assedio al campidoglio

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assedio al campidoglio
Anno III - Numero 107 - Mercoledì 7 maggio 2014
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Fiat
Ucraina
Cronaca
Il “nuovo libro”
di Marchionne
Sangue nelle strade:
e l'Europa balbetta
Firenze ha l'incubo
di un altro “mostro”
Traboni a pag. 3
Castellino a pag. 5
Fruch a pag. 9
SVOLTA NELLA CAMPAGNA ELETTORALE DI FORZA ITALIA: RITROVIAMO I NOSTRI CONTENUTI
di Francesco Storace
N
etto. Chiaro. Il messaggio che ieri Silvio
Berlusconi ha mandato ai signori della
Banca Centrale Europea non
poteva essere più deciso: se
non cambiate la politiche
monetaria, bye bye euro.
E’ quanto sosteniamo da
tempo e conferma anche le
ragioni di una scelta politica
maturata in seno a La Destra.
Certo, dice già qualcuno,
quanto durerà? Intanto, è
una posizione che ha avuto
conferma ufficiale dai manifesti che già circolano sulla
rete e inviati dall’organizzazione ufficiale del partito
azzurro. E poi conta che non
sia più tabù la discussione
sull’euro. Oggi davvero si
può dire che tutto il centrodestra - tranne quelli accampati a palazzo Chigi - è
in una posizione nettamente
critica rispetto alla moneta
unica. E’ evidente che passa
un messaggio che ripetiamo
da tempo su tutte le piazze:
non è una moneta a dover
determinare le politiche degli Stati, ma sono gli Stati a
dover decidere le politiche
monetarie.
Ma ieri Berlusconi ha dato
una svolta alla campagna
elettorale di Forza Italia anche su altro, e non mi riferisco alla boutade sul governo
con Renzi: quella serve a
creare scompiglio nelle truppe nemiche e fastidio agli addetti ai livori....
Il capo del centrodestra ha detto che occorre
eliminare il fiscal compact. E subito qualche
anima bella giù a polemizzare sul perché
Francia e Grecia, Portogallo
e Irlanda. L’uomo ci ha abituati alle imprese più clamorose, è capace anche di
questo. E comunque l’Europa monetarista ha un problema in più.
Poi, la contestazione al tassator cortese. Matteo Renzi
ci sta tosando i risparmi e
la casa (al premier - aggiungiamo noi - fa sponda
Ignazio Marino a Roma con
la sua frenetica caccia agli
stipendi dei dipendenti comunali) senza rendersi conto che non ha alcuna legittimità popolare. Renzi non
è stato eletto da nessuno,
ne’ a palazzo Chigi, ne’ in
Parlamento. Si agita troppo
e lo fa pure male.
Lo stesso richiamo alla sovranità popolare passa per
Berlusconi sul presidenzialismo e l’elezione diretta del
capo dello Stato. Il tema dell’investitura democratica è
talmente forte che vede il
leader di Forza Italia aprire
per la prima volta anche al
metodo delle elezioni primarie. Se è vera la storia che
dalla sua famiglia potrebbe
scaturire una nuova leadership, evidentemente pure lui
pensa che la scelta nelle
urne sarebbe da preferire
all’indicazione dall’alto.
Se la campagna elettorale
continua così, ce ne sono di
motivi per combatterla seriamente. Lo dico ai militanti
de La Destra: oltre ogni faziosità, il leader azzurro sembra aver compreso che può rappresentare davvero tutto
un mondo, anche a destra, con parole d’ordine a noi care. E’ un buon inizio.
EUROBYE
Messaggio chiaro di Berlusconi alla Bce:
cambiate o via dalla moneta unica
fu introdotto. Per me è più importante se
quel che è minacciato sulla testa e nelle tasche degli italiani sparisce dal nostro orizzonte.
IL CONGRESSO CGIL
In casa Camusso
tutti contro tutti
di Robert Vignola
acile salire sul palco e dettare
alla stampa amica le “sfide” al
governo Renzi. Più difficile cercare
di dare, nonostante tutto, quell’immagine di sindacato coeso che ci si
sforza di propinare, nonostante l’evidenza. E così anche ieri, all’apertura
del congresso della Cgil a Rimini, è
andato in scena lo scontro. Da subito,
e l’oggetto del contendere è talmente
marginale da rendere bene l’idea del
clima interno: i tempi di presentazione
delle liste di nomi per il rinnovo del
comitato direttivo. I più fedeli alla
linea della Camusso, che infarciscono
praticamente all’unanimità gli “organi
collegiali”, vogliono chiudere subito
la partita. Sanno che ogni minuto di
dibattito in più può trasformarsi in
una dichiarazione che cancellerà definitivamente l’unitarietà del sindacato.
La minoranza ovviamente vuole discutere, anche all’infinito se ce ne
fosse bisogno. Obiezione respinta e
F
Maurizio Landini, segretario della Fiom
non le manda a dire: "Nemmeno la
peggiore assemblea di condominio
si chiude la discussione prima di
aprila, subito dopo la relazione del
segretario. Se si fa questa operazione
si conferma il carattere non democratico e un'idea un po' autoritaria di
gestione di una grande organizzazione".
Divisioni e spaccature non solo nell’ordine dei lavori, ma anche nella sostanza. Giorgio Cremaschi sottolinea
che il suo documento (alternativo a
quello Camusso), che ha 23 delegati,
"non entrerà nel comitato direttivo
della Cgil" non avendo raggiunto il
3% dei voti congressuali, soglia necessaria per presentare una propria
liste. Nessuna voglia di “solidarietà”,
nessun onore delle ari per gli sconfitti.
Anzi, la platea lo irride apertamente,
applaude e questo scatena la rabbia
di Cremaschi che dice: "Gli applausi
delle maggioranze che distruggono le
minoranze hanno sempre portato disastri alle organizzazioni operaie".
Ma la cosa più interessante è che per realizzare questa rivoluzione Berlusconi ha in
mente una strategia che ha delineato: vorrebbe aggregare attorno a queste posizioni,
IL SINDACO MARINO CONTINUA A COLLEZIONARE PROTESTE
SALVINI
ASSEDIO AL CAMPIDOGLIO
Vede Napoli
e poi... scappa
hi di coro ferisce, di coro perisce.
“Sei tu la carogna” e “lavati col
fuoco” sono infatti alcuni dei cori
lanciati ieri contro Matteo Salvini al suo
arrivo in Piazza Carlo III a Napoli da
alcune decine di manifestanti. Il leader
della Lega, mentre rilasciava alcune dichiarazioni ai cronisti motivando la sua
presenza in città e in altre località del
Sud in vista delle elezioni europee, è
stato preso di mira da un gruppo di
contestatori, che gli hanno rinfacciato
in particolare un video di qualche anno
fa nel quale cantava cori da stadio contro
Napoli. Da qui il “lavati col fuoco”, chiaro
riferimento al coro che spesso viene rivolto ai supporter napoletani negli stadi,
ma è spuntato anche il riferimento a 'la
carogna', soprannome di Gennaro De
Tommaso, il capo ultras salito agli onori
della cronaca perla “trattativa” all’Olimpico
di sabato sera. Ma Salvini non recede:
“centinaia di napoletani perbene me lo
chiedono, faremo un incontro anche
là”. Magari al San Paolo…
Bruno Rossi
C
U
n mobilitatore di piazze senza
precedenti. È Ignazio Marino,
che ha ormai reso il Campidoglio
il luogo di aggregazione più importante della Capitale. Anche ieri, diecimila presenze. Ovviamente tutte per
contestare le politiche adottate per
Roma (nel caso specifico, quelle sui
dipendenti comunali). Altro che Fori
Imperiali: per potersi affacciare sotto
la sua finestra e insultarlo, ormai si fa
la fila: vigili urbani, tassisti, concorsisti,
chi più ne ha più ne metta. A ben
guardare, è un peccato che il Pd non
lo abbia mandato all’Europarlamento,
facendolo rimanere inquilino del Campidoglio. Sai che giovamento per il
turismo nella Capitale? “Offerta hotel
a Roma: l’insulto al sindaco è compreso
Sarra a pag. 8
nel prezzo…”.
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Mercoledì 7 maggio 2014
Attualità
F ORZA ITALIA ROMPE GLI INDUGI E IL SUO LEADER ANNUNCIA UNA NUOVA S TAGIONE NE I RAPPORT I CON L’UE
L’euro non è irreversibile: parola di Cav
“Il governo Renzi promette 80 euro in busta paga aumentando l’Irpef e tassando i risparmi. È invece
ora che la Bce cominci a dare garanzie sui debiti pubblici dei vari stati della Comunità, stampando
moneta ed emettendo titoli di stato. Altrimenti saranno in molti ad abbandonare la moneta unica”
di Valter Brogino
mici ascoltatori, l’euro
non è irreversibile, soprattutto non nella sua
forma. Ha scelto i microfoni di Radio Anch’io, Silvio Berlusconi, per correggere la
linea politica di Forza Italia in materia
di economia e rapporti con l’Ue,
cominciando ad introdurre il tema
di una sovranità monetaria che, per
forza o per amore, potrebbe essere
presto l’unica leva da usare per risollevare le sorti di un Paese in declino inarrestabile.
Per carità: è vero che il leader del
centro-destra ha detto una parola un
po’ su tutte le questioni più “calde”
di questi giorni, denotando quindi
l’intenzione di tenersi ben lontano
dalla pensione. Ma è sui temi economici che Berlusconi ha voluto dare
la classica sterzata. Un fronte interno
sul quale lui combatte per ridare
slancio ad un centro-destra che non
può più permettersi di perdere l’appeal storico con gli italiani per rispondere diplomaticamente ai diktat
A
che arrivano da Oltralpe. Di qui l’analisi di
una situazione che le
misure del Governo
Renzi non stanno cambiando e che merita
quindi un approfondimento con posizioni anche radicali in tema di
rapporti con l’Europa.
Il ragionamento tocca
quindi gli 80 euro in
busta paga: “Non è
provvedimento che può
avere ripercussioni su
una futura crescita. E’
una mancia elettorale,
contrasto questa decisione che è arrivata a dare di più a chi guadagna
di più. Addirittura dagli 8mila euro
non c'è nessun regalo”. Netta la bocciatura dell’ex premier anche del taglio dell’Irpef. “Contrasto soprattutto
- ha aggiunto - che questa manovra
la pagano pensionati e famiglie. Per
trovare risorse si sono aumentate
tasse sulla casa, che è il pilastro delle
famiglie, e si sono alzate dal 20 al
26% le tasse sui risparmi di una vita”.
Perciò la battaglia per assicurare
benessere agli italiani va combattuta
anche oltre confine. “L'idea di uscire
dall'euro mi pare avventurosa, ma
se non dovessimo riuscire a cambiare la politica della Bce e dell'Ue
sarà la realtà ad imporre a noi, alla
Francia, all'Irlanda e al Portogallo
l'uscita dall'euro per ritornare alla
nostra moneta”. Nulla di così estremistico, a ben vedere. Anche perché
nessuno potrà opinare un altro seg-
LA RICETTA DI LISBONA: TASSE, TAGLI ALLA SPESA PUBBLICA E PRIVATIZZAZIONI
mento significativo del
Berlusconi-pensiero di
ieri: “Non si può andare
avanti così, con l'euro
che per noi è una valuta
straniera. Ora siamo
come l'Argentina. La
banca centrale europea
deve dare garanzia su
tutti i debiti pubblici dei
Paesi, deve stampare
moneta e deve emettere titoli di Stato. Tutto
questo la Germania non
l'ha voluto. Noi non vogliamo uscire dall'euro
perché abbiamo debiti
in euro e ci costerebbe troppo. Dobbiamo imporre alla Germania che
la Bce diventi banca centrale di tutti.
Se ciò non avvenisse allora saremmo
costretti tutti ad uscire dall'euro”.
Se fior di economisti ragionano ormai da mesi, per non dire da anni,
a voce alta su questa uscita di sicurezza, non è mancato chi è corso
per essere il primo a gridare allo
scandalo. Reduci da un allenamento
di gran lunga migliore di quello
dei compagni di governo del Ncd,
il traguardo è stato tagliato con
ampio margine dagli esponenti Pd,
capitanati da Roberto Gualtieri.
“Mentre il governo italiano e quello
francese sono impegnati in una delicata partita per spingere la Bce a
una riduzione del tasso di cambio
dell'euro, gli ultimatum demagogici
di Berlusconi hanno il solo effetto
di rendere tutto più complicato.
