Formazione di base per l`evento dell`anno
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Formazione di base per l`evento dell`anno
ISSN 1970-7428 GRIFFIN EDITORE www.griffineditore.it Poste Italiane Spa - Sped. in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. I comma I, DCB Milano Taxe Perçue Anno VII Numero 6/2012 Formazione di base per l’evento dell’anno Clinica e didattica Tecnologia nello studio Il 55° congresso Amici di Brugg a Rimini offre un programma multidisciplinare in parallelo all’aggiornamento merceologico Progettazione degli ambienti Fatti e protagonisti VIENI A TROVARCI IN FIERA (Amici di Brugg, Rimini, 24-26 maggio) Padiglione C7 - Stand 188 Mario Iorio, Presidente Amici di Brugg 3 << << PRIMA PAGINA Rinnovamento e continuità motore di Amici di Brugg Mario Iorio, presidente degli Amici di Brugg, racconta le sfide dei suoi tre anni di presidenza e l’intenso lavoro di rinnovamento che ha coinvolto tutte le attività dell’Associazione, dalla formazione alla comunicazione Nel 2008 al consiglio uscente degli Amici di Brugg e l’anno successivo all’assemblea, Mario Iorio presentava il programma del suo triennio alla presidenza dell’associazione. Da quelle pagine, emergeva un concetto che aveva la forza di uno slogan: rinnovamento nella continuità. «Ma voleva essere molto di più – spiega Iorio –. Quelle parole intendevano essere l’obiettivo finale di tutti gli sforzi del triennio che mi attendeva». Alla vigilia del congresso di Rimini e del passaggio di testimone alla nuova presidenza, Italian Dental Journal ha voluto approfondire le modalità con cui si è realizzato quel programma, perseguito con l’intento dichiarato di adeguarsi alle esigenze degli odontoiatri di oggi, ma conservando e anzi rafforzando i principi distintivi degli Amici di Brugg. Dottor Iorio, come si è attuato il rinnovamento dell’Associazione in questi suoi tre anni di presidenza? Uno dei modi è stato l’ampliamento del ventaglio delle offerte formative, oltre al congresso e ai corsi satellitari: quando io sono diventato presidente erano i soli eventi dell’Associazione. Le esigenze degli odontoiatri sono molto diverse non solo riguardo al tipo di formazione ma anche relativamente alla tempistica e alla logisitica, elementi che devono essere tenuti in considerazione se si intende raggiungere il maggior numero possibile di odontoiatri. Ho dunque voluto rafforzare gli eventi locali ed estenderli sul territorio. Soprattutto al centro-sud c’è una forte richiesta in questo senso. Come mai il congresso biennale di Palermo non verrà ripetuto? Le esigenze sono un po’ mutate. Piuttosto che avere tanti argomenti trattati da diversi relatori abbiamo puntato ora, sempre in collaborazione con l’Andi locale e con il dottor Angelo Melilli, a un corso monotematico in endodonzia, che verrà tenuto l’anno prossimo a febbraio, proprio il giorno di Santa Apollonia, la santa protettrice dei dentisti. Il sud chiede una maggiore attenzione, ma oggi organizzare tanti eventi di diverso genere e in sedi situate in diverse parti d’Italia è complesso. Quali cambiamenti hanno toccato gli aspetti organizzativi? In altri tempi c’era forse un maggior bisogno di accentrare. Io ho cercato invece di dare la massima autonomia a tutti i responsabili delle diverse attività, pur mantenendo il ruolo di coordinamento da parte del consiglio direttivo, all’interno del quale il lavoro è stato suddiviso tra i vari membri. Devo dire che io stesso sono stato supervisore di tante iniziative, ma più che altro per un fatto caratteriale. Nelle sue dichiarazioni programmatiche si parlava di coordinamento delle attività culturali, cosa ci può dire in proposito? Le attività culturali devono avere una logica comune, essere considerate nel loro insieme come una dipendente dall'altra: formazione a distanza, congresso, convegni, corsi e Fondazione Castagnola devono promuoversi vicendevolmente. In parte questo processo è stato avviato ma si svilupperà ulteriormente nei prossimi anni. Tutte queste iniziative sono nate senza un vero coordinamento e l’intenzione del consiglio direttivo futuro – ne abbiamo parlato a lungo – è quella di predisporre un programma di aggiornamento coordinato in cui ciascun evento abbia un collegamento preciso con gli altri, in modo da realizzare una maggiore organicità complessiva. > Il direttivo che ha guidato l'Associazione Amici di Brugg negli ultimi tre anni: da sinistra a destra Renato Scotti di Uccio (segretario), Mario Iorio (presidente) e Guido Garotti (tesoriere) Ci può fare un esempio di come può svilupparsi questa sinergia? Oggi esiste, a cadenza annuale, un corso di alta formazione a cui sono stati collegati i corsi dedicati. Al termine del corso di alta formazione in protesi, molti partecipanti chiedevano l’approfondimento di determinate tematiche – nel caso specifico la protesi mobile, argomento molto richiesto probabilmente perché poco trattato in università. Sono così nati i corsi dedicati, di due giorni, limitati a otto-dieci persone al massimo e con l’ovvia precedenza a chi ha terminato il corso di alta formazione: si affronta sia la parte teorica che pratica di una specifica tematica; quest’anno ne facciamo tre e abbiamo intenzione di rafforzarli. Si vuole insomma tornare un po’ al gruppo che veniva formato ai corsi di Saluzzo, ai tempi di Carlo De Chiesa: si trattava di corsi alla poltrona, in cui l’operatore era anche il docente e lavorava direttamente sul paziente mostrando in modo pratico il da farsi. Oggi non è possibile fare esattamente le stesse cose, anche perché le richieste sono cambiate nel corso degli anni. Fortunatamente l’odontoiatria si è evoluta, i giovani sono molto preparati e anche molto esigenti, tuttavia vogliamo in qualche modo recuperare i principi legati a una formazione che sappia coniugare nel modo più efficace la teoria e la clinica. Che tipo di dentisti beneficiano delle vostre iniziative? Da un’indagine statistica fatta un paio di anni fa attraverso questionari, era emerso che il dentista che partecipava al congresso di Rimini era piuttosto avanti con gli anni – la maggior parte era intorno ai 50 anni – e questo ci ha un po’ sorpreso perché noi pensavamo che ci fosse una tendenza al ribasso dell’età media. Probabilmente i giovani hanno più interesse a focalizzarsi su determinate specialità e preferiscono, pur rimanendo dentisti generici, svolgere una parte importante della loro attività in un campo specifico. EDITORIALE Paolo Pegoraro [email protected] Il Congresso di Rimini come antidoto alla crisi È primavera ed è tempo di Amici di Brugg. L’amata fiera-congresso dell’odontoiatria italiana rappresenta, come ogni anno, il simbolo stesso del ritorno alla vita dopo un inverno grigio. E quanto grigio è stato, questo inverno, e quanto bisogno di pulizia portano con sé i dentisti che in questa ormai storica gita di famiglia a Rimini – talvolta si sposta l’intero studio, letteralmente – cercano sulle rive del placido Adriatico un momento di pausa, di riflessione, di studio sereno, di confronto con gli amici di sempre! Amici di Brugg non tradisce: anzi rinforza la speranza e la voglia di farcela. E ce la faremo, questo è certo. A costo di cambiamenti anche faticosi, a costo di momenti duri. Il dentista italiano è pragmatico e trova le soluzioni, è sempre in contatto con la realtà: utilizza le nuove tecnologie per competere e risparmiare, ha un rapporto molto diretto e costruttivo con il cittadino-paziente, che oggi è soggetto e oggetto della metamorfosi sociale, ne capisce e condivide i bisogni, li sa interpretare e soddisfare molto meglio di quanto non facciano rappresentanze sindacali o politiche. A questo proposito, siamo reduci da rivelazioni estreme: le lauree tarocche e i diamanti della Lega rappresentano un punto terminale, d’accordo, ma quanto a volontà di saccheggio nessuno schieramento si è tirato indietro: forse al momento non ci si faceva troppo caso, o forse era invalso un inconfessabile impulso a godersela finché durava – ma intanto durava: si tende fin troppo a sottovalutare come in quel mondo le soddisfazioni materiali abbiano sostituito le passioni ideologiche e fino a che punto le comodità del presente abbiano preso il posto dei sacrifici dell’antica militanza. Il fatto è che in questi anni lo stile di vita dei partiti si era fatto decisamente più dolce e talvolta incline alla baldoria nella sua accecata provvisorietà. Mentre scrivo si sta indagando su presunte pesanti truffi ai danni dell’Enpam da parte di chi avrebbe dovuto gestirlo con sacra oculatezza: mi auguro che non ci si trovi di nuovo di fronte a furti, perfino più gravi se si pensa ai sacrifici che i versamenti contributivi continuano a costare e se si pensa agli anni della vecchiaia, che anziché sereni diventano un grigio e sparuto fantasma. L’aria di Rimini non potrà che far bene: l’Associazione promuove eventi sobri, mai pacchiani. Non affitta ville d’epoca né allestisce banchetti pantagruelici, agisce in amicizia e buona fede. L’aggiornamento di cui si fruisce al Congresso è di base ma qualificato, generalista ma aggiornato e puntuale. Pratico, come è richiesto dai tempi. Quando saremo traghettati al di là della crisi, e questo presto o tardi certamente avverrà, saremo in compagnia di persone migliori, di gente che ha lottato per farcela, di Associazioni nate non per gestir denari ma per facilitare la professione di chi, aderendovi, cerca supporto e chiede aiuto. Amici di Brugg sarà tra queste, Rimini scalderà ancora le nostre primavere e il congresso amichevole scalderà il cuore. Perché questo, davvero, soltanto questo è davvero importante. Non il denaro, non il potere, ma soltanto l’amore. Nel congresso ci siamo in parte adeguati a questa esigenza; il giovedì facciamo sempre corsi monotematici, spesso in tema protesico per poter avere una sessione comune con gli odontotecnici. E la diretta satellitare del sabato è centrata su una tematica riguardante una specialità: quest’anno si parlerà di protesi fissa e in particolare dei passaggi fondamentali per realizzarla, in studio e in laboratorio. La presenza dei giovani sarà dunque maggiore? Noi ce lo auguriamo. Abbiamo iniziato un’operazione di ringiovanimento anche tra i soci effettivi: nella nostra associazione entrano per chiamata, vengono indicati da altri soci effettivi e vengono accettati se rispondono ai requisiti. Sono in nu- 4 << << DENTAL PRESS mero piuttosto ridotto, ma quest’anno entrano contemporaneamente undici giovani under 40: quattro odontotecnici e sette odontoiatri, proprio nell’ottica di un’apertura alle nuove generazioni. ressano maggiormente o che magari gli erano sfuggite. È anche un mezzo per ottenere un numero maggiore di crediti Ecm che altrimenti, per un congresso di tre giorni, sarebbero pochissimi. Gli Amici di Brugg hanno sempre mostrato interesse per la tecnologia. C’è qualche nuova iniziativa in proposito? Abbiamo sempre creduto nei nuovi mezzi di comunicazione, facciamo iscrizioni online da una decina di anni, fin da vent’anni fa avevamo il collegamento con uno studio attrezzato per mostrare un intervento in diretta. Dall’anno scorso mettiamo il congresso su piattaforma virtuale per offrire a coloro che hanno partecipato la possibilità di rivedere lungo il resto dell’anno le parti che lo inte- La tecnologia servirà anche a raggiungere quei dentisti che non partecipano ai congressi? Il dentista medio non frequenta i congressi soprattutto per motivi economici. Partecipare a un congresso costa, bisogna chiudere lo studio e poi spendere per spostarsi, per l’albergo e il ristorante. Persino i corsi satellitari possono comportare problemi logistici: iniziano alle sei di pomeriggio e il dentista è costretto a staccare prima. A mio giudizio il motivo per cui non c’è stata l’affluenza prevista e desiderata è dovuto proprio a questo. Forse in futuro si raggiungeranno i dentisti direttamente attraverso Internet. Steve Jobs ha detto che, nel campo della comunicazione informatica, l’unico limite è la fantasia e io sono pienamente d’accordo. Tuttavia la formazione odontoiatrica ha esigenze particolari e sta crescendo parallelamente anche l’aggiornamento a piccoli gruppi – nei corsi di alta formazione il numero è limitato a 30 persone – perché chi vuole effettivamente approfondire certe tematiche e imparare il mestiere, sacrifica più volentieri soldi e tempo quando sa di poter avere un contatto diretto e interattivo con il docente. Del resto, agli eventi organizzati dagli Amici di Brugg si respira un’aria particolare, di amicizia e familiarità. Da cosa dipende? Questa caratteristica deriva dalla storia della nostra associazione, nata da un gruppo di liberi professionisti che svolgevano attività di odontoiatria generale, si ritrovavano e scambiavano informazioni davvero in un clima di amicizia, che si è cercato di mantenere attraverso molte iniziative di incontro. Inoltre la nostra è l’unica associazione non specialistica, abbiamo tra i soci effettivi i presidenti di numerose società monospecialistiche, che si ritrovano tutti insieme a Rimini, occasione unica e privilegiata di incontro e scambio di idee. Da sempre abbiamo tenuto a far sentire i nostri associati come appartenenti a una famiglia, ci piace definire gli Amici di Brugg una famiglia culturale. Nelle nostre iniziative c’è sempre stato un rapporto molto diretto tra discente e docente, che non si limita a parlare dal palco, ma cerca di calarsi nei problemi che un professionista affronta quotidianamente nello studio per aiutarlo a risolverli. Noi ci impegniamo molto nella promozione per i soci ordinari, che hanno varie agevolazioni, dall’iscrizione al congresso a una riduzione del 10% su altre attività di aggiornamento e ci teniamo che chi viene al congresso si iscriva come socio dell’associazione. Oltre a quanto già detto, cos’altro ha caratterizzato il suo mandato? Un aspetto a cui ho tenuto moltissimo nel corso della mia presidenza è la comunicazione. Abbiamo creato l’ufficio stampa e ampliato i contatti con i media e con il mondo della comunicazione in generale. Inoltre abbiamo rinnovato completamente, reso più bello e funzionale, il nostro sito Internet www.amicidibrugg.it. Come si è sviluppato il rapporto con le aziende che operano nel mercato odontoiatrico? A Rimini la presenza delle aziende è stata sempre molto stimolante e in ogni edizione c’è una bella risposta da parte del pubblico. Il nostro rapporto con le aziende è sempre stato ottimo, anche perché siamo legati a un partner merceologico da più di trent’anni – l’Unidi – con cui i rapporti sono perfetti. A mio avviso sarebbe auspicabile una collaborazione più intensa, e anche di tipo economico, tra industrie e università: in altri Paesi come Stati Uniti, Germania e Svizzera questo avviene in misura maggiore e permette di fare un tipo di ricerca in cui l’Italia forse è un po’ carente. La ricerca che interessa il professionista si svolge in funzione delle applicazioni cliniche e potrebbe essere stimolata proprio attraverso un rapporto di collaborazione economica tra aziende e università, aspetto che oggi in Italia avviene in modo sporadico e non organico, bensì lasciato all’iniziativa del singolo. Dal suo punto di osservazione riesce a intravedere cosa c’è dietro l’angolo, nell’odontoiatria italiana? Come professionisti, abbiamo sempre l’obiettivo di ricercare l’eccellenza, ma non intesa come terapia destinata a una élite di pochi fortunati. Io credo che oggi la tecnologia aiuti già molto a dare alla professione uno standard che prima era affidato esclusivamente alle doti personali. Dall’implantologia guidata all’endodonzia con i rilevatori apicali, solo per fare qualche esempio, l’odontoiatra medio può avere un aiuto per elevare il proprio standard e portare l’eccellenza alla portata di persone che un tempo non avrebbe potuto permetterselo. In questo senso voglio guardare al futuro con fiducia, spero che dietro l’angolo ci sia un’ottimizzazione dei risultati e un’ampia accessibilità economica a questi risultati. Renato Torlaschi SAN MARINO: APPUNTAMENTO RINVIATO AL 2013 Prevista per il 12 febbraio scorso, la quinta edizione dell’evento “Uno sguardo un sorriso” era stata sospesa per l’eccezionale nevicata che proprio in quel fine settimana aveva paralizzato mezza Italia. Il monte Titano è stato ricoperto da tre metri di neve e le giornate sammarinesi sono state posticipate all'1 e 2 marzo 2013 con lo stesso programma e gli stessi relatori, che hanno già confermato la loro partecipazione. È questa una conferma della sensibilità e compattezza della “squadra” che Eugenio Buldrini, responsabile scientifico del convegno, è riuscito a comporre. 5 << << DENTAL PRESS Università e professione lavorano a proposte comuni Percorso formativo e accesso alla professione: i docenti di odontoiatria e gli esponenti della libera professione mediano per arrivare a una linea condivisa, che sia in grado di incidere sulle scelte del decisore politico Se la libera circolazione degli studenti in tutta Europa è una conquista che permette a un ingegnere di studiare in Germania oppure a un futuro economista di laurearsi in Inghilterra, per l’odontoiatria italiana è un problema perché l’opportunità è sfruttata prevalentemente per evitare il numero chiuso previsto per l’ingresso in università. Ma è possibile mettere dei paletti a questa possibilità mantenendo l’assunto europeo che vuole estrema libertà di circolazione dei lavoratori, ma anche degli studenti, in tutti gli stati dell’Unione? È questo il reale tema sul quale si è dibattuto nella tavola rotonda “La formazione e la professione odontoiatrica: realtà e prospettive” organizzata durante il 19° congresso del Collegio dei docenti di odontoiatria svoltosi a Torino. Alla tavola rotonda hanno partecipato il professor Enrico Gherlone (presidente eletto del Collegio dei docenti), la profesoressa Antonella Polimeni (attuale presidente del Collegio), il professor Marco Ferrari (presidente della Conferenza dei presidenti dei corsi di laurea in odontoiatria), il professor Corrado Paganelli (rappresentante per l’Italia al Council of European Chief Dental Officers), Giuseppe Renzo (presidente Cao), Pieluigi Delogu (presidente Aio), Bartolomeo Griffa (coordinatore gruppo esteri di Andi), Francesco Scarparo (presidente Cic) e Matteo Piergentili (presidente Aiso). «Nessuno vuole impedire a chi studia all’estero di farlo – ha premesso il moderatore Enrico Gherlone – ma si vuole cercare di impedire che si possa andare all’estero per acquistare la laurea». Però i dati ricordati da alcuni dei relatori, tra cui il presidente Cao Giuseppe Renzo, sul numero di studenti che stanno frequentando i corsi privati stranieri – principalmente in Spagna e Romania – preoccupano la professione perché vanno ad incrinare il già difficile rapporto nato dopo l’istituzione della laurea in odontoiatria tra studenti e dentisti. I primi sarebbero accusati di andare a incrementare quella pletora odontoiatrica che ha portato il nostro Paese, come ha evidenziato il presidente Aio Pierluigi Delogu, ad essere tra quelli con il peggior rapporto tra numero di pazienti e dentisti iscritti all’albo. Anche se poi, come notiamo dai dati illustrati dal presidente Cao sugli iscritti all’albo degli odontoiatri, dopo oltre 30 anni di istituzione del corso di laurea in odontoiatria i laureati in medicina sono ancora la maggioranza degli iscritti all’albo. Chiedere una programmazione europea dei laureati in odontoiatria potrebbe essere una soluzione, come hanno ipotizzato alcuni dei presenti. «Soluzione non percorribile», ha spiegato il professor Corrado Paganelli, in quanto in Europa la programmazione la si fa sulla base degli indicatori di salute, e da questo punto il dato italiano è assolutamente insufficiente. Cosa fare allora? Innanzitutto puntare su di una sinergia tra tutte le componenti del settore dentale per fare fronte comune non solo con proposte concrete, ma anche con azioni che possano trovare poi un riconoscimento a livello europeo. «Lavorare in sinergia per fare sistema» ha esortato la professoressa Polimeni aprendo la tavola rotonda. E proprio in tema di azioni comuni, la proposta dei direttori dei corsi di laurea in odontoiatria di istituire un “core curriculum”, ovvero un percorso formativo identico per tutte le sedi italiane del corso, che garantisca a tutti i futuri neo laureati di aver seguito lo stesso percorso formativo, può essere la strada giusta da percorrere. Una volta uniformata la qualità formativa dei laureati italiani, la soluzione per contrastare la «mercificazione della formazione», per usare le parole del presidente Cao, potrebbe essere la revisione dell’esame di abilitazione, oggi una vera e propria formalità. Un esame che, proprio perché è abilitante, non deve giudicare la preparazione del futuro professionista ma la sua capacità di esercitare la professione in quel momento. Ma non solo, un esame di abilitazione a cui devono sottoporsi tutti coloro che vogliono esercitare la professione in Italia, anche se hanno ottenuto l’abilitazione in altri Stati comunitari. E per fare questo, hanno evidenziato i relatori, si deve cambiare non solo il modo in cui è strutturato l’attuale istituto ma anche la composizione delle figure professionali che giudicano i neolaureati. «Va anche modificato il percorso formativo dei futuri odontoiatri» ha sottolineato Bartolomeo Griffa, coordinatore del gruppo esteri di Andi, ricordando il lavoro formativo che l’associazione sta portando avanti all’interno di alcuni atenei italiani. Il dottor Griffa ha poi ricordato come i vari gruppi di lavoro europei in cui è presente Andi sono all’opera per definire chiaramente non solo i compiti di tutte le professionalità che compongono il “dental team”, dentista incluso, ma anche un percorso e una qualità formativa uniforme in tutti gli Stati dell’Unione. Norberto Maccagno Alcuni dei protagonisti della tavola rotonda “La formazione e la professione odontoiatrica: realtà e prospettive” che si è svolta nell’ambito del congresso del Collegio dei docenti di odontoiatria. Da sinistra a destra Francesco Scarparo, Corrado Paganelli, Bartolomeo Griffa, Marco Ferrari, Enrico Gherlone, Pierluigi Delogu, Giuseppe Renzo > 6 << << DENTAL PRESS L'INAUGURAZIONE DEL COLLEGIO DEI DOCENTI A TORINO Giovedì 12 aprile, Museo dell'automobile di Torino, 17 e 15 circa: apre in grande stile il congresso del Collegio dei docenti di odontoiatria, con un'inaugurazione seguitissima e ben organizzata, conclusa con un breve concerto di pianoforte e voce solista. Quando prende la parola il professor Stefano Carossa, direttore della clinica odontostomatologica Dental School di Torino (con sede al Lingotto), in sala ci sono un po' più di 200 persone tra professori universitari e studenti. Le parole di Carossa, che ha organizzato il congresso scientifico in qualità di presidente del corso di laurea magistrale in odontoiatria e protesi dentaria, sono prima di tutto di ringraziamento. Un “grazie” rivolto al personale della Dental School, dai clinici agli amministrativi, ma soprattutto al professor Giulio Preti (presente in sala), ideatore della scuola del Lingotto, un progetto che ha voluto fortissimamente e che è riuscito a realizzare tre anni e sei mesi fa. Anche la professoressa Antonella Polimeni, presidente del Collegio dei docenti di odontoiatria, è molto soddisfatta della sede scelta per questa edizione del congresso, che per tema ha “L’high tech come supporto alla ricerca, alla didattica e alla clinica in odontostomatologia”. Arrivano da ogni parte gli elogi per la Dental School, che si occupa di didattica, ricerca e assistenza (è convenzionata con il Sistema sanitario nazionale tramite l'Azienda ospedaliero-universitaria San Giovanni Battista - Molinette di Torino) e rappresenta un centro di eccellenza a livello europeo, anche dal punto di vista tecnologico e organizzativo. Per il professor Ezio Ghigo, preside della facoltà di medicina e chirurgia dell'università di Torino, anche nell'ambito sanitario è possibile, per non dire necessario, l'«investimento nel bello oltre che nell'utile». Come alla Dental School, che vanta una struttura degna delle migliori cliniche d'Europa. Sulla stessa linea il professor Sergio Roda, prorettore dell'università di Torino, e il dottor Emilio Iodice, commissario dell'Aou San Giovanni Battista, che ha confermato l'imminente accorpamento tra le Molinette e il Cto Maria Adelaide insieme a Regina Margherita e Sant’Anna. Il “superospedale” coniugherà così ricerca, clinica e didattica. A chiudere gli interventi istituzionali è stato Piero Fassino, sindaco di Torino, che ha ricordato i grandi cambiamenti vissuti dalla città piemontese dagli anni Ottanta a oggi: dalla crisi socio-economica (contrazione delle aree industriali e perdi- CORSO DI PERFEZIONAMENTO IN MEDICINA ORALE ALL’UNIVERSITÀ DI MILANO L'Università di Milano ha organizzato il Corso di perfezionamento in medicina orale e trattamento odontoiatrico dei soggetti a rischio medico, che sarà coordinato dal professor Andrea Sardella, docente di malattie odontostomatologiche. Le lezioni (incontri ogni due settimane, per 40 ore totali) si terranno tra ottobre e novembre presso la Clinica odontoiatrica di via Beldiletto a Milano. Come spiega Sardella, il corso è rivolto a odontoiatri e igienisti dentali: «considerati i temi trattati, l’importanza degli aspetti di diagnosi precoce e corretta e il necessario coinvolgimento di ogni figura sanitaria coinvolta nei problemi tipici della medicina orale, è stato deciso di aprire il corso agli odontoiatri ma anche ai medici e agli igienisti dentali». Abbiamo chiesto al professor Andrea Sardella di illustrarci gli obiettivi didattici del corso. «La medicina orale – la disciplina che si occupa delle patologie delle mucose orali e del trattamento odontoiatrico del paziente che ha problemi di salute generale – si trova costantemente ad affrontare aspetti particolarmente impegnativi, che talvolta sono anche nuovi. Basti pensare al recente aumento dei casi di carcinoma orale in pazienti giovani, che sta sollevando grande interesse sull’eventuale ruolo del virus del papilloma umano (Hpv), o ancora ai casi di osteo- > Andrea Sardella necrosi dei mascellari correlata non solo agli ormai ben noti bisfosfonati, ma anche ai nuovi antitumorali come gli anticorpi monoclonali (bevacizumab, denosumab), ai quali si fa sempre più ricorso in oncologia. O, ancora, ai nuovi trattamenti anticoagulanti e antiaggreganti (dabigartan o doppia terapia con aspirina e clopidogrel) che stanno profondamente modificando l’approccio dei soggetti con fibrillazione atriale o sottoposti a innesto di stent coronarici». Per il coordinatore del corso, tutti questi e molti altri temi impongono un costante aggiornamento. Proprio questo è il principale scopo del corso di perfezionamento organizzato per il prossimo autunno. Come consuetudine per i diversi corsi di perfezionamento offerti dall’unità di odontostomatologia II (direttore: professor Antonio Carrassi) dell’Università di Milano, da quello di riabilitazione nell’edentulo a quello di chirurgia orale, anche il corso coordinato dal professor Sardella sarà caratterizzato da un taglio pratico ed efficace. «Ci sarà ampio ricorso a documentazione clinica, che facilita il riconoscimento delle diverse patologie, e verranno suggeriti percorsi diagnostici semplici e adeguati a perseguire l’obiettivo del riconoscimento o del sospetto delle principali malattie» ci ha spiegato Sardella. Analoga importanza verrà data ai problemi di salute generale e ai cambiamenti che tali stati impongono alle terapie odontoiatriche routinarie. Fra i docenti del corso, oltre allo stesso Sardella, ci saranno i professori Antonio Carrassi e Giovanni Lodi. Per informazioni: Sig.ra Manuela Ventura Tel. 02.50319019 – Fax 02.50319041 [email protected] > La sala del Museo dell’automobile di Torino che ha ospitato l’inaugurazione del congresso ta di trecentomila abitanti) alla rinascita degli ultimi vent'anni. Oggi Torino è città universitaria, capitale finanziaria e propone «una grande offerta culturale» e turistica. Per il primo cittadino, Torino è «una città che ha saputo rinnovarsi». Il colpo d'occhio della sala gremita che si vedeva dal palco era qualcosa di speciale. E forse una partecipazione così nutrita per l'inaugurazione non era neppure prevista, come ha dimostrato la folla del rinfresco che ha seguito la manifestazione. Il messaggio è positivo: i professori universitari riconoscono ancora nel Collegio dei docenti un organo vivo e capace di rappresentarli e nel suo congresso annuale un momento di ritrovo importante. Andrea Peren UN EVENTO PER CELEBRARE IL CENTENARIO DELLA CLINICA DI PAVIA Venerdì 8 e sabato 9 giugno la Clinica odontoiatrica dell’Università di Pavia celebrerà il suo centenario (1912-2012) con una due giorni di relazioni scientifiche attorno al tema della bellezza nel viso e nel sorriso. «Nel 1912 il professor Coulliaux fondò la Clinica odontoiatrica dell’Università di Pavia, la prima in ambito universitario in Italia» spiega la professoressa Silvana Rizzo, che ha organizzato i festeggiamenti del centenario insieme ai colleghi Paola Gandini e Ruggero Rodriguez y Baena. «Vogliamo innanzitutto festeggiare quanti, laureati o specializzati presso questa gloriosa istituzione, sono riusciti negli anni a far conoscere, in Italia e nel mondo, il loro elevato livello di preparazione odontoiatrica – ci ha detto Silvana Rizzo, direttore della clinica pavese –. Daremo spazio anche ai colleghi che hanno espresso il loro talento nei vari campi dell’arte, dello sport e negli ambiti più svariati. Non dimentichiamo tuttavia la parte scientifica, che troverà espressione nei lavori congressuali per i quali abbiamo scelto uno dei temi più sentiti e attuali: la bellezza, non solo vista con gli occhi dei diversi specialisti della nostra disciplina ma anche da chi di bellezza si occupa nell’arte, nel design, nella pubblicità, nel make up e nella moda». Lo stesso tema congressuale sarà declinato per gli igienisti dentali nella sessione parallela a loro dedicata. Le celebrazioni per il centenario della Clinica odontoiatrica dell’Università di Pavia si terranno nella mattinata di venerdì 8 giugno e nel primo pomeriggio si apriranno i lavori scientifici con una lectio magistralis di Tiziano Testori dal titolo “Analisi estetica: punto di partenza per un moder- no trattamento implantare nei casi complessi”. Prenderà poi la parola Federico Guida, che parlerà dell’estetica dal punto di vista dell’artista. L’intervento successivo sarà di Angelo Putignano e sarà focalizzato sull’approccio minimamente invasivo, mentre Enrico Sesenna tratterà le rifiniture estetiche nella chirurgia delle deformità mascellari. Il giorno dopo si aprirà con un’altra relazione extraclinica: l’estetica vista dal pubblicitario, in un filone di testimonianze che vedrà poi salire sul palco un designer e una stilista. Più tardi