di conseguenza, quando noi
pensiamo a Gesù con nostalgia —
poiché egli è stato tra noi e se n’è
andato — in realtà guardiamo con
speranza al giorno in cui lo incontreremo. Noi, che lo amiamo pur
senza averlo visto (cfr. 1 Pietro, 1,
8), non possiamo che aver nostalgia del futuro. Invece, proprio Lui
— Gesù — che è stato in questo
mondo, ha ragione di aver nostalgia di noi. Come immagina Jorge
Luis Borges, egli pensa tra sé, con
struggente tenerezza: «Ricordo a
volte e rimpiango l’odore di quella
bottega di falegname» (Giovanni 1,
14, in Elogio dell’ombra).
Partirà il 31 ottobre il calendario di eventi preparato dagli evangelici tedeschi
Il Movimento dei focolari nella giornata del 9 maggio
Un anno
per celebrare la Riforma
Scommessa
per l’Europa
BERLINO, 7. Dureranno esattamente un anno le
celebrazioni dei cinquecento anni della Riforma
protestante, tradizionalmente fatta coincidere con
la pubblicazione della Disputatio pro declaratione
virtutis indulgentiarum, le novantacinque tesi affisse da Martin Lutero il 31 ottobre 1517 sulla porta
della chiesa del castello di Wittenberg, in Sassonia-Anhalt. Il calendario ufficiale della Chiesa
evangelica in Germania prevede, come evento di
apertura, una grande cerimonia nella chiesa di
Santa Maria a Berlino il 31 ottobre 2016, mentre
il 20 maggio 2017 comincerà a Wittenberg e nella
regione circostante un’esposizione mondiale che
— riferisce il Sir — mostrerà i frutti nati dalla Riforma nelle varie nazioni e Chiese, ma anche nella cultura e nella società civile. Sarà allestito un
campo per i giovani affinché esprimano ciò che
essi comprendono e vivono della Riforma attraverso la musica, il cinema, il culto, la preghiera e
lo scambio.
Il tradizionale convegno biennale del Kirchentag si terrà dal 24 al 28 maggio contemporaneamente a Berlino, Wittenberg e in altre otto
città tedesche. Sarà un Kirchentag “in cammino”,
con una conclusione che farà confluire tutti a
Wittenberg.
La Chiesa evangelica tedesca, che si è preparata a questo anniversario con un percorso di riflessione iniziato nel 2008, ha costituito una rete fra
sessantanove città della Riforma in Germania e in
Europa, luoghi importanti per la storia o l’attualità del protestantesimo. La conclusione delle celebrazioni avverrà il 31 ottobre 2017, a livello nazionale e internazionale, con una serie di cerimonie pubbliche. Ricco è anche il calendario delle
manifestazioni ecumeniche.
«Siamo in grado di osare nel 2017 una revisione critica e considerare la Riforma come fatto
complessivo nell’orizzonte internazionale ed ecumenico», ha affermato di recente la teologa e vescova luterana Margot Kässmann, ambasciatrice
per l’anno luterano della Chiesa evangelica in
Germania, a un convegno al Pontificio Ateneo
Sant’Anselmo di Roma. In un’intervista a «Vatican Insider», afferma che dal punto di vista ecumenico «siamo a uno stadio molto buono perché
ecumenismo da un lato significa discussione sulla
Chiesa, l’eucaristia, il battesimo, i ministeri, ma
dall’altro lato significa agire da cristiani nel mondo, e su questo attualmente siamo molto vicini»
alla Chiesa cattolica, anche grazie a Papa Francesco, «un riformatore nella sua Chiesa», come
Martin Lutero «era un riformatore nella sua».
Kässmann giudica «un buon atteggiamento» domandarsi «quello che possiamo trovare in un’altra Chiesa che noi non abbiamo». E «quello che
io davvero ammiro nella Chiesa cattolica romana
è che mantiene l’unità globale della Chiesa, pur
con molte differenze al proprio interno. I luterani
e i riformati — osserva — possono imparare dai
cattolici a non separare così facilmente».
ROMA, 7. È ancora valida e attuale
l’esperienza europea? E gli europei
vogliono ancora stare insieme? Il
Movimento dei focolari scommette
di sì. Così all’indomani del discorso
di Papa Francesco in occasione della
consegna del premio Carlo Magno,
con il quale il Pontefice ha lucidamente suggerito la pista per superare
la crisi del progetto europeo, e in vista della festa del 9 maggio, in cui si
celebrano la pace e l’unità del vecchio continente, i figli spirituali di
Chiara Lubich tornano a rilanciare il
loro impegno per l’integrazione europea. «Un’Europa capace di stare
insieme e di riscoprire in questo modo cosa può fare di più e di meglio
per il mondo», è la prospettiva richiamata dalla presidente Maria Voce in un comunicato dei Focolari
che, facendo proprie le parole del
Santo Padre, invita a non cedere alla
rassegnazione e alla stanchezza e,
soprattutto, a cogliere nelle attuali
difficoltà le ragioni di uno slancio
ancora più impegnativo.