Berlusconi, del resto ha già dimostrato la sua pessima capacità negoziale quando, nel 2011, ha partecipato alla trattativa sul patto di
stabilità”. Molto ci sarebbe da dire
a Gualtieri sulla capacità negoziale
di Romano Prodi (quello che “con
l’euro lavoreremo un giorno di
meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più”) o
dello stesso governo Renzi, per
non dire proprio di quell’Hollande
che lui cita. Ma basterebbe anche
ricordare a Gualtieri che lui stesso
è europarlamentare, e che del suo
impegno a Bruxelles e Strasburgo
gli italiani non hanno traccia. Se
questa è capacità negoziale…
L’EUROPA BOCCIATA DAI GIOVANI ITALIANI
Il Portogallo non ha più
bisogno dei soldi dell’Ue
L’unione? Per due
su tre è un fallimento
Il premier Pessos Coelho ha annunciato: “Usciremo
dal piano di salvataggio senza alcuna copertura”
Questo il quadro che si evince dall’ultimo
incontro dell’Istituto Toniolo a Milano
di Cristina Di Giorgi
di Francesca Ceccarelli
a ricetta del governo di
Lisbona per uscire dalla
crisi è chiara ed efficace: in pochi punti (tassazione
record, privatizzazioni, tagli
alle spese pubbliche, blocco
degli stipendi) attuati con rigore, l’economia portoghese
è riuscita ad invertire il trend
negativo che aveva portato il
premier a dover chiedere
alla Troika (Bce, Ue e Fmi)
l’inserimento del suo Paese
in un programma di assistenza finanziaria da 78 milioni
di euro. In tre anni (la sottoscrizione dell’accordo risale
infatti al 2011) il paese è però
riuscito a riprendersi e il 17
maggio prossimo, data di scadenza del piano, il Portogallo
ne uscirà “senza fare ricorso
ad alcun programma di precauzione” ulteriore, come ha
recentemente annunciato il
primo ministro Pedro Passos
Coelho.
Nessuna linea di credito supplementare quindi. E l’avvio
di una nuova fase le cui priorità sono la ripresa del lavoro
e dell’economia. “Abbiamo
la fiducia degli investitori –
ha dichiarato in un discorso
televisivo – e gli interessi sul
nostro debito sono a livelli
L'Europa è ancora il
nostro futuro?”: sembra
proprio di no. E proprio una grande sfiducia
nelle istituzioni, diffidenza
nei confronti dell'euro e
scarsa vicinanza con la gran
parte dei Paesi, sia i fondatori che neo arrivati dall'Est:
questi i dati del Rapporto
giovani dell'Istituto Toniolo,
presieduto dal cardinale
Angelo Scola.
La politica di Bruxelles, Strasburgo e Francoforte hanno
fallito. Il punto non è un diffuso “euroscetticismo” ma
una vera e propria disillusione nelle istituzioni che
ne fanno parte.
Il 58 per cento degli intervistati dichiara che l'Unione
europea è un esperimento
sostanzialmente fallito. L'euro piace solo al 32 per cento: tutti gli altri ritengono
che non abbia migliorato
la qualità della vita. Quanto
alla Germania, è il 35% la
percentuale di giovani che
percepisce una vicinanza
con il Paese che di fatto determina le scelte dell'Ue.
“Verso la Germania registriamo un'ambivalenza dei
giudizi. È antipatica perché
L
“
storicamente molto bassi”, al
punto da indurre il governo
a decidere di uscire dall’ombrello degli aiuti sovranazionali. Un’opzione questa che,
a detta di Passos Coelho, è
“quella che meglio difende
gli interessi del Portogallo”.
E che rende “omaggio a tutti
i portoghesi” per i sacrifici
fatti, segnando “la riconquista
della nostra autonomia”, ha
aggiunto. Un risultato ottenuto
a caro prezzo, se si pensa all’aumento del 12% del prelievo fiscale che, insieme alla
recessione, negli ultimi anni
ha provocato un notevole aumento della povertà e dell’emigrazione.
L’annunciata decisione dell’esecutivo di Lisbona – che
almeno nell’immediato non
comporterà una riduzione
della pressione fiscale - ha
avuto parere favorevole da
parte degli organismi internazionali: l’esame compiuto
da Bce, Ue e Fmi sugli sforzi
intrapresi dal Portogallo per
risanare le finanze è risultato
positivo, anche se restano comunque le sollecitazioni al
governo locale a proseguire
sulla strada delle riforme. “Il
Paese ha sofferto e continuerà
a farlo – scrive Andrea Nicastro sul Corriere della sera –
ma resta caparbiamente attaccato all’Ue. La maggioranza
dei portoghesi valuta che
l’adesione all’Unione europea
ha cambiato in meglio la sua
vita”.
A rimanere sotto l’ombrello
di salvataggio dell’Europa,
dopo l’uscita di Irlanda e Portogallo, resta quindi attualmente soltanto la Grecia.
Chissà che qualcuno non
vada prima o poi a farle compagnia.
rappresenta la linea del rigore e l'Europa che non piace. Contemporaneamente
però è un Paese che cresce
e attrae molti giovani, laureati ma non solo”commenta Alessandro Rosina, professore di Demografia e statistica alla Cattolica, tra i
curatori della ricerca.
Se qualche riscontro positivo c’è, quest'Europa lo trova solo tra le persone più
istruite e agiate. Grande sfiducia soprattutto tra i laureati (il 49% la ritiene un
fallimento), e nelle categorie più deboli, come i ragazzi che hanno la terza
media (quasi il 70%) e i
Neet, coloro che né studiano
né lavorano.
“La libertà di circolazione
delle persone è ciò che convince di più, ma riguarda
soprattutto chi ha la possibilità di giocarsela, cioè i
laureati che decidono di andare all'estero - osserva il
professor Rosina -. Per loro
il mercato del lavoro è diventato più ampio e se in
Italia le cose non funzionano,
questi giovani possono andare altrove. Chi invece vuole rimanere nel suo Paese
o è vincolato, è più critico”.
Quello che viene percepito
come il Paese “più amico”
è la Spagna (55%)e poi la
Francia (43%). Brusco calo
quando si parla della Germania (35%), per diminuire
ancora nei Paesi del Nord.
Fiducia al minimo quando
si parla dell'Est europeo: il
20 per cento.
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Mercoledì 7 maggio 2014
Attualità
MARCHIONNE PRESENTA IL PIANO DA QUI AL 2018, CON IL RILANCIO DE L L’AL FA E BUONE NUOVE PE R L’ITAL IA
La Fiat prova a rimettersi in marcia
A Melfi la produzione di 200mila Jeep per il mercato Usa – A Cassino i nuovi modelli del ‘biscione’
di Igor Traboni
ergio Marchionne ha presentato ieri ad Auburn Hills,
in Michigan, il piano industriale, da qui al 2018, della
‘nuova’ Fiat: “E’ il primo
giorno di una nuova vita per Fiat
Chrysler Automobiles. Non apriamo
un nuovo capitolo, cominciamo a
scrivere un nuovo libro”. Un piano
che porterà il nuovo colosso mondiale dell’auto a produrre sei milioni
di vetture e a rilanciare il marchio
Alfa Romeo, con interessanti prospettive anche per gli stabilimenti
italiani.
“È la prima volta – ha detto Marchionne - che Fiat e Chrysler si presentano come un’unica entità e ora
il nuovo logo Fca entra ufficialmente
in tutti i siti del gruppo Prima ancora
di essere un piano industriale si realizza un grande sogno di integrazione
culturale. I fattori di successo dell’integrazione sono stima, unione e
conoscenza. Altre alleanze nel settore
auto sono fallite perché non c’era
S
una reale volontà di condivisione. Questo è molto
più di un business plan,
perché riflette le ambizioni degli uomini e delle
donne di Fca. Viviamo
in un mondo piatto dove
non sei al sicuro a casa
tua sei non sei in grado
di competere con le altre
realtà. Abbiamo fatto un
progetto ambizioso perché la mediocrità non
vale lo sforzo”.
Ma vediamo più da vicino il piano: Alfa Romeo lancerà 8
nuovi modelli fra il quarto trimestre
2015 e il 2018. Gli investimenti sono
stimati in 5 miliardi di euro. Il responsabile del marchio, Harald Wester, stima un volume di vendite di
400 mila vetture nel 2018 a fronte
delle 74 mila delle del 2013.
Il target di vendite per il marchio
Fiat a livello globale nel 2018 è 1,9
milioni di auto, in aumento rispetto
all’1,5 milioni del 2013. In particolare,
si prevede il raddoppio delle vendite
al 2018 nell’area Nafta a 100 mila
unità dalle 50mila del 2013. L’incremento maggiore è in Asia-Pacifico,
con le vendite stimate raggiungere
300mila unità nel 2018 contro le 70
mila del 2013. Nell’area Emea (Europa, Medio Oriente e Africa) le
vendite sono previste stabili a circa
700 mila unità e in America Latina
in aumento dalle 700 mila del 2013
alle 800 mila del 2018.
Fiat annuncia 8 nuovi modelli entro
il 2018 . Le nuove vetture sono la
500 X, che dovrebbe
arrivare nel 2014; una
berlina compatta nel
2015 e una non precisata “Specialty”, che
dovrebbe essere lo spider compatto insieme
a Mazda, la nuova “Barchetta”. Il 2016 sarà
l’anno di una compatta
due volumi, una station
wagon compatta e una
vettura del segmento
“B”. Nel 2017 arriverà
un Cuv (cross utility vehicle) e nel 2018 la nuova Panda.
La Jeep è in corsa per centrare
l’obiettivo di un milione di vendite
nel 2014. Nello stabilimento italiano
di Melfi saranno prodotte 200 mila
Jeep Renegade l’anno.
A spingere le vendite di Jeep nel
2014-2018 sarà l’America latina, con
un aumento delle vendite del 50%,
e l’Asia-Pacifico con un +45%. In
Europa l’aumento delle vendite è
previsto essere del 35% mentre nel
Nafta del 10%. Gli stabilimenti di
Jeep aumenteranno da 4 in un paese
a 10 impianti in 6 paesi: gli stabilimenti non situati in Nord America
produrranno 900 mila veicoli entro
il 2018. La produzione globale di
Jeep salirà del 138% a 1,9 milioni di
unità nel 2018. La crescita di Jeep
sara’ affidata a nuovi modelli e restyling: il Renegade che esordisce
quest’anno; il “C Suv” nel 2016,
anno del settantacinquesimo anniversario di Jeep, e, nel 2017, i nuovi
Wrangler e Grand Cherokee. Nel
2018, infine, sarà la volta del Grand
Wagoneer.
Il marchio Chrysler passerà invece
dalle 350 mila vetture del 2013 a
800 mila nel 2018. A parte l’annunciata produzione nello stabilimento
lucano di Melfi, è chiaro che il rilancio
dell’Alfa Romeo potrebbe avere invece buone ripercussioni sulla fabbrica di Cassino, in provincia di Frosinone, l’unica che per ora Marchionne ha lasciato fuori da investimenti più diretti su marchio Fiat e
quindi di fatto ‘libera’ per la produzione di auto del ‘biscione’.
MONDO DELLA SCUOLA IN FERMENTO
PER L’ACQUISIZIONE DI ANTONVENETA CAMBIATA LA COMPETENZA TERRITORIALE
Mps, il processo si sposta a Milano Prove Invalsi al via,
ma sarà l’ultimo anno?
i svolgerà a Milano, e
non più a Siena, il processo per l’acquisizione
di Antonveneta da parte di
Monte dei Paschi. Lo ha deciso il Gup del tribunale senese, Monica Gaggelli, che
ha così accolto l’istanza presentata da alcuni dei difensori
degli otto imputati, oltre alla
banca JP Morgan, che avevano contestato la competenza territoriale di Siena.
Secondo i legali, infatti, il
reato principale contestato
agli imputati – manipolazione
del mercato – sarebbe partito
dalla pubblicazione, nell’agosto del 2008, di un comunicato di Mps che annunciava
l’acquisizione di Antonveneta
S
sul sito di Borsa Italiana
“Il reato di manipolazione
del mercato è in definitiva
tale da determinare, per attrattiva, la competenza territoriale del tribunale di Milano, in relazione all’intero
articolato accusatorio e, quindi, nei confronti di tutti gli
imputati persone fisiche”,
scrive infatti il gup nelle mo-
tivazioni della sentenza con
la quale ha dichiarato l’incompetenza territoriale del
tribunale senese a procedere
nei confronti degli 8 imputati,
tra i quali l’ex presidente
del Monte Giuseppe Mussari, l’ex dg Antonio Vigni e
l’ora Ceo, Daniele Pirondini.