Roberto Pontoriero discuterà della pre-visualizzazione del risultato finale in terapia chirurgico-protesica e Arturo Fortini delle dinamiche ortodontiche. A chiudere la giornata saranno le relazioni di Enrico Gherlone (Armonia facciale: dal piano di trattamento alla realizzazione protesica) e Umberto Cortinovis (L’armonia del viso). Per informazioni: Congress Team Project Tel. 382.22650 - Fax 382.33822 [email protected] << << DENTAL PRESS 8 9 << << DENTAL PRESS Tecnologie in laboratorio per contrastare la crisi Odontotecnici: crisi strutturale prima che economica I laboratori odontotecnici alla sfida della competitività in un mercato sempre più selettivo. Calano i dispositivi protesici realizzati con metodi tradizionali (-20%) e crescono le lavorazioni al Cad-Cam (+16%) Inseguendo il profilo si trovano ancora, da artigiani, a fare i conti con la crisi, la probabile estinzione del piccolo laboratorio, la richiesta di qualità e responsabilità e una normativa che li vincola a regole veccchie di un secolo Massimo Maculan, classe 1961, dopo 20 anni di vita associativa, dal settembre 2011 è il nuovo presidente dell’Antlo, la storica associazione dei titolari di laboratorio odontotecnico nata nel 1983 come prima associazione sindacale di odontotecnici non legata a una confederazione artigiana. Tra i soggetti che operano nel settore dentale le imprese odontotecniche sono indubbiamente quelle più in affanno per via della crisi, ma non solo. Con il presidente Antlo cominciamo la nostra chiacchierata proprio dalla crisi economica, cercando di delineare quale potrà essere il futuro della professione e di capire se la sua sopravvivenza dovrà necessariamente passare attraverso l’istituzione di un nuovo profilo che sostituisca quello definito dal Regio decreto del 1928. La crisi sta mettendo in difficoltà molte famiglie italiane, costrette a rinunciare alle ricostruzioni protesiche. Per questo i laboratori odontotecnici sono in sofferenza? La crisi la tocchiamo con mano quotidianamente, basta guardare i negozi del centro. E la cosa non è localizzata ma diffusa, non ci sono zone virtuose e zone depresse. Da tempo sentiamo parlare di crisi anche nei laboratori odontotecnici, le cose ultimamente sono ulteriormente peggiorate. Nel 2009 c'era stata già una riduzione del fatturato del 13,85% e nel'anno successivo più della metà dei laboratori ha dichiarato un ulteriore calo di lavoro. Sono anni che si parla di crisi e tutti, chi più chi meno, l’hanno sentita. I costi del laboratorio sono aumentati, le nostre entrate sono diminuite e molte realtà hanno dovuto chiedere prestiti o fidi – magari mai richiesti prima – salvo poi chiudere o trovare forme alternative di lavoro. Ma la colpa è solo della crisi? Obiettivamente la crisi ha penalizzato molti laboratori, ma altri hanno saputo affrontare il momento con serietà e professionalità rafforzata. Sono convinto che per battere la crisi, soprattutto in questi tempi, oltre a produrre dispositivi "belli e a norma" dobbiamo anche saperli vendere. Come odontotecnici, ma principalmente come imprenditori, dobbiamo con più convinzione prendere coscienza e consapevolezza dell'importanza dell'organizzazione, dello sviluppo del talento e delle competenze all'interno dei nostri laboratori. Ci vuole una vi- sione globale e uno sviluppo di competenze e relazioni. Semplicemente un'ottica più ampia, evoluta e globalizzata. Però ancora oggi i laboratori odontotecnici sono piccole strutture gestite spesso dal solo titolare. Per questo sono poco competitivi? Questa è la realtà italiana, ed effettivamente è questo uno dei problemi. Infatti sono proprio i laboratori rappresentati dal solo titolare ad aver perso il 20 per cento del lavoro. Leggermente meno penalizzati sono quelli con almeno un dipendente. A contenere i danni sono i laboratori organizzati e meglio strutturati. Sicuramente le esperienze di aggregazione tra odontotecnici, come consorzi o semplici società, pur producendo risultati molto diversi, si sono rivelate un ottimo strumento competitivo. Le nuove tecnologie stanno cambiando il modo di realizzare la protesi: alla spatola si sta sostituendo il mouse. Questo è un ulteriore problema o un’opportunità? L'innovazione è costantemente sotto i nostri occhi, sia nel bene che nel male, dandoci la possibilità di uno sviluppo produttivo. Chi la crisi la osserva e rimane immobile ovviamente rischia moltissimo e a mio parere sbaglia profondamente l'approccio. In un momento come questo, dove diminuiscono i dispositivi protesici prodotti di quasi il 15%, vediamo un aumento del 16-20% di quelli realizzati con le nuove tecnologie CadCam. Ad oggi risultano vincenti quei laboratori che hanno saputo investire, valorizzare le proprie competenze investendo in quelle tecnologie che modificano e migliorano il modo di produrre. Sono anche nuovi strumenti per fare business e creare relazioni e nuovi approcci con il professionista di riferimento. La nostra attenzione dovrà necessariamente rivolgersi verso l'innovazione, che va intesa come opportunità e risorsa. Con le nuove tecnologie arrivano le difficoltà del legislatore di adeguare le norme. Come sindacato avete contestato il parere del ministero della Salute che permette agli odontoiatri di realizzare in proprio corone con sistemi Cad-Cam. Perchè? Cercherò di dare la risposta più esplicita possibile, anche se non sarà esaustiva perché la materia è in evoluzione. Da odontotecnico “sano”, sicuro di rappresentare odontotecnici “sani”, non posso che contestare se altre figure professionali intendono produrre ciò che è il mio unico fine e scopo lavorativo, ciò che “mi dà il pane” a fine mese. Capisco, ma non accetto, che la corona prodotta da un odontotecnico si debba chiamare “dispositivo medico su misura” e sottostare a una direttiva europea. È inaccettabile che la stessa corona, fabbricata allo stesso modo, con gli stessi fresatori e materiali, la si possa chiamare in altri modi se a fabbricarla e vendere sono altri; che questi siano odontoiatri, da sempre nostri unici clienti, o aziende metalmeccaniche che fino al giorno prima fabbricavano valvole o ingranaggi, non importa. Gli odontotecnici si sono visti portar via nel tempo già altri tipi di protesi. Se non vogliamo che questa categoria si debba “reinventare” in altri lavori, la produzione effettiva della protesi deve rimanere una nostra esclusiva, nostra “proprietà”. C’è anche il problema dei dentisti che fanno realizzare in paesi extra Ue le protesi. Un fenomeno importante o ancora relegato a pochi studi? Non sono bastate le protesi francesi al piombo? Credo che la cosa riguardi solo una certa fascia di dentisti, quelli senza troppi scrupoli, quelli che del paziente e del giuramento di Ippocrate se ne fanno un grandissimo baffo. Quelli costretti a speculare sulla salute altrui per sopravvivere. Dentisti con la “d” minuscola. Però la normativa vieta al dentista di utilizzare dispositivi medici su misura realizzati in paesi extra Ue senza la cer- IN STUDIO O IN LABORATORIO? Praticamente da sempre gli odontotecnici chiedono a gran voce un nuovo profilo professionale che sia adatto ai tempi. Alla fine però il dibattito si riduce sempre sulla possibilità o meno di lavorare anche all’interno degli studi odontoiatrici. Ma è questo quello che serve veramente alla categoria? «Questo è quello che troppe volte si è voluto utilizzare come spauracchio per fermare il nostro profilo – risponde Massimo Maculan, presidente Antlo –. L'odontotecnico non è quello ripreso da Striscia la Notizia. Noi non vogliamo lavorare in studio. Guadagniamo sicuramente di più se restiamo nei nostri laboratori a lavorare. A noi odontotecnici piace il lavoro che facciamo». Maculan ci riporta poi le parole di un suo collega: «io non voglio lavorare in studio, con gli orari e le paturnie dei pazienti, con i loro sputi e il loro sangue. Io costruisco, creo un'opera d'arte, un pezzo unico, in sinergia e nel contesto di ciò che gli sta attorno, mettendoci dentro tutte le mie conoscenze. E lo faccio nel mio laboratorio, ascoltando la musica che voglio io. Fermandomi, se non sono soddisfatto del risultato. Il mio è un lavoro bellissimo!». N. M. > tificazione di un laboratorio europeo. Quindi ci sono laboratori conniventi? Potrebbe essere qualcuno di quei tecnici costretti a reinventarsi di cui si parlava prima. Battute a parte, spetta proprio alle associazioni di categoria e agli uffici competenti impegnarsi affinché certe connivenze non possano operare. Esistono paraventi sostenuti ancora oggi da leggi incomplete. Noi odontotecnici “sani” siamo indifendibili perchè mancanti di un profilo e di un albo professionale che ci tuteli. Quindi quale potrebbe essere il profilo che mette d’accordo dentisti e odontotecnici? Dovrà essere quello che rispecchia la realtà dei fatti. Quello che gli odontotecnici che rispettano le regole vivono tutti i giorni sulla propria pelle. Una situazione di ibrido non ha motivo di esistere. Gli odontotecnici sono appartenenti alle arti sanitarie ausiliarie e naturalmente dovranno rientrare nell’istituzione degli ordini delle professioni sanitarie. Lavoriamo seriamente da sempre a fianco degli odontoiatri nostri clienti, senza pretendere di sforare verso le altrui competenze. Basta frequentare corsi e conferenze dei professionisti di altissimo livello, affiancati da odontotecnici di pari levatura, per vedere nei fatti come seguono e presentano assieme casi protesici. Tutti trattati e discussi nei particolari per il bene dell'unica persona al quale tutti ci rivolgiamo: il paziente. Non bisogna mai dimenticare che il prestatore della terapia medica, anche nel caso in cui sia necessario il dispositivo medico su misura, è sempre e solo l’odontoiatra. Ma riconducendo anche l'attività odontotecnica, propria del settore sanitario, nella sua essenza alla cura della salute del singolo. Mi sembra comunque che con l’attuale legislazione, che prevede un percorso parlamentare in accordo con le Regioni per istituire nuove figure in ambito sanitario, sia molto difficile vedere approvato, a breve, un nuovo profilo. Da decenni le nostre rappre- Massimo Maculan sentanze sindacali lavorano per raggiungere una figura professionale che aggiorni quella dell'odontotecnico. Troppe volte abbiamo sentito cantar vittoria per traguardi “quasi” raggiunti. Salvo poi accorgerci che il “quasi” è sempre rimasto tale, anzi, a volte l’obiettivo si è allontanato. A volte per colpa addirittura di maldestri “grilli parlanti”. Bisognerà lavorare su tutti i fronti. Bisognerà riprendere il bandolo della matassa là dove si era perso e accompagnarlo a destinazione attraverso il percorso tortuoso che la norma impone, non precludendo per questo altri nuovi percorsi e possibilità. Come associazioni odontotecniche da qualche tempo avete attivato un tavolo unitario che vi permette di rivolgervi alle istituzioni, e non solo, con un'unica voce. Come giudica l’esperienza? È qualcosa che, da tempo, gli odontotecnici fortemente chiedevano. Il tavolo unitario era partito già altre volte, ma mai mantenuto con tutte le rappresentanze della categoria. Oggi mi sembra che questo comitato possa mantenersi operativo, anche e soprattutto grazie al rapporto schietto e sincero dei componenti, che quotidianamente si interfacciano e si confrontano. Solo costituendo un fronte comune potremo raggiungere gli obiettivi che inseguiamo. Questo potrà portare a un’unica rappresentanza odontotecnica? Stiamo lavorando bene e molto ma, forse, per quanto ipotizza i tempi dovranno ancora maturare ulteriormente. Io credo che i vertici associativi attuali siano, abbastanza, pronti. Il tutto potrà essere anticipato passando magari dall'istituzione di un "albo professionale digitale libero" che raccolga tutti gli odontotecnici italiani, senza appartenenze e senza sigle collegate. Un elenco libero che indubbiamente non avrà alcun valore legale, ma un enorme peso politico nei confronti degli alternati interlocutori. Norberto Maccagno La crisi economica che porta gli italiani a rinunciare alle cure odontoiatriche più costose, quindi alla protesica, ha reso ancora più difficile la vita già complicata dei laboratori odontotecnici. Odontotecnici che dichiarano di aver ridotto la loro produzione negli ultimi tre anni del 60% (-15% nel 2009, -14% nel 2010, -18,8% nel 2011) secondo i dati rilevati annualmente dalla società di ricerca KeyStone. Secondo quella del 2011, realizzata tra novembre e dicembre, la variazione dichiarata dal 70% degli intervistati è pari al -18,8% del volume d’affari, con punte che toccano il 40% (il 16% degli intervistati ha dichiarato questa riduzione). Da segnalare un 4% del campione che indica di aver avuto un incremento del volume di affari e un 25% che non ha rilevato variazioni rispetto all’anno precedente. Ad essere meno penalizzati sono i laboratori più organizzati e quelli che hanno investito in nuove tecnologie come il Cad-Cam, anche se la loro penetrazione nei laboratori è ancora minima: solo l’1% dichiara di essere specializzato in queste lavorazioni. In media vengono realizzati 0,4 elementi a settimana con queste tecnologie. Una riduzione della produzione che ha toccato in egual misura tutti le tipologie di protesi: ceramica (-69%), legacomposito (-67%), protesi mobile (-63%). Un calo che non si riscontra dai dati degli studi di settore resi pubblici ogni anno dall’Agenzia delle Entrate (gli ultimi disponibili si riferiscono alle dichiarazioni del 2010, quindi ai redditi del 2009) dove vi è un costante fatturato totale annuo: in media 20,4mila euro nel 2005 e 24mila nel 2009. Ma sappiamo come questo strumento serva prevalentemente a fare “cassa” e non sia indice del reale reddito dell’impresa. Poi la crisi ha cominciato ad incidere pesantemente proprio dal 2009 in poi. Ma i dati delle Entrate indicano comunque un settore in sofferenza, visto che dal 2007 al 2009 si sono perse 1.982 imprese odontotecniche: al 31 dicembre 2009 il numero dei laboratori odontotecnici italiani è di 13.183 unità, che devono dividersi la richiesta di protesi dei 40.534 studi odontoiatrici italiani (fonte Agenzia delle Entrate, dati riferiti al 2009). È certamente da questo dato che si può cominciare a cerca- IL MINISTRO DELLA SALUTE SUL PROFILO DEGLI ODONTOTECNICI Nonostante il profilo degli odontotecnici non sia in agenda del governo tecnico di Mario Monti, il ministro della Salute Renato Balduzzi interviene sulla questione sollecitato da una interrogazione parlamentare firmata dall’onorevole Marco Rondini (Lega Nord), odontotecnico milanese. L’interrogazione si soffermava sulla necessità di adottare delle iniziative normative volte a valorizzare la figura degli operatori odontotecnici (tuttora disciplinata da una legge assai datata, recata dal Regio decreto del 1928) e all’istituzione di uno specifico albo professionale. Prima di entrare nel merito della questione il ministro Balduzzi ripercorre la storia del profilo dell’odontotecnico dopo l’approvazione della legge 502 del 1992 (legge che attribuiva al ministro della Sanità il compito di individuare nuovi profili sanitari) passando per i vari pareri del Consiglio superiore di sanità fino ad arrivare alla legge 43/2006, in cui si definisce che l’iter per l’individuazione di nuove professioni sanitarie «deve avvenire per iniziativa dello Stato o delle Regioni mediante uno o più accordi presi in sede di Conferenza Stato-Regioni, recepiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa delibera del Consiglio dei ministri. L'individuazione è in ogni caso subordinata a un parere tecnico-scientifico, espresso da apposite commissioni operanti nell'ambito del Consiglio superiore di sanità, di volta in volta nominate dal ministero della Salute». re di capire le cause della crisi dei laboratori odontotecnici italiani: i laboratori sono probabilmente troppi rispetto alla domanda di protesi. Certo sarebbe più corretto parametrare il dato sul bisogno di riabilitazioni protesiche degli italiani e sulla possibilità di realizzarle, un dato però che non è disponibile. Ma imputare la contrazione del mercato odontotecnico alla crisi, al calo della domanda o all’eccessivo numero di laboratori può essere troppo semplicistico. Sotto esame è il modello organizzativo dei laboratori odontotecnici italiani che non sembrerebbe più adatto ai mutamenti che in questi anni sono intervenuti sul mercato: «troppo piccoli e mal organizzati», indicano gli analisti. La conferma arriva sempre dalla fotografia che esce dall’ultima ricerca effettuata da Key-Stone sul mercato dei laboratori odontotecnici: la “regola” è un laboratorio composto dal solo titolare (1,9 la media di addetti), in attività da oltre 20 anni, con un’età vicina ai 50 anni, che esegue la maggior parte dei dispositivi protesici richiesti servendo in media due-tre studi odontoiatrici e quasi nessuno in esclusiva. Laboratori odontotecnici che, > Ricerca Key-Stone su 644 laboratori odontotecnici. I ricercatori puntualizzano che la specializzazione dichiarata dagli intervistati non è stata stabilita su parametri oggettivi. In genere, presso il laboratorio specializzato si eseguono comunque anche altre lavorazioni però, tenderanno a ridursi non solo a causa della crisi ma anche per l’età anagrafica dei titolari, visto che oltre il 31% di loro ha più di 50 anni, che il 64% dei laboratori è in attività da più di 20 anni e il 20% da oltre 30. Inoltre negli ultimi 10 anni i “nuovi” laboratori sono solo il 6% del totale e i titolari sotto i 40 anni sono appena il 9%. Se non si invertirà questa tendenza, tra 10-15 anni per i dentisti non si porrà più il problema di cercare un laboratorio che gli offra la qualità richiesta ad un buon prezzo, In merito alla revisione del profilo dell’odontotecnico il ministro ricorda come il ministero abbia a suo tempo attivato le relative procedure previste dalla legge, acquisendo il parere favorevole del Consiglio superiore di sanità in data 11 luglio 2007, e proponendo lo schema del nuovo profilo alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome. Ma gli assessori, ricorda Balduzzi, «non hanno ritenuto opportuno istituire nuove professioni sanitarie». In merito all’interrogazione parlamentare il ministro «concorda con quanto osservato dagli onorevoli interroganti» e osserva che «il predetto schema di individuazione della nuova figura sanitaria deve prevedere una maggiore responsabilità dell'odontotecnico, sia per quanto attiene la progettazione esecutiva del dispositivo medico su misura in campo odontoiatrico, che per quanto riguarda la sua collaborazione con il soggetto abilitato all'esercizio dell'odontoiatria». Per quanto riguarda l’istituzione di un albo professionale il ministro Balduzzi indica che «la questione appare consequenziale a quanto sopra esposto e andrebbe comunque affrontata nell'ambito dell’istituzione degli ordini delle professioni sanitarie» e a questo proposito ricorda che è all'esame del Senato (AS 1172) un disegno di legge finalizzato alla disciplina degli ordini delle professioni sanitarie, «per cui auspico a breve che si riavvii l'iter» ha concluso Renato Balduzzi. N. M. ma piuttosto quello di trovare un laboratorio vicino che possa offrigli un servizio accettabile senza dover spedire le impronte (anche se digitali) all’estero. Laboratorio odontotecnico che probabilmente non sarà più gestito da un italiano ma da uno straniero, vista la cospicua presenza nelle scuole di odontotecnici dei figli di extracomunitari venuti a vivere nel nostro Paese. C’è poi il problema dell’albo. Agli odontotecnici forse va stretta la collocazione nel settore dell’artigianato, visto che sono le stesse associazioni sindacali a chiedere a gran voce un proprio albo professionale, dimenticandosi che già oggi gli odontotecnici sono iscritti a un albo: quello degli artigiani appunto. Questi i problemi dal punto di vista della produzione e della normativa (e non abbiamo parlato delle pesanti responsabilità dettate dalla direttiva sui dispostivi medici); poi ci sono quelli dal punto di vista politico, con l’atavica questione del profilo dell’odontotecnico e di conseguenza dell’abusivismo. Già perché tutti sono d’accordo nel ritenere che un Regio decreto del 1928 non può normare una professione come quella dell’odontotecnico, a cui sono richieste competenze e responsabilità ben superiori rispetto alla formazione ricevuta dal percorso scolastico. Però modificare il profilo professionale dell’odontotecnico è spesso associato al rischio di rendere più facile l’esercizio abusivo della professione, come se poi oggi fosse difficile spacciarsi per dentisti. Per questo lo scontro non è tanto su come modificare il percorso di studio necessario per diventare odontotecnico (le associazioni odontotecniche ne chiedono uno di tipo universitario), ma sulla possibilità di riconoscere quella dell’odontotecnico come professione sanitaria, permettendogli così di recarsi negli studi odontoiatrici ad ottimizzare il dispositivo protesico. «Oggi siamo costantemente chiamati ad andare in studio per verificare con il clinico la congruità del lavoro», dicono gli odontotecnici; «cosa illegale», rispondono i sindacati degli odontoiatri anche se, poi, nelle conferenze e nelle pubblicazioni il rapporto tra clinico e tecnico è indicato come fondamentale per la riuscita della riabilitazione. Nell’ultima stesura del profilo dell’odontotecnico uscito dal Consiglio superiore di sanità all’odontotecnico sarebbe stato concesso di andare in studio per ottimizzare il dispositivo medico al di fuori del cavo orale e sotto la supervisione e responsabilità del dentista abilitato. Questo testo innescò uno stucchevole dibattito tra alcuni rappresentanti dei sindacati odontotecnici e odontoiatrici su dove mettere le virgole per meglio indicare che l’odontotecnico non può comunque lavorare sul paziente. Polemiche che hanno portato il ministero ad “evitare” di intervenire sulla materia. Ma quale sarà il futuro del laboratorio odontotecnico? L’abbiamo chiesto a chi a vario titolo è coinvolto nella professione. Norberto Maccagno << << DENTAL PRESS Quale possibile futuro per il laboratorio odontotecnico? 10 di Norberto Maccagno Laboratorio Pochettino Bozzo (Saluzzo) L’odontotecnico vive oggi suo malgrado i cambiamenti socio-economici né più e né meno degli altri lavoratori autonomi. A questi vanno aggiunti quei cambiamenti tecnologici che stanno modificando la professione e il modo di produrre i manufatti protesici. Le nuove tecnologie sono ormai una realtà che deve essere accettata e compresa. Sta a noi capirla, assorbirla e diventarne “amici”. Certamente non sarà facile, per i piccoli laboratori, affrontare e superare non solo la crisi ma anche tutti i cambiamenti avvenuti negli ultimi 20 anni (e questo è sicuramente un autentico peccato). Mi auguro che gli odontotecnici non debbano vivere l’ennesima stagione di speranze e attese puntualmente disattese (spesso perché colpevolmente rintanati nei propri laboratori), che siano in grado di non subire quanto si sta facendo per sminuire il reale valore della categoria. Sono convinto che si debba superare, modificandolo, lo “status” datato 1928, con il nostro profilo professionale, che considero obsoleto e inadeguato se paragonato all’alto livello di professionalità raggiunto nel frattempo dalla categoria, garantendoci quell’autonomia professionale e fiscale che oggi ci sono precluse. La crisi che ha colpito i laboratori è certamente imputabile al drammatico calo di domanda delle prestazioni protesiche; forse gli italiani non ne hanno più necessità? O forse non la possono ottenere, perché i prezzi raggiunti non sono più alla portata di tasche nelle quali tutti fanno a gara per renderle più “pulite”? Pane senza denti o denti senza pane? Ci si rivolge ormai al turismo dentale in Paesi esteri o si finisce nei “supermercati dei denti”, che ormai nascono in ogni grande città e neppur troppo lentamente si espandono in provincia. Non credo che i prezzi praticati dai laboratori agli studi odontoiatrici incidano in RISPONDE Guido Garotti Odontotecnico e tesoriere dell'Associazione Amici di Brugg Sapessi prevedere con certezza il futuro della professione odontotecnica cambierei sicuramente lavoro. Indubbiamente, oggi, la professione è sotto attacco e le vecchie strategie non riescono a sostenere le differenti, rispetto a un tempo, richieste del mercato da parte del cliente del laboratorio odontotecnico, che è il dentista. Richieste condizionate dalle nuove esigenze dei pazienti, dalla globalizzazione dei mercati, dai mutamenti socio economici del nostro Paese. Richieste che stanno profondamente modificando il rapporto tra odontoiatra e odontotecnico. Un tempo il rapporto era prevalentemente indiretto: il clinico rilevava l’impronta, la inviava al laboratorio che poi rimandava il dispositivo in studio, prima per le prove e poi finito. Saltuariamente il tecnico veniva chiamato in studio, prevalentemente per il colore di casi particolarmente complessi o per verificare dispositivi che non ri- maniera così significativa da creare il motivo fondamentale per allontanare i pazienti dalle protesi. Purtroppo in tutti questi anni non si è voluto capire che bisognava cambiare modo di vedere le cose, passando da una mentalità prettamente artigiana a una di più ampi confini. Invece ognuno per sé, con il sacro terrore che il collega ci possa “fregare” il medico, senza mai capire quanto questo ragionamento sia deleterio. L’unione fa la forza, divide e abbatte le spese, dà una collocazione a 360 gradi sul mercato dell’offerta e tanti altri vantaggi. Svantaggi? Sì, qualcuno, e non proprio di facile gestione: le leggi purtroppo non ci consentono grande libertà d’azione, anzi. Mi risulta non possibile (vissuto in prima persona) far coesistere più unità individuali produttive negli stessi locali e quindi tanti saluti all’abbattimento dei costi. E allora, oggi più di ieri, sarebbe sbagliato pensare di risolvere individualmente i problemi. Bisogna quindi provare a costruire una reale categoria degli odontotecnici. spondevano a quanto prescritto dal dentista. Oggi il rapporto è diverso, l’odontotecnico è chiamato costantemente in studio per supportare il clinico e questo non vuole dire sconfinare nell’abusivismo e fare pratiche non proprie: è esclusivamente un supporto tecnico. Le nuove procedure cliniche legate alla protesica, alla riabilitazione implantoprotesica in particolare, le aspettative più pressanti del paziente ma anche il problema del contenzioso, richiedono un rapporto diretto e costante tra odontoiatra e odontotecnico. E questo condiziona di molto l’organizzazione del laboratorio odontotecnico. Un piccolo laboratorio composto prevalentemente da un titolare e un collaboratore non rie- << << TAVOLA ROTONDA Tutti sono concordi sul fatto che c’è un cambiamento in atto: dal rapporto tra odontoiatra e odontotecnico alle nuove tecnologie, fino al passaggio dalla mentalità artigiana a quella di tipo industriale RISPONDE Piergiorgio Bozzo 11 RISPONDE Vito Pignatelli Laboratorio odontotecnico Svevadent (Andria) Descrivere la situazione degli odontotecnici oggi è un’ impresa difficile. Premetto che nei miei quasi quarant’anni di lavoro le situazioni professionali in cui mi sono imbattuto sono state molteplici. Sicuramente il futuro, per noi odontotecnici, non è affatto chiaro e come per molte altre attività è legato all’andamento economico del Paese. In questi decenni siamo passati per varie fasi: per esempio negli anni Ottanta, in pieno boom economico, la categoria cominciava ad avere una propria identità. Assetati di sapere, cominciavamo a scambiarci le esperienze e le tecnologie incalzavano, dandoci una grossa mano a far crescere gli scambi interculturali oltre che migliorare la produzione. Questo ha fatto sì che si cominciasse a prendere coscienza dell’arretratezza in cui versavamo. Oggi sappiamo bene come la situazione si sia evoluta portando la categoria in una fase di seria sofferenza: essendo artigiani, la nostra categoria è una tra le più bistrattate e meno sostenute. Cosa fare per contrastare la crisi? Innanzitutto dovremmo partire dalle basi e quindi dalla scuola, la quale avrebbe bisogno di ringiovanire le tecniche di insegnamento oltre ai programmi; poi ridefinire la nostra condizione giuridico professionale per tutelarci da posizioni poco chiare e per far valere alcuni diritti oggi totalmente ignorati. Servono anche maggiori controlli per contrastare l’opera dei laboratori “ombra”, quelli non registrati, i quali portano via lavoro a prezzi talmente bassi da divenire impraticabili per chi è costretto a rispettare norme, costi di gestione proibitivi e pagare le tasse. Il tutto a discapito della qualità delle protesi e della nostra categoria. Certamente scegliere di associarsi (il mio laboratorio è una società di tre titolari ormai da dieci anni) potrebbe portare indubbi vantaggi come un abbassamento dei costi di gestione e un aumento della potenzialità produttiva. Avere alle spalle dei colleghi che “remano” nella stessa direzione e all’occorrenza som- sce a dare quel servizio che oggi la maggior parte dei clinici necessita. In un futuro abbastanza prossimo, credo, ci saranno sempre più grosse strutture gestite da “manager” odontotecnici, che potranno produrre protesi di qualità offrendo ugualmente servizi di consulenza e assistenza con quella professionalità e competenza che l’odontoiatra richiede. A mio parere i pochi, piccoli laboratori che rimarranno saranno quelli che sapranno offrire un prodotto di nicchia, con una qualità superiore alla media. A sopravvivere saranno sicuramente quelli gestiti da “artisti”, che realizzeranno protesi particolari, con una estetica esasperatamente ricercata, richiesta da odontoiatri con pazienti estremamente esi- genti dove la discriminante è il risultato e non il costo. Sarà il nuovo rapporto tra odontoiatra e odontotecnico a segnare la professione nel futuro e non certo le nuove tecnologie come il Cad-Cam. Dobbiamo ricordarci che la produzione di dispositivi protesici attraverso le nuove tecnologie è sempre condizionata dalla capacità dell’operatore. Non è vero – come alcuni vogliono farci credere – che le macchine sono in grado di produrre a prescindere della professionalità dell’operatore. Come sempre è l’odontotecnico, la sua professionalità, la sua esperienza, a fare la differenza. Ancora oggi la precisione offerta da una protesi realizzata con le tecniche tradizionali non è paragonabile a mando le varie esperienze, permette di venir fuori più facilmente da situazioni professionali di non facile soluzione per il singolo titolare. Certo per andare d’accordo ci vuole grossa stima e autocritica tra i soci. Inutile dire che un’accurata ricerca di mercato unita alle nuove tecnologie aiuta molto negli acquisti, nell’abbattimento dei costi e nel miglioramento della qualità del nostro lavoro. Stesso atteggiamento si deve avere verso le nuove tecnologie, bisogna fare molta