L`Osservatore Romano, 8 maggio 2016, p. 5
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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum Anno CLVI n. 104 (47.239) POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano domenica 8 maggio 2016 . Papa Francesco denuncia l’esclusione dei poveri dell’Africa dai servizi sanitari essenziali Nella giornata mondiale delle comunicazioni sociali Salute negata Incontro fecondo di DARIO ED OARD O VIGANÒ L’accesso alle cure e ai farmaci dev’essere un diritto e non un privilegio In diverse parti del mondo, soprattutto in Africa, la salute viene di fatto «negata» e anziché «un diritto per tutti» si trasforma in «un privilegio per pochi, quelli che possono permettersela». Lo ha denunciato Papa Francesco ricevendo in udienza l’organizzazione Medici con l’Africa - Collegio universitario aspiranti e medici missionari (Cuamm), che da oltre 65 anni lavora in sette Paesi del continente «in favore del diritto umano fondamentale della salute per tutti». Un diritto basato sulla convinzione — ha affermato il Pontefice durante l’incontro di sabato mattina, 7 maggio, nell’Aula Paolo VI — che la salute «non è un bene di consumo» e che «l’accessibilità ai servizi sanitari, alle cure e ai farmaci» non deve restare «un miraggio» ma va assicurata a livello «universale». In Africa — ha constatato con preoccupazione Francesco — «i più poveri non riescono a pagare e sono esclusi dai servizi ospedalieri, anche dai più essenziali e primari». Vittime di questo meccanismo di esclusione sono soprattutto le donne in attesa e i piccoli: «troppe mamme muoiono N durante il parto e troppi bambini non superano il primo mese di vita a causa della malnutrizione e delle grandi endemie». Proprio in mezzo a questa «umanità ferita e dolente» i medici del Cuamm sono chiamati a testimoniare l’amore della «Chiesa madre che si china sui più deboli e se ne prende cura». Una Chiesa che non è una «super clinica per vip» ma piuttosto un «ospedale da campo» al servizio dei «tanti feriti e umiliati della storia». Per il Papa l’Africa ha bisogno di «processi di sviluppo autentici e duraturi», che «necessitano di impostazioni di lavoro serie, domandano ricerca e innovazione e impongono il dovere di trasparenza verso i donatori e l’opinione pubblica». In ogni caso vanno coinvolte le popolazioni, chiamate a diventare artefici del proprio futuro: «vi esorto — ha detto il Pontefice rivolgendosi ai volontari — a mantenere il vostro peculiare approccio alle realtà locali, aiutandole a crescere e lasciandole quando sono in grado di continuare da sole». PAGINA 8 L’Onu annuncia la scoperta di oltre 50 fosse comuni in zone dell’Iraq occupate in passato dall’Is Altri tre giorni di tregua per Aleppo DAMASCO, 7. È stata estesa di altri tre giorni la tregua nella città siriana di Aleppo. Ad annunciarlo è stato il ministero della Difesa russo a notte fonda, qualche minuto prima che scadesse la precedente sospensione dei combattimenti. «Il regime di calma nella provincia di Latakia e nella città di Aleppo è stato esteso dalla mezzanotte del 7 maggio per 72 ore», ha reso noto il ministero della Difesa in un comunicato, «per evitare un ulteriore aggravarsi della situazione». Gli Stati Uniti, che hanno lavorato con Mosca per fare pressione sulle parti in conflitto e fermare gli scontri, hanno confermato il prolungamento. Il transito di Mercurio Guardare le ombre GUY CONSOLMAGNO A PAGINA 4 «Pur accogliendo questa estensione», ha fatto tuttavia notare John Kirby, portavoce del dipartimento di Stato americano, «il nostro obiettivo è arrivare a un punto in cui non conteremo più le ore e la cessazione delle ostilità sia pienamente rispettata in tutta la Siria». Nonostante gli impegni presi, ieri si è tuttavia registrato un cruento raid aereo contro un campo profughi nel governatorato di Idlib. L’attacco ha provocato la morte di trenta persone, tra le quali alcuni bambini. Tutte le parti coinvolte nel conflitto hanno però negato qualsiasi responsabilità. «Profondamente scioccato e sconcertato» si è detto l’alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr). «Questi attacchi — ha detto — rappresentano una flagrante violazione dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale e dimostrano, ancora una volta, in quale situazione di estrema difficoltà si trovino i civili che fuggono dalle y(7HA3J1*QSSKKM( +.!z!,!z!:! Udienza al presidente della Confederazione elvetica Nella mattina di sabato 7 maggio Papa Francesco ha ricevuto in udienza Johann SchneiderAmmann, presidente della Confederazione elvetica, il quale successivamente si è incontrato con l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati. I cordiali colloqui sono stati occasione per constatare i buoni rapporti tra la Santa Sede e la Svizzera, con un particolare riconoscimento al fedele e professionale servizio del Corpo della Guardia svizzera pontificia. È stato poi apprezzato il positivo contributo che la Chiesa apporta alle differenti istanze del Paese, in un clima di serena collaborazione. Si è fatto riferimento all’educazione professionale dei giovani che svolge un ruolo efficace nell’accesso al mondo del lavoro. Attenzione particolare è stata riservata al tema della migrazione e delle politiche di accoglienza e integrazione, nel contesto attuale del continente europeo. Si è discusso, pure, dei conflitti in Medio oriente e della situazione dei Paesi subsahariani, rilevando la necessità di rafforzare l’impegno in corso per favorire la sicurezza e la pace. violenze in Siria per cercare sicurezza». Per l’Unhcr è «una tragedia inaccettabile che civili già costretti a fuggire per salvare la propria vita siano colpiti in questo modo». Una nuova riunione sulla Siria è in programma per lunedì prossimo a Parigi. Il ministro degli Esteri francese, Jean-Marc Ayrault, ha convocato al Quai d’Orsay i colleghi di Gran Bretagna, Italia e Germania, oltre a quelli di Turchia, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, per discutere del cessate il fuoco. Sarà presente anche il leader dell’alto comitato per i negoziati dell’opposizione siriana, Riyad Hijab. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza il Signor Johann Schneider-Ammann, Presidente della Confederazione Elvetica, e Seguito. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza l’Eminentissimo Cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi. Il Santo Padre ha nominato l’Eminentissimo Cardinale Christoph Schönborn, O.P., Arcivescovo di Wien (Austria), Suo Inviato Speciale alla celebrazione del 25° anniversario dell’erezione dell’Arcidiocesi di MinskMohilev (Bielorussia), in programma a Budslau nei giorni 1 e 2 luglio p.v. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Eparchia di Parma dei Ruteni (Stati Uniti d’America), presentata da Sua Eccellenza Monsignor John Kudrick, in conformità al can. 210 § 1 del Codice dei Canoni delle Chiese O rientali. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Eparchia di Holy Mary of Protection di Phoenix dei Ruteni (Stati Uniti d’America), presentata da Sua Eccellenza Mon- ell’anno santo straordinario Papa Francesco traccia con il messaggio Comunicazione e misericordia: un incontro fecondo una rotta imprescindibile per il mondo della comunicazione. Il sistema dei media è chiamato a non escludere nessuno, a non ghettizzare, piuttosto a sintonizzarsi sui canali giusti per accogliere e allargare gli orizzonti, per costruire ponti e non per innalzare muri come difesa da altre persone considerate un problema anziché una risorsa. «Tanti professionisti, opinionisti, mezzi di comunicazione e centri di potere sono ubicati [...] in aree urbane isolate, senza contatto diretto con i loro problemi. [...] Questa mancanza di contatto fisico e di incontro [...] aiuta a cauterizzare la coscienza e a ignorare parte della realtà» si legge nella Laudato si’. I frequentatori dei media sono invitati a usare parole e azioni che aiutino a fuggire dal circolo vizioso della condanna e della vendetta, a spezzare le catene che imprigionano individui e nazioni. La parola del cristiano, infatti, si pone come obiettivo la comunione e la cancellazione del tono perentorio della «scomunica», invitando a mettersi in ascolto del grido di aiuto che sale dall’umanità. A questo proposito il Papa ci ammonisce: «ascoltare non è mai facile. A volte è più comodo fingersi sordi». Con l’efficacia delle immagini, il Pontefice ci invita ad arrestare il processo di svilimento delle parole, il nominalismo tipico della nostra cultura, perché la gente è stanca di parole che non si incarnano in questa storia meravigliosa e travagliata. Impegniamoci a restituire alla parola — specialmente a quella della predicazione — la sua forza pregnante, il fuoco che la rende viva e dà calore e sapore umano all’annuncio del Vangelo. Forse, abbiamo bisogno di riscoprire una comunicazione che stimoli la creatività, favorisca la comprensione e arricchisca la convivenza tra persone e culture diverse, convinti che non è la tecnologia a determinare l’autenticità o meno dei messaggi, ma il cuore dell’uomo. L’impegno di tutti, allora, dovrebbe essere rivolto a scegliere con E, intanto, oltre 50 fosse comuni sono state scoperte in alcune zone dell’Iraq, un tempo controllate dal cosiddetto Stato islamico (Is). Lo rivela oggi l’inviato dell’Onu, Jan Kubis, al Consiglio di sicurezza parlando di «prove dei crimini atroci» commessi dai jihadisti. La scoperta — ha riferito l’emittente Bbc — è avvenuta negli ultimi tempi dopo che le aree sono passate sotto il controllo delle forze armate di Baghdad. In una delle fosse, a Ramadi, c’erano almeno 40 corpi. Resti umani trovati anche a Sinjar, Anbar e Tikrit. Le vittime sarebbero membri di tribù, minoranza Yazidi, soldati e donne. NOSTRE INFORMAZIONI signor Gerald Nicholas Dino, in conformità al can. 210 § 1 del Codice dei Canoni delle Chiese O rientali. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Eparchia di Saint Peter the Apostle of San Diego dei Caldei (Stati Uniti d’America), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Sarhad Yawsip Jammo, in conformità al can. 210 §1 del Codice dei Canoni delle Chiese O rientali. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Xuân Lôc . (Vietnam), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Dominique Nguyên Chu Trinh, in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede Sua Eccellenza Monsignor Joseph Đinh Đú’c Đao, . Coadiutore della medesima Diocesi. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare dell’Arcidiocesi di Częstochowa (Polonia), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Antoni Długosz, in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare dell’Arcidiocesi di Southwark (Gran Bretagna), presentata da Sua Eccellenza Monsignor John Hine, in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Provviste di Chiese Il Santo Padre ha nominato Vescovo dell’Eparchia di Holy Mary of Protection di Phoenix dei Ruteni (Stati Uniti d’America) Sua Eccellenza Monsignor John Stephen Pažak C.Ss.R., trasferendolo dall’Eparchia di Saints Cyril and Methodius of Toronto degli Slovacchi di rito bizantino (Canada). Il Santo Padre ha nominato Vescovo di San José del Guaviare (Colombia) il Reverendo Nelson Jair Cardona Ramírez, del clero della Diocesi di La Dorada - Guaduas, finora Parroco della Parrocchia «Santísima Trinidad» a Puerto Salgar e Delegato diocesano per i ministri ordinati. Nomine di Amministratori Apostolici Il Santo Padre Francesco ha nominato Amministratore Apostolico sede vacante dell’Eparchia cura parole e gesti per superare le divergenze, medicare le ferite e riallacciare i rapporti nel segno del perdono, diventando ambasciatori di concordia. Tessere la trama di una «diplomazia della misericordia» significa, per il Papa, non considerare mai nulla perduto nella relazione, non rimanere intrappolati negli anfratti oscuri di vecchie ostilità. Equivale, invece, a intraprendere il cammino della misericordia, riconoscere le proprie responsabilità, chiedere perdono e mostrare compassione anche verso chi ci ha fatto del male. Una comunicazione che continua a discriminare tra “vincenti” e “perdenti” indebolisce la dignità delle persone e contribuisce a creare sacche di emarginazione, sulle quali si erge l’orgoglio superbo del trionfo. Sia, invece, trasparenza del desiderio e della volontà di mitigare i tormenti della vita, una comunicazione capace di offrire calore a quanti hanno conosciuto solo il gelo del giudizio o del rifiuto. «Il linguaggio aspro e bellicoso della divisione non si addice alle labbra del Pastore, non ha diritto di cittadinanza nel suo cuore e, benché sembri per un momento assicurare un’apparente egemonia, solo il fascino durevole della bontà e dell’amore resta veramente convincente» ha detto Francesco incontrando lo scorso 23 settembre i vescovi statunitensi. Allora, se la comunicazione ha una rilevanza “politica”, essa non può essere sottratta al ruolo di tessitrice di comunione e costruttrice di cittadinanza. In questa prospettiva, il riconoscimento della rete come luogo di «comunicazione pienamente umana» da parte del Pontefice, ci apre la strada verso la “prossimità”, anche digitale. Siamo invitati a scoprire modalità ancora inesplorate per avvicinarci alle persone, chinarci sulle loro sofferenze. Con parole di Francesco, «in un mondo diviso, frammentato, polarizzato, comunicare con misericordia significa contribuire alla buona, libera e solidale prossimità tra i figli di Dio e fratelli in umanità», frequentatori sempre più assidui dei portali, che ci chiedono una presenza nutrita da un supplemento di anima e di cuore. di Parma dei Ruteni (Stati Uniti d’America) Sua Eccellenza Monsignor William Charles Skurla, Arcivescovo Metropolita di Pittsburgh dei Bizantini (Stati Uniti d’America). Il Santo Padre ha nominato Amministratore Apostolico sede vacante dell’Eparchia di Saints Cyril and Methodius of Toronto degli Slovacchi di rito bizantino (Canada) Sua Eccellenza Monsignor John Stephen Pažak C.Ss.R., Vescovo dell’Eparchia di Holy Mary of Protection di Phoenix dei Ruteni (Stati Uniti d’America). Il Santo Padre ha nominato Amministratore Apostolico sede vacante dell’Eparchia di Saint Peter the Apostle of San Diego dei Caldei (Stati Uniti d’America) Sua Eccellenza Monsignor Shlemon Warduni, Vescovo ausiliare di Baghdad dei Caldei (Iraq). Nomina di Vescovo Ausiliare Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare di KoszalinKołobrzeg (Polonia) il Reverendo Monsignore Krzysztof Stefan Włodarczyk, finora Direttore dell’Ufficio Pastorale Diocesano, assegnandogli la sede titolare di Surista. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 domenica 8 maggio 2016 Il nuovo sindaco di Londra Sadiq Khan (Epa) Dichiarazione del nuovo ministro degli Interni austriaco Al Brennero né blocco né muri BRUXELLES, 7. «Al Brennero non ci sarà nessun muro e il confine non verrà chiuso». È il nuovo ministro degli Interni austriaco, Wolfgang Sobotka, ad affermarlo. Sobotka sottolinea che «se l’Italia fa i suoi compiti non ci sarà neanche biso- gno dei controlli». Una nota polemica quando afferma che «se la Germania può controllare il confine verso l’Austria, non si capisce perché l’Austria non possa fare lo stesso verso l’Italia». Quello che è più importante è che Vienna si impe- Cresce anche il numero degli sfollati interni Il business della tratta a spese dell’Africa Rifugiati arrivano al campo di Dadaab in Kenya (Ansa) di FAUSTA SPERANZA L’Africa non è il maggiore “produttore” di migranti. Anzi è il continente con la più alta percentuale di rifugiati. E quello che soffre maggiormente del fenomeno degli sfollati interni. Dati Onu alla mano, è questo lo scenario che emerge guardando, non dall’esterno ma dall’interno, al rapporto tra migranti e Africa e tra migranti e guerre. Il 65 per cento di quanti si muovono dall’Africa subsahariana restano all’interno del continente. Solo in Sud Africa, ogni anno entrano almeno 250.000 migranti. Al di sotto del Sahara ci sono quasi 15 milioni di sfollati, all’incirca un terzo del totale mondiale. Il campo profughi più affollato al mondo è in Kenya. È il campo di Dadaab, che circonda le città di Hagadera, Dogahaley e Kambios, non lontano dal confine con la Somalia, da cui provengono i disperati ospiti. Oltre 400.000 persone. Altri campi sfiorano queste cifre in altri Paesi. Certamente se dici fame e guerre, dici Africa. Nel mondo, a vivere fuori dai confini nazionali sono 244 milioni di persone, pari al 3,3 per cento della popolazione. Sessanta milioni fuggono da conflitti, violenze, crisi umanitarie, emergenze naturali. E, di questi, ben il 25 per cento sono africani. A ben guardare, però, le guerre tra vari Stati in Africa sono diminuite e quello che scatena le violenze sono soprattutto le disuguaglianze economiche. Negli anni Novanta, le crisi sono state provocate dai grandi conflitti in Africa occidentale, nella Repubblica Democratica del Congo, in Somalia, dalla tragedia in Rwanda, o dalla coda della guerra in Angola. E gli strascichi sono ancora tanti. Basti citare la situazione difficile dei rwandesi fuggiti in Zambia, dove vivono momenti di seri scontri con la popolazione locale. Non mancano poi casi di xenofobia. I più gravi riguardano i cittadini dello Zimbabwe che hanno trovato rifugio in Sud Africa, dove sono al centro di tensioni da 15 anni. Ci sono poi altre situazioni difficili anche se non esplosive, come ad esempio i 93.000 cittadini della Repubblica Centroafricana fuggiti in Ciad, che ospita anche 360.000 profughi dal Sudan. Non si può dire che non ci sia crescita economica. Il punto è che aumenta lo sviluppo solo per meno del 30 per cento della popolazione. Squilibri e tendenza all’urbanizzazione, in qualche caso selvaggia, producono l’esodo verso le grandi città, come Nairobi in Kenya, Lagos in Nigeria, Johannesburg in Sud Africa, Addis Abeba in Etiopia, Lusaka in Zambia. Assembramenti con tensioni sociali altissime. Il tutto si unisce a un altro fenomeno che rende unica al mondo quest’area. La crescita demografica che non conosce curve di discesa. Si delineano così i contorni di una situazione in movimento da anni e anni. In tutto questo quadro, è relativamente recente l’esodo massiccio verso l’Europa. C’è da dire che dai Paesi del Maghreb da tempo si parte verso il Vecchio Continente e verso il Medio oriente e che il flusso da Marocco e Tunisia in realtà si è fortemente ridotto con gli accordi tra Unione europea e governi locali. Certamente non ha funzionato l’accordo con la Libia, Paese smembratosi alla caduta di Gheddafi. Ma ci si chiede se bastino la destabilizzazione in Libia e la tragica guerra da cinque anni in Siria a giustificare le cifre della recente emergenza umanitaria sul Mediterraneo e sulla rotta balcanica. C’è qualcuno, che studia da vicino il continente nero, che a questa interpretazione non ci sta. È il professor Aldo Pigoli, docente di Storia dell’Africa contemporanea all’Università cattolica del Sacro Cuore a Milano, che ci dice di essere certo che neanche lo stop al conflitto in Siria riuscirebbe a far diminuire il flusso, dovuto in realtà a una riorganizzazione del business del traffico di esseri umani senza precedenti. Business che, come mette in crisi le strutture dell’Unione europea, così mette in crisi i processi di integrazione delle macroregioni in Africa. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio gna a dare all’Italia il pieno sostegno per il piano del presidente del Consiglio, Renzi. Il riferimento è al cosiddetto migration compact per assicurare fondi ai Paesi africani. Il ministro sottoscrive la necessità di «creare le infrastrutture e le misure necessarie in Libia e negli altri Paesi di partenza». Poi l’aggiunta di una raccomandazione alla Commissione europea, quella cioè di «mettere per l’emergenza migranti lo stesso impegno che ha dimostrato per questioni economiche». Dal momento che l’attenzione resta sul caso Brennero, emblematico della possibile disfatta di Schengen, il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, interviene per chiarire senza mezzi termini che il blocco austriaco della frontiera con l’Italia al passo del Brennero sarebbe «una catastrofe politica per l’Europa». Juncker sottolinea come il valico sia un crocevia chiave per i trasporti europei e una porta d’accesso tra nord e sud d’Europa. Bloccarlo «avrebbe non solo conseguenze economiche gravi, ma anche conseguenze politiche particolarmente pesanti». Mentre si discute, c’è l’attualità. In Sicilia lo sbarco di 698 migranti. A Reggio Calabria di altri 950. Tutti salvati in diverse operazioni nel Mediterraneo. Tra i disperati in cerca di altra vita, anche i 15 giovani trovati nascosti in un cargo contenente spazzatura, diretto in Spagna dall’enclave di Melilla, in Marocco. Intanto, il giorno dopo la cerimonia di conferimento del Premio Carlo Magno al Papa, alla presenza di tutti i vertici dell’Ue, nel dibattito politico riecheggiano le parole di Francesco, in particolare il suo appello a ritrovare «l’identità europea che è, ed è sempre stata, un’identità dinamica e multiculturale». E l’invito a dare «uno slancio nuovo e coraggioso», che può far rinascere il «sogno» europeo, e riscoprire un nuovo umanesimo fondato sulla «capacità di integrare, la capacità di dialogare e di generare». Kenny rieletto primo ministro irlandese Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va Khan nuovo sindaco di Londra LONDRA, 7. Ha fatto segnare una svolta decisiva il risultato più atteso delle amministrative nel Regno Unito, il test elettorale più importante prima delle legislative del 2020. Sadiq Khan, 45 anni, deputato laburista figlio d’immigrati pakistani musulmani, è infatti il nuovo sindaco di Londra, metropoli sempre più multietnica. «Non avevo mai neppure so- gnato di diventare primo cittadino», ha detto Khan dopo l’ufficializzazione del risultato. «Ringrazio tutti per avere reso possibile ciò che era impossibile», ha aggiunto. Figlio di un autista di autobus e di una sarta, Khan è un avvocato specializzato nei diritti umani ed è parlamentare dal 2005. Ha ottenuto il 57 per cento dei voti contro il 43 Con la mediazione dell’O sce Trattative a Minsk sulla crisi ucraina Il segretario generale dell’Osce, Lamberto Zannier (Osce) DUBLINO, 7. Dopo lunghe trattative, il leader del partito Fine Gael, Enda Kenny, è stato riconfermato ieri primo ministro d’Irlanda, alla guida di un Governo di minoranza. La nomina di Kenny — che mette fine a uno stallo di settanta giorni dopo che le elezioni del 26 febbraio hanno prodotto un Parlamento frammentato — è stata approvata con 59 voti favorevoli e 49 contrari. Fondamentale l’intesa del Fianna Fáil, che ha stretto un accordo politico con il Fine Gael per un Governo di minoranza, che dovrebbe durare almeno tre anni. Simili per l’impostazione nazionalista di centrodestra, i due schieramenti politici sono sempre stati divisi da una accesa rivalità. Critici i laburisti, che formavano una coalizione guidata da Kenny nella precedente legislatura, secondo i quali l’accordo avrà breve durata. Kenny si era insediato poco dopo che Dublino era stata costretta a chiedere un prestito all’Unione europea e al Fondo monetario internazionale. Il salvataggio internazionale ha permesso all’Irlanda di superare la grave crisi economica. Al voto di febbraio il Fine Gael ha perso 24 seggi, ma è rimasto, con 50 deputati, il primo partito d’Irlanda. Il Fianna Fáil è invece la seconda forza, con 44 seggi. Servizio vaticano: [email protected] Netta sconfitta dei laburisti alle amministrative in Scozia KIEV, 7. «Nei prossimi giorni ci saranno ancora contatti ad alto livello all’interno del Gruppo formato Normandia per far avanzare il dialogo di pace e le prossime tappe dovrebbero essere la liberazione di prigionieri e l’organizzazione di elezioni nel Donbass». Lo ha detto ieri il segretario generale dell’O rganizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), Lamberto Zannier, aggiungendo tuttavia che «le posizioni sono ancora lontane. A Minsk continuiamo il negoziato sull’attuazione degli accordi, ma i progressi sono molto lenti». «Ci sono una serie di precondizioni necessarie alle elezioni — ha aggiunto Zannier — e innanzitutto ci deve essere un effettivo cessate il fuoco, perché è impensabile avere elezioni normali dove si spara. Ci vorranno garanzie di sicurezza per i votanti e un accordo sulle modalità che ancora non ci sono. Una volta stabilite queste condizioni, serviranno poi i tempi tecnici per la preparazione. Quindi, come minimo, parliamo di vari mesi». Nonostante sia in vigore il cessate il fuoco per il periodo della Pasqua ortodossa, negoziato dall’Osce nel tavolo negoziale a Minsk, Zannier ha mostrato preoccupazione «perché abbiamo visto una tendenza verso crescenti viola- Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale zioni del cessate il fuoco; vediamo una presenza di armamenti pesanti a ridosso della linea di contatto e gli osservatori riferiscono che molti di questi armamenti pesanti che erano stati depositati in aree designate sono usciti da queste aree». per cento del candidato conservatore, Zac Goldsmith. «Sono molto orgoglioso che Londra abbia scelto la speranza contro la paura, l’unità contro la divisione», ha detto ancora il primo sindaco musulmano di Londra e di una capitale europea. «La paura non ci rende più sicuri, ci rende più deboli — ha insistito l’esponente laburista — e la politica della paura semplicemente non è benvenuta nella nostra città». Khan ha concluso il suo intervento auspicando che a ogni londinese vengano date le stesse opportunità che lui e la sua famiglia ebbero negli anni scorsi. «Opportunità — ha precisato il neosindaco — non di sopravvivere, ma di prosperare». L’elezione di Khan non è stata una sorpresa. Tutti i sondaggi della vigilia del voto e gli exit poll lo davano infatti per vincente. Alla sua vittoria fa però da contrappeso la netta sconfitta del Labour in Scozia, una volta feudo elettorale del centro sinistra. Un esito che mette in discussione la leadership di Jeremy Corbyn, da settembre alla guida del partito, il quale però ha detto che non rassegnerà le dimissioni. In Scozia il Labour ha perso il 9,2 per cento dei consensi rispetto alle elezioni del 2011, passando da secondo a terzo partito del Parlamento semi-autonomo di Edimburgo, con 24 seggi contro i 31 dei Tory e i 63 dello Scottish National Party, che, tuttavia, non è riuscito a ottenere la maggioranza assoluta. Il Labour ha perso voti anche a vantaggio dell’Ukip, la formazione antieuropeista di Nigel Farage. Più a sud, in Galles, l’Ukip ottiene sette seggi nell’Assemblea nazionale locale, confermando un consenso fra il 15 e il 20 per cento dove non si è votato col maggioritario secco: fatto tutt’altro che irrilevante — almeno sulla carta, indicano gli analisti politici — in vista del referendum del 23 giugno sulla Brexit. L’Fmi chiede all’Eurogruppo l’alleggerimento del debito greco ATENE, 7. Mentre la Grecia è ancora paralizzata dallo sciopero generale indetto dai sindacati contro le nuove misure di austerità, il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha chiesto ieri all’Eurogruppo l’alleggerimento dei debiti di Atene che, secondo l’istituzione di Washington, è precondizione necessaria per la prosecuzione del programma di aiuti. Il richiamo è giunto sotto forma di una lettera del direttore dell’Fmi, Christine Lagarde, di cui il quotidiano «Financial Times» ha pubblicato alcuni stralci. «Pensiamo — scrive Lagarde — che finanziamenti, misure precise e alleggerimento del debito vadano discussi assieme. Secondo l’Fmi, per sostenere la Grecia con un nuovo schema è essenziale Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 che finanziamenti e alleggerimenti di debito dei partner europei siano realistici, quindi basati su misure realistiche». Al tempo stesso, il Fondo monetario ha ammorbidito la sua posizione sui parametri di bilancio pretesi dalla Grecia, in particolare la consistenza dell’avanzo primario (la differenza tra entrate e uscite dello Stato prima delle spese per gli interessi sul debito), che potrebbe, quindi, non essere tassativamente del 3,5 per cento del prodotto interno lordo. Le recenti richieste dell’Fmi — nell’ambito del nuovo programma europeo di aiuti, che ha un ammontare complessivo teorico di 86 miliardi di euro — sono state aspramente criticate in Grecia. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO domenica 8 maggio 2016 pagina 3 Il congresso del partito dei lavoratori in corso a Pyongyang (Ansa) Colloquio a Soci tra Putin e Abe Soldati americani nello Yemen contro i miliziani di Al Qaeda MOSCA, 7. Il presidente russo, Vladimir Putin, e il premier giapponese, Shinzo Abe, hanno discusso «della questione del trattato di pace» tra Mosca e Tokyo nel loro incontro ieri a Soci: lo ha riferito il capo della diplomazia del Cremlino, Serghiei Lavrov, precisando che i negoziati bilaterali proseguiranno a giugno a livello di vice ministri degli Esteri. Mosca e Tokyo non hanno mai firmato un trattato di pace dopo la seconda guerra mondiale a causa della controversia sui Territori del Nord del Giappone occupati da Mosca sul finire del conflitto e rivendicati dal Tokyo. «Il Giappone non è solamente nostro vicino, è anche un nostro partner molto importante nella regione Asia-Pacifico» ha dichiarato Putin, aggiungendo: «Abbiamo certe questioni che richiedono un’attenzione particolare ed è per questa ragione che dobbiamo dedicare un maggior impegno nel costruire le nostre relazioni». Dal canto suo, Abe giovedì sera a Londra aveva dichiarato di sperare di avere dei progressi verso un trattato di pace che metta fine alle controversie territoriali. «Sarà il terzo vertice con Putin. Senza il dialogo diretto tra leader non è possibile risolvere questo problema» aveva sottolineato Abe. Nel corso del lungo colloquio Abe ha confermato l’invito a Putin a recarsi in Giappone in visita ufficiale. La data della trasferta a Tokyo del leader del Cremlino non è comunque ancora stata fissata. Putin ha a sua volta invitato Abe a partecipare al Forum economico di Vladivostok in calendario a settembre. Russia e Giappone, ha poi precisato Lavrov, potrebbero infine riprendere i vertici nel formato “2+2” con i ministri degli Esteri e della Difesa. WASHINGTON, 7. Per la prima volta il Pentagono ha ammesso ieri che truppe statunitensi stanno combattendo in Yemen. In particolare «un numero molto piccolo» di militari stanno aiutando le forze degli Emirati Arabi Uniti a scacciare i miliziani di Al Qaeda nella penisola arabica dal porto di Mukkala, conquistata dai lealisti lo scorso aprile. Lo ha spiegato il comandante della Us Navy, Jeff David, uno dei portavoce del Pentagono. Oltre alle truppe di terra nel Paese operano i jet della Us Air Force. La campagna contro Al Qaeda nello Yemen è in corso in parallelo a quella portata avanti dalle truppe lealiste del presidente Abd Rabbo Mansour Hadi contro i ribelli huthi. Per cercare di porre fine a questo sanguinoso conflitto sono in corso in Kuwait dei colloqui di pace con la mediazione dell’O nu. Intanto, sette persone sono rimaste uccise e oltre quindici ferite ieri in un attentato suicida compiuto in un mercato nella città di Marib, a est della capitale Sana’a. Fonti della sicurezza hanno detto che non è ancora chiaro chi sia responsabile per l’attacco, anche se si ritiene possa trattarsi di elementi legati ad Al Qaeda. In Nicaragua il canale della discordia MANAGUA, 7. Ancora polemiche in Nicaragua per il progetto di un canale finanziato con capitali cinesi. Rappresentanti del Governo e degli indigeni rama e kriol hanno firmato un accordo per dare in affitto «a tempo indefinito» i territori di tali comunità al gruppo di Pechino che gestisce il mega-progetto. Tuttavia L’accordo del canale transoceanico tra l’Atlantico e il Pacifico ha spaccato le comunità indigene. Alcune di loro, da tempo contrarie al progetto, contestano l’intesa. Giorni fa, in una nota, rappresentanti dell’etnia creola hanno rivendicato i propri diritti, insieme a quelli dei rama e dei kriol, su un’area di 276 chilometri quadrati, pari al 52 per cento della superficie inserita nel progetto della Canal Interoceánico. Rappresentanti del Centro nicaraguense per i diritti umani hanno tenuto a ricordare le numerose manifestazioni, in gran parte di contadini, contro il progetto per ragioni soprattutto ambientali. D’altra parte, diversi leader delle comunità di Monkey Point, Wiringkay e Bangkukuk Taik, nel sudest del Paese, hanno sottolineato che non intendono riconoscere l’accordo e che alcune delle persone che a nome loro hanno sottoscritto l’intesa non fanno in realtà parte della comunità. Alcune settimane fa un team di scienziati internazionali ha sollevato perplessità sul rapporto presentato dall’Environmental Resources Management, la società di consulenza assunta da Hong Kong Nicaragua Canal Development Company, che con il Governo di Managua dovrebbe costruire il canale. Il progetto, è stato precisato, potrebbe portare un cambiamento ecologico consistente sia in Nicaragua che nei Paesi vicini. Movimenti sospetti in un sito della Corea del Nord mentre il leader apre il congresso del partito dei lavoratori Segnali di un possibile test nucleare PYONGYANG, 7. Le ultimissime immagini satellitari su Punggye-ri, il sito di tre dei quattro test atomici effettuati di recente dalla Corea del Nord, mostrerebbero segnali preparatori di una possibile nuova detonazione. Secondo il sito 38 North, con sede a Washington, le istantanee riprese il 5 maggio, rispetto a quelle del 2 maggio, evidenziano quattro veicoli al centro di controllo. «Pur in assenza di una serie storica completa, sembra che i veicoli non siano spesso visibili tranne che in vista di test», si legge sul sito. Nessun mezzo o persona risulta invece dalle immagini del 2 maggio. I timori sono rafforzati dal settimo congresso del partito dei lavoratori, il primo in 36 anni e in corso di svolgimento, capace di motivare la prova di forza del leader del regime comunista Kim Jong Un. Secondo gli analisti, un nuovo test costituirebbe un ulteriore passo rispetto ai reclamati successi raggiunti sui programmi atomici e missilistici, arricchitisi di recente della miniaturizzazione delle testate nucleari, dei missili a lunga gittata lanciati da sottomarini e dei motori a combustibile solido per vettori. «Quest’anno — ha affermato Kim Jong Un nel solenne discorso inaugurale del congresso — i nostri militari e la nostra gente hanno portato a termine con successo il primo test di bomba all’idrogeno e il lancio del satellite in orbita rilanciando la dignità e il potere del nostro Paese». Il messaggio lanciato è stato chiaro: il nucleare e i missili a lungo raggio — ha detto il leader del regime comunista — «sono la prova della forza della Corea del Nord». L’intervento del leader è durato solo 15 minuti e ne ha dato conto solo in tarda serata la televisione di Stato, la Kctv. Per tutta la giornata i media del regime comunista hanno rispettato la consegna del silenzio, malgrado le premesse fossero ben diverse. La Kctv, per cominciare, ha iniziato le trasmissioni in anticipo rispetto al solito, con l’annunciatrice che ha parlato di «giornata memorabile segnata dal congresso e dal principio di una nuova era». Verso l’impeachment per Dilma Rousseff Tuttavia le edizioni delle news di metà giornata e del pomeriggio della televisione statale hanno ignorato il congresso. Solo più tardi un funzionario ha fornito alcune informazioni: nella casa della cultura 25 aprile, addobbata nel modo solenne delle grandi occasioni con le bandiere del Partito, gli oltre 3000 delegati si sono riuniti a partire dalle 9, mentre un gruppo di giornalisti stranieri Prima visita all’estero per Suu Kyi VIENTIANE, 7. Aung San Suu Kyi, ministro degli Esteri e consigliere di Stato (una sorta di primo ministro) del Myanmar, è in Laos in visita ufficiale. Si tratta del primo viaggio all’estero del premio Nobel da quando è stata nominata ai vertici politici del Myanmar, dopo le elezioni legislative dello scorso novembre, vinte nettamente dal suo partito. Ufficialmente Suu Kyi accompagna il nuovo presidente Htin Kyaw, suo stretto collaboratore. Lo riferiscono i media di Stato del Myanmar e del Laos, aggiungendo che la visita avviene su invito del presidente laotiano, Bounnhang Vorachit, in carica da sole tre settimane. Secondo l’agenzia di stampa locale Kpl, obiettivo primario della visita è quello di rafforzare le relazioni e la cooperazione tra i due Paesi asiatici. Suu Kyi, Kyaw e Vorachit — informano giornalisti sul posto — hanno inoltre parlato di questioni regionali e internazionali di comune interesse e discusso del riavvio dei voli diretti, turistici e commerciali tra i due Paesi. è stato tenuto a duecento metri dall’edificio. La svolta è maturata in serata, ma non a sorpresa: un paio di anni fa, un funzionario nordcoreano spiegò all’agenzia di stampa italiana Ansa, durante una visita a Pyongyang, che spesso gli annunci sono tarati sul fuso orario americano, nel senso che il destinatario primario dei messaggi è rappresentato dal nemico di sempre, gli Stati Uniti. Cambio ai vertici della sicurezza afghana KABUL, 7. Cambio ai vertici del ministero della Difesa e dell’intelligence in Afghanistan. Il presidente Ashraf Ghani ha scelto Masoom Stanikzai — apprezzato dai comandanti della Nato — per la guida della direzione nazionale della Sicurezza (Nds), i servizi afghani. Stanikzai era dallo scorso anno a capo del ministero della Difesa, anche se la sua nomina non era mai stata approvata dal Parlamento. Al suo posto arriva ora il generale Abdullah Khan. Le nuove nomine dovranno essere sottoposte al voto del Parlamento, che ad aprile ha approvato la scelta del generale Taj Mohammad Jahid per la guida del ministero dell’Interno dopo le dimissioni di Noor-ul-Haq. Lo scorso dicembre, a seguito di un sanguinoso attacco dei talebani, si era dimesso dalla guida della direzione nazionale della Sicurezza Rahmatullah Nabil, critico sulla politica di Ghani verso il vicino Pakistan. A fine aprile, dopo l’attacco dei talebani a Kabul e l’annuncio dell’avvio dell’annuale “offensiva di primavera”, il Parlamento aveva chiesto a Ghani e al chief Executive, Abdullah Abdullah, di provvedere alle nomine ai vertici della sicurezza. Soldato afghano in azione nella provincia di Helmand (Ansa) Nel frattempo, l’ambasciata americana a Kabul ha avvertito i cittadini statunitensi che si trovano in Afghanistan del «rischio molto alto» di sequestri nel Paese dopo il rapimento la scorsa settimana a Jalalabad dell’australiana Katherine Jane Wilson, operatrice umanitaria che da tempo lavora nel Paese. Caos tra le autorità militari in vista dell’attacco ai jihadisti di Sirte Colpi di artiglieria su Bengasi Il presidente brasiliano Dilma Rousseff (Ansa) BRASILIA, 7. Con quindici voti a favore e cinque contro, la Commissione inquirente del Senato brasiliano ha dato il via libera ieri al procedimento di impeachment del presidente, Dilma Rousseff. Se anche l’Aula mercoledì si esprimerà, come sembra scontato, a favore dell’impeachment — il Senato si trasforma in tribunale guidato dal presidente della Corte suprema — Rousseff sarà sospesa per 180 giorni e il suo incarico sarà assunto ad interim dal presidente del Senato, Michel Temer. Rousseff è accusata di avere manipolato il bilancio dello Stato nel 2014 prima della sua rielezione a capo dello Stato per non fare emergere le condizioni difficili dell’economia brasiliana. La replica della presidente non si è fatta attendere. «Ho un’inclinazione naturale alla resistenza, resisterò fino all’ultimo giorno», ha infatti dichiarato a margine di un evento pubblico a Brasilia, aggiungendo: «Hanno sempre voluto che rinunciassi, perché sono molto scomoda». TRIPOLI, 7. Confusione politica e sanguinosi scontri armati in Libia. Almeno cinque persone sono state uccise e altre undici ferite da colpi di artiglieria sparati ieri nel cuore della città di Bengasi, in una piazza dove era in corso un comizio politico. Lo riferiscono fonti dell’ospedale Al Jalaa. Le vittime sarebbero sostenitori del generale Khalifa Haftar, che fa riferimento al Parlamento di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale, ma che rinvia il voto di fiducia al Governo di concordia nazionale libico — sancito dagli accordi di Skhirat, in Marocco — guidato dal premier designato, Fayez Al Sarraj. Haftar nel 2014 lanciò un’operazione per la riconquista di Bengasi per strapparla agli islamisti di Ansar Al Sharia, che l’11 settembre 2012 avevano ucciso l’ambasciatore statunitense in Libia, Chris Stevens, e altri quattro funzionari americani. Secondo fonti militari, i colpi sono stati sparati dalla zona di Soug Al Hout, a nord di Bengasi, controllata da gruppi armati ostili ad Haftar. Quest’ultimo, che ancora non controlla tutte le zone della città, ha lanciato negli ultimi giorni un attacco contro Sirte, roccaforte del cosiddetto Stato islamico (Is), sfidando l’autorità del Governo di Al Serraj. Questi, attraverso il Consiglio presidenziale, in qualità di comandante supremo delle forze armate, ha annunciato la formazione di «una sala operativa speciale per condurre le operazioni militari contro l’Is nella regione che si trova tra Misurata e Sirte». Intanto, Ibrahim Al Jathran, al quale il passato Governo centrale libico aveva affidato il compito di comandare una forza di polizia responsabile dei terminal petroliferi (Pfg), avrebbe deciso di «sostenere l’operazione dell’esercito nazionale libico di Khalifa Haftar» per «liberare Sirte dai jihadisti dell’Is», che hanno la loro roccaforte nel Paese nordafricano. La notizia è stata riportata dal quotidiano «Libya Herald», che cita un ufficiale fedele a Jathran. Il giornale sottolinea come non sia ancora chiaro se Jathran sia stato riassegnato al suo incarico di capo della Pfg nella regione centrale della Libia. Nei giorni scorsi erano circolate notizie secondo cui le autorità che fanno riferimento al Parlamento di Tobruk avrebbero destituito Jathran, sostituendolo con il colonnello Miftah Hasan Abdallah Al Maqrif. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 domenica 8 maggio 2016 «L’anima del corpo. Contro l’utero in affitto» di Luisa Muraro In difesa della relazione materna di SILVIA GUSMANO Il transito di Mercurio Guardare le ombre doli a quelli di Mercurio, i transiti di Venere sono estremamente rari. partire dalle ore 13.12 di L’ultimo è avvenuto nel 2012 e il lunedì e fino al tramon- prossimo non si verificherà prima to, ovunque sia visibile del 2117. Più è distante il Sole dietro il Sole, gli osservatori al pianeta, più si riduce la possibilipotranno godere, tempo tà di riuscire a vedere il percorso del permettendo, dell’insolita visione pianeta attraversare il disco solare. del pianeta Mercurio che passa tra D all’invenzione del telescopio, noi e il Sole stesso. Il transito termi- avvenuta circa 400 anni fa, i transiti nerà alle 20.42. di Mercurio sono stati 55. A quel Naturalmente, Mercurio è tal- tempo Keplero, con le sue nuove mente piccolo e il Sole talmente lu- leggi sul moto planetario, riuscì a minoso che per vedere il transito prevedere quando quei transiti si saservirà un telescopio munito di filtri rebbero verificati; e nel 1631 padre speciali. (Mai guardare direttamente Pierre Gassendi, noto filosofo franil Sole, con o senza telescopio, a cese e sacerdote cattolico, fu il primeno che non si abbia un’adeguata protezione per gli occhi). Ciò che si mo a osservarne uno. Perché prima di allora nessuno dovrebbe riuscire a vedere attraverso questo telescopio è l’ombra di Mer- aveva mai notato Mercurio coprire curio, un piccolo puntino nero che una parte del Sole? Diversamente si sposta lentamente attraverso la dalle eclissi prodotte dalla Luna, che è talmente vicina a noi da riusuperficie del Sole. Gli astronomi chiamano questi scire a coprire completamente il Soeventi “transiti”. Sono importanti le, queste piccole “eclissi” mercuriaper diverse ragioni. Per esempio, ne ne coprono solo una minuscola confrontando le osservazioni di un frazione, riducendo per noi la sua transito visto da due punti diversi luminosità solo di una parte su della Terra, alla fine si può calcolare 25.000. a quanti chilometri dalla Terra si trova il pianeta transitante; è così che gli Lunedì si potrà osservare il pianeta astronomi misurarono per la prima volta la dimentre passa tra la Terra e il Sole mensione del sistema soLa prossima volta accadrà nel 2019 lare nel XVIII secolo. Inoltre, i transiti di MerPoi bisognerà attendere il 2032 curio ci danno un modo molto preciso per misurare l’orbita di questo Ovviamente i transiti potrebbero pianeta. Sono state queste misurazioni a suggerire per la prima volta essere visti più facilmente se Mercuche c’era qualcosa di leggermente rio fosse molto più grande, o il Sole storto nella comprensione della gra- molto più piccolo. E li vedremmo vitazione solare di Newton, che alla molto più spesso se Mercurio orbifine fu spiegata solo con la teoria tasse più vicino al Sole. Non è il cadella relatività generale di Einstein. so del nostro sistema solare, ma di Mercurio gira intorno al Sole fatto siamo riusciti a scoprire pianeti ogni 88 giorni. Ma poiché la sua or- che orbitano intorno ad altre stelle bita è leggermente inclinata rispetto proprio in questo modo. Come ci si a quella della Terra, il più delle vol- può aspettare, la maggior parte di te dal nostro punto di osservazione quei pianeti sono giganti, delle didi GUY CONSOLMAGNO A Il Transiting Planets and Planetesimals Small Telescope sembra passare sopra o sotto il Sole, invece di attraversarne il disco. Così, la maggior parte delle orbite di Mercurio non producono transiti. Dalla Terra, il prossimo transito, dopo quello di lunedì, potrà essere osservato nel 2019, e poi bisognerà aspettare fino al 2032 per vederlo di nuovo. Anche Venere orbita tra noi e il Sole e anche questo pianeta ha dei transiti. Ma perfino paragonan- mensioni di Nettuno o ancora più grandi. La maggior parte orbita molto vicino alla propria stella. È questo il tipo di pianeta e di orbita più facile da individuare. Finora sono stati osservati circa 2000 di questi pianeti transitanti. Per vedere pianeti più piccoli, più vicini alle dimensioni della Terra, bisognerebbe cercare il transito di stelle più piccole, meno luminose. Ci vuole più tempo per ottenere misurazioni precise da stelle più deboli, quindi se ne possono esaminare meno alla ricerca di pianeti. E poiché, come abbiamo visto, accade raramente che i pianeti siano allineati in modo giusto perché sembrino transitare davanti alla loro stella, probabilmente essi dovrebbero essere molto vicini a essa. Anche Questo tipo di osservazioni nei secoli passati ci ha aiutato a comprendere che la nostra stella non è l’unica e che la Terra non è l’unico mondo così bisogna essere molto fortunati per riuscire a vedere uno di questi transiti. Di recente, però, la fortuna ha favorito un gruppo di astronomi all’università di Liegi, in Belgio. Insieme ai loro colleghi dell’O sservatorio di Ginevra, hanno costruito Trappist (Transiting Planets and Planetesimals Small Telescope), tra le montagne deserte del Cile, per compiere proprio queste misurazioni di piccole stelle deboli. La scorsa settimana, Michaël Gillon e la sua equipe hanno riportato la scoperta di tre pianeti, più o meno della dimensione della Terra, intorno a una stella ora chiamata Trappist-1. Il fatto ancor più entusiasmante è che tutti e tre i pianeti orbitano abbastanza vicino alla loro fresca e debole stella da avere temperature di superficie che potrebbero rendere possibile la vita. Ovviamente, scoprire se c’è vita continua ad appartenere al regno della fantascienza. Ma non sono lontani i tempi in cui potremmo riuscire a trasformare la fantasia in fatto scientifico. Questa stella dista da noi solo 40 anni luce; è dunque abbastanza vicina perché, entro i prossimi dieci o vent’anni, si possa forse riuscire a vedere se uno di questi pianeti ha un’atmosfera dove cercare gas prodotti da creature viventi. Nei secoli passati osservare le ombre di Venere e di Mercurio ci ha aiutato a comprendere la nostra posizione nell’universo fisico. Da ciò, ora sappiamo che la nostra stella non è l’unica stella e che la Terra non è l’unico mondo. In modo analogo, cercare le ombre degli altri pianeti intorno ad altre stelle aiuterà a plasmare il modo di comprendere il nostro posto nell’universo, specialmente se scopriremo che la nostra Terra non è la sola ad ospitare la vita. In entrambi i casi, è interessante che stiamo imparando da questi pianeti non vedendo loro, bensì le loro ombre. I filosofi scienziati del XVII secolo, come padre Gassendi, avrebbero colto l’eco del racconto dell’allegoria platonica di osservare le ombre in una caverna. Più impariamo, più veniamo ridimensionati nel renderci conto quanto poco ancora sappiamo della creazione di Dio. ennesimo no di un’autorevole esponente del pensiero femminista alla maternità surrogata, ma soprattutto una lucida e appassionante lettura sulla «realtà che cambia». Fedele alla propria vocazione, nel suo ultimo libro — L’anima del corpo. Contro l’utero in affitto (Brescia, Editrice la Scuola, 2016, pagine 86, euro 8,50) — Luisa Muraro lascia sullo sfondo l’acceso dibattito politico e legislativo in corso e trasforma il tema della gravidanza per interposta persona in un paradigma (negativo) sul senso generale della società contemporanea. Paradigma non per filosofe, ma per tutti, che si accompagna a un appello cogente: «Svegliamoci e mettiamoci a pensare». Ovvero: ricordiamo la storia e guardiamo al futuro, prevedendo gli sviluppi delle nostre scelte («abbiamo l’immaginazione» per farlo). «Qui non si tratta di proibire — scrive Muraro — si tratta di non sbagliare». Se la storia ci insegna che «non bisognava prendere la strada di fabbricare armi atomiche negli anni Quaranta» e che l’eugenetica è nata con le migliori intenzioni, la preoccupazione per il futuro impone un interrogativo: «L’idea di istituire un mercato per le creature del corpo femminile fecondo, che conseguenze potrebbe avere?». E che conseguenze sta già avendo? L’ un figlio per altri non può essere una scelta libera. Parlare di generosità, come motivazione principale, è un’ipocrisia che ignora lo stupefacente travaglio fisico e morale che comportano i lunghi mesi di gestazione e il parto. Generosità, piuttosto, è quella dei genitori adottivi che «fanno passare la realizzazione del loro desiderio attraverso le esigenze pressanti di altri esseri umani». Il primo tema su cui riflettere anche in questo ambito paradigmatico è la «potenza formidabile» e spaventosa dei soldi che non solo «servono a comprare delle cose» (la disponibilità di una donna, le grosse quote degli intermediari, le spese di una clinica, i viaggi all’estero), ma anche a «istituire una legalità» e a creare un ordine costituito, quello del mercato, dove il un’evoluzione che continua nella cultura grazie alla parola e alla libertà, ma che non può perdere le sue radici naturali, pena l’autodistruzione». La seconda parte del volume è dedicata alla relazione materna, scambio di vita che, sin dal concepimento, si instaura tra due esseri umani: «quello che viene al mondo e quello che ve lo accompagna». Uno scambio, dal profondo valore simbolico, che domanda di andare avanti senza interrompersi anche dopo la nascita e che serve non solo al bambino, ma anche alla donna per sentirsi e diventare madre. Se tale relazione s’interrompe per un imprevisto o un incidente come succede continuamente, la creatura saprà ricostruirla con un’altra persona adulta «animata dall’esigenza interiore di subentrare alla madre naturale», ma — si chie- La surrogazione è una nuova forma di soggezione delle donne Criticarla è pienamente in linea con l’impegno femminista per la libertà Per raggiungere l’attuale livello di civiltà siamo passati dalla lotta per l’abolizione della schiavitù e dalle conquiste del femminismo. La maternità surrogata torna pericolosamente indietro (o peggio: imbocca una strada senza sbocco) su entrambi i fronti. Respingendo con forza l’accusa di incoerenza rivolta alle femministe che si oppongono alla pratica dell’utero in affitto, sul secondo fronte Muraro precisa: la surrogazione si traduce in una nuova forma di soggezione delle donne e criticarla è pienamente in linea con l’impegno femminista per la libertà. Sul fronte delle moderne forme di schiavitù e di colonialismo, inoltre, denunce e scandali internazionali parlano Un tema su cui riflettere è la potenza formidabile dei soldi che non solo servono a comprare “cose” ma anche a creare un ordine costituito fin troppo chiaramente degli scenari di miseria, ignoranza e disperazione in cui si sta sviluppando il mercato delle gravidanze surrogate, a conferma di quanto ogni madre e ogni donna sa: mettere al mondo Angela Manai, «Maternità» (2012) contratto commerciale si configura come un’autorizzazione a procedere. Il mercato e la tecnica, nella procreazione e nella civiltà in genere, «sono sempre meno dei mezzi a nostra disposizione e sempre più tendono a diventare dei padroni». Il cuore del problema, secondo Muraro, è qui e non tanto nella necessità di porre dei paletti al desiderio umano che, per sua natura, è irrefrenabile e irrazionale (giusto, finché non si passa dalla teoria alla pratica legislativa, dove dei limiti vanno pur posti). L’argine più efficace a questa deriva viene dal «concetto di legge naturale», espressione ambigua e sospetta «per l’uso che ne facevano le centrali del potere costituito», ma oggi nuovamente valida, come «insegna l’ecologia»: «gli esseri umani sono il frutto di de Muraro — «possiamo accettare che l’interruzione venga programmata senza necessità?». Si tratta di una differenza fondamentale che ha dei risvolti concreti sulla vita di chi viene al mondo. Il solco che separa l’adozione dalla nascita per surrogazione è segnato dalla «questione delle origini». Spontaneo e vitale per ogni essere umano è infatti il desiderio di sapere cosa ci sia stato prima. Chi ci sia stato prima. Sulle risposte a questi interrogativi si costruisce la personalità adulta. La creatura nata da una gravidanza surrogata è destinata spesso a restare senza risposte e — si chiede ancora Muraro — «capirà? Perdonerà? Capirà il desiderio, forse, ma, temo, non l’artificio della separazione» che impedisce la sua ricerca di senso nel passato. L’OSSERVATORE ROMANO domenica 8 maggio 2016 pagina 5 Sigmund Freud Distanza e pudore non si lasciano integrare nei circuiti accelerati del capitale e della comunicazione Per questo il mercato ha esigenza di eliminarli In un saggio del filosofo sudcoreano Byung-Chul Han La trasparenza è antagonista della trascendenza di SERGIO MASSIRONI na formidabile critica della contemporaneità, non semplicemente di qualche suo aspetto. La società della trasparenza, agile saggio di Byung-Chul Han, coglie nel segno per l’audacia con cui smaschera un falso ideale. Il filosofo sudcoreano, che vive e insegna a Berlino, in una manciata di pagine sa decostruire, infatti, molti luoghi comuni cui il nord del mondo pare assuefatto. A quattro anni dalla prima edizione tedesca, la sua proposta rimane acuta e controcorrente. La trasparenza, anzitutto. Secondo Han, c’è un lato oscuro nella luce che tutto vorrebbe avvolgere, essenzialmente perché «io vivo di ciò che gli altri ignorano di me»: citazione di Peter Handke anteposta ad ogni argomentazione. Eppure, «nessun’altra parola d’ordine domina oggi il discorso pubblico quanto il termine trasparenza»: nulla deve più negarsi; anzi, ciò che resiste alla disponibilità è sospetto. U tica, alcun soggiornare. La percezione tattile è la fine della distanza estetica dello sguardo, anzi è la fine dello sguardo». Come a dire: le mani su tutto. Il filosofo denuncia: «La perdita di distanza non è prossimità, anzi l’annienta». Per contrasto, Han rilancia dei passaggi di Walter Benjamin a proposito del sacro, orizzonte in cui il fatto «che esistano» le cose del culto è «più importante del fatto che vengano viste»: rinchiuderle in un luogo inaccessibile, privarle così di ogni visibilità, accresce il loro valore cultuale. La prassi della separazione è costitutiva del loro valore. Nella società del positivo, invece, «in cui le cose, divenute nient’altro che merci, devono essere esposte per essere», tutto ciò «che è fermo in se stesso, che soggiorna presso di sé, non ha più alcun valore». Solo il volto umano, secondo Benjamin, costituisce l’ultima trincea di un sacro che non arretra senza resistere. E Han rileva come, proprio per questo, il volto umano scompare, dissolto nei social network e nella pubblicità in «facce» senza più singolarità. «La faccia è il viso Walter Benjamin L’autore oppone al «livellamento della chiarezza» un primo, elementare, dato di esperienza: «l’uomo non è mai trasparente a se stesso». Freud ha mostrato lo scarto tra ciascuno e se stesso, se è vero che l’Io nega ciò che illimitatamente l’Inconscio afferma e desidera. Ma, così, «nella psiche umana si apre una crepa, che non consente all’Io di coincidere con sé. Questa crepa fondamentale impedisce l’auto-trasparenza». Ne consegue un ulteriore dato di realtà, il secondo fondamentale rilievo di Han: «Anche tra le persone si apre una crepa: è impossibile, in questo modo, realizzare una trasparenza inter-soggettiva, che non è neppure auspicabile. Proprio la mancanza di trasparenza dell’Altro è ciò che mantiene in vita la relazione». Il filosofo rimanda agli studi