Settore Tutela Ambientale

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Settore Tutela Ambientale
Provincia di Pordenone
Medaglia d’oro al Valor Militare
Settore Tutela Ambientale
Servizio Gestione Rifiuti
Linee Guida per la progettazione, la
costruzione e la gestione degli impianti di
compostaggio del materiale verde
Dicembre 2009
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Provincia di Pordenone – Settore Tutela Ambientale – Servizio Gestione Rifiuti - Testo aggiornato al 18/12/2009
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INDICE
1
Premessa
pag.
5
2
Aspetti tecnici e gestionali
2.1
Scarti verdi ed altri materiali compostabili
2.2
Modalità di recupero della sostanza organica
2.3
Utilizzo e recupero dei residui vegetali
2.4
Il compostaggio
2.4.1
Parametri di processo
2.4.2
Gestione del processo di compostaggio
2.4.3
Caratteristiche del compost ottenuto
6
6
6
7
8
10
11
15
3
Procedure autorizzative
3.1
Classificazione normativa dei residui vegetali
3.2
Centri di compostaggio aziendali
3.2.1
Procedura ordinaria
3.2.2
Procedura semplificata
17
17
19
19
20
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1. PREMESSA
Le presenti “Linee Guida provinciali per il compostaggio del materiale verde proveniente da
attività di manutenzione/potatura del verde pubblico e/o privato” vogliono essere uno strumento
utile a tutti coloro che si apprestano ad iniziare la pratica del compostaggio in quanto vengono
riportati sia gli aspetti tecnici finalizzati alla realizzazione degli impianti sia quelli di carattere
normativo.
Le Linee Guida mirano dunque ad essere:
• una delle azioni del “Programma provinciale attuativo del Programma regionale per la
riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica”;
• uno stimolo alla pratica del compostaggio come strumento fondamentale per il recupero di
materiale organico da utilizzare in modo corrente e corretto nella concimazione dei terreni;
• un ausilio agli operatori per orientarsi nel contesto normativo e procedimentale;
• uno strumento per contenere i potenziali impatti o molestie che queste tipologie di impianti
potrebbero creare se costruiti e gestiti non correttamente.
Possono essere inviati al compostaggio tutte le matrici di natura organica non contenenti inquinanti
che, grazie all'azione di microrganismi aerobi, vengono trasformate in un ammendante più noto con
il nome di “compost”.
I principali materiali compostabili sono:
• frazione organica di rifiuti solidi urbani (FORSU);
• scarti vegetali di coltivazioni agricole;
• scarti vegetali dell'attività agroindustriale;
• segatura, trucioli e frammenti di legno o sughero;
• scarti tessili di origine vegetale ed animale;
• deiezioni animali;
• carta e cartone;
• materiale ligneo cellulosico derivante dalla manutenzione del verde ornamentale;
• fanghi di depurazione.
Nel presente documento vengono approfonditi prevalentemente gli aspetti del compostaggio degli
scarti vegetali provenienti dalle attività agricole e dalla manutenzione del verde ornamentale, che
per composizione chimica e tipologia, non presentano le problematiche di odori, mosche,
inquinanti, ecc. tipiche di altre matrici organiche quali l'umido proveniente da RSU, fanghi di
depurazione, scarti delle industrie agroalimentari, deiezioni animali, ecc.
Per la gestione di questi materiali la normativa consente delle semplificazioni di carattere sia
amministrativo che di tipo impiantistico-gestionale, qualora vengano trattati in impianti di piccole
dimensioni (<1.000 Mg/anno). Ciò permetterebbe di realizzare sul territorio una rete di impianti con
lo scopo di incentivare questa pratica di recupero e limitare la movimentazione ed il trasporto di
questa tipologia di rifiuti.
Visto il continuo evolversi della normativa ambientale le presenti Linee guida possono
essere integrate in qualsiasi momento.
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2.
ASPETTI TECNICI E GESTIONALI
2.1 Scarti "verdi" ed altri materiali compostabili
Si tratta dei materiali vegetali di risulta delle attività di manutenzione e cura del verde pubblico e
privato, raccolti in purezza e separati dagli altri flussi di rifiuti alla fonte.
Gli scarti di manutenzione del verde costituiscono un flusso di materiali compostabili che incide in
percentuale variabile, a seconda dei contesti urbanistici, sul totale dei RSU ma tende comunque (e
con particolare evidenza nelle situazioni con elevata incidenza di abitazioni monoutenza con
giardino) a manifestarsi con marcati incrementi della produzione mensile di RSU nei periodi
primaverili ed estivi, laddove non vengono predisposti circuiti dedicati alla loro intercettazione.
Nella manutenzione ordinaria dei giardini privati e parchi pubblici, si registra una produzione annua
per metro quadrato di alcuni chilogrammi (3-5) di sfalcio erboso; tali quantitativi sono all’incirca
raddoppiati da potature e fogliame. Risulta evidente il notevole contributo di questa frazione alla
produzione complessiva di RSU domestici già in abitazioni con piccoli giardini.
E' oggi possibile affermare che l'intercettazione unitaria dei residui da giardinaggio si colloca tra i
20-30 ed i 70-90 kg/ab/anno, sempre in dipendenza della tipologia abitativa prevalente
nell'insediamento urbano considerato.
Con caratteristiche molto simili al materiale proveniente dalla manutenzione del verde ornamentale
pubblico e privato vanno considerati i resti legnosi dalle attività industriali e artigianali che
impiegano legno o fibre vegetali non trattate, tutti gli scarti vegetali provenienti dalle ordinarie
pratiche agricole (potature di alberi da frutta, vigneti, stocchi di mais, paglia, ...) e forestali e/o dalla
lavorazione dei prodotti agricoli (scarti di frutta e/o ortaggi, colletti di barbabietole da zucchero, ...)
che non hanno subito alcun trattamento con sostanze tossiche e le deiezioni animali da sole o in
miscela con materiale di lettiera o frazioni della stessa ottenute attraverso processi di separazione.
Tutti i materiali sopra riportati devono essere correttamente gestiti e non possono essere eliminati,
come capitava un tempo, con la bruciatura sul posto in quanto si configurerebbe uno smaltimento
abusivo di rifiuti. La bruciatura di scarti vegetali è ammessa solo come misura di profilassi e cura
sanitaria contro patogeni imposta o autorizzata dal Servizio Fitosanitario Regionale. In questa
circostanza la bruciatura deve avvenire in zone circoscritte ed in conformità alle norme vigenti in
materia.
2.2 Modalità di recupero della sostanza organica
Gli scarti e gli altri materiali compostabili se da una parte rappresentano un onere per chi deve in
qualche modo disfarsene dall'altro sono una preziosa risorsa per migliorare le caratteristiche
chimiche dei suoli. Fino a qualche decennio fa, quando la nostra economia era ancora prettamente
agricola, tutti i residui vegetali trovavano come naturale destino direttamente o indirettamente il
terreno agrario.
Successivamente con il passaggio ad un'economia industriale e a un'agricoltura di mercato e con
l'adozione di tecniche agronomiche intensive e di specializzazione degli indirizzi produttivi,
supportate da forti input chimici dall'esterno, il ruolo della sostanza organica e dei residui vegetali è
passata in secondo piano.
Negli ultimi anni i costi sempre maggiori dei fertilizzanti chimici e l'impoverimento biologico dei
suoli hanno fatto riemergere l'importanza del mantenimento della fertilità biologica del terreno.