attenzione in quanto possono rivelarsi un’arma a doppio taglio: da un lato migliorano la produzione, dall’altro possono contribuire a portare una riduzione dei posti di lavoro. Ma non solo. Se queste tecnologie entrano a pieno titolo negli studi odontoiatrici, mi domando cosa ne sarà dei classici laboratori odontotecnici? Dovranno chiudere? Anche se in apparenza può sembrare un controsenso, a mio parere la crisi economica si può combattere con un continuo investimento nel sapere, nelle tecnologie e nel continuo rinnovarsi, evitando di chiudersi a riccio all’interno del proprio laboratorio. Se come categoria, ogni tanto, si provasse a guardare un po’ più lontano del proprio naso o del proprio orticello, tutti insieme, sicuramente avremmo e potremmo fare di più. una prodotta utilizzando sistematiche Cad-Cam. Certo, ci sono i vantaggi che la produzione automatizzata e codificata consente, ma dietro ci sono sempre le persone. Io credo che per il futuro la professione sarà in mano a un esiguo numero di super tecnici iperspecializzati e moderni laboratori strutturati in grado di fare produzione e dare un servizio di assistenza all’odontoiatria. Oggi molti dentisti hanno capito che è la qualità della prestazione odontoiatrica a fare la differenza e questo li ha portati a preferire laboratori che offrono buona qualità, unita al servizio e a un prezzo equo. RISPONDE Lino Mezzetti Contitolare Laboratorio odontotecnico Bonfiglioli - Ccd srl (Bologna) La situazione generale è uno specchio del mondo dentale; la crisi colpisce in modo chirurgico e molti settori della società civile sono allo stremo, altri stanno prosperando. Lo stesso succede nel nostro settore. I piccoli laboratori e gli studi odontoiatrici mono professionali tradizionali soffrono, un po’ come i piccoli fornitori di materiali: non hanno le risorse per fare concorrenza ai colossi industriali che hanno invaso il settore. In silenzio, sta avvenendo una progressiva fuoriuscita dal settore o vengono modificati i ruoli di tanti piccoli operatori che non hanno risorse e capacità per resistere e riposizionarsi professionalmente. Prendiamo i laboratori odontotecnici. Non serve che arrivi il turismo odontoiatrico o la concorrenza dei laboratori dell’Est Europa o dell’Asia; la concorrenza arriva da noi stessi, ce la facciamo da soli quando, pensando di non aver alternative, “caliamo” i prezzi del 30-50%. Non è normale, è una risposta estrema a una situazione estrema; il risultato sarà cadere definitivamente un anno dopo. Per fortuna, però, sta anche accadendo che chi ha saputo cogliere i cambiamenti dell’intero settore dentale, chi è più strutturato, chi apre alla sinergia, chi investe in tecnologie, chi si aggrega riesce a riorganizzarsi e a guadagnare mercato. Molte industrie che prima occupavano altri mercati oggi si sono catapultate nel settore dentale (settore in crisi ma per certi versi con spazi di manovra ancora aperti) e in collaborazione con partner del dentale sviluppano in grande parte le innovazioni tecnologiche. Sono proprio queste innovazioni che negli ultimi anni hanno cambiato i rapporti, le collaborazioni, le economie e soprattutto le prospettive di lavoro e di sviluppo dell’intero settore. Questo vuol dire che per tutta la filiera dentale, a qualunque titolo, chi continua a stare sul mercato come faceva in passato viene travolto dal cambiamento. D’altronde, investitori esterni al mondo dentale hanno aperto centri odontoiatrici low cost dando agli utenti nuovi servizi (veramente diversi?), sottraendo pazientela ai piccoli studi in prevalenza mono professionali e tagliando fuori, di conseguenza, gli odontotecnici che per questi studi lavoravano. In genere titolari di piccoli laboratori. In questa strana situazione fatta di difficoltà, ma anche di grandi opportunità, c’è la possibilità di dare una risposta combinata e vincente. Come? Anzitutto cambiando mentalità e non pensando presuntuosamente di essere in grado, da soli, di opporsi ai colossi industriali che a vario titolo hanno invaso il settore, e di occupare spazi importanti del nuovo mercato. L’altra necessità è quella di condividere con altri imprenditori dei nuovi progetti professionali, strutturarsi in gruppi sinergici, costituire reti di imprese e affidare la ricerca di nuovi mercati, a tempi di produzione veloci, a prezzi competitivi e alta qua- DENTAL PRESS lità erogata. È importante non adeguarsi a chi oggi fa il mercato, ma fare il mercato anche se limitato alla propria capacità di influenza. Anche considerare le percezioni e capire come oggi si muovono gli utenti è essenziale. Il nuovo mercato ha dato tante risposte agli utenti in termini economici, di velocizzazione di servizi, forse anche in percezione di qualità, vissuta soprattutto come efficienza. Ma la qualità vera, che non finisce con i denti belli ma continua nell’attenzione verso la persona che si cura (e non verso il solo cavo orale), è una risposta che non ha dato nè la vecchia odontoiatria nè quella iper tecnologica e oggi dominante: qui si giocherà il futuro mercato. Oggi gli utenti hanno questa consapevolezza e chiedono risposte. Chi le darà? I prezzi e i servizi competitivi saranno forniti solo dai centri low cost? Queste realtà hanno innovato il rapporto con gli utenti, ma per adesso sono ancora lontani dall’assicurare la qualità vera dei dispositivi e delle terapie odontoiatriche. Oppure la competitività arriverà anche da quella parte del settore dentale che ha saputo reagire, riorganizzarsi e rinnovarsi, continuando a lavorare nella nicchia dell’eccellenza professionale, ma con mezzi tecnologici e organizzativi moderni? L’odontotecnico è ancora in grado di farsi riconoscere il ruolo del fabbricante dei dispositivi odontoiatrici? La strategia di chi, a vario titolo, ha invaso il settore dentale a livello industriale e vuole rimescolare le carte è quella di dequalificare le capacità progettuali e tecniche degli uomini (odontotecnici) per affidare la parte del leone alle macchine e alle grosse organizzazioni. Chi vincerà? Chi si saprà reinventare un ruolo chiave nel nuovo pianeta dentale. RISPONDE Giuseppe Venturini Amministratore delegato di NobilMetal Spa Il mercato sta cambiando, evolvendo in tecnologia, materiali e soluzioni. Anche il comparto dentale non può esimersi da questo contesto. Per poter interpretare il futuro si deve conoscere, e bene, il passato e il presente: saper definire gli obiettivi scegliendo gli strumenti idonei è fondamentale. L’effetto immediato della crisi è quello di “pressare” le aziende, di qualunque settore e di qualsiasi dimensione, nella ricerca quasi esasperata del miglioramento prestazionale nei servizi, nei tempi, nella qualità e nei costi produttivi. Il comparto odontotecnico, soprattutto quello italiano, si trova davanti a scelte spesso drastiche e dolorose. L’elevato numero di imprese e la media degli operatori per impresa non fanno presupporre una soluzione facile e indolore. Non basta saper scegliere un prodotto oppure una tecnologia CadCam per poter essere sicuri di aver risolto il momento di difficoltà. Servirebbe (il condizionale è d’obbligo) creare sistema tra imprese odontotecniche, soluzione assolutamente percorribile grazie alle nuove tecnologie che permettono di scambiare informazioni, di qualsiasi tipo, in tempo reale e a costi risibili. Purtroppo è l’elemento uomo a non essere ancora sufficientemente pronto, preparato e reattivo per intraprendere questa possibilità. Parliamoci chiaro, non è assolutamente obbligatorio “conformarsi” ai trend di mercato acquistato sistemi hi-tech, è però fondamenta- le ricevere la corretta informazione, confrontarsi e ponderare bene la strada da intraprendere, tenendo sempre ben presente che la competenza odontotecnica umana gestirà gli strumenti e mai viceversa. Poter ricevere una formazione adeguata è importante, oggi più che mai, visto le nuove soluzioni che vengono proposte e immesse sul mercato a ritmi sempre più incalzanti. Solo così il laboratorio potrà affrontare il percorso della “produzione digitale”, che deve essere interpretata a 360°, con la massima libertà di scelta e di gestione di materiali, tipologia di produzione e disegno odontotecnico. Il mondo che si sta aprendo, anche nel contesto odontotecnico sarà sempre più virtuale e digitale. Sfruttando i vantaggi della rete si potranno scambiare velocemente file di lettura ottica, confrontarsi sulle soluzioni protesiche più appropriate con un flusso di informazioni tra tecnico-professionista-paziente che richiedono il solo sforzo di un click. In fase produttiva sarà interessante saper ottimizzare i percorsi, potendo delegare la fase produttiva in toto, solo in parte o per nulla esternamente. Il laboratorio potrà fare riferimento a centri di produzione specializzati per lavorazioni complesse con strumenti industriali, chiaramente certificati per tale attività, e gestire invece in proprio produzioni più semplici con piccoli centri di lavoro (modellazioni in cera fresate, provvisori ecc.). In un contesto simile saran- no abbattuti i tempi produttivi, facilitata la rintracciabilità della filiera produttiva, allargata la scelta dei materiali utilizzabili e, se le scelte saranno state fatte in maniera corretta e ponderata, abbassati i costi di produzione e migliorata l’offerta e il servizio verso gli studi odontoiatrici e i loro pazienti. Il punto di domanda che rimbalza quotidianamente è se il comparto odontotecnico italiano è pronto a questo passo. Pare di intendere dai commenti che sento frequentando i laboratori odontotecnici che le soluzioni Cad saranno la soluzione di tutti i mali e della crisi. Nulla di più falso. Un incauto acquisto potrebbe segnare la fine dell’impresa: oggi non esistono quasi più i tempi di recupero, sbagliare in maniera grossolana un investimento poteva essere ammesso negli anni dove i ritmi erano più blandi. Ma non oggi. Non riuscire a pianificare e supportare un piano di ammortamento relativo a un investimento porterà l’impresa in un momento di estrema criticità. Concludo ricordando che il fruitore della nostra attività, e per nostra intendo la filiera aziende, laboratori e studi, è sempre e comunque il paziente, che deve essere assistito al meglio. A lui dobbiamo offrire una soluzione idonea e non solo un prodotto a basso costo: oggi le tecnologie e i materiali consentono di abbattere i costi produttivi, ma anche di scegliere soluzioni più consone, bio e citocompatibili e anallergiche, a beneficio della salute del paziente. Ogni miglioramento è la conseguenza di un cambiamento, ma non tutti i cambiamenti portano come conseguenza un miglioramento. 13 << << DENTAL PRESS Alleanza terapeutica obiettivo della prima visita La prima visita è il momento più alto della professione odontoiatrica e qui il dentista ricorre a tutte le sue competenze. In questa fase è indispensabile fornire un'informazione completa, corretta e comprensibile al paziente La prima visita di un nuovo paziente presso uno studio odontoiatrico ha senza dubbio caratteristiche particolari da più punti di vista: relazionale, etico, clinico e anche medico legale. Con Paolo Monestiroli, specialista in odontostomatologia, abbiamo approfondito le tematiche connesse a questo primo incontro, così delicato, tra dentista e paziente. «Una delle qualità essenziali del medico e quindi dell’odontoiatra deve essere quella di seguire l’interesse e il bene del paziente, tenendo conto di non avere una potestà assoluta su quest’ultimo ma di dover instaurare con lui un’alleanza terapeutica. Allo stesso tempo il paziente dovrebbe collaborare alla riuscita della terapia» ci ha detto Monestiroli. Dottor Monestiroli, in cosa consiste l’importanza della prima visita? Come ho sempre sostenuto, la prima visita riveste un ruolo chiave nel rapporto tra odontoiatra e paziente sin dal primo istante, che è quello dell’incontro. La visita odontoiatrica dovrebbe essere intesa come atto medico durante il quale l’odontoiatra, paragonato a qualsiasi altro medico specialista, utilizza tutte le competenze e i mezzi che la tecnica mette a sua disposizione al fine di porre una diagnosi sulla quale verrà poi stabilito un determinato piano di trattamento. L’incontro dovrà rispettare le esigenze del paziente/cliente e le sue aspettative in termini di informazione corretta sulle terapie da eseguire con accessibilità di comprensione. La delusione nasce non tanto dall’errore medico, quanto dall’aspettativa enfatizzata dall’odontoiatra al paziente di una certa terapia poi delusa. Come si caratterizza l’alleanza terapeutica? Vorrei sottolineare l’importanza che ricoprono in questa fase le informazioni, che dovrebbero avere un ruolo centrale nel rapporto odontoiatra-paziente sin dal primo istante dell’incontro, durante l’esame obiettivo seguito dalla formulazione del o dei piani di trattamento alternativi e per tutto l’iter terapeutico con la risoluzione delle specifiche problematiche del paziente. Il sorgere dell’obbligazione dell’odontoiatra, che si identifica in un vincolo giuridico in forza del quale un soggetto è tenuto a un determinato comportamento, nasce in prima visita durante l’incontro e trova la sua collocazione nella volontà e nell’accordo tra le parti. L’accordo presuppone però l’informazione che l’odontoiatra dovrà dare al suo paziente. Cosa è importante fare in prima visita dal punto di vista clinico? È importante approfondire la parte anamnestica al fine di evidenziare eventuali malattie sistemiche, allergiche e l’assunzione di determinati farmaci che potrebbero avere un'influenza negativa sulla riuscita della terapia. All’anamnesi, che come atto medico dovrebbe sempre essere raccolta dall’odontoiatra stesso, dovrà seguire un attento esame obiettivo avvalendosi della semeiotica attraverso la ricerca di sintomi e segni presenti nel cavo orale del paziente con classiche manovre di ispezione e palpazione dei diversi distretti. Andranno ispezionate le mucose e le strutture di ogni singolo elemento dentale obiettivandone l’integrità, non trascurando alcun dettaglio e dialogando con il paziente al fine di approfondire eventuali sintomi per individuare l’origine della patologia. Al fine di formulare una diagnosi sarà necessario sottoporre il paziente a esami diagnostici per immagini come la radiografia panoramica, che risulta essere una guida all’interpretazione delle sofferenze lamentate dal paziente in quanto risulta essere un’immagine della realtà e non la realtà dell’immagine. E nei casi più complessi? Qualora l’odontoiatra avesse dei dubbi sulla presenza o meno della patologia, la panoramica potrà essere approfondita con radiografie endorali, tenendo sempre bene presente la giustificazione e l’ottimizzazione di tali procedure. Si possono avere casi comples- si, che dovrebbero passare attraverso più incontri di rivalutazione del paziente. In presenza di edentulie intercalate, sezionali o totali, l’odontoiatra al fine di poter proporre piani di trattamento alternativi o soddisfare le richieste del paziente di soluzioni implantoprotesiche, lo dovrebbe sottoporre a esame Tac con recente tecnologia volumetrica Cone beam. Così si riducono drasticamente le dosi di radiazioni e si salva la qualità della radiografia. È importante infatti che l’odontoiatra tenga sempre in primo piano il bene del paziente in termini di costo biologico. C’è il rischio di esagerare con esami e radiografie, magari in un’ottica difensiva? Sicuramente l’ottica della prestazione medica e di conseguenza odontoiatrica rientra ultimamente in un tipo di medicina difensiva. L’odontoiatria dovrebbe vedere il problema in un’ottica prevalentemente terapeutica rispettando le esigenze immediate e future del paziente e non a tutti i costi perseguire il proprio pensiero clinico. Nulla è eccessivo, a patto che l’odontoiatra tenga in debito conto il costo biologico del paziente. Che cosa occorre fare dal punto di vista medico-legale? Una delle strategie fondamentali risiede nella raccolta della documentazione inerente ogni singolo caso. Cardine della documentazione risulta essere la cartella clinica costituita da una raccolta di notizie anamnestiche e dati obiettivi, organizzata secondo un criterio cronologico, finalizzata alla cura, intesa come procedura diagnostica e terapeutica. La cartella clinica dovrà riportare oltre ai dati del paziente, il diario clinico giornaliero redatto in modo contestuale allegando gli elementi identificativi del o degli operatori, l’obiettività odontostomatologica, la prescrizione e i risultati degli esami diagnostico prognostici eseguiti, compresi quelli strumentali, la diagnosi con il piano di trattamento e le sue alternative e infine il preventivo di spesa. Allegato poi alla cartella clinica così redatta dovrà esserci il consenso informato. Quali accorgimenti occorre adottare per il trattamento dei dati sensibili? Riguardo all’informativa – ai sensi dell’articolo 13, D.Lgs. 196/2003, codice in materia di protezione dei dati personali – non vi sono particolari accorgimenti da prendere, se non quelli dettati dalla normativa a cui ultimamente è stata aggiunta una specifica di raccolta dati per i pazienti sieropositivi. A questo proposito, in base al registro delle deliberazioni del garante della privacy del 12 dicembre 2009, viene ribadito che il medico è tenuto a raccogliere un’anamnesi dettagliata del paziente e a illustrare a quest’ultimo l’importanza di tale raccolta di dati personali. L’interessato è comunque libero di scegliere, in modo informato e quindi consapevole, di non comunicare al medico alcune informazioni sanitarie che lo riguardano, ivi compresa la sua eventuale sieropositività. Anestesie e radiografie: quando occorre chiedere il consenso informato? Dovrebbe essere ribadito che non esiste un consenso per ogni singola specialità ma un unico consenso costruito sul caso specifico. Sempre l’indirizzo giurisprudenziale definisce un consenso immune da vizi quello che si viene a formare dopo aver avuto piena conoscenza della natura dell’intervento odontoiatrico, della sua portata ed estensione con relativi rischi. Il consenso dovrebbe poi contenere la percezione dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative presupponendo una completa informazione degli stessi da parte dell’odontoiatra (Cass. Civ. 25 novembre 1994, n°1004). Si evince quindi che la strategia principale nella prevenzione di un contenzioso o nella disamina corretta dello stesso risieda nella raccolta documentale inerente lo specifico caso, che permetta di evidenziare l’iter terapeutico svolto attraverso la valutazione iniziale del caso e le scelte applicate e gestite per tutto il periodo della terapia. Va ribadito il concetto imprescindibile dello scambio di > informazioni tra odontoiatra e paziente. Questo deve restare attivo anche nel post-terapia, con valide motivazioni inerenti la gestione da parte del paziente dei lavori protesici e i futuri controlli di manutenzione attraverso il monitoraggio delle terapie effettuate con sedute di igiene professionale associate a controlli da parte dell’operatore. È vero che per una corretta anamnesi il dialogo con il paziente è altrettanto importante degli esami strumentali? Va sempre sottolineata la centralità del paziente nel rapporto professionale, l’ascolto e l’informazione come fondamento della relazione e l’importanza della documentazione come fondamento della congruità degli interventi. A volte succede che il paziente torni o si presenti lamentando una sfumata sintomatologia algica o dichiarando di sentire che i lavori protesi- Paolo Monestiroli ci non fanno parte del proprio cavo orale e chiedendo implicitamente la risoluzione del problema. Non si dovrebbe partire dal presupposto che la lamentela nasca esclusivamente dal vissuto puramente soggettivo del paziente, poiché a volte ricercando e controllando attentamente il cavo orale dello stesso, anche in più sedute, possono emergere leggere imperfezioni che se sistemate o curate fanno dimenticare la presenza dei restauri protesici. Ascoltare il paziente e dialogare con lui, non solo nella raccolta anamnestica ma per tutto il periodo della prestazione terapeutica e nel periodo successivo, è importante tanto quanto gli esami strumentali. L'obiettivo è realizzare una vera e propria alleanza terapeutica, perseguita dall’odontoiatra in scienza e coscienza, con la collaborazione del paziente. Renato Torlaschi IL FATTORE TEMPO QUANTO DURA LA PRIMA VISITA Lo scorso 8 marzo il noto tg satirico Striscia la Notizia ha mandato in onda un servizio in cui un paziente si sottoponeva a una prima visita presso tre differenti studi odontoiatrici. Senza entrare nel merito della questione (sull'argomento si sono espressi un po' tutti gli attori della scena odontoiatrica) quello che qui ci interessa è valutare il fattore tempo: c'è un'indicazione da seguire? «Ritengo che dipenda essenzialmente dalla situazione – spiega Paolo Monestiroli, odontoiatra ed esperto di medicina legale –. A volte, prime visite in urgenza per la presenza di algie non ben specificate dal paziente necessitano di un esame obiettivo del distretto interessato e l’esecuzione di una radiografia per evidenziare la zona in esame e le zone limitrofe, al fine di poter porre una diagnosi certa. Diversamente, risolta l’urgenza, come più volte deliberato dalla giurisprudenza, l’odontoiatra si trova in presenza di uno stato del cavo orale del paziente che permette un intervento di elezione accuratamente controllabile, dilatando il fattore tempo per poter raccogliere in maniera più specifica tutti quegli elementi indispensabili per la formulazione di uno o più piani di trattamento». Questo in casi semplici. Ma per casi più complessi come ci si deve comportare? «L’odontoiatra – continua Monestiroli – dovrebbe comunque impegnare svariate sedute di rivalutazione che a volte, se ben impostate, possono portare nel tempo a situazioni ancor più necessarie di rivalutazione del caso, con variazioni del piano di trattamento che necessitano di nuove informazioni, variazioni del consenso, dell’iter terapeutico e del preventivo di spesa, che dovranno essere sottoposte al paziente per accettazione». R. T. << << DENTAL PRESS 14 Implantologia, le peculiarità della prima visita Secondo Antonio Achilli la prima visita può durare «tra i 30 e i 90 minuti» e può essere utile dividerla in due appuntamenti. È cruciale il rapporto con il paziente e va enfatizzata l'importanza del programma di mantenimento Il primo appuntamento da un implantologo presenta aspetti delicati sia per il professionista, che deve avviare il piano terapeutico più opportuno e iniziare un rapporto con un nuovo paziente, sia per il paziente stesso, che spesso è portatore di aspettative troppo elevate o timori ingiustificati. Ne abbiamo discusso con un chirurgo implantologo tra i più esperti, Antonio Achilli, libero professionista e responsabile per la chirurgia e implantologia orale del reparto di patologia e medicina orale dell'ospedale San Paolo di Milano. Dottor Achilli, come si dovrebbe svolgere la prima visita di un paziente dall’implantologo? Intanto vorrei sottolineare che la prima visita implantologica è un momento imprescindibile della terapia stessa e non è possibile effettuare una diagnosi e ipotizzare una conseguente terapia dalla sola analisi di una radiografia di qualunque tipo. Detto questo, credo sia importante tenere presente che spesso chi si presenta a una visita implantologica ha già delle informazioni sull’argomento, ha o pensa di avere un problema particolare che esula dalla routine odontoiatrica. E in effetti penso si debba continuare a considerare l’implantologia una pratica “elettiva”, non di routine. È dunque utile conoscere il grado di informazioni sulle terapie implantologiche e le esigenze del paziente. Questo si può ottenere per esempio attraverso la compilazione di un’anamnesi odontoiatrica mirata, avendo a disposizione del materiale informativo e immagini esemplificative. Inoltre può essere utile sviluppare la visita in due momenti: lasciare al paziente il tempo per rielaborare le informazioni date nel primo appuntamento e fissarne un secondo in cui puntualizzare le problematiche individuate. AAO: DALL’ORTODONZISTA ENTRO I SETTE ANNI «La buona salute dentale inizia presto», titola un depliant informativo rivolto dagli esperti dell’American association of orthodontists (Aao) ai genitori americani. Ricordando che l’Ada, l’associazione dei dentisti statunitensi raccomanda la prima visita dal dentista entro il loro primo compleanno, gli ortodontisti a loro volta consigliano una visita specialistica prima dei sette anni di età. Spesso è il dentista generico ad accorgersi di problematiche ortodontiche nei loro piccoli pazienti, ma anche in assenza di difetti visibili una visita da un ortodontista potrebbe far emergere anomalie poco visibili legate alla crescita dei mascellari e alla formazione della dentatura permanente mentre sono ancora presenti alcuni elementi dentari decidui. «Anche laddove i denti del vostro bambino appaiono dritti – avvertono gli specialisti americani – potrebbero nascondersi problemi che solo un ortodontista è in grado di rilevare». In questo caso, il fattore tempo gioca un ruolo fondamentale e permettere un trattamento precoce per prevenire o intercettare problemi che, affrontati troppo tardi, potrebbero rivelarsi molto più complessi e talvolta impossibili da risolvere con risultati altrettanto buoni. Ne trarranno giovamento sia la funzionalità che l’estetica. Una visita precoce può permettere all’ortodontista di guidare la crescita dei mascellari, ridurre l’eccessiva protrusione dei denti frontali, correggere abitudini orali dannose, guidare la crescita dei denti permanenti in una posizione più favorevole e in definitiva migliorare l’aspetto creando una sistemazione più piacevole nel rapporto tra denti, labbra e volto. R. T. Quali aspetti vanno considerati? Devono essere considerate, in ordine di importanza, le condizioni sistemiche, l’abitudine al fumo, le condizioni odontoiatriche del soggetto e quelle specifiche del sito implantare. Dall’esame dei vari elementi che emergeranno da queste valutazioni, si potrà definire l’opportunità di una terapia implantare e il suo livello di difficoltà, sia da un punto di vista tecnico-operativo sia nel raggiungimento di un ottimale risultato funzionale ed estetico e quindi di soddisfazione del paziente stesso. Quali approfondimenti diagnostici devono essere effettuati? Nel momento in cui il soggetto è ritenuto idoneo alla terapia implantare, la fase diagnostica successiva è relativa al tipo di terapia specifica del sito chirurgico-protesico e al grado di aspettative del paziente. In questi due sensi si decide il livello di difficoltà della terapia: la riabilitazione di una monoedentulia posteriore può es- sere più difficoltosa rispetto a quella di una edentulia della premaxilla. È quindi fondamentale stabilire il grado di difficoltà della procedura sia in senso chirurgico sia in senso protesico, tenendo presente che si tratta sempre di una riabilitazione orale. Di conseguenza gli approfondimenti diagnostici potranno essere effettuati per mezzo di una indagine radiografica del sito specifico e/o del distretto maxillo-facciale, di una documentazione extraorale fotografica, di una analisi gnatologica con modelli studio in articolatore e arco facciale. Considero utile la radiografia panoramica per l’inquadramento del paziente piuttosto che per l’analisi del sito chirurgico, per cui se il paziente è conosciuto non ritengo indispensabile eseguirla. Inoltre, per evitare la prescrizione di una Tc, terrei sempre presente la possibilità di analizzare il sito implantare con una semplice endorale, eventualmente associata alla vecchia tecnica della visualizzazione della cresta ossea su modello per sottrazione dello spessore mucoso. > Quanto dura tipicamente una prima visita implantologica? Considerando la probabile utilità di un secondo appuntamento e la variabilità delle terapie riabilitative implantari, il tempo complessivo della visita può ragionevolmente variare dai 30 ai 90 minuti. Quali sono le precauzioni e le controindicazioni assolute a un impianto? La scelta della tecnica chirurgica adatta e la sua corretta realizzazione permetteranno di controllare le eventuali complicazioni intraoperatorie e dell’immediato postoperatorio. La valutazione dello stato parodontale e l’abitudine al fumo saranno da valutare per la prevenzione di complicazioni future. Questo presuppone che il paziente implantare sia stato “preparato” all’intervento e sia sensibilizzato a una terapia di mantenimento, che diventa parte integrante della riabilitazione stessa. Forse l’unica controindicazione assoluta a un impianto endoosseo è la terapia con bisfosfonati per patologia tumorale. Valuterei inoltre il profilo psicologico/psichiatrico del paziente che potrebbe determinare situazioni rischiose. Per il resto bisogna osservare che la terapia implantare è assolutamente individualizzata. E naturalmente le patologie sistemiche non compensabili non sono compatibili col trattamento implantare. Possiamo trattare tranquillamente pazienti che sono classificabili come Asa I o Asa II. Quanto è importante il dialogo con il paziente e l’offerta di varie opzioni terapeutiche con costi e benefici di ciascuna opzione? Il dialogo è fondamentale per far emergere quante e di che tipo sono le informazioni già in possesso del paziente, quali sono le sue aspettative e quindi orientare la terapia verso la soluzione di maggior gratificazione, che potrebbe non essere quella implantare. In questo senso è importante far conoscere costi e caratteristiche di altre opzioni terapeutiche. Esigenze estetiche, funzionali ed economiche: quanto influi- Antonio Achilli scono nella proposta? Dipende molto da quanto siamo stati capaci di intercettare le aspettative del paziente e definire il suo profilo: paziente implantare o no? Certamente le condizioni della dentatura residua e la risposta clinica alla preparazione iniziale ci orienteranno già nella scelta. Nel momento in cui si decide di fare una proposta implantare si troverà la soluzione economica adatta e le determinanti diventano quelle estetica e funzionale. Come gestire gli aspetti economici in interventi che possono essere anche molto onerosi? Credo sia utile individualizzare la gestione della parte economica partendo dalla firma per accettazione del piano di trattamento con allegati preventivo di spesa e modalità di pagamento. Quest’ultima può anche prevedere il ricorso a una rateaizzazione finanziaria. Quanto il paziente deve essere ascoltato e quanto “guidato”? Ritengo che un paziente apprezzi essere ascoltato e credo sia utile farlo nella maggior parte dei casi. Servirà anche a controllare nel modo migliore il grado di ansia che può facilmente essere associato a una terapia “sconosciuta” e invasiva e in questo senso rendere più collaborante il soggetto nel corso della seduta