Spazio Club - Club Alfa Romeo Duetto
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Spazio Club - Club Alfa Romeo Duetto
Duetto News numero 2 2013 1 N. 2 2013 3 Direttivo CARD 2013 - 2017 4 Spazio Club Busseto 9 Spazio Club Prossimi appuntamenti L‟Aquila 17 La Tecnica Aftermarket.. ma a caro prezzo 21 L‟Alfa e le Corse puntata 7 32 I Piloti Achille Varzi 41 La Musica I suoni dei motori Alfa 43 I migliori amici del duettista Welsh Corgi 52 Contatti 54 Indirizzi utili 2 Spazio Club Direttivo CARD 2013 - 2017 Durante l' Assemblea dei Soci CARD del 12.5.2013 a Monforte (CN) è stato eletto il Direttivo CARD per il quadriennio 2013 - 2017 che risulta così composto: Presidente: Mello Ceresa Massimo Vice Presidente: Gori Francesco Tesoriere: Gori Francesco Segretario: Candeago Thomas Commissario Tecnico: Mottini Marco Responsabile Manifestazioni: Silvano Eugenio, Mello Ceresa Massimo Addetto Stampa: Candeago Thomas Consiglieri: Giannetti Gian Piero D'Avena Matteo Vaccaro Gaetano Brenna Massimiliano Basilico Cesare Silvano Eugenio Probiviri: Coraglia Fabrizio Bucci Enrico Adami Fabrizio Revisori dei conti: Dott. Piero Gori Dott. Gianluca Zamagna Dott.ssa Sabrina Acciarri il nuovo Direttivo CARD appena insediato ha operato le seguenti nomine: Delegati Regionali: Adami Fabrizio e Coraglia Fabrizio - Piemonte Grazioli Raimondo, Casagrande Paolo, Bucci Enrico Brenna Massimiliano Lombardia Giusti Marco e D'Avena Matteo - Emilia Gori Francesco - Romagna e Marche Basilico Cesare - TriVeneto Silvano Eugenio - Liguria Giannetti Gian Piero - Toscana Regoli Luca, Di Bella Salvatore, Vaccaro Gaetano - Lazio e parziale Sud Italia Urbani Fabio - Puglia Zarcone Beppe - Sicilia Scuderia CARD: Candeago Thomas, Adami Fabrizio, Casagrande Paolo Responsabile DuettoNews: Virgadamo Girolamo Webmaster Forum CARD: Carnemolla Fabrizio Biella, 12 Maggio 2013 3 Spazio Club Busseto La stagione raduni 2013 del Club Alfa Romeo Duetto è partita domenica 17 Marzo da Busseto (PR), con il proposito di festeggiare il Bicentenario della nascita del Maestro Giuseppe Verdi. Nonostante le negative previsioni meteo e la quasi certa presenza di neve sulla strada del ritorno, ben 54 equipaggi hanno voluto onorare questa importante commemorazione e allo stesso tempo dare il via alla nuova stagione dei raduni in Duetto. 4 Punto d'incontro fissato in piazza Verdi a Busseto, messa gentilmente a disposizione dalla Giunta Comunale della città parmense. I partecipanti hanno subito goduto della colazione offerta dal Club AR Duetto e allo stesso tempo perfezionato l'iscrizione al raduno, ricevendo in omaggio alcuni gadget appositamente preparati per l'occasione. Nel frattempo piazza Verdi veniva mano a mano coperta dalle variopinte spider, mentre gli equipaggi socializzavano nuovamente fra di loro, dopo la lunga pausa invernale. 5 Alle h.11.00 circa, la lunga colonna di spider è partita alla volta di Villa Verdi, guidata dagli organizzatori: Matteo D'Avena e Giacomo Stevani. Giunti in loco, gli Alfisti hanno potuto parcheggiare le loro lucenti vetture in uno spazio appositamente riservato e suddivisi in diversi gruppi hanno visitato la Villa che fu la residenza ufficiale del Maestro. Onde evitare spiacevoli sovrapposizioni, le solerti Guide hanno impostato percorsi di visita diversi, fornendo importanti informazioni della Villa e della vita del Maestro. Il parco della villa dispone di antiche e rare piante, spesso regalo dei vari principi ed imperatori dell' epoca, i quali per ringraziare il Maestro donavano rare piante provenienti da continenti extra-europei. 6 Le stanze della villa sono mantenute in perfetto stato, così come i mobili e le suppellettili che ornano le storiche dimore. Sono presenti alcuni famosi dipinti che raffigurano il maestro, durante le varie età e tappe della sua vita. Documenti originali vergati da Alessandro Manzoni, Richard Wagner, Vittorio Emanuele II di Savoia, Francesco Crispi etc., che possono essere facilmente consultati, perché sistemati in luminose a ampie teche in vetro. Singolare il "garage" delle carrozze personali del Maestro, in cui fanno bella mostra almeno sei imponenti carrozze di colore nero, che trasportarono Giuseppe Verdi in tutte le principali città e capitali d'Europa e Russia compresa. Al termine della visita c'è stato un piacevole incontro con il Sig. Carrara Verdi, attuale proprietario della villa e discendente del grande Giuseppe Verdi, il quale ha voluto osservare con cura i vari modelli di spider Duetto presenti al raduno. Ma era giunta quasi ora di pranzo e a quel punto tutti gli equipaggi sono rientrati a Busseto, dove li attendeva un buon pasto in un rinomato ristorante del luogo. 7 La giornata Duettata è andata così avanti fino al momento della partenza, con varie informazioni che si rincorrevano circa le condizioni climatiche e lo stato delle strade. Quindi i saluti e gli omaggi alle tante Signore presenti, con la promessa o meglio l'appuntamento a domenica 14 Aprile a Volandia, per il secondo raduno on-theroad 2013 del Club Alfa Romeo Duetto – Registro Italiano. Max 8 Spazio Club Prossimi appuntamenti Omaggio a L’Aquila - settembre 2013 Pochi Soci sanno che nel mese di Giugno 2009 il nostro Club aveva programmato un Raduno nel Parco Nazionale d’Abbruzzo, evento che fu annullato dopo il terremoto che, nel mese di Aprile di quell’anno, sconvolse la regione ed in particolare l’area aquilana. A distanza di quattro anni, nel prossimo mese di Settembre, il C.A.R.D. renderà omaggio a L’Aquila ed alla sua cittadinanza che, nel corso dei secoli, ha più volte subito le conseguenze di eventi tellurici ed ogni volta ha saputo riprendersi con grande coraggio e tenacia. Vediamo dunque una breve storia della Città. 9 Le origini La fondazione della città fu programmata dall'imperatore Federico Il di Svevia intorno al 1245, ma certamente il maggiore impulso costruttivo si ebbe sotto il regno di Corrado IV che nel 1253, un anno prima della sua morte, la realizzò quasi completamente. La leggenda narra che furono gli abitanti dei 99 castelli confederati della conca aquilana a contribuire, in maniera decisiva, all‟edificazione della città. Il continuo ripetersi del numero 99 nella storia, e soprattutto nell‟architettura cittadina (le 99 cannelle della “Fontana Rivera”, i 99 rintocchi della campana della Torre civica), ha fatto sì che nel corso dei secoli L‟Aquila fosse descritta come la città delle 99 piazze, delle 99 fontane e delle 99 chiese. L'Aquila nel giro di pochi decenni divenne crocevia per il traffico con le altre città del regno ed extra regno, con le quali era collegata per mezzo della cosiddetta "via degli Abruzzi" che univa Firenze a Napoli passando per Perugia, Rieti, Aquila, Sulmona, Isernia, Venafro, Teano, Capua. La Perdonanza Celestiniana Ma la fama della città si diffuse ben al di là dei confini del regno quando un evento di eccezionale importanza ebbe luogo il 29 agosto 1294: la consacrazione dell'eremita Pietro del Morrone come pontefice col nome di Celestino V. Alla cerimonia solenne parteciparono due re, cardinali e nobili, ma soprattutto un immenso popolo, composto, secondo le fonti, da più di duecentomila persone, che ricevettero dal nuovo pontefice un dono di portata straordinaria: i fedeli che, sinceramente pentiti, avessero visitato devotamente la basilica di Collemaggio avrebbero ricevuto contemporaneamente la remissione dei peccati e l‟assoluzione dalla pena. 10 La Bolla del perdono di San Pietro Celestino, oggi nota come la Bolla della Perdonanza, poneva come condizioni per l'ottenimento del perdono: l'ingresso nella basilica nell'arco di tempo compreso tra le sere del 28 e del 29 agosto di ogni anno e l'essere "veramente pentiti e confessati". La porta di Celestino V, situata sul lato settentrionale della basilica è dunque a tutti gli effetti una Porta Santa. Il corteo della Bolla, che ancora oggi ogni 28 agosto sfila per le strade della città, è coevo al rito del Perdono. Sin dal suo primo apparire, ebbe la funzione di accompagnare solennemente la Bolla dell‟indulgenza celestiniana dal Palazzo del Magistrato, oggi sede del Comune, alla basilica di Santa Maria di Collemaggio. Nella rievocazione odierna del corteo storico, infatti, le autorità civili e religiose sono accompagnate da dame e cavalieri in costume d‟epoca, circa mille figuranti, in rappresentanza del gruppo storico del comune di L‟Aquila, dei castelli che contribuirono alla fondazione della città, ciascuno con il proprio gonfalone di riconoscimento, dei Quarti (o quartieri) in cui essa è suddivisa. 