La sostanza organica del suolo, inoltre, rappresenta la più grande riserva terrestre di carbonio (C ),
con 1500 miliardi di tonnellate di C organico, mentre nell'atmosfera sono presenti 720 miliardi di
tonnellate di C sotto forma di anidride carbonica e solo 560 si trovano nella biomassa vegetale. La
sostanza organica del suolo quindi, oltre all'estrema importanza come fonte di nutrienti per il
sistema vegetale, ha anche un enorme ruolo come riserva di carbonio. Questo ruolo è balzato
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all'attenzione solo recentemente, quando il problema dell'emissione di anidride carbonica
nell'atmosfera e il conseguente aumento della temperatura hanno raggiunto dimensioni tali da
richiamare l'attenzione pubblica e costringere ad utilizzare tutti i mezzi a disposizione per ridurre le
emissioni di CO2. Infine bisogna sottolineare l'importanza ambientale di preservare il contenuto di
carbonio organico per combattere i fenomeni erosivi e di desertificazione.
Nel suolo la sostanza organica può essere considerata come una miscela di composti derivati da
piante e microrganismi a diversi stadi di degradazione, partendo dai residui biologici freschi fino ad
arrivare a composti già quasi trasformati in humus, cioè in materiale organico capace di migliorare
la fertilità del suolo.
La sostanza organica ha un effetto diretto sulla crescita delle piante grazie alla sua influenza sulle
proprietà fisiche, chimiche e biologiche del suolo. Essa infatti favorendo la strutturazione, facilita le
coltivazioni e consente la circolazione di gas e soluzioni all'interno del materasso terroso, ha
un'elevata superficie specifica, interagisce con i metalli e con i minerali argillosi, agisce come
scambiatore ionico e costituisce una riserva di azoto. La sostanza organica contiene inoltre il 2080% del fosforo presente e nei suoli non calcarei oltre il 90% dello zolfo totale. Essa costituisce la
fonte energetica per i batteri azotofissatori, favorisce lo sviluppo delle radici (quindi le possibilità
nutritive della pianta), la fotosintesi e la germinazione dei semi, stimola processi fisiologici e
biochimici del metabolismo cellulare e svolge una funzione di filtro permettendo di diminuire gli
effetti tossici di metalli pesanti e pesticidi.
Un'altra azione importante da un punto di vista ambientale della sostanza organica, è la sua capacità
di ridurre la lisciviazione dell'azoto attraverso prevalentemente:
1. aumento della capacità idrica dei suoli;
2. aumento del potere assorbente (capacità di trattenimento dell'azoto);
3. immobilizzazione nella struttura delle molecole organiche.
Il contenuto di sostanza organica nei suoli della nostra provincia, in particolare di quelli a carattere
alluvionale dell'alta pianura friulana, sta in maniera lenta ma costante, diminuendo
progressivamente e con esso anche la fertilità.
Per un'agricoltura ecocompatibile è necessario adottare tecniche di gestione del suolo conservative,
che favoriscono l'accumulo di sostanza organica e riducono le emissioni di anidride carbonica
nell'atmosfera contrastando significativamente l'effetto serra.
2.3 Utilizzo e recupero dei residui vegetali
Le modalità più diffuse di utilizzo e recupero dei residui vegetali sono:
1. la trinciatura seguita da interramento diretto. Questa pratica ha lo scopo di mantenere in situ
i residui vegetali senza ostacolare il normale svolgimento degli altri interventi agronomici;
2. l'utilizzo negli allevamenti animali come lettiera (paglia, stocchi, segatura, fogliame, ecc.) o
come foraggio (foglie e colletti delle barbabietole, paglia, ecc.);
3. l'utilizzo come combustibili per il riscaldamento o la produzione di energia elettrica;
4. la produzione di biogas;
5. la pacciamatura (erba, residui di potatura, corteccie, ecc.) per ridurre lo sviluppo di
infestanti, ridurre l'evapotraspirazione, l'erosione, migliorare struttura e portanza del suolo;
6. il compostaggio cioé quel complesso di operazioni, processi ed attività a carico di materiali
biodegradabili di varia natura, che sfruttando le potenzialità degradative e di trasformazione
da parte di sistemi biologici (essenzialmente legati all’attività di microrganismi
decompositori), consentono una mineralizzazione delle componenti organiche
maggiormente degradabili (processo definito anche come “stabilizzazione” della sostanza
organica) e l’igienizzazione per pastorizzazione della massa.
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Tutte queste pratiche possono essere attuate senza necessità di autorizzazioni di tipo ambientale
solo quando i materiali utilizzati sono classificabili, in base all'art. 183, comma 1, lettera p) del
Dlgs. 152/06 e s.m.i., come “sottoprodotti”. Rientrano in questa tipologia tutti gli scarti vegetali ed i
residui di lavorazione delle aziende agricole qualora vengano riutilizzati nel ciclo produttivo.
Nel caso in cui non si possa dimostrare che tali materiali abbiano tutti i requisiti previsti per i
sottoprodotti, gli stessi si configurano come rifiuti e come tali vanno gestiti. E' questo il caso degli
scarti verdi prodotti da un'attività artigianale di manutenzione del verde ornamentale che devono
essere trattati in appositi impianti di recupero.
La realizzazione ed esercizio di un impianto per il recupero dei rifiuti organici verdi da
manutenzione dei giardini prevede l'assoggettamento alla normativa sui rifiuti (parte IV del Dlgs.
152/06 e s.m.i.) per quanto riguarda le procedure autorizzative e sui fertilizzanti (Dlgs. 217/06 e
s.m.i.) per quanto riguarda gli standar e l'utilizzo qualora l'attività di recupero produca un
ammendante (compost).
La normativa vigente prevede due percorsi possibili:
• l'autorizzazione in procedura ordinaria
• l'attività in regime semplificato (D.M. 5/02/1998 e s.m.i.).
L'autorizzazione in procedura ordinaria prevede un percorso, per il richiedente, più impegnativo da
un punto di vista amministrativo per contro possono essere autorizzate tutte le misure di recupero
possibili e non ci sono vincoli quantitativi.
L'attività in regime semplificato, invece, prevede la possibilità di accedere ad un percorso
relativamente rapido di approvazione da parte dell'organo provinciale competente, di un progetto di
recupero del rifiuto organico che sottostia a determinate caratteristiche qualitative e quantitative
(quantità massima di rifiuti in ingresso: 7.500 Mg/anno). Se non vengono superate le 1.000
Mg/anno, ci sono ulteriori semplificazioni di tipo impiantistico. L'unica attività di recupero
ammessa è però il compostaggio per la produzione di un ammendante con caratteristiche diverse in
funzione dei rifiuti trattati.
Tab. 1 – Caratteristiche degli ammendanti
Prodotto
Componenti essenziali
ammessi
Ammendante compostato verde
Ammendante compostato misto
Rifiuti organici da manutenzione del verde
ornamentale, residui di colture, altri rifiuti
di origine vegetale, comprese alghe e piante
marine previa separazione da sabbia per una
quota non eccedente il 20% in peso
Fraz. organica degli RSU proveniente da raccolta
differenziata, rifiuti di origine animale compresi liquami
zootecnici, rifiuti da attività agroindustriali, da
lavorazione del legno e del tessile naturale non trattati,
da reflui e da fanghi (di cui quelli non agroindustriali
non possono eccedere la quota del 35% in peso) nonché
dalle componenti previste dall'ammendante compostato
verde
Nelle presenti linee guida, come previsto dal “Programma Provinciale Attuativo del Programma
regionale per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica” si analizzerà nello
specifico il recupero attraverso la pratica del compostaggio, dei residui ligneo-cellulosici
provenienti dall'attività di manutenzione del verde urbano ed ornamentale, che costituisce il mezzo
più semplice per una corretta gestione e recupero di tali scarti. Nella presente trattazione ci si limita
ad analizzare gli aspetti gestionali di impianti di piccole dimensioni.