Oggi come come ieri, rilevano i
Focolari, la storia europea si trova di
fronte a un bivio. «Se per buona
parte degli europei il 9 maggio significa celebrare l’integrazione, l’unità e la pace in Europa nella ricorrenza della dichiarazione di Schuman
del 9 maggio 1950, all’origine dell’Unione europea, per altri invece —
si legge nel comunicato — segna
l’avvio del periodo di privazione di
diritti sotto l’Unione Sovietica, iniziato con la dichiarazione di vittoria
di Stalin sulla Germania il 9 maggio
1945». Una storia, quella europea,
inevitabilmente fatta di contraddizioni culturali e sociali, «con cui
l’innovatore processo di integrazione
deve confrontarsi ancora oggi, dopo
sessant’anni».
In tale prospettiva i Focolari rilanciano l’impegno di «Insieme per
l’Europa», realtà nella quale convergono oltre trecento comunità e movimenti di Chiese cristiane, una rete
che agisce con obiettivi condivisi in
funzione del continente, promuovendo una cultura di reciprocità attraverso cui singoli e popoli possono
accogliersi, conoscersi, riconciliarsi,
sostenersi vicendevolmente. «“Insieme per l’Europa” — ha spiegato Ma-
ria Voce — non è fine a se stessa, ma
ha una natura squisitamente politica,
nel senso più nobile del termine: si
adopera per il bene di questo pezzo
di umanità che è l’Europa, allo scopo di ravvivarne le radici e consapevole di dare anche un contributo al
resto del mondo».
Dal 30 giugno al 2 luglio «Insieme per l’Europa» promuoverà in
Germania, a Monaco di Baviera,
una grande manifestazione internazionale. Per due giorni, annunciano
gli organizzatori, 36 tavole rotonde e
forum permetteranno lo scambio di
esperienze e di prospettive su altrettante tematiche riguardanti l’Europa.
L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 8 maggio 2016
pagina 7
Per l’inaugurazione del santuario di Toruń
Il cardinale Grocholewski
inviato
del Papa in Polonia
Sulla collina delle Croci in Lituania il segretario di Stato Parolin parla dell’importanza della preghiera
Come si conosce Gesù
Di fronte alle oltre quattrocentomila croci
della collina di Šiauliai, luogo di pellegrinaggio per tutti i lituani e cuore dell’intera nazione, il cardinale Pietro Parolin, segretario di
Stato, ha pronunciato le prime parole pubbliche della sua visita ufficiale nelle Repubbliche
di Lituania, Estonia e Lettonia, che ha luogo
dal 7 al 13 maggio. Durante la messa celebrata
nel convento di Kryžių kalnas, il porporato
ha voluto innanzitutto ricordare la «memorabile visita» di Giovanni Paolo II nel 1993 e, ripensando a come il Pontefice polacco definì
questo santuario «luogo di speranza, amore e
di sacrificio», si è soffermato a parlare
dell’«importanza della preghiera» e della
«nostra responsabilità di condividere la fede
con gli altri».
Il segretario era giunto in mattinata a Vilnius — qui il giorno prima si era aperto il
Congresso nazionale della misericordia, uno
degli eventi centrali dell’anno giubilare dei
cattolici in Lituania — e si era innanzitutto recato al palazzo del Governo per un incontro
con il primo ministro Algirdas Butkevičius.
Dopo circa mezz’ora di colloquio, il cardinale
Parolin è immediatamente tornato all’aeroporto della capitale per raggiungere Šiauliai, dove, dopo aver salutato il personale della Nato
in missione di polizia aerea negli Stati baltici,
ha celebrato la messa nel convento della collina delle Croci.
Prendendo spunto dalla liturgia del giorno
e in particolare dal brano degli Atti degli
apostoli (18, 23-28) in cui si narra di come il
giudeo Apollo fu aiutato da Aquila e Priscilla
a inserirsi nella comunità cristiana, il porporato ha fatto notare che anche oggi «molte persone hanno un desiderio di felicità e di pienezza di vita, ma spesso non sanno a chi rivolgersi per colmare questi desideri profondi», e ha sottolineato che ogni cristiano, «così
come fecero Aquila e Priscilla», ha la «responsabilità di impegnarsi» con quanti ancora non conoscono pienamente Gesù per «portarli a lui». Allo stesso tempo — ha aggiunto
— anche agli uomini di oggi, come al giudeo
Apollo, capita di «sapere molte cose su Gesù» ma di avere bisogno comunque «di approfondire la sua conoscenza». Per questo è
necessaria innanzitutto l’«umiltà di riconoscere che Gesù ci parla più spesso di quanto non
crediamo attraverso le persone semplici» e di
capire che «conoscere Gesù non è solo una
questione di acquisire informazioni su di lui»,
ma «di incontrarlo nella preghiera e nei sacramenti» e nel «nostro prossimo».
Fondamentale è la preghiera che, «con
l’aiuto dello Spirito Santo», diventa una cosa
sola «con quella di Gesù». Tutto nella certezza che «Dio ci risponde perché è il Padre che
è misericordioso e ci ama». Così, ha concluso
il cardinale Parolin, «in questo luogo santo,
dove decine di migliaia di croci dominano
l’orizzonte e testimoniano in silenzio la fede
del popolo lituano e la sua fiducia nell’amore
di Dio, rinnoviamo il nostro impegno per un
rapporto più profondo con Cristo, in modo
da essere in grado di seguirlo più da vicino e
da condurre gli altri a lui».