chirurgica e poter controllare al meglio il rischio di imprecisione insito in ogni procedura. D’altro canto il paziente andrà anche guidato in quelle parti del colloquio in cui si parla di aspetti più tecnici per evitare di dilungarsi in dettagli inutili. Si dovrà in ogni caso essere esaurienti e dare sicurezza fornendo informazioni mirate, precise e il più possibile sintetiche. L’informazione dovrà essere comunque completa sulle caratteristiche generali dell’implantologia e relativamente alla terapia specifica. È molto importante coinvolgere il paziente in un programma di mantenimento, enfatizzando la sua importanza per il successo a lungo termine della riabilitazione eseguita. Renato Torlaschi 17 << << DENTAL PRESS Aumentano i contenziosi limitiamo i danni Ai dentisti viene spesso riconosciuta la colpa professionale, anche se con risarcimenti contenuti. Si sbaglia soprattutto in ambito protesico e implantare. E il 25% degli odontoiatri non è nemmeno assicurato Torniamo ad affrontare le complesse tematiche legali che l’odontoiatra si trova sempre più spesso ad affrontare, spesso con una preparazione non adeguata. Italian Dental Journal ha intervistato Maria Sofia Rini, odontoiatra, socio fondatore e segretario dell’Accademia italiana di odontoiatria legale (Oelle). La dottoressa Rini, che ha al suo attivo più di 60 pubblicazioni scientifiche in riviste specialistiche italiane e internazionali, ha scritto diversi testi a tema odontoiatrico e medico-legale e svolge un’intensa attività di formazione. Con lei abbiamo passato in rassegna i punti più delicati della questione medico legale e del contenzioso. Dottoressa Rini, quali problematiche sono connesse all’informazione al paziente? Quella del fornire un’adeguata informazione prima di acquisire il consenso al trattamento del paziente è un’attività complessa, spesso non sufficientemente apprezzata e considerata dagli stessi pazienti, che di fatto non si considerano “ammalati” e pertanto dimenticano che si tratta pur sempre di un’attività medico chirurgica. Cosa caratterizza il contenzioso medico legale in odontoiatria? I criteri di valutazione e di giudizio della responsabilità degli odontoiatri si sovrappongono a quelli degli altri medici, con la differenza che, seppur i criteri risarcitori siano in genere di più modesta entità, con maggiore frequenza viene riconosciuta la colpa professionale. Non di rado l’odontoiatra non è in grado di dimostrare la correttezza del proprio operato, in quanto non è stato preparato a farlo e non è in grado di prevenire e gestire il contenzioso. Quale l'origine di errori e complicanze? È molto difficile per chi non si occupa di medicina legale orientarsi tra errori e complicanze, ossia tra eventi conseguenti a cattiva condotta professionale (errori) ed eventi non altrimenti prevenibili ed evitabili, seppur possibili e prevedibili (complicanze). In odontoiatria sono possibili entrambi. LA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA UNA LEGGE DA CAMBIARE? Il decreto legislativo 28/2010 ha sancito la mediazione obbligatoria, ossia un importante cambiamento di prospettiva culturale e giuridica. Si tratta di una forma di tentativo di risoluzione alternativa (conciliazione), obbligatoria per alcuni generi di controversie civili e commerciali (scelte sulla base della frequenza e dell’eccessiva lunghezza dell’iter giudiziario), tra le quali anche quelle relative al risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e odontoiatrica. Di derivazione anglo-sassone, è molto lontana dalle logiche del diritto fino ad oggi vigente in Italia. Secondo la dottoressa Maria Sofia Rini, iscritta all’albo dei consulenti tecnici del Tribunale di Bologna e mediatore professionista, «l’aspetto dell’obbligatorietà avrà necessariamente un importante impatto pratico sulla gestione della professione odontoiatrica e delle eventuali liti con il paziente, anche se si deve ammettere che allo stato attuale l’istituto fa un po’ fatica a decollare». In effetti dopo qualche mese dalla sua istituzione, la mediazione obbligatoria non sembra offrire serie garanzie. «L’esperienza su Bologna – continua la dottoressa Rini – si limita a pochi casi, la maggior parte dei quali trattati presso la Camera di Commercio, dove non vi sono mediatori esperti in materia di responsabilità medica e odontoiatrica. Anche nella classe forense c’è un clima di attesa per l’ormai prossima pronuncia della Corte Costituzionale e vige la speranza, non È cosa nota ai clinici che la perfetta conduzione di un intervento non necessariamente garantisce il risultato dello stesso, dovendosi quest’ultimo rapportare con una molteplicità di variabili, di risposte e fattori biologici. Tipici esempi potrebbero essere la mancata osteointegrazione di un impianto eseguito con tecnica ineccepibile, o una lesione neurologica del nervo linguale successiva a estrazione dell’ottavo incluso o a infiltrazione anestetica. Cosa può fare l’odontoiatra? Se l’attività medico chirurgica non può escludere o impedire il verificarsi di complicanze, si possono evitare errori, quanto meno i più grossolani, come l’erronea realizzazione di una cura endodontica o conservativa, lavorando con la dovuta perizia, diligenza e prudenza. Da un punto di vista tecnico si “sbaglia” soprattutto in ambito protesico e implantare, ma sono sempre più contestati errori endodontici e ortodontici. L’esperienza però mi ha insegnato che il principale errore degli odontoiatri non deriva da una scorretta gestione clinica o da errori procedurali e/o diagnostici, ma da una sostanziale difficoltà a comunicare correttamente e serenamente con il paziente. Nella maggior parte dei casi il contenzioso coinvolge non gli operatori meno abili, ma quelli più scontrosi. Non è raro, inoltre, il caso di colleghi che, anche in perfetta buona fede, offrono ai pazienti false aspettative di risultato. Si è dimostrato che una corretta gestione del rapporto umano con il paziente previene i cosiddetti “incidenti di percorso”, in assenza di rigidità o di presunzioni. Forse facendo ricorso a un po’ di modestia e buon senso potrebbe essere sufficiente imparare dagli errori propri e altrui per evitare buona parte delle liti. Esistono tipologie di pazienti che presentano problematiche ulteriori dal punto di vista legale? Sicuramente dobbiamo considerare gli stranieri: la scarsa conoscenza della lingua porta a difficoltà del processo informativo e comunicativo in generale. Per quanto riguarda i minori le scelte e le decisioni terapeutiche implicano valenze particolari legate alla giovane età del paziente – che non si può pronunciare in prima persona, seppur le sue espressioni di vo- tanto nascosta, di una sostanziale modifica del decreto legge o della sua totale abrogazione. Gli enti assicurativi al momento non si espongono». Ma un’abrogazione è davvero possibile? «Personalmente – riferisce Maria Sofia Rini – credo possibili e doverose alcune modifiche, ma le precise direttive europee rendono difficilmente attuabile la totale abrogazione dell’istituto. Pertanto, a partire dal 21 marzo 2011, le controversie in materia di responsabilità medica devono necessariamente passare attraverso la mediazione (condizione di procedibilità). Secondo alcune pronunce di merito l’unica alternativa prima di adire alle vie giudiziarie è l’Accertamento tecnico preventivo (Atp) a scopo conciliativo (obiettivamente più dispendioso), ma non tutti i giuristi concordano a riguardo». L’Atp a scopo conciliativo, possibile già da qualche anno, è un tentativo di risolvere le liti in fase pre-giudiziale attraverso un procedimento formale, ben strutturato, che parte da considerazioni di diritto e che non ha riscontrato una grossa percentuale di successi in ambito medico. «Diversa è la mentalità con cui ci si deve avvicinare alla mediazione, dove l’interesse a superare i motivi del contendere dovrebbe portare a soluzioni più immediate, più pratiche e non necessariamente con un riscontro economico (per esempio il rifacimento gratuito di un manufatto protesico difettoso). Soluzioni certo possibili con un po’ di buon senso, indipendentemente dal ricorso a un organismo di mediazione e a un soggetto terzo, ma sicuramente favorite dalla presenza del mediatore professionista e dalle > lontà non possano risultare indifferenti – e alla necessità di interagire con manovre cliniche e diagnostiche in un soggetto in fase d’accrescimento. In tal caso il consenso, comunque informato, dovrà essere prestato dai genitori (meglio se da entrambi) esercenti la potestà genitoriale o dal tutore o dal legale rappresentante, senza venir meno all’obbligazione di comunicare informazioni al minore e di tener conto della sua volontà, compatibilmente con l’età e con la sua capacità di comprensione. E in caso di inabilitati? Problemi di non inferiore rilevanza si pongono in caso di interventi a soggetti che non possono esprimersi in prima persona (inabilitati, interdetti). I dispositivi di legge prevedono in tali evenienze l’intervento di tutori o di legali rappresentanti, cui spetta l’onere di manifestare il proprio esplicito consenso o dissenso. Nella pratica clinica preoccupazione e allerta possono insorgere qualora ci si debba rapportare a pazienti in cui si ravvisino elementi che inducano a sospettare incapacità psichica, confusione o disorientamento o comunque soggetti che non appaiano in grado di com- Maria Sofia Rini prendere pienamente l’informativa fornita. Non si escludono incapacità transitorie, come l’uso di sostanze allucinogene o stupefacenti o l’abuso di alcol, nel qual caso, qualora procrastinabile, l’intervento del sanitario dovrebbe attendere la ripresa delle piene capacità cognitive del soggetto. In assenza del carattere di transitorietà è opportuno accertare lo stato giuridico del paziente: il consenso prestato da un congiunto, seppur prossimo (figlio, coniuge, fratello), se non legalmente autorizzato a farlo e soprattutto a fronte di interventi ad alto rischio, non ha alcun valore. Dottoressa Rini, ci sono consigli che si sente di dare agli odontoiatri per prevenire controversie legali? Gli odontoiatri oggi non sono ancora pronti a prevenire efficacemente il contenzioso in quanto, per quella che è la mia esperienza, scarsamente formati ad affrontare la questione. Una eventuale lite con il paziente produce panico o atteggiamenti arroganti e difensivi, che difficilmente portano a una risoluzione “atraumatica” dell’evento. L’iter formativo universitario ad oggi non ha ancora previsto insegna- sue capacità di far analizzare alle parti il vero motivo del contendere. Non si nasconde, tuttavia, l’esistenza di alcuni dubbi, perplessità e difficoltà pratiche, tipiche di ciò che è nuovo» commenta l'esperto. Tanto che molti enti pubblici e diverse strutture ospedaliere ed enti assicurativi hanno rifiutato di comparire in mediazione. «Correttamente sono state apportate alcune modifiche al testo di legge originario (in particolare con la legge 145/2011) atte a favorire il ricorso all’istituto della mediazione e a riconoscere l’importanza di mediatori di estrazione tecnica, esperti della materia. Tali modifiche, tuttavia, non hanno ancora escluso i timori relativi a un uso improprio dello strumento conciliativo grazie anche ai costi piuttosto contenuti. L’informalità della procedura o il tentativo di ridurre o eliminare costi per i preliminari (consulenze, pareri legali ecc.), tuttavia, potrebbero non far eseguire preventivamente valutazioni atte a considerare la reale valenza economica del motivo del contendere o l’eventuale effettivo valore della lite. Pertanto, se sottostimato ab initio, potrebbe non garantire una sufficiente o equa tutela del soggetto ipoteticamente leso. Un corretto utilizzo dell’istituto della mediazione potrebbe, in alcuni casi, addirittura aiutare l’odontoiatra a contenere gli effetti negativi del contenzioso e a ridurne i costi economici e psicologici. Al momento – ha concluso Maria Sofia Rini – non è possibile esprimersi oltre, l’istituto è troppo giovane e tutti noi abbiamo ancora bisogno di crescere, di formarci e di fare esperienza». R. T. << << DENTAL PRESS menti specifici e in genere, un po’ scaramanticamente, gli odontoiatri mostrano uno scarso interesse per l’argomento. Così accade che nel momento del bisogno sono colti dal panico. Prevenire significa conoscere i meccanismi per cui nasce e si sviluppa una lite fino al punto della via giudiziaria. Vuol dire imparare a gestire meglio e con più ordine la propria professione e a tutelarsi correttamente ed efficacemente da un punto di vista assicurativo. E come si possono affrontare al meglio le controversie, quando dovessero capitare? Limitare i danni prodotti da un contenzioso vuol dire non commettere altri errori, o banalmente cadere su aspetti formali o sostanziali, in grado di inficiare un’attività sanitaria tecnicamente svolta con co- scienza, diligenza e perizia. Da diversi anni assieme ad alcuni colleghi e ad alcuni noti esperti di diritto e di assicurazioni ho cercato di lavorare su questo aspetto, ribadendo l’importanza della formazione e della conoscenza. Pochi, ma efficaci consigli: al primo sentore di incrinamento del rapporto con il paziente rivolgersi a un collega esperto di medicina legale odontoiatrica; ripercorrere con lui l’iter diagnostico terapeutico, esaminare la documentazione prima di eventuali richieste di reso da parte del paziente, verificare l’eventuale sussistenza di errori e tentare un’eventuale composizione diretta e pacifica della lite. È possibile tutelarsi in modo adeguato attraverso una assicurazione? Che indicazioni può dare in proposito? Una comunicazione preliminare alla propria compagnia di assicurazione esclude la possibilità di eventuali pretese di eccezioni di tardività della stessa. A tal riguardo esaminate assieme al “vostro” consulente le clausole di polizza, ricordando che l’odontoiatra e il legale fiduciari dell’assicurazione lavorano primariamente per questa. Solo se gli interessi coincidono lavorano anche per gli odontoiatri. Oggi è possibile tutelarsi in modo adeguato da un punto di vista assicurativo, ma è necessario conoscere i meccanismi con cui scegliere una polizza piuttosto che un’altra, senza basarsi, come purtroppo molti colleghi fanno, sul premio o sui massimali. Risultano molto più importanti le clausole di polizza e tutte le postille di inclusione o esclusione del rischio, la copertura per il regresso, la tutela per il futuro, le franchigie, e così via. Ricordandosi che l’eventuale restituzione della parcella in caso di lavoro non correttamente eseguito non è praticamente mai a carico dell’ente assicurativo. Premesso tutto ciò, purtroppo mi vedo costretta a ricordare che una buona copertura assicurativa è utile e opportuna. A tutt’oggi però il 25% dei colleghi non è assicurato e una percentuale ancora più alta risulta mal assicurata. Dal prossimo agosto tutti i professionisti dovranno obbligatoriamente contrarre (e darne indicazione sui preventivi) una polizza di Rcp. Questa norma è stata introdotta a tutela del paziente/cliente ma, lasciatemelo dire, anche del professionista. Che deve però scegliere con attenzione la sua polizza. Renato Torlaschi 18 CONTROVERSIE LEGALI E TRATTAMENTI ESTETICI I trattamenti estetici, soprattutto se ad alta o a esclusiva valenza estetica, rappresentano una vera fonte di discussione e di contenzioso e non di rado si riconosce al sanitario un dovere che va ben oltre l’obbligo di mezzi, soprattutto se si sono fatte balenare prospettive di risultati o si sono create importanti aspettative. L’inestetismo, fino alla recente posizione dell’Oms, non configurava uno stato patologico. Oggi si ritiene che sia un elemento in grado di incidere sullo stato di salute psico-fisica del soggetto, anche se a mio parere sempre più di frequente si assiste a estremizzazioni di questo concetto. Si fa dell’estetica il fine ultimo del trattamento, tanto che proprio l’aspetto estetico viene a essere identificato o confuso con il fine terapeutico. Ne deriva così la necessità che lo scambio dialettico tra sanitario e paziente non trasformi una mera probabilità statistica in un’incondizionata attesa di risultato, il cui eventuale non raggiungimento dà luogo, a ragion veduta, al riconoscimento di un inadempimento. In buona sostanza, proprio nei trattamenti a valenza estetica, particolarmente efficace, attento e preciso dovrebbe risultare il processo informativo atto a condividere una scelta terapeutica e i rischi della stessa con il paziente, senza con ciò autorizzare condotte inidonee ed erronee. Per questo sono sempre più preoccupata dei messaggi pubblicitari con promesse di sorrisi a prova d’estate e di risoluzione in tempi brevi degli inestetismi mediante l’utilizzo di nuove e avanzate tecnologie. Inevitabilmente, prima o poi, si dovrà fare i conti con quelle che sono le reali possibilità terapeutiche e chirurgiche, con le complicanze che, in tal caso, saranno per il professionista “errori”. Non da ultimo voglio rammentare il valore non universale dei parametri di giudizio del concetto estetico di bellezza. Maria Sofia Rini IL DEFICIT FORMATIVO SUL CONTENZIOSO Maria Sofia Rini, che svolge un’intensa attività formativa (privatamente e presso il dipartimento di scienze odontostomatologiche dell’Università di Bologna) ci conferma che «nelle aule universitarie purtroppo manca una formazione specifica di base che aiuti il professionista a gestire la propria attività, senza cadere nella medicina difensiva, prevenendo, se possibile, o imparando a limitare i danni di un eventuale contenzioso». «Credo molto nella necessità che ogni singolo professionista – non solo l’esperto ma anche il clinico puro e il giovane odontoiatra – abbia nozioni di base su questi temi, che lo aiutino ad affrontare con più serenità la professione» ci ha detto Maria Sofia Rini, che sta organizzando per il 14 e 15 settembre a Bologna un incontro in cui si valuteranno «gli elementi clinici, metodologici e merceologici di difendibilità medico-legale della realizzazione protesica». Nel secondo semestre del 2012 (date da definirsi) verrà invece riproposto il corso base “La responsabilità, il contenzioso e la mediazione in odontoiatria”. Tra ottobre e novembre si terrà poi a Bologna il congresso nazionale dell’Accademia italiana di odontoiatria legale (Oelle) dal titolo “Problematiche sistemiche nel paziente odontoiatrico: aspetti clinici e implicazioni medico-legali” (per informazioni su questi eventi: tel 051.6142182 – [email protected]). La dottoressa Rini infine sta per pubblicare con l’editore Maggioli un testo didattico-divulgativo rivolto a tutti i professionisti del settore, ai medici legali, agli avvocati e ai mediatori in tema di mediazione in odontoiatria. «Questo libro è frutto dell’instancabile lavoro mio e degli avvocati Rocchina Staiano e Daniela Savio, con la collaborazione di molti colleghi, esperti e amici» ci ha detto l’autrice. R. T. «Luce del nord»: massimo confort e risultati migliori nella pratica quoditiana Una corretta illuminazione dello studio dentistico è di cruciale importanza per prevenire errori diagnostici e preservare la salute visiva degli operatori. L'obiettivo è quello di riprodurre fedelmente la «luce del Nord» in pieno giorno Dall’inizio dell’evoluzione umana, la nostra morfologia si è sviluppata con la luce naturale, al ritmo dei giorni e delle stagioni. Da più di 150 anni con l’avvento dell’elettricità, l’illuminazione artificiale ha rivoluzionato il nostro stile di vita e cambiato i nostri comportamenti. Oggi lavoriamo d’inverno e di notte, a differenza dei nostri antenati che si svegliavano e andavano a dormire seguendo il ritmo del sole e lavoravano seguendo i tempi scanditi dalla coltivazione della terra e dalle colture. Da allora il bioritmo del nostro organismo non è cambiato. Ed è questo il problema: ci comportiamo contrariamente a questo concetto. In autunno e in inverno, quando le giornate sono corte, lavoriamo anche dopo il tramonto. Le conseguenze sul nostro invecchiamento, l’umore, il nostro dinamismo al lavoro e la qualità delle nostre azioni possono essere molto gravi. Questo è il motivo per cui è imperativo considerare con la massima serietà l’illuminazione della sala di cura. Solo un’illuminazione di elevata qualità che riproduce fedelmente la luce naturale in pieno giorno permette di mantenere l’armonia del nostro bioritmo e l’equilibrio ormonale. Un altro fattore importante della nostra morfologia deve essere considerato: la vista. Il nostro antenato era un cacciatore la cui vista funzionava al meglio quando volgeva all’orizzonte. Doveva quindi proteggersi dal bagliore del sole portando la mano sugli occhi quando la cacciagione era rivolta al sole, mentre questo non accadeva quando il suo sguardo era volto a nord. La «luce del nord», in effetti, è profusa dal cielo, che è un arco uniformemente illuminato, e non dal sole. Ancora oggi, è quando il nostro sguardo volge verso nord che vediamo meglio. E di conseguenza questa nozione viene insegnata nelle facoltà di odontoiatria. Si consiglia di scegliere le tinte alla finestra rivolta a nord, quando il nostro occhio è a riposo, senza abbagliamento e con un’illuminazione uniforme. Riprodurre una «luce del nord» nella sala di cura è una reale necessità per il confort visivo dei dentisti e la qualità delle cure. Un’operazione non certo semplice: serve infatti un’illuminazione che, simultaneamente: • emetta una luce con colore detto “del giorno” (6.500°K, CRI>98%); • abbia un flusso prevalentemente orientato verso il soffitto, per trasformarlo nel “cielo”; • sia non abbagliante e uniformemente ripartita in tutto lo spazio. Riproducendo il concetto di «luce del nord» nella vostra sala di cura, ristabilirete le condizioni ottimali di funzionamento dei vostri occhi e del vostro bioritmo, preserverete la vostra salute e metterete la vostra vista al sicuro da un invecchiamento prematuro. Ma eviterete anche numerosi errori in fase diagnostica diagnostica e anche durante la terapia. << << FOCUS ON 20 Dare un'immagine all'attività dello studio I consigli (e le foto) dell'esperto su come ideare (o cambiare) l'aspetto di reception, sala d'attesa e amministrazione. Con un occhio in più all'immagine grafica coordinata: dall'arredamento ai camici degli operatori Lo studio odontoiatrico rappresenta nell’immaginario collettivo un luogo spesso “ostile”, dove molti pazienti si recano malvolentieri, con timore, ansia o preoccupazione, prevedendo di essere sottoposti a interventi più o meno invasivi o recepiti come dolorosi, nonostante le anestesie che sanno verranno comunque loro somministrate. Risulta pertanto fondamentale creare, tramite accorgimenti strutturali, di allestimento e comportamentali, un’atmosfera accogliente e rassicurante, atta a mediare il più possibile gli stati d’animo “negativi” del paziente e a ben disporlo alla visita o all’intervento a cui a breve dovrà sottoporsi. Vi sono molti fattori di influenza sull’impatto che lo studio avrà sul paziente: imparare a conoscerli e a gestirli vi consentirà un approccio molto meno prevenuto nei confronti del vostro team di lavoro e di conseguenza l’offerta curativa che potrete offrire sarà recepita con meno disagio. Il principale punto di contatto tra voi e i vostri pazienti è sicuramente il vostro ambiente di lavoro. E la percezione di esso inizia già fuori dalla porta: non trascurate l’importanza dell’immagine che una targa e un’illuminazione dell’ingresso del vostro studio possono veicolare nei confronti di chi vi accede. > Area gioco per i bambini L’influenza positiva sul paziente viene poi giocata appena il paziente varca la soglia d’ingresso: la reception e la sala d’attesa costituiscono il “biglietto da visita” dello studio, costituendo il primo impatto e la prima impressione. E qui entra in gioco una delle scelte primarie a livello estetico che il medico deve fare nella progettazione dell'ambulatorio: che “look” si vuole dare all’ambiente. La scelta infatti varia notevolmente e può essere influenzata da molteplici fattori: la continuità con lo studio precedente, un'immagine alla moda per colori e materiali, un aspetto rilassante o un’immagine più ospedaliera. Non esiste una regola precisa, il gusto e il target dei pazienti possono far propendere per una scelta o per un’altra in modo estremamente soggettivo. Di sicuro però alcuni criteri vengono utilizzati più di frequente, assecondando una filosofia che punta all’obbiettivo di indurre nel paziente il miglior stato di rilassamento, per contrastare il ben noto stato di “ansia da dentista”. Per questo motivo si tende a differenziare notevolmente l’area extraclinica (ingresso, reception, attesa) dall’area clinica (sale con i riuniti), caratterizzando la prima con materiali, luci e colori atti a creare un’atmosfera piutto- > Libero professionista con studio in Milano, Francesco Frova dal 1988 si occupa di progettazione tecnica specializzata per ambienti medici > Reception sto calda, mentre l’area clinica può venir trattata con finiture che le attribuiscono un’atmosfera più fredda e asettica, più clinica. La reception L’aspetto del banco reception rispecchia l’immagine che il medico vuole attribui- re al suo studio: un banco scenografico, d’effetto, trattato con materiali d’avanguardia, porzioni retroilluminate o con illuminazioni a led, colori definiti o a contrasto, forme estrose e insolite, colpisce subito il paziente per la sua originalità o per il suo essere alla moda; d’altro canto, un banco con materiali sobri o classici, colori misurati e linee rigorose colpisce per la sua eleganza e raffinatezza. Sta all’architetto interpretare il gusto del medico da trasferire nell’impostazione dell’immagine dell’arredo. Oltre all’aspetto del banco reception, deve essere studiata con attenzione anche la sua collocazione: è ovviamente conveniente collocare tale funzione di fronte o in stretta prossimità dell’ingresso, per assolvere meglio alla funzione di accoglienza che deve avere. Ma a seconda che nello studio vi sia o meno una persona dedicata alla postazione reception in maniera fissa e continuativa, la sua posizione può leggermente variare nel layout dello studio. Se infatti è la stessa assistente a svolgere en- trambi i ruoli di receptionist e di assistente alla poltrona, la reception dovrà essere disposta in collegamento diretto anche con l’area clinica, per agevolare gli spostamenti dell’assistente stessa, tra la postazione e l’area clinica. La sala d'attesa La funzione basilare della sala d’attesa nell’ambulatorio odontoiatrico consiste nel mettere a proprio agio i pazienti. La disponibilità di aree tranquille, separate da zone ove informazioni visive o flussi di percorsi possano creare caos percettivo, è sicuramente un aspetto da non sottovalutare per lo scopo di indurre tranquillità nei confronti dei pazienti. L’ambiente della sala d’attesa può quindi essere trattato come locale unico, oppure essere suddiviso in porzioni, ad esempio tra area adulti ed area bambini, o tra area adulti “informativa” con monitor, depliant e brochure, e un’ulteriore area adulti, più distesa, rilassante e informale. Per raggiungere questo scopo, si possono inoltre utilizzare alcuni stratagemmi: una musica adeguata, a volume moderato; la diffusione di essenze profumate calmanti e distensive, ma con intensità discreta; la proiezione di video che distolgano l’attenzione dall’imminente visita/intervento; la messa a disposizione, oltre che di riviste, anche di un eventuale Ipad o di una postazione internet; un dispenser di acqua ecc. Tutto ciò, unito a un attento studio dell’immagine generale dell’ambiente, contribuirà a distendere il paziente “agitato” durante l’attesa. L’area destinata ai bambini può essere dotata di sedute di dimensioni ridotte, dall’aspetto giocoso, tipo pouff; di piani d’appoggio, mensole sagomate o tavoli/ripiani con matite colorate e fogli a disposizione per impegnare i bambini durante l’attesa; di videogiochi; di un monitor per la proiezione di cartoni animati o documentari. Le sedute per gli adulti possono essere singole o a panca o divanetto: in genere, le sedute singole vengono 21 << << sfruttate completamente, mentre con i divanetti spesso non vengono sfruttati appieno tutti i posti a disposizione (su un divano a tre posti spesso si siedono solo due persone, per evitare la contiguità spalla a spalla con sconosciuti). Come per il banco reception, anche l’immagine della sala d’attesa rispecchia il gusto e le preferenze estetiche del medico, e può presentarsi pertanto sotto diversi stili, dal tecnico al salottiero, dal sobrio all’accattivante, tramite l’uso di differenti materiali a pavimento, colori per le pareti e per gli arredi, sfondati di luce nel controsoffitto ecc. Sottolineando un’ovvietà, bisogna porre grande attenzione alla scelta dei materiali da impiegare per i rivestimenti delle sedute, optando per tessuti o ecopelle o altri materiali robusti, non sporchevoli, il più facilmente lavabili (ad esempio, si consigliano rivestimenti rimovibili, lavabili direttamente in lavatrice). A seconda delle preferenze, la sala d’attesa può costituire un locale a se stante, separato dalla reception, oppure essere aperta su quest’ultima. La scelta di una tipologia piuttosto che l’altra dipende anche dalle abitudini e dal layout generale dello studio. Di sicuro però l’assenza di porte tra sala d’attesa e reception si tradurrà in un’i- > Sala d’attesa FOCUS ON nevitabile diminuzione della privacy della segretaria nel momento del colloquio con un paziente al banco reception o in occasione di telefonate. L’amministrazione Contigua con la reception invece è bene che venga disposta l’amministrazione. Questo locale deve garantire il massimo della privacy e della discrezione, trattandosi dell’ambiente ove il medico può ritirarsi con il paziente per discutere di pagamenti o preventivi. Come appena detto, viene solitamente collocata in prossimità della reception, ma da questa separata, per consentire alla receptionist di spostarsi agilmente dal banco reception al retro amministrativo. Se il layout lo consente, è bene anche che si trovi in una posizione “defilata” per agevolare l’uscita del paziente senza che questi debba ripassare necessariamente davanti alla sala d’attesa, per tutelarne la privacy dopo un eventuale intervento invasivo. Tale accesso diretto del paziente in uscita dal trattamento consentirà inoltre di “intercettarlo”, e di poterlo trattenere per il piano dei successivi appuntamenti e per le formalità amministrative. Francesco Frova IL PERSONALE E L’IMMAGINE COORDINATA C'è un aspetto troppo spesso sottovalutato nel momento in cui si ragiona sull'organizzazione e sull'immagine del proprio studio odontoiatrico: l’immagine visiva e percettiva. «Fin dalla prima telefonata il paziente entra in contatto con la realtà della vostra struttura: una risposta cortese, una voce gentile indurranno una prima impressione