di Georg Simmel, citandone un passaggio meraviglioso: «La profondità feconda delle relazioni, che, dietro a ogni elemento ultimo rilevato, intravvede e onora ancora un altro elemento più ultimo, è soltanto la ricompensa di quella delicatezza e di quel dominio di sé che, anche nel rapporto più stretto, che coinvolge tutta la persona, rispetta ancora la proprietà privata interiore, la quale limita il diritto alla domanda con il diritto al segreto». All’obbligo di trasparenza manca proprio questa «delicatezza» per l’alterità, per una «lacuna» che non può essere eliminata. Ebbene, «distanza e pudore non si lasciano integrare nei circuiti accelerati del capitale, dell’informazione e della comunicazione»: per questo il mercato ha esigenza di eliminarli. Ogni spazio riservato viene illuminato e sfruttato, per di più col consenso di chi avrebbe interesse a custodire la propria profondità. «Anche l’amore si riduce a un accordo tra sentimenti piacevoli e stati di eccitazione privi di complessità e di conseguenze». Ma si dissolve, con la castità, la gioia del bello: «a causa dell’assenza di distanza, non c’è alcuna considerazione este- esposto senza alcuna aura dello sguardo ed è la forma merce del volto umano. La faccia (face) come superficie (sur-face) è più trasparente di quel viso o di quel volto che per Emmanuel Lévinas rappresenta un luogo eccelso, nel quale irrompe la trascendenza dell’Altro. La trasparenza è un’antagonista della trascendenza». Sorprende che a scriverlo non sia un metafisico, ma un radicale contestatore del «capitalismo compiuto». Qui non ne va, infatti, di una morale o dell’ordine antico: al contrario, le regole del gioco liturgico si incontrano con quelle del gioco erotico, perché «ciò che accende il desiderio e intensifica il piacere è proprio la negatività del segreto, del velo e dell’occultamento». La loro rimozione disintegra il piacere e si chiama oscenità. Ma se muoiono la fantasia, il rinvio nel tempo, il preliminare, l’immaginazione — vittime dell’iper-nitidezza, della pornografia — muore l’umano. Sacro e profano, ugualmente travolti. «Del tutto trasparente è solo l’operazione di un processore, perché si svolge in modo puramente additivo. Rituali e cerimonie, invece, sono processi narrativi, che si sottraggono all’accelerazione. Sarebbe un sacrilegio voler accelerare un sacrificio». Ebbene, la società della trasparenza «abolisce tutti i rituali e le cerimonie, perché non si possono rendere operazionali, perché sono di ostacolo all’accelerazione dei circuiti informativi, comunicativi e produttivi». Tuttavia — osserva Han con un geniale passaggio al piano delle scienze — a differenza del calcolo, nemmeno «il pensiero è trasparente a se stesso. Il pensiero non segue linee calcolate in anticipo, ma va in campo aperto». Come a dire che proprio tutto è in discussione: avanza un paradigma antropologico così piegato alla fruibilità, al consumo, che anche la conoscenza considera pericolosa. A sostituirla, dilagano informazioni e vissuti: «Un’unica conoscenza può mettere interamente in questione il già-esistente e trasformarlo. All’informazione manca questa negatività. Anche l’esperienza ha conseguenze, dalle quali si origina la forza del cambiamento. In ciò essa si distingue dal vissuto, che lascia intatto il già-esistente». Sapere e vivere, ma non pensare. La riflessione come pericolo. Nell’ultimo capitolo, l’affondo decisivo nei confronti dell’utopia di una «società trasparente». Essa convince, perché democratica: come lucidamente colto da David Brin, elemento chiave della trasformazione in corso è infatti l’idea di poter eliminare ogni flusso di informazioni asimmetrico, che produce relazioni di potere e di dominio. Il potere si ammanta volentieri del segreto. Scrive Han: «La prassi dell’arcano è una delle tecniche del potere. La trasparenza elimina le sfere arcane del potere». Vincente è la richiesta di un’illuminazione reciproca, di un controllo non più esercitato solo dall’alto verso il basso, ma anche dal basso verso l’alto. «Ciascuno espone ogni altro alla visibilità e al controllo, addirittura fin dentro la sfera privata. Questa sorveglianza totale degrada la società trasparente a una disumana società del controllo. Ognuno controlla l’altro». Ecco chiarirsi la radicale questione, sociale e antropologica: «La fiducia, che produce spazi liberi d’azione, non può essere facilmen- te rimpiazzata dal controllo». Così, per quanto difficile sia da argomentare in un’epoca di tracollo delle istituzioni, Han cita Richard Sennett: «Il popolo deve aver fiducia nei suoi governanti; se ha fiducia, accorda loro una libertà di azione senza sentire bisogno di consultazioni, monitoraggi e supervisioni costanti. Se non godesse di questa autonomia, il governante non potrebbe mai fare una mossa». Da coniugare con la prioritaria riscoperta della responsabilità pubblica, l’esigenza posta dal filosofo appare imprescindibile. Invece di dire «la trasparenza realizza la fiducia» si dovrebbe a suo giudizio più propriamente confessare che essa la esclude: quella della trasparenza «è una società della sfiducia e del sospetto che, in conseguenza di una fiducia che viene a mancare, si sottomette al controllo». Difficile non cogliere a questo livello un compito epocale del cristianesimo, cruciale per la sopravvivenza di quella dignità personale che individui separati non sapranno più garantirsi: ricostruire legami di fiducia. Li alimentano i riti e le grandi narrazioni, screditati dal trend del capitalismo compiuto. Il consumatore perfetto, infatti, è solo; non vede pretese di dominio a lui esterne, che lo minaccino di sudditanza o di emarginazione: gli è offerta la sensazione di essere signore e imprenditore di se stesso. Egli si espone, si offre, si usa: «l’auto-sfruttamento è più efficace dello sfruttamento da parte di un terzo, perché si accompagna al sentimento della libertà». Chi si convince di valere per le proprie prestazioni, così, «si sottopone a una costrizione libera, auto-prodotta», consegnandosi a un cosmo in Nelle società del positivo in cui le cose divenute nient’altro che merci devono essere esposte tutto ciò che è fermo in se stesso non ha più alcun valore cui nessun muro separa più l’esterno dall’interno. «L’intero globo evolve oggi in un panottico (…) La sorveglianza oggi non si realizza, come si ritiene normalmente, nella forma di un attacco alla libertà. Piuttosto, ciascuno si consegna volontariamente allo sguardo» di tutti. Potremo chiamarla ancora libertà? Le minacce alla sicurezza incrineranno questo paradigma, o lo rafforzeranno? Quale resistenza dimostreranno le culture non occidentali? Le religioni sapranno custodire la grammatica dell’Alterità e la simbolica dell’Invisibile? A leggere Byung-Chul Han, sono problemi che toccano tutti. Solitudine e misericordia nell’opera di Madeleine Delbrêl La contestazione degli anni Sessanta sull’Osservatore Il sessantesimo numero della rivista «Firmana. Quaderni di teologia pastorale» (Assisi, Cittadella Editrice) si concentra sul modo in cui «L’Osservatore Romano» ha raccontato il mondo giovanile e la contestazione universitaria in Italia tra il 1967 e il 1969. Uno studio di Francesco Maria Moriconi sottolinea che «nel 1967 gli articoli de “L’Osservatore Romano” si occupano delle caratteristiche del mondo giovanile in Italia così come esso si era configurato dalla seconda metà degli anni ‘50 e soprattutto nella prima metà degli anni ‘60, senza fare mai riferimento a una “questione” dei giovani, semplicemente prendendone in considerazione aspetti particolari e manifestazioni più vistose che, se per l’organo vaticano possono essere motivate, si esprimono tuttavia nelle forme più stravaganti e spesso superficiali». La contestazione, continua l’approfondimento, per «L’O sservatore Romano» rappresenta «da un lato una giusta protesta per l’arretratezza delle strutture universitarie», dall’altro «un pericolo nel momento in cui si fa portatrice di idee disgregative della vita civile, ponendosi come rifiuto globale, radicale e selvaggio di tutti gli aspetti del sistema». Gioberti e la presenza carsica di Dante Nell’ultimo numero della rivista «Studium» Alessio Leggiero individua la presenza carsica di Dante nella filosofia del linguaggio di Vincenzo Gioberti. Del resto l’ecclesiastico torinese, sin dagli anni giovanili, aveva fatto una vera e propria lectio continua della Divina commedia, sviluppandone i contenuti nelle sue opere e citandone spesso a memoria i canti. È nella forma della criptocitazione — scrive l’autore del saggio — che è dato di ravvisare la presenza dantesca nella «scienza ideale» giobertiana. Secondo Leggiero, la riflessione di Gioberti ha reso attuale la concezione di signum dell’Alighieri autorizzando l’ipotesi di una linea di pensiero che collega Böhme, Keplero, Leibniz allo stesso Gioberti. Al pensatore, Leggiero ha dedicato un libro Il Gioberti frainteso (Roma, Aracne, 2013, Il grande scandalo della carità «In ognuno c’è qualcosa che non sarà mai compreso da nessuno» scrive Madeleine Delbrêl (1904-1964) nei suoi appunti. «È questa solitudine rudimentale — continua Madeleine — che dobbiamo accettare in primo luogo». Il suo itinerario parte da un moto di rabbiosa ribellione verso l’apparente strapotere del male La profonda consapevolezza del mistero che si nasconde dietro ogni volto umano non ha mai abbandonato questa donna allegra, intelligente, sensibilissima, mai indulgente verso se stessa, che con la sua umiltà operosa ha cambiato il volto della città dove ha speso tutta la sua vita terrena, Ivry-sur-Seine, accompagnando intere generazioni di lettori alla scuola della misericordia divina. Assistente sociale, mistica della ferialità, di un quotidiano che diventa eroico e infinitamente affascinante se vissuto dentro la luce calda dell’amore di Dio, il suo itinerario parte paradossalmente dal riconoscimento del proprio radicale, irrimediabile nulla. E da un moto di rabbiosa ribellione verso l’apparente strapotere del male: «la morte, da parte sua, gode di ottima salute» scrive una Madeleine adolescente e fieramente atea prima di lasciarsi conquistare dalla sorprendente, scandalosa forza dell’amore di Dio. E proprio La misericordia, il grande scandalo della carità (Milano, Gribaudi, 2016, pagine 95, euro 7,50) è il titolo che hanno scelto Gilles François e Bernard Pitaud, gli autori di un libro che racconta alcuni aspetti poco conosciuti della vita della scrittrice, a partire da uno degli oggetti personali che gli erano più cari, per fortuna giunto fino a noi, il suo erbario — così chiamava il suo libro delle ore, gonfio di foto, lettere, fiori secchi, elenchi di nomi, ritagli di giornale sotto la copertina in cuoio grezzo — segno visibile di una vastissima, capillare rete di carità vissuta, una litania sui generis fatta di storie di dolore e guarigione, «rifugio immenso e dolce per tutta questa gente la cui vita palpita intorno a noi». (silvia guidi) Ritratto dell’ecclesiastico torinese (XIX secolo) pagine 263) in cui, nel ribadire l’unitarietà del suo pensiero, vengono riproposte le critiche che ebbero un impatto determinante sulla messa all’Indice della sua opera omnia, sottolineando al contempo il valore di una riflessione sul rapporto tra fede e ragione a partire da un’originale lettura della modernità. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 BAGHDAD, 7. Non è più il tempo delle divisioni, perché gli iracheni, a milioni, «stanno morendo a causa della povertà e delle malattie»: è un appello dai toni estremamente severi quello che il patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphaël I Sako, ha indirizzato alla classe politica e dirigente dell’Iraq. In un momento tra i più drammatici nella storia del Paese, il patriarca caldeo chiede ai politici «saggezza e calma» per dar vita a una «vera riconciliazione», in grado di mettere fine a «questo degrado economico, istituzionale e della sicurezza». Nei giorni scorsi, come è noto, migliaia di manifestanti, sostenitori del leader sciita Moqtada al-Sadr, hanno occupato parte della cosiddetta zona verde di Baghdad, dove si trovano le ambasciate e le massime istituzioni nazionali, per protestare contro le mancate riforme e l’immobilismo della politica. Alcuni manifestanti hanno anche assaltato il Parlamento e provocato danni a numerosi edifici. In risposta, il premier Haider al-Abadi, che da settimane tenta di costituire un esecutivo tecnico, ha ordinato al ministero dell’Interno di perseguire quanti «hanno attaccato le forze di sicurezza, i cittadini e i membri del Parlamento e vandalizzato le proprietà dello Stato». Una situazione complessa, dunque, alla quale si aggiungono i timori e le difficoltà degli iracheni che vivono nei territori caduti nelle mani delle milizie fondamentaliste. Una popolazione che provoca «sofferenze, povertà e miseria» sottolinea il patriarca che poi, rivolgendosi direttamente alle alte cariche dello Stato, scrive: «Tutti voi siete ben consapevoli del fallimento delle istituzioni governative, della costante violazione del diritto, del procrastinare la soluzione dei problemi e le riforme essenziali chieste a gran voce da tutto il popolo. Tutto questo è il risultato di un panorama politico diviso, che non ha saputo raggiungere una vera riconciliazione nazionale, a cui si aggiungono i conflitti di interesse e le ambizioni che sono emerse di recente in tutta la loro forza». Di qui, facendo affidamento soprattutto «alle nostre responsabilità umane, nazionali e morali», ecco l’appello indirizzato a tutti i politici iracheni affinché «compiano tutti gli sforzi possibili per una vera riconciliazione, per mettere fine a questo degrado economico, istituzionale e della sicurezza». In tal senso, si esortano tutte le parti in causa «a stare unite e a procedere con una visione chiara e con domenica 8 maggio 2016 Nel mistero dell’Ascensione del Signore Nostalgia di Gesù per noi di MAURIZIO GRONCHI Appello del patriarca di Babilonia dei Caldei alla classe politica In Iraq non è più tempo di divisioni un progetto condiviso per liberare tutti i territori dell’Iraq e lavorare assieme per la pace e la stabilità nel Paese, per consentire il rientro di tutti gli sfollati nelle loro abitazioni». Non c’è più spazio, insomma, per gli inutili protagonismi e i compor- tamenti irresponsabili. «Adesso basta. Ne abbiamo abbastanza di divisioni e dispersioni» afferma il