Nel tribunale lombardo saranno quindi giudicati anche
gli altri imputati che, a vario
titolo, sono accusati di ostacolo alla vigilanza e falso in
prospetto, Tommaso Di Tanno, Pietro Fabretti, Leonardo
Pizzichi e Michele Crisostomo. Mussari, l’uomo forte
del Pd all’interno della banca
sensese, è accusato anche
di insider trading.
l via da ieri le prove Invalsi
per oltre 2 milioni di studenti. Le prove tra maggio
e giugno coinvolgeranno le
classi seconde e quinte della
scuola primaria, le terze della
media e il secondo anno delle
superiori. Gli studenti interessati
sono oltre 2.285.000 (circa
568.000 in seconda primaria,
561.000 in quinta primaria,
594.000 nelle terze delle medie
e 562.000 in seconda superiore). Questo potrebbe comunque
essere l’ultimo anno dell’Invalsi,
mentre già da quest’anno scompare per la prima media.
Le prove sono strutturate in
modo differente in base al livello
A
scolastico cui si riferiscono e
vanno da un minimo di 20-25
domande per materia per la
seconda primaria a un massimo
di 50 domande, sempre per
materia, per le superiori.
Ogni anno le rilevazioni dell'Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo
di Istruzione e Formazione (Invalsi) offrono a ciascuna scuola
dati che possono essere utilizzati come strumento di riflessione e miglioramento. Nel
2013 tutte le scuole hanno partecipato alla rilevazione e il
71% degli istituti ha utilizzato
il Rapporto restituito a settembre dall'Invalsi con le analisi
relative alle proprie classi. Un
numero in costante crescita:
le prove hanno superato, a
quattro anni dalla loro introduzione a regime, gran parte
delle iniziali diffidenze registrate
nella comunita' scolastica.
Da quest'anno non verrà più
svolta la prova di prima media.
Come ogni anno e' stato estratto
un campione rappresentativo
di classi in cui tutte le operazioni
saranno curate da un osservatore esterno. Un primo rapporto
sugli esiti delle prove, basato
sui dati campionari, sara' disponibile a partire dal prossimo
10 luglio. Mentre a settembre
le scuole avranno poi a disposizione i dati relativi alle loro
classi. La quota di istituti che
ha utilizzato questi dati nel
2013 e' stata pari al 71%. Erano
il 51% nel 2012 e il 42% nel
2011.
INIZIA OGGI IL PROCESSO CONTRO NICOLA FRANZONI, ESPULSO DAL PARTITO PER CONDOTTA INADEGUATA E POI APPRODATO IN FLI
Il dovere di difendere il proprio onore
Francesco Storace si costituisce parte civile sia personalmente
che quale rappresentante di tutto il movimento politico La Destra
ono passati tre anni da quando Nicola Franzoni, espulso
dal Movimento politico “La
Destra” per una condotta a di
poco inadeguata per un tesserato
e dirigente, sfogava la sua rabbia
e il suo livore, offendendo con
frasi ingiuriose e diffamatorie il
Segretario Francesco Storace e
l’intero partito, attraverso il suo
profilo di Facebook.
Oggi inizia il processo contro
Franzoni, imputato per aver offeso
l’onore e il decoro di Francesco
Storace, in proprio e quale segretario nazionale del movimento po-
S
litico la Destra, nel corso di due
discussioni sul social network Facebook, citato a giudizio dal Pubblico Ministero Valentina Margio,
davanti al Tribunale di Roma, in
composizione monocratica.
Nicola Franzoni, all’epoca dei fatti
dirigente del FLI, forse credeva
che per ritagliarsi un misero posticino in un nuovo partito, gli tornasse utile insultare il Segretario, i
Dirigenti e Tesserati de “La Destra”,
ma non aveva preso in considerazione il fatto che queste persone
perbene non avrebbero mai permesso a nessuno di infangare, con
false accuse, loro stessi e il partito
in cui militavano con orgoglio.
Se è legittimo il diritto di criticare,
ovviamente in maniera civile, non
possono essere tollerati gli insulti
gratuiti e le false accuse, soprattutto
quando il chiaro intento diffamatorio sia evidentemente finalizzato
ad un posizionamento nell’ambito
di un altro partito.
Franzoni ha fatto male i conti, pensando di poterla sempre fare franca, senza mai rispondere dei suo
comportamenti. Si nascondeva dietro lo schermo di un PC, ritenendo
che ciò gli fosse sufficiente per
poter elargire infamie a man bassa,
senza pagarne le conseguenze.
Gli epiteti e le espressioni usate
da Nicola Franzoni sono, per loro
stessa natura, obiettivamente offensive e determinano un ingiustificato discredito alla reputazione
delle persone cui sono riferite,
non solo in ambito politico, ma
anche nel contesto familiare, sociale e professionale.
La potenzialità lesiva delle suddette espressioni risulta, in concreto, essere stata ampliata dal
contesto in cui si sono svolte le
discussioni, considerato il gran
numero di persone che hanno
avuto accesso al profilo “Facebook” degli interlocutori.
La Corte di Cassazione ci insegna
che “anche in politica, chi attribuisce
ad altri comportamenti meno che
corretti ha evidentemente l’onere
di provare la fondatezza delle sue
affermazioni; in caso contrario, esse,
inevitabilmente, vanno considerate,
non solo generiche, ma anche offensive e chi se ne è reso autore
non può che esporsi al rischio di
esserne chiamato a risponderne
nelle sedi competenti”.
Il Segretario Storace ha deciso
di costituirsi parte civile, sia personalmente che quale rappresentate di tutto il movimento politico “La Destra”.
Con l’onore non si scherza. Le
persone di destra lo sanno.
Peccato per Franzoni non averlo
capito in tempo.
Avv. Monica Nassisi
4
Mercoledì 7 maggio 2014
Attualità
I FATTI DELL’OLIMPICO - LE ACCUSE LEGITTIME, MA FUMOSE, DELLA PROCURA DI ROMA. TANTI INDIZI E POCHE PROVE
L’esame stub “assolve” (per ora) De Santis
Ma i pm non hanno dubbi: “E’ stato lui a sparare” – Oggi gli interrogatori di garanzia
di Marcello Calvo
L
a Procura di
Roma rischia un autogol che
avrebbe del
clamoroso. Ha dato
esito negativo l’esame
stub compiuto su Daniele De Santis, il tifoso
romanista accusato del
tentato omicidio di tre
tifosi napoletani, uno
dei quali ferito gravemente, in occasione
della finale di Coppa Italia FiorentinaNapoli. Sulla mano dell’indagato solo
due particelle delle tre necessarie per
rendere positivo il test. Un esito che, se
confermato da ulteriori accertamenti,
farebbe crollare in tutto e per tutto il castello accusatorio. Circostanza respinta
con forza dalla Questura di Roma, che
ribatte: “Il test è compatibile con materiale da sparo”. Ora verrà effettuato
l’esame delle impronte sulla Beretta
7.65 con matricola abrasa dalla quale
sono partiti i 5 colpi. Gli inquirenti asseriscono sia stata impugnata e usata
da De Santis per fare fuoco sui rivali
napoletani. E così la procura ha chiesto
al gip, contestualmente alla convalida
dei fermi di De Santis e dei tre tifosi
partenopei rimasti feriti nella sparatoria,
l’emissione dell’ordinanza di custodia
cautelare in carcere con permanenza
in una struttura ospedaliera per motivi
di salute. L’ultrà della Roma è stato trasferito dal Policlinico Gemelli, dove era
ricoverato per diverse fratture, per ovvi
motivi di sicurezza. All’ospedale capitolino è infatti “ospitato”, sempre in gravi
condizioni, Ciro Esposito. Le condizioni
cliniche del paziente restano critiche
anche dopo l’intervento chirurgico d’ur-
genza al colon.
Questa mattina inizieranno gli interrogatori
di garanzia, compatibilmente con lo stato
di salute degli arrestati. Ma dalle indagini
intanto emergono anche prime conferme
dal fatto che De Santis
non era solo a Tor di
Quinto, ma faceva parte di un commando
di tifosi romanisti a
caccia di rivali napoletani. Ipotesi, supposizioni, tant’è, ancora pochissime prove.
E intanto tutti gli occhi si spostano sulla
partita Roma-Juve di domenica prossima.
Una sfida già di per sé delicata dal
punto di vista dell’ordine pubblico e
che rischia ora di surriscaldarsi per la
possibilità di infiltrati del Napoli tra le
file dei supporter bianconeri. Un match
che potrebbe trasformarsi in un campo
di battaglia per vendicare gli spari
contro Esposito e gli altri tifosi azzurri.
Il clima che si respira è pesante e la
tensione è altissima. E un’altra giornata
di sport rischia di trasformarsi in un
altro pomeriggio di ordinaria follia.
Eurosky Tower .
L’investimento più solido è puntare in alto.
DOPO IL DITO MEDIO RIVOLTO AI TIFOSI GRANATA
IL SINDACO DI TORINO SI RAMMARICA, MA NON SI SCUSA
Fassino e l’autocritica:
questa sconosciuta!
ito medio e niente
scuse. Piero Fassino
si sa, è un personaggio che non conosce la parola autocritica. Nemmeno
dopo che un video ha dimostrato ciò che in fretta e
furia il primo cittadino si
era precipitato a negare: il
gestaccio rivolto (per ben 2
volte) ai tifosi del Torino nel
giorno del 65° anniversario
dalla tragedia di Superga. Il
sindaco (di fede juventina) si dice
rammaricato, ma di fare un passo
indietro proprio non ne vuole
sentire parlare. “Io non chiedo
scusa a chi mi ha insultato, lanciato
addosso ghiaia, lattine di birra e
offeso in modo pesante la mia famiglia. Sono rammaricato per
quella reazione istintiva e umana
e per quel gesto che, considerato
il contesto, mi sembra comprensibile”. D’altronde bisogna capirlo,
l’ex ministro della Repubblica.
Senza alcuna responsabilità istituzionale, non ha alcun obbligo
superiore rispetto ai “suoi” cittadini.
Gli stessi che, per inciso, oltre ad
essere tifosi granata, hanno riposto
D
in lui voti e fiducia. Anche se considerato “un gobbo di merda”.
Quando si porta una fascia tricolore
sul petto, in rappresentanza, non
s’è tenuti a dare il buon esempio.
Ma cosa dovevamo aspettarci?
Per caso le scuse da parte di un
politico che mira dritto dritto alla
presidenza della Repubblica? Sarebbe stato troppo. Perché i personaggi come Fassino pensano
di non sbagliare mai, di essere
moralmente superiori a tutti gli
altri. E rientrano in quella categoria
di persone che credono che la
vera libertà sia il non dovere mai
chiedere scusa. A nessuno.
Federico Colosimo
PUNTO E A CAPO
Una voglia di identità
che trova tristi surrogati
di Biagio Cacciola
P
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erché gli stadi continuano a essere zona
franca per ogni tipo
di castroneria? Perché dalla fine praticamente della
prima repubblica, gli episodi di violenza sono sempre piu' frequenti dentro
e attorno ai campi da gioco? E perché tutto questo
passa in cavalleria puntualmente subito dopo che
l'eco della stampa si spenge in qualche giorno?
Sono interrogativi che
aprono dibattiti televisivi
e, molto spesso, li chiudono senza risposte decisive.
Si discute di allungare il
Daspo a vita, di incaricare
le societa' della sorveglianza negli stadi, di chiudere le curve ecc . Ma
tutto questo non mette il
dito sulla piaga. La violenza, infatti, è solo l'iceberg di un fenomeno che
riporta a una voglia d'identita' miserabile e surrogante. Infatti, se guardiamo
bene il cosiddetto 'tifo', ci
accorgiamo che ormai
esula dalla squadra del
cuore. Questi tifosi molte
volte la partita non la guardano nemmeno piu' , presi
a coordinare cori e spalti
e a farsi riconoscere un
ruolo politico come Genny
la 'carogna'.
Nel vuoto assoluto di rappresentanza anche capitribuni alla masaniello diventano interlocutori delle
forze dell'ordine, con
grande ipocrisia di tutti i
finti moralizzatori di questo Paese. Infatti, se non
ci fosse per cosi dire, autoregolazione, tramite piccoli capipopolo, molto
probabilmente le pistolettate ci sarebbero anche
all'interno dei campi di
calcio e non solo fuori.