Dichiarazione finale del colloquio tra Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e Royal Institute for Inter-Faith Studies
Solidarietà alle vittime di violenze e guerre
Si è concluso con la sottoscrizione di
una dichiarazione finale l’incontro a
Roma tra il Pontificio Consiglio per il
dialogo interreligioso e il Royal Institute for Inter-Faith Studies, svoltosi il 3
e il 4 maggio. Ne diamo di seguito
una nostra traduzione in italiano.
Il Pontificio Consiglio per il dialogo
interreligioso (Città del Vaticano), e
il Royal Institute for Inter-Faith
Studies (Amman, Giordania), hanno
tenuto il loro quarto colloquio a Roma da martedì 3 a mercoledì 4 maggio 2016.
Il tema scelto è stato: «Valori condivisi nella vita sociale e politica:
prospettive cristiane e musulmane».
Il tema è stato esaminato partendo da tre sottotitoli: «Cittadini e
credenti: prospettive cristiane e musulmane», presentato rispettivamente dal professore Mohan Doss, S.V.D.
(India) e dal professor Ahmed
Abaddi (Marocco); «I nostri valori
condivisi e le rispettive particolarità», presentato dal professor Wajih
Kanso (Libano) e dal professore Salim Daccache, S.J. (Libano); «Andare incontro ai bisognosi e ai vulnerabili: una sollecitudine comune per
cristiani e musulmani», presentato
da monsignor Giovanni Pietro Dal
Toso (Vaticano) e dal dottor Hani
El-Banna (Regno Unito).
Sua Eminenza il cardinale JeanLouis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, ha presieduto la delegazione
cattolica, mentre sua Altezza reale il
principe El Hassan bin Talal, presidente del consiglio del Royal Institute for Inter-Faith Studies, ha guidato la delegazione musulmana.
Della delegazione cattolica hanno
fatto parte anche: sua Eccellenza
monsignor Miguel Ayuso, M.C.C.J,
segretario del Pontificio Consiglio;
monsignor Khaled Akasheh, capo
ufficio per l’islam del Pontificio
Consiglio; sua Eccellenza monsignor
Jean-Paul Vesco, O.P., vescovo di
Oran; sua Eccellenza la signora Anne Leahy, ambasciatore emerito del
Canada presso la Santa Sede; il dottor Anan Al-Kass Yousif (Iraq); la
signora Ruth Susan Wangeci Maina
(Kenya); l’ingegnere Riad Sargi (Siria); il signor Michael Utama Purnama (Indonesia).
Della delegazione musulmana
hanno fatto parte anche: il dottor
Fareed Yaqoob Yusuf Mubarak AlMuftah (Bahrain); il dottor Amer El
Hafi (Giordania); il dottor Oussama
Mohamed Nabil (Egitto); il dottor
Hassan Nadhem (Iraq); il
dottor Majeda Omar, direttore del Royal Institute
(Giordania); il dottor Nayla
Tabbara (Libano).
I partecipanti hanno molto apprezzato gli interventi
e ne hanno discusso in spirito di apertura e in un clima di grande cordialità.
Le due delegazioni sono
state ricevute da Papa Francesco. Sono rimaste commosse dalle sue parole: «E
il dialogo è uscire da sé stessi, con
la parola, e ascoltare la parola
dell’altro. Le due parole si incontrano, i due pensieri si incontrano. È la
prima tappa di un cammino. Dopo
questo incontro della parola, i cuori
si incontrano e incomincia un dialogo di amicizia, che finisce con la
stretta delle mani. Parola, cuore, mani. È semplice! Lo sa fare un bambino».
Al termine del colloquio, i partecipanti hanno proposto quanto segue:
Condividiamo credenze e valori
morali. Le cose che abbiamo in comune sono molto più numerose delle nostre particolarità e costituiscono
una solida base per vivere insieme in
modo pacifico e fecondo, anche con
persone di buona volontà che non
professano una religione particolare.
Crediamo nel ruolo umanizzante
e civilizzante delle nostre religioni
quando i seguaci aderiscono ai loro
principi di adorare Dio e di amare e
prendersi cura del prossimo.
Crediamo che Dio abbia donato a
ogni persona dignità e diritti inalienabili. Sono suoi doni, che devono
essere riconosciuti, garantiti e protetti dalla legge.
Assicuriamo la nostra solidarietà
verso i nostri fratelli e le nostre sorelle in umanità che sono nel bisogno, a prescindere dalla loro appartenenza etnica, religiosa o culturale.
Il nostro aiuto ai poveri e ai bisognosi deve essere offerto per compassione e per amore della benevolenza di Dio. Non deve mai essere
usato per fare proselitismo.
Riteniamo che i giovani non rappresentino
soltanto
il
futuro
dell’umanità. Sono anche una parte
importante del suo presente. Hanno
il diritto a un’educazione adeguata
che li prepari a essere buoni cittadini rispettosi della diversità.