patriarca invitando i politici a «focalizzare l’attenzione sul futuro del vostro Paese, sul futuro dei vostri concittadini. Vostri fratelli, a milioni, stanno morendo a causa della pover- Riaperto ad Aleppo il centro dei gesuiti per i rifugiati Tregua nell’orrore ALEPPO, 7. Chiuso per due giorni consecutivi a causa della recrudescenza del conflitto, ha riaperto giovedì scorso il centro di distribuzione aiuti del Jesuit Refugee Service (Jrs) ad Aleppo, la città siriana più martoriata dai bombardamenti. Gli ordigni caduti vicino alla struttura, che ospita anche una clinica, hanno spinto il team di Aleppo, insieme all’ufficio nazionale ubicato presso l’aeroporto di Damasco, a fermare ogni attività. Ma il 5 maggio, grazie al cessate il fuoco, il Servizio dei gesuiti per i rifugiati ha potuto riprendere il lavoro. Il centro di distribuzione serve circa 6.300 persone della zona di Aleppo e aiuta «sia cristiani che musulmani ma anche gente di cui non sappiamo nulla», come ha riferito il responsabile delle relazioni esterne del Jrs di Aleppo, Cedric Prakash, in un’intervista al telegiornale di Tv2000. «Non facciamo distinzioni in base alla religione, serviamo ogni essere umano, in particolare i più afflitti. In molte parti della città — racconta Prakash — ci sono abitanti bloccati, che non possono uscire. Negli ultimi giorni sono morte circa trecento persone e tante altre sono rimaste ferite. Ora fortunatamente c’è il cessate il fuoco, ogni tregua è un bene per tutti. Tutte le fazioni in guerra, ovunque siano e da dovunque provengano, fermino le ostilità», è l’appello. tà e delle malattie; gli iracheni si meritano di meglio rispetto a tutto questo». Quello del patriarca di Babilonia dei Caldei è soltanto l’ultimo dei tanti appelli che gli esponenti ecclesiastici iracheni hanno lanciato per richiamare l’attenzione sulla drammatica situazione del Paese. Soltanto pochi giorni fa, come si ricorderà, il vescovo ausiliare Shlemon Warduni si era a lungo soffermato sulle complesse vicende irachene, definendo quello attuale come «il momento più basso» nella storia del Paese. Anche se, aveva precisato, «non possiamo dire di aver toccato il fondo», perché vi è il rischio che «la situazione precipiti sempre più». Il presule — in una dichiarazione all’agenzia AsiaNews — aveva inoltre rilevato come «nessuno riesca davvero a capire cosa stia succedendo e nemmeno a prevedere cosa accadrà nel futuro». Negli ultimi mesi, e soprattutto nelle ultime settimane, nella capitale sono aumentate le forme di aperto dissenso pubblico e le manifestazioni di piazza contro politica e istituzioni dello Stato che sembrano incapaci di arginare fino in fondo la corruzione. Proprio la corruzione, ormai endemica, ha svuotato le risorse economiche già prosciugate dal calo dei guadagni delle attività petrolifere. E la popolazione è «molto stanca» per mancanza di lavoro, di risorse, di prospettive. Nell’evento reale e trascendente della risurrezione, storia e fede anziché allontanarsi s’incontrano su un sottile confine, per diventare accessibili in modi diversi. Alla constatazione storica della scomparsa di Gesù dallo spazio del mondo — «Non è qui» (Marco, 16, 6) — corrisponde l’affermazione della fede riguardo il suo ingresso nella sfera divina: «È asceso al cielo» (Atti degli apostoli, 1, 11). Dunque, assenza dalla terra e presenza in Dio di una persona, del Figlio «nato da donna, nato sotto la Legge» (Galati, 4, 4), nel quale «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Colossesi, 2, 9). Alla luce di questi essenziali asserti biblici, che ci invitano a credere all’identità storica e divina di Gesù di Nazaret, sorge l’interrogativo: che fine ha fatto quel corpo, nato al mondo dallo Spirito Santo e da Maria Vergine? Qual è il senso della sua scomparsa e di questa nuova presenza in Dio? Colui che era in principio presso Dio, e ha abitato in mezzo a noi, è tornato al Padre: ora è rivolto al suo seno (cfr. Giovanni, 1, 1-18). Grazie alla sua venuta nel mondo, il Figlio ha rivelato che «Dio è amore» (1 Giovanni, 4, 16) e, donando se stesso, è rimasto nel mondo mediante lo Spirito. Adesso, con il suo ingresso nella sfera di Dio, insieme alle ferite ricevute in casa dei suoi amici (cfr. Zaccaria, 13, 6), conserva la sua umanità, ricevuta da Maria e trasfigurata dall’amore pasquale. Perciò, mentre diciamo che il suo farsi uomo e morire è stata kénosis (cfr. Filippesi, 2, 7), ovvero spoliazione, abbassamento e annientamento — usando una metafora, perché Dio non si svuota, né si annulla, in senso proprio — così pure, sempre in modo analogo, potremmo dire che Dio si è arricchito della nostra umanità, trascinando in sé il corpo del Figlio. Segno ne è il novum dell’umanità crocifissa e glorificata che, con l’ascensione di Gesù, entra per sempre nella Trinità, dopo la discesa nella oscura profondità della morte. Ciò non significa che a Dio manchi qualcosa, ma che, nella libertà del suo amore onnipotente, Egli è capace non solo di creare, ma anche di accogliere novità. In questo senso Hans Urs von Balthasar scrive che «attraverso l’oikonomia qualcosa è diventata “altra” anche nella vita intima di Dio» (Teodrammatica), e giustamente precisa Luis Francisco Ladaria Ferrer: «Dio, che non si perfeziona né cresce in alcun modo con l’economia della salvezza (non insisteremo mai abbastanza su questo punto), a partire da essa conduce la sua vita trinitaria in una maniera — almeno secondo il nostro avviso — “in qualche modo nuova”. È la conseguenza dell’assunzione dell’umanità da parte del Figlio. Le relazioni costitutive della Trinità sono ora relazioni delle altre persone con il Figlio incarnato» (La Trinità, mistero di comunione). Non possiamo dimenticare quindi che ciò che Dio fa per noi, in primo luogo e ultimamente riguarda Lui. Proprio in quanto riguarda Lui, ne viene la salvezza a noi, mediante lo Spirito, attraverso il suo Corpo che è la Chiesa. Di fronte al mirabile evento dell’ascensione di Gesù, il cuore dei discepoli è ricolmo di gioia e di speranza: «Quella gioia di sapere che la nostra umanità è entrata in cielo: per la prima volta!», come ha ricordato Papa Francesco nell’omelia della messa celebrata venerdì 6 nella cappella della Casa Santa Marta. Di conseguenza, quando noi pensiamo a Gesù con nostalgia — poiché egli è stato tra noi e se n’è andato — in realtà guardiamo con speranza al giorno in cui lo incontreremo. Noi, che lo amiamo pur senza averlo visto (cfr. 1 Pietro, 1, 8), non possiamo che aver nostalgia del futuro. Invece, proprio Lui — Gesù — che è stato in questo mondo, ha ragione di aver nostalgia di noi. Come immagina Jorge Luis Borges, egli pensa tra sé, con struggente tenerezza: «Ricordo a volte e rimpiango l’odore di quella bottega di falegname» (Giovanni 1, 14, in Elogio dell’ombra). Partirà il 31 ottobre il calendario di eventi preparato dagli evangelici tedeschi Il Movimento dei focolari nella giornata del 9 maggio Un anno per celebrare la Riforma Scommessa per l’Europa BERLINO, 7. Dureranno esattamente un anno le celebrazioni dei cinquecento anni della Riforma protestante, tradizionalmente fatta coincidere con la pubblicazione della Disputatio pro declaratione virtutis indulgentiarum, le novantacinque tesi affisse da Martin Lutero il 31 ottobre 1517 sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg, in Sassonia-Anhalt. Il calendario ufficiale della Chiesa evangelica in Germania prevede, come evento di apertura, una grande cerimonia nella chiesa di Santa Maria a Berlino il 31 ottobre 2016, mentre il 20 maggio 2017 comincerà a Wittenberg e nella regione circostante un’esposizione mondiale che — riferisce il Sir — mostrerà i frutti nati dalla Riforma nelle varie nazioni e Chiese, ma anche nella cultura e nella società civile. Sarà allestito un campo per i giovani affinché esprimano ciò che essi comprendono e vivono della Riforma attraverso la musica, il cinema, il culto, la preghiera e lo scambio. Il tradizionale convegno biennale del Kirchentag si terrà dal 24 al 28 maggio contemporaneamente a Berlino, Wittenberg e in altre otto città tedesche. Sarà un Kirchentag “in cammino”, con una conclusione che farà confluire tutti a Wittenberg. La Chiesa evangelica tedesca, che si è preparata a questo anniversario con un percorso di riflessione iniziato nel 2008, ha costituito una rete fra sessantanove città della Riforma in Germania e in Europa, luoghi importanti per la storia o l’attualità del protestantesimo. La conclusione delle celebrazioni avverrà il 31 ottobre 2017, a livello nazionale e internazionale, con una serie di cerimonie pubbliche. Ricco è anche il calendario delle manifestazioni ecumeniche. «Siamo in grado di osare nel 2017 una revisione critica e considerare la Riforma come fatto complessivo nell’orizzonte internazionale ed ecumenico», ha affermato di recente la teologa e vescova luterana Margot Kässmann, ambasciatrice per l’anno luterano della Chiesa evangelica in Germania, a un convegno al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma. In un’intervista a «Vatican Insider», afferma che dal punto di vista ecumenico «siamo a uno stadio molto buono perché ecumenismo da un lato significa discussione sulla Chiesa, l’eucaristia, il battesimo, i ministeri, ma dall’altro lato significa agire da cristiani nel mondo, e su questo attualmente siamo molto vicini» alla Chiesa cattolica, anche grazie a Papa Francesco, «un riformatore nella sua Chiesa», come Martin Lutero «era un riformatore nella sua». Kässmann giudica «un buon atteggiamento» domandarsi «quello che possiamo trovare in un’altra Chiesa che noi non abbiamo». E «quello che io davvero ammiro nella Chiesa cattolica romana è che mantiene l’unità globale della Chiesa, pur con molte differenze al proprio interno. I luterani e i riformati — osserva — possono imparare dai cattolici a non separare così facilmente». ROMA, 7. È ancora valida e attuale l’esperienza europea? E gli europei vogliono ancora stare insieme? Il Movimento dei focolari scommette di sì. Così all’indomani del discorso di Papa Francesco in occasione della consegna del premio Carlo Magno, con il quale il Pontefice ha lucidamente suggerito la pista per superare la crisi del progetto europeo, e in vista della festa del 9 maggio, in cui si celebrano la pace e l’unità del vecchio continente, i figli spirituali di Chiara Lubich tornano a rilanciare il loro impegno per l’integrazione europea. «Un’Europa capace di stare insieme e di riscoprire in questo modo cosa può fare di più e di meglio per il mondo», è la prospettiva richiamata dalla presidente Maria Voce in un comunicato dei Focolari che, facendo proprie le parole del Santo Padre, invita a non cedere alla rassegnazione e alla stanchezza e, soprattutto, a cogliere nelle attuali difficoltà le ragioni di uno slancio ancora più impegnativo. Oggi come come ieri, rilevano i Focolari, la storia europea si trova di fronte a un bivio. «Se per buona parte degli europei il 9 maggio significa celebrare l’integrazione, l’unità e la pace in Europa nella ricorrenza della dichiarazione di Schuman del 9 maggio 1950, all’origine dell’Unione europea, per altri invece — si legge nel comunicato — segna l’avvio del periodo di privazione di diritti sotto l’Unione Sovietica, iniziato con la dichiarazione di vittoria di Stalin sulla Germania il 9 maggio 1945». Una storia, quella europea, inevitabilmente fatta di contraddizioni culturali e sociali, «con cui l’innovatore processo di integrazione deve confrontarsi ancora oggi, dopo sessant’anni». In tale prospettiva i Focolari rilanciano l’impegno di «Insieme per l’Europa», realtà nella quale convergono oltre trecento comunità e movimenti di Chiese cristiane, una rete che agisce con obiettivi condivisi in funzione del continente, promuovendo una cultura di reciprocità attraverso cui singoli e popoli possono accogliersi, conoscersi, riconciliarsi, sostenersi vicendevolmente. «“Insieme per l’Europa” — ha spiegato Ma- ria Voce — non è fine a se stessa, ma ha una natura squisitamente politica, nel senso più nobile del termine: si adopera per il bene di questo pezzo di umanità che è l’Europa, allo scopo di ravvivarne le radici e consapevole di dare anche un contributo al resto del mondo». Dal 30 giugno al 2 luglio «Insieme per l’Europa» promuoverà in Germania, a Monaco di Baviera, una grande manifestazione internazionale. Per due giorni, annunciano gli organizzatori, 36 tavole rotonde e forum permetteranno lo scambio di esperienze e di prospettive su altrettante tematiche riguardanti l’Europa. L’OSSERVATORE ROMANO domenica 8 maggio 2016 pagina 7 Per l’inaugurazione del santuario di Toruń Il cardinale Grocholewski inviato del Papa in Polonia Sulla collina delle Croci in Lituania il segretario di Stato Parolin parla dell’importanza della preghiera Come si conosce Gesù Di fronte alle oltre quattrocentomila croci della collina di Šiauliai, luogo di pellegrinaggio per tutti i lituani e cuore dell’intera nazione, il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, ha pronunciato le prime parole pubbliche della sua visita ufficiale nelle Repubbliche di Lituania, Estonia e Lettonia, che ha luogo dal 7 al 13 maggio. Durante la messa celebrata nel convento di Kryžių kalnas, il porporato ha voluto innanzitutto ricordare la «memorabile visita» di Giovanni Paolo II nel 1993 e, ripensando a come il Pontefice polacco definì questo santuario «luogo di speranza, amore e di sacrificio», si è soffermato a parlare dell’«importanza della preghiera» e della «nostra responsabilità di condividere la fede con gli altri». Il segretario era giunto in mattinata a Vilnius — qui il giorno prima si era aperto il Congresso nazionale della misericordia, uno degli eventi centrali dell’anno giubilare dei cattolici in Lituania — e si era innanzitutto recato al palazzo del Governo per un incontro con il primo ministro Algirdas Butkevičius. Dopo circa mezz’ora di colloquio, il cardinale Parolin è immediatamente tornato all’aeroporto della capitale per raggiungere Šiauliai, dove, dopo aver salutato il personale della Nato in missione di polizia aerea negli Stati baltici, ha celebrato la messa nel convento della collina delle Croci. Prendendo spunto dalla liturgia del giorno e in particolare dal brano degli Atti degli apostoli (18, 23-28) in cui si narra di come il giudeo Apollo fu aiutato da Aquila e Priscilla a inserirsi nella comunità cristiana, il porporato ha fatto notare