positiva in chi si mette in contatto con il dentista» ci spiega l'architetto Francesco Frova, che dal 1988 si occupa di progettazione tecnica specializzata per ambienti medici. Allo stesso modo, secondo l'esperto, un sorriso e una divisa elegante e coordinata accoglieranno il paziente all’ingresso dello studio e trasmetteranno cordialità ed efficienza allo stesso tempo. «Un’immagine coordinata grafica, che va dalla carta intestata ai biglietti da visita, dai colori dei camici a quelli delle poltrone, dal colore delle pareti alla targa dell’ingresso, veicolerà serietà e organizzazione molto più di quanto si creda» sottolinea Frova, che invita quindi i dentisti a non sottovalutare queste variabili nel loro studio. La scelta più immediata e semplice da fare è rivolgere l'attenzione sulla scelta dei camici degli operatori sanitari, magari differenziando attraverso i colori le figure professionali presenti all'interno dello studio, esattamente come in ospedale, dove il chirurgo ne indossa uno verde e il medico uno bianco. «Sono tutte informazioni non verbali che, a livello più o meno inconscio, influiranno in modo sensibile sul giudizio che i pazienti svilupperanno nei vostri confronti» conclude Francesco Frova. A. P. << << FOCUS ON Ristrutturazione dello studio I dettagli e l'esperienza Piccoli suggerimenti pratici in progettazione frutto dell'esperienza quotidiana: anche i dettagli fanno la differenza. Sono molti gli accorgimenti che possono migliorare l'ergonomia dello studio e renderlo più efficiente Molti esperti hanno descritto nelle loro pubblicazioni o libri dal “dove” al “come” realizzare lo studio ideale ed è proprio grazie alla loro esperienza che abbiamo attinto molte delle nostre informazioni. Cogliamo quindi l’occasione per ringraziare tutti coloro che si sono posti il problema extraclinico per cercare di sostenere un argomento spesso trascurato, ma che risulta essenziale per lo svolgimento corretto dell’attività clinica di ogni giorno. In fase di progettazione è infatti importante pensare a tante piccole soluzioni relativamente indolori che possono rendere più pratiche le azioni che andremo a compiere nella nostra vita lavorativa e anche posizionare elementi indispensabili in spazi che non solo andrebbero persi ma, se locati in modo classico, potrebbero risultare ingombranti o fastidiosi per le zone di transito. Come far scomparire gli oggetti sporgenti Un classico esempio, di quelli che descriveremo, è rappresentato dai negatoscopi, indispensabili ma spesso sporgenti o leggermente ingombranti. In fase di ristrutturazione è relativamente semplice prevedere uno sfondato di circa 40x30x8 cm dove incassare un negatoscopio del commercio o eventualmente realizzato allo scopo (fig. 1). Posto nella sede più consona, permette di spiegare e quindi “coinvolgere” il pa- ziente sulla condizione radiologica e sui possibili iter terapeutici. Anche i telefoni e i citofoni possono risultare scomodi se sporgenti, specie nelle zone ad alta movimentazione e, come visto per i negatoscopi, si può prevedere una cassaforma nella quale posizionarli e far confluire i relativi allacciamenti (fig. 2). Questo verrà particolarmente apprezzato anche dal personale di studio quando nell’attività, si spera sempre frenetica, eviterà di urtare ogni possibile sporgenza. Qualche idea per i mobili Rubando l’idea alle cucine domestiche, dove gli spazi sotto il lavello sono spesso protetti dall’umidità, ricorrendo a rivestimenti idrorepellenti abbiamo disegnato e fatto realizzare, in plexiglass, una sorta di vassoio con quattro appoggi in gomma in grado di preservare e conservare nel tempo il fondo in metallo di tutti i mobili che sono esposti al pericolo di sgocciolamento e/o di umidità. Sempre in argomento mobili dello studio, come sappiamo bene ci sono procedure quotidiane che vengono ripetute sia con mani protette da guanti che prive di questi, quindi tutto ciò che è possibile non toccare per aprire è certamente utile. Il cestino rifiuti, presente in ogni studio e usato ripetutamente, può essere comandato facilmente con il piede, come avviene per il comando dell’acqua del rubinetto. Sembra un dettaglio, ma trasforma alcuni movimenti consentendoci un risparmio gestuale e soprattutto un ridotto punto di contatto per eventuali trasferimenti batterici (fig. 3). Sempre a proposito dell'arredamento è possibile recuperare sul mercato corpi illuminanti dotati di pulsanti del tipo “normalmente aperto”, ovvero quando in posizione di riposo sono disattivati (sportello chiuso), quando invece sono posti in prossimità di un’anta consentono l’accensione della lampada alogena incorporata all’apertura della stessa. Anche in questo caso il risultato è vantaggioso e gratificante, con una spesa più che accessibile. Cosa analoga è applicabile anche ai cassetti, semplificando la ricerca di piccoli oggetti (fig. 4). A proposito di illuminazione, anche la porta di ingresso può essere resa più facilmente identificabile ai pazienti ricorrendo a un pannello in legno con due faretti alogeni in bassa tensione, posizionato sulla volta. Impostare un sistema per le riprese video Considerando che negli ultimi anni la tecnologia ha permesso un semplice controllo con telecamere di alta qualità con costi una volta impensabili, è utile nella ristrutturazione ricordare che il soffitto, quando sia stato ribassato per esigenze impiantistiche, offre la miglior condizione possibile per il posizionamento e anche per la profondità di vi- > Il dottor Aldo Crespi e il suo staff sione. L’argomento telecamere è applicabile anche sulla poltrona per riprendere gli interventi e per appassionare il paziente che lo richiede nelle procedure terapeutiche. Questo è realizzabile con un monitor collocato frontalmente al riunito che può essere visto con facilità dagli operatori e dal paziente stesso. Sull’utilità delle registrazioni è superfluo soffermarsi (fig. 5). Oggetti nascosti: scala e cassaforte Per raggiungere oggetti posizionati in alto si ricorre alla comune scala presente in ogni studio, magari non così comoda da prendere o spesso ingombrante per lo scopo necessario. Abbiamo quindi rintracciato con pazienza una piccola scala, ma molto utile allo scopo, che può essere posizionata nello spazio di uno zoccolino per mobili comuni e scomparire completamente quando non serve (fig. 6). In fase di ristrutturazione muraria, ove sia possibile su un portante o un perimetrale in grado di offrire maggiori garanzie e dopo il benestare dell’architetto, è sempre utile inserire una piccola cassaforte principale che funge da mezzo fuorviante mentre, in opportuna sede nascosta, si crea un occulto “secretaire” più difficilmente rintracciabile. Si spera sempre che non sia necessario ma poiché il nostro motto è «prevenire è meglio che curare», prestiamo fede a tale massima. > Fig. 1: negatoscopio incassato > Fig. 2: telefoni leggermente incassati per evitare sporgenze 22 23 << << Aria e acqua per lo studio L’idrico è fondamentale per l’integrità dell’impiantistica di studio, i tecnici dei riuniti conoscono molto bene il problema, così vale sempre la pena posizionare un filtro a monte dell’impianto che possa almeno garantire l’allontanamento delle particelle più grossolane. L’argomento è molto complesso, ci sono diverse possibilità offerte dal mercato, molte delle quali valide e altre meno e anche i costi sono molto diversi tra loro. Sfugge dalle nostre competenze il consiglio merceologico, ciò che importa è preoccuparsi del problema per approfondirlo e analizzarlo. Cosa simile è da riferirsi al “filtro aria” del o dei compressori. Spesso infatti si trascura che l’aria, con la quale si asciuga una camera pulpare dopo ore di bagno antibatterico, proviene dalla nostra siringa e quindi dal compressore che la prende non sempre da un ambiente filtrato. Anche in questo caso si apre il “vaso di Pandora”. Senza entrare nel merito, anche qui è sufficiente porsi il problema e con pazienza trovare una soluzione che consenta, senza costi esagerati, di garantirci un risultato certamente più valido rispetto all’assenza totale di qualsiasi unità filtrante. Come diminuire il rumore L’isolamento acustico è un’altra di quelle cose che è meglio prevedere, per non trovarsi poi con qualche problema, in particolare con i vicini, valutando che i costi del prima sono irrisori se paragonati a quelli del dopo. La grande maggioranza dei nostri studi, salvo casi minoritari, si trova in spazi condominiali in parte circondati da altri appartamenti ad uso residenziale e i nostri macchinari possono in alcuni casi disturbare acusticamente. È quindi buona norma non trascurare tale problematica, specie considerando che in fase di ristrutturazione è relativamente indolore coibentare i perimetrali più a rischio; esistono in commercio, come gli esperti conoscono bene, dei pannelli in carton gesso che, in spessori modesti, incorporano materiali in grado di garantire un significativo abbattimento acustico. FOCUS ON anche se può apparire eccessivo, si è rivelato provvidenziale. Se come nel nostro caso si confina con un’unità commerciale, che potrebbe essere soggetta a un cambio di destinazione e nella cui parete in comune transitano impianti idrici, è buona norma posizionare una piattina in ferro di sufficiente spessore in grado di proteggere il tubo in questione da un eventuale vicino troppo operoso che, dotato di un trapano, ci infligga una punizione gratuita e dolorosa. Un altro interessante aspetto è la "sala macchine", locale a sé che, a seconda dei casi, è posto nello stesso studio in apposito spazio confinato per le eventuali manutenzioni e rumori, oppure nel solaio o nella cantina. In questi due ultimi casi, spazio permettendo, oltre alle apparecchiature si stipano materiali di consumo e altro. È vantaggioso prevedere una sorta di citofono interno o linea telefonica dedicata che ci permetta di comunicare con il locale in questione, cosa utile quando dobbiamo parlare con un tecnico che sta eseguendo riparazioni o con il personale di studio al quale possiamo segnalare cosa prendere da quel locale o cosa eventualmente è stato dimenticato. Questo insieme di suggerimenti è frutto di esperienza sia personale che di altri colleghi che da sempre si interessano all’ambiente e alle soluzioni per renderlo il più efficiente e piacevole per noi, per il nostro personale e, ovviamente, per i pazienti che lo frequentano. Ognuno poi potrà trarne uno spunto e in base alla personale esperienza plasmare la soluzione o l’idea alla propria realtà lavorativa. Molte altre sono state le idee dettate dall’esperienza del quotidiano, la cui realizzazione ha richiesto tempo e passione, due risorse fondamentali che è sempre utile avere in abbondanza perché quando finiscono, e non sempre in questo ordine, poche sono le cose che si possono realizzare. Un sentito grazie con la profondità di chi ha superato gli "anta" alle tante persone che ci hanno aiutato in questa impresa, e uno particolarmente affettuoso al mio fedele personale, che mi segue con passione e stima in ogni iniziativa che, all’inizio, può apparire sopra le righe. Aldo Crespi > Fig. 3: mobile dello studio con comando del cestino a pedale idrico > Fig. 4: cassetti con luce automatica in apertura Varie ed eventuali Per i più appassionati, ai quali piace pensarle quasi tutte, vorremmo ricordare un piccolo espediente che, > Fig. 5: telecamera e monitor in zona clinica > Fig. 6: piccola scala estratta dal mobile << << FOCUS ON 24 Profilassi antibiotica sempre più in discussione l’endocardite batterica sembra essere inutile a due anni di distanza dalle ultime linee guida emanate nel Regno Unito dal Nice, il National Institute for Health and Clinical Excellence, organo indipendente che si occupa di ricerca, documentazione e organizzazione sanitaria (Impact of the Nice guideline recommending cessation of antibiotic prophylaxis for prevention of infective endo- carditis: before and after study. Bmj 2011;342:d2392). Niente antibiotici siamo inglesi Era il marzo del 2008 quando la clinical guideline n. 64 del Nice infranse una tradizione oramai cinquantenaria consigliando di non eseguire più questa profilassi per tutti i pazienti considerati a rischio prima di interventi odontoia- trici o di altra natura, nonostante le statistiche dimostrassero una tendenza ascendente sia per l’incidenza che per la mortalità dovute a questa malattia. A dire il vero, non fu solo l’ente britannico a mostrarsi revisionista: anche l’American Heart Association e la European Society for Cardiology modificarono le loro raccomandazioni nello stesso periodo, ma non in modo così radicale. << << carditi infettive e che, invece, siano più pericolose le batteriemie che si verificano dopo le attività quotidiane come mangiare e spazzolare i denti. Un recente studio mette in dubbio l’utilità della profilassi antibiotica contro l’endocardite batterica. Ma è solo l'ultimo dubbio di una lunga serie, che getta ombre su questa pratica in molte terapie odontoiatriche Con l’aria che tira per, anzi contro, i medici in Italia, difficilmente un articolo potrà fargli modificare certe precauzioni, anche se proviene dalle colonne del famoso British Medical Journal. In sintesi, l’articolo di Martin Thornhill, professore di patologia orale a Sheffield, e dei suoi collaboratori (tra cui un cardiologo e un biostatistico) dice che l’antibioticoprofilassi del- 25 E così, a due anni di distanza, Thornill e colleghi hanno incrociato i dati sulle prescrizioni di antibiotici per la profilassi con quelli di incidenza e di mortalità e sono arrivati a conclusioni al limite dell’eresia. I disciplinati sudditi di sua maestà britannica hanno messo subito in pratica le indicazioni del Nice e le dosi vendute sono calate di quasi l’80% per i dentisti e di circa il 60% per i medici. Nello stesso lasso di tempo è proseguita la salita dei nuovi casi e delle morti ma con la stessa velocità registrata prima del 2008 e non in modo più rapido, come ci si sarebbe logicamente dovuto attendere e come era previsto dalla biostatistica. Una ricerca nel buio Nella discussione dei risultati gli autori mettono onestamente in luce alcuni punti deboli del metodo seguito, in particolare il fatto che, ancora oggi dopo centinaia di articoli pubblicati su questo tema, non si conosce ancora la percentuale di casi provocati da manovre odontoiatriche. Ciò significa che gli statistici non possono determinare la grandezza che dovrebbe avere il campione da studiare: infatti, se il peso degli interventi odontoiatrici fosse poco importante, sarebbero necessarie 478 milioni di persone: in pratica, ci vorrebbe tutta la popolazione dell’Unione Europea. Tuttavia, il fatto che non vi sia stato un aumento significativo di casi nella popolazione inglese (circa 51 milioni di abitanti) a fronte di una riduzione così grande della profilassi antibiotica, sostiene l’ipotesi (già avanzata da tempo) che l’odontoiatria non sia responsabile di un gran numero di endo- LA TERAPIA ANTIBIOTICA Il sospetto che una batteriemia conseguente a una manovra odontoiatrica potesse causare l’infezione dell’endocardio cominciò ad apparire nelle pubblicazioni degli anni Quaranta e indussero l’American Heart Association a emanare le prime raccomandazioni nel 1955. Da allora le linee guida si sono rinnovate ben nove volte (l’ultima versione è del 2007). La penicillina nelle sue varie forme, e non poteva essere diversamente, restò il farmaco consigliato fino al 1990, quando cedete il posto all’amoxicillina. La posologia, invece, ha subito cambiamenti più importanti ma sempre in senso discendente, con una riduzione sia delle dosi sia della durata di assunzione. A modificare per primi le indicazioni sono gli esperti della British Society for Antimicrobial Chemotherapy che nel 2007 riducono l’elenco delle patologie considerate a rischio. Le procedure odontoiatriche per cui è indicata la profilassi sono per questi esperti «tutte le procedure che riguardano i tessuti gengivali o periapicali o che comportano la perforazione delle mucose orali (esclusa l'iniezione di anestetico in tessuti non infetti)». Farmaci e dosi (da JADA 2007, 138; 739-60) Una ricerca che non si può rifiutare I dubbi sollevati sulla profilassi dell’endocardite sono soltanto gli ultimi della serie; negli anni più recenti, viene sempre più messa in discussione la profilassi antibiotica anche in altri contesti, per esempio nei portatori di protesi articolari, in implantologia o in chirurgia maxillo-facciale. Alla base di questa prassi preventiva c’è una lunga tradizione, di poco più giovane della penicillina, che nel tempo ha trovato conferme di tipo aneddotico basate sull’osservazione clinica ma senza arrivare alle moderne prove di efficacia. Le comprensibili preoccupazioni verso le conseguenze devastanti di un’infezione postoperatoria su una protesi articolare o valvolare, a fronte dei rischi sicuramente minori di un ciclo di antibiotico, l’hanno trasformata quasi in un dogma, grazie anche alle altrettanto comprensibili preoccupazioni di tipo medico-legale alimentate dalla cosiddetta medicina difensiva e dal clima poco favorevole ai medici nelle aule di giustizia. Dall’altra parte, l’insopprimibile spirito critico che anima ogni buon clinico e ogni ricercatore, insieme con la necessità non più rinviabile di contrastare la progressione dei fenomeni di resistenza batterica e di usare gli antibiotici nel modo più razionale possibile, porta sempre più spesso a revi- sioni critiche della profilassi a tappeto nel tentativo di selezionare quei pazienti in cui il rischio è reale e non solo teorico. Contemporaneamente, è necessario individuare quali siano le procedure terapeutiche effettivamente in grado di provocare una batteriemia potenzialmente in grado di causare un’infezione a distanza. La risposta al dilemma antibiotico sì/antibiotico no può venire da ricerche di tipo multicentrico, in doppio cieco, con placebo e con selezione casuale dei soggetti (randomizzazione). Una proposta quanto meno audace per le imponenti implicazioni etiche e pratiche (chi correrebbe certi rischi per il progresso della scienza?), tanto più quando si fa causa per molto meno di un’endocardite. Scienza e coscienza Nel frattempo non resta che appoggiarsi alle rassegne della letteratura, come quelle che citiamo di seguito, all’esperienza acquisita e al buon senso clinico. Incominciamo con un recentissimo articolo di Skaar e colleghi pubblicato nel numero di dicembre del Journal of American Dental Association a proposito dell’utilità della profilassi antibiotica nei portatori di protesi articolari raccomandata ufficialmente da alcuni anni da parte dell’American Academy of Orthopedic Surgeons. Gli autori hanno passato al setaccio i dati dei beneficiari del programma Medicare nel decennio 1997-2006, individuando coloro che avevano subito un’infezione articolare dopo artroplastica e coloro FOCUS ON che si erano sottoposti a cure dentistiche in grado di provocare batteriemia (tra cui igiene professionale, endodonzia e estrazioni). Incrociando le serie di dati e confrontandole con un gruppo di controllo, non è emersa alcuna correlazione di significato statistico tra infezione in un sito di artroplastica e le cure dentistiche considerate eseguite fino a sei mesi prima. Come riconoscono gli stessi autori, la loro ricerca deve scontare alcune limitazioni metodologiche ma, nonostante questo, fornisce buone prove che le cure prese in esame non siano una causa frequente delle infezioni nei siti di artroplastica. Sempre su Jada (Lockhart PB et al 2007;138(4):458-74) si può reperire una revisione molto esauriente sulle varie indicazioni della profilassi antibiotica in odontoiatria (tra cui diabetici insulinodipendenti, immunosoppressi, dializzati, portatori di pacemaker, di innesti vascolari, di drenaggio per idrocefalia, pazienti con lupus eritematoso cronico). Per nessuna di tali condizioni esistevano prove definitive, a eccezione di una revisione sistematica e di due sere di casi clinici che fornivano un debole sostegno a favore di questa prassi. L’impianto? Meglio al coperto In controtendenza rispetto a quanto affermano le ultime pubblicazioni, Mauro Esposito e colleghi sostengono, in base alla revisione sistematica della letteratura, che vi sono alcune prove a favore della profilassi negli interventi di implantologia. Testualmente: «alcune prove suggeriscono che 2g di amoxicillina per via orale un’ora prima riducono il fallimento degli impianti in condizioni ordinarie». Rimane invece ancora incerta la validità della copertura antibiotica post operatoria, così come non si può ancora dire quale sia il farmaco più appropriato. A favore di questa prassi c'è pure l’assenza di segnalazioni di significative reazioni indesiderate. Ma, per il resto, anche in implantologia la profilassi antibiotica rimane fonte di controversie. Il testo integrale dell’articolo è reperibile nell’archivio della Cochrane Library (Cochrane Database of Systematic Reviews 2010, 7. Art. No: CD004152). A conclusioni simili arriva un’altra revisione sistematica che riguarda la chirurgia ortognatodontica (Su Keng Tan et al. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod 2011;112:19-27). Anche in questo ambito persiste un’animata controversia sulla profilassi antibiotica e, ancora oggi, non si dispone di un consensus ufficiale. Gli autori hanno quindi raccolto le pubblicazioni più affidabili (cinque studi clinici randomizzati) e hanno concluso che è raccomandata la profilassi con una posologia a dose singola, ma non altrettanto si può dire sulla sua estensione postoperatoria. Infatti, per quanto si sia riscontrata un’incidenza di infezioni significativamente maggiore nei gruppi placebo, non sono emerse differenze di rilievo statistico tra profilassi a breve e a lungo termine. Susanna Levi 27 << << FOCUS ON Gli anestetici locali in odontoiatria LE CARATTERISTICHE IDEALI DI UN ANESTETICO LOCALE Caratteristiche, meccanismo d’azione, farmacodinamica ed effetti avversi. Ma quali sono i più usati? Quali fattori influenzano la loro azione? E quali sono le caratteristiche ideali di un anestetico locale? La storia dell’odontoiatria è piena di aneddoti terrificanti che si riferiscono ai tempi in cui l’anestesia era sconosciuta e si ricorreva a palliativi di scarsa efficacia. Solo un secolo fa, nel 1905, il chimico tedesco Alfred Einhord sintetizzò la novocaina, che segnò un decisivo passo avanti verso una medicina e un’odontoiatria decisamente meno cruente. Per approfondire l’argomento degli anestetici locali, presenza ormai irrinunciabile in qualsiasi studio dentistico, facciamo riferimento agli interventi formativi degli anestesisti Franco Marinangeli, professore aggregato dell’università degli studi di L’Aquila e di Danilo Celleno, direttore del dipartimento di emergenza dell’ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina di Roma. Gli anestetici locali sono farmaci che bloccano la condu- FARE A MENO DEI FARMACI? LA VIA DELL’AGOPUNTURA «La stimolazione di certi punti del corpo con l’inserimento di sottili aghi ha mostrato di stimolare aree cerebrali collegate alla riduzione della sensibilità al dolore e allo stress, oltre a promuovere il rilassamento e la disattivazione del “cervello analitico”, responsabile dell’ansia». Sono le conclusioni di uno studio (1) che risale a una dozzina di anni fa; da allora numerose sperimentazioni hanno approfondito l’efficacia e le modalità d’azione dell’agopuntura come anestetico naturale e alternativo ai farmaci in odontoiatria. Studi controllati hanno mostrato che l’agopuntura all’orecchio è altrettanto efficace del midazolam intranasale nel ridurre l’ansia legata ai trattamenti odontoiatrici (2) e che l’agopuntura è più efficace del placebo nel prevenire il dolore dentale post-operatorio (3) e nel ridurre il riflesso faringeo (4). Un altro studio randomizzato controllato (5) non ha invece rilevato alcuna capacità dell’agopuntura nel ridurre la soglia della sensibilità della polpa dentale alla stimolazione elettrica ai denti incisivi. Oltre a questi, sono stati pubblicati altri studi basati su serie di casi che segnalano un’efficacia dell’agopuntura, ma mancano revisioni recenti della letteratura che possano fare ordine tra le evidenze scientifiche finora prodotte, valutando in particolare la qualità metodologica delle sperimentazioni. Gli autori che hanno condotto i vari studi hanno ipotizzato diversi meccanismi d’azione dell’agopuntura, che esprimerebbe la sua efficacia: • stimolando i nervi e portando al rilascio di endorfine e di altri fattori neuro umorali (per esempio neuropeptide Y e serotonina) e modificando la reazione cerebrale agli stimoli dolorosi; • riducendo il riflesso cardiovascolare stimolato dal dolore ai denti, che è associato al sistema nervoso simpatico; • aumentando il rilascio di adenosina che ha proprietà antinocicettive; • modulando le reti delle strutture limbiche-paralimbicheneocorticali; • riducendo l’infiammazione, con il rilascio di fattori vascolari e immunomodulatori; • migliorando la microcircolazione locale, che aiuta la riduzione del gonfiore. 1. Radiology 1999 ; 212: 133-41. 2. Anesth Analg 2007; 104: 295-300. 3. Arch Otolaryngol Head Neck Surg 1999; 125: 567-72. 4. British dental journal 2010; 208: E19. 5. Medical Acupuncture 2009; 21: 167-71. zione nervosa, quando vengono applicati localmente al tessuto nervoso in concentrazioni appropriate. Agiscono su qualsiasi parte del sistema nervoso e su ogni altro tipo di fibra nervosa, producendo sia la paralisi sensoriale sia la paralisi motoria. Caratteristica essenziale è ovviamente la reversibilità della loro azione, che non produce danni strutturali della fibra nervosa. Esaurita la definizione, valida ormai per un gran numero di anestetici oggi disponibili per il dentista, per orientarsi tra i vari tipi di farmaci occorre abbozzarne una classificazione e la prima grande suddivisione è tra gli esteri, che comprendono procaina, clorprocaina e tetracaina e gli amidi, tra cui si annoverano prilocaina, etidocaina, lidocaina, mepivacaina, bupivacaina, articaina, ropivacaina e levobupivacaina. Gli anestetici locali possono presentare problemi di tossicità, dovuta a sovradosaggio, che avvengono soprattutto a carico del sistema cardiovascolare o del sistema nervoso centrale. Nel primo caso, l’aumento dei livelli sierici dell’anestetico locale può comportare: ipertensione lieve da vasocostrizione; ipotensione da ridotta gittata cardiaca secondaria a ridotto inotropismo; ipotensione e collasso cardiocircolatorio da vasodilatazione periferica; blocchi sinusale e atrio ventricolare, fino all’arresto. Il sistema nervoso centrale, in conseguenza alla concentrazione dell’anestetico nel sangue, attraversa una prima fase eccitatoria (brividi, cloni muscolari e tremori prima al volto poi agli arti quindi convulsioni generalizzate) che può essere seguita da una depressione generalizzata (sonnolenza, sedazione profonda, fino al coma). Ovviamente si parla qui di conseguenze estreme, ma anche nella pratica quotidiana è importante conoscere la relazione tra concentrazione plasmatica e tossicità per stabilire le dosi più sicure, tenendo conto dei diversi fattori che influiscono su attività e tossicità degli anestetici locali, in particolare l'assorbimento sistemico, la distribuzione, il metabolismo e l'escrezione. Gli anestetici locali più utilizzati Al di là delle complesse reazioni chimiche che ne determinano l’azione sul sistema nervoso, riassumiamo qui le caratteristiche di alcuni di questi farmaci. La lidocaina è un composto solubile in acqua e molto stabile. Può essere sottoposto a sterilizzazione in autoclave per sei ore o a trattamenti multipli senza perdere di potenza. Ha una elevata affinità per i tessuti grassi. Si diffonde facilmente, ha proprietà vasodilatatrici e per questo motivo è l'anestetico locale che meglio si presta a essere somministrato assieme all'adrenalina che limita le concentrazioni plasmatiche, prolunga la durata d'azione e ne aumenta la potenza. Produce un’anestesia più rapida, più intensa e più duratura della procaina. Viene usata sia nelle anestesie locali che come antiaritmico; non è allergenico né cardiotossico. La mepivacaina si presenta come una polvere bianca, cristallina e senza odore. È molto simile alla lidocaina (pur essendo più potente e meno tossica di questa) e viene utilizzata a dosi e concentrazioni simili. È l'unico anestetico locale che non ha proprietà di vasodilatazione, per cui non necessita dell'aggiunta del vasocostrittore. Ha un tempo di latenza relativamente breve e una durata d'azione simile a quella della lidocaina. La bupivacaina è solubile in acqua e stabile alla sterilizzazione in autoclave. Si lega alle proteine plasmatiche per il 79-90%. Questo anestetico locale è caratterizzato da un lungo periodo di latenza e da una lunga durata d'azione. La sua potenza è quattro volte superiore a quella della lidocaina, ma anche la sua tossicità è maggiore. In particolare, in gravidanza sembrerebbe aumentata la sua cardiotossicità. L'articaina è stata sintetizzata per la prima volta nel 1969 e > z Ottima potenza ed efficacia a basse concentrazioni z Buona penetrabilità z Breve periodo di latenza z Lunga durata d’azione z Bassa tossicità sistemica z Nessuna neurotossicità z Completa reversibilità d’azione z pH della preparazione il più possibile vicino a quello fisiologico z Nessun fastidio all’iniezione z Stabilità della preparazione distribuita sul mercato tedesco, per poi estendersi successivamente negli Stati Uniti e in Canada e diventare uno degli anestetici locali più utilizzati. L’eliminazione dell’articaina è esponenziale, con un’emivita di 20 minuti; è idrolizzata molto rapidamente nel sangue, quindi il rischio di intossicazione appare inferiore ad altri anestetici, specie in caso di iniezioni ripetute. Tuttavia la letteratura riporta alcuni effetti avversi condivisi con la prilocaina: raramente, dopo l’iniezione, si può manifestare metaemoglobinemia; i due anestetici si associano, per ragioni sconosciute, a una maggiore frequenza di parestesie; si consiglia inoltre di non somministrarli ai pazienti con metaemoglobinemia congenita. La ropivacaina è un nuovo anestetico locale a lunga durata d’azione. Gli effetti collaterali sono gli stessi delle altre amidi a lunga durata, ma in particolare si è rilevata una ridotta tossicità cardiaca rispetto alla bupivacaina ed effetti come la nausea e vomito nelle pazienti gravide sembrano essere di minore rilevanza clinica. Gli effetti clinici sono invece sovrapponibili a quelli della bupivacaina, ma potrebbe avere il vantaggio di un blocco motorio meno profondo e di minor durata. I fattori che ne influenzano l’azione A influenzare l'azione farmacologica degli anestetici locali contribuiscono numerosi fattori. Vediamo i principali. Anzitutto il dosaggio: un suo aumento riduce la latenza, aumenta il tasso di successo e prolunga la durata