11 Dal Medio Evo a oggi Il XV secolo rappresenta per L‟Aquila il periodo più prospero. La città ha perfino il privilegio di battere moneta; viene istituita l‟Università e, nel 1482, viene impiantata la prima tipografia da A. di Rottwill, discepolo del Gutemberg. Il XVI secolo, al contrario, segna il lento ed inesorabile declino della città che cade sotto il dominio spagnolo, decadenza alla quale contribuirono le epidemie del 1503 e del 1505 che fecero sì che iniziasse per la città un periodo di crisi demografica e di depressione economica. Gran parte dell'antico volto medievale e rinascimentale fu distrutto dal terremoto del 2 febbraio 1703: le case, le chiese, i palazzi, la fortezza subirono gravissimi danni. La città non è nuova a questi eventi avendo già subito violenti terremoti nel 1315, nel 1349, nel 1461, quest‟ultimo particolarmente violento e distruttivo. La ripresa è lenta e dura, ma L‟Aquila riesce ancora una volta a rinascere ed a ritornare a primeggiare nel territorio, tanto da divenire nel 1860 capoluogo di regione. Alla fine del XIX secolo, la città, divenuta meta di turisti ed alpinisti, vede nascere sul vicino Gran Sasso il primo rifugio dell‟Appennino (il Garibaldi, nel 1833) e nel 1934 la funivia e l‟albergo di Campo Imperatore. L'unificazione d'Italia fece sì che L'Aquila perdesse la caratteristica di città di confine senza che la nuova posizione di centralità l'avvantaggiasse perché essa fu esclusa dalla linea ferroviaria dei due mari con evidenti conseguenze economiche. Nei primi anni settanta l‟apertura dell‟A24 che la collega a Roma e Teramo permette alla città di rompere il suo tradizionale isolamento. La presenza dell‟Università, di vari musei, del vicino Laboratorio di fisica del Gran Sasso e di un fitto calendario di manifestazioni, hanno reso L‟Aquila un polo culturale di livello nazionale. Il terremoto Il 6 aprile 2009, alle ore 3:32, dopo diversi mesi di lievi scosse localizzate e percepite in tutta la zona, L'Aquila è stata colpita da un terremoto di magnitudo 6,3 e intensità parì al IX-X grado della Scala Mercalli. Nell'area colpita dal sisma si sono contate 308 vittime ed oltre 1.500 feriti, mentre la quasi totale evacuazione della città ha portato a 65.000 il numero degli sfollati. Alla luce dei danni e delle vittime il sisma risulta il 5º terremoto più distruttivo in Italia in epoca contemporanea dopo il Terremoto di Messina del 1908, il Terremoto di Avezzano del 1915, il Terremoto dell'Irpinia del 1980 e il Terremoto del Friuli del 1976. Il sisma ha riversato la sua forza anche sui paesi limitrofi, tra i quali Onna, Villa Sant'Angelo, Castelnuovo, Tempera, San Gregorio e Paganica. Il capoluogo stesso presenta crolli anche totali in molte zone e gravissimi danni alla maggior parte degli edifici di valore storico e culturale. Diversi edifici monumentali e civili sono crollati, tra cui una parte del transetto della basilica di Santa Maria di Collemaggio, parte del transetto nel Duomo, la cupola della chiesa delle Anime Sante, il campanile e l'abside della basilica di San Bernardino, il cupolino della chiesa di Sant'Agostino, parte della facciata della chiesa di San Vito. Registrati inoltre il crollo di parte della facciata e del campanile della chiesa di San Pietro a Coppito ed ingenti danni alla chiesa di Santa Maria Paganica. 12 Inagibile il Museo nazionale d'Abruzzo. Crollata la Casa dello Studente. Crollo totale del Palazzo della Prefettura, sede tra l'altro dell'Archivio di Stato, e dell'hotel "Duca degli Abruzzi". Gravissimi danneggiamenti all'Università dell'Aquila e all'ospedale San Salvatore. 13 Mi permetto di citare quanto compare sul sito web de L’Espresso: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/laquila-terremotati-per-sempre/2200741 L'Aquila, terremotati per sempre di Emilio Fabio Torsello “…Basterebbe andare a vedere. Basterebbe camminare per le vie del centro storico dell'Aquila, di Onna, di San Gegorio, di Paganica, di ciò che resta di Tempèra, per misurare le bugie di quanti raccontano che "L'Aquila è stata ricostruita", che "l'obiettivo è stato raggiunto". La verità è che nella città più martoriata dell'Abruzzo e nelle frazioni, tutto è imbalsamato, puntellato, tenuto su da pesanti travi di legno su cui scolorano i nomi incisi dei gruppi dei Vigili del Fuoco che le costruirono.…” Monumenti e luoghi d'interesse Basilica di Santa Maria di Collemaggio Basilica romanica, costruita per volere di Pietro da Morrone nel 1288, è stata sede di incoronazione papale ed è sede di un giubileo annuale unico nel suo genere. Nel 1972 è stata sottoposta ad un'importante restauro con cui si sono eliminate le aggiunte barocche avvenute in seguito al terremoto del 1703 ed è stato riportato alla luce l'originario splendore romanico. Cattedrale di San Massimo (Duomo dell'Aquila) Intitolata ai santi Giorgio e Massimo, è la chiesa episcopale dell'Arcidiocesi dell'Aquila. Venne edificata nel XIII secolo ed abbattuta dal terremoto del 1703. Successivamente venne restaurata in stile barocco mentre la facciata è in stile neoclassico. Il terremoto del 2009 l'ha gravemente danneggiata provocando il crollo della copertura del transetto. Chiesa di Santa Maria del Suffragio (o delle Anime Sante) Chiesa barocca costruita nel 1713 sul lato più lungo di Piazza Duomo. Presenta una caratteristica facciata concava ed una piccola cupola, opera del Valadier. Seriamente danneggiata nel terremoto dell'Aquila del 2009 è probabilmente oggi il monumento cittadino più conosciuto in relazione al sisma. 14 Chiesa di Santa Maria Paganica Chiesa capoquarto del rione storico di Santa Maria, sorge sul punto più elevato della città[30] e presenta un impianto settecentesco dovuto alla ricostruzione avvenuta dopo il terremoto del 1703. Un altro violento terremoto nel 2009 ha provocato il crollo dell'abside e dell'intera copertura. Chiesa di San Pietro a Coppito Chiesa capoquarto del rione storico di San Pietro, sorge nell'omonima piazzetta abbelita da un grazioso fontanile a pianta dodecagonale. Eretta nel XIII secolo, la chiesa è un classico esempio di romanico aquilano, con la facciata a coronameno orizzontale, il portale ricco di decorazione e sovrastato da una finestra circolare e l'adiacente torre campanaria. Più volte danneggiata, nel corso della sua storia, da terremoti e ricostruita, è stata violentemente sfregiata dal terremoto 2009. Fontana delle 99 cannelle (o della Rivera) È probabilmente il monumento simbolo della città. Costruita nel 1272 nell'area della Rivera, è opera dell'architetto Tancredi da Pentima, come si legge nell'iscrizione sulla parete centrale. In origine, la fontana era più semplice di quella che vediamo oggi e aveva meno cannelle. Nel corso dei secoli è stata più volte rimaneggiata e ampliata, con l'aggiunta di nuovi lati, la sostituzione di conci corrosi dagli elementi atmosferici, del rivestimento in pietra bianca e rosa, la ricostruzione di altri mascheroni, la selciatura e, infine, la chiusura a cancellata. Antiche mura Nel 1276, a poco più di vent'anni dalla seconda fondazione della città, venne realizzata la cinta muraria che ancora oggi cinge il centro cittadino. Sono state più volte rimaneggiate e restaurate nel corso dei secoli, con l'aggiunta di porte (quelle originali sono dodici), lo spostamento di alcuni tratti (come nel XVI secolo per far posto al Forte spagnolo e la demolizione di altri (nel novecento con la creazione dell'area degli impianti sportivi e il Quartiere Eritrea). Forte spagnolo Enorme fortezza cinta da fossato posta nella parte settentrionale della città, a ridosso delle mura. Costruita dagli spagnoli a simbolo della repressione degli 15 aquilani, è una struttura a pianta quadrata con quattro enormi bastioni agli angoli. È sede del Museo Nazionale d'Abruzzo. A tutti un arrivederci a L’Aquila! 16 La Tecnica Aftermarket… ma a caro prezzo Il IV serie rappresenta l‟ultimo passo evolutivo delle nostre amate alfa spider e, specialmente il 2000, adotta una serie di utili soluzioni che la rendono ancora guidabilissima oggi a distanza di 20 anni dall‟uscita di produzione. Un elemento però che stona non poco nell‟allestimento, è il volante, che dall‟FL2 del III serie, va a sostituire il modello a calice con corona in legno. Le normative per la protezione dei guidatori impongono soluzioni più moderne ed imbottite ma a farne le spese è soprattutto il fascino. 