Il nostro mondo, la nostra “casa
comune”, sta attraversando molte
L’incontro del Papa con i partecipanti al colloquio interreligioso (4 maggio 2016)
crisi complicate e ha bisogno
dell’impegno costante dei suoi abitanti per renderlo un luogo adeguato in cui poter vivere insieme pacificamente, condividendo le risorse
dell’universo, tenendo presenti le generazioni future.
Esprimiamo la nostra vicinanza e
solidarietà a tutti coloro che soffrono, specialmente per la violenza e il
conflitto armato. Il rispetto del dirit-
to internazionale, il dialogo, la giustizia, la misericordia e la compassione sono valori e mezzi adeguati
per realizzare la pace e l’armonia.
Il Pontificio Consiglio e il Royal
Institute, grati a Dio onnipotente
per la loro feconda collaborazione,
hanno deciso di proseguirla, incontrandosi entro un anno per prepararsi al quinto colloquio.
Le nomine di oggi riguardano la Chiesa negli
Stati Uniti d’America, in Colombia e in Polonia.
John Stephen Pažak, vescovo di Holy
Mary of Protection di Phoenix
dei Ruteni (Stati Uniti d’America)
È nato il 13 agosto 1946 a Gary, Indiana. Dopo
aver terminato le scuole secondarie a Gary, è entrato fra i redentoristi della provincia canadese di
Yorkton (che curavano quella parrocchia) il 14
settembre 1965, emettendo la professione perpetua il 24 agosto 1969. Ha studiato presso il seminario maggiore redentorista di Suffield, Connecticut, ricevendovi il bachelor of arts nel 1969, e
presso la Saint Paul University di Ottawa, conseguendovi il baccellierato in teologia nel 1972. Ha
completato poi il corso di Clinical pastoral education a Toronto nel 1978-1979. È stato ordinato
sacerdote redentorista il 27 agosto 1972. Ha poi
ricoperto i seguenti incarichi: vicario cooperatore
dei santi Pietro e Paolo a Saskatoon (1972-1973);
prefetto e insegnante presso il college di San
Vladimiro a Roblin, Manitoba (1973-1978); superiore presso lo scolasticato di Toronto (19781979); prefetto e insegnante presso il college di
San Vladimiro a Roblin, Manitoba (1980-1990);
parroco di San Giuseppe a Winnipeg (19902000). È stato anche vicario provinciale dei redentoristi, membro del consiglio provinciale degli stessi redentoristi dal 1984 al 2000 e consultore eparchiale di Saskatoon. Il 2 dicembre 2000 è
stato nominato vescovo dell’Eparchia di Saints
Lo scorso 3 aprile è stata pubblicata la nomina del cardinale Zenon
Grocholewski, prefetto emerito della Congregazione per l’educazione cattolica,
come inviato speciale del Papa all’inaugurazione — in programma il prossimo
18 maggio — del santuario di Toruń (Polonia), dedicato a Maria Santissima
Stella della Nuova Evangelizzazione e a San Giovanni Paolo II. Il porporato
sarà accompagnato da una missione composta da monsignor Slawomir Oder,
del clero di Toruń, vicario giudiziale del tribunale ordinario della diocesi di
Roma e rettore della chiesa annessa di Santa Maria Immacolata e San
Benedetto Giuseppe Labre a Roma, e da padre Zdzislaw Klafka C.Ss.R.,
originario della diocesi di Pelplin, rettore del collegio per gli studi sociali e
mediatici in Toruń.
Venerabili Fratri Nostro
ZENONI S.R.E.
Cardinali GRO CHOLEWSKI
Praefecto olim Congregationis
de Institutione Catholica
(de Studiorum Institutis)
Paschali laetitia praecipua mysteria
fidei nostrae contemplantes, gaudemus de inceptis quae in toto orbe
diligentes Pastores ad fidem augendam suscipiunt adque caritatem cotidiana in vita exercendam. Quandoquidem proximo mense Maio, ad
Annum Misericordiae sollemniter
celebrandum, Thoruni nova sacra
aedes consecrabitur, Mariae Sanctissimae Stellae Novae Evangelizationis atque sancto Ioanni Paulo II,
papae, dicata, Nos iam nunc gratias
Omnipotenti Deo agimus de hoc
sanctuario, studio sodalium Congregationis Sanctissimi Redemptoris aedificato, multis Polonis iuvantibus qui tum in Patria tum apud
exteras vivunt Nationes. Sicut novimus, ritum consecrationis complures Episcopi, Sacerdotes et Christifideles laici in urbe Nicolai Copernici participabunt pro tota Ecclesia
oraturi, divina dona a Redemptore
hominum sibi suisque assidue implorantes.
Quam ob rem Venerabilis Frater
Andreas Adalbertus Suski, qui diligenter ac sapienter munus Episcopi
Thoruniensis exercet, humanissime
Nos rogavit ut eminentem Virum
mitteremus, qui Nostras vices illic
gereret Nostramque erga istum gregem dilectionem manifestaret. Ad
Te ergo, Venerabilis Frater Noster,
Praefectum olim Congregationis de
Nomine episcopali
Cyril and Methodius of Toronto degli Slovacchi
di rito bizantino (Canada).