d’azione. L’incremento del dosaggio si ottiene attraverso il volume o la concentrazione della soluzione anestetica. Caratteristiche dei principali anestetici locali L'aggiunta di vasocostrittori come l’epinefrina riduce il tasso di assorbimento vascolare permettendo a una maggiore quantità di anestetico di raggiungere la membrana nervosa: migliora, pertanto, la profondità e la durata dell’anestesia. La sede di somministrazione è una variabile importantissima: una più rapida insorgenza e una minore durata di azione si osserva nella somministrazione sottocutanea e intratecale. Le latenze più lunghe, le durate maggiori, sono associate a blocchi del plesso brachiale (20-30 minuti la latenza, 10 ore la durata). Ciò è dovuto alla particolare anatomia della sede che influenza sia l’assorbimento vascolare che la quantità di anestetico impiegata nelle varie tecniche di anestesia regionale. Carbonazione: l’aggiunta di NaHCO3 alla soluzione di anestetico locale riduce la latenza del blocco. L’incremento del pH della soluzione determina un aumento della quota liposolubile non ionizzata che diffonde più rapidamente all’interno della membrana e la guaina nervosa, con più rapida insorgenza dell’anestesia. La composizione di miscele di anestetici locali permette di compensare la durata d’azione di alcuni (lidocaina, mepivacaina) e la lunga latenza di altri (bupivacaina). L’uso di miscele di farmaci con lo stesso tipo di azione offre la possibilità di sfruttare le proprietà dei farmaci riducendone il dosaggio e quindi la tossicità. Da citare infine l'aggiunta di oppiacei, che consente di ottenere un’anestesia adeguata, di maggior durata, con una riduzione del dosaggio di anestetico locale soprattutto nei blocchi centroneuroassiali. Giampiero Pilat << << FOCUS ON 28 Le reazioni allergiche agli anestetici locali Tra le reazioni avverse agli anestetici locali, quelle allergiche possono essere particolarmente gravi. Ecco i consigli dell'esperto su come riconoscerle e come comportarsi in questi (rari) casi I farmaci utilizzati per le procedure di anestesia locale possono essere responsabili di reazioni avverse in seguito alla loro somministrazione, anche in ambito odontoiatrico. In alcuni casi si tratta di reazioni di ipersensibilità. È sbagliato pensare che queste situazioni abbiano probabilità quasi nulle di verificarsi. Non è così, e sarebbe irresponsabile, oltre che deontologicamente scorretto, non essere preparati all'evenienza. Allo stesso tempo non è il caso di creare allarmismi: in passato questi effetti avversi sono stati sovrastimati, diventando causa di immotivati e inaccettabili astensionismi terapeutici. Italian Dental Journal ha intervistato un’esperta sull'argomento: Caterina Detoraki della divisione di allergologia e immunologia clinica (diretta dal professor Gianni Marone) dell’Azienda ospedaliera universitaria Federico II di Napoli. La dottoressa Detoraki ha tra l’altro pubblicato un dettagliato articolo sulle reazioni allergiche agli anestetici locali sull blog Zerodonto (www.zerodonto.com). Dottoressa Detoraki, con che frequenza si manifestano le reazioni allergiche agli anestetici locali usati in odontoiatria? In realtà, le vere reazioni di tipo allergico (immuno-mediato) agli anestetici locali sono rare. Si stima che soltanto l’1% delle reazioni avverse registrate in seguito alla somministrazione di un anestetico locale siano di origine allergica, mentre so- > no molto più frequenti le reazioni avverse di tipo “tossico”, le reazioni vaso-vagali, di tipo cardiovascolare, di tipo nervoso o psicogene. Quali sostanze possono esserne responsabili? Gli anestetici locali vengono suddivisi dal punto di vista chimico-farmacologico in due classi principali: esteri e amidi. La prima è rappresentata dai derivati dell’acido paraminobenzoico e include la cocaina, procaina, tetracaina, benzocaina e cloroprocaina, anestetici locali ormai superati. Gli anestetici locali attualmente impiegati in odontoiatria – come lidocaina, mepivacaina, articaina, bupivacaina ecc. – appartengono tutti alla classe delle amidi, ottimamente tollerati e raramente responsabili di reazioni allergiche. Esistono, tuttavia, componenti della soluzione anestetica che possono dare reazioni allergiche come i sulfiti (ad esempio il metabisolfito), agenti antiossidanti aggiunti nelle soluzioni anestetiche contenenti vasocostrittori simpatico-mimetici (come l'adrenalina). Altri additivi come i parabeni, invece, sono oggi scarsamente utilizzati. Accanto agli additivi, bisogna infine considerare anche probabili reazioni da ipersensibilità a soluzioni antisettiche (ad esempio la clorexidina) o secondarie al contatto con il lattice contenuto nelle siringhe da iniezione o nei guanti dell’operatore. Di quale tipo e gravità sono queste reazioni? Le reazioni di ipersensibilità allergica possono essere di tue tipi, secondo la classificazione su base immunologica di Gell e Coombs: le reazioni di tipo immediato (tipo I) e le reazioni ritardate (tipo II). Le reazioni di tipo I sono mediate dall’interazione tra anticorpi IgE specifici per l’anestetico locale presenti nel siero del paziente precedentemente sensibilizzato e le cellule effettrici primarie delle reazioni allergiche, ossia i mastociti tissutali e i basofili circolanti del sangue Caterina Detoraki periferico. Questa interazione determina l’attivazione cellulare con successivo rilascio di mediatori vasoattivi (istamina, leucotrieni, prostaglandine, Paf ecc.), citochine e chemiochine responsabili delle reazioni allergiche. Dal punto di vista clinico, esse sono caratterizzate da notevole variabilità e possono interessare diversi organi e apparati (come cute, apparato respiratorio, apparato cardiovascolare o gastrointestinale) fino all’anafilassi sistemica che rappresenta l’evento clinico più drammatico e potenzialmente letale. Nonostante le reazioni da ipersensibilità di tipo allergico rappresentino una quota numericamente trascurabile nell’ambito delle reazioni avverse ad anestetici locali, esse possono essere clinicamente rilevanti per la loro imprevedibilità e potenziale gravità. Le reazioni da ipersensibilità di tipo II sono generalmente indotte dal contatto attraverso la cute di anestetici locali con comparsa di lesioni cutanee di tipo eczematoso, spesso a carico delle mani. Quali segni e sintomi devono far pensare a una reazione allergica? Le reazioni allergiche solitamente decorrono entro pochi minuti o poche ore dalla somministrazione dell’anestetico locale, mentre in una piccola percentuale di casi si possono ripresentare a distanza di alcune ore dall’evento iniziale oppure possono avere un decorso prolungato oltre le 24 ore. I segni e sintomi indicativi di allergia possono essere comparsa di prurito ed eritema intenso a carico della superficie palmare delle mani o plantare dei piedi o interessante altre sedi, eruzione cutanea di tipo orticarioide (eritemato-pomfoide) localizzata o diffusa, comparsa di angioedema ossia una tumefazione non pruriginosa, non dolente alla palpazione, a carico delle palpebre, labbra o altre sedi generalmente non contigue al sito di iniezione dell’anestetico locale. Può essere interessato l’ap- 29 << << parato respiratorio con sintomi di rinorrea, starnuti o difficoltà respiratoria dovuta a edema delle alte vie aeree o broncospasmo, mentre a carico dell’apparato cardiovascolare si possono verificare alterazioni del ritmo o severa ipotensione. Meno frequente è l’interessamento gastrointestinale, specie nell’ambito dell’anafilassi, con sintomi quali dolori crampiformi addominali, diarrea o vomito. Sintomi neurologici o vascolari possono simulare un’ipersensibilità? Assolutamente sì, dato che come accennato all’inizio la stragrande maggioranza delle reazioni avverse ad anestetici locali sono di tipo non allergico come per esempio le reazioni tossiche. I segni di tossicità dovuta a erronea modalità di somministrazione (come un'iniezione intravasale) o sovradossagio, scadenti condizioni cliniche del paziente (ad esempio un'insufficienza renale o epatica) possono essere rilevanti e includono agitazione, tremori, convulsioni, alterazioni del ritmo fino alla depressione miocardica o respiratoria. La stessa somministrazione di adrenalina insieme all’anestetico locale allo scopo di prolungare la durata dell’effetto anestetico, può indurre tachicardia, ipertensione o convulsioni. Solitamente questi eventi sono determinati da un’“esagerata” risposta individuale o da un elevato e rapido passaggio in circolo del vasocostrittore. Infatti, l’iniezione di dosi elevate di vasocostrittori deve essere sempre evitata, soprattutto nei bambi- ni, che a causa del basso peso corporeo sono particolarmente sensibili all’azione tossica dell’anestetico. È pertanto importante conoscere il peso corporeo del piccolo paziente e non superare le dosi massime consigliate (da questo punto di vista la lidocaina o articaina con adrenalina 1:100.000 possono essere considerate anestetici locali di elezione). Per quanto riguarda i pazienti anziani non ci sono particolari avvertenze se non quelle di valutare le condizioni cliniche del paziente e le eventuali terapie farmacologiche a cui è sottoposto. Infine, bisogna considerare che molto frequentemente si possono presentare manifestazioni cliniche come iperventilazione, nausea, vomito, sudorazione disorientamento o bradicardia, sintomi e segni tipici delle reazioni vaso-vagali dovuti ad attivazione del sistema nervoso autonomo. Perché è importante una diagnosi differenziale? In quali casi e in che modo deve essere condotta? La diagnosi differenziale delle reazioni avverse ad anestetici locali è importante sia ai fini della prevenzione che dell’adeguato e tempestivo trattamento delle reazioni stesse. È indispensabile una corretta valutazione del paziente a rischio di ipersensibilità che si basa primariamente su un’attenta raccolta dell’anamnesi clinica. In base alla sintomatologia riferita dal paziente (agitazione, sudorazione, nausea, pallore, lipotimia) è già possibile sospettare una reazione di tipo vasovagale, che nella maggior FOCUS ON parte dei casi è transitoria. I soggetti considerati “a rischio” di allergia a un anestetico locale sono quelli che all’anamnesi riferiscono di aver presentato, durante o nelle ore successive alla somministrazione dell’anestetico locale, sintomi e segni clinici caratteristici delle reazioni allergiche. È importante ricordare a questo punto che l’atopia (allergia respiratoria o cutanea) non rappresenta un fattore di rischio superiore rispetto alla popolazione generale, pertanto non è razio- nale richiedere l’esecuzione di test di tolleranza all’anestetico locale in questi soggetti, in assenza di precedenti reazioni ad anestetici locali. È tuttavia fondamentale individuare i pazienti con patologie croniche concomitanti come cardiopatie o ipertensione arteriosa che possono rappresentare di per sé o in conseguenza dei farmaci assunti per il loro trattamento, fattori di rischio per reazioni allergiche anche di tipo anafilattico. Per esempio, i pazienti allergici ipertesi in trattamento con farmaci beta-bloccanti o Ace-inibitori possono presentare un decorso clinico più severo in corso di reazione allergica per cui è opportuno, in prossimità dell’intervento chirurgico sostituire la terapia con beta-bloccanti o Ace-inibitori con altri presidi antiipertensivi. Infine, nella diagnosi differenziale delle reazioni allergiche ad anestetici locali deve essere presa in considerazione la possibile intolleranza verso principi attivi e sostanze comunemente utilizzate nella pratica odontoiatrica (clorexidina e lattice su tutte) che possono ugualmente indurre reazioni da ipersensibilità anche in forma severa. Pertanto, solo in caso di anamnesi positiva per reazione da ipersensibilità a un anestetico locale il paziente deve essere inviato allo specialista allergologo allo scopo di praticare i test di tolleranza per identificare l’anestetico locale che potrà essere somministrato al paziente nel caso siano necessari successivi interventi odontostomatologici. Renato Torlaschi DENTALevidence Review della letteratura internazionale FARMACOLOGIA Bisfosfonati e osteonecrosi: esiste una “vera” prevalenza? Quanto frequente sia il rischio di osteonecrosi (Onb) nei pazienti oncologici ad oggi nessuno lo sa. Esistono svariati studi scientifici, però, che hanno cercato di far luce sull’entità del problema e i cui risultati sono stati indagati criticamente in una revisione sistematica, pubblicata nel 2010 su Support Care Cancer da un gruppo di ricercatori brasiliani. La revisione si poneva come obiettivo la raccolta di tutte le migliori informazioni della letteratura in grado di dare un’indicazione sui valori di prevalenza di Onb nei pazienti oncologici, ossia la frequenza della malattia in popolazioni a rischio. In particolare, gli autori facevano riferimento a un arco temporale che andava dall’ottobre 2003, quando veniva riportato il primo caso di Onb, al dicembre 2008. Conoscere la “reale” prevalenza di Onb non solo consentirebbe di valutare il suo impatto sulla salute pubblica, ma pure di pianificare e programmare al meglio le risorse sanitarie. Compito tutt’altro che semplice, dal momento che parecchi fattori concorrono a influenzare la qualità degli studi e la determinazione della prevalenza in modo accurato. L’eterogeneità degli studi disponibili (studi retrospettivi, piuttosto che prospettici o studi epidemiologici basati sulle interviste) non aiuta e rende difficoltoso comprendere quanto alto sia davvero questo valore. Al 2008, gli autori non hanno riscontrato alcun trial clinico controllato e randomizzato nè alcuna precedente metanalisi sull’argomento. Gli autori hanno però selezionato 11 studi che valutavano, in modi differenti, la frequenza di Onb nei pazienti oncologici. La dimensione totale del campione, ottenuta mettendo insieme gli 11 studi, era di 39.124 pazienti e la media ponderata di prevalenza di Onb era del 6.1%. Ossia una media di sei pazienti su 100, in terapia anti-cancro, mostrava segni di Onb. Dato suggerito anche da un’altra recentissima revisione, stavolta pubblicata su Nature. In particolare l’intervallo di confidenza, quindi il range minimo-massimo di frequenza, era 0.3-11%. Analizzando le percentuali di prevalenza in base al tipo di studio condotto, si poteva notare come esse variassero notevolmente: � per gli studi epidemiologici la prevalenza è l’1.2%; � per gli studi a coorte con follow-up del paziente documentato è del 13%; � per gli studi a coorte con follow-up del paziente non documentato è dello 0.7%. La tipologia di bisfosfonato impiegato era il secondo importante fattore in grado di influenzare la prevalenza in modo significativo: quando la terapia prevedeva il solo acido zolendronico la percentuale era di circa l’8%, similmente se si utilizzava solo pamidronato (7%), ma saliva considerevolmente con una terapia combinata (21%). Sempre al 2008, secondo gli autori, non esistevano studi volti a indagare in modo sistematico la qualità di vita dei pazienti con Onb né l’impatto della stessa sulle risorse economico-sanitarie. Esistevano, invece, studi che si erano preoccupati di valutare il difficile trattamento dei pazienti con Onb. Le tecniche includevano, a seconda della gravità, utilizzo di antisettici locali, terapie antibiotiche, debridement locale fino a resezioni chirur- giche della zona necrotica. Gli studi revisionati mostravano un gran numero di protocolli proposti, ma gli outcome degli stessi non sembravano favorire una particolare modalità di terapia piuttosto di un’altra. In generale era però possibile constatare come l’approccio fondato sul controllo dell’infezione locale mostrasse con certezza un ruolo predominante e imprescindibile nella gestione di questi pazienti. Il fatto che non fosse riportato alcun ampio studio prospettico multi-centrico no permette purtroppo di accertare quale sia la “vera” prevalenza di Onb. A ciò si aggiungono fattori addizionali che possono aver influenzato i valori ottenuti nei diversi studi e non considerati nella revisione proposta (come le differenze tra tra gruppi di diversa provenienza geografica). Non ultimo, la revisione include articoli pubblicati prima del 31 dicembre 2008. Oggi, con il crescere dell’impiego di questi farmaci da un lato e la maggior attenzione alla prevenzione di Onb dall’altro, il numero di casi di Onb potrebbe essersi significativamente modificato. Se in aumento o in diminuzione, però, ancora una volta non è dato saperlo. Elena Varoni Migliorati CA, Woo SB, Hewson I, Barasch A, Elting LS, Spijkervet FK, Brennan MT; Bisphosphonate Osteonecrosis Section, Oral Care Study Group, Multinational Association of Supportive Care in Cancer (MASCC)/International Society of Oral Oncology (ISOO). A systematic review of bisphosphonate osteonecrosis (BON) in cancer. Support Care Cancer 2010 Aug;18(8):1099-106. Reid IR, Cornish J. Epidemiology and pathogenesis of osteonecrosis of the jaw. Nat Rev Rheumatol 2011 Nov 29;8(2):90-6. Nalliah R. Prevalence of bisphosphonate-related osteonecrosis in patients with cancer could be as high as 13.3 percent. J Am Dent Assoc 2012 Feb;143(2):170-1. LASERTERAPIA Utilizzo del laser per il trattamento dell’osteonecrosi La terapia dell’osteonecrosi da bisfosfonati (Onb) rimane una preoccupante incognita nella pratica medica attuale. Problema che diventa sempre più pressante a causa del crescente impiego di tali farmaci per cause oncologiche: una recente revisione ha portato a stimare un’incidenza di Onb, in pazienti affetti da differenti tipi di neoplasie, variabile tra lo 0.3% e l’11.9%. La patogenesi dell’Onb pare essere il risultato di alterato metabolismo osseo dovuto all’assunzione di questi farmaci, traumatismo locale, quadri infettivi e ridotta vascolarizzazione. La durata della terapia e il tipo di bisfosfonati assunti concorrono a determinare il rischio di Onb. A oggi non vi sono terapie affidabili per il recupero delle osteonecrosi. Per questo la prevenzione rimane la prima linea di difesa. Antibiotici, impiego di agenti antisettici, debridement del sito di necrosi, sequestrectomia e resezioni chirurgiche, terapia iperbarica e ozono-terapia sono solo alcuni degli approcci proposti. Recentemente si sono osservati risultati promettenti tramite l’impiego di plasma ricco di piastrine (Prp) o la biostimolazione per mezzo di fototerapia a laser (Ftl). Il Prp è un plasma con elevatissima concentrazione di piastrine umane autologhe e fattori di crescita, ottenuto tramite centrifugazione. La Ftl è in grado, a sua volta, di modulare la secrezione di citochine pro e antinfiammatorie e regolare l’angiogenesi. Pertanto, questi trattamenti sono principalmente volti a migliorare la crescita e il differenziamento cellulare e la neovascolarizzazione, migliorando così la risposta dei tessuti alla guarigione. In particolare, esistono alcuni studi che hanno dimostrato una buona efficacia della Ftl nella cura delle osteoradionecrosi e della mucosite orale. Su queste basi, un gruppo di ricercatori brasiliani ha valutato in maniera retrospettiva, su 22 pazienti oncologici con Onb associata ad esposizione ossea, l’efficacia della terapia combinata di Prp e Ftl asso- ciata a copertura farmacologica e chirurgia (gruppo test, n=14), paragonandola a due differenti protocolli, uno esclusivamente farmacologico (n=3), basato sull’impiego di antisettici locali e antibiotici sistemici, e uno clinicochirurgico (n=5), dove ai farmaci veniva associato un intervento chirurgico (sequestrectomia e/o osteotomia e/osteoplastica). Il trattamento laser veniva effettuato con un laser a diodi, quotidianamente, fino ad ottenere la guarigione mucosa del sito e/o la risoluzione dei sintomi. L’irradiazione era effettuata sull’esposizione ossea e sui tessuti circostanti. Dopo un mese di trattamento, il gruppo test mostrava una più elevata percentuale di pazienti con risposta completa, nei quali cioè l’Onb non era più associata ad esposizione ossea né a sintomi (12 soggetti su 14, ossia l’86%), se paragonata ai gruppi di intervento farmacologico (nessuno dei 3 soggetti, 0%) e clinico-chirurgico (2 soggetti su 5, 40%). L’effetto positivo del protocollo potrebbe essere legato proprio all’incremento dell’angiogenesi, della proliferazione cellulare e della sintesi di matrice extracellulare, indotto sia dal Prp che dalla Ftl. Purtroppo il campione davvero ridotto e il tipo di studio clinico retrospettivo rende i dati molto preliminari, pur suggerendo come l’associazione di terapia farmacologica, chirurgica, Prp e Ftl possa rappresentare un approccio promettente per migliorare significativamente la guarigione delle lesioni osteone- crotiche da bisfosfonati nei pazienti oncologici. Studi prospettici, soprattutto riferiti a campioni più ampi, sono sicuramente necessari per dare evidenze più convincenti. Ad oggi, infatti, la miglior gestione dei pazienti che hanno assunto o stanno assumendo bisfosfonati si fonda su un rigoroso e indispensabile protocollo preventivo, volto a escludere alla base la comparsa (e quindi il trattamento) di future complicanze osteonecrotiche. Elena Varoni Martins MA, Martins MD, Lascala CA, Curi MM, Migliorati CA, Tenis CA, Marques MM. Association of laser phototherapy with PRP improves healing of bisphosphonate-related osteonecrosis of the jaws in cancer patients: a preliminary study. Oral Oncol 2012 Jan;48(1):79-84. Review della letteratura internazionale << DENTALevidence 34 ENDODONZIA << DENTALevidence Review della letteratura internazionale PATOLOGIA ORALE Irriganti canalari tra vecchie e nuove conoscenze L’impiego di agenti chimici durante la strumentazione endodontica al fine di migliorare e completare la disinfezione canalare è un aspetto fondamentale per il successo della terapia. Infatti il ruolo dei microrganismi nello sviluppo di lesioni periapicali è ben noto in letteratura, come ben conosciuta è la difficoltà che si incontra nella loro (teoricamente) completa rimozione. La probabilità di una prognosi favorevole dell’elemento dentale è strettamen- 35 te connessa all’efficace eradicazione degli agenti infettivi prima dell’otturazione dei canali. Gli irriganti canalari sono ausili complementari alla strumentazione, la cui efficacia e capacità di entrare in contatto con il tessuto infetto, sia da batteri che da detriti tissutali, rappresentano aspetti fondamentali e non scontati, dal momento che il sistema canalare presenta un’architettura molto complessa e i batteri sono aggregati in biofilm resistenti agli agenti chimici e alle forze di disgregazione. L’irrigante canalare ideale dovrebbe avere elevata attività antibatterica ad ampio spettro e la capacità di rimuovere il tessuto pulpare necrotico, di evitare la formazione di "smear layer" (o, nel caso si formasse, di rimuoverlo) e anche di inattivare le endotossine batteriche. Dovrebbe inoltre favorire meccanicamente il risciacquo, evitando danni al parodonto e tossicità sistemica. Ipoclorito di sodio L’ipoclorito di sodio rimane il composto antibatterico più efficace per la disinfezione canalare dal 1920. Si discute ancora su quale sia la concentrazione ottimale, anche se le letteratura rivela come non vi sia alcun razionale nell’uso di concentrazioni superiori all’1%, le quali non esplicano un effetto antibatterico superiore, ma aumentano la probabilità di irritazione periapicale e riducono la flessibilità della dentina. Alcuni studi hanno proposto l’impiego di ipoclorito riscaldato o abbinato ad ultrasoni, sebbene tali procedure siano ad oggi controverse. Un fattore senz’altro di maggiore importanza è il tempo di contatto tra tessuto infetto e ipoclorito, sebbene ancora non sia stato definito quanto questo debba durare per ottenere risultati ottimali. Tuttavia l’ipoclorito di sodio non è in grado di rimuovere le componenti inorganiche dello "smear layer", le quali possono essere efficacemente disgregate per mezzo di agenti chelanti (come l’acido etilen-diamio-tetracetico o Edta) o soluzioni acide (acido citrico o fosforico). Per questo, l’alternanza di ipoclorito di sodio con Edta risulta essere a oggi il metodo di disinfezione più idoneo, evitando però accuratamente che si miscelino, dal momento che l’Edta ridurrebbe immediatamente il cloro presente in soluzione, annullando l’azione dell’ipoclorito di sodio contro i batteri e il tessuto necrotico. Clorexidina Accanto all’ipoclorito di sodio, la clorexidina è stata proposta al 2% come ultimo lavaggio canalare, prima dell’otturazione, essendo dotata di attività antibatterica e antifungina ed esplicando un minor effetto caustico sul parodonto rispetto all’ipoclorito. Non è però in grado di rimuovere il tessuto necrotico e ha una più bassa efficacia contro i batteri Gram negativi. Nuove soluzioni Recentemente, nuovi irriganti canalari si sono affacciati nella pratica clinica. L’Mtad e il Tetraclean sono tra i più studiati, sebbene la loro utilità rimanga controversa. Sono entrambi una mistura di principio attivo ad attività antibiotica (tetraciclina e doxiciclina, rispettivamente), soluzione acida (acido acetico) e composto detergente (Tween 80 e polipropilene glicole, rispettivamente). L’Mtad possiede alcuni vantaggi rispetto agli irriganti convenzionali: è meno citotossico, pur mostrandosi efficace sia come antibatterico che nel rimuovere lo "smear layer" e i residui organici e inorganici lungo tutto il canale, senza provocare alterazioni nella struttura dentinale. Il Tetraclean possiede proprietà simili ma con una maggiore capacità nel disgregare i biofilm batterici. Le evidenze ad oggi disponibili, tuttavia, non permettono di consigliare il loro impiego in sostituzione di ipoclorito di sodio ed Edta; in particolare mancando studi sulla loro efficacia nel detergere il terzo apicale. Altre novità sono legate ad agenti utilizzati anche nella detersione delle superfici e degli strumenti medici. Le “soluzioni elettrochimicamente attivate”, studiate dalla fine degli anni ’80, sono state indagate anche nella disinfezione dei canali radicolari. Si tratta di soluzioni acquose sottoposte all’azione elettrochimica di un polo (anodo o catodo), la quale permette il passaggio della soluzione a uno stato metastabile che porta alla produzione di agenti ossidanti, in particolare elevate concentrazioni di perossidi. Questi ultimi sono in grado di esplicare attività battericida e sporicida senza, tuttavia, danneggiare i tessuti biologici; sono stati testati in endodonzia mostrando una buona efficacia, in particolare nella parte coronale e media del canale, meno nel terzo medio. Su un principio simile si basa l’impiego di acqua ozonata, anch’essa recentemente studiata come irrigante canalare innovativo. L’ozono (O3) è la forma allotropica triatomica dell’ossigeno e possiede un’energia molto più elevata rispetto all’ossigeno atmosferico (O2). L’ozono si forma naturalmente negli strati alti dell’atmosfera (stratosfera) in seguito alla scissione dell’O2, ad opera della radiazione ultravioletta o di scariche elettriche generate dai fulmini, in due radicali altamente reattivi e in grado, a loro volta, di combinarsi con l’ossigeno molecolare (O2). L’ozono è un potente agente battericida e pertanto è stato testato anche in endodonzia, seppur siano stati ottenuti dati contrastanti sulla capacità di disinfezione dei canali. La disinfezione "foto-attivata" si basa invece sul concetto per il quale alcuni agenti fotosensibili non tossici possono selettivamente accumularsi in particolari tessuti e, successivamente, essere attivati dalla luce a determinate lunghezze d’onda a dare composti ossidanti, tossici per il tessuto dove si erano localizzati. Il blu di metilene e il cloruro di tolonio sono due tra i più noti agenti fotosensibilitzzanti, proposti come irriganti canalari attivati da luce rossa. I dati, anche in questo caso, sono contrastanti, principalmente per la difficoltà nel trasmettere la corretta quantità di luce, tramite fibre ottiche, all’interno del canale. Infine, alcuni studi recenti hanno indagato il ruolo antibatterico di sostanze naturali. Fattori prognostici nel carcinoma orale Negli ultimi anni i programmi di screening designati all’identificazione sempre più precoce dei casi di carcinoma orale, con l’individuazione il prima possibile di alterazioni potenzialmente maligne della mucosa orale, si fondano su interventi di educazione sanitaria rivolti sia alla popolazione generale che agli odontoiatri. In particolar modo, il clinico è chiamato a sviluppare l’abilità nell’identificare la malattia ai primi stadi, favorendo in modo significativo la sopravvivenza del paziente, diminuendone la probabilità di recidiva, permettendo un approccio chirurgico più conservativo. Tuttavia, nonostante l’ispezione visiva e tattile faciliti il riconoscimento della lesione in fase iniziale, recenti studi hanno evidenziato come la presentazione di carcinoma in stadi tardivi risulti ancora di comune riscontro. Si stima che circa il 60% dei casi vengano diagnosticati a stadio III o IV, con una percentuale di sopravvivenza che va dal 10 al 40% a cinque anni: strategie focalizzate alla diminuzione di questi casi rappresenta tra i principali scopi preventivi, ancor più se si pensa che lo stadio alla diagnosi rimane, ad oggi, il più importante indicatore prognostico, dal momento che (come intuibile) a tumori avanzati corrispondono più elevati livelli di mortalità. Analizzare, quindi, ipotetici fattori legati a una presentazione clinica di carcinoma a stadi tardivi (III e IV), è stato proposto quale studio utile per ottimizzare programmi di prevenzione, sempre più accurati e mirati (migliorandone efficacia e costi). Su questo argomento si è focalizzato un gruppo di ricercatori spagnoli, che ha preso in considerazione 88 pazienti con diagnosi di carcinoma orale (primario) a qualsiasi sito della bocca e a qualsiasi stadio, correlando poi i casi a stadi avanzati con differenti variabili legate a: paziente (età, genere, abitudine al fumo), lesione (ulcerata, esofitica, mista), coesistenza di lesioni precancerose, grado di differenziazione, ritardo diagnostico. I siti più frequenti risultavano essere lingua (36.4%), pavimento della bocca Il succo di Morinda citrifolia, i polifenoli del thè verde (Camellia sinesis), la Triphala (una formulazione di erbe della medicina ayurvedica, Terminalia bellerica, Terminalia chebula e Emblica officinalis) hanno dimostrato di essere sicuri e avere proprietà antibatteriche anche sui batteri del cavo orale, con il vantaggio di avere anche attività antiossidante, antinfiammatoria e anti-radicalica. Nonostante la pletora di com- posti indagati, nessuno dei “nuovi” irriganti è ad ora in grado di mostrare caratteristiche assimilabili o superiori all’ipoclorito di sodio e il loro utilizzo, quindi, viene consigliato solo in aggiunta a quest’ultimo. Elena Varoni Jaju S, Jaju PP. Newer root canal irrigants in horizon: a review. Int J Dent 2011;2011:851359. (27.3%) e