17 Così molti possessori di queste auto, si rivolgono agli accessori aftermarket per godersi il gusto di guidare con le mani a contatto di una corona in legno. In moltissimi casi la scelta ricadeva sul volante classic di Nardi, che poteva addirittura essere montato direttamente dal concessionario. Nel mio caso, non ho avuto alcun problema a trovare un volante Nardi classic. Anzi con il tempo ne ho acquistati due con diametri diversi da 36 e da 39 cm per poter leggere tutti gli strumenti del quadro. La cosa che non mi appagava era però il pulsante del clacson. Il pulsante Nardi non è assolutamente brutto, ma lo volevo con il logo Alfa Romeo. Dopo aver girato in diversi mercatini, mi sono reso conto che Nardi ha prodotto i loghi di tutte le case automobilistiche in grandi quantità ma non di Alfa Romeo. Questi ultimi esistono, ma sono rarissimi da trovare (forse perché i volanti Alfa erano bellissimi e nessuno si prendeva la briga di sostituirli) oppure vengono venduti a prezzi astronomici. 18 Non volendo usare un pulsante Momo con il bordino nero perché rovina un po‟ l‟estetica del volante Nardi, ho cercato una soluzione fai da te. Pulsante Momo Alfa Romeo Ho recuperato un altro pulsante Nardi e con un po‟ di fantasia mi sono messo alla ricerca di un logo Alfa Romeo della giusta dimensione e soprattutto di buona qualità. Dopo aver cercato inutilmente nei soliti mercatini, ho trovato la soluzione tra i ricambi della MiTo. Infatti le borchiette centro ruota hanno lo stesso diametro del pulsante Nardi e soprattutto sono in lamierino stampato e decorato. Con un po‟ di attenzione si stacca il lamierino dal suo supporto di plastica ed utilizzando un pezzetto di biadesivo, si può collocare sul pulsante Nardi. 19 Questo è il risultato: Pulsante Nardi originale e modificato pulsante Nardi Alfa Romeo Milano Duke 20 L'Alfa e le Corse Settima puntata: le auto di serie e le derivate, Alfetta, 75 Alfetta e i rallies Negli anni ‟70 i rallies erano molto popolari, almeno quanto le corse su pista, e l‟ALFA decise di cimentarsi in queste competizioni. Per l‟esordio, nel 1974, fu prescelto il Rally di San Martino di Castrozza, gara inserita nel Campionato Europeo Rallies. L‟ALFA iscrisse un‟ALFETTA berlina per Luciano Trombotto, che vinse il Gruppo 2 e una ALFASUD TI per Federico Ormezzano, che vinse la classe 1300 del Gruppo 1. Foto 1: Luciano Trombotto e l‟ALFETTA gr.2 al San Martino di Castrozza del „74 Il buon risultato ottenuto nella gara dolomitica convinse l‟ALFA a intensificare la sua presenza nella specialità e per il 1975 decise di partecipare ufficialmente al Campionato Italiano Rallies con l‟ALFETTA GT; consapevole di scontrarsi in un campo in cui era priva di esperienza, con squadre oltremodo agguerrite, LANCIA e FIAT allora erano ai vertici mondiali e le più titolate scuderie private si avvalevano di vetture assai performanti, in primis PORSCHE 911, FORD Escort RS e ALPINE A110, l‟ALFA si affidò a due campioni affermati, che potessero svolgere il ruolo di consiglieri, di piloti e, soprattutto, di collaudatori: Amilcare Ballestrieri, ex LANCIA, e Jean Claude Andruet, ex ALPINE; accanto a questi “mostri sacri” del 21 rallismo, ingaggiò due giovani, Svizzero e Ormezzano. La preparazione delle vetture e l‟assistenza in corsa furono effettuate dall‟AUTODELTA. Pur se svantaggiata dal peso e dalle dimensioni rispetto alle vetture concorrenti, l‟ALFETTA aveva le sue armi migliori nel telaio (la soluzione transaxle consentiva di avere una distribuzione dei pesi ottimale) e nel motore (che forniva 200 CV nella versione a 8 valvole e 240 CV in quella a 16 valvole, con una poderosa coppia in basso). Ballestrieri, che la riteneva “molto stabile e molto facile da guidare, penso che sia una delle vetture più facili tra quelle che ho guidato fin ad ora”, già al rally Lyon-Charbonnieres ottenne la vittoria in gruppo 2 ed il terzo posto assoluto, poi, al rally dell’isola d’Elba fece il capolavoro arrivando primo assoluto, davanti alla vettura gemella del Jolly Club di Leo Pittoni, mentre Andruet, attardato nella prima tappa da noie meccaniche, fu il mattatore della seconda tappa vincendo tutte le prove speciali. Al rally di San Martino di Castrozza, poi, Lo stesso Andruet fece tempi sensazionali prima di ritirarsi nella seconda tappa per la rottura di un giunto e ancor meglio si comportò al Tour de Corse vinto da Darniche su STRATOS; pur penalizzato da un'uscita di strada che gli fece perdere ben sette minuti arrivò terzo assoluto e primo del Gruppo 2. Quell‟anno l‟ALFETTA GT conseguì la vittoria di gruppo 2 in tutte le corse portate a termine e, analogamente, l‟ALFASUD TI vinse la classe fino a 1300 nel gruppo 1 scardinando il dominio che per anni era stato di FIAT e di OPEL. Foto 2: Amilcare Ballestrieri e l‟ALFETTA primi assoluti al Rally dell‟Isola d‟Elba 1975. 22 Per il 1976 l‟ALFA avviò un progetto molto ambizioso per provare a scalzare la LANCIA STRATOS dal gradino più alto del podio al quale era ormai abbonata: partendo da una versione speciale dell‟ALFETTA GT destinata al mercato tedesco, la GTV 2.6 i V8, che dentro al cofano ospitava il motore della Montreal in luogo del “solito” 4 cilindri, portò la cilindrata del motore a 3.0 litri raggiungendo la potenza di 320 CV, ben 70 in più rispetto alla STRATOS. Una vera bomba! Foto 3: la GTV 2.6 i V8 di serie Foto 4: la GTV V8 per i rallies. 23 Al debutto, il 6 dicembre 1975 al rally delle Valli Piacentine, l‟ALFETTA V8 creò subito lo scompiglio tra gli avversari, ma poi fu costretta al ritiro e in seguito, dopo alcuni test, la vettura fu abbandonata, probabilmente per la difficoltà ad approntare i 400 esemplari per ottenerne l‟omologazione; nel frattempo lo sviluppo della GTV 4 cilindri era stato rallentato e le stagioni 1976 e 1977 furono disputate con le stesse vetture del 1975. Nel 1978 l‟ALFA, orfana di Ballestrieri e Andruet, ingaggiò Mauro Pregliasco, che era stato appiedato dalla LANCIA costretta dalla FIAT ad abbandonare la Stratos per consentire alla 131 ABARTH di puntare al Campionato del Mondo. A questo punto consentitemi una breve considerazione OT. Oggi la FIAT, di fatto, sta facendo consumare il marchio LANCIA come una candela e a parole sostiene di puntare sull‟ALFA, ma fa poco o nulla per differenziare queste dalle altre (banali) vetture del gruppo; che cosa mai dovremo aspettarci per il futuro da “MAMMA FIAT” visto che questa nel passato ha sempre operato per annientare la concorrenza? Mi sembrerebbe azzeccato per lei lo slogan: “ti piace vincere facile?” Ora, scusandomi per la digressione, ritorno in argomento. Come dicevo, nel 1978 arrivò Mauro Pregliasco che riuscì nella non facile impresa di vincere nuovamente il Campionato Italiano Gruppo 2 battendo le fortissime, e favoritissime, OPEL che avevano dominato il campo nel 1976 e nel 1977. Anche la stagione 1979 fu disputata con la “vecchia” GTV, con la quale Pregliasco riuscì comunque, ad ottenere ottimi piazzamenti, ma, nel frattempo fu avviato lo sviluppo della GTV TURBODELTA per il gruppo 4. Le prestazioni di quest'ultima erano notevoli, perché la potenza assicurata dal generoso 4 cilindri sovralimentato superava i 270 CV già all‟esordio, al rally della costa Brava nel febbraio 1980 in cui Pregliasco arrivò terzo, per spingersi fino ai 340 CV a fine sviluppo, ma i risultati sperati non arrivarono a causa della scarsa maneggevolezza, da sempre una delle caratteristiche migliori di questa vettura, pregiudicata dal turbo-lag, e, soprattutto, della scarsa affidabilità per le elevatissime temperature che si raggiungevano nel vano motore. Foto 5: L‟ALFETTA TURBODELTA di Ormezzano/Scabini alle Valli Piacentine del 1980 24 Senza aver ottenuto grandi risultati, a fine stagione l‟ALFA annunciò l‟abbandono del mondo dei rallies, proprio quando la TURBODELTA aveva ormai raggiunto la piena affidabilità e maturità, la cui progressione risultò direttamente proporzionale al numero e alla dimensione delle aperture e dei convogliatori d‟aria del cofano motore. Pur in veste non ufficiale, però, l‟ALFETTA continuò la sua avventura nei rallies: in Italia, con Bentivogli/Evangelisti vinse il Campionato Italiano Gr 2 nel 1982 e Gr. A nel 1983-84-85, e soprattutto in Francia, con la versione GTV6 2.5. Che per molti anni colse notevoli successi in Gruppo N ed A. Foto 6: Yves Loubet e la GTV6 Le vittorie della GTV6 nell'EUROTURISMO ETCC Successivamente alle vittorie nel campionato europeo turismo (ETCC) Marche del 1971 e 1972, si presentò un periodo di scarse soddisfazioni per l'ALFA; le GTam nulla potevano per l'assoluto contro le FORD CAPRI 2.6 e 2.9 e, soprattutto, contro le BMW 3.0 CSI e 3.3 CSI, e nella categoria inferiore arrivarono addirittura motori da F2 per la FORD ESCORT. Lo stesso campionato ETCC perse progressivamente interesse fino a quando, nel 1982, la FIA abbandonò le regolamentazioni tecniche di "Gruppo 1" e "Gruppo 2" sostituendole, rispettivamente, con