Nelson Jair Cardona Ramírez
vescovo di San José del Guaviare
(Colombia)
È nato a Norcasia, diocesi di La Dorada Guaduas, il 18 gennaio 1969. Ha compiuto la formazione sacerdotale presso il seminario maggiore
di Manizales. Ha ottenuto la licenza in teologia
spirituale presso la Pontificia università Gregoriana a Roma e il dottorato in teologia presso l’Istituto teologico pastorale per l’America latina (Itepal). Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 12
dicembre 1992, incardinandosi nella diocesi di La
Dorada - Guaduas. Ha svolto i seguenti incarichi: delegato diocesano per la pastorale giovanile, delegato diocesano per la pastorale vocazionale, parroco di San Antonio de Padua in La Paz,
professore e formatore del seminario maggiore
diocesano Cristo Buen Pastor, sacerdote in servizio presso la cattedrale, amministratore parrocchiale della Santísima Trinidad a Puerto Salgar,
parroco di San Antonio de Padua in Manzanares. Dal 2005 è delegato diocesano per i ministri
ordinati. Dal 2010 è professore dell’Itepal. Dal
2013 è parroco della Santísima Trinidad a Puerto
Salgar.
Institutione Catholica, qui studiose
totum opus Congregationis Sanctissimi Redemptoris Thoruni sequeris
et iuvas, mentem Nostram vertimus
Missum
Teque
hisce
Litteris
Extraordinarium Nostrum nominamus ad consecrationem dictae ecclesiae, quae die XVIII proximi mensis Maii, anniversario videlicet die
natali sancti Ioannis Pauli II, in memorata urbe perficietur.
Sollemni praesidebis Eucharistiae
cum ritu consecrationis, Ianuam
Misericordiae in ea aperies atque
omnes adstantes ad diligentiorem
usque operam pro Christo eiusque
Ecclesia cohortaberis. Oportet enim
fideles dilectae Poloniae etiam hodie toti orbi amorem Evangelii demonstrent atque exemplum virtutum christianarum in vita cotidiana
perficiendarum.
Rogamus Te etiam ut Episcopo
Thoruniensi ceterisque ibi congregatis Nostram salutationem afferas.
Exoptamus insuper ut verba benevolentiae Nostrae ad civiles auctoritates extendas et ad omnes qui Ecclesiae missionem atque sincerum
personae humanae bonum studiose
fovent.
Nos autem Te, Venerabilis Frater
Noster, in tua missione implenda
precibus Nostris, Beatissima Maria
Virgine Claromontana, Regina Poloniae, intercedente, ferventer comitabimur. Denique Benedictionem
Nostram Apostolicam libentes Tibi
impertimur, signum Nostrae erga
Te benevolentiae et caelestium donorum pignus, quam omnibus celebrationis participibus atque Stationis Radiophonicae “Maria” auditoribus rite transmittes, dum a vobis
cunctis preces expostulamus, ut
pergrave Petrinum munus secundum divinam voluntatem diligenter
exercere valeamus.
Ex Aedibus Vaticanis, die XIV
mensis Aprilis, anno MMXVI,
Iubilaeo Misericordiae, Pontificatus
Nostri quarto.
Krzysztof Stefan Włodarczyk
ausiliare di Koszalin-Kołobrzeg
(Polonia)
È nato il 25 febbraio 1961 a Sławno. Superati
gli esami di maturità, nel 1981 è stato ammesso al
seminario maggiore di Koszalin. Il 21 giugno
1987 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale a
Szczecinek per la diocesi di Koszalin-Kołobrzeg.
Dopo l’ordinazione sacerdotale è stato per un
anno vicario parrocchiale a Lipie e ha iniziato la
sua esperienza pastorale nel movimento ecclesiale
Luce-Vita. Dal 1989 al 1998 è stato direttore del
centro diocesano di spiritualità. Ha compiuto gli
studi di licenza in teologia alla facoltà teologica
di Poznań (1993-1995). Negli anni 1995-2005 ha
svolto gli studi per ottenere il dottorato in teologia presso la medesima facoltà di Poznań, difendendo la tesi presso la facoltà di teologia
dell’Università Cardinale Stefan Wyszyński a
Varsavia. È stato direttore dell’ufficio diocesano
per la pastorale della famiglia (1990-2005), difensore del vincolo e giudice nel tribunale vescovile
di Koszalin (1995-2001), responsabile diocesano
della Chiesa domestica (movimento Luce-Vita)
dal 1998 al 2005, responsabile della creazione del
centro diocesano di educazione e formazione
nella diocesi (2000-2005), diventandone in seguito direttore, vice rettore del seminario maggiore a Koszalin (2006-2007). Attualmente è direttore dell’ufficio pastorale diocesano, giudice
nel tribunale vescovile e membro del consiglio
presbiterale.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
domenica 8 maggio 2016
Papa Francesco denuncia l’esclusione dei poveri dell’Africa dai servizi sanitari essenziali
Salute negata
L’accesso alle cure e ai farmaci dev’essere un diritto universale e non un privilegio
In diverse parti del mondo, e soprattutto in
Africa, la salute «è di fatto negata». Lo ha
denunciato il Papa ricevendo in udienza
l’organizzazione Medici con l’Africa - Collegio
universitario aspiranti e medici missionari
(Cuamm). Di seguito il discorso pronunciato
durante l’incontro di sabato mattina, 7
maggio, nell’Aula Paolo VI.