2.4 Il compostaggio
Il compostaggio è un trattamento biologico che permette di:
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a) raggiungere la stabilizzazione della sostanza organica (ossia la perdita di fermentescibilità)
mediante la mineralizzazione delle componenti organiche più aggredibili, con produzione
finale di acqua ed anidride carbonica e loro allontanamento dal sistema biochimico. Tale
processo permette di sfruttare al meglio gli scarti verdi come ammendante nell'attività
agricola. Un prodotto organico "stabile", infatti nel suolo agricolo non produce più
metaboliti (intermedi di degradazione) ad effetto fitotossico, né consuma ossigeno
(necessario per la trasformazione delle componenti organiche "fresche"), sottraendolo alle
piante ed alla microflora del terreno;
b) conseguire, attraverso le alte temperature che si raggiungono, l' igienizzazione della massa.
Ciò consente di debellare i fitopatogeni ed infestanti presenti nei residui vegetali, impedendo
che il compost ne diventi vettore;
c) ridurre il volume e la massa dei materiali trattati al fine di renderne più agevole ed
economico il trasporto e la distribuzione.
Dal trattamento biologico della frazione verde effettuato con la tecnica del compostaggio si ottiene
un prodotto finito denominato Ammendante Compostato Verde (ACV) che deve rispettare gli
standard agronomici, merceologici ed ambientali previsti dal Dlgs. 217/06 e s.m.i..
Tab. 2 – Composizione degli ammendanti compostati
Prodotto
Ammendante compostato verde
Ammendante compostato misto
Umidità
<= 50
<= 50
pH
6-8,5
6-8,5
Carbonio organico (% su
s.s.)
> = 25
> = 20
Acidi umici e fulvici (% su
s.s.)
> = 2,5
>=7
Azoto organico (% su s.s.)
> = 80 su TKN
> = 80 su TKN
C/N
< = 50
< = 50
Piombo (mg/kg su s.s.)
< = 140
< = 140
Cadmio (mg/kg su s.s.)
< = 1,5
< = 1,5
Nichel (mg/kg su s.s.)
< = 100
< = 100
Zinco (mg/kg su s.s.)
< = 500
< = 500
Rame (mg/kg su s.s.)
< = 230
< = 230
Mercurio (mg/kg su s.s.)
< = 1,5
< = 1,5
Cromo VI (mg/kg su s.s.)
< = 0,5
< = 0,5
Taglio (mg/kg su s.s.)
< = 2 (solo per prodotti fatti con alghe)
< = 2 (solo per prodotti fatti con alghe)
Plastiche < 3,33 mm
< = 0,45 % su s.s.
< = 0,45 % su s.s.
Inerti < 3,33 mm
< = 0,9 % su s.s.
< = 0,9 % su s.s.
Plastiche 3,33-10 mm
< = 0,05 % su s.s.
< = 0,05 % su s.s.
Inerti 3,33-10 mm
< = 0,1 % su s.s.
< = 0,1 % su s.s.
Plastiche e inerti > 10 mm
assenti
assenti
Salmonella
Assenti in 25 g di campione fresco
Assenti in 25 g di campione fresco
2
Enterobacteriaceae
< = 1,0 x 10 cfu/g
< = 1,0 x 10 2 cfu/g
Streptococchi fecali
< = 1,0 x 10 3 MPM/g
< = 1,0 x 10 3 MPM/g
Uova di elminti
Assenti in 50 g. p.f.
Assenti in 50 g. p.f.
NB: caratteristiche chimiche/fisiche e microbiologiche per gli ammendanti compostati come definiti nell'allegato 2 del Decreto 22
gennaio 2009 che aggiorna il Dlgs. 217/06 concernente la revisione della disciplina in materia di fertilizzanti (GU n. 88 del 16/04/09
s.o. n. 51).
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L'ACV può essere utilizzato liberamente nelle attività agricole e in ambiti analoghi di applicazione
(manutenzione del verde pubblico, hobbistica, sistemazione di versanti, letti di biofiltrazione, nella
bonifica di siti inquinati, ecc.) nella quantità consigliata dalla buona pratica agricola o
commercializzato ai sensi del Dlgs. 217/06 e s.m.i..
Il compost che si ottiene restituisce pertanto al suolo la sostanza organica permettendo un ritorno di
fertilità a medio e lungo termine. Il contenuto di elementi nutritivi come azoto, fosforo e potassio
presenti nel compost determina un apporto energetico non trascurabile e conseguentemente un
risparmio di energia.
Il processo di compostaggio è un processo aerobico (necessità di ossigeno per la mineralizzazione
delle componenti a maggiore fermentescibilità, con conseguente stabilizzazione della biomassa) ed
esotermico (viene prodotto calore che permette di igienizzare la massa).
Il processo di compostaggio può essere descritto e suddiviso in due fasi:
1. Fase attiva (anche definita di “Biossidazione accelerata”):
in questa fase i batteri aerobi degradano la frazione organica, più facilmente fermentescibile,
contenuta principalmente nei materiali più umidi, in più composti semplici quali anidride
carbonica, acqua e sali minerali. La degradazione comporta un forte consumo di ossigeno e
una conseguente grande produzione di calore con successivo repentino innalzamento della
temperatura nella biomassa in trasformazione.
2.
Fase di maturazione:
durante la seconda fase, definita di maturazione o di umificazione i batteri aerobi,
responsabili della fase di biossidazione, vengono sostituiti da altri microrganismi costituiti
da funghi ed attinomiceti che completano il processo di trasformazione della sostanza
organica permettendo la formazione delle sostanze umiche.
2.4.1 Parametri del processo
I fattori principali di controllo del processo, che garantiscono le ottimali condizioni di sviluppo
della microflora e che consentano di accelerare le reazioni di decomposizione/trasformazione sono
rappresentati da:
• Ossigenazione: durante la fase attiva dev'essere garantita una costante presenza di ossigeno
nella massa per evitare che il processo rallenti sino a fermarsi. Se l'ossigeno dovesse
esaurirsi, dando spazio a fenomeni putrefattivi, potrebbero originarsi odori sgradevoli.
• Temperatura: nella fase attiva, con biomasse non eccessivamente umide e cumuli di
dimensioni adeguate, la temperatura può anche superare agevolmente i 70 °C, garantendo in
tal modo le condizioni per la igienizzazione del materiale (3 giorni a 55°C per la
legislazione italiana). Le condizioni termometriche ottimali per i processi di stabilizzazione
sono invece quelle tendenzialmente mesofile per cui è opportuno adottare i sistemi di
rimozione del calore in eccesso.
Il mancato raggiungimento di temperature adeguate o loro instabilità nel tempo può essere
causato da:
✗ rapporto C/N non ottimale nella miscela, per cui il processo biossidativo stenta a
partire;
✗ frequenza troppo bassa di rivoltamento, per cui la miscela può risultare disomogenea,
con zone in cui il processo biossidativo si blocca, generando anche, per l’instaurarsi
di condizioni di anaerobiosi, il rilascio di emissioni maleodoranti;
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basso tenore di umidità della miscela in trasformazione (es. eccesso di materiale
strutturante);
✗ frequenza troppo alta di rivoltamento, per cui il calore viene disperso troppo in fretta.