quelle di "Gruppo N" e "Gruppo A". L'ALFA si presentò al via dell'edizione 1982 del campionato con la GTV6 2.5 rispondente alle nuove specifiche e si rinnovarono i fasti degli anni '60, con la vittoria nella classifica assoluta marche per quattro anni consecutivi, dal 1982 al 1985, anche se, occorre dirlo, l'enorme quantità di vittorie su tutti i terreni delle vetture derivate dalla Giulia non fu mai più ripetuto. Le GTV6 2.5 non furono portate in gara direttamente dall'ALFA, ma da tre scuderie private: 25 LUIGI RACING, fondata e diretta dal belga Luigi Cimarosti, che aveva vinto negli anni precedenti come preparatore delle BMW CSI. AUTOLODI, squadra collaudata da svariati anni di militanza nel trofeo ALFASUD e ALFASPRINT, guidata da Beppe Bernabone. JOLLY CLUB, storica scuderia milanese che affidò le proprie GTV6 alla preparazione di Elio Imberti. I risultati conseguiti da queste scuderie spesso sono stati notevoli, come nel 1984, quando le coupè di Arese vinsero la divisione 2 in tutte le 12 gare in cui il campionato era articolato, dietro ai mostri della divisione 3: JAGUAR XJ S HE, BMW 635 CSi, VOLVO 240 turbo. Le GTV erano condotte da piloti di primordine: Francia, Brancatelli, Naddeo, Micangeli, Lella Lombardi (unica donna ad aver preso punti in F1), ma al di là delle capacità dei piloti, una gran parte del merito delle quattro vittorie consecutive nel campionato è da ascrivere alla GTV6 e alla straordinaria interpretazione che l'ALFA diede al regolamento tecnico delle vetture di gruppo A. Infatti a questo gruppo potevano essere omologate vetture a quattro posti la cui produzione fosse di almeno 5000 esemplari in un anno. L'elaborazione del motore era assai limitata perchè la testa cilindri doveva rimanere immutata, inclusi i condotti di aspirazione e di scarico, il diametro delle valvole e la loro alzata. Doveva anche rimanere immutato l'impianto di alimentazione, inclusa la sezione di passaggio dell'aria di alimentazione ed era vietata l'adozione del carter secco per vetture che ne fossero sprovviste nel modello di serie.; erano invece liberi il disegno delle camme, il rapporto di compressione, il materiale delle molle, delle valvole e dei pistoni. E' evidente che un motore come il 6 cilindri "Busso", alimentato fin dall'origine ad iniezione, era una base eccellente e proprio per le sue caratteristiche di origine garantiva una grandissima affidabilità; Imberti nel 1982 dichiarò che, smontato per revisione un motore con all'attivo 14 ore di gara più le prove di 3 corse, questo si presentava praticamente intatto! I pistoni utilizzati erano dei Borgo a manto intero, gli assi a camme erano elaborati dall'AUTODELTA ma pensate: nessuna modifica veniva apportata ad albero motore, bielle, frizione. Sempre Imberti diceva: "è un insieme così bene equilibrato di serie che non si può migliorare". L'unica limitazione era costituita dal gruppo trasmissione che, avendo il cambio al retrotreno, girava alla stessa velocità di rotazione dell'albero motore e al di sopra dei 7000 giri/min tendeva a centrifugare il giunto di gomma; per questo motivo non era possibile spingere il regime di rotazione del motore a valori superiori. La scocca non poteva subire alcuna modifica strutturale, non si potevano smontare neppure i paraurti, e quella del GTV era talmente robusta che non fu nemmeno necessario raddoppiare le saldature. il peso minimo della vettura era stabilito in funzione della sua cilindrata e la GTV, come quasi tutte le altre vetture, non dovette essere zavorrata. Le sospensioni ed i freni, invece, rappresentarono quello che sopra ho indicato come una straordinaria interpretazione del regolamento; infatti questo prevedeva che le sospensioni potessero essere sostituite con altre purchè omologate anche senza un minimo di produzione e mantenessero inalterati tutti i punti di ancoraggio sulla scocca e all'ALFA, facendo tesoro delle esperienze maturate negli anni precedenti omologarono in gruppo A le sospensioni delle ALFETTA preparate secondo le specifiche rally di GR 4. Infine i freni erano liberi purchè fossero 26 omologati dal costruttore anche senza un minimo di produzione e all'ALFA, smontati i gruppi di serie, omologarono apparati frenanti del tutto simili a quelli presenti nelle F1; "sono formidabili" sosteneva Lella Lombardi! Anche la BMW, comunque, seguì una metodologia progettuale assai simile a quella dell'ALFA, la trasformazione dei freni per una 528i costava nel 1982 circa 8 milioni di lire. Nella prima metà degli anni '80, parallelamente all'ETCC, crebbero anche numerosi e combattuti campionati nazionali, dapprima in Francia, Gran Bretagna, Spagna, Svezia, e, dal 1984, anche in Germania (quest'ultimo darà grandisime soddisfazioni a noi alfisti con le tante vittorie delle 155). Al contrario, in Italia, ad ogni gara del trofeo nazionale turismo (attenzione: trofeo, non campionato) risultavano complessivamente iscritti non più di 15-20 piloti, un numero di partecipanti che si raggiungeva, oltretutto, facendo gareggiare tutte le classi contemporaneamente. Va da sè che il parco vetture fosse piuttosto vetusto e che fossero condotte da piloti appassionati ma dilettanti. Le vittorie più significative per le ALFA, oltre a quelle nell'ETCC, furono allora ottenute nei Campionati nazionali esteri, in particolare sono da ricordare le vittorie nel Campionato francese vetture di produzione del 1983 (Cudini) e del 1984 (Snobeck). Foto 7: le GTV6 di Cudini e Snobeck vincitrici del Campionato Turismo di Francia 1983 e 1984 27 L'ultima ALFA a trazione posteriore: la 75 Nel 1985, in occasione del 75° anniversario della nascita dell'ALFA, venne presentata la 75: ultima evoluzione delle berline sportive a motore anteriore e trazione posteriore; a campionato ETCC 1986 iniziato la scuderia Jolly Club iscrisse una 75 Turbo alla partenza della 500 km di Anderstorp, ma la vettura era ancora acerba e durante tutto l'anno dovette soccombere alle BMW 325 e alle MERCEDES 190E 2.3 16; solamente nella massacrante 24 ore di SPA la 75 V6, seguita dalle robustissime GTV6 2.5, ottennero il 2°, 3° e 4° posto della divisione 2 dietro ad una BMW 325, giungendo 8°, 9° e 10° assolute . L'anno successivo, 1987, e solo per quell'anno, il campionato divenne mondiale (WTCC), e la BMW si presentò con un'arma micidiale, che di colpo fece invecchiare tutte le altre vetture della sua categoria: la M3 non solo dominava la divisione 2, ma faceva addirittura l'assoluto, così La 75 ottenne solamente posizioni di rincalzo, nonostante dalla 500 Km di Monza l'ALFA CORSE si sia avvalsa di piloti del calibro di Nannini, Andretti, Laffite, Schlesser, Francia, Barilla. Foto 8: la 75 di Francia/Schlesser (1987) In Italia, frattanto, nel tentativo di riportare la serie tricolore Turismo ai fasti degli anni '60 e '70, la CSAI decise di conferire ad essa la validità di "Campionato Italiano" riservata alle tre classi di gruppo A, mentre i piloti iscritti alle quattro classi di gruppo N dovevano lottare per la vittoria nei due trofei "Centro Nord" e "Centro Sud" e successivamente si confrontavano in gara unica a Vallelunga. Va detto che la CSAI, una volta dettate le regole, non si preoccupò affatto nè di promuovere le gare nè di dare loro una organizzazione decorosa; a partire dal 1988 a questo si dedicò con grandissimo merito la Scuderia SALERNO CORSE: nasceva il Campionato Italiano Velocità Turismo (CIVT) riservato a 6 classi conformi ai parametri del gruppo A e a 6 classi conformi a quelli del gruppo N. L'iscrizione di vetture ufficiali da parte di ALFA e BMW, unitamente alla partecipazione di scuderie del calibro di Jolly Club, CiBiEmme Sport, Tecnica Racing, Pro Team Italia, Lombardi Autosport, diedero al neo campionato un prestigio ed una notorietà immediata. Il numero dei piloti partecipanti si rivelò subito elevatissimo, basti pensare che alla prima gara, sul circuito di Magione, si presentarono ben 99 auto. 28 In un parco auto e piloti assai competitivo i primi due posti del Campionato furono occupati da Gianfranco Brancatelli e da Giorgio Francia sulla 75 TURBO EVOLUZIONE, con scocca alleggerita e irrobustita nelle parti più sollecitate, sospensioni montate su snodi sferici e con campanatura regolabile al retrotreno. Nel 1990 ai due raggruppamenti maggiormente potenti dell'intero CIVT fu riservato un campionato apposito che fu chiamato di "SUPERTURISMO" e che vide epiche battaglie tra le ALFA 155, le BMW M3 e le AUDI 80. Negli anni 1988 e 1989 vi fu molto fermento nel campo delle corse in Italia, perchè oltre alla nascita del CIVT potemmo assistere al ritorno del Giro d'Italia Automobilistico, competizione che ci aveva appassionato moltissimo negli anni '70. Foto 9: L'ALFETTA GTV di Pregliasco al "Giro" del 1979 La formula ricalcava quella del Tour de France automobilistico ed era interessantissima perchè coniugava le diverse anime dell'automobilismo da competizione: strada, pista, regolarità. Il trasferimento avveniva lungo normali strade aperte al traffico e, passati i controlli orari di rito, si svolgevano prove stradali cronometrate in percorsi appartenenti al trofeo della montagna (Cesana-Sestriere, Parma-Berceto, Arezzo-Passo dello Spino, Rieti-Terminillo), oppure manches in circuito (Monza, Varano, Imola, Casale, Misano, Mugello, Vallelunga). Il risultato era una competizione che si sviluppava su un percorso complessivo di circa 2000 km durante più giornate. Le due edizioni disputate, nel 1988 e nel 1989, furono entrambe appannaggio della 75 turbo evoluzione. 