Sono lieto, cari fratelli e sorelle, di dare il
benvenuto a ciascuno di voi, “Medici con
l’Africa CUAMM”, che operate per la tutela
della salute delle popolazioni africane; e
più lieto ancora dopo aver ascoltato le parole che mi hanno avvicinato tanto a quei
posti lontani, la testimonianza di questi
medici ha portato il mio cuore laggiù, dove voi andate semplicemente per trovare
Gesù. E questo mi ha fatto tanto bene.
Grazie. La vostra organizzazione, espressione della missionarietà della diocesi di
Padova, nel corso degli anni ha coinvolto
tante persone che, come volontari, si sono
adoperati per realizzare progetti a lungo
termine in un’ottica di sviluppo. Vi ringrazio per quanto state facendo in favore del
diritto umano fondamentale della salute
per tutti. La salute, infatti, non è un bene
di consumo, ma un diritto universale per
Ma la terra è rotonda?
«Le nostre vite, le nostre famiglie, l’Africa
e la sua gente, la nostra passione e l’impegno
per i più poveri»: sono questi — ha detto
il direttore di Medici con l’Africa Cuamm,
don Dante Carraro, salutando il Papa —
«i tesori più preziosi» di quanti da oltre 65
anni svolgono la loro missione in sette Paesi
dell’Africa subsahariana, espressione di una
«Chiesa feriale che si incarna nella storia e
nella vita del mondo». E a testimonianza
di questa fede vissuta concretamente in mezzo
alla sofferenza, don Dante ha letto
a Francesco le toccanti lettere provenienti da
due medici nel Sud Sudan. Nella prima,
Massimo La Raja descrive al Papa
la «periferia estrema» di una «terra che è
rotonda solo nei mappamondi» e dove negli
ospedali si respira «odore di terra»,
odore «di sangue rappreso», odore «di
disinfettante, a riprova che qualcosa stiamo
cercando di fare», e «odore di lacrime e
sorrisi». Una realtà dura, difficile, nella quale
— confida Arianna Bortolani, direttore clinico
dell’ospedale di Yrol — sono talmente tante le
offese alla dignità umana che risulta «difficile
riconoscere il volto e la presenza di Cristo».
Quante volte, aggiunge la dottoressa nella
lettera, «verrebbe voglia di urlare le “mie”
ragioni: cioè che sono possibili e belle altre
modalità di relazione che non siano la
violenza, la vendetta, la prepotenza,
l’egoismo». Per fortuna, continua, ogni tanto
«un sorriso, una persona un po’ più
disponibile, un’attenzione dedicata, ridanno
allo sguardo la giusta direzione, consentendo
di vedere anche il bello che, a volte,
è semplicemente davanti agli occhi».
Sono solo degli esempi, ha spiegato il
direttore di Medici con l’Africa Cuamm, che
danno la misura del coinvolgimento di quanti
operano nell’organizzazione, nata nel 1950 a
Padova «per fare in modo che tutti abbiano
accesso alle cure, almeno a quelle essenziali».
Infine una proposta: quella di dar vita a una
giornata per l’accesso alle cure di tutti,
affinché «tutti, specie i più poveri possano
essere curati e assistiti con dignità». Come
ricordo della loro missione in Africa, i
partecipanti hanno regalato al Pontefice una
statua in ebano, proveniente dalla Tanzania e
raffigurante una mamma con il bambino.
cui l’accesso ai servizi sanitari non può essere un privilegio.
La salute, soprattutto quella di base, è
di fatto negata — negata! — in diverse parti del mondo e in molte regioni dell’Africa. Non è un diritto per tutti, ma piuttosto è ancora un privilegio per pochi, quelli che possono permettersela. L’accessibilità ai servizi sanitari, alle cure e ai farmaci
rimane ancora un miraggio. I più poveri
non riescono a pagare e sono esclusi dai
servizi ospedalieri, anche dai più essenziali
e primari. Di qui l’importanza della vostra
generosa attività a sostegno di una rete capillare di servizi, in grado di dare risposte
ai bisogni delle popolazioni.
Avete scelto i Paesi più poveri dell’Africa, quelli sub-sahariani, e le aree più dimenticate, “l’ultimo miglio” dei sistemi sanitari. Sono le periferie geografiche nelle
quali il Signore vi manda ad essere buoni
samaritani, ad uscire incontro al povero
Lazzaro, attraversando la “porta” che conduce dal primo al terzo mondo. Questa è
la vostra “porta santa”! Voi operate tra le
fasce più vulnerabili della popolazione: le
mamme, per assicurare loro un parto sicuro e dignitoso, e i bambini, specie neonati.
