Roma, agente di polizia penitenziaria suicida a Rebibbia
Transcript
Roma, agente di polizia penitenziaria suicida a Rebibbia
Roma, agente di polizia penitenziaria suicida a Rebibbia Roma, 4 lug (Velino) - Un agente della polizia penitenziaria di 46 anni si è ucciso questa mattina sparandosi un colpo di pistola nel nuovo complesso del carcere romano di Rebibbia. Lo rende noto detto il Garante regionale dei detenuti, Angiolo Marroni. L’uomo - un ispettore di sorveglianza generale originario di Roma, divorziato e padre di due figli - è arrivato regolarmente al lavoro attorno alle 7 e dopo aver ritirato in Direzione la pistola di ordinanza si è recato nella sua stanza, dove si è sparato allo sterno. Secondo quanto si apprende, pare che l’ispettore avrebbe lasciato un biglietto, indirizzato alla sorella, per spiegare i motivi del suo gesto. Dall’inizio dell’anno, informa il Sappe (sindacato autonomo di polizia penitenziaria) sono circa una decina gli agenti di penitenziaria suicidi, mentre altri quattro si sono tolti la vita soltanto nel mese di dicembre. “Purtroppo in carcere si continua a morire - ha commentato Marroni -. Che a togliersi la vita siano reclusi o agenti, la sostanza non cambia: il carcere è una realtà dura e complessa che, a volte, fa apparire insuperabili i problemi quotidiani. Per quanto riguarda la polizia penitenziaria, l’episodio di oggi, le agitazioni di Viterbo e le segnalazioni sulle carenze di personale sono spie di un malessere che sta diventando profondo e che diventerà ancora più insopportabile con il sovraffollamento che deriverà dall’entrata in vigore dei nuovi provvedimenti del governo. La Regione Lazio, su sollecitazione del mio ufficio, sta attivando interventi a sostegno degli agenti sia di carattere psicologici che per dotarli degli strumenti culturali per mediare con una popolazione detenuta sempre più variegata”. “Il fenomeno colpisce, inevitabilmente, tutti i lavoratori – aggiunge Donato Capece, segretario generale del Sappe – e in modo particolare coloro che operano nei servizi di sicurezza e tutela pubblica, che non solo vivono frequentemente in una costante situazione di rischio, ma spesso vengono a contatto con situazioni di dolore,angoscia, paura, violenza, distruzione e morte non escluse anche le conflittualità interprofessionali in una struttura fortemente gerarchizzata quale è quella della Polizia penitenziaria. Ciò che sconcerta – prosegue Capace – è che l'amministrazione penitenziaria, che pure aveva deciso una serie di interventi proprio per contrastare il disagio professionale e personale dei poliziotti penitenziari a seguito di numerosi suicidi di colleghi avvenuti in breve tempo, non ha poi dato esecuzione pratica a quei progetti d'intervento". (red/fan) 4 lug 2008 13:08