Attraverso un gioco delle
parti che ha scaricato sulle
curve quel 'tifo' che prima
era politico e che permetteva alle varie identita'
partitiche di essere al centro di vere e proprie passioni. Con l'esaurirsi di
questa spinta, inevitabilmente, attraverso un gioco
mediatico, che riempie interi palinsesti, si favorisce
il contrasto, la contrapposizione. I risultati sono
quelli che abbiamo sotto
gli occhi e la deriva di
ordine pubblico e' solo il
problema a valle, ma non
a monte.
5
Mercoledì 7 maggio 2014
Esteri
L E POLITICHE DI TASSAZIONE CHE IL CAMPIDOGLIO VUOLE IMPORRE TROVANO UN OS TACOL O S UL T E RRIT ORIO
Ucraina sull’orlo della guerra
ed Europa alla canna del gas
I miliziani filo-russi oppongono una strenua resistenza, Mosca al colmo dell’indignazione
per l’agghiacciante strage di Odessa. E il Vecchio Continente continua a fare da stampella agli Usa
di Giuliano Castellino
rmai è scontro totale, la
corda sembra essersi
spezzata e siamo ad un
passo dalla guerra. Ieri,
nella battaglia per il controllo di Sloviansk, hanno perso la
vita 30 ribelli filo russi e 4 soldati
dell’esercito di Kiev. Decine sono
stati i feriti registrati da entrambe
le parti. A tre settimane alle elezioni,
che dovrebbero dare un nuovo assetto istituzionale all’Ucraina, il paese
è fiamme, cresce la paure di una
possibile guerra civile e di un intervento delle truppe russe “mascherata” da operazione di peacekeeping. La stessa legittimità delle
elezioni, dicono ora le autorità russe,
è minata dalla presenza di truppe
sul terreno.
Un reporter dell’Afp ha riferito che
la battaglia di Sloviansk non ha ancora raggiunto il centro cittadino,
dove tuttavia cominciano a scarseggiare i beni di prima necessità. I
miliziani filorussi hanno messo camion di traverso lungo la strada e
hanno dato fuoco ai copertoni per
rallentare l’avanzata dei soldati. Una
O
resistenza che, nonostante bombardamenti e massacri, sembra non
trovare sosta. Continua a toppare la
Germania, che per voce del suo
Cancelliere Angela Merkel chiede
ancora all’Europa di mettere da parte le divergenze e prendere una
posizione unita su nuove sanzioni
alla Russia: “E’ importante che tutti
gli stati membri dell’Unione Europea
inviino lo stesso messaggio alla Russia”. Non capendo o facendo finta
di non capire che la prima “vittima”
di una guerra contro Mosca sarebbe
proprio il Vecchio Continente, piegato dal gelo dovuto alla mancanza
del gas russo e dall’egemonia americana che detterebbe la politica
estera atlantica. Sulla stessa linea il
G7 riunita a Roma, anche se Francia
ed in parte l’Italia sembrano avere
posizioni più sfumate. Il presidente
francese Francois Hollande ha evocato il “caos e il rischio di guerra
civile” se in Ucraina non si svolgeranno le elezioni presidenziali. Inoltre
ha sottolineato la necessità di fare
“pressioni sul presidente Putin” affinché la scadenza elettorale sia rispettata. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha sottolineato come “la politica estera europea si trova di fronte a una crisi
molto pericolosa ed acuta come
quella ucraina e dei rapporti con la
Russia”. Questa volta “Re Giorgio”
è sembrato il più equilibrato. Londra
ha invece accusato la Russia che
“cerca di destabilizzare” l’organizzazione delle elezioni presidenziali
ucraine del 25 maggio. Per il capo
della diplomazia britannica William
Hague, Mosca “sembra avere l’intenzione di impedire e perturbare
queste elezioni”.
L’Alto rappresentante per la politica
estera e di sicurezza comune europea, Catherine Ashton, avrà colloqui
con il segretario di Stato americano
John Kerry per discutere la crisi
ucraina. Mentre l’Ue continua ad
“essere la stampella” degli Stati
Uniti, dimostrando ancora una volta,
dopo 70 anni, di essere una terra
occupata e priva di sovranità, dopo
la strage non si placano gli scontri
a Odessa. I media russi continuano
ad accusare i nuovi vertici del governo ucraino di essere dei “fascisti”
che fanno “guerra contro il loro popolo”. Ci spiace sentir usata la
parole “fascista” in modo dispregiativo, ma ancor di più ci sconforta
la miopia dei “camerati” ucraini che
continua a sventolare “croci celtiche”
e allo stesso tempo servire gli interessi americani e del sistema imperialista della finanza e tradire la
causa della libertà europea.
In Russia vengono diffuse, da giorni,
le immagini scattate lo scorso venerdì a Odessa, dove decine di attivisti filorussi sono morti in un incendio scoppiato dopo alcuni scontri
con gli ultranazionalisti ucraini. Non
si sa quanti, ma si tratta di una strage
destinata a segnare le sorti della
crisi. Per ora sono 46 i morti accertati, ma 48 persone mancano all’appello, e negli obitori ancora giacciono decine di cadaveri non identificati. Avakov ha promesso che a
indagare saranno anche ispettori
stranieri “per obiettività”.
Intanto il governatore ad interim di
Odessa, Vladimir Nemirovsky,è stato
licenziato e al suo posto è stato nominato il parlamentare Ihor Palytsya.
Sabato anche il capo della polizia
della città è stato licenziato. Al di là
delle parole delle oligarchie e dei
vertici della Troika e della Nato noi
continuiamo a pensare che il popolo
europeo sa bene da che parte stare:
non c’è Europa senza Russia, non
c’è Russia senza Europa. Chi afferma
il contrario o si schiera contro Mosca
sono quelli che non hanno a cuore
l’indipendenza e la giustizia sociale
del Vecchio Continente.
6
Mercoledì 7 maggio 2014
Storia
COMBATTENTE IN AFRICA ORIENTALE, CAPO MANIPOLO DELLA MVSN, MOSCHETTIERE DEL DUCE, CAPITANO DELLA BN RESEGA
Mario Nudi, il caposcorta di Mussolini
A Salò gli era stato affidato il Comando della scorta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, fu fucilato a Dongo, innocente
di Emma Moriconi
Per esempio, tra un
colonnello ed un
aviere, scelse un colonnello; tra un giornalista ed un autista,
scelse il giornalista; tra un
professore ed un motociclista,
scelse il professore. C’era una
logica. Fece una sola eccezione. Dovendo per forza raggiungere il numero di 15 “fucilandi” e poiché nella lista
non c’era più neppure un sottotenente o un giornalista anche solo praticante, prese a
casaccio un nome: Mario
Nudi, un poveraccio impiegato nella Confederazione fascista dell’Agricoltura e distaccato alla (ma Valerio non
lo sapeva) segreteria del
Duce.” Così Luciano Garibaldi
racconta come fu che il nome
di Mario Nudi finì nella lista
nera di Walter Audisio, che il
28 aprile del 1945 si era sostituito al Padre Eterno e aveva
stabilito che era lui e solo lui
a decidere della vita e della
morte di quindici persone.
Quindici, come quelle dell’eccidio dei partigiani del
1944. Non importa chi ci capita, uno vale l’altro. Ciò che
Audisio non sapeva è che
Nudi era stato messo a dirigere la scorta della Presiden-
“
za del Consiglio e la
sicurezza a Gargnano.
E comunque, anche se
lo avesse saputo, era
forse ragione sufficiente
per farlo mettere a morte? Ma lo stesso discorso si potrebbe fare per
molti degli uomini che
in quel giorno di aprile
vennero incolonnati di
spalle davanti ad un
plotone d’esecuzione
non autorizzato da nessuno. Tra i ricordi – non
sempre attendibili - di
Urbano Lazzaro, detto
Bill nel gergo dei partigiani, emergono alcuni fotogrammi di quel
giorno: “‘Va bene’ rispose [Valerio] con ira.
‘Guardiamo ora questo
elenco dei prigionieri!’
Lesse forte ‘Benito Mussolini’, aggiunse subito,
‘a morte!’, e tracciò una croce
accanto al nome di Mussolini.
Pedro e Guido tacevano.
C'era nell'ufficio un senso di
soffocamento, come se l'aria
fosse diventata irrespirabile.
Valerio continuò: ‘Claretta Petacci: a morte!’”. Ma nel pomeriggio del 28 aprile – ne
abbiamo parlato a lungo –
Mussolini e la Petacci erano
già morti. Ma proseguiamo
con il racconto di “Bill”: “A
quel punto Pedro si sentì di
intervenire e lo fece con prontezza e decisione: ‘Valerio disse -non trovo giusto che
tu condanni a morte una donna pel solo fatto che è stata
l'amante del Duce!’. Valerio
lo guardò con disprezzo e
con ira ‘Io solo - esclamò –
decido chi deve e chi non
deve essere fucilato! Barracu:
a morte!’ Altra croce. ‘Ma
Barracu è un soldato, una
medaglia d'oro del 1915, non
lo puoi fucilare. E poi non mi
risulta che abbia fatto del
male!’ Scattò Pedro.
‘Era sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri della Repubblica e questo basta per cancellare il
più puro e valoroso passato!’
rispose Valerio. ‘Liverani, a
morte! Coppola, a morte!
Utimpergher, a morte! Daquanno, a morte! Capitano
Calistri, a morte! Mario
Nudi..."’. ‘Un momento’
intervenne Pedro, ‘ti
faccio notare che il capitano Calistri non è
stato da noi catturato
sulla colonna o sull'autoblinda, ma si è presentato spontaneamente a noi chiedendo lui
stesso che fosse esaminata attentamente la
sua posizione. E poi
non faceva parte del
Governo di Salò!’. ‘Era
sulla colonna e questo
basta’, rispose bruscamente Valerio. Pedro
a quelle parole s'alzò
in piedi adirato ed
esplose: ‘ma allora fucila anche gli autisti,
le donne, i bambini, le
mogli dei ministri, pel
solo fatto che erano
nella colonna. È inconcepibile tutto questo!’ Mai
Pedro aveva perso il controllo
di sé, ma di fronte alle assurdità di Valerio non seppe trattenersi. Valerio, alle parole
veementi di Pedro, s'alzò lui
pure in piedi pallido d'ira e,
picchiando un pugno sul tavolo urlò: ‘Ti ripeto che solo
io decido qui! E basta con
queste intromissioni e osservazioni! Non voglio più sentire
una parola: compreso?’ Pedro
lo guadava con aria di commiserazione domandandosi
come il Comando generale
avesse potuto affidare un così
importante e delicatissimo
incarico a un simile individuo.
[...] ‘Mario Nudi: a morte!’,
proseguiva intanto Valerio.
‘Pavolini: a morte! Mezzasoma: a morte! Paolo Porta: a
morte!’. E accanto a ogni
nome tracciava una croce
con una matita nera. La voce
di Valerio era ringhiosa e
aveva un leggero timbro di
soddisfazione: sembrava invaso dalla mania di giustizia.
A Pedro sembrava di vivere
le giornate del terrore della
Rivoluzione Francese. E non
si dava pace. Ma capiva che
non poteva fare nulla”.
Mario Nudi era nato nel 1912,
aveva combattuto in Africa
Orientale, era stato Capo Manipolo della Milizia Volontaria
per la Sicurezza Nazionale e
Moschettiere del Duce. Aveva
lavorato nella Confederazione
Fascista dei Lavoratori dell’Agricoltura. Era stato Capitano
dell’8 Brigata Nera ‘Resega’
di Milano, infine gli era stato
affidato il Comando della scorta della Presidenza del Consiglio dei Ministri nei mesi della
Rsi. Questo bastò per essere
condannato a morte.
[email protected]
7
Mercoledì 7 maggio 2014
Storia
LA VERITÀ STORICA È PURTROPPO ANCORA OGGI SOLO UN’ILLUSIONE, MA RESTA IL FATTO CHE IL PRIMO ATTO DI DE BONO FU LA SOPPRESSIONE DELLA SCHIAVITÙ
Quando la colonizzazione è civilizzazione/2
L’Italia fascista, al contrario delle altre potenze europee, portò l’igiene, il lavoro, il progresso
di Emma Moriconi
Q
ualche dato potrà contribuire a fare chiarezza sulla
vicenda dei Paesi colonizzatori. Alla fine del
1935, quando l’Italia cominciò ad occuparsi della questione
etiopica, un Paese come la Gran
Bretagna, che contava circa 551mila
kmq di superficie, possedeva oltre
dieci milioni di kmq tra possessi e
colonie. Saranno curiosi i nostri lettori di sapere a quanto ammontava
la popolazione dell’Inghilterra:
46.200.000 abitanti. Saranno ancora
più curiosi di conoscere a quanto
ammontava la popolazione dei suoi
possessi e delle sue colonie. Ebbene parliamo di 460 milioni di
persone.