29 Nel 1988 vinsero Patrese/Biasion/Siviero su vettura preparata secondo le specifiche IMSA, con Larini/Cerrato/Cerri al secondo posto e Nannini/Loubet/Andriè al terzo. Nel 1989 vinsero Francia/Cerrato/Cerri, con Larini/Biasion/Siviero al secondo posto e D'Amore/Noberasco/Cianci al terzo. Foto 10: la 75 di Patrese/Biasion/Siviero vincitrice del 9° Giro automobilistico d'Italia (1988) Foto 11: una 75 al Tour auto del 1986 I modelli successivi alla 75 furono sviluppati su una piattaforme comuni a vetture di altre Case (la 164, dopo uno sviluppo iniziale 100% ALFA fu rivista condividendo il progetto con FIAT CROMA, LANCIA THEMA e SAAB 9000), mentre la 155 era sorella della FIAT TIPO/TEMPRA e LANCIA DEDRA). Tutte queste sono auto che si stanno affacciando ai fatidici "20 anni" di età, e magari fra non molto tempo potremo raccontare le strepitose imprese della 155V6 30 TI nel Deutsche Tourenwagen-Meisterschaft (DTM), che vinse pilotata da Larini proprio 20 anni fa. Foto 12: la 155 V6 TI DTM Eugenio SILVANO Socio C.A.R.D. N° 15 ecco alcuni link interessanti: http://alfaromeosportclub.forumactif.com/t150-les-photos-de-l-epoque-de-dany-snobecket-de-alain-cudini forum specifico sulle GTV6 di Snobeck e Cudini http://www.touringcarracing.net/ sito veramente completo sull'ETCC http://www.racingsportscars.com/championship/ETCC.html parte dedicata all'ETCC del sito che offre moltissime informazioni sullo sport auto http://www.forum-auto.com/sport-auto/histoire-du-sport-auto/sujet378933.htm topic "le ALFA nei rallies" del bellissimo forum francese sport-auto http://www.forum-auto.com/sport-auto/histoire-du-sport-auto/sujet379270.htm topic "le ALFA nelle corse" del bellissimo forum francese sport-auto http://www.gtv6-156gta.be/LaGTV6competitionENp2.html per gli amanti della GTV6 2.5 e della 156 GTA 31 I piloti Achille Varzi Se il 2004 è stato l‟anno del centenario della nascita di Achille Varzi, il grande pilota cui il nostro Club è dedicato, il prossimo 1° Luglio ricorrerà il 65° anniversario della sua morte. Molto si è detto e si è scritto sulle gesta, sulle capacità del pilota, del suo antagonismo con l'altro grande dell‟automobilismo sportivo dell‟epoca, Tazio Nuvolari, e anche della profonda stima reciproca: avversari sì sull‟asfalto, ma legati dalla comune passione e solidali nelle vicende della vita. Così Achille scriverà di Tazio nel ‟47: “Nuvolari (…) non può essere definito un maestro ma soltanto un artista del volante. Un maestro potrebbe insegnare. L’arte non si insegna.” 32 Ma forse non a tutti sono noti gli aspetti dell‟uomo Varzi, le cui vicende personali condizionarono pesantemente la sua attività agonistica. Nato da una famiglia più che benestante, il pilota cresce in una condizione socioeconomica che per l‟epoca poteva considerarsi privilegiata e che avrebbe dovuto condurlo ad avere un ruolo prevalente nella società. Le foto rimaste ci mostrano un Varzi raramente sorridente: carattere chiuso, a volte scostante per la sua tendenza alla precisione assoluta, aveva tuttavia una corte di “amici” che approfittavano largamente della sua liberalità ma che in realtà amavano solo farsi fotografare in sua compagnia. Ma i suoi amici veri erano a Galliate, con loro amava ritrovarsi dopo le gare per una battuta di caccia o per qualche partita a carte, lontano dai clamori delle piste, e con loro sapeva essere cordiale e sorridente, ben diverso da come appariva nell‟ambiente delle corse. Il vero Varzi non era quello noto al pubblico, quello descritto nelle cronache sportive e mondane, ma quello del “Caffè Umberto” di Galliate, dove si incontrava con gli amici per esprimersi in dialetto, parlando di tutto fuorché di corse automobilistiche: e dunque, il Varzi distaccato, poco incline a parlare, freddo e meticoloso ai box come sulla pista, non era altro che un timido che si costruiva una maschera di difesa. Al di fuori della sua Città, Varzi amava la bella vita ed aveva stabilito la sua residenza a Milano in un Hotel di lusso ove spesso trascorreva intere notti al tavolo del poker; ben nota è la meticolosità che poneva nella cura del suo abbigliamento: sempre impeccabile negli abiti di manifattura sartoriale, si faceva 33 confezionare su misure anche le tute da gara, con una stoffa di seta azzurro pallido, vietando addirittura al fornitore di vendere ad altri quel tessuto. Era ricercato nei minimi particolari: il casco doveva essere di morbida pelle bianca, i guanti della miglior marca sul mercato, gli occhiali non potevano essere meno di due, in modo da averne un paio di riserva, la visiera per la pioggia non mancava mai; pretendeva che la sua auto fosse sempre lucida e perfetta, tanto da rifiutarsi di salirvi se avesse presentato il più piccolo segno. Ma questo perfezionismo in realtà nascondeva due aspetti fondamentali della sua personalità: una grande timidezza che lo faceva arrossire quando gli venivano presentate persone nuove, anche quando ormai era un campione affermato, e l‟esigenza di ottenere per se stesso il massimo; il bell‟uomo, ricco e famoso, di famiglia agiata, sentiva l‟esigenza continua di mettersi alla prova per dimostrare – prima di tutti a se stesso – di meritare rispetto non per quello che era ma per quello che faceva. Proprio per questo suo carattere e per la sua guida “pulita e precisa”, poco spettacolare – specialmente se raffrontata a quella impetuosa di Nuvolari – nonché per la sua condotta in gara molto razionale, Varzi non stimolò la nascita di una tifoseria appassionata ma piuttosto gli apprezzamenti degli “addetti ai lavori”. 34 Per comprendere meglio il carattere di Varzi e la sua scarsa propensione a farsi amare dal pubblico appare emblematica una sua affermazione riportata da Giovanni Canestrini: “Se questa gente che si occupa di me sapesse che io corro per me stesso e per poche persone… non se la prenderebbe tanto.” Ecco dunque perché intorno al nome di Varzi si scatenò una curiosità morbosa solo riguardo alla sua vita privata ed ai suoi rapporti sentimentali. La sua maniacale passione per tutto ciò che è bello lo fa restare di sasso quando, nel 1935, incrocia – in occasione di sedute di collaudo dell‟Auto Union a Monza – Ilse Hubach, moglie del pilota Paul Pietsch, compagno di squadra di Achille. Le foto dell‟epoca ci rimandano l‟immagine di una donna dalla bellezza singolare, elegante e sofisticata, alla Marlene Dietrich: Varzi se ne innamora all‟istante e da quel momento ha occhi e pensieri solo per lei, alimentando lo scandalo anzichè tentare di dissimularlo, e divenendo nell'immaginario collettivo l'incarnazione del personaggio da rotocalco, tutto genio e sregolatezza, che da sempre piace ed avvince il pubblico. 35 Varzi diventa sempre più irascibile ed isolato. Un atteggiamento che però non può essere causato solo dalla relazione con la bella Ilse: infatti, nella Gara di Tripoli del 1936, Varzi è primo con due decimi di secondo di vantaggio sul compagno di scuderia Hans Stuck che aveva avuto dai box l‟ordine di rallentare mentre era al comando della corsa, proprio per favorire la vittoria dell‟italiano. Ma Italo Balbo, Governatore italiano della Libia, che aveva notato le segnalazioni fatte al pilota tedesco, dopo aver stretto la mano al vincitore reale, brinda a Stuck indicandolo come il vincitore morale della corsa, forse per ingraziarsi l‟alleato tedesco. Quella di Balbo fu una scelta politico-diplomatica che tuttavia Varzi – che già aveva vissuto l‟esperienza di vedersi accantonato dalle squadre che gli avevano preferito altri piloti, primo fra tutti Nuvolari – non percepì come tale e si allontanò furioso dal ricevimento. 