Umidità: è indispensabile per lo sviluppo microbico che risente fortemente sia di eccessi di
umidità che di mancanza. I valori ottimali della umidità della massa (55-65%) tendono a
decrescere con il procedere dei processi di stabilizzazione e conseguentemente con il
decremento delle attività biologiche a carico della massa in trasformazione. Il materiale
iniziale deve invece avere un'umidità relativamente elevata per esaltare le funzioni di
termoregolazione collegate alla evaporazione della stessa ed evitare al contempo
disseccamenti precoci. A tal riguardo posso risultare utili in momenti particolari del processo
delle umidificazioni della massa.
Nutrienti: sotto tale profilo è importante il ruolo giocato dal rapporto C/N, che esprime il
rapporto tra le sostanze che forniscono ai microrganismi energia per le loro reazioni
metaboliche (composti carboniosi) e materiali plastici per la loro moltiplicazione (composti
azotati). Il rapporto C/N ideale è compreso tra 25 e 30 unità, tenendo presente che ogni
scostamento da questi valori porta a carenze o eccessi che condizionano fortemente le
attività biologiche, determinando una massiccia perdita di azoto (nel caso di valori bassi di
C/N) o un rallentamento delle reazioni metaboliche, nel caso di valori alti di C/N. In genere i
residui degli sfalci hanno un rapporto C/N basso mentre i residui di potatura eccessivamente
elevato. Qualora si compostino solo i residui di potatura, per abbassare il rapporto C/N,
possono essere aggiunte alla massa vegetale deiezioni animali (letame, liquami, pollina).
Qualora invece prevalga lo sfalcio del manto erboso e quindi un materiale con un basso
rapporto C/N si può procedere alla miscela con paglia di cereali, stocchi di mais e trucioli di
legno vergine.
✗
•
•
Tutti i fattori di controllo sopra elencati sono strettamente correlati fra di loro e pertanto agiscono
simultaneamente nell'influenzare l'esito del processo di compostaggio.
L’evoluzione della sostanza organica durante il compostaggio procede sia quantitativamente, con
una evidente riduzione volumetrica e ponderale, che qualitativamente, con una modificazione anche
consistente delle caratteristiche chimiche della sostanza organica contenuta nel materiale di
partenza.
Dal punto di vista qualitativo la sostanza organica, una volta terminato il processo di compostaggio,
si presenta:
• Stabile, cioè con processi degradativi di natura biologica alquanto rallentati;
• Matura, cioè non presenta fenomeni di fitotossicità;
• Umificata, cioè dotata opportunamente di molecole umiche (humus) originatesi da reazioni
di umificazione a carico delle componenti della sostanza organica.
Nell'impianto devono essere individuate e pianificate le fasi ed i processi di produzione che hanno
diretta influenza sulla qualità, in modo da assicurare che questi processi avvengano in condizioni
controllate.
Tali condizioni devono prevedere procedure documentate che definiscano le modalità di conduzione
delle varie fasi del processo.
2.4.2 Gestione del processo di compostaggio
Le modalità con le quali è possibile attuare il trattamento di compostaggio dipendono da una serie
di parametri tra i quali spiccano le caratteristiche chimico-fisiche dei residui da trattare, la loro
disponibilità annua, la frequenza con la quale essi risultano disponibili. La tecnica del compostaggio
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aziendale non richiede particolari tecnologie e spesso i macchinari necessari sono già presenti nelle
aziende agricole e in quelle artigianali di manutenzione del verde ornamentale.
Stoccaggio all’aperto dei materiali lignocellulosici
E' importante che il materiale conferito all'impianto venga stoccato separatamente negli appositi
spazi. Il materiale costituito prevalentemente da sfalci erbosi (materiale putrescibile) deve essere
avviato in tempi rapidi alla fase di biossidazione mentre le ramaglie possono essere conservate per
tempi più lunghi ed utilizzate nelle miscele come strutturante per assicurare una maggiore
ossigenazione della massa.
Separazione di corpi estranei
È un pre-trattamento che consiste nelle operazioni tecnologiche volte ad allontanare i corpi
indesiderati, dalle biomasse prima di avviarle al trattamento biologico
Miscelazione
La miscelazione ha significato soprattutto quando il materiale da sottoporre a compostaggio è
costituito da più componenti (es. sfalci erbosi, residui di potatura, effluenti di allevamento) che
differiscono sensibilmente fra di loro per il contenuto in umidità, pezzatura e consistenza in modo
tale da dare alla miscela un giusto grado di umidità e di porosità.
Può essere realizzata al momento della triturazione o successivamente durante la formazione e/o
rivoltamento dei cumuli.
Per la miscelazione vengono generalmente adottati tamburi di miscelazione, carri miscelatori a
coclee, ecc.
Triturazione
Ha lo scopo di ridurre la pezzature dei materiali più grossolani (branche legnose e potature in
genere) al fine di ottenere un prodotto di consistenza tale da garantire la giusta porosità all'aria della
massa favorendone il contatto con i microrganismi che sovrintendono il processo di compostaggio.
Con la triturazione si attua inoltre una riduzione volumetrica del materiale in ingresso: essa è
indispensabile in presenza di residui legnosi di medio-grandi dimensioni, mentre non è necessaria
per la paglia, gli sfalci e le ramaglie minute. Questa operazione viene attuata con i trituratori che
riducono il materiale vegetale a dimensioni di qualche centimetro.
Formazione del cumulo
Il materiale destinato al compostaggio viene infine posto in cumulo dove vi rimarrà fino ad
avvenuta stabilizzazione. Il compostaggio normalmente si attua disponendo la matrice di partenza
in lunghe andane aventi sezione triangolare o trapezoidale che vengono movimentate o rivoltate
periodicamente. L’altezza delle andane varia a seconda delle caratteristiche del substrato e della
macchina movimentatrice.
Rivoltamento
Il rivoltamento ha la funzione di disgregare il materiale in cumulo in modo da ripristinare la
porosità della massa favorendo gli scambi gassosi interno-esterno e di rimescolamento del prodotto
lungo la sezione del cumulo ed incrementando la superficie utile per l'attacco dei microrganismi.
Sebbene le andane, in conseguenza del rivoltamento vengano areate, l'ossigeno apportato dalla
movimentazione è consumato rapidamente dai microrganismi per cui l'ossidazione biologica non
può essere mantenuta costantemente al massimo dell'efficienza. La frequenza del rivoltamento
risulta direttamente proporzionale alla fermentescibilità del prodotto: nei primi 15 giorni è bene
procedere ad almeno un rivoltamento ogni 3-5 giorni. Con il progredire della maturazione la
frequenza del rivoltamento si riduce e gli intervalli passano a 10-15 giorni. Per effettuarlo si
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possono utilizzare apposite attrezzature volta cumuli o semplicemente una pala meccanica.
L'insorgenza di emissioni maleodoranti, un rapido declino della temperatura ovvero l'eccessivo
accumulo di calore verso i limiti che rischiano di compromettere la vitalità dei microrganismi, sono
tutte situazioni che indicano la necessità di un rivoltamento.
Nonostante il compostaggio delle matrici verdi non diano problemi specifici di mosche è opportuno
che, durante la stagione riproduttiva di questi insetti, i cumuli vengano rivoltati più frequentemente,
indipendentemente dall’andamento delle temperature della matrice, in modo da interromperne il
loro ciclo biologico.
Dimensione dei cumuli
La dimensione di un cumulo, compatibile con l'efficiente aerazione, è determinata dalla porosità
dello stesso. Cumuli troppo grandi tendono a compattarsi con il rischio di insorgenza di reazioni
anaerobiche nella parte centrale. Di contro andane o cumuli di dimensioni modeste perdono calore
troppo rapidamente cosicché le temperature necessarie per una progressiva evaporazione dell'acqua
e per la distruzione di eventuali organismi patogeni sono difficilmente raggiunte.
Con il progredire del processo di stabilizzazione, le dimensioni dei cumuli si contraggono
sensibilmente.
Tab. 3 – Altezza dei cumuli in fase di maturazione
Tipo di materiale da compostare
Matrici molto dense (deiezioni animali)
Altezza consigliata per i cumuli (m)
1,2 - 1,5
Fanghi di depurazione miscelate a scagliette di legno
2-3
Residui di manutenzione del verde ornamentale
2,5 - 4
Con il metodo dei cumuli rivoltati periodicamente, la fase di compostaggio attivo dura,
generalmente, da tre a nove settimane, a seconda della natura del substrato di partenza e della
frequenza delle movimentazioni. Mentre quella di maturazione, sempre in funzione della tipologia
di substrato, dura da due a sei mesi. Complessivamente la normativa prevede che il compostaggio
non possa richiedere meno di 90 giorni.
Vagliatura e raffinazione
Per quanto concerne la raffinazione granulometrica del compost ottenuto (separazione dei materiali
legnosi indecomposti), vengono adottati vagli dimensionali (rotanti, vibranti o di altro tipo) in
funzione dell'utilizzo finale dell'ammendante (essenzialmente: terriccio per coltivazioni in
contenitore; ammendante in pieno campo; eventualmente pacciamante).
E’ tuttavia sconsigliabile adottare raffinazioni dimensionali intermedie spinte, per evitare di
impoverire di materiali di buona consistenza e capacità strutturale la biomassa, che ancora deve
essere sottoposto alla fase di maturazione in cui i processi diffusivi e la conduttività all’aria devono
soddisfare la richiesta d’ossigeno residuale.
Controlli da eseguire
L’azienda deve prevedere ed applicare procedure documentate per la puntuale identificazione dei
singoli lotti di produzione di compost, a partire dal conferimento delle matrici organiche e durante
tutte le fasi di produzione e consegna.
Per ognuno dei lotti vanno registrati:
• le matrici organiche di partenza
• la percentuale di ogni matrice organica nella miscela
• i tempi ed i principali parametri di processo
• le quantità di prodotto ottenuto.
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Nello specifico, per quanto riguarda i tempi ed i parametri di processo, durante le operazioni di
compostaggio, vanno tenuti sotto controllo e verificati i seguenti elementi:
• Temperatura: l'impianto deve dotarsi di una procedura di controllo della temperatura, in
modo da poter registrare l'andamento di questo parametro che permetta una corretta
valutazione dell’andamento del processo in ragione delle tecnologie adottate e con strumenti
che consentano una misura il più possibile rappresentativa dell’intera massa.
• Disponibilità di ossigeno: vanno registrati il numero di rivoltamenti effettuati su ogni
cumulo, nel caso di cumuli rivoltati.
• Tempi: va annotata la durata delle singole fasi di compostaggio (stoccaggio delle materie in
entrata, biossidazione, maturazione, stoccaggio del compost maturo).
Parametri utili per calcolare le dimensioni dell'area destinata al compostaggio
Di seguito si riportano alcuni dati utili per il calcolo dell'area da destinare all'impianto di
compostaggio:
Tab. 4 – Peso specifico convenzionale delle principali tipologie di materiali compostabili
Tipo materiale
Peso specifico
Mg/mc
Residui verdi:
Rifiuti ligneo-cellulosici derivanti dalla manutenzione del verde ornamentale media
annuale
0,2-0,4
Ramaglie
0,15
Cippato di ramaglie
0,5
Sfalci
0,8
Rifiuti vegetali di coltivazioni agricole
0,5-0,6
Scarti di legno
0,4-0,5
Rifiuti vegetali derivanti da attività agroindustriali
0,6-0,7
Scarti e deiezioni animali:
Deiezioni animali da sole o in miscela con materiale di lettiere
Compost
0,65-0,75
0,7
Nel caso di ricorso periodico a macchinari esterni per le operazioni di triturazione e vagliatura va
considerato il dimensionamento di piazzali di stoccaggio rispettivamente di materiali ligneocellulosici in ingresso per i trituratori e del prodotto finale per i vagli. Indicativamente per ogni
tonnellata di residuo verde da compostare serve una superficie di 1,5-2 mq.
Calcolo delle rese di processo
Le operazioni di compostaggio comportano una riduzione complessiva del volume, tra la miscela di
partenza ed il materiale in uscita dall’area di finissaggio, di ca. il 70%. La stessa, valutata in termini
di resa ponderale in prodotto finito rispetto al substrato iniziale trattato, evidenzia un rendimento di
ca. il 35%, come compost maturo prima della vagliatura, il quale si riduce al 21-22%, quando si
consideri il solo compost vagliato. In quest’ultimo caso, però, viene recuperato ca. il 15% in peso di
agente di supporto da reimpiegare in un nuovo ciclo di compostaggio.
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2.4.3
Caratteristiche del compost ottenuto
Il compost da residui verdi presenta delle caratteristiche fisico-chimiche apprezzabili ed una limitata
salinità rispetto al letame. Ciò corrisponde ad una maggior compatibilità tra la matrice organica e la
pianta. Il compost, per questo, può essere utilizzato sia a pieno campo che localizzato direttamente
in buca di messa a dimora ed in tutte le pratiche agronomiche che prevedono un diretto contatto con
la radice.
Un compost da residui verdi, soprattutto se ottenuto da matrici ad elevata componente legnosa,
presenta contenuti in elementi nutritivi (N, P, K) inferiori rispetto a quelli tipici dei letami. In
ragione di ciò, essendo modesta la cessione di elementi nutritivi durante la mineralizzazione
graduale della sostanza organica nel suolo, il terriccio compostato verde assume essenzialmente la
caratteristica di integratore di sostanza organica humificata, in grado di migliorare le proprietà
fisico-strutturali biologiche del terreno agrario. Per migliorare le caratteristiche nutritive di questo
compost, è possibile aggiungere in fase di compostaggio una frazione di deiezioni animali (in
questo caso non si ottiene più un ACV ma un ammendante compostato misto).
Impieghi in ambito agricolo
Tradizionalmente, l’impiego di ammendanti (letami ed altre matrici) in agricoltura è finalizzato
all’apporto di sostanza organica nell’agro-ecosistema. Ciò allo scopo di garantire, attraverso la
reintegrazione della componente humica gradualmente mineralizzata a livello del suolo, la
conservazione della fertilità fisica (lavorabilità, porosità, areazione, drenaggio, ecc.), chimica
(adeguato ambiente trofico per le piante) e biologica (varietà ed intensità dei processi
biogeochimici) del terreno. Una caratteristica accessoria degli ammendanti, ma decisamente
apprezzabile, è rappresentata dalla dotazione in elementi della fertilità chimica (soprattutto azoto,
fosforo e potassio) che sono gradualmente resi disponibili per le colture attraverso la lenta
degradazione della sostanza organica. L’impiego estensivo tradizionale delle matrici organiche
humificate (agricoltura di pieno campo) si configura come classico esempio di apporto della
componente organica alla matrice suolo, proprio allo scopo di migliorarne le caratteristiche
edafiche.
La separazione tra le attività zootecniche e coltivazioni venutasi a verificare negli ultimi decenni ha
determinato nella grande maggioranza dei terreni un deficit di sostanza organica. Proprio per queste
motivazioni risulta estremamente utile l'utilizzo del compost in tutti i settori delle produzioni
agricole, nel rispetto di quanto previsto dal codice di buona pratica agricola che fissa i quantitativi
massimi di azoto di origine organica apportabili ai terreni (170 kg/ettaro/anno nelle zone classificate
come “zone vulnerabili da nitrati” e 340 kg/ettaro/anno nelle altre zone). Come per gli effluenti di
allevamento, anche per il compost sono previste delle limitazioni nel suo utilizzo in particolari
situazioni al fine di ridurre al minimo il rischio di contaminazione delle acque. Questi limiti sono
indicati nel programma di azione della Regione FVG per la tutela e il risanamento delle acque
dall'inquinamento causato da nitrati di origine agricola per le aziende localizzate in zone vulnerabili
ai sensi del Dlgs 152/06 e s.m.i. e del Dm 7/04/2006 approvato con Decreto del Presidente della
Regione del 27/10/2008 , n. 295/pres. come modificato dal Decreto del Presidente della Regione del
30/07/2009 n. 216/pres.
Impieghi in ambito florovivaistico
Altro settore in cui trova largo impiego l'utilizzo dell'ammendante compostato verde è quello della
costituzione di terricci per la florovivaistica hobbistica e professionale. Miscelando opportunamente
il compost con altri substrati è possibile ottenere terricci dotati di proprietà fisiche ed idrologiche
compatibili per una vasta gamma di impieghi.
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Il compost già rappresenta uno degli ingredienti impiegati nella formulazione di terricci per il
florovivaismo, all’interno dei quali rappresenta una percentuale variabile, in media, dal 20 al 30%
con punte fino al 70% .
Caratteristiche commerciali del compost che possono contribuire ad aumentare la richiesta di questa
matrice nel settore florovivaistico sono:
• facile reperibilità
• bassi costi
• pezzatura definita
•
caratteristiche fisiche definite
Impieghi in ambito paesaggistico e di gestione del territorio
Un settore di grande interesse per l’uso del compost è rappresentato dalle attività finalizzate alla
costruzione e manutenzione del verde ornamentale, con particolare riferimento agli interventi su
vasta scala urbana e territoriale.
L’ambito paesaggistico, data la molteplicità degli interventi, può richiedere materiali compostati di
differente qualità agronomica. Si passa infatti dall’arricchimento in sostanza organica delle terre da
coltivo impoverite, alla costituzione di letti di semina per tappeti erbosi, al ricarico di sostanza
organica per i manti già inerbiti, alla piantumazione di essenze arboree. Queste diverse esigenze
presuppongono la disponibilità di compost con caratteristiche specifiche di stabilità, maturità,
pezzatura e contenuto in elementi nutritivi, in funzione dell’impiego.
L’uso di compost nel settore della paesaggistica si deve intendere soprattutto come strumento di
fertilizzazione organica. Infatti, nella costruzione del verde, ai substrati organici è richiesta
essenzialmente una funzione ammendante per costruire la fertilità in terreni vergini e nelle terre da
coltivo di riporto. Un buon contenuto in sostanza organica, un basso tenore in umidità e una
pezzatura adeguata, sono i requisiti dei compost destinati a questo impiego.
L’uso del compost a contatto diretto con semi o radici, come normalmente avviene nella
costituzione dei letti di semina per tappeti erbosi ovvero nelle operazioni di messa a dimora di
piante arboree a radice nuda, in apposita buca d’impianto richiede un materiale sottoposto ad una
maturazione prolungata. Altro requisito inderogabile per il compost è una bassa salinità.
Negli impieghi a carattere “estensivo” (es. nelle concimazioni di fondo), non è invece richiesta al
compost una maturazione spinta, trattandosi di interventi di apporto di sostanza organica simili alla
“letamazione” dove assume fondamentale importanza il contenuto in elementi fertilizzanti. In
queste situazioni è più indicato il compost ottenuto a partire dalla frazione umida dei rifiuti solidi
urbani.
Al contrario, nei ricarichi su terre vergini, riportate o sterili, poiché la funzione ammendante per lo
stimolo della fertilità biologica richiede investimenti molto elevati di compost, si preferiscono
matrici humificate più povere in elementi nutritivi, come quelle ottenute dagli scarti del verde
ornamentale.
Impiego del compost nel risanamento di siti degradati e/o inquinati
La particolare ricchezza in microorganismi, dotati di elevata attività metabolica di tipo degradativo
nei confronti di una pletora di composti organici tossici (es. idrocarburi policiclici aromatici,
solventi clorurati, pesticidi, ecc.), rende il compost idoneo per alcuni impieghi non convenzionali,
legati alle operazioni di disinquinamento e bonifica ambientale (bioremedation).
L’apporto di compost, in particolare se ad elevato grado di maturazione, a suoli contaminati,
accelera, in effetti, la degradazione di contaminanti organici, contribuendo al ripristino della qualità
originale di molti terreni, in tempi relativamente brevi. La funzione del compost nel determinare un
positivo effetto sulle condizioni generali del suolo e di agire su alcune proprietà specifiche è da
ricercarsi nella ricchezza della popolazione microbica che, vivendo a carico della sostanza organica,
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trova nel compost un substrato idoneo alla crescita e allo sviluppo, contribuendo così alle
degradazione microbica delle sostanze tossiche.
3 . PROCEDURE AUTORIZZATIVE
3.1
Classificazione normativa dei residui vegetali
Nelle presenti linee guida, come già ricordato, si esaminano gli aspetti autorizzativi relativi agli
impianti di compostaggio dei rifiuti vegetali derivanti dalla manutenzione del verde e altri rifiuti
con caratteristiche analoghe originate da altre attività (es. aziende agricole, compostaggio
domestico).
Il percorso tecnico a cui un residuo vegetale può essere sottoposto dipende dal suo inquadramento
normativo in relazione al Dlgs. 152/06 e s.m.i.. Lo stesso materiale infatti può essere considerato
rifiuto oppure sottoprodotto a seconda della sua gestione all'interno del processo produttivo che lo
ha generato. La casistica che si può presentare è quindi molto complessa ed articolata e non sempre
facilmente individuabile. Si riportano solo a titolo di esempio alcuni ambiti produttivi più frequenti:
a) Cittadini
b) Azienda agricola
c) Azienda agricola con attività connessa di manutenzione del verde
d) Azienda di manutenzione non connessa con l’attività agricola (attività artigianale).
a) Cittadini
Il rifiuto di manutenzione del verde privato prodotto direttamente dal cittadino, è classificato come
rifiuto urbano e come tale può essere trasportato direttamente in ecopiazzola comunale o
consegnato all'azienda che effettua la raccolta dei rifiuti urbani per conto del Comune.
Sarebbe preferibile, qualora vi siano le condizioni, che questo rifiuto venga recuperato direttamente
dai cittadini attraverso il compostaggio domestico.
Il compostaggio domestico è una pratica altamente consigliata ed in molti casi incentivata dai
Comini applicando riduzioni della tariffa.
Il compostaggio domestico assume inoltre un valore particolare in termini di sensibilizzazione
grazie all'alto contenuto ecologico di questa pratica, che favorisce comportamenti attivi e
responsabili e lo sviluppo di una coscienza ambientale.
b) Azienda agricola
Le aziende agricole possono utilizzare (vedi paragrafo 2.4.3 delle presenti Linee guida) i residui
verdi provenienti dalla propria attività agricola direttamente nella stessa attività. Deve comunque
sussistere connessione tra la produzione dei residui e l’attività di utilizzo del materiale che va
rapportata alle esigenze agronomiche delle specie vegetali coltivate.
L’utilizzazione di tali materiali per le finalità descritte resta infatti esclusa dal campo di
applicazione della parte IV del Dlgs.152/06 trattandosi di attività ricomprese nelle normali pratiche
agricole (sottoprodotto: art. 183, comma 1, lettera p e art. 185, comma 2 del medesimo decreto).
c) Azienda agricola con attività connessa di manutenzione del verde
Il Codice Civile all'art. 2135 prevede che l'imprenditore agricolo possa svolgere delle attività
connesse a quella di coltivazione del fondo a patto che il reddito derivante dalla coltivazione del
fondo sia prevalente. Tra le attività connesse, che l'imprenditore agricolo può svolgere è prevista
anche la manutenzione del verde ornamentale.
Per i residui vegetali prodotti dall'attività agricola vale quanto riportato nel precedente paragrafo.
Per i residui derivanti invece dalla connessa attività di manutenzione del verde ornamentale non è
ancora stata fatta piena chiarezza da un punto di vista normativo sulle modalità di gestione.
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Questo ufficio, a tal proposito, ha posto un quesito al Ministero dell'Ambiente, di cui attende
risposta, per chiarire se gli imprenditori agricoli che svolgono come attività connessa la
manutenzione del verde, possono essere esonerati dalla disciplina sui rifiuti indicata dal Dlgs.
152/06, in quanto i residui ottenuti potrebbero essere classificati come “sottoprodotti” della propria
attività qualora venissero riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi
rustici.
Le presenti linee guida verranno aggiornate in base alla risposta del Ministero
d) Azienda di manutenzione non connessa con l’attività agricola (attività artigianale)
In presenza di attività di manutenzione, non connesse all’azienda agricola, trova piena applicazione
il Dlgs.152/06, in quanto il residuo è a tutti gli effetti un rifiuto di manutenzione che può essere
gestito presso la sede o il domicilio (sede operativa idonea) del soggetto che svolge l'attività di
manutenzione (Dlgs.152/06 art. 266, comma 4). Si fa presente che lo stoccaggio in azienda di
rifiuti, definito dalla normativa come deposito temporaneo, non deve superare i limiti previsti
dall'art. 183, comma 1, lett. m) del testo unico ambientale.
Il rifiuto prodotto deve essere gestito dall'azienda con le seguenti modalità:
1. conferimento ad impianti di compostaggio (anche propri);
2. conferimento della parte legnosa delle potature alle aziende che trattano il legno per vari
utilizzazioni (ad esempio produzione di pellets, recupero energetico in impianti alimentati a
biomasse, ecc.);
3.2
Centri di compostaggio aziendali
Per la gestione dei rifiuti verdi si può prendere in considerazione l’attivazione di un proprio centro
aziendale di compostaggio finalizzato al recupero degli scarti vegetali propri o anche di provenienza
di terzi, con la produzione di compost. In questo caso il rifiuto verde diviene di fatto una risorsa e
non più un costo per l’azienda.
3.2.1.
Localizzazione degli impianti
Per quanto riguarda la localizzazione degli impianti devono essere rispettati i criteri di ubicazione
previsti dal “Programma provinciale attuativo del Piano regionale di gestione rifiuti speciali non
pericolosi e rifiuti speciali pericolosi nonché Sezione rifiuti urbani pericolosi” (vincoli escludenti).
Inoltre gli impianti possono essere realizzati in aree urbanisticamente confermi come definite dai
Piani Regolatori Generali Comunali.
3.2.2.
Procedure autorizzative
I percorsi amministrativi che l’azienda può intraprendere, al fine di poter iniziare l'attività di
compostaggio, sono:
• in procedura semplificata
• in procedura ordinaria.
La scelta tra le due procedure è a discrezione di chi presenta la domanda.
La prima avviene in forma di comunicazione secondo dei modelli prestabiliti e l'attività deve essere
svolta nel rispetto delle prescrizioni normative dettate dal paragrafo 16.1 del D.M. 5/2/98
“Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi
degli artt. 31 e 33 del Dlgs. 5 febbraio 1997, n.22”; la seconda avviene ai sensi dell'art. 208 del
Dlgs. 152/2006 e s.m.i. e le modalità di gestione sono fissate dall'autorizzazione.
Per entrambe le procedura è competente la Provincia.
18/22 – Provincia di Pordenone – Settore Tutela Ambientale – Servizio Gestione Rifiuti - Testo aggiornato al 18/12/2009
Procedura semplificata
Gli impianti di compostaggio previsti dal D.M. 5/2/98 e s.m.i., possono trattare i seguenti rifiuti:
a) frazione organica dei rifiuti solidi urbani raccolta separatamente [200108] [200302];
b) Rifiuti vegetali di coltivazioni agricole [020103];
c) segatura, trucioli, frammenti di legno, di sughero [030102] [030101] [030103] [030301];
d) rifiuti vegetali derivanti da attività agro-industriali [020304] [020501] [020701] [020702]
[020704];
e) Rifiuti tessili di origine vegetale: cascami e scarti di cotone, cascami e scarti di lino, cascami e
scarti di iuta, cascami e scarti di canapa [040201];
f) Rifiuti tessili di origine animale cascami e scarti di lana, cascami e scarti di seta [040202];
g) deiezioni animali da sole o in miscela con materiale di lettiera o frazioni della stessa ottenute
attraverso processi di separazione [020106];
h) scarti di legno non impregnato [150103] [200107] [030101] [030199];
i) carta e cartone nelle forme usualmente commercializzate [200101] [150101];
j) fibra e fanghi di carta [030306];
k) contenuto dei prestomaci [020102];
l) Rifiuti ligneo cellulosici derivanti dalla manutenzione del verde ornamentale [200201];
m) fanghi di depurazione, fanghi di depurazione delle industrie alimentari [190804] [190805]
[020201 [020204] [020301] [020305] [020403] [020502] [020603] [020705] [030302] [040107]
[190602];
n) ceneri di combustione di sanse esauste e di scarti vegetali con le caratteristiche di cui al punto
18.11 [100101] [100102] [100103];
I rifiuti sopra elencati devono provenire esclusivamente da una delle seguenti attività:
a) frazione umida derivante da raccolta differenziata di RSU;
b) coltivazione e raccolta dei prodotti agricoli;
c) attività forestali e lavorazione del legno vergine;
d) lavorazione dei prodotti agricoli;
e) e f) preparazione, filatura, tessitura di fibre tessili vegetali ed animali
g) allevamenti zootecnici e industria di trasformazione alimentare;
h) fabbricazione di manufatti di legno non impregnato, imballaggi, legno non impregnato (cassette,
pallets);
i) e J) industria della carta;
k) industria della macellazione;
l) manutenzione del verde ornamentale;
m) impianti di depurazione, impianti di depurazione dell’industria alimentare;
n) impianti dedicati di combustione di sanse esauste e di scarti vegetali..
I rifiuti sopra elencati devono avere rispettivamente le seguenti caratteristiche:
a) il rifiuto deve essere costituito unicamente dalla frazione umida separata prima della raccolta
degli RSU, esente da rifiuti pericolosi;
b) il rifiuto deve derivare dalle ordinarie pratiche agricole;
c) il rifiuto deve derivare dalla ordinarie pratiche forestali, da lavorazioni con trattamenti fisici o
termici;
d) il rifiuto deve derivare da lavorazione con trattamenti fisici o termici senza impiego di sostanze
denaturanti;
e) e f) i rifiuti non devono essere trattati con coloranti o comunque con sostanze tossiche;
h) il rifiuto non deve provenire da lavorazioni che prevedono l’impiego di trattamenti chimici;
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i e j) il rifiuto non deve essere costituito da carta e cartone per usi speciali trattata o spalmata con
prodotti chimici diversi da quelli normalmente utilizzati nell’impasto cartaceo (carte autocopianti,
termocopianti, accoppiati, poliaccoppiati, carte catramate, ecc.);
k) l’impiego dei rifiuti da macellazione è limitato a quelli definiti “a basso rischio” ai sensi dell’art.:
2, comma 3 del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508;
l) il rifiuto deve essere costituito unicamente dalla frazione ligno-cellulusica derivante dalla
manutenzione del verde ornamentale, escluso il materiale proveniente dallo spazzamento delle
strade.
m) i fanghi devono avere caratteristiche conformi a quelle previste all’allegato IB del decreto
legislativo 27 gennaio 1992, n. 99; possono essere utilizzati in misura non superiore al 35% sulla
sostanza secca nella preparazione della miscela di partenza. Tale percentuale può essere elevata al
50% per i fanghi derivanti da impianti di depurazione delle industrie alimentari;
n) le ceneri devono avere caratteristiche conformi al punto 18.11.2.
La normativa prevede che il processo di trasformazione biologica delle matrici organiche
(compostaggio) deve avvenire attraverso uno stadio termofilo che porta alla stabilizzazione ed
umificazione della sostanza organica.
Per questo il processo deve essere condotto in modo da assicurare:
• il controllo dei rapporti di miscelazione e delle caratteristiche chimico fisiche delle matrici
organiche di partenza;
• il controllo della temperatura di processo;
• un apporto di ossigeno sufficiente a mantenere le condizioni aerobiche della massa.
La durata del processo non deve essere inferiore a 90 giorni comprendenti una fase di bioossidazione accelerata durante la quale viene assicurato un apporto di ossigeno alla massa mediante
rivoltamento e/o aerazione, seguito da una fase di maturazione in cumulo. La temperatura deve
essere mantenuta per almeno tre giorni oltre i 55°C. La fase di stoccaggio delle matrici e la fase di
bio-ossidazione accelerata devono avvenire in ambiente confinato, ottenibile anche con coperture o
paratie mobili, per il contenimento di polveri e di odori il cui controllo deve essere garantito tramite
idonee misure e sistemi di abbattimento: tali disposizioni non sono obbligatorie per gli impianti che
trattano unicamente:
• rifiuti vegetali di coltivazioni agricole
• segatura, trucioli, frammenti di legno, di sughero
• scarti di legno non impregnato
• rifiuti ligneo cellulosici derivanti dalla manutenzione del verde ornamentale.
Tali impianti devono comunque assicurare il contenimento di polveri durante l’eventuale fase di
triturazione. Le fasi di stoccaggio delle matrici, di bio-ossidazione accelerata, di post maturazione e
di deposito del prodotto finito devono avvenire su superfici impermeabilizzate, dotate di sistemi di
drenaggio e di raccolta delle acque reflue di processo, da inviare a depurazione o da riutilizzare nel
ciclo di compostaggio.
Non sono obbligatorie tali disposizioni per gli impianti che trattano meno di 1000 Mg/anno di:
• segatura, trucioli, frammenti di legno, di sughero
• scarti di legno non impregnato
• rifiuti ligneo cellulosici derivanti dalla manutenzione del verde ornamentale.
Il compost ottenuto dal processo deve avere le caratteristiche indicate dal Dlgs. n. 217/06 e s.m.i.
sui fertilizzanti.
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Qualora il compost ottenuto non sia conforme ai limiti previsti dalle tabelle di riferimento, devono
essere predisposte ed applicate, dal responsabile dell'impianto, le procedure per assicurare che il
prodotto, non venga utilizzato e quindi correttamente gestito.
Le cause principali della non conformità del compost ottenuto sono generalmente legate a:
•
inadeguate matrici in ingresso per un contenuto elevato di metalli pesanti, di inerti, e/o con
elevata salinità o con squilibri nutrizionali;
•
inadeguata conduzione del processo che a seguito del non raggiungimento di temperature
sufficienti, origina un compost a basso tasso di stabilità biologica o contaminato da agenti
patogeni o fitotossici.
Il quantitativo massimo annuo rifiuti da recuperare non può superare le 7.500 Mg.
Il D.M. 5/2/98 prevede inoltre che l'impianto sia adeguatamente recintato. Possono essere utilizzate
anche barriere naturali (siepi realizzate preferibilmente con specie autoctone evitando quelle
sensibili al colpo di fuoco batterico).
La comunicazione di inizio attività deve essere presentata ad impianto realizzato e in regola con la
normativa urbanistica ed edilizia, utilizzando un modulo semplificato reperibile sul sito internet
della Provincia e trasmessa alla stessa secondo quanto previsto dalle “Linee guida per la
presentazione della comunicazione di inizio attività di recupero ai sensi degli artt. 214-216 del
Dlgs. 152/06”.
Tale procedura non è sostitutiva dei provvedimenti necessari alla realizzazione ed all’avvio
dell’impianto, che debbono comunque essere preventivamente ottenuti come previsto dalle singole
normative di riferimento.
Si ricorda che la validità dell’iscrizione al registro delle imprese in regime semplificato è di 5 anni,
rinnovabili.
Procedura ordinaria
La procedura ordinaria viene generalmente utilizzata per l'autorizzazione di impianti che recuperano
grandi quantitativi di rifiuti e, nel caso del rifiuto verde, per poter compostare oltre 7.500 Mg/anno.
La procedura di approvazione dell'impianto è indicata all'art. 208 del D.Lgs. 152/2006 e nel
D.P.G.R. 01/1998.
E' necessario predisporre un progetto definitivo dell'impianto, a firma di un tecnico abilitato. La
responsabilità della gestione dell'impianto deve essere affidata a personale abilitato, definito
responsabile della gestione. Tale figura è prevista dall'art. 29 della L.R. 30/1987. Per ottenere
l'abilitazione è necessario superare un esame regionale.
L'autorizzazione ha una validità di 10 anni.
3.2.3.
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Riferimenti Normativi
Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale”
Decreto Ministeriale 5 febbraio 1998 “Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti
alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo
5 febbraio 1997, n. 22”
Decreto Ministeriale. 5 aprile 2006, n. 186 “Regolamento recante modifiche al D.M. 5
febbraio 1998”
Decreto Legislativo 29 aprile 2006, n. 217 “concernente la revisione della disciplina in
materia di fertilizzanti”
Decreto Legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 “Ulteriori disposizioni correttive ed integrative
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”
Decreto Ministeriale 22 gennaio 2009 “Aggiornamento degli allegati al decreto legislativo
29 aprile 2006, n. 217”
21/22 – Provincia di Pordenone – Settore Tutela Ambientale – Servizio Gestione Rifiuti - Testo aggiornato al 18/12/2009
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Piano regionale di gestione rifiuti speciali non pericolosi e rifiuti speciali pericolosi nonché
Sezione rifiuti urbani pericolosi;
Programma provinciale attuativo del Piano regionale di gestione rifiuti speciali non
pericolosi e rifiuti speciali pericolosi nonché Sezione rifiuti urbani pericolosi
inoltre:
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LINEE GUIDA per la presentazione della comunicazione di inizio attività di recupero ai
sensi degli artt. 214 e 216 del D.Lgs. n. 152/2006, consultabili nel sito della Provincia “
provincia.pordenine.it.
22/22 – Provincia di Pordenone – Settore Tutela Ambientale – Servizio Gestione Rifiuti - Testo aggiornato al 18/12/2009