La Francia è un altro caso da prendere ad esempio: la metropoli contava circa 550mila kmq contro i
quasi 11 milioni di kmq dei suoi
possessi e colonie. La sua popolazione superava di poco i 41 milioni
di abitanti, ma la popolazione dei
suoi possedimenti e delle sue colonie arrivava quasi a 61 milioni di
persone.
Un altro caso è quello del Belgio,
che con poco più di 30mila kmq di
metropoli e quasi 2,5 milioni di
abitanti possedeva 8,5 milioni di
kmq di possedimenti e 19 milioni
di persone che li popolavano. I
Paesi Bassi, con poco più di 34mila
mq di territorio metropolitano e
due milioni di abitanti possedevano
colonie per oltre due milioni di
kmq e, udite udite, ben 64 milioni
di abitanti negli stessi possedimenti.
Insomma, l’estensione dei territori
delle colonie e gli abitanti di esse
superavano di gran lunga il territorio e la popolazione del Paese
stesso. L’Italia, piccola e povera, in-
Inizio dei lavori della strada Harar-Giggiga, che avrebbe collegato Asmara a Massaua
sulso Stivale nel Mediterraneo, grande proletaria, con i suoi 310mila
kmq di territorio e i suoi quasi 42
milioni di abitanti possedeva meno
di 2,5 milioni di kmq di colonie e
poco più di due milioni di persone
che le abitavano. Insomma nel Bel
Paese la popolazione abbondava
e il lavoro non era sufficiente. In
Gran Bretagna e in Francia (giusto
per citare le nazioni più “prepotenti”) era l’esatto contrario: piccoli
territori con possedimenti immensi.
E poi, ricordiamo la vittoria mutilata
del nostro Paese dopo la Grande
guerra di cui abbiamo parlato nella
scorsa puntata…
L’Etiopia possedeva alcune caratteristiche peculiari, come la possi-
bilità di coltivazioni varie, come
l’orzo, il frumento, ortaggi, caffè,
frutta, tè e carcadè, prodotti per la
tessitura, ma anche la pastorizia e
l’allevamento delle api. E poi possedeva ricchezze minerali. Eppure
tutto questo era stato lasciato nel
più completo abbandono. Ecco la
funzione dell’Italia in Etiopia: essere
forza civilizzatrice.
Diceva Mussolini: “L’Italia ha una
massa demografica imponente, ha
una vitalità senza limiti, ha una
grande Storia, ha la sua parte direttrice del mondo, e nessuno potrà
sbarrare al Popolo italiano, in continuo divenire, il suo immancabile
cammino verso la grandezza e verso l’Impero che il popolo italiano
saprà costruire con le sue mani”.
Con queste premesse, all’alba del
3 ottobre 1935, le avanguardie italiane avevano varcato il confine tra
l’Eritrea e l’Etiopia, a nord di Adua.
In pochi giorni le truppe erano
avanzate senza incontrare grandi
resistenze. Il 5 ottobre Adigrat era
presa, il 6 fu la volta di Adua. I
soldati cantavano “Passa la Vittoria
sfavillante in un baglior, nel cielo
d’or. Mille artigli adunchi si protendono a ghermir: non può sfuggir.
Ecco gl’Italiani già hanno preso la
città: belli nel maschio viso in un
sorriso vogliono cantar. Adua è liberata: è ritornata a noi. Adua è
conquistata: risorgono gli Eroi. Va’,
vittoria, va’… Tutto il mondo sa.
Adua è vendicata, gridiamo alalà!”.
Attraverso la lettura di questi versi
si può ben comprendere quanto
orgoglio suscitasse per gli italiani
aver conquistato Adua, sul cui ricordo ancora bruciava la sconfitta
del 1896 e le migliaia di morti lasciati su quella terra in quella infausta battaglia. Uno sforzo colossale, quello che fece l’Italia, che
era un Paese estremamente povero.
A dimostrazione di
quanto la volontà,
lo spirito, il coraggio
e la determinazione
possano trasformare un intero popolo.
Che vuole “civilizzare” non “occupare
e sfruttare”.
La verità storica è
purtroppo ancora
oggi solo un’illusione, probabilmente.
Il primo atto di De
Bono fu la soppressione della schiavitù. E questo è un
primo, lampante,
non discutibile fatto. La situazione
in Etiopia era talmente incancrenita
che il generale ricorderà: “Devo
dire che il bando non fece grande
effetto sugli schiavi liberati. Molti
di costoro si presentarono alle nostre autorità domandando:‘E adesso
ci darà da mangiare?’”.
Una realtà, insomma, dove la civiltà
era indispensabile. Basti pensare
che le decine di migliaia di soldati
che attraversarono quei territori
dovettero faticare non poco per
farsi strada senza vie di comunicazione. Man mano che i soldati avanzavano, gli operai si erano messi al
lavoro per ampliare le strade e
consentire ai camion un passaggio
non rischioso.
PIETRO BADOGLIO SOSTITUISCE DE BONO, LE TRUPPE ITALIANE AVANZANO MENTRE IL BEL PAESE CONTINUA AD ESSERE MINACCIATO DALLE SANZIONI
Vicende di guerra e di sangue
Fatti cruenti caratterizzano i lunghi mesi del conflitto,
come la tragica fine di Tito Minniti, torturato e ucciso a Dagabur
a volontà di De Bono di proseguire la guerra facendo un passetto alla volta, contrariando la
volontà di Mussolini che voleva invece
una guerra lampo ed una veloce fascistizzazione dei territori, gli fruttarono la sostituzione con quell’abile
manovratore che risponde al nome
di Pietro Badoglio, il quale, anche in
quella circostanza, mostrò il peggio
di sé, incolpando De Bono di eccessivo lassismo e proponendosi egli
stesso come il solo in grado di risolvere la questione in brevissimo tempo.
Mussolini aveva bisogno di fare in
fretta: non dimentichiamo che la Società delle Nazioni aveva comminato
all’Italia le sanzioni (alle quali il Paese
aveva risposto per le rime mostrando
grande coraggio ed autosufficienza,
senza farsi intimorire e senza cedere
di un millimetro, ma che a lungo andare potevano rivelarsi pesanti, soprattutto relativamente all’estensione
delle sanzioni stesse al petrolio).
Inoltre bisognava fare presto per con-
L
cludere rapidamente la vicenda anche
per i notevoli malumori che essa
creava con gli altri Paesi, in special
modo con la Gran Bretagna. Della
situazione un personaggio come Badoglio non poteva non approfittare.
Molto si è dibattuto nell’analisi della
guerra d’Etiopia sull’uso dei gas tossici da parte delle truppe italiane. A
parte il fatto che l’utilizzo di questi
gas non è certo, e che chi parlò del
suo uso fece riferimento a piccolissime quantità, bisogna anche dire
che si trattava di una guerra e non
di uno scambio pacifico di opinioni.
E poi non bisogna nemmeno dimenticare che gli Abissini usarono
le pallottole esplosive e si resero
responsabili di gravissimi atti di inaudita ferocia.
Abbiamo visto, a titolo di esempio,
cosa furono capaci di fare al giovane
pilota Tito Minniti sul suolo di Dagabur. Ne abbiamo già parlato ai nostri
lettori, a questo giovane eroe Il Giornale d’Italia ha dedicato uno dei suoi
“Ritratti”. Ne ripercorriamo qui, rapidamente, le vicende, per inquadrare quella microstoria nella macrostoria del nostro popolo. Minniti
era sottotenente della Regia Aeronautica che era partito insieme ad
un collega per un volo di ricognizione
su Dagabur. Colpito dagli Abissini,
fu costretto ad atterrare. Il suo collega
fu ucciso e Minniti fu torturato, evirato,
lasciato in un lago di sangue, gli fu
scorticato il petto: con la sua pelle
l’abissino avrebbe fatto un portasigarette “da usare nelle grandi solennità”. Il cadavere del giovane aviatore venne sezionato, la sua testa fu
infilzata sulla baionetta di un soldato,
i piedi su altre due. Quattro giorni
dopo aeroplani italiani lanciarono
manifesti a firma Graziani: “Avete
assassinato un aviatore italiano, vio-
lando i principi dell’umanità
per i quali i prigionieri sono
sacri. Sarete puniti”. La regione venne dunque bombardata. Tito Minniti non fu
il solo a ricevere questo
tipo di disumano trattamento.
Per tornare alla guerra in
Etiopia, l’Esercito Italiano
ebbe fortune alterne. Non
è questa la sede per rievocare tutte le fasi di quel conflitto, ricordiamo appena
che il 28 febbraio il tricolore
sventolava sull’Amba Alagi
e che, mentre Badoglio
avanzava, Graziani sul fronte
Somalo, con la sola divisione
Peloritana, su indicazione
dello stesso Badoglio, si limitava a tenere impegnato
il nemico. Ne uscì vincitore
nel gennaio 1936, quando
Neghelli fu occupata.
Badoglio, nel frattempo, continuava
la sua avanzata e il 5 maggio entrò
ad Addis Abeba, dove nel pomeriggio cominciò a sventolare il tricolore.
La sera dello stesso 5 maggio il Duce
diede l’annuncio dal balcone di Palazzo Venezia ad una folla sterminata
che per dieci volte lo costrinse ad
uscire per essere acclamato.
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Mercoledì 7 maggio 2014
Da Roma
SALARIO ACCESSORIO, LA GIUNTA DI CENTROSINISTRA SFUGGE DAVANTI ALLE PROPRIE RESPONSABILITÀ
In tredicimila chiedono
le dimissioni del sindaco
E Storace affonda il colpo: “Renzi promette 80 euro, Marino ne sottrae centinaia.
Il saldo mensile resta negativo. Vergogna, amministrazione comunale di Roma”
di Giuseppe Sarra
N
on c’è nessuno, ad oggi,
che “mobilita le masse”
come lui… di proteste
però! Tanto da mandare
in tilt il traffico del centro.
A quasi un anno dal suo insediamento, ai piedi del Campidoglio se
ne sono viste di tutti i colori. E con il
passare dei giorni andrà sempre
peggio. Il piano di rientro che eviterà
dal default le casse del Comune di
Roma è ricco di tagli lineari ai servizi
con il conseguente aumento dei tributi. A partire dal salario accessorio.
E così in tredicimila, ieri, hanno chiesto le dimissioni del sindaco Ignazio
Marino e della sua giunta. A scendere
in piazza, per l’ennesima volta, i dipendenti comunali. Una contestazione di queste proporzioni, però,
non si era mai vista. Insomma, tutti
uniti contro il salario accessorio.
A sfilare sotto il Campidoglio pure
gli agenti della polizia municipale –
i cosiddetti pizzardoni, tra i più agguerriti dall’insediamento del chirurgo genovese a palazzo Senatorio
– che a gran voce hanno beccato la
maggioranza di centrosinistra. Non
solo: i vigili hanno indossato delle
t-shirt con su scritto: “Grazie a Marino farò... il giocoliere al semaforo”,
o ancora a “Grazie a Marino farò...il
venditore di ombrelli” fino a “Grazie
a Marino farò... il viados”.
Con loro anche gli amministrativi,
le educatrici scolastiche ma soprattutto i sindacati. C’erano pure quelle
sigle tanto care, una volta, alla sinistra. Roba da non credere. Un fatto
impensabile fino a pochi anni fa.
Un esercito pronto a difendere con
le unghie e con i denti il proprio
salario. Al diavolo la destra e la sinistra: tutti uniti contro il sindaco
del Partito democratico: “Marino
dimettiti”. Un vero “assedio sonoro”.
Tanto da far tornare sui propri passi
il sindaco di Roma che, con il suo
inconfutabile politichese, tende la
mano ai manifestanti: “Va trovata
una soluzione unitaria”. Ma ormai
il patatrac è compiuto.