gengiva (17%) con lesioni che, più spesso, mostravano aspetto ulcerato (70.5%) e, nel 16.5% dei casi, erano associate alla presenza di lesioni precancerose. Nella maggioranza dei casi, il tessuto appariva moderatamente o ben differenziato all’analisi istologica. Nel 54.5% dei casi la diagnosi era di tumore a stadio avanzato. L’analisi statistica ha rivelato i potenziali fattori prognostici indipendenti associati ad uno stadio avanzato di carcinoma: bassa differen- ziazione del tessuto, ossia maggior aggressività (Odds Ratio, OR, stima del rischio = 4.2), e sito del tumore, in particolare in aree difficilmente visibili, ossia pavimento orale (OR = 3.6) e trigono retromolare (OR = 8.8), e a livello della gengiva (OR = 8.8), dove il tessuto tumorale può più facilmente e velocemente espandersi ai tessuti vicini. In particolare, la sito-specificità può trovare spiegazione nella difficoltà dell’auto-ispezione e percezione da parte del paziente di lesioni in zone del cavo orale più difficilmente accessibili (pavimento orale e trigono retromolare) e nella precoce invasione dei tessuti adiacenti in caso di localizzazione gengivale. Dall’altro lato, la bassa differenziazione del tessuto tumorale potrebbe essere correlata a una maggiore capacità proliferativa del tessuto, a sua volta legata a una peggiore prognosi. Considerando la diagnosi precoce il principale passo per ridurre la mortalità legata a processi tumorali, la necessità di concentrarsi su programmi di prevenzione più efficaci e meno costosi, volti a identificare la malattia in stadi ancora asintomatici, pone le basi sull’educazione della popolazione. L’attenzione è rivolta in particolare ai gruppi più a rischio e sull’istruzione all’auto-ispezione del cavo orale. Dal lato dei professionisti si cerca di alimentare il sospetto clinico, ponendo particolare risalto al sito della lesione (pavimento orale e trigono retromolare), con il fine ultimo di ridurre la percentuale dei casi maggiormente aggressivi. Elena Varoni Seoane-Romero JM, VázquezMahía I, Seoane J, VarelaCentelles P, Tomás I,LópezCedrún JL. Factors related to late stage diagnosis of oral squamous cell carcinoma. Med Oral Patol Oral Cir Bucal 2011 Jul 15. Review della letteratura internazionale << DENTALevidence 36 OMEOPATIA Escludere l’effetto placebo per valutare l’efficacia dell’omeopatia L'effetto placebo è sorprendente. Una compressa inerte, cioè priva del suo principio attivo, può ridurre i dolori cronici, l'asma, l'ipertensione, l'angina pectoris ecc. Anche certe piccole operazioni chirurgiche comuni negli anni Cinquanta, come la legatura di alcune arterie nella cura dell'angina pectoris, si sono dimostrate superflue quando confrontate con una specie di placebo chirurgico quale una semplice incisione superficiale. L’effetto placebo è misurabile solo nell’uomo cosciente, quindi al sistema nervoso centrale si deve attribuire un ruolo essenziale perché il placebo possa agire. Questa influenza sul nostro corpo come reazione a stimoli cerebrali sono in parte mediate dal sistema nervoso autonomo, costituito dai sistemi simpatico e parasimpatico, i cui centri regolatori sono localizzati nell’ipotalamo. Dalla letteratura scientifica recente emerge che l’effetto placebo è riscontrabile anche nei neonati, nei bambini e negli animali sia da reddito sia da compagnia. Una ricerca condotta presso il Department of Psychiatry and Molecular and Behavioral Neuroscience Institute dell’Università del Michigan, coordinati da Jon Kar Zubieta, ha individuato, in particolare, un settore del sistema limbico, il Nucleus Accumbens, che viene potentemente coinvolto quando si attiva l’effetto placebo. Questo nucleo e il sistema endorfinico della dopamina intervengono, infatti, quando ci si aspetta di ricevere un aiuto e influenzano la risposta alle cure mediche. Il ruolo dell'omeopatia Ma esistono modelli sperimentali in cui a priori si può escludere l’effetto placebo? Il regno vegetale è un ottimo terreno per valutare l’efficacia dei medicinali omeopatici in quanto le piante, essendo sprovviste di un sistema nervoso centrale, non risentono di questo effetto, definito in farmacologia come “effetto farmacologico aspecifico”. Da oltre 20 anni presso l’Università di Bologna la professoressa Lucietta Betti svolge la sua attività di ricercatrice focalizzandosi sulla valutazione degli effetti biologici indotti dai medicinali omeopatici sui modelli sperimentali vegetali, applicando le più rigorose e attuali metodologie sperimentali scientifiche, raccomandate anche dalla medi- cina basata sulle evidenze (Ebm). Un recente articolo scientifico pubblicato sull’autorevole rivista peer-reviewed Frontiers of Life Science (Betti L et al. Biological effects and physico-chemical properties of extremely diluted aqueous solutions as a function of aging-time) ha valutato gli effetti biologici (germinazione in vitro di semi di grano) e le variazioni fisico-chimiche (conducibilità) del trattamento omeopatico As2O3 45 DH in funzione dell’invecchiamento del trattamento stesso ("effetto tempo"). L’approccio adottato è stato di tipo isopatico: in particolare, i semi di grano sono stati preventivamente sottoposti a uno stress subletale con As2O3 (0,1%), che ne ha diminuito di circa il 15% la percentuale di germinazione, e sono stati poi trattati con la potenza 45 DH dell’arsenico, mantenendo condizioni di luce e temperatura controllate. Al termine della sperimentazione è stata valutata la capacità di recupero (rispetto al controllo stressato e trattato con acqua) dei semi stressati e trattati omeopaticamente. La variabile sperimentale considerata è stata il tasso di germinazione e l'outcome era il numero di semi non germinati dopo 96 ore. Sono state effettuate 10 prove, una al mese per un anno, e per ogni prova sono state utilizzate 21 scatole Petri contenenti 36 semi ciascuna, così da poter valutare l'effetto biologico del preparato in funzione del tempo di preparazione (più la preparazione è "vecchia", maggiore è l'effetto biologico e maggiore è la conduttività della soluzione). Solo se il trattamento As2O3 45 DH era "invecchiato" per un periodo di almeno tre mesi l'effetto biologico risultava significativo rispetto al controllo trattato con acqua. Per quanto riguarda le caratteristiche fisico-chimiche, le specifiche inerenti la conducibilità dei trattamenti utilizzati per i test biologici sono stati misurate ogni mese utilizzando nove campioni per ogni test. I risultati hanno mostrato una chiara tendenza all’aumento della conducibilità in funzione del tempo, più evidente quando si considerano le ultime tre misurazioni, che corrispondono a più di sei mesi di preparazione. In conclusione si può affermare che l’incremento nel tempo sia della germinazione che della conducibilità possa essere correlato a un aumento nel tempo del numero e delle dimensioni delle strutture dissipative nel trattamento As 2O 3 45 DH. osservanza delle indicazioni postoperatorie da parte del paziente, rigorosa asepsi e correttezza delle tecniche implantologiche da parte del chirurgo. sul piano sperimentale, e in particolare di protocolli randomizzati, essendo, per esempio, soltanto quattro, per un totale di un migliaio di pazienti, gli Rtc inclusi nell'ultima revisione Cochrane. Nel contesto generale di un'evidenza sperimentale tuttora esigua, l'opportunità di effettuare una profilassi antibiotica pre e/o postoperatoria in tutti gli interventi implantologici è stata messa in dubbio qualche anno fa anche dai risultati di uno studio retrospettivo italiano (Mazzocchi et al, 2007) centrato su una casistica di 736 impianti trattati esclusivamente con antinfiammatori per via orale – ovvero con nimesulide (200 mg/die in due somministrazioni) oppure con un preparato omeopatico di Arnica montana (Arnica Montana 5C per tre volte al giorno) – nei tre giorni successivi all'inserimento. Gli impianti, eseguiti tutti dal medesimo chirurgo maxillofacciale tra il gennaio del 2000 e il dicembre del 2005 su un totale di 437 pazienti e variamente distribuiti nei di- versi segmenti mascellari (425 impianti mandibolari, di cui 161 anteriori e 264 posteriori, e 311 impianti mascellari, di cui 181 anteriori e 130 posteriori), rivalutati a sei mesi di distanza, al momento della riabilitazione protesica hanno rivelato un tasso di sopravvivenza del 96,2%. Non inferiore, quindi, ai valori riportati in letteratura per gli interventi accompagnati da profilassi antibiotica. I pochi fallimenti registrati, 28 in tutto, riferibili per lo più a mancata osteointegrazione degli impianti (20 casi) e meno frequentemente a complicanze infettive (8 casi), hanno riguardato altrettanti pazienti, molti dei quali (19 in tutto) hanno peraltro ricevuto, nel corso del periodo di osservazione, altri impianti andati a buon fine. Ricalcando le conclusioni di altri studi e revisioni, gli autori di questo lavoro sottolineano come la prassi, tuttora molto diffusa nella chirurgia implantologica, di sottoporre a profilassi antibiotica tutti i pazienti, e non solo i soggetti ad alto rischio infettivo, sia da rivedere, e che, soprattutto, non debba essere considerata suppletiva del controllo di altri fattori che possono influenzare il successo degli impianti: adeguata igiene orale, astinenza da fumo e alcolici, Luigi Marrari Responsabile scientifico Laboratoires Boiron PROFILASSI PREIMPLANTARE Quale futuro per la profilassi antibiotica? Quella dell'appropriatezza della profilassi antibiotica sistemica in concomitanza di procedure odontoiatriche invasive è una delle questioni più dibattute della medicina preventiva. Dopo oltre mezzo secolo in cui tale misura precauzionale è stata sistematicamente adottata per la prevenzione delle endocarditi infettive in diverse categorie di pazienti a rischio (soggetti con difetti cardiaci congeniti o protesi valvolari, protesi articolari, shunt per emodialisi o drenaggio di liquido cefalo-rachidiano, impianti vascolari, immunodepressione, diabete insulino-dipendente, pregressa endocardite infettiva) la sua reale utilità è stata di recente messa in discussione per la mancanza di prove di efficacia sufficienti ad avvalorarne la pratica. Tanto da spingere le principali società scientifiche e istituzioni sanitarie a rivedere le proprie raccomandazioni in merito – soprattutto in considerazione degli alti costi che l'uso non necessario di antibiotici può comportare, con effetti collaterali e sviluppo di resistenze batteriche in testa alla lista – ridimensionando in modo sostanziale la gamma delle indicazioni alla profilassi, come nel caso della American Hearth Association, della American Dental Association e della European Society of Cardiology nel 2009, o proponendone addirittura la definitiva abolizione, come nel caso del National Institute for Health and Clinical Excellence britannico nel 2008. Parallelamente, anche l'uso routinario di antibiotici in implantologia è da alcuni anni oggetto di ripensamenti, in considerazione del fatto che, pur essendo la contaminazione batterica una causa riconosciuta di fallimento precoce degli impianti, non è tuttavia dimostrato che la profilassi antibiotica influenzi positivamente il tasso di successo degli interventi. Anzi, una recentissima revisione sistematica condotta presso la University of Western Ontario, in Canada, che ha vagliato la letteratura scientifica pubblicata tra il 1955 e il 2009 sull'impatto della somministrazione preoperatoria e/o postoperatoria di antibiotici in occasione di interventi di chirurgia implantare farebbe supporre il contrario, avendo riscontrato tassi di successo a tre mesi pressoché sovrapponibili in presenza e in assenza di profilassi (96,5% vs 92%) (Ahmad et al, 2012). A conclusioni non molto differenti erano giunte nel 2003 una revisione della Cochrane Collaboration (Esposito et al, 2003) e nel 2010 una revisione italiana (Acocella et al, 2010) che sottolineavano l'impossibilità, sulla base dei dati disponibili, di pronunciarsi a favore o contro l'impiego di antibiotici allo scopo di migliorare gli outcome implantologici in soggetti sani, mentre un aggiornamento al 2010 della revisione Cochrane (Esposito et al, 2010) rilevava una possibile efficacia di una singola dose preoperatoria di amoxicillina nel ridurre il tasso di fallimenti degli impianti. Rilievo comune a tutte le revisioni, peraltro, è la scarsità di studi comparativi validi Monica Oldani Ahmad N, Saad N. Effects of antibiotics on dental implants: a review. J Clin Med Res 2012;4:1-6. Esposito M, Coulthard P, Oliver R, Thomsen P, Worthington HV. Antibiotics to prevent complications following dental implant treatment. Cochrane Database Syst Rev 2003;(3):CD004152. Acocella A, Bertolai R, Sacco R. Efficacia della terapia antibiotica per l’inserimento di impianti dentali: revisione della letteratura e considerazioni cliniche. Tagete Archives of Legal Medicine and Dentistry 2010;1:77-89. Esposito M, Worthington HV, Loli V, Coulthard P, Grusovin MG. Interventions for replacing missing teeth: antibiotics at dental implant placement to prevent complications. Cochrane Database Syst Rev 2010;(7):CD004152. Mazzocchi A, Passi L, Moretti R. Retrospective analysis of 736 implants inserted without antibiotic therapy. J Oral Maxillofac Surg 2007;65:2321-3. << << DENTAL PRESS Imparare l'ortodonzia con attività sul campo Dott. Roberto Ferro Il caso clinico Linda è una ragazza di 15 anni che si presenta alla nostra osservazione per risolvere un grave affollamento a entrambe le arcate. Prima classe molare bilaterale, è scheletricamente una terza classe iperdivergente (Anb: -1° e Sn/GoGn: 39°). All’inizio della terapia, per insegnare agli allievi le potenzialità e le modalità di recupero dello spazio nelle arcate dentali affollate, è stato utilizzato inizialmente un sistema a bassa frizione (Leone, attacchi Logic Line + legatura Slide); in un secondo momento si sono estratti i primi quattro premolari ottenendo una perfetta occlusione nell’ambito di una ideale cornice dei tessuti molli. Dal momento delle estrazioni al momento dello sbandaggio la terapia è durata 23 mesi. Fig. 5: maggio 2010. Ottenuto l’allineamento ed il livellamento si è proceduto all’estrazione dei primi quattro premolari; al di sotto degli archi .020 nichel titanio vengono posizionati e attivati i laceback al fine di iniziare la chiusura degli spazi. Si è quindi passato a meccaniche tradizionali > Fig. 1: Linda, 15 anni e due mesi alla prima visita (aprile 2009). Scheletricamente è una terza classe iperdivergente (ANB -1°; Sn-GoGn 39°) > > Fig. 6: gennaio 2011. Otto mesi più tardi, dopo aver chiuso gli spazi con tieback elastici ed elastici di III su archi di lavoro (.019 x .025 in acciaio) si consegnano elastici da intercuspidazione Fig. 2: visione frontale e laterale delle arcate dentarie; trattasi di una prima classe dentale con affollamento grave all’arcata superiore e medio a quella inferiore > > Fig. 3: Alla visione occlusale, si confermano i diversi gradi di affollamento, mentre l’overjet e l’overbite si presentano nei limiti Fig. 4: maggio 2009. Per dimostrare le potenzialità e le modalità di recupero dello spazio nell’arcata dentaria superiore affollata, si utilizza il sistema a bassa frizione Logic Line della Leone + legature Slide; l’arco inserito è uno .012 nichel titanio > Fig. 7: febbraio 2012. Si rimuove l’apparecchiatura dopo 23 mesi dalle estrazioni. Le visioni vestibolari e frontali dimostrano il conseguimento della prima classe molare e canina e della coincidenza delle linee interincisive > Fig. 8: visione occlusale delle arcate dentarie << << DENTAL PRESS Roberto Ferro, direttore Uoa di odontoiatria dell’Azienda Ulss 15 “Alta padovana”. Specialista in odontostomatologia e in ortognatodonzia. Past president Sioi (Società italiana di odontoiatria infantile) per il biennio 2010-2011 CASO CLINICO: AFFOLLAMENTO GRAVE IN UNA TERZA CLASSE SCHELETRICA autoleganti, legature non convenzionali e attacchi non convenzionali. Gli attacchi autoleganti sono brackets in cui la quarta parete dello slot è costituita da uno sportellino. Le legature non convenzionali sono legature “specifiche” posizionate su attacchi “tradizionali” e costituiscono loro stesse la quarta parete. Gli attacchi non convenzionali sono costruiti in modo da ottenere lo scorrimento dell’arco con una bassa frizione: su “specifici” attacchi vengono posizionate legature “tradizionali”. Il caso presentato in questa pagina è stato trattato con attacchi tradizionali e legature non convenzionali. 39 > Una joint-venture tra l'Ulss 15 “Alta padovana” e Iso di Firenze ha portato alla creazione di un percorso didattico in ortodonzia di taglio estremamente pratico, con attività clinica in ospedale Senza entrare nel vivace dibattito presente nella letteratura internazionale sulla miglior efficienza dei sistemi a bassa frizione in ortodonzia fissa, viene di seguito presentato un caso trattato dagli allievi dei Corsi pratici di ortodonzia svolti presso l’Unità operativa di odontoiatria dell’Azienda Ulss 15 Alta Padovana. Per risolvere il problema clinico sono state utilizzate proprio le “meccaniche a bassa frizione”. Con questo termine si intende la capacità dell’arco di scorrere libero nello slot degli attacchi, senza esservi schiacciato tramite legature tradizionali. Il mercato propone attualmente al cinico tre alternative di apparecchiature fisse per ottenere la bassa frizione: attacchi 38 > > Fig. 9: cambiamento del sorriso dopo il trattamento ortodontico Che la crisi economica morda, e non poco, il settore odontoiatrico è sotto gli occhi di tutti. Ma molti si dimenticano che la situazione attuale è figlia anche di un altro fatto cruciale: il miglioramento della salute orale della popolazione italiana. Le indagini epidemiologiche condotte sulla popolazione infantile testimoniano come la carie sia, come dicono gli anglosassoni, “dramatically” diminuita. Anche in Italia le fasce più giovani della popolazione, grazie al miglioramento degli stili di vita, hanno giovato di un progressivo miglioramento degli indici di salute dentale, che si sono attestati su valori non molto dissimili da quelli dei Paesi scandinavi. È evidente come, al diminuire della prevalenza delle lesioni cariose, possa conseguire una riduzione di tutto l’indotto terapeutico odontoiatrico: dalla conservativa all'endodonzia, dall'implantologia alla riabilitazione protesica. Presso l'Ulss 15 “Alta padovana” di Cittadella (Padova), dove dagli anni Ottanta sono stati attivati sistematici interventi di promozione della salute orale, con la progressiva diminuzione della patologia cariosa è andato aumentando il bisogno di trattamenti ortodontici sulla scia di una crescente consapevolezza dell’importanza dell’aspetto facciale. Per offrire la terapia ortodontica alla propria popolazione infantile, l’Unità operativa autonoma di odontoiatria diretta dal dottor Roberto Ferro ha istituito un servizio di ortodonzia di comunità. Con questo termine si caratterizza un’ortodonzia pubblica rivolta alla parte più bisognosa della popolazione. Con la creazione di un progetto ad hoc, accedono alla terapia i soggetti che, a parità di gravità di malocclusione (classificata secondo indici internazionali), appartengono a fasce deboli della popolazione. L'offerta didattica Le esigue risorse del pubblico accompagnate da una richiesta di trattamenti in costante aumento ha portato a creare una joint-venture con l’Istituto studi ortodontici (Iso) di Firenze, divisione scientifica dell'azienda Leone, che vanta una lunga tradizione nel campo dell'educazione in ortodonzia e implantologia avendo formato centinaia di allievi provenienti da tutta Italia. Questa innovativa collaborazione ha permesso il raggiungimento di un duplice obiettivo: per l’Unità operativa di odontoiatria l’aumento dell’offerta terapeutica ai propri utenti; per Iso la possibilità di offrire ai propri allievi un percorso formativo originale. Si tratta infatti di un apprendimento a tutto tondo, dove accanto all’irrinunciabile parte teorica è preponderante la parte pratica, che occupa il 60% dell’intera didattica ed è svolta sui pazienti afferenti all’ospedale di Cittadella. Il corso base si rivolge ai principianti con poche o nulle conoscenze ortodontiche con l’obbiettivo di fornire all’allievo, nei due anni di corso, le conoscenze teoriche e pratiche per affrontare in maniera completa e sicura l’ortodonzia nel proprio studio. La parte teorica vede differenti relatori alternarsi al fine di offrire un compiuto percorso formativo che porti l’allievo a formulare diagnosi e piani di trattamento corretti. Apprendere l’ortodonzia af- frontando alla poltrona una decina di casi al giorno è un’opportunità unica nel panorama dell’educazione in campo ortodontico in Italia. La mediateca Unico è anche il “progress” ortodontico: interi incontri vengono dedicati a discussioni di gruppo nelle quali i singoli allievi hanno la possibilità di controllare sia i casi che stanno trattando sia quelli già completati. Tutto questo sfruttando la più importante documentazione iconografica presente in Italia. Infatti a ogni paziente trattato o in trattamento corrisponde un file .ppt (presentazione di PowerPoint) nel quale vengono raccolte le foto scattate a ogni appuntamento per poter analizzare e ricostruire le singole fasi del piano di trattamento. Questi file (attualmente oltre un migliaio) offrono all’allievo opportunità di discussione della diagnosi e del piano di trattamento, la possibilità di vedere evidenziati i propri errori (ad esempio nel posizionamento dei brackets) e la comprensione dei limiti dell’ortodonzia rispetto alle richieste del paziente. L'allievo, oltre ad approfondire il proprio caso, moltiplica le possibilità di apprendimento verificando le diverse soluzioni messe in campo da tutor e colleghi. Inoltre ha modo di imparare come e perché un caso rimane stabile nel tempo o tende a re- cidivare e quali ne siano le ragioni, visto che i pazienti dell’Unità operativa di Cittadella vengono richiamati con cadenza annuale per una visita di controllo. Altra risorsa didattica preziosa è “wikiferro” (su www.robertoferro.it): un glossario di termini ortodontici supportato iconograficamente. Per informazioni: Veneto Servizi Tel. 049.5974489 [email protected] www.robertoferro.it << << FOCUS ON 40 Trapianti dentali pratica ancora attuale Affrontiamo con il dottor Luca Boschini, libero professionista di Rimini, un argomento di cui si parla pochissimo: i trapianti dentali, ossia lo spostamento di un dente al posto di uno ormai irreversibilmente compromesso o già mancante. Si tratta di una tecnica chirurgica proposta già negli anni Cinquanta, ma con l'avvento dell'implantologia non è più stata coltivata se non da una manciata di clinici e qualche centro di cura universitario. Come ci spiega il dentista riminese, i trapianti dentali vengono suddivisi in autologhi o autotrapianti, isologhi o isotrapianti, allogenici o omotrapianti, eterologhi o xenotrapianti. In questi giorni il dottor Boschini ha pubblicato un caso clinico sul portale DentalAcademy (www.dentaljournal.it) dal titolo "Duplice autotrapianto dentale di 3.8 in 4.6 e 4.8 in 4.7 in paziente adulto". << << quelle legate a un intervento di estrazione. Personalmente sconsiglierei di utilizzare come dente trapiantando un elemento che abbia un qualche ruolo nell'equilibrio dell'apparato stomatognatico. Autotrapianto invece dell'impianto: una tecnica poco utilizzata anche a causa dello scetticismo di molti. Ma in realtà le evidenze in letteratura non mancano e nemmeno le esperienze personali Dottor Boschini, possiamo entrare più nel dettaglio? Gli autotrapianti sono realizzati nello stesso individuo, ossia donatore e ricevente sono la stessa persona. Gli isotrapianti sono realizzati tra individui con lo stesso corredo genetico, ossia gemelli omozigoti. Gli allotrapianti vengono realizzati tra individui della stessa specie ma con corredo cromosomico differente, mentre 41 > gli xenotrapianti sono tra specie differenti. Gli isotrapianti e gli xenotrapianti hanno senso più che altro a livello sperimentale, ma gli autotrapianti trovano applicazione nella clinica quotidiana. Gli isotrapianti, per quanto teoricamente applicabili, sono difficilmente proponibili. Quali sono gli obiettivi di questi trattamenti? L'obiettivo è di sostituire un dente funzionalmente superfluo con uno perso strategicamente più utile. I denti che meglio si prestano a questo scopo sono gli ottavi. Nella mia pratica clinica l'intervento di autotrapianto più comune è quello di un ottavo inferiore al posto di un primo o secondo molare. Un altro caso di autotrapianto, frequentemente rappresentato anche da altri colleghi che si occupano di questa tecnica, è quello del secondo premolare al posto di un incisivo centrale. Questa è una delle soluzioni cliniche che ritengo migliori nel caso di perdita di un incisivo permanente in soggetto che debba estrarre i premolari per finalità ortodontiche. Con questa tecnica chirurgica si può dunque riabilitare una edentulia con un proprio dente anziché con un impianto o altro dispositivo protesico. Quali sono le indicazioni principali? L'indicazione massima è la sostituzione di un dente compromesso in un paziente che necessita anche dell'estrazione di un altro dente per motivi strategici o prognostici. In tal caso, anche se l’autotrapianto dovesse fallire, non si è avuto nessun costo biologico significativo. Le percentuali di successo presenti in letteratura sono variabili da circa l’80% fino al 100%, perciò si tratta comunque di una tecnica chirurgica affidabile. L'ampia variabilità nelle percentuali è sicuramente legata anche alle molteplici situazioni cliniche. Infatti gli interventi possono essere più o meno complessi a seconda delle varie condizioni cliniche e Luca Boschini anatomiche, sia del dente estratto che del trapiantando. Inoltre il sito ricevente può essere un alveolo naturale post-estrattivo o un neo-alveolo creato chirurgicamente. Infatti anche gli autotrapianti, come gli impianti, possono essere immediati (contestuali all'estrazione del dente compromesso), ritardati (a 15/30 giorni dall'estrazione del dente compromesso) o posticipati (a guarigione ossea avvenuta). Ovviamente la variabilità non aiuta nelle valutazioni statistiche. Morrees ha già proposto una classificazione basata sugli stadi di sviluppo dei denti. A mio avviso questa classificazione risulta poco immediata e clinicamente poco rilevante. Personalmente ho creato una classificazione che è sì basata sugli stadi di eruzione dei denti, ma tiene conto anche dell'operatività clinica. Per ogni classe è consigliabile un protocollo operativo differente. Seguendo una classificazione è più semplice codificare e fare analisi statistiche. La classificazione che propongo ha quattro stadi (è riassunta nel caso clinico pubblicato su DentalAcademy, ndr). Per quanto riguarda le mie percentuali di successo personali nei casi di classe IV, che sono quelli che ho maggiormente trattato (dente completamente formato con apice chiuso, quindi in pazienti adulti) ho il 100% a un massimo di sette anni, ossia da quando ho effettuato il primo autotrapianto. Quali sono le controindicazioni assolute? Non ci sono controindicazioni assolute che non siano > 4.8 estratto Quali sono vantaggi e svantaggi rispetto a tecniche alternative? Il vantaggio più evidente è quello di avere un proprio dente al posto di una protesi. Anche per quanto concerne l'aspetto economico, il paziente ha un onere minore, poiché non si ricorre a materiali o dispositivi specifici per lo svolgimento di questo tipo di intervento. Lo svantaggio maggiore è di poter essere effettuato solo in casi selezionati. Infatti bisogna fare una valutazione preoperatoria della congruità del dente trapiantando con il sito ricevente. In casi complessi è anche possibile che non si riesca a estrarre l'elemento trapiantando integro. Esistono in letteratura dati di follow-up? Al di là del follow up che indicavo per i miei casi personali, in letteratura esistono molti studi che attestano l'efficacia di questo tipo di riabilitazione. Tra gli operatori del settore c'è scetticismo in merito agli autotrapianti per le analogie che riportano con i reimpianti post-traumatici. Molti dentisti sono portati, per traslazione, a imputare le probabili complicanze dei reimpianti post-traumatici agli autotrapianti. È inequivocabile che ci siano alcune analogie, ma l'autotrapianto è eseguito in ambiente controllato, dall’estrazione dell’elemento trapiantando all'innesto nel sito ricevente, passando per la sua conservazione durante il corso dell'intervento chirurgico. Nel caso del reimpianto post-traumatico, invece, l’elemento viene gestito direttamente dal soggetto traumatizzato o da soccorritori che non possono avere né le conoscenze né i mezzi più idonei. Il padre degli studi sulla traumatologia dentale, il danese Andreasen, grande conoscitore della materia in generale e dei reimpianti in particolare, ha consigliato gli autotrapianti degli ottavi in molteplici condizioni cliniche, a dimostrazione del fatto che molte credenze in merito alle potenziali complicanze degli autotrapianti sono notevolmente da ridimensionare. Come si può favorire la buona guarigione? Ho stilato un protocollo con il quale non ho mai avuto problemi. Ho codificato tutti i passaggi chirurgici delle quarte classi. Essenzialmente si tratta di evitare di ledere in alcuna maniera la superficie del legamento parodontale, poiché è dalle cellule del legamento che parte il processo di rigenerazione dell'attacco. Il resto lo fa la biologia. Già a partire dal settimo-decimo giorno dall'intervento, è possibile constatare la presenza di attacco connettivale e dopo due settimane la scomparsa del sondaggio parodontale lungo tutta la circonferenza del dente. Che problemi può comportare il prolungamento del periodo trascorso dall'estrazione del dente compromesso all'intervento di trapianto dentale? Come accennavo prima, esiste la possibilità di realizzare un neo-alveolo chirurgico (un po' come avviene per gli impianti). L'unico problema, in quest'ultimo caso, è che la cresta alveolare si atrofizza tanto più tempo trascorre dal momento dell'estrazione, per cui è possibile che il dente trapiantando non possa più essere adeguatamente sostenuto. Oltre ai trapianti convenzionali esistono trapianti intraalveolari, quando il dente viene spostato all’interno del proprio alveolo. Ce ne può parlare? Tsukiboshi annovera tra gli autotrapianti anche i trapianti intra-alveolari e i reimpianti intenzionali. I primi consistono nell'estrazione e nel riposizionamento dei denti per finalità ortodontiche, ad esempio per estrusioni, intrusioni o rotazioni severe. I secondi consistono nell'estrazione dei denti allo scopo di effettuare una apicectomia per poi reimpiantare il dente, evitando l'intervento di chirurgia endodontica tradizionale. Per precisione, il termine trapianto indica uno spostamento di sede anatomica, quindi credo sia più opportuno parlare di reimpianti intenzionali identificandoli, in base alla finalità, in reimpianto ortodontico e reimpianto endodontico. Ci può parlare delle problematiche connesse ai reimpianti intenzionali, effettuati per risolvere problemi endodontici? I reimpianti intenzionali, secondo alcuni autori, hanno percentuali di successo ancora superiori a quelle degli autotrapianti, perché c'è anche FOCUS ON la componente cellulare parodontale del versante osseo ad aiutare nel processo di guarigione. L'unico rischio reale, a mio avviso, nel reimpianto intenzionale endodontico è la frattura della radice durante l'estrazione. Come appare evidente è molto più facilmente realizzabile nei denti monoradicolari, anche se in queste zone è particolarmente agevole anche la chirurgia endodontica tradizionale. È molto più complesso negli elementi dei settori posteriori, pluriradicolati e con radici curve o divergenti. Il reimpianto intenzionale ortodontico, se realizzato in denti vitali, ne compromette la vitalità, a meno che non si tratti di elementi con apice immaturo. Ma credo sia comunque rischioso. Renato Torlaschi > Alloggiamento dell'elemento 3.8 all'interno del sito 4.6 e del 4.8 all'interno del sito 4.7 Da DentalAcademy (www.dentaljournal.it), caso clinico documentato dal dottor Luca Boschini dal titolo "Duplice autotrapianto dentale di 3.8 in 4.6 e 4.8 in 4.7 in paziente adulto". 