Antichi `preliminari`

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Antichi `preliminari`
Fuori programma: Antichi ‘preliminari’
Gennaio, il principio dell’anno. Per qualche sommessa analogia lo sguardo va indietro, al
principio del Notariato e al delinearsi del ruolo del Notaio e dei suoi tratti distintivi.
Stando alle notizie ricordate da Giorgio Cencetti (cfr. Nota), filologo, paleografo e
archivista italiano del secolo scorso, valse a lungo, giù per tutto il primo millennio, il
principio statuito da Costantino nel 317 per il quale il documento scritto che non sia
emanato da magistrature ed uffici muniti del diritto di stilare documenti pubblici autentici
non possiede maggiore efficacia probatoria della testimonianza verbale: «In
exercendibus litibus eandem vim obtinent tam fides instrumentorum quam depositiones
testium».
Malgrado Giustiniano, duecento anni più tardi, conferisca un riconoscimento legale ai
tabelliones, gli esperti di diritto che si erano venuti creando allo scopo di mettere per
iscritto patti e attestazioni di rapporti giuridici, definendone sia l’inquadramento di
professionisti che esercitavano in virtù di una concessione dello Stato personale e non
delegabile, sia precise regole di redazione dei documenti, l’istrumento tabellionale ancora
non costituisce prova in giudizio né ha maggior valore di un istrumento privatus.
Analoghi tratti distintivi assumono nel coevo mondo longobardo dei territori lombardi e
toscani i notarii, funzionari di cancelleria incaricati di mansioni documentarie e, in seguito, i
cancellarii o amanuensi o notarii di Carlo Magno, nominati dal re o dai conti, che
verbalizzavano gli atti dei processi ma redigevano anche, a richiesta, documenti per i
singoli che ne avevano necessità.
Fino alla fine del primo millennio il documento scritto, anche se necessario alla definizione
dei negozi giuridici, mantiene una limitata efficacia. Così può succedere che Ottone 1° nel
967 decreti che, più di qualsivoglia documento, a dirimere controversie relative alla
proprietà terriera valga il ‘giudizio di Dio’, cioè l’esito di un duello tra le parti in lite e che,
un secolo più tardi, anche Matilde di Canossa osservi lo stesso principio di giudizio in una
contesa nella quale intervenne personalmente.
Le cose cambiano solo a partire dalla seconda metà dell’XI secolo, palesate da taluni
segnali significativi sul piano delle formule e della forma del documento. Tra di essi vanno
segnalati i “dicta” o “notizie dorsali”.
Si chiamavano così le note scritte dai notarii sul dorso delle pergamene destinate alla
stesura dell’atto definitivo. Dalla loro comparsa, nell’VIII secolo, erano sempre stati soltanto
promemoria preparatori del contratto, spesso stilati con l’utilizzo di notae tachigrafiche,
cioè di quelle abbreviazioni stenografiche di scrittura di uso estesissimo nel’epigrafia
romana poi passate nella scrittura, segnatamente dei codici giuridici.
Il fatto che a partire dal X secolo si incontrino però note dorsali sottoscritte dalle parti e dai
testi porta a credere che esse abbiano iniziato ad avere una loro rilevanza giuridica.
Parallelamente si osserva il progressivo scomparire nei “munda” (cioè negli atti notarili
definitivi) delle sottoscrizioni autografe, sostituite da croci tracciate dal notaio, con
l’annotazione della corrispondenza delle stesse ai nomi dei singoli sottoscrittori.
E’ il segno che il momento importante del negozio giuridico diventa quello nel quale le parti
esprimono la propria volontà, alla presenza dei testimoni e del notaio, che poi redigerà
l’atto da solo, a volte anche a distanza di anni.
Anche questo particolare dimostra che le notizie dorsali offrivano una tutela già significativa
alle parti che le ricevevano in copia e potevano perfino astenersi dal chiedere la
conversione da dictum a mundum.
E’ dunque in questo momento che il notaio, che raccoglie la volontà delle parti, le
annota, le certifica corrispondenti a verità e le rende pubbliche, diviene il
necessario artefice del documento autentico dei negozi privati. E se le molte croci
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stilate dal Notaio in vece delle sottoscrizioni dei contraenti e dei testimoni prima diventano
un’unica croce e poi scompaiono del tutto, sostituite dalla mera menzione delle generalità
delle persone, è solo perché è ormai riconosciuta al Notaio la publica fides, riconosciuta
anche in sede di giudizio.
Nella tradizione romanica come in quella longobarda, si concretizza un identico concetto
del notaio come estensore autorizzato di documenti autentici: è il principio del XII secolo.
Nota: Giorgio Cencetti, “Dal Tabellione Romano al Notaio Medievale”, in Il notariato
veronese attraverso i secoli, 1966
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