“Perché dobbiamo pagare noi con
i nostri salari?”, chiede un precario
del comune. Mentre un altro, armato
di fischietto e bandiera, punta il dito
contro i maxistipendi dei dirigenti:
“Andassero a tagliare gli stipendi
dei manager che prendono un sacco
di soldi”. “Marino non sta mantenendo le promesse fatte”, grida
Giovanni che poi rinfaccia al primo
cittadino: “Aveva detto che ci avrebbe valorizzato e invece...”. “Lo abbiamo circondato”, osserva invece
Maria. E ribatte: “Esca con le mani
in alto”.
Mentre il vicesindaco Luigi Nieri,
davanti alla folla oceanica ai piedi
del Campidoglio, come già accaduto
in passato, scarica le responsabilità
della giunta sul governo “Si tratta
di un tema nazionale, intervenga il
governo”, ci pensa il leader de La
Destra Francesco Storace a tirare le
orecchie al premier e al sindaco:
“Renzi promette 80 euro, Marino
ne sottrae centinaia. Il saldo mensile
resta negativo. Vergogna, amministrazione comunale di Roma”.
Questa la rivoluzione che decantavano in campagna elettorale Marino
e compagni?
bligata a dichiarare la zona ad elevato
rischio di crisi ambientale”. Una decisione, quella del Tar del Lazio, che
non lascia spazio ad interpretazioni.
Sabato scorso, intanto, un centinaio
di residenti hanno organizzato un
presidio davanti i cancelli del sito
di Falcognana. Il rischio che la discarica possa essere utilizzata per
dare ancora sollievo all’emergenza
rifiuti di Roma, c’è ed è reale.
A monitorare la situazione, come sempre, i cittadini.
“Non vogliamo un’altra Terra dei Fuochi. Il pericolo – hanno denunciato i
manifestanti - esiste perché la capitale
è in grave difficoltà. Il sindaco Marino
è venuto qui a dire che non metterà
neanche una busta ma lo vogliamo
G.S
scritto nero su bianco”.
MONTI DELL’ORTACCIO
Colari presenta ricorso al Tar
Il consorzio di Manlio Cerroni chiede l’annullamento dell’aia
per il sito. Sale la tensione anche tra i residenti di Falcognana
isale la tensione tra i residenti
che vivono a ridosso delle discariche di proprietà di Manlio
Cerroni. Il Colari, il consorzio laziale
rifiuti che fa riferimento al patron di
Malagrotta, ha presentato ricorso al
Tar del Lazio contro l’annullamento
dell’aia per il sito di Monti dell’Ortaccio.
La decadenza dell’autorizzazione integrata ambientale per quella discarica, rilasciata a dicembre del 2012
dall’allora commissario ai rifiuti di
Roma, Goffredo Sottile, era stata sancita
da una determina dirigenziale del-
R
l'area rifiuti della Regione Lazio lo
scorso 28 febbraio.
Due le motivazioni che portarono a
quella decisione. L’assenza, secondo
l’ente regionale, di una fidejussione
idonea e il fatto che “non è possibile
affermare inequivocabilmente l’assenza di pericolo di inquinamento
della falda... - si legge nella determina
- Non si esclude la presenza di una
falda superficiale che verrebbe solo
deviata dalle opere di impermeabilizzazione dell’invaso”. Pertanto “il
sito di Monti dell’Ortaccio per le sue
caratteristiche idrogeologiche e di
permeabilità - recitava ancora la determina- non può essere considerato
idoneo ed inoltre le scelte progettuali
per la sua tenuta in sicurezza la trasformerebbero, in caso di evento piovoso eccezionale (vedi relazione dell’Università di Padova), con il polder
ad impedire il naturale flusso delle
acque, “in un catino immerso nell’acqua” o in una ‘discarica galleggiante’”.
Eppure, un mese fa, i giudici amministrativi hanno emesso un verdetto
inequivocabile sull’area di Malagrotta.
“In tempi rapidi, la Regione sarà ob-
BASKET
Virtus al lavoro per l’ultima contro Varese
Contro i lombardi tutti gli abbonati potranno acquistare biglietti al prezzo promozionale di 10 euro
T
ornata da Venezia con in
mano il pass per playoff,
l’Acea Virtus Roma ha ripreso ad allenarsi in vista dell’ultima sfida di regular season
contro Varese, che deciderà la
posizione della squadra capitolina e di conseguenza la sua
avversaria nei quarti di finale.
Cantù o Siena le due possibili
contendenti, formazioni che
rievocano inevitabilmente il recente passato: da una parte la
qualificazione all’ultima finale
playoff dopo una gara 6 strap-
pata contro ogni pronostico al
Pianella e il bagno di folla al
termine di gara 7, dall’altra una
rivalità consolidatasi nell’ultimo
decennio con due finali scudetto e tante battaglie sul campo. Dopo la gara del Taliercio
coach Dalmonte aveva subito
inquadrato il momento: “Viviamo una situazione molto semplice, che mi tengo molto stretta,
un 6° posto che ci giocheremo
con le nostre mani in casa con
Varese e un 7° assicurato. Abbiamo 4 giorni per preparare
la gara di domenica e prendere
quello che ci spetta, al di la di
quanto successo nell’ultimo
mese”.
Quella contro i varesini sarà
l’ultima gara di regular season,
e per l’occasione la Virtus Roma
ha riservato a tutti gli abbonati
la promozione “Porta un amico”: presentando la propria
tessera in biglietteria, ogni abbonato potrà portare fino a 2
amici nel proprio settore di riferimento del Palazzetto dello
Sport, al prezzo speciale di 10
euro cadauno.
I tagliandi “Porta un amico”
sono disponibili esclusivamente
presso la biglietteria del Palazzetto dello Sport, aperta giovedì 8 e venerdì 9 maggio
dalle 15.00 alle 19.00, sabato
10 dalle 11.00 alle 13.00; il
giorno della gara la biglietteria
sarà aperta dalle 11.00 alle
13.00 e dalle 15 in poi. Ulteriori
informazioni sono disponibili
nella sezione Biglietteria del
sito www.virtusroma.it
Fabrizio Cicciarelli
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Mercoledì 7 maggio 2014
Dall’Italia
RITORNA L’INCUBO DEL MOSTRO DI FIRENZE
Donna crocifissa: ci sono almeno altri sei casi
Sempre più accreditata l’ipotesi di un maniaco seriale che avvicina le prostitute, le sevizia
e le lascia legate a una sbarra in posizione di crocifissione. Sospettati al momento due uomini
di Barbara Fruch
A
Firenze si fa strada la
paura del serial killer,
dopo il ritrovamento, avvenuto lunedì nella zona
del cimitero di Ugnano,
del cadavere di una donna, Andrea
Cristina Zamfir, 26enne prostituta
romena, legato a una sbarra in
posizione di crocifissione. Indossava solo un paio di scarpe ed
era in ginocchio; le braccia aperte
e fissate con un nastro adesivo a
una sbarra, quella che chiude una
strada secondaria e finisce in un
campo.
Ad ucciderla sarebbe stato lo stesso
uomo che l’anno scorso, nella stessa
zona, ha crocifisso un’altra prostituta, che però è stata salvata in
tempo. Secondo una prima ricostruzione nella notte tra domenica
e lunedì, la romena si sarebbe apparta con un cliente. Forse lei ha
acconsentito a un gioco erotico,
ma lui in realtà ha solo l’intenzione
di immobilizzarla per aggredirla
da dietro. Poi l’avrebbe seviziata,
sembra con un bastone. Non
l’avrebbe strangola, e neppure picchiata, magari non si era neppure
accorto che la donna era moribonda. L’ha lasciata lì, legata. Lei
ha tentato di liberarsi, lo dimostrano
i segni sui polsi, ma è morta, lentamente.
Ed è proprio su quello scotch che
si stanno concentrando le indagini
della squadra mobile di Firenze:
un particolare inquietante, che accomuna la morte di Cristina a ben
altre sei violenze sessuali avvenute
Nel marzo 2013 una
donna italiana di 45
anni fu trovata nuda,
legata con del nastro adesivo a una
transenna nei pressi
del cimitero di
Ugnano.
Secondo quanto appreso, i militari
avrebbero perquisito proprio l’abitazione di quell’uomo
che venne coinvolto
nell’ambito delle indagini sul quel caso
analogo. Perquisite
anche altre abitazioni da lui frequentate.
Si tratterebbe di un
italiano di mezza
età, fra i 50 e i 60
anni, di corporatura
robusta, che si muoIl luogo del ritrovamento del corpo di Andrea Cristina Zamfir (qui sotto)
ve a bordo di un’utilitaria di colore chiaro
chi, in dotazione all’ospedale fioche sembra un furgone. Oltre a lui
rentino di Careggi. “Stiamo cerle indagini si sono concentrate ancando di determinare con esattezza
che su un altro uomo che venne
il numero dei fatti su cui indagare,
indagato per una prostituta seviziata
andando indietro nel tempo - hanno
e legata con una corda, nel 2006, e
spiegato gli investigatori - Riveche venne poi prosciolto nel 2009
dremo tutti i casi e le denunce per
dal gip.
cercare di individuare le stesse riE anche la vittima, Andrea Cristina
correnze o le stesse modalità”.
Zamfir, si prostituiva e lo faceva in
Nessun identikit dell’aggressore
modo autonomo. Secondo quanto
al momento anche se, secondo intrapelato infatti la romena, in Italia
discrezioni, vi sarebbero i primi
da alcuni anni, lavorava in strada
a Firenze negli ultimi dieci anni e
sospettati. Nel corso della serata
senza far parte di un’organizzazioche ha fatto immediatamente pendi lunedì e della notte i carabinieri
ne. Per questo motivo sarebbe difsare a un aggressore seriale. Si
hanno eseguito alcune perquisizioni
ficile risalire al luogo dove è stata
tratta di un nastro adesivo per imin relazione a una denuncia per un
avvicinata dal suo cliente. Accerballaggi, usato per chiudere i paccaso simile accaduto un anno fa.
tamenti sono comunque in corso
per ricostruire le ultime ore di vita
della ragazza, in particolare per
individuare le persone con cui è
entrata in contatto nella giornata
di domenica. La giovane, secondo
quanto emerso, avrebbe avuto problemi di droga, ma non ha precedenti di polizia legati a questo tipo
di reati: l’unico, risalente a diversi
anni fa, sarebbe relativo a una violazione delle norme sull’immigrazione.
Certo è che le indagini sulle violenze seriali e quella sull’omicidio
si sono intrecciate. Lo stupratore
seriale ha avvicinato le sei donne
in strada, ha contrattato il prezzo e
poi le ha caricate sul proprio mezzo.
Dopodiché, ha avanzato la richiesta
di un gioco erotico particolare: le
braccia delle vittime legate con lo
scotch. Finché, probabilmente, il
gioco non è sfuggito di mano, trasformandosi in violenta aggressione. A prendere in mano tutti i
fascicoli, estratti dagli archivi di
carabinieri e polizia, è stato il
pubblico ministero Paolo Canessa,
lo stesso che indagò sui delitti
del mostro di Firenze: otto coppie
uccise fra il 1968 e il 1985.
La paura del “Mostro” si abbatte
dunque anche sulla Firenze del
2014, il modus operandi dell’assassino ha fatto sobbalzare sulla
sedia l’opinione pubblica. Niente
a che vedere con le operazioni
chirurgiche compiute dai “Compagni di merende”, ma tanti indizi
che portano sulle tracce di un maniaco che potrebbe avere già colpito e soprattutto, si teme, potrebbe
ripetersi.
ANCORA CENTRI MASSAGGI HOT A PALERMO
“Sotto le stelle” si vendono studentesse… e non solo
La casa d’appuntamenti è stata scoperta in seguito alle intercettazioni. “Lo facciamo per campare” si
confidavano al telefono tra un cliente e l’altro. Tra loro anche una mamma. In manette i quattro gestori
S
gominato giro di studentesse-squillo a
Palermo. A scoprirlo sono stati gli agenti
della polizia del commissariato locale
che da tempo avevano individuato all’interno del centro benessere “Sotto le stelle”
di via Telesino, una casa di appuntamenti vera
e propria.
Le indagini erano cominciate quando qualche
residente del luogo, insospettato dal gran via
vai di uomini all’interno del centro benessere,
ha allertato la polizia.
Durante l’operazione, scattata lunedì mattina
dopo diversi mesi di accertamenti che hanno
permesso agli inquirenti di ricostruire quanto
avveniva, i militari hanno trovato in casa diverse
donne, tutte giovani, a volte studentesse, di età
fra i 20 e i 35 anni, ragazze arrivate in città
nella speranza di trovare un lavoro. Tra loro
anche una mamma con un figlio piccolo da
mantenere. Sono almeno 10 le storie emerse
dalle intercettazioni, e sicuramente non sono
tutte. Storie di donne, di disperazione, di emergenza sociale. “Lo facciamo per campare. Non
lo facciamo certo per divertirci”, comunicavano
fra loro tra un cliente e l’altro, ignare di essere
intercettate. Le giovani proponevano due tipi
di massaggio: “relax” e “body”. Niente altro
che due prestazioni sessuali: 50 o 120 euro.