In Africa, troppe mamme muoiono durante il parto e troppi bambini non superano
il primo mese di vita a causa della malnutrizione e delle grandi endemie. Vi incoraggio a rimanere in mezzo a questa umanità ferita e dolente: è Gesù. La vostra
opera di misericordia è la cura del malato,
secondo il motto evangelico «Guarite gli
infermi» (Mt 10, 8). Possiate essere espres-
sione della Chiesa madre, che si china sui
più deboli e se ne prende cura.
Per favorire processi di sviluppo autentici e duraturi sono necessari tempi lunghi, nella logica del seminare con fiducia
e attendere con pazienza i frutti. Tutto
questo lo dimostra anche la storia della
vostra Organizzazione, che da più di sessantacinque anni è impegnata a fianco dei
più poveri in Uganda, Tanzania, Mozambico, Etiopia, Angola, Sud Sudan, Sierra
Leone. L’Africa ha bisogno di accompagnamento paziente e continuativo, tenace
e competente. Gli interventi necessitano di
impostazioni di lavoro serie, domandano
ricerca e innovazione e impongono il dovere di trasparenza verso i donatori e
l’opinione pubblica.
Siete medici “con” l’Africa e non “per”
l’Africa, e questo è tanto importante. Siete
chiamati a coinvolgere la gente africana
nel processo di crescita, camminando insieme, condividendo drammi e gioie, dolori ed entusiasmi. I popoli sono i primi
artefici del loro sviluppo, i primi responsabili! So che affrontate le sfide quotidiane
con gratuità e aiuto disinteressato, senza
proselitismi e occupazione di spazi. Anzi,
collaborando con le Chiese e i Governi locali, nella logica della partecipazione e
della condivisione di impegni e responsabilità reciproche. Vi esorto a mantenere il
vostro peculiare approccio alle realtà locali, aiutandole a crescere e lasciandole
quando sono in grado di continuare da
sole, in una prospettiva di sviluppo e sostenibilità. È la logica del seme, che scom-
pare e muore per portare un frutto duraturo.
Nel vostro prezioso servizio ai poveri
dell’Africa avete come modelli il vostro
fondatore, il dott. Francesco Canova, e lo
storico direttore, don Luigi Mazzucato. Il
dottor Canova maturò nella FUCI l’idea di
andare per il mondo in soccorso degli ultimi, progettando un “collegio per futuri
medici missionari” e delineando la figura
del medico missionario laico. Da parte
sua, don Mazzucato è stato direttore del
CUAMM per 53 anni, ed è mancato lo scorso 26 novembre all’età di 88 anni. Egli è
stato il vero ispiratore delle scelte di fondo, prima fra tutte la povertà. Così ha lasciato scritto nel suo testamento spirituale:
«Nato povero, ho sempre cercato di vivere
con il minimo indispensabile. Non ho
nulla di mio e non ho nulla da lasciare. Il
poco vestiario che possiedo lo si dia ai
poveri».
Sulla scia di questi grandi testimoni di
una missionarietà di prossimità ed evangelicamente feconda, voi portate avanti con
coraggio la vostra opera, esprimendo una
Chiesa che non è una “super clinica per
vip” ma piuttosto un “ospedale da campo”. Una Chiesa dal cuore grande, vicina
ai tanti feriti e umiliati della storia, a servizio dei più poveri. Vi assicuro la mia vicinanza e la mia preghiera. Benedico tutti
voi, i vostri familiari e il vostro impegno
per l’oggi e il domani del Continente africano. E vi chiedo, per favore, di pregare
anche per me, perché il Signore mi faccia
ogni giorno più povero. Grazie!
Gratitudine e apprezzamento del Pontefice per il servizio della Guardia svizzera
Tempo di fraternità
Apprezzamento e gratitudine per il
servizio svolto con «disponibilità» e
spirito di «fedeltà alla Santa Sede»
sono stati espressi da Papa Francesco
alla Guardia svizzera pontificia
durante l’udienza di sabato mattina, 7
maggio, nella Sala Clementina, in
occasione del giuramento delle nuove
reclute.
Signor Comandante,
Reverendo Cappellano,
care Guardie,
cari familiari e amici della Guardia
Svizzera Pontificia,
All’indomani della vostra festa sono
lieto di incontrarvi e di festeggiare
con voi, anche per esprimere il mio
apprezzamento e la mia gratitudine
per il vostro servizio, la vostra disponibilità e la vostra fedeltà alla
Santa Sede. Un particolare saluto rivolgo alle Reclute e ai loro familiari,
come pure ai Rappresentanti delle
Autorità svizzere qui presenti. È bello vedere dei giovani, come voi, che
dedicano alcuni anni della loro vita
alla Chiesa, segnatamente al Successore di Pietro: è un’occasione unica
per crescere nella fede, per sperimentare l’universalità della Chiesa,
per fare un’esperienza di fraternità.