36 E‟ a questo episodio che le cronache dell‟epoca ed alcune successive interpretazioni biografiche fanno risalire l‟inizio dell‟uso della morfina da parte di Varzi, attribuendone la responsabilità alla bella Ilse: la versione a lungo più accreditata fu infatti quella che vedeva Achille, in preda alla rabbia per l‟affronto subito da Balbo, raggiungere in albergo la sua compagna la quale gli offre una dose di morfina di cui lei stessa fa uso da tempo. Ma questa versione contrasta con le notizie e le testimonianze faticosamente raccolte da G. Terruzzi direttamente da alcuni protagonisti, familiari, amici e colleghi di Varzi, notizie che smentiscono innanzi tutto la presenza di Ilse a Tripoli ed il suo uso di morfina: ed è proprio l‟ex pilota ed ex marito di Ilse, Paul Pietsch, a negare categoricamente la tossicodipendenza della donna; e si fa dunque sempre più strada l‟ipotesi che fa risalire l‟uso della droga da parte del pilota per combattere i dolori che lo affliggevano in seguito ad un‟infiammazione addominale da lungo tempo trascurata. In effetti, nei mesi di Giugno e Luglio del ‟35 per ben tre volte Varzi lascia il volante della sua auto ad altri piloti a causa dei forti dolori dovuti ad una appendicite: Achille sta male, ma il calendario agonistico fino alla fine dell‟anno è ricco di impegni e lui – già criticato dal pubblico per la scelta di lasciare l‟Alfa Romeo per correre con l‟Auto Union, e dai benpensanti per la sua “scandalosa” relazione con Ilse – non può permettersi di allontanarsi dalle corse per risolvere i problemi fisici. Ed ecco allora spuntare la morfina, l‟unico mezzo che gli può consentire di vincere i dolori e continuare a correre e vincere per tacitare i suoi detrattori. 37 Non c‟è dunque alcuna prova che confermi la versione, all‟epoca più accreditata, che sia stata proprio la bella Ilse a fornire per prima la droga ad Achille, tuttavia se pure non ne fu l‟artefice, la donna certamente non contrastò né tentò mai di arginare la caduta di Achille nella spirale della morfina. E non è da scartare del tutto l‟ipotesi avanzata da giornalisti e studiosi di tossicodipendenze: che cioè Ilse sia stata coinvolta in quella sorta di complicità che fatalmente unisce una coppia nella droga, che spesso intravede nell‟atto di drogarsi reciprocamente una specie di equivalente della sessualità Tuttavia, la morale dell‟epoca e la propaganda di regime non potevano permettere che l‟immagine di un grande campione fosse oscurata dall‟essere volontariamente divenuto tossicodipendente: meglio farlo apparire al pubblico come vittima di una donna priva di scrupoli, essa stessa dipendente dalla droga, per amore della quale il pilota aveva perso ogni pudore. Nel 1936 inizia dunque per il campione di Galliate una china che lo porta a diventare irriconoscibile anche per gli amici più intimi, schiavo della droga e della sua amante, le uniche cose che davvero gli interessano: il suo rendimento in gara diventa scarso ed incostante, spesso non si presenta nemmeno alle prove o alla partenza, il suo carattere si fa sempre più scontroso ed irascibile. A scandalo ormai conclamato, Varzi è costretto a ricoverarsi in una clinica svizzera, dove dà fondo al patrimonio suo personale e della famiglia per sottoporsi a una lunga cura di disintossicazione mentre, oltre alla licenza di pilota e alla patente di guida, gli viene ritirato anche il passaporto. In un secondo tempo, per evitare che Ilse potesse in qualche modo avere contatti con Achille, il pilota viene trasferito dalla clinica svizzera in un posto segreto nel modenese, ove famiglia e amici veglieranno sulla sua disintossicazione. Il recupero dell‟uomo e del pilota è lungo e faticoso ma severo, e quello che rientra a Galliate alla fine del 1938 è un uomo certamente provato nel fisico, ma del tutto liberato dalla droga: i suoi familiari vigilano sulla ripresa delle vecchie amicizie, delle vecchie abitudini, le partite a carte al bar del paese, le battute di 38 caccia; e ricompare anche Norma Colombo, la donna che era stata la sua prima compagna a Milano fino al 1935, e che ora, con immutato amore, contribuirà a ripristinare ritmi e consuetudini di vita “normali”, e che Achille sposerà nel Luglio 1940. Il ripristino delle condizioni di salute significa per Varzi il ripristino della voglia di pilotare nuovamente un‟auto da corsa, ma il ritorno al volante gli è impedito dalla guerra. Terminata la guerra, Varzi si ripresenta alle competizioni e si unisce con l‟Alfa Romeo che, in quel periodo, è praticamente invincibile su tutte le piste. Quello che da molti fu definito “il secondo debutto di Varzi” ebbe luogo al Gran Premio delle Nazioni a Ginevra il 21 Luglio 1946: il pilota, nonostante abbia circa 42 anni, è ancora lo stesso di quando, quasi trentenne, era il più grande rivale di Tazio Nuvolari. Gli anni e l‟esperienza passata lo hanno comunque reso meno sicuro di sé e forse meno pulito nello stile di guida, ed anche le auto sono molto cambiate. Già, le auto: Achille ora guida un‟Alfa Romeo 158 con compressore a doppio stadio, un‟auto con circa 30 CV in più rispetto alle altre e con un‟erogazione quasi brutale. E‟ il primo luglio del 1948: Varzi, ormai quarantaquattrenne corre lungo la pista di Bremgarten a bordo della sua 158 durante le qualifiche per l‟imminente Gran Premio Svizzero ed Europeo. Improvvisamente, vicino alla curva Jordenrampe, la macchina scivola sull‟asfalto bagnato ed esce di pista ribaltandosi: Achille batte violentemente il capo contro il parabrezza rimanendo ucciso. Anche sulle cause e sulla reale dinamica dell'incidente esistono più versioni, dall‟errore del pilota, che pure non ne aveva mai commessi prima di allora, alla momentanea perdita di visibilità dovuta alla nube d‟acqua sollevata dal passaggio 39 del compagno di scuderia Wimille: l‟unico dato certo resta comunque la morte del pilota in una vettura che le foto ci mostrano quasi intatta. Questi dunque gli aspetti umani del campione di Galliate; per ricordarne le sue grandi doti di pilota cito un episodio raccontato da Antonio Brivio, anche lui pilota degli anni '30: "...alle prove del Gran Premio di Tripoli del 1934 ruppi il motore e il mio compagno René Dreyfus venne a rimorchiarmi lungo la pista. Per arrivare in officina dovevamo attraversare la pista: bisognava procedere sulla destra lentamente sino al bivio per la città e quindi, se non arrivava nessuno sulla pista, attraversare. Ma Dreyfus non fece così: arrivato al bivio attraversò senza guardare. Varzi stava arrivando. Poteva vederci solo all'ultimo istante perchè la sede stradale era come incassata nella terra, come una trincea. Alle mie spalle il meccanico lanciò un urlo tremendo. Varzi passò alla mia sinistra, montando con due ruote sul terrapieno, volando sopra Dreyfus e cadendo al suolo più avanti. Se avesse frenato sarebbe stata la fine per tutti. Varzi scese, ci guardò gridando 'Siete pazzi?'. A ripensarci, ed è successo molte volte, mi pare incredibile quello che fece: una prontezza straordinaria. Anche perchè procedeva a duecento chilometri orari. Gli cambiarono il telaio e il giorno dopo vinse la corsa"..... Sulla sua tomba è scritto: "Forse tu eri destinato a morire, Achille, perché nella tua guida c’era quel qualcosa di geniale che fa parte del mistero della natura, e la natura si sforza di eliminare coloro che vi si avvicinano troppo. Beethoven venne colpito dalla sordità quando sembrava che stesse per trascendere il potere umano dell’espressione musicale, Galileo fu accecato quando stava per scoprire l’infinito e le sue leggi, le mani di Leonardo da Vinci vennero colpite dall’artrite quando era vicinissimo alla perfezione delle sue creazioni. Ed anche tu, Achille, sei stato fermato quando stavi per attraversare le frontiere conosciute della velocità. Ora ti devi preparare per un’altra gara, l’ultima grande gara. Una gara senza pericoli, preoccupazioni o dolore. Buona gara, Achille." Gaetano Fonti consultate: G. Terruzzi: “Una curva cieca” – 1991 G. Terruzzi: “Varzi – L‟ombra oscura di Nuvolari” – 2010 G. Canestrini: “Achille Varzi” – 1968 G. Canestrini: “Una vita con le corse” – 1962 E. Ferrari: “Piloti, che gente...” – 1985 “Achillevarzi.org” “F1box.it” 40 La Musica I suoni dei motori Alfa Alcuni ani fa uscì questo “strepitoso” disco: Ne abbiamo cercato una copia da digitalizzare, ma ancora non abbiamo avuto fortuna. Vuoi vedere che tra i duettisti del CARD non esca fuori un fortunato possessore? E‟ un disco prodotto da LEA L‟editrice dell‟automobile con codici: LEA 1966 – 1 2F7KY 15099 41 E‟ registrato il rombo dei motori delle seguenti vetture: Lato 1 Monoposto tipo b, 24 HP Torpedo, RL Targa Florio, RLSS, 1500 T, 1500 S, 1500 SS, 1750 T, 1750 GT, 1750 SS Lato 2 1750 GS, 1750 GTC, 8C 2300 