I poliziotti del commissariato Zisa hanno trovato
in casa oltre alle dieci donne intercettate altre
tre ragazze. Erano state reclutate da poco.
A finire agli arresti domiciliari, dopo il blitz,
sono stati i due gestori del centro, Gioacchino
Adimino, 54 anni, e Sonia Castiglione, 34 anni,
nonché una terza persona che riceveva parte
degli incassi della struttura, Cristina Pirrotta,
27 anni. In manette anche Tommaso Gambino,
40 anni, che si occupava di reclutare le giovani,
attraverso annunci.
Secondo quanto
riferiscono dalla
Questura le donne
da avviare alla
prostituzione venivano rintracciate
per l’appunto tramite pubblicità su
internet. Le risposte erano tante.
Anche se poi molte donne, dopo il
colloquio in via Telesino, non accettavano il lavoro. Altre, invece, restavano.
Una volta avviate
al “mestiere”, i
proprietari trattenevano somme del denaro
pagato dagli avventori per la prestazione sessuale, in un giro d’affari che in una sola giornata
poteva fruttare da 700 a 1000 euro.
Insomma una vera e propria attività manageriale
di sfruttamento della prostituzione, in cui esisteva
un “listino prezzi” delle prestazioni delle “massaggiatrici”, cui era possibile addirittura applicare degli “sconti”.
Variegato risulta il ceto di provenienza dei frequentatori del centro, dall’operaio al professionista.
La prostituzione si conferma essere un mercato
piuttosto fiorente a Palermo. Spesso esercitata
da donne insospettabili. Lo scorso 16 gennaio
particolare scalpore aveva fatto l’arresto di
una vigilessa prostituta che gestiva, insieme
ad alcuni complici, tre centri massaggi hot. A
marzo le manette erano scattate per i gestori
di un finto centro culturale, in una zona residenziale della città, dove si prostituivano alcune
casalinghe.
Donne senza lavoro, quasi sempre disperate,
proprio come in questo caso. Donne disposte
a svendere il loro corpo in cambio di un guadagno facile e veloce.
Storie in tempi di crisi che a Palermo, ma
anche in altre molte città d’Italia, spinge ragazze
e mamme a gettarsi sulla strada o in una casa.
Una scelta a volte difficile ma necessaria se si
vuole campare.
Non sempre è così, fortunatamente: c’è anche
chi sceglie il mestiere più antico del mondo.
Di certo è che sarebbe bene regolamentare
una materia così complessa come la prostituzione dando così più garanzie sia alle prostitute
che ai clienti.
B.F.
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Mercoledì 7 maggio 2014
Cultura
OPERAZIONE NEW BRIDGE, COLLABORAZIONE INTERNAZIONALE FRA LA POLIZIA E FBI
’Ndrangheta: sequestrati beni per 2 milioni
Sei le persone coinvolte nel traffico di droga tra la Calabria e l’America
di Chantal Capasso
È
stato emesso un provvedimento di sequestro preventivo dal valore di ben 2
milioni di euro tra beni e
conti correnti riconducibili
a sei persone coinvolte nell’inchiesta
“New bridge”.
Eseguito dalla Polizia di Stato di Reggio Calabria e il Servizio Centrale
Operativo della Polizia di Stato, con
la collaborazione delle Questure di
Benevento e Catanzaro, su richiesta
della Procura Distrettuale Antimafia
di Reggio Calabria. L’operazione
“New Bridge” è il risultato di una
collaborazione internazionale fra forze
dell’ordine, svolta nell'ambito del protocollo d'intesa fra il Dipartimento
della Pubblica sicurezza italiano e il
Federal Bureau of Investigation degli
Usa. Questo quanto riferito in una
nota dalla Polizia di Stato.
L’inchiesta del Servizio centrale operativo e della Squadra mobile di Reggio, in collaborazione con l’Fbi, aveva
consentito già nello scorso febbraio
di individuare un’organizzazione criminale finalizzata al traffico di droga
tra la Calabria e l’America che faceva
riferimento alla famiglia degli Ursino
di Gioiosa Jonica e a quella mafiosa
dei Gambino a New York. In seguito
era stata provata anche l’esistenza di
una cellula di stampo mafioso, di una
famiglia Newyorkese, nel territorio
di Montefalcone di Valfortore. La
Squadra Mobile di Benevento, diretta
dal vice questore aggiunto Giovanna
Salerno, aveva dato esecuzione, lo
scorso 11 febbraio, a sei fermi.
Stando alle ricostruzioni degli inquirenti, sul territorio beneventano, la
cellula avrebbe aderito al sodalizio
criminoso oltre a commettere anche
reati contro il patrimonio e l’incolumità
personale.
Sono 18 le persone coinvolte nelle
indagini patrimoniali scattate subito
dopo il provvedimento di fermo, tra
le quali figura anche il gruppo operante nella provincia di Benevento.
Dall’inchiesta è emersa una sproporzione tra le disponibilità economiche e i redditi dichiarati. Sono
così scattati i sequestri nei confronti
di Carlo Brillante, Domenico Geranio,
Nicola Simonetta, Francesco Ursino,
Francesco Vonella e Cosimo Morando. Il provvedimento cautelativo
del Gip, su richiesta della Procura
distrettuale antimafia, ha disposto di
procedere al sequestro preventivo
dei beni di proprietà di Carlo Brillante. Trattasi della ditta “Bar Carlo”,
con sede a Montefalcone di Val Fortore, che ha la gestione sia di un
Bar-Caffetteria che di una autorimessa con conducente; di un appartamento di 9 vani in via Roma a
Montefalcone di Val Fortore, intestato
alla moglie di Brillante e il sequestro
di tutti i rapporti con saldo attivo intrattenuti dai membri della famiglia
dell’indagato presso istituti di credito
o finanziari.
Mentre a Francesco Vonella, originario
di Catanzaro, ma domiciliato nel comune fortorino, è stato, notificato in
carcere il sequestro di un fabbricato
sito in provincia di Catanzaro, di
un’autovettura Smart “FourFour” e di
tutti i rapporti con saldo attivo intrattenuti presso tutti gli istituti di credito
o finanziari presenti sul territorio nazionale.
Parallelamente ai provvedimenti
emessi sulla provincia di Benevento,
la Squadra Mobile di Reggio Calabria,
ha operato dei sequestri nei confronti
di membri della famiglia Ursino nei
territori calabresi.
Nel mirino delle forze dell’ordine anche i conti correnti degli indagati.
Fra i beni sequestrati: un ristorante,
due imprese, un’associazione culturale, diverse autovetture e quattro
terreni in Calabria, tra Gioiosa Jonica
e Squillace.
NELLE CASE ANCORA FANGO, SI LAVORA PER TAMPONARE LE FALLE APERTE DALLA PIENA DEL MISA
Lutto cittadino a Senigallia per le vittime dell’alluvione
Ieri nel Duomo le esequie dell'86enne portato via dall’esondazione del 2 maggio scorso
eri a Senigallia scuole
chiuse e lutto cittadino.
Nel pomeriggio in Duomo
sono stati celebrati i funerali
di Aldo Cicetti, l’86enne
portato via dall’esondazione
del Misa il 2 maggio, mentre
un soccorritore tentava di
metterlo in salvo da uno
scantinato di Borgo Bicchia
sommerso dall’acqua. Molte
le persone accorse per dare
l’ultimo saluto alla vittima.
In città e lungo le sponde
destra e sinistra del fiume
ci sono ancora centinaia di
case allagate o invase dal
I
fango, e il lavoro dei pompieri e dei volontari prosegue senza sosta.
In tutta la zona colpita dall’esondazione si continua a
spalare fango e prosciugare
l’acqua dalle moltissime abitazioni allagate, ubicate in
un’area molto vasta, che parte dalla destra del fiume per
estendersi dalla frazione di
Bettolelle fino alla costa, e a
sinistra ingloba le frazioni
di Vallone e Borgo Bicchia.
“Si cerca di tappare le falle
degli alvei aperte dalla piena” dichiara il direttore Mau-
rizio Ferretti del Centro funzionale multirischi della Protezione civile regionale, e
“contemporaneamente prosegue l’attività di assistenza
e soccorso alla popolazione,
anche con squadre di volontari arrivate da fuori regione”. Il Centro operativo
comunale è stato trasferito
oggi nella nuova sede municipale di via Leopardi, ed
ora è da lì che viene coordinata gran parte dell'attività
di soccorso, destinata a proseguire ancora per giorni.
La Protezione civile sta pre-
disponendo il “Rapporto di
evento” a supporto della richiesta di riconoscimento
dello stato di emergenza
presentata ieri dal governatore Gian Mario Spacca
al presidente del Consiglio,
mentre sarebbe stata anticipata a venerdì prossimo
la visita a Senigallia dei ministri dell’Ambiente Gian
Luca Galletti e dell'Agricoltura Maurizio Martina. Con
Spacca valuteranno sull’approvazione richiesta dello
stato di calamità per l’agriC.C.
coltura.
SICILIA - BUFERA SULLE NOMINA DEI MANAGER DELLA SANITÀ PUBBLICA
“Una manovra che rasenta il voto di scambio”
Santi Formica, capogruppo della Lista Musumeci, intervene dopo lo stop della prima commissione
all’Ars che lunedì doveva esaminare gli incarichi dei direttori generali di ospedali e Asp
S
coppia la polemica all’indomani
del nuovo stop sulla nomina dei
diciassette manager della sanità
pubblica in Sicilia. “Stiamo assistendo
a un balletto inverosimile che vai ai
limiti del voto di scambio” a puntare
il dito contro il governo è Santi Formica, capogruppo della Lista Musumeci all'Assemblea regionale siciliana. Proprio lunedì, in prima Commissione all’Ars, il presidente Antonello Cracolici e gli altri commissari
hanno atteso, invano, che il governo
consegnasse i decreti di nomina e i
curricula dei nuovi direttori generali
di ospedali e aziende sanitarie. Ma
non è arrivato nulla.
E mentre il Governatore siciliano, Rosario Crocetta si difende facendo sapere che i decreti sono “partiti da
Palazzo d’Orleans, controllassero meglio la posta...”, Formica, insiste: “Quei
decreti non sono mai stati firmati
ecco perché non sono mai arrivati in
Commissione – dice – In Giunta si
sta assistendo al tentativo di interferire
sulle scelte operate dalla Commissione nominata dall’assessore alla
Salite Borsellino per la valutazione
dei curricula, e già questo è un fatto
grave perché la politica non può cercare, dopo che si è fatto un bando
pubblico, di interferire per tentare di
modificare i criteri venuti fuori dalle
valutazioni di una commissione nominata con bando pubblico e che
ha dato corso a un
esito che ha previsto un determinato
punteggio e una
scrematura per i
requisiti della graduatoria dei 78”.
Poi l’accusa. “Ma il
ritardo con cui, in
maniera incomprensibile, la Presidenza della Regione non ha trasmesso la delibera
dei nominati in piena campagna elettorale, a mio modo
di vedere, può rasentare gli estremi
del voto di scambio. Siamo in presenza di 17 ‘nominandi’, ai quali si fa
intravedere la possibilità di essere
nominati, ma contestualmente si lascia
aperta la porta ad altre aspirazioni.
Tutto questo in campagna elettorale
è inconcepibile”. E conclude: “Si è
deciso di chiedere ulteriori giorni al
Presidente dell’Ars per quanto riguarda l’esame dei tre Policlinici che
scadevano giovedì e si è chiesto al
Governo che entro domani (oggi,ndr)
mandi all’Ars la delibera di nomina
degli altri manager mancanti”.
Insomma tanti i dubbi e diversi i
malumori per una scelta non condivisa.