Crescere nella fede. Siete chiamati a
vivere il vostro lavoro come una missione che il Signore stesso vi affida;
a cogliere il tempo che trascorrete
qui a Roma, nel cuore della cristianità, come opportunità per approfondire l’amicizia con Gesù e camminare verso la meta di ogni vera vita cristiana: la santità. Perciò vi invito ad alimentare il vostro spirito con
la preghiera e l’ascolto della parola
di Dio; a partecipare con devozione
alla Santa Messa e coltivare una filiale devozione verso la Vergine Maria, e così realizzare la vostra peculiare missione, lavorando ogni giorno “acriter et fideliter”, con coraggio
e con fedeltà.
Sperimentare l’universalità della
Chiesa. Le tombe degli Apostoli e la
sede del Vescovo di Roma sono crocevia di pellegrini che provengono
da tutto il mondo. Voi avete così la
possibilità di toccare con mano la
maternità della Chiesa che accoglie
in sé, nella propria unità, la diversità
di tanti popoli. Potete incontrare
persone di diverse lingue, tradizioni
e culture, ma che si sentono fratelli
perché accomunati dalla fede in Gesù Cristo. Vi farà bene scoprire la loro testimonianza cristiana e offrire, a
vostra volta, una serena e gioiosa testimonianza evangelica.
Fare esperienza di fraternità. Anche
questo è importante: essere attenti
gli uni agli altri, per sostenervi nel
lavoro quotidiano e per arricchirvi
reciprocamente, ricordandovi sempre
che «si è più beati nel dare che nel
ricevere» (At 20, 35). Sappiate valorizzare la vita comunitaria, la condivisione dei momenti lieti e di quelli
più difficili, prestando attenzione a
chi tra di voi si trova in difficoltà e a
volte ha bisogno di un sorriso e di
un gesto di incoraggiamento e di
amicizia. Assumendo questo atteggiamento, sarete favoriti anche
nell’affrontare con diligenza e perseveranza i piccoli e grandi compiti
del servizio quotidiano, testimonian-
do gentilezza e spirito di accoglienza, altruismo e umanità verso tutti.
Care Guardie, vi auguro di vivere
intensamente le vostre giornate, saldi
nella fede e generosi nella carità verso le persone che incontrate. Vi aiuti
la nostra Madre Maria, che onoriamo in modo speciale nel mese di
maggio, a sperimentare ogni giorno
di più quella comunione profonda
con Dio, che per noi credenti inizia
sulla terra e sarà piena nel cielo. Siamo infatti chiamati, come ricorda
san Paolo, ad essere «concittadini
dei santi e familiari di Dio» (Ef 2,
19). Affido voi, le vostre famiglie, i
vostri amici e quanti, in occasione
del giuramento, sono venuti a Roma, all’intercessione della Madonna,
dei vostri Patroni, san Martino e san
Sebastiano. Vi chiedo per favore di
pregare per me, e di cuore vi imparto la Benedizione Apostolica.
Il giuramento delle reclute nel cortile di San Damaso
Le minacce di attentati terroristici trovano la
Guardia svizzera pontificia attrezzata con nuovi sistemi di sicurezza. Ma anche dotata
dell’«arma da combattimento più efficace che
esiste sul mercato: la corona del rosario». Lo
ha affermato il colonnello Christoph Graf, co-
L’arma più efficace
mandante del Corpo, durante la cerimonia di
giuramento di 23 reclute, svoltasi nel pomeriggio di venerdì 6 maggio, nel cortile di San Damaso. «È importante che ritroviamo la via della preghiera, soprattutto alla preghiera del rosario» ha detto il comandante, rivolgendosi in
particolare alle guardie.
«La nostra vita, le nostre opere e le nostre
azioni — ha affermato Graf — sono nelle mani
di Dio. Questo però non significa che possiamo rinunciare alle armi e alle esercitazioni. Dio
ci usa come strumenti per scongiurare il male
in alcune situazioni. Per questo servono una fede salda, fiducia in Dio e preghiera». Occorre
trovare tempo per «la preghiera anche durante
il servizio». Gli ha fatto eco il cappellano, don
Thomas Widmer: «La nostra vita cristiana richiede impegno e diventa una vera lotta», ma
«per un combattimento abbiamo sempre bisogno di un’armatura» e san Paolo nella lettera
agli Efesini, riprendendo le parole del profeta
Isaia, consiglia di indossare «la corazza della
giustizia». Il cappellano ha tracciato poi il profilo del lavoro quotidiano delle guardie: «Ogni
giorno avete a che fare con tanti uomini e donne, che incontrate durante il servizio. Sono essi
tutti creati ad immagine di Dio, voluti e amati
da Dio». Da qui l’invito a «trattarli consapevoli della dignità che ciascuno ha, indipendentemente se è povero o ricco, sano o malato».
La cerimonia è stata presieduta dall’arcivescovo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato. Erano presenti, tra gli altri, gli arcivescovi
Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, e
Gallagher, segretario per i Rapporti con gli
Stati, alcuni cardinali, numerosi arcivescovi, vescovi e prelati della curia romana tra cui i
monsignori Borgia, assessore, e Bettencourt,
capo del Protocollo. Da parte svizzera, insieme
al presidente della Confederazione elvetica
c’erano le autorità che, in mattinata, avevano
preso parte alla messa celebrata dal cardinale
segretario di Stato Parolin.