MM, 8C 2300 GT, 8C 2300 Monza 6C 1900 GT, 6C 2300 GT, 6C 2500 S, 6C 300 CM, Giulia GTA, Monoposto tipo 159 La caccia e‟ aperta. Fateci sapere! Max 42 I migliori amici del duettista Welsh Corgi Dedico questo articolo all‟amico Eugenio (Trombyboy) che ha gentilmente fornito tutte le immagini del fotomodello (Ettore) e ai suoi nipoti, legittimi proprietari. STORIA: Non è ben chiaro come e quando questa razza sia stata introdotta nell‟arcipelago britannico: alcuni sostengono che il Corgi Pembroke, che presenta aspetti simili al Västgötaspets (Swedish Vallhund), razza svedese di cane da pastore, sia stato importato dai Vichinghi. Secondo altri, invece, l'origine del Corgi è autoctona, poiché in Gran Bretagna si è trovata notizia in documenti storici del X secolo di un "curre" o "cur dog", vocabolo che significa appunto cane da lavoro e il cui suono è molto simile alla pronuncia gallese del termine Corgi. Un‟altra teoria coesiste in merito all‟origine del nome della razza: deriverebbe dall‟unione delle due parole gallesi Cor (nano) e Gi (cane). La zona di origine e di maggior diffusione della razza resta comunque il Pembrokeshire nel Galles e poco importa che questa vi sia arrivata per mare al seguito dei navigatori nordici o sia il frutto dell'evoluzione dei soggetti presenti nella regione al tempo dei primi insediamenti umani e per questo, la varietà senza coda, prende il nome dalla regione stessa ed è conosciuta come Welsh Corgi Pembroke. Il nome gallese del Pembroke è "Ci Sodli", che significa garretto, per indicare la caratteristica abitudine di mordere i garretti alle mucche per radunarle. Erano 43 molto agili in questa operazione agevolati dalla compattezza in relazione alla forza e all‟abilità nel riuscire a sdraiarsi immediatamente dopo il morso per evitare l‟eventuale scalciare del bovino. Se il bovino riusciva poi a colpirli, erano abbastanza robusti da riuscire a sopravvivere. Nelle fattorie gallesi il Corgi svolgeva il compito di cane da pastore guidando la mandria al pascolo, sorvegliandola di notte, riconducendo i soggetti che se ne erano allontanati. Durante il trasferimento del bestiame al mercato lo accompagnava lungo il percorso pronto a difenderlo dai numerosi pericoli frequenti nelle zone selvagge. Il suo aspetto in quei tempi era senza dubbio piuttosto diverso da quello che possiamo osservare oggi. Variava nel tipo e nella taglia a aveva pelo ruvido, ma possedeva lo stesso temperamento attuale. La caratteristica di mordere i garretti era utile nella guida dei bovini, ma si rivelava un grave errore se applicata alle pecore per le ferite spesso gravi che ne conseguivano. Nel 1880 i pastori del Cardiganshire (oggi Ceredigion), per ovviare a questo problema, pensarono di incrociare il Corgi con il Welsh Collie, altra razza da pastore utilizzata nel Galles: da questo incrocio si ritiene abbia avuto origine la varietà Cardigan, che conserva tra le sue caratteristiche il mantello blue merle comune appunto a tutte le varietà della razza Collie ed è provvisto di coda. Il Corgi, nonostante le sue doti e le sue capacità non comuni, sarebbe rimasto un cane da fattoria se il suo destino non avesse previsto un giorno l'incontro con una bambina molto particolare. Nel 1933, l'allora duca di York, poi re Giorgio VI, acquistò un cucciolo di questa razza, Rozavel Golden Eagle, per regalarlo alla figlia Elisabetta (poi diventata regina Elisabetta II). Il cane venne ribattezzato Dookie e conquistò immediatamente il cuore della famiglia reale. A questo primo soggetto se ne aggiunsero presto molti altri dando vita all'allevamento della famiglia reale conosciuto con l'affisso Windsor. 44 Da allora i Corgi sono divenuti per definizione "i cani della regina", definizione entrata nell'uso corrente e conosciuta da tutti, mentre il nome “Welsh Corgi Pembroke” è ancora poco conosciuto in Italia. CARATTERISTICHE: l Welsh Corgi Pembroke è un vivace, curioso ed intelligentissimo piccolo cane, con una caratteristica testa da volpe (sproporzionatamente piccola rispetto al resto del corpo), gambe piuttosto corte e con o senza coda. Ma l'aggettivo "piccolo" va riferito solo alla sua taglia, poiché il carattere è quello di un cane grande, di un cane da lavoro. Le sue dimesioni ne fanno un compagno ideale che occupa poco spazio in casa e che si adatta facilmente sia alla vita di citta' sia a quella di campagna. Non necessita di attivita fisica particolarmante intensa, anche se è piuttosto difficile stancarlo. Il suo pelo corto richiede pochissime cure, pur rappresentando un'ottima protezione contro il freddo e l'umido, dotato com'e' di un fitto sottopelo a memoria della sua origine di cane da lavoro. Le sue capacita lavorative però, 45 non finniscono qui: il Corgi è un ottimo cacciatore di topi e conigli e talvolta anche di fagiani e pernici, puo' essere addestrato all'obbedienza e alle prove di agility, e resta per natura un ottimo cane da guardia. Anche i soggetti cosiddetti "da esposizione" mantengono inalterate queste caratteristiche, contrariamente a quanto è accaduto a molte altre razze che, selezionate solo in base a caratteristiche morfologiche, hanno sì raggiunto alti livelli di perfezione estetica, ma hanno perso nel contempo qualità di carattere e di attitudine al lavoro. LEGGENDA SULLA CODA DEL CORGI: Esiste anche una vera e propria leggenda su come il Corgi Pembroke perse la sua coda : Tanto tanto tempo fa, quando la Terra era ancora giovane ed i folletti durante la notte annodavano le code delle pecore e stropicciavano le criniere dei cavalli, il Corgi era l'animale preferito dalla Regina dei folletti per andare a cavallo durante la notte. I Pembrokes e i Cardigans avevano delle bellissime, lunghe e folte code con le quali scodinzolavano piacevolmente durante le loro scorribande notturne. Ma una notte, dopo una lunga giornata di lavoro a pascolare ed accudire il bestiame, un Corgi Pembroke decise che ne aveva abbastanza e preferì andare a dormire invece che essere decorato con fiori dai folletti e portare a cavallo la Regina. La Regina arrivò e lui si tirò ancora più sotto le coperte e non volle saperne di aprire gli occhi.I folletti lo scrollarono, lo spinsero e lo tirarono fino a quando non si alzò con un sospiro: "Non voglio uscire sta notte" si lamentò, "sono stanco e di pessimo umore e voglio dormire. Trovate un altro animale per la vostra uscita notturna". Detto ciò si sedette con sguardo fisso e si rifiutò di muoversi. I folletti gli parlarono, lo pregarono, gli ordinarono, lo minacciarono, provarono a corromperlo, urlarono; tutto senza ottenere niente. Il Corgi aveva preso la sua decisione e niente gli avrebbe fatto cambiare idea. La Regina furiosa picchiò i 46 piedini per terra e pronunciò una terribile maledizione: "inchioderò con una formula magica la tua coda al pavimento in modo da imprigionarti. Sarai liberato non appena accetterai di diventare mio schiavo e servirmi per le mie cavalcate notture ogni qualvolta io lo desideri." Questo non piacque per niente al Corgi. Fece un solenne giuramento che non si sarebbe mai fatto corrompere e cominciò a tirare e tirare.Purtroppo però la sua coda rimase inchiodata al pavimento. Tirò ancora e ancora fino a quando finalmente si liberò ... ma la coda era ancora inchiodata. Aveva semplicemente strappato la coda dal proprio corpo! Ed é da allora che il Corgi Pembroke non ebbe più la coda, in ricordo del cagnolino che si ribellò alla Regina dei folletti. E come ogni altro buon gallese é ancora fiero e orgoglioso, pieno di buona volontà e non tollera minacce e maledizioni. CURIOSITA’: Per finire, è doveroso menzionare una gloriosa azienda che, a cavallo tra gli anni ‟50 e‟ 70 ha allietato molti bambini e, ancora oggi, allieta numerosi collezionisti di giocattoli d‟epoca e di modellini di auto in particolare. Si tratta della Corgi Toys il cui marchio apparve la prima volta nel luglio 1956 in Galles, come competitore diretto dei veicoli della Dinky Toys di Meccano, che avevano dominato il mercato inglese delle auto giocattolo per molti anni. La società Mettoy fu fondata dall'emigrato tedesco Philip Ullmann nel 1933, che creò una impresa sulla Stimpson Avenue, Northampton, Inghilterra. Negli anni Quaranta e Cinquanta Mettoy produsse una gamma di veicoli pressofusi che, sebbene acerbi, dimostrarono di essere popolari e Ullmann e Katz compresero che una gamma più ampia di auto giocattolo non solo poteva avere successo, ma poteva anche rompere il controllo che la gamma di Meccano aveva sul mercato con i Dinky Toys. Nacque così l‟impresa di Swansea (Galles) per produrre la nuova gamma di modellini, offrendo fino a 6.000 posti di lavoro in un‟area con un‟alta disoccupazione, a causa del fallimento di molte operazioni minerarie locali. Il nome “Corgy Toys” venne scelto da Philip Ullmann in onore della nuova località e venne preso appunto dalla razza gallese di cani popolari anche presso la Regina. Tale nome era anche alla moda e veniva ricordato facilmente, richiamando il nome del grande rivale. Il famoso logo del cane Corgi venne scelto per rappresentare la nuova gamma. Lo stratagemma iniziale delle vendite dei Corgi Toys includeva l‟applicazione di vetri in plastica, che dava ai modelli una maggiore autotenticità. Tali modelli vennero subito riconosciuti come “quelli con le finestre”. Le distribuzioni del 1956 si concentravano su veicoli che sarebbero stati familiari ai giovani del tempo. 47 I primi sei modelli ad essere messi in vendita erano tutte berline: Ford Consul, Austin A50 Cambridge, Morris Cowley, Vauxhall Velox, Rover 90, Riley Pathfinder e Hillman Husky. Questi furono seguiti da due auto sportive: Austin Healey 100 e Triumph TR2. Inizialmente tutti i modelli venivano venduti con movimento libero, o con motori dotati di frizione, con l‟eccezione dei pesanti veicoli commerciali, i quali sarebbero stati troppo voluminosi, e le auto sportive che, con le loro basse sospensioni, non erano in grado di ospitare i motori. Le versioni Meccaniche, così esse erano conosciute, venivano indicate con un suffisso M nel numero del motore ed erano disponibili in diverse gamme di colori. Esse venivano distribuite con basi pressofuse più dure per sopportare il peso extra del motore, e in numeri molto inferiori. Esse non si vendevano molto bene, in parte a causa di un alto prezzo di acquisto, e vennero tolte dal commercio prima del 1960. L‟ultimo modello Meccanico era il Ford Thunderbird. Oggi queste versioni sono considerate veri oggetti da collezione a causa proprio della loro rarità. Le basi pressofuse si sono espanse lungo la gamma per sostituire l‟originale piatto di stagno. Le auto inglesi dominarono le vendite durante gli anni successivi, riflettendo la concentrazione della società sul mercato locale, ma nel febbraio 1958 vennero esplorati nuovi mercati e la prima auto americana, la Studebaker Golden Hawk, venne messa in vendita. Nei primi anni Sessanta la gamma Corgi venne esportata in modo consistente, con una popolarità particolare in Europa, Australia e Stati Uniti. Gradualmente un numero maggiore di veicoli stranieri venne incluso per attirare questi nuovi mercati. La prima auto europea creata fu la Citroën DS19 nel dicembre 1957. 48 I modelli venivano messi in vendita su base mensile e la gamma crebbe velocemente fino ad includere veicoli di tutti i tipi. Gradualmente i modelli divennero più sofisticati con l‟aggiunta di caratteristiche, come le sospensioni “Glideamatic” e un interno dettagliato sulla Renault Floride nell‟ottobre 1959, e il primo sistema di illuminazione in fibra ottica 'Trans-o-Lite' sulla Superior Ambulance sulla carrozzeria Cadillac nell‟ottobre 1962. La squadra di progettazione di Corgi esordì con il primo modello con un meccanismo di apertura nel febbraio 1960: l‟Aston Martin DB4, con un cofano apribile. Ruote anteriori sterzabili, fanali con rubini, luci posteriori e un bagagliaio apribile, insieme alla ruota di ricambio, furono aggiunti al Bentley Continental Sports Saloon nell‟aprile 1961, e nell‟ottobre 1963, con il lancio di Ghia L6.4, vennero raggiunti nuovi livelli di autenticità. Questo modello non solo aveva un bagagliaio apribile, ma anche porte apribili e un interno dettagliato con specchietto retrovisore, sedili anteriori pieghevoli e un modello di cane Corgi sul retro della macchina. La Ghia veniva venduta per 8 scellini e 6 pence, e perfino con tale prezzo relativamente alto vennero venduti 1.700.000 esemplari, prima di essere ritirata nel 1969. 49 La società si diversificò nel mercato dei collezionisti adulti nel 1964 e mise in vendita una gamma di modelli di auto vintage molto dettagliati chiamati “Corgi Classics”. Essi, seppur di buona fattura, erano piuttosto costosi e incontrarono un successo mediocre. I primi ad essere messi in vendita furono una Bentley del 1927, una T Ford aperta del 1915 e una versione con cofano alzato, un Daimler 38 del 1938 e una Renault 12/16 del 1911. Due anni più tardi una Rolls Royce Silver Ghost del 1912 venne aggiunta alla gamma. Un furgoncino Ford Modello T in Lyons Tea apparve nel catalogo di Corgi del 1967, ma non fu messo mai in vendita. Corgi Classics cadde nel 1969, ma il suo nome fu rivalutato nei tardi anni Ottanta dai collezionisti di tutto il mondo 50 Dai primi anni ‟70 cominciò il lento declino dell‟azienda. Ci furono molte ragioni collegate anche alla crisi dell‟intera industria delle auto giocattolo: i cambiamenti dei gusti dei giovani, il costo a spirale per lo sviluppo di nuove caratteristiche che catturassero l‟immaginario collettivo e il mercato emergente delle console dei giochi per computer. L‟aumento dei costi e la diminuzione dei guadagni dalle vendita significava che non c‟erano fondi disponibili per creare gli ingegnosi modellini del passato e le vendite dei modellini passò all‟ordine delle migliaia anziché milioni come era stato in passato. La fine arrivò nel 1983, quando Corgi Toys fu obbligato a chiamare gli amministratori giudiziari, non a caso solo dopo 3 anni dopo la dimessa del più grande rivale Dinky Toys. Un‟epoca era passata nella storia. Purtroppo rimase nel cassetto il modello che tutti i duettisti sognavano, magari con questo stemma… Fabrizio Angiolelli (Fabryvet) 51 Contatti I soci che hanno bisogno di parlare con i membri del direttivo possono contattare direttamente le seguenti persone, quali responsabili di zona: Presidente Massimo Mello Ceresa Piemonte e Liguria 348.5725440 - [email protected] Vicepresidente e Tesoriere Francesco Gori Romagna e Marche 333.1878926 - [email protected] Segretario A. Thomas Candeago [email protected] 339.4475071 Consigliere Gaetano Vaccaro Lazio [email protected] Consigliere Tiziano Nebuloni Lombardia 349.1857449 - [email protected] Consigliere (e Commissario Tecnico) Marco Mottini … Consigliere Gian Piero Giannetti Toscana e Umbria 339.6853419 - [email protected] Redazione Duetto News Girolamo Virgadamo [email protected] 335.8135321 i Sigg. Marco Mottini e Maurizio Buscaglia sono stati nominati Commissario Tecnico CARD in ambito ASI 52 Scuderia CARD: Thomas Candeago, Paolo Casagrande, Fabrizio Adami Probiviri: Fabrizio Adami, Bucci Enrico, Coraglia Fabrizio Revisori dei Conti: Dott. Piero Gori, Dott.ssa Sabrina Acciarri, Dott.Gianluca Zamagna Responsabile Manifestazioni: Silvano Eugenio, Mello Ceresa Massimo Addetto Stampa: Candeago Thomas Delegati regionali Toscana: Gian Piero Giannetti Sicilia: Beppe Zarcone: [email protected] Liguria: Eugenio Silvano. Piemonte e Valle d' Aosta: Fabrizio Coraglia ([email protected]) e Fabrizio Adami ([email protected]) Romagna e Marche: Francesco Gori Lazio e parziale sud Italia: Salvatore Di Bella, Luca Regoli, Gaetano Vaccaro Lombardia: Casagrande Paolo, Bucci Enrico, Brenna Massimiliano ([email protected]), Raimondo Grazioli ([email protected]) TriVeneto: Cesare Basilico Emilia: Matteo D'Avena, Marco Giusti Puglia: Fabio Urbani 53 Indirizzi utili: convenzioni, officine, ricambi CONVENZIONI RUOTECLASSICHE E' stata confermata la convenzione del Club con la Edidomus per avere l'abbonamento annuale (12 numeri) del prestigioso mensile Ruoteclassiche, allo speciale prezzo di Euro 41,00. Sarà sufficiente scrivere sulla causale del vaglia alla Edidomus: abbonamento annuale a RuoteClassiche, socio Club Alfa Romeo Duetto nr. ... AFRA (Settimo Milanese) via Carduzzi, 36/38 20019 Settimo Milanese tel. 02 328.611.26 fax. 02 328.611.50 e-mail: [email protected] sito web: www.afra.it Sconti del 10% su pezzi di ricambio per Alfa Romeo storiche Sconti del 5% su pezzi di ricambio per Alfa Romeo moderne. CLASSIC ALFA i soci CARD potranno godere di uno sconto del 5% sui prodotti acquistati da Classic Alfa, che potrebbe diventare del 10% in caso la spesa complessiva superi le 1000 Sterline. Sarà sufficiente fare una fotocopia della Tessera CARD e mostrarla a Tom al momento del pagamento: Unit 21 The IO Centre 57A Croydon Road Croydon Cr0 4WQ U.K. Tel +44 020 8688 4443 PRODOTTI RENOVO I prodotti possono essere acquistati sul sito internet di Autoricambi SanMauro (http://www.autoricambisanmauro.it). La procedura di acquisto prevede (come per l‟acquisto di Renovo) l‟ottenimento dello sconto in automatico, inserendo il codice “GLIPTONEKITFORUM”. 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