11
Mercoledì 7 maggio 2014
Dall’Italia
JESOLO - NOTTE DI TERRORE PER UNA COMITIVA DI GIOVANI USCITI DALLA DISCOTECA
Rapinati e tenuti in ostaggio da una banda
Ad agire due marocchini pluripregiudicati e la ragazza italiana di uno di loro. I tre hanno
prima aggredito un giovane per poi salire sul pullman dirottandolo. Sono stati denunciati
di Miriana Markovic
U
n curriculum criminale
alle spalle fatto di aggressioni e rapine violente. Nonostante i precedenti, i due marocchini,
accompagnati da un’italiana, tutti
residenti a Mogliano Veneto (Treviso), si aggiravano indisturbati
pronti a colpire le vittime. Così
hanno fatto anche nella notte tra
giovedì e venerdì, quando i tre
hanno finto di soccorrere un ragazzo fuori da un locale e invece
lo hanno rapinato, sequestrandolo
assieme agli altri passeggeri di
un autobus.
La vittima, un diciottenne di Mirano
(Venezia), mentre era nella discoteca “Il muretto” di Jesolo, poco
dopo le 3, è uscito dal locale per
un malore, lasciando la sua comitiva di 50 ragazzi dai 17 ai 23 anni
partiti da Piove di Sacco con un
autobus turistico.
Il ragazzo viene notato da N.E.M.,
di 20 anni e da S.R. 26 anni, marocchini, entrambi pluripregiudicati, e da L.A. 20 anni, italiana sentimentalmente legata al primo.
Gli chiedono se si sente bene, fingendo di volerlo soccorrere. Ottenuta la sua fiducia, lo portano
lontano dallo sguardo degli addetti
alla sicurezza e a quel punto scatta
l’aggressione: “Non urlare”, gli
intimano. “Non chiedere aiuto o ti
picchiamo e ti buttiamo nel fosso”,
aggiungono.
Alla fine il ragazzo viene rapinato
del suo Samsung Galaxy S4 e di
30 euro in contanti. Il malcapitato
cerca di pedinare i malviventi, ma
poi deve desistere e torna indietro
dopo un’assenza durata circa
un’ora. Agli amici racconta l’accaduto, ma le disavventure per lui
(e per gli amici) non sono finite.
Alle 6 del mattino l’autista dell’autobus ritorna al parcheggio
della discoteca per prendere i
ragazzi. Un primo gruppo di una
ventina di giovani sale a bordo,
ma con loro si imbuca anche il
terzetto di rapinatori con l’intento
di derubare i passeggeri. L’autista
li nota e chiede loro di scendere,
ma quelli lo minacciano e chiedono di essere portati a Marghera
agitando due bottiglie di birra in vetro,
vuote.
Sono così intervenuti
alcuni passeggeri ed
è nata una rissa: l’autista temendo il peggio ha finto di acconsentire di portare a
Venezia i lestofanti,
ma si è diretto invece
verso il Commissariato di Jesolo. Compresa
la manovra, i balordi
sono insorti, ma l’autista li ha convinti a
scendere dal bus e a
prendere un mezzo
pubblico. In questo
frangente è scoppiata
un'’altra rissa e ad
avere il peggio sono
stati i tre che si sono
rifugiati in un bar.
L’autista è quindi tornato a riprendere il resto della comitiva alla
discoteca, chiamando il 113 dopo
che alcuni giovani a bordo si sono
accorti di essere stati derubati. Il
pullman ha perciò fatto dietrofront
fino al bar dove avevano lasciato
i tre malviventi che sono stati costretti con un’azione di forza da
parte dei 50 giovani a restituire il
maltolto. I rapinatori hanno la peggio, e mentre i giovani recuperano
parte della refurtiva che era contenuta negli zaini dei due balordi
e della ragazza, questi riescono a
fuggire e si allontanano verso l’autostazione Atvo.
Nel frattempo, sul posto, è giunta
una Volante che ha fermato i tre.
La ragazza cerca di disfarsi in extremis di un telefonino, di una tessera bancomat e di un foglio che
riporta il codice pin. La mossa
non sfugge al capopattuglia, che
la immobilizza e recupera la refurtiva. Il resto viene trovato addosso ai due uomini e nei loro
zaini, che poi vengono riconosciuti
dalla comitiva sul pullman.
In commissariato si scopre che il
26enne marocchino aveva alle sue
spalle ben tre arresti per altrettante
rapine aggravate commesse negli
ultimi cinque anni e una condanna
a due anni e due mesi per lesioni
personali gravi. I tre, visto che sono
stati bloccati non in flagranza di
reato, sono stati denunciati a piede
libero per sequestro di persona e
rapina aggravata, oltre che di furto
aggravato in concorso e porto d’armi e oggetti atti a offendere. La
loro posizione ora è al vaglio della
Procura e potrebbe cambiare molto
presto. I tre insomma sono ancora
liberi e pronti a colpire nuovamente. Probabilmente non hanno nulla
da perdere.
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Mercoledì 7 maggio 2014
Libri
FINO AL 21 GIUGNO UN VIAGGIO ITINERANTE DELLA LETTERATURA LUNGO LO STIVALE
“Il Giro d’Italia in 80 librerie”
Una staffetta ciclistica, culturale e ambientale da Aosta a Roma
di Francesca Ceccarelli
C
asco in testa, piede sui
pedali e un libro nello zaino. Tantissimi gli scrittori
e gli artisti che si daranno
il cambio in sella a quattro
biciclette ufficiali per il “Giro d’Italia in 80 librerie”, una kermesse
unica nel suo genere.
Si tratta di 2000 km su due ruote
per disegnare il filo che lega librerie e biblioteche, veri luoghi
di sogno e di piacere. Con loro librai, bibliotecari, traduttori, insegnanti, lettori e chiunque voglia
condividere un pezzetto di strada,
per riscoprire insieme il piacere
della lentezza che rivela differenze
e affinità.
Si è partiti da Aosta il 2 maggio
per tagliare il traguardo a Roma il
21 giugno: 100 ciclisti d’eccezione
attraverseranno l’Italia percorrendo
l’affascinante Via Francigena.
Tra gli altri, il mitico ideatore della
Lonely Planet Tony Wheeler, Andrea Vitali, Melania Mazzucco, Alessandro Benvenuti, Cristiano Cavina,
Davide Riondino, Paolo Cognetti,
Giuseppe Culicchia, Camilla Trinchieri, Antonio Pascale, Paola Zan-
noner. In tutto sono 20 gli editori
coinvolti con 80 librerie e biblio-
teche che verranno
animate da molti
eventi. Si incontreranno lungo il percorso 8 magici incroci con festival
culturali: Les Mots
– Festival della parola (Aosta), Salone
Internazionale del
Libro (Torino), Piano City (Milano),
Festival della Viandanza (Monteriggioni), Ciclomundi
(Portogruaro), Caffeina Festival (Viterbo), Letti di notte
(Roma), Festival
delle
Storie
(Abruzzo, Lazio,
Molise).
Sono 28 tappe ricche di eventi creativi, spettacolari e
conviviali per riscoprire l’ambiente, la cultura, le parole, i sapori e le bellezze del Paese. Largo spazio anche allo sport,
con un vero torneo sportivo per
la prima Coppa Italia di Biglie a
coppie. Si tratta di un concorso a
premi per votare la vetrina più
bella perché Le librerie sono la
vetrina del mondo, gustosi incontri
enogastronomici, un soggiorno
speciale al Campeggio Libro di
Vasto, curiose visite guidate da
autori nei musei e nei siti archeologici, Letture Bendate con tanto
di mascherine per godersi la letteratura a occhi chiusi, giocosi laboratori di letteratura e musica
per bambini, speciali letture su
due ruote a cura delle mitiche Biciclette Parlanti, ricche Colazioni
dei campioni per partire con energia, divertenti ciclo- staffette nelle
principali città, musica dal vivo e
tanto altro ancora.
L’idea è dell’associazione Letteratura rinnovabile con il contributo
della Regione Toscana e di Snam
e la collaborazione di tante case
editrici, librerie, biblioteche, scuole, Fiab – Federazione Italiana Amici della Bicicletta, Aib – Associazione Italiana Biblioteche, Ali – Associazione Librai Italiani.
DA GIOVEDÌ 8 A DOMENICA 12 LA MANIFESTAZIONE SARÀ OSPITATA NEL CAPOLUOGO PIEMONTESE
Torino, si aprono le porte del “Salone”
Quest’anno si è giunti alla 27a edizione con tantissime novità
i avvicina uno degli eventi più attesi dell’anno dagli appassionati di libri:
il Salone del Libro di Torino è
un evento che richiama centinaia di migliaia di visitatori
(lo scorso anno 330 mila) rappresentando uno dei pochi
baluardi a difesa della cultura,
della letteratura, in un'aspra
e impari battaglia contro televisione, computer, le nuove
tecnologie in genere.
Con l’avvento degli smartphone, il libro è forse l’ultimo
oggetto “antico” che resta in
uso con grande successo.
Hanno provato a sostituirlo
con tablet, ebook, reader digitali, ma per fortuna non ci
sono riusciti. Il fascino della
carta, del profumo delle pagine, del rumore che si sente
quando si sfoglia una storia
interessante a quanto pare
non ha prezzo.
E questo è il compito della
kermesse di Torino: cercare
in tutti i modi di preservare
questo mondo, soprattutto in
Italia, dove, statisticamente, si
legge meno rispetto alla media europea.
Da giovedì 8 a lunedì 12 maggio è in programma, presso
il Lingotto Fiere di Torino, il
27° Salone Internazionale del
Libro.
L'edizione 2014 sarà accompagnata, per l'undicesimo
anno consecutivo, dal Salone
Off, organizzato in tutti i quartieri del capoluogo piemontese e nei Comuni limitrofi.
S
La Fondazione per il Libro, la
Musica e la Cultura, alla cui
guida c'è sempre Rolando
Picchioni, ha deciso di accostare la fiera al tema del "Bene",
in ogni sua sfaccettatura e
campo d'azione.
Per quanto riguarda il paese
ospite, quest'anno sarà la Santa Sede; il suo stand si caratterizzerà per una ricostruzione, in miniatura, del pavimento
di di Piazza San Pietro e la famosa cupola, chiamata dai
romani "Cupolone". La Regione ospite sarà il Veneto, con
la sua lunga tradizione di poeti
e narratori.
Sono previsti 53 nuovi espositori all'interno del salone e,
come gli altri anni, saranno
allestiti alcuni punti ristoro per
tutti i visitatori; uno in particolare sarà dedicato ai celiaci.
Il Bookstock Village, pensato
per i bambini e i ragazzi (da
zero a venti anni) si troverà
nel Padiglione 5. L'Ibf (International Book Forum), l'area
"affari", conterà 27 Paesi; attenzione particolare, per l'edizione 2014, sarà dedicata ai
rapporti tra Italia e Cina. Madrina del Salone 2014 sarà
Susanna Tamaro, divenuta famosa per "Va' dove ti porta il
cuore".
Tra le numerose iniziative che
coinvolgeranno il pubblico,
segnaliamo anche l'appuntamento con l'AutoreInvisibile,
ossia il traduttore. "Tradurre
Harry Potter: gli incontri sulla
traduzione".
Tra gli ospiti internazionali
Robert Harris, Ildefonso Falcones, Steve McCurry, Alfred
Brendel, Douglas Hosdtadter,
Altan, Jean Clair, Serge Latouche, Clara Sànchez e tanti
altri. Per l’Italia Massimo Cacciari ad Albeto Angela, da
Giuliano Ferrara a Massimo
Gramellini, daFerzan Ozpetek
a Luciana Littizzetto, da Francesco Guccini a Michele Serra. Ma anche Eugenio Sclafari,
Giovanni Floris, Vittorio Feltri,
Vittorio Sgarbi (qui a lato durante l'edizione del 2012), Luis
Sepùlveda, Carlo Petrini.
A livello istituzionale, invece
saranno presenti Dario Franceschini, ministro della cultura; Salvatore Settis, archeologo e storico dell'arte; Roberto Napoletano, direttore
del Sole 24 Ore; il cardinale
Gianfranco Ravasi, Matteo
Renzi, capo del Governo; Andrea Orlando, ministro della
Giustizia; Stefania Giannini,
ministro dell'istruzione; e poi
Pietro Parolin, Giuliano Amato,
Emma Bonino, Renato Brunetta, Massimo D'Alema, Walter Veltroni.
Gli organizzatori segnalano
la possibilità di accedere a
internet attraverso il servizio
wi-fi gratuito, senza limiti, in
diverse zone del Lingotto Fiere. Il Salone del Libro diventa
eco-sostenibile. Presso il Lingotto, infatti, sarà presente una
stazione temporanea di ToBike, il servizio comunale di affitto biciclette. In questo modo
si potrà raggiungere la fiera
partendo dai diversi punti di
ToBike e pedalando per la
città.