che anche oggi «molte persone hanno un desiderio di felicità e di pienezza di vita, ma spesso non sanno a chi rivolgersi per colmare questi desideri profondi», e ha sottolineato che ogni cristiano, «così come fecero Aquila e Priscilla», ha la «responsabilità di impegnarsi» con quanti ancora non conoscono pienamente Gesù per «portarli a lui». Allo stesso tempo — ha aggiunto — anche agli uomini di oggi, come al giudeo Apollo, capita di «sapere molte cose su Gesù» ma di avere bisogno comunque «di approfondire la sua conoscenza». Per questo è necessaria innanzitutto l’«umiltà di riconoscere che Gesù ci parla più spesso di quanto non crediamo attraverso le persone semplici» e di capire che «conoscere Gesù non è solo una questione di acquisire informazioni su di lui», ma «di incontrarlo nella preghiera e nei sacramenti» e nel «nostro prossimo». Fondamentale è la preghiera che, «con l’aiuto dello Spirito Santo», diventa una cosa sola «con quella di Gesù». Tutto nella certezza che «Dio ci risponde perché è il Padre che è misericordioso e ci ama». Così, ha concluso il cardinale Parolin, «in questo luogo santo, dove decine di migliaia di croci dominano l’orizzonte e testimoniano in silenzio la fede del popolo lituano e la sua fiducia nell’amore di Dio, rinnoviamo il nostro impegno per un rapporto più profondo con Cristo, in modo da essere in grado di seguirlo più da vicino e da condurre gli altri a lui». Dichiarazione finale del colloquio tra Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e Royal Institute for Inter-Faith Studies Solidarietà alle vittime di violenze e guerre Si è concluso con la sottoscrizione di una dichiarazione finale l’incontro a Roma tra il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e il Royal Institute for Inter-Faith Studies, svoltosi il 3 e il 4 maggio. Ne diamo di seguito una nostra traduzione in italiano. Il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso (Città del Vaticano), e il Royal Institute for Inter-Faith Studies (Amman, Giordania), hanno tenuto il loro quarto colloquio a Roma da martedì 3 a mercoledì 4 maggio 2016. Il tema scelto è stato: «Valori condivisi nella vita sociale e politica: prospettive cristiane e musulmane». Il tema è stato esaminato partendo da tre sottotitoli: «Cittadini e credenti: prospettive cristiane e musulmane», presentato rispettivamente dal professore Mohan Doss, S.V.D. (India) e dal professor Ahmed Abaddi (Marocco); «I nostri valori condivisi e le rispettive particolarità», presentato dal professor Wajih Kanso (Libano) e dal professore Salim Daccache, S.J. (Libano); «Andare incontro ai bisognosi e ai vulnerabili: una sollecitudine comune per cristiani e musulmani», presentato da monsignor Giovanni Pietro Dal Toso (Vaticano) e dal dottor Hani El-Banna (Regno Unito). Sua Eminenza il cardinale JeanLouis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, ha presieduto la delegazione cattolica, mentre sua Altezza reale il principe El Hassan bin Talal, presidente del consiglio del Royal Institute for Inter-Faith Studies, ha guidato la delegazione musulmana. Della delegazione cattolica hanno fatto parte anche: sua Eccellenza monsignor Miguel Ayuso, M.C.C.J, segretario del Pontificio Consiglio; monsignor Khaled Akasheh, capo ufficio per l’islam del Pontificio Consiglio; sua Eccellenza monsignor Jean-Paul Vesco, O.P., vescovo di Oran; sua Eccellenza la signora Anne Leahy, ambasciatore emerito del Canada presso la Santa Sede; il dottor Anan Al-Kass Yousif (Iraq); la signora Ruth Susan Wangeci Maina (Kenya); l’ingegnere Riad Sargi (Siria); il signor Michael Utama Purnama (Indonesia). Della delegazione musulmana hanno fatto parte anche: il dottor Fareed Yaqoob Yusuf Mubarak AlMuftah (Bahrain); il dottor Amer El Hafi (Giordania); il dottor Oussama Mohamed Nabil (Egitto); il dottor Hassan Nadhem (Iraq); il dottor Majeda Omar, direttore del Royal Institute (Giordania); il dottor Nayla Tabbara (Libano). I partecipanti hanno molto apprezzato gli interventi e ne hanno discusso in spirito di apertura e in un clima di grande cordialità. Le due delegazioni sono state ricevute da Papa Francesco. Sono rimaste commosse dalle sue parole: «E il dialogo è uscire da sé stessi, con la parola, e ascoltare la parola dell’altro. Le due parole si incontrano, i due pensieri si incontrano. È la prima tappa di un cammino. Dopo questo incontro della parola, i cuori si incontrano e incomincia un dialogo di amicizia, che finisce con la stretta delle mani. Parola, cuore, mani. È semplice! Lo sa fare un bambino». Al termine del colloquio, i partecipanti hanno proposto quanto segue: Condividiamo credenze e valori morali. Le cose che abbiamo in comune sono molto più numerose delle nostre particolarità e costituiscono una solida base per vivere insieme in modo pacifico e fecondo, anche con persone di buona volontà che non professano una religione particolare. Crediamo nel ruolo umanizzante e civilizzante delle nostre religioni quando i seguaci aderiscono ai loro principi di adorare Dio e di amare e prendersi cura del prossimo. Crediamo che Dio abbia donato a ogni persona dignità e diritti inalienabili. Sono suoi doni, che devono essere riconosciuti, garantiti e protetti dalla legge. Assicuriamo la nostra solidarietà verso i nostri fratelli e le nostre sorelle in umanità che sono nel bisogno, a prescindere dalla loro appartenenza etnica, religiosa o culturale. Il nostro aiuto ai poveri e ai bisognosi deve essere offerto per compassione e per amore della benevolenza di Dio. Non deve mai essere usato per fare proselitismo. Riteniamo che i giovani non rappresentino soltanto il futuro dell’umanità. Sono anche una parte importante del suo presente. Hanno il diritto a un’educazione adeguata che li prepari a essere buoni cittadini rispettosi della diversità. Il nostro mondo, la nostra “casa comune”, sta attraversando molte L’incontro del Papa con i partecipanti al colloquio interreligioso (4 maggio 2016) crisi complicate e ha bisogno dell’impegno costante dei suoi abitanti per renderlo un luogo adeguato in cui poter vivere insieme pacificamente, condividendo le risorse dell’universo, tenendo presenti le generazioni future. Esprimiamo la nostra vicinanza e solidarietà a tutti coloro che soffrono, specialmente per la violenza e il conflitto armato. Il rispetto del dirit- to internazionale, il dialogo, la giustizia, la misericordia e la compassione sono valori e mezzi adeguati per realizzare la pace e l’armonia. Il Pontificio Consiglio e il Royal Institute, grati a Dio onnipotente per la loro feconda collaborazione, hanno deciso di proseguirla, incontrandosi entro un anno per prepararsi al quinto colloquio. Le nomine di oggi riguardano la Chiesa negli Stati Uniti d’America, in Colombia e in Polonia. John Stephen Pažak, vescovo di Holy Mary of Protection di Phoenix dei Ruteni (Stati Uniti d’America) È nato il 13 agosto 1946 a Gary, Indiana. Dopo aver terminato le scuole secondarie a Gary, è entrato fra i redentoristi della provincia canadese di Yorkton (che curavano quella parrocchia) il 14 settembre 1965, emettendo la professione perpetua il 24 agosto 1969. Ha studiato presso il seminario maggiore redentorista di Suffield, Connecticut, ricevendovi il bachelor of arts nel 1969, e presso la Saint Paul University di Ottawa, conseguendovi il baccellierato in teologia nel 1972. Ha completato poi il corso di Clinical pastoral education a Toronto nel 1978-1979. È stato ordinato sacerdote redentorista il 27 agosto 1972. Ha poi ricoperto i seguenti incarichi: vicario cooperatore dei santi Pietro e Paolo a Saskatoon (1972-1973); prefetto e insegnante presso il college di San Vladimiro a Roblin, Manitoba (1973-1978); superiore presso lo scolasticato di Toronto (19781979); prefetto e insegnante presso il college di San Vladimiro a Roblin, Manitoba (1980-1990); parroco di San Giuseppe a Winnipeg (19902000). È stato anche vicario provinciale dei redentoristi, membro del consiglio provinciale degli stessi redentoristi dal 1984 al 2000 e consultore eparchiale di Saskatoon. Il 2 dicembre 2000 è stato nominato vescovo dell’Eparchia di Saints Lo scorso 3 aprile è stata pubblicata la nomina del cardinale Zenon Grocholewski, prefetto emerito della Congregazione per l’educazione cattolica, come inviato speciale del Papa all’inaugurazione — in programma il prossimo 18 maggio — del santuario di Toruń (Polonia), dedicato a Maria Santissima Stella della Nuova Evangelizzazione e a San Giovanni Paolo II. Il porporato sarà accompagnato da una missione composta da monsignor Slawomir Oder, del clero di Toruń, vicario giudiziale del tribunale ordinario della diocesi di Roma e rettore della chiesa annessa di Santa Maria Immacolata e San Benedetto Giuseppe Labre a Roma, e da padre Zdzislaw Klafka C.Ss.R., originario della diocesi di Pelplin, rettore del collegio per gli studi sociali e mediatici in Toruń. Venerabili Fratri Nostro ZENONI S.R.E. Cardinali GRO CHOLEWSKI Praefecto olim Congregationis de Institutione Catholica (de Studiorum Institutis) Paschali laetitia praecipua mysteria fidei nostrae contemplantes, gaudemus de inceptis quae in toto orbe diligentes Pastores ad fidem augendam suscipiunt adque caritatem cotidiana in vita exercendam. Quandoquidem proximo mense Maio, ad Annum Misericordiae sollemniter celebrandum, Thoruni nova sacra aedes consecrabitur, Mariae Sanctissimae Stellae Novae Evangelizationis atque sancto Ioanni Paulo II, papae, dicata, Nos iam nunc gratias Omnipotenti Deo agimus de hoc sanctuario, studio sodalium Congregationis Sanctissimi Redemptoris aedificato, multis Polonis iuvantibus qui tum in Patria tum apud exteras vivunt Nationes. Sicut novimus, ritum consecrationis complures Episcopi, Sacerdotes et Christifideles laici in urbe Nicolai Copernici participabunt pro tota Ecclesia oraturi, divina dona a Redemptore hominum sibi suisque assidue implorantes. Quam ob rem Venerabilis Frater Andreas Adalbertus Suski, qui diligenter ac sapienter munus Episcopi Thoruniensis exercet, humanissime Nos rogavit ut eminentem Virum mitteremus, qui Nostras vices illic gereret Nostramque erga istum gregem dilectionem manifestaret. Ad Te ergo, Venerabilis Frater Noster, Praefectum olim Congregationis de Nomine episcopali Cyril and Methodius of Toronto degli Slovacchi di rito bizantino (Canada). Nelson Jair Cardona Ramírez vescovo di San José del Guaviare (Colombia) È nato a Norcasia, diocesi di La Dorada Guaduas, il 18 gennaio 1969. Ha compiuto la formazione sacerdotale presso il seminario maggiore di Manizales. Ha ottenuto la licenza in teologia spirituale presso la Pontificia università Gregoriana a Roma e il dottorato in teologia presso l’Istituto teologico pastorale per l’America latina (Itepal). Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 12 dicembre 1992, incardinandosi nella diocesi di La Dorada - Guaduas. Ha svolto i seguenti incarichi: delegato diocesano per la pastorale giovanile, delegato diocesano per la pastorale vocazionale, parroco di San Antonio de Padua in La Paz, professore e formatore del seminario maggiore diocesano Cristo Buen Pastor, sacerdote in servizio presso la cattedrale, amministratore parrocchiale della Santísima Trinidad a Puerto Salgar, parroco di San Antonio de Padua in Manzanares. Dal 2005 è delegato diocesano per i ministri ordinati. Dal 2010 è professore dell’Itepal. Dal 2013 è parroco della Santísima Trinidad a Puerto Salgar. Institutione Catholica, qui studiose totum opus Congregationis Sanctissimi Redemptoris Thoruni sequeris et iuvas, mentem Nostram vertimus Missum Teque hisce Litteris Extraordinarium Nostrum nominamus ad consecrationem dictae ecclesiae, quae die XVIII proximi mensis Maii, anniversario videlicet die natali sancti Ioannis Pauli II, in memorata urbe perficietur. Sollemni praesidebis Eucharistiae cum ritu consecrationis, Ianuam Misericordiae in ea aperies atque omnes adstantes ad diligentiorem usque operam pro Christo eiusque Ecclesia cohortaberis. Oportet enim fideles dilectae Poloniae etiam hodie toti orbi amorem Evangelii demonstrent atque exemplum virtutum christianarum in vita cotidiana perficiendarum. Rogamus Te etiam ut Episcopo Thoruniensi ceterisque ibi congregatis Nostram salutationem afferas. Exoptamus insuper ut verba benevolentiae Nostrae ad civiles auctoritates extendas et ad omnes qui Ecclesiae missionem atque sincerum personae humanae bonum studiose fovent. Nos autem Te, Venerabilis Frater Noster, in tua missione implenda precibus Nostris, Beatissima Maria Virgine Claromontana, Regina Poloniae, intercedente, ferventer comitabimur. Denique Benedictionem Nostram Apostolicam libentes Tibi impertimur, signum Nostrae erga Te benevolentiae et caelestium donorum pignus, quam omnibus celebrationis participibus atque Stationis Radiophonicae “Maria” auditoribus rite transmittes, dum a vobis cunctis preces expostulamus, ut pergrave Petrinum munus secundum divinam voluntatem diligenter exercere valeamus. Ex Aedibus Vaticanis, die XIV mensis Aprilis, anno MMXVI, Iubilaeo Misericordiae, Pontificatus Nostri quarto. Krzysztof Stefan Włodarczyk ausiliare di Koszalin-Kołobrzeg (Polonia) È nato il 25 febbraio 1961 a Sławno. Superati gli esami di maturità, nel 1981 è stato ammesso al seminario maggiore di Koszalin. Il 21 giugno 1987 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale a Szczecinek per la diocesi di Koszalin-Kołobrzeg. Dopo l’ordinazione sacerdotale è stato per un anno vicario parrocchiale a Lipie e ha iniziato la sua esperienza pastorale nel movimento ecclesiale Luce-Vita. Dal 1989 al 1998 è stato direttore del centro diocesano di spiritualità. Ha compiuto gli studi di licenza in teologia alla facoltà teologica di Poznań (1993-1995). Negli anni 1995-2005 ha svolto gli studi per ottenere il dottorato in teologia presso la medesima facoltà di Poznań, difendendo la tesi presso la facoltà di teologia dell’Università Cardinale Stefan Wyszyński a Varsavia. È stato direttore dell’ufficio diocesano per la pastorale della famiglia (1990-2005), difensore del vincolo e giudice nel tribunale vescovile di Koszalin (1995-2001), responsabile diocesano della Chiesa domestica (movimento Luce-Vita) dal 1998 al 2005, responsabile della creazione del centro diocesano di educazione e formazione nella diocesi (2000-2005), diventandone in seguito direttore, vice rettore del seminario maggiore a Koszalin (2006-2007). Attualmente è direttore dell’ufficio pastorale diocesano, giudice nel tribunale vescovile e membro del consiglio presbiterale. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 domenica 8 maggio 2016 Papa Francesco denuncia l’esclusione dei poveri dell’Africa dai servizi sanitari essenziali Salute negata L’accesso alle cure e ai farmaci dev’essere un diritto universale e non un privilegio In diverse parti del mondo, e soprattutto in Africa, la salute «è di fatto negata». Lo ha denunciato il Papa ricevendo in udienza l’organizzazione Medici con l’Africa - Collegio universitario aspiranti e medici missionari (Cuamm). Di seguito il discorso pronunciato durante l’incontro di sabato mattina, 7 maggio, nell’Aula Paolo VI. Sono lieto, cari fratelli e sorelle, di dare il benvenuto a ciascuno di voi, “Medici con l’Africa CUAMM”, che operate per la tutela della salute delle popolazioni africane; e più lieto ancora dopo aver ascoltato le parole che mi hanno avvicinato tanto a quei posti lontani, la testimonianza di questi medici ha portato il mio cuore laggiù, dove voi andate semplicemente per trovare Gesù. E questo mi ha fatto tanto bene. Grazie. La vostra organizzazione, espressione della missionarietà della diocesi di Padova, nel corso degli anni ha coinvolto tante persone che, come volontari, si sono adoperati per realizzare progetti a lungo termine in un’ottica di sviluppo. Vi ringrazio per quanto state facendo in favore del diritto umano fondamentale della salute per tutti. La salute, infatti, non è un bene di consumo, ma un diritto universale per Ma la terra è rotonda? «Le nostre vite, le nostre famiglie, l’Africa e la sua gente, la nostra passione e l’impegno per i più poveri»: sono questi — ha detto il direttore di Medici con l’Africa Cuamm, don Dante Carraro, salutando il Papa — «i tesori più preziosi» di quanti da oltre 65 anni svolgono la loro missione in sette Paesi dell’Africa subsahariana, espressione di una «Chiesa feriale che si incarna nella storia e nella vita del mondo». E a testimonianza di questa fede vissuta concretamente in mezzo alla sofferenza, don Dante ha letto a Francesco le toccanti lettere provenienti da due medici nel Sud Sudan. Nella prima, Massimo La Raja descrive al Papa la «periferia estrema» di una «terra che è rotonda solo nei mappamondi» e dove negli ospedali si respira «odore di terra», odore «di sangue rappreso», odore «di disinfettante, a riprova che qualcosa stiamo cercando di fare», e «odore di lacrime e sorrisi». Una realtà dura, difficile, nella quale — confida Arianna Bortolani, direttore clinico dell’ospedale di Yrol — sono talmente tante le offese alla dignità umana che risulta «difficile riconoscere il volto e la presenza di Cristo». Quante volte, aggiunge la dottoressa nella lettera, «verrebbe voglia di urlare le “mie” ragioni: cioè che sono possibili e belle altre modalità di relazione che non siano la violenza, la vendetta, la prepotenza, l’egoismo». Per fortuna, continua, ogni tanto «un sorriso, una persona un po’ più disponibile, un’attenzione dedicata, ridanno allo sguardo la giusta direzione, consentendo di vedere anche il bello che, a volte, è semplicemente davanti agli occhi». Sono solo degli esempi, ha spiegato il direttore di Medici con l’Africa Cuamm, che danno la misura del coinvolgimento di quanti operano nell’organizzazione, nata nel 1950 a Padova «per fare in modo che tutti abbiano accesso alle cure, almeno a quelle essenziali». Infine una proposta: quella di dar vita a una giornata per l’accesso alle cure di tutti, affinché «tutti, specie i più poveri possano essere curati e assistiti con dignità». Come ricordo della loro missione in Africa, i partecipanti hanno regalato al Pontefice una statua in ebano, proveniente dalla Tanzania e raffigurante una mamma con il bambino. cui l’accesso ai servizi sanitari non può essere un privilegio. La salute, soprattutto quella di base, è di fatto negata — negata! — in diverse parti del mondo e in molte regioni dell’Africa. Non è un diritto per tutti, ma piuttosto è ancora un privilegio per pochi, quelli che possono permettersela. L’accessibilità ai servizi sanitari, alle cure e ai farmaci rimane ancora un miraggio. I più poveri non riescono a pagare e sono esclusi dai servizi ospedalieri, anche dai più essenziali e primari. Di qui l’importanza della vostra generosa attività a sostegno di una rete capillare di servizi, in grado di dare risposte ai bisogni delle popolazioni. Avete scelto i Paesi più poveri dell’Africa, quelli sub-sahariani, e le aree più dimenticate, “l’ultimo miglio” dei sistemi sanitari. Sono le periferie geografiche nelle quali il Signore vi manda ad essere buoni samaritani, ad uscire incontro al povero Lazzaro, attraversando la “porta” che conduce dal primo al terzo mondo. Questa è la vostra “porta santa”! Voi operate tra le fasce più vulnerabili della popolazione: le mamme, per assicurare loro un parto sicuro e dignitoso, e i bambini, specie neonati. In Africa, troppe mamme muoiono durante il parto e troppi bambini non superano il primo mese di vita a causa della malnutrizione e delle grandi endemie. Vi incoraggio a rimanere in mezzo a questa umanità ferita e dolente: è Gesù. La vostra opera di misericordia è la cura del malato, secondo il motto evangelico «Guarite gli infermi» (Mt 10, 8). Possiate essere espres- sione della Chiesa madre, che si china sui più deboli e se ne prende cura. Per favorire processi di sviluppo autentici e duraturi sono necessari tempi lunghi, nella logica del seminare con fiducia e attendere con pazienza i frutti. Tutto questo lo dimostra anche la storia della vostra Organizzazione, che da più di sessantacinque anni è impegnata a fianco dei più poveri in Uganda, Tanzania, Mozambico, Etiopia, Angola, Sud Sudan, Sierra Leone. L’Africa ha bisogno di accompagnamento paziente e continuativo, tenace e competente. Gli interventi necessitano di impostazioni di lavoro serie, domandano ricerca e innovazione e impongono il dovere di trasparenza verso i donatori e l’opinione pubblica. Siete medici “con” l’Africa e non “per” l’Africa, e questo è tanto importante. Siete chiamati a coinvolgere la gente africana nel processo di crescita, camminando insieme, condividendo drammi e gioie, dolori ed entusiasmi. I popoli sono i primi artefici del loro sviluppo, i primi responsabili! So che affrontate le sfide quotidiane con gratuità e aiuto disinteressato, senza proselitismi e occupazione di spazi. Anzi, collaborando con le Chiese e i Governi locali, nella logica della partecipazione e della condivisione di impegni e responsabilità reciproche. Vi esorto a mantenere il vostro peculiare approccio alle realtà locali, aiutandole a crescere e lasciandole quando sono in grado di continuare da sole, in una prospettiva di sviluppo e sostenibilità. È la logica del seme, che scom- pare e muore per portare un frutto duraturo. Nel vostro prezioso servizio ai poveri dell’Africa avete come modelli il vostro fondatore, il dott. Francesco Canova, e lo storico direttore, don Luigi Mazzucato. Il dottor Canova maturò nella FUCI l’idea di andare per il mondo in soccorso degli ultimi, progettando un “collegio per futuri medici missionari” e delineando la figura del medico missionario laico. Da parte sua, don Mazzucato è stato direttore del CUAMM per 53 anni, ed è mancato lo scorso 26 novembre all’età di 88 anni. Egli è stato il vero ispiratore delle scelte di fondo, prima fra tutte la povertà. Così ha lasciato scritto nel suo testamento spirituale: «Nato povero, ho sempre cercato di vivere con il minimo indispensabile. Non ho nulla di mio e non ho nulla da lasciare. Il poco vestiario che possiedo lo si dia ai poveri». Sulla scia di questi grandi testimoni di una missionarietà di prossimità ed evangelicamente feconda, voi portate avanti con coraggio la vostra opera, esprimendo una Chiesa che non è una “super clinica per vip” ma piuttosto un “ospedale da campo”. Una Chiesa dal cuore grande, vicina ai tanti feriti e umiliati della storia, a servizio dei più poveri. Vi assicuro la mia vicinanza e la mia preghiera. Benedico tutti voi, i vostri familiari e il vostro impegno per l’oggi e il domani del Continente africano. E vi chiedo, per favore, di pregare anche per me, perché il Signore mi faccia ogni giorno più povero. Grazie! Gratitudine e apprezzamento del Pontefice per il servizio della Guardia svizzera Tempo di fraternità Apprezzamento e gratitudine per il servizio svolto con «disponibilità» e spirito di «fedeltà alla Santa Sede» sono stati espressi da Papa Francesco alla Guardia svizzera pontificia durante l’udienza di sabato mattina, 7 maggio, nella Sala Clementina, in occasione del giuramento delle nuove reclute. Signor Comandante, Reverendo Cappellano, care Guardie, cari familiari e amici della Guardia Svizzera Pontificia, All’indomani della vostra festa sono lieto di incontrarvi e di festeggiare con voi, anche per esprimere il mio apprezzamento e la mia gratitudine per il vostro servizio, la vostra disponibilità e la vostra fedeltà alla Santa Sede. Un particolare saluto rivolgo alle Reclute e ai loro familiari, come pure ai Rappresentanti delle Autorità svizzere qui presenti. È bello vedere dei giovani, come voi, che dedicano alcuni anni della loro vita alla Chiesa, segnatamente al Successore di Pietro: è un’occasione unica per crescere nella fede, per sperimentare l’universalità della Chiesa, per fare un’esperienza di fraternità. Crescere nella fede. Siete chiamati a vivere il vostro lavoro come una missione che il Signore stesso vi affida; a cogliere il tempo che trascorrete qui a Roma, nel cuore della cristianità, come opportunità per approfondire l’amicizia con Gesù e camminare verso la meta di ogni vera vita cristiana: la santità. Perciò vi invito ad alimentare il vostro spirito con la preghiera e l’ascolto della parola di Dio; a partecipare con devozione alla Santa Messa e coltivare una filiale devozione verso la Vergine Maria, e così realizzare la vostra peculiare missione, lavorando ogni giorno “acriter et fideliter”, con coraggio e con fedeltà. Sperimentare l’universalità della Chiesa. Le tombe degli Apostoli e la sede del Vescovo di Roma sono crocevia di pellegrini che provengono da tutto il mondo. Voi avete così la possibilità di toccare con mano la maternità della Chiesa che accoglie in sé, nella propria unità, la diversità di tanti popoli. Potete incontrare persone di diverse lingue, tradizioni e culture, ma che si sentono fratelli perché accomunati dalla fede in Gesù Cristo. Vi farà bene scoprire la loro testimonianza cristiana e offrire, a vostra volta, una serena e gioiosa testimonianza evangelica. Fare esperienza di fraternità. Anche questo è importante: essere attenti gli uni agli altri, per sostenervi nel lavoro quotidiano e per arricchirvi reciprocamente, ricordandovi sempre che «si è più beati nel dare che nel ricevere» (At 20, 35). Sappiate valorizzare la vita comunitaria, la condivisione dei momenti lieti e di quelli più difficili, prestando attenzione a chi tra di voi si trova in difficoltà e a volte ha bisogno di un sorriso e di un gesto di incoraggiamento e di amicizia. Assumendo questo atteggiamento, sarete favoriti anche nell’affrontare con diligenza e perseveranza i piccoli e grandi compiti del servizio quotidiano, testimonian- do gentilezza e spirito di accoglienza, altruismo e umanità verso tutti. Care Guardie, vi auguro di vivere intensamente le vostre giornate, saldi nella fede e generosi nella carità verso le persone che incontrate. Vi aiuti la nostra Madre Maria, che onoriamo in modo speciale nel mese di maggio, a sperimentare ogni giorno di più quella comunione profonda con Dio, che per noi credenti inizia sulla terra e sarà piena nel cielo. Siamo infatti chiamati, come ricorda san Paolo, ad essere «concittadini dei santi e familiari di Dio» (Ef 2, 19). Affido voi, le vostre famiglie, i vostri amici e quanti, in occasione del giuramento, sono venuti a Roma, all’intercessione della Madonna, dei vostri Patroni, san Martino e san Sebastiano. Vi chiedo per favore di pregare per me, e di cuore vi imparto la Benedizione Apostolica. Il giuramento delle reclute nel cortile di San Damaso Le minacce di attentati terroristici trovano la Guardia svizzera pontificia attrezzata con nuovi sistemi di sicurezza. Ma anche dotata dell’«arma da combattimento più efficace che esiste sul mercato: la corona del rosario». Lo ha affermato il colonnello Christoph Graf, co- L’arma più efficace mandante del Corpo, durante la cerimonia di giuramento di 23 reclute, svoltasi nel pomeriggio di venerdì 6 maggio, nel cortile di San Damaso. «È importante che ritroviamo la via della preghiera, soprattutto alla preghiera del rosario» ha detto il comandante, rivolgendosi in particolare alle guardie. «La nostra vita, le nostre opere e le nostre azioni — ha affermato Graf — sono nelle mani di Dio. Questo però non significa che possiamo rinunciare alle armi e alle esercitazioni. Dio ci usa come strumenti per scongiurare il male in alcune situazioni. Per questo servono una fede salda, fiducia in Dio e preghiera». Occorre trovare tempo per «la preghiera anche durante il servizio». Gli ha fatto eco il cappellano, don Thomas Widmer: «La nostra vita cristiana richiede impegno e diventa una vera lotta», ma «per un combattimento abbiamo sempre bisogno di un’armatura» e san Paolo nella lettera agli Efesini, riprendendo le parole del profeta Isaia, consiglia di indossare «la corazza della giustizia». Il cappellano ha tracciato poi il profilo del lavoro quotidiano delle guardie: «Ogni giorno avete a che fare con tanti uomini e donne, che incontrate durante il servizio. Sono essi tutti creati ad immagine di Dio, voluti e amati da Dio». Da qui l’invito a «trattarli consapevoli della dignità che ciascuno ha, indipendentemente se è povero o ricco, sano o malato». La cerimonia è stata presieduta dall’arcivescovo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato. Erano presenti, tra gli altri, gli arcivescovi Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, e Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, alcuni cardinali, numerosi arcivescovi, vescovi e prelati della curia romana tra cui i monsignori Borgia, assessore, e Bettencourt, capo del Protocollo. Da parte svizzera, insieme al presidente della Confederazione elvetica c’erano le autorità che, in mattinata, avevano preso parte alla messa celebrata dal cardinale segretario di Stato Parolin.