43 << << FOCUS ON La gestione clinica degli ottavi inclusi Estrarre o non estrarre? «In molti casi è la patologia a decidere e non esiste scelta» ci spiega Roberto Barone, un esperto di questi interventi, che si caratterizzano sempre più per la mininvasività Gli ottavi inclusi rappresentano da sempre un problema per l'odontoiatra. Italian Dental Journal ha intervistato Roberto Barone, uno dei massimi esperti di questa problematica insieme ai suoi colleghi Carlo Clauser e Angelo Baleani. Il dottor Barone esercita la libera professione a Firenze, dove si dedica esclusivamente alla chirurgia orale e all'implantologia. Tra l'altro è stato socio fondatore della Società italiana di chirurgia orale (Sico), oggi ribattezzata Sicoi. I tre autori hanno recentemente pubblicato sul blog Zerodonto (www.zerodonto.com) e sul portale DentalAcademy (www.dentaljournal.it) un interessante caso clinico che presenta un metodo razionale e sicuro per l'asportazione chirurgica degli ottavi inferiori. Il dottor Barone sarà anche il relatore del corso “Asportazione chirurgica di denti del giudizio inferiori: accorgimenti per un approccio semplice, sicuro e razionale”, che si terrà a Bologna il 12 e 13 ottobre (info su www.dentidelgiudizio.com). Dottor Barone, le tecniche chirurgiche si sono evolute di pari passo con la tecnologia? Il legame fra tecnica e tecnologia è strettissimo: nessuno riuscirebbe a estrarre un ottavo orizzontale profondo con il manipolo dritto attraverso il lembo descritto nel nostro caso clinico. Le novità tecnologiche (come la turbina chirurgica e gli strumenti piezoelettrici) hanno reso possibili nuove soluzioni operative, mentre l’affinamento della tecnica chirurgica ha aperto la strada all’invenzione di nuovi strumenti e all’evoluzione di quelli classici, come le leve. L’avvento della piezochirurgia ha realmente portato un contributo importante? Gli strumenti a ultrasuoni permettono un miglior controllo dell’operatività, soprattutto in prossimità di strutture delicate, come il fascio neurovascolare alveolare inferiore, perché il campo è meglio visibile e l’asportazione di tessuti duri avviene lentamente. Purtroppo non è possibile ad oggi, per un limite fisico, costruire inserti sufficientemente lunghi per raggiungere sedi profonde, proprio quelle dove lo strumento sarebbe più utile. Ritiene che l’università fornisca oggi una preparazione sufficiente a formare il chirurgo orale? Manco dall’università da troppo tempo per risponde- re a questa domanda: credo comunque che, nonostante il valore dei titoli universitari sia reso uniforme ope legis, il senso comune vieti ogni generalizzazione: le scuole non sono tutte uguali. Certamente ce ne sono alcune capaci di dare una formazione valida. Lei, il dottor Caluser e il dottor Baleani organizzate una serie di corsi di perfezionamento sulla pratica chirurgica. Sono rivolti ai giovani laureati o piuttosto a chi ha già pratica di chirurgia orale? Prepariamo corsi per chi non ha mai preso in mano un bisturi e corsi adatti a chi invece ha già una buona esperienza. L’importante è capire subito che un’esperienza pluridecennale non può essere trasmessa in una cinquantina di ore. Questo tempo è però sufficiente per acquisire un metodo di lavoro preciso, che sarà immediatamente applicabile ai casi clinici meno impegnativi. L’esperienza successiva permetterà di affrontare casi sempre più complessi, anche se il metodo resta sempre quello. Noi possiamo inizialmente fornire informazioni aggiornate e filtrate sulla teoria, guidare i principianti in esercitazioni su simulatori clinici, e poi aiutare i corsisti a valutare le difficoltà e i rischi degli interventi che vanno ad affrontare. > Ottavo incluso: segni di rischio di danno neurologico a carico del 38 (radiotrasparenza delle radici e restringimento del canale) e del 48 (restringimento e brusca deviazione del canale in prossimità delle radici). Si decide di estrarre. La trattazione completa del caso clinico è online su www.dentaljournal.it Quali sono le conseguenze di una permanenza in sede dell’ottavo incluso? Chiariamo subito che un ottavo profondamente incluso ha pochissime probabilità di creare danni. D’altra parte, quando si stabilisce una comunicazione fra lo spazio pericoronale e il cavo orale, sono pochissime le probabilità che i microbi ospitati in un ambiente a loro favorevolissimo non determinino conseguenze negative, come le infezioni pericoronali e i danni al settimo. La conseguenza più frequente dell’atteggiamento attendista è la necessità di intervenire dopo i 25 anni, quando la frequenza delle complicanze, soprattutto neurologiche, aumenta drasticamente, mentre peggiora la prognosi parodontale del settimo. > Vi sono casi in cui il rapporto rischio/beneficio nell’estrazione del giudizio incluso possa far propendere verso una rinuncia a intervenire? In molti casi è la patologia a decidere e non esiste scelta: ci sono ottavi che debbono essere estratti, indipendentemente dai rischi operatori. Certo, quando la patologia è sfumata o solo potenziale, soprattutto nei soggetti maturi, non è sensato correre rischi anche limitati. D’altra parte occorre ricordare che, con l’età avanzata, i rischi per la salute generale si aggiungono a quelli, peraltro accresciuti, di danni locali. Esiste una gestione chirurgica particolare delle sedi estrattive in funzione della chirurgia impiantare? Un approccio poco invasivo alle estrazioni dentarie è Roberto Barone sempre stato raccomandabile, tanto più ora che la sede di estrazione è spesso candidata all’impianto. È frequente l’intervento del chirurgo orale nel trattamento del paziente ortodontico? Il paziente in età evolutiva è soggetto a diverse patologie chirurgiche, dall’infraocclusione ai denti sovrannumerari. Inoltre il chirurgo è spesso chiamato a collaborare a terapie ortodontiche: tipico è il caso del recupero di canini inclusi. Ricordiamo che la chirurgia orale nel bambino ha peculiarità notevoli, a partire dall’approccio psicologico e dalla necessità di coniugare procedure minimamente invasive con la rapidità dell’esecuzione. A. P. << << GESTIONE E FINANZA Il regime fiscale delle prestazioni gratuite Paolo Bortolini, dottore in economia aziendale, ha una conoscenza specifica delle condizioni gestionali dello studio dentistico, maturata in oltre venticinque anni di attività come consulente e relatore nell'ambiente odontoiatrico italiano prestazione gratuita, quella offerta al vasto pubblico attraverso varie forme di pubblicità, da qualche tempo visibili nelle città e su Internet, fatta per l’evidente scopo di acquisire nuovi clienti. Le occasioni per lavorare gratis, dunque, non sono né poche né rare. Ci si chiede se esistano, dal punto di vista della correttezza fiscale, dei particolari accorgimenti da mettere in atto. Iniziamo dunque fornendo gli elementi giuridici utili per l’analisi tributaria della fattispecie in esame, trattando poi gli aspetti della fatturazione e della deducibilità delle spese correlate a queste prestazioni. Prestazioni gratuite e diritto Le occasioni per lavorare gratis, dal punto di vista giuridico, si incardinano in due tipologie negoziali ben distinte. La prima è la liberalità tout court, quando cioè la prestazione gratuita è resa in totale assenza di un interesse economico, come nel caso della cura offerta a un parente. La seconda è quella della liberalità interessata, dove lo scopo della gratuità è la ricerca, appunto, di un interesse economico, ad esempio la speranza di acquisire clientela. 45 << << > Le prestazioni rese gratuitamente non sono mai da fatturare. I costi di quelle rese ad amici e parenti non sono deducibili, mentre lo sono in parte i costi delle prestazioni rese a pazienti con «secondi fini» Odontoiatri e medici, nell’attività libero professionale, possono trovarsi a prestare gratuitamente la loro opera per curare un parente, un collega, un amico, un dipendente, un cliente al quale decidessero di rifare, a loro spese, una o più prestazioni o al quale volessero semplicemente riservare una cortesia. Si possono aggiungere le attività di volontariato e una affatto particolare fattispecie di 44 Si tratta di ipotesi molto diverse tra loro, da tenere presenti nell’esame della deducibilità delle spese. Fatturazione Le norme che regolano gli obblighi di fatturazione delle operazioni professionali, come di ogni altra operazione economica, si trovano nella normativa Iva comunitaria e nazionale: la fattura si deve fare solo per le operazioni rese dietro pagamento di un corrispettivo, ancorché esenti (art. 221 c. 1 Dir 2006/112/CE e art. 21 c. 6 Dpr 633/1972). Le prestazioni gratuite sono invece non soggette o fuori del campo applicativo dell’imposta per mancanza del requisito oggettivo (appunto l’onerosità), indicato al comma 1 articolo 3 del Dpr 633/1972. Perciò, niente fattura. Il successivo comma 3 dello stesso articolo parla, è vero, di una ritrovabile rilevanza ai fini Iva delle prestazioni gratuite, dunque dell’obbligo di fatturazione, se effettuate per uso personale, familiare o a favore del personale dipendente, e comunque non a favore della clientela. Ma ciò accadrebbe se per gli acquisti di beni e servizi necessari per l’esecuzione delle prestazioni gratuite fosse stata detratta UN CORSO PER OTTIMIZZARE LA GESTIONE DELLO STUDIO La sesta edizione del corso pratico di management per l'odontoiatra si terrà tra settembre e dicembre in tre incontri da tre giorni l'uno (6-8 settembre; 18-20 ottobre; 29 novembre-1dicembre), nei fine settimana, presso la sede Dental Trey di Fiumana di Predappio (FC). Sono tre i capitoli previsti dal corso: liquidità, fiscalità e rendimento. «Ognuno aggiungerà una porzione al sistema concettuale e informatico in costruzione, secondo una sequenza ben collaudata – ci ha spiegato Paolo Bortolini, dottore in economia aziendale –. Con il primo incontro, si prende subito il controllo totale dei movimenti di denaro e si dispone dello strumento per prevedere e sostenere la disponibilità di liquidità nell'immediato futuro. Con il secondo incontro si penetra nel mondo del Fisco, in modo del tutto pragmatico, per "agganciare" e ridurre un costo fra i più rilevanti, l'Irpef. Con l'ultimo incontro, si saprà in tempo reale quanto ha reso realmente ogni singola prestazione eseguita, una singola giornata di lavoro, ogni categoria di prestazioni, ogni cliente e naturalmente l'intera attività, potendo così vedere dove e come intervenire per sostenere il loro utili» ha concluso il relatore del corso. In questo corso viene proposto un metodo molto efficace per tenere sotto controllo e gestire al meglio l'attività imprenditoriale attraverso l'utilizzo del software Excel per Windows e di un pratico manuale redatto dal relatore. Il partecipante deve usare il suo computer portatile e la didattica in aula si basa sullo sviluppo di casi concreti che simulano le reali condizioni in cui ci si troverà ad impiegare il sistema. In questo modo concetti, metodi e strumenti ottenuti negli incontri diventano poi stabili procedure nella gestione dell'attività dello studio odontoiatrico. Per informazioni: Paolo Bortolini Tel. 049.8962688 [email protected] www.studiobortolini.com LA DEDUCIBILITÀ DELLE PRESTAZIONI GRATUITE (1) Ad esempio le prestazioni rese a parenti (2) Ad esempio visite gratis a scopo reperimento di nuova clientela o rifacimenti di lavori con lo scopo di migliorare il rapporto con il cliente (3) Laboratorio, dispositivi medici, materiali di consumo,parcelle pagate ad altri professionisti per eseguire la parestazione offerta (4) Massimo 1% dei compensi annuali per i professionisti; 1,3% per le società (5) Casi borderline: amici e dipendenti, valutare i singoli casi l’Iva, cosa che mai accade per i soggetti che esercitano l’odontoiatria, siano essi professionisti o società perché, come è noto, la detrazione dell’Iva sugli acquisti non è consentita quando le operazioni attive sono esentate (comma 2 art. 19 Dpr 633/1972), come lo sono le prestazioni mediche e odontoiatriche. A qualcuno potrebbe venire in mente di fare una fattura, o magari un'autofattura, con la descrizione delle prestazioni offerte e indicando zero come loro corrispettivo, con o senza note tipo “per prestazioni rese gratuitamente”: la cosa è assolutamente da non fare. Deducibilità delle spese Per decidere in merito alla deducibilità delle spese sostenute per eseguire prestazioni gratuite, quali laboratorio, dispositivi medici, materiali di consumo o parcelle pagate a colleghi che hanno eseguito la prestazione offerta al parente, all’amico, al dipendente o al cliente, occorre rifarsi al concetto di inerenza della spesa. Questo è desunto dalla prima parte del primo periodo del comma 5 dell’articolo 109 del Dpr 917/1986, rubricato come “Norme generali sui componenti del reddito di impresa”, la cui applicabilità anche al reddito di lavoro autonomo è pacifica per la prassi, la giurisprudenza e la dottrina. Leggiamola: «Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito». Per poter dedurre una spesa dal reddito, occorre quindi riuscire a metterla in relazione con dei ricavi o proventi tassabili, cosa che sembrerebbe impossibile con delle prestazioni gratuite. Ma, come detto, queste prestazioni non sono tutte uguali. Se l’indeducibilità assoluta delle spese è pacifica per le prestazioni gratuite non interessate di cui si è detto prima, diversa è la conclusione nel caso delle prestazioni gratuite interessate. In questo caso infatti, trovato un nesso con dei ricavi, anche solo potenziali, il divieto di deduzione delle spese viene meno. Si pensi a prestazioni gratuite finalizzate al reperimento di nuovi clienti - le visite gratis - o al miglioramento delle relazioni con quelli già acquisiti - le prestazioni rifatte -. Per le prestazioni gratis interessate però non si recupererebbe una deducibilità “piena”, ma bensì limitata dal fatto che le spese per questo tipo di prestazioni gratuite vanno qualificate come spese di rappresentanza in base al punto e) del primo comma del Decreto del ministero dell'Economia del 19 novembre 2008 che, come chiarito dalla circolare 34 del 13 luglio 2009, vale sia per il libero professionista (anche associato), sia per le società, di persone o di capitali, che esercitano l’odontoiatria. La deducibilità dunque c’è, ma complessivamente limitata all’1% dei compensi annuali per il professionista e all’1,3% dei ricavi annuali fino ai dieci milioni per le società. Oltre tale soglia la percentuale diminuisce. In caso di verifica fiscale, se risultasse che sono state dedotte spese connesse con prestazioni gratuite, la mancanza di inerenza farebbe riprendere a tassazione, anche ai fini Irap, con sanzione, l’intero importo di quelle relative a prestazioni non interessate. Per quelle interessate invece sarebbe l’errata qualificazione della spesa che farebbe riprendere a tassazione l’eventuale differenza fra l’importo massimo ammesso dai calcoli percentuali indicati e quello effettivamente portato in deduzione, se superiore. Situazioni al limite Resta da chiarire la situazione delle prestazioni gratuite erogate agli altri beneficiari GESTIONE E FINANZA citati all’inizio dell’articolo: gli amici, i colleghi, i dipendenti. In prima battuta queste categorie di prestazioni gratuite parrebbero rientrare nell'ambito della gratuità non interessata. A dire il vero però in caso di verifica potrebbero emergere dubbi. Per gli amici, se si tratta di uno o due all’anno, e si dimostra di non aver dedotto le relative spese, non dovrebbero esserci problemi. Se sono un lungo elenco, invece, è bene prepararsi a dare spiegazioni a fronte di una possibile accusa di presunti incassi al nero. Infine per le prestazioni gratuite in favore dei dipendenti, i verificatori potrebbero inferire che si è trattato in realtà di un compenso in natura, da recuperare a tassazione in capo al collaboratore. Paolo Bortolini CORSO DI STRATEGIA E ORGANIZZAZIONE Il dottor Gabriele Vassura ha organizzato un corso di strategia e organizzazione per lo studio dentistico, che si terrà a Milano in quattro incontri: 21 settembre, 19 ottobre, 16 novembre e 14 dicembre. Lo scopo del corso è quello di formare i partecipanti sui temi economici della professione odontoiatrica e ortodontica e di insegnare l’utilizzo dei modelli gestionali di derivazione aziendale adattati alle specifiche necessità degli studi e delle consulenze. Il relatore ha elaborato una serie di domande che costituiranno parte del programma del corso. Ad esempio: Il mio reddito attuale è coerente con l’impegno che metto nel lavoro? Qual è la tariffa giusta per le mie prestazioni e qual è realmente il margine di guadagno sulle prestazioni erogate? Da cosa dipende la periodica mancanza di liquidità? Come posso convivere con una pressione fiscale così alta? Cosa significa avere un business plan, a cosa serve, come si fa? Come posso fare a incrementare il numero dei miei pazienti? È più importante il loro numero o la loro tipologia? Quale tipo di pubblicità è al contempo lecita ed efficace? Come posso > Gabriele Vassura realizzare un piano di marketing personale? «Se un libero professionista si è posto almeno una volta queste domande è perfettamente nella norma. Al contrario, potrebbe avere dei grossi problemi di gestione dello studio senza rendersene conto». Secondo il dottor Vassura imparare ad applicare i principi del controllo di gestione allo studio odontoiatrico è fondamentale per una buona riuscita dell’attività libero professionale. Per informazioni: Aim Group International Tel. 02.566011 [email protected] www.corsodentistamanager.com << << GESTIONE E FINANZA 46 47 << << GESTIONE E FINANZA Sopra i mille euro il denaro scompare SOPRA I MILLE EURO ADDIO CONTANTI. COSA CAMBIA Dal 6 dicembre è vietato l'uso del contante per i pagamenti al di sopra dei mille euro. Vale anche per i liberi professionisti (odontoiatri compresi). Sopra questo importo, si incassa con assegni, bonifici o carte di credito Rigide e sempre più stringenti. Sono le nuove regole sull'uso del denaro contante, che dal dicembre scorso (con l'approvazione della manovra economica straordinaria del governo Monti) impongono a molti italiani di dire addio alla “vecchia e cara” moneta liquida, per tutti i pagamenti che superano il “tetto” di mille euro. A dire il vero, il limite massimo fissato inizialmente dall'esecutivo era addirittura di 500 euro. Poi, per evitare di mettere in difficoltà una foltissima schiera di pensionati che hanno poca dimestichezza coi servizi bancari, il Consiglio dei ministri ha quasi raddoppiato questa soglia, accogliendo un emendamento proposto dalle commissioni Bilancio di Camera e Senato. Sopra i mille euro, quindi, addio moneta liquida. Pensionati in banca Il divieto all'uso del denaro liquido riguarda anche i pagamenti della pubblica amministrazione, compresi gli assegni erogati dall'Inps e dagli altri enti previdenziali pubblici. Per questo, molti anziani che di solito ritiravano in contanti una pensione superiore a mille euro al mese (probabilmente si tratta di qualche decina di migliaia di persone) saranno costretti quest'anno ad aprire un nuovo conto corrente bancario, per ricevere i pagamenti del loro istituto di previdenza. Dettagli a parte, una cosa è certa: dall'inizio del 2012 è iniziata una lotta senza quartiere contro l'utilizzo della moneta liquida, un mezzo di pagamento considerato ormai inefficiente, che costa ogni anno al sistema economico italiano al- meno 7,5 miliardi di euro. Si tratta di costi sostenuti per le spese di custodia e trasporto delle banconote, per le assicurazioni contro i furti e per la gestione dei sistemi di sicurezza degli istituti di credito. Cosa cambia per i dentisti Le norme approvate dal governo guidato da Mario Monti (contenute nel decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, il cosiddetto “decreto salva-Italia”), hanno pure lo scopo di combattere il riciclaggio di denaro e l'evasione fiscale e riguarderanno anche e soprattutto i liberi professionisti come gli odontoiatri. Qualsiasi parcella che supera l'importo di 999,99 euro dovrà infatti essere versata dai clienti (o dai pazienti, nel caso delle prestazioni mediche) attraverso mezzi di pagamento tracciabili come gli assegni, la carta di credito o il bancomat. Per gli studi dentistici, saranno dunque interessate dalle nuove regole soprattutto le prestazioni più costose e non certamente le cure più comuni, come le otturazioni. È bene però non sottovalutare troppo questo nuovo regime sull'uso del contante, che è abbastanza severo con chi “sgarra”. Il tetto massimo di 999 euro, stabilito dalla legge, può riguardare infatti anche l'importo complessivo di più fat- ture, se riferite a una medesima prestazione erogata da un professionista. Non sarà dunque possibile tentare di aggirare le norme frazionando un incasso di mille euro, per esempio “spezzettandolo” in due pagamenti diversi del valore di 500 euro ciascuno. Sanzioni severe Chi trasgredisce la legge con questi escamotage è soggetto a delle sanzioni abbastanza pesanti, entrate in vigore nel febbraio scorso. L'importo delle ammende comminate parte sempre da un minimo di 3mila euro e può essere compreso tra l'1 e il 40% della somma trasferita irregolarmente. Se il pagamento illegittimo supera i 50mila euro, la sanzione minima è addirittura moltiplicata per cinque e raggiunge i 15mila euro. Le legge prevede però un'eccezione importante: per chi paga entro 60 giorni dalla data in cui l'irregolarità è stata accertata (o in cui è stata notificata al contribuente), l'ammenda si riduce al 2% dell'importo trasferito. Esempio: chi ha pagato in contanti una somma di 10mila euro (trasgredendo dunque la legge), deve versare all'erario un'ammenda di 200 euro. È bene tenere a mente anche un'ulteriore avvertenza: le sanzioni colpiscono sempre I LIMITI (SEMPRE PIÙ STRINGENTI) PER L'USO DEL CONTANTE IN ITALIA entrambe le parti che eseguono le transazioni, cioè chi effettua il pagamento, ma anche chi riceve i soldi (come, per esempio, un odontoiatra che incassa le fatture sopra i mille euro in moneta liquida). commercialisti, che non potranno mai essere conniventi con la clientela e dovranno comunicare all'Uif (Ufficio di informazione finanziaria di Bankitalia) qualsiasi transazione irregolare riscontrata durante la loro attività. Cosa cambia in banca Il decreto salva-Italia introduce nuove regole anche per la compilazione degli assegni e per la detenzione dei libretti di deposito al portatore. In particolare, gli assegni di importo superiore a mille euro dovranno sempre includere la clausola di non trasferibilità, con l'indicazione del nome e della eventuale ragione sociale del beneficiario. Le banche potranno rilasciare degli assegni in forma libera soltanto su richiesta scritta del cliente ed esclusivamente per importi fino a 999,99 euro. Questa soglia è prevista anche come saldo massimo dei libretti di deposito al portatore. Di conseguenza, tutte le giacenze sui libretti che raggiungono e oltrepassano i mille euro devono essere ridotte dai titolari, per non incorrere nelle sanzioni. Le eccezioni Per quanto severe e stringenti, le norme introdotte dal governo Monti prevedono comunque alcune eccezioni. La soglia dei 999,99 euro riguarda infatti esclusivamente le operazioni di pagamento ma non i prelievi di soldi negli sportelli delle banche. Ciò significa che, in ogni caso, qualsiasi cittadino ha ancora la piena libertà di ritirare in contanti dal proprio conto corrente la cifra che vuole. Inoltre, esiste comunque un modo per aggirare le regole, senza assolutamente infrangere la legge. I passaggi di denaro liquido sopra i mille euro possono ancora essere effettuati quando avvengono attraverso un intermediario (come la stessa banca o l'ufficio postale), anche senza appoggiarsi a un conto corrente o senza ordinare bonifico. La persona che esegue il pagamento può infatti consegnare il denaro allo sportello, indicando le generalità della controparte che ritira i soldi. Con questa procedura, la transazione è formalmente regolare ma, è bene ricordarlo, viene comunque registrata dall'intermediario e può essere segnalata alle autorità competenti. Chi ha l'obbligo di segnalare Per chi cercherà di trasgredire la legge, non sarà facile neppure sfuggire alla rete dei controlli studiata dal governo. Le banche avranno infatti l'obbligo di segnalare alle autorità competenti (nello specifico a Bankitalia), qualsiasi movimento di denaro sospetto. Stesso discorso per i dottori Andrea Telara LE SANZIONI PER CHI “SGARRA” Fonte: Studio Bortolini (www.studiobortolini.it) << << EDUCATION & MEETING NEWS 48 Per Il Chirone il sorriso parte dal cuore La bocca è l’insieme di un tutto: alla “Sapienza” di Roma il 21 e 22 settembre il V International Meeting dell’Accademia di studi e di ricerche di odontostomatologia e di prevenzione “Il Chirone” Si svolgerà a Roma il 21 e il 22 settembre presso il dipartimento di scienze odontostomatologiche e maxillo-facciali dell’Università “Sapienza” di Roma, con iscrizione gratuita, il V International Meeting dell’Accademia “Il Chirone”. “Il Chirone” compie cinque anni: cinque anni di appuntamenti sempre romani, cinque anni nei quali “Il Chirone” ha riunito alcuni tra i maggiori specialisti italiani e stranieri in odontoiatria facendoli dialogare in modo interdisciplinare e approfondendo alcuni dei moltissimi temi che intrecciano profondamente odontoiatria e salute. E proprio per promuovere lo scambio in merito alla promozione del cavo orale tra le varie figure professionali e branche della medicina, della ricerca e della tecnologia è nato “Il Chirone”, che ha per presidente il professor Ugo Covani e che vede alla vice pre- sidenza l’indomabile Gianna Maria Nardi, ricercatore e docente di tecnologie avanzate nelle scienze di igiene orale proprio alla “Sapienza”. Odontoiatria e salute sempre insieme: pensiamo soltanto all’ultima edizione del congresso, che ha messo al centro il benessere dei bambini insieme a quello delle loro mamme e ha visto in campo il dermatologo e il chirurgo plastico; pensiamo all’edizione di due anni fa, che ancora una volta in una visione olistica ha preso in considerazione i rapporti che legano l’odontoiatria alla psiche, tanto nella sfera neurologica quanto in quella più propriamente psichiatrica. Tra i relatori d’eccellenza Crispian Scully per la prevenzione dei tumori, Robert Genko, padre della periomedicine ed Enrico Alleva dell’Istituto superiore di sanità. L’idea di fondo che anima il congresso dell’Accademia “Il Chirone” di quest’anno, come le sue precedenti, è che il cavo orale non sia da banalizzare come semplice organo-tramite, ma come una parte fondamentale di un sistema complesso, un tutto organico inscindibile. E per celebrare questo primo quinquennio un tema speciale: il cuore. Sempre nell’ottica di promuovere e coordinare lo scambio di conoscenze e informazioni tra differenti figure professionali e branche della medicina, della ricerca, della tecnologia e della cultura, sarà relatore al congresso il professor Francesco Fedele, past president della Società italiana di cardiologia e direttore della scuola di specializzazione in cardiologia del Policlinico Umberto I di Roma. Insieme a lui, affronteranno questo tema illustri opinion leader dell'odontoiatria come i professori Enrico Gherlone, Eugenio Romeo, Mario Gabriele, Filippo Graziani e Roy de Vita. Porteranno la loro testimonianza personale, scientifica, di ricerca e di clinica, sempre nell’ottica dell’interdisciplinarietà, prendendo in considerazione i rapporti che legano l’odontoiatria alla fisiologia e alla patologia del muscolo cardiaco e del sistema cardiovascolare in generale. La professoressa Antonella Polimeni e il professor Ugo Covani, nel primo annuncio di questo quinto incontro internazionale de “Il Chirone”, hanno sottolineato proprio quel sottile ma robusto filo che unisce il cuore alla bocca, quel filo organico nella ricerca più recente che ha messo in luce gli stretti rapporti fra patologie infettive orali e cardiopatie ischemiche. Ma anche quel sottile filo psicologico, simbolico, metaforico. «Se mi guardi dritto negli occhi – citiamo le loro parole – vedrai nei miei occhi la mia anima, poiché sono gli occhi lo specchio dell’anima. Ma guarda anche il mio sorriso perché è lì che vedrai il mio cuore. È con il sorriso che ci mettiamo in comunicazione, una comunicazione bidirezionale. Nel mio sorriso puoi vedere il mio cuore, ma il mio sorriso può arrivare al tuo cuore, scaldare il tuo cuore, aprire il tuo cuore. La verità è che sorridiamo con la bocca, ma chi sorride è anche il cuore. È forse da questa simbiosi che nasce il legame organico che fa sì che un sorriso sano infine fa bene al cuore, alla sua salute, alla sua funzione. E dunque curiamo il nostro sorriso perché tutto di noi sia armonia psichica e funzionale». E aggiungono: «Forse noi, noi del Chirone, malati di denti, viviamo tutto in funzione della bocca, ma non è un caso che nella millenaria visione del Tao la bocca materializza l’incontro del cielo e della terra ed esprime l’unione delle polarità, l’ingranarsi dei denti simbolizza la risoluzione della nostra dualità. La bocca è per il Tao costruita a immagine del mondo intorno a noi». Questo del Chirone sarà ancora una volta un viaggio appassionante, un viaggio breve ma inteso, nella profondità del sorriso per giungere al cuore. Paolo Pegoraro PER INFORMAZIONI E ISCRIZIONI www.accademiailchirone.it [email protected] PATTY PRAVO PARLA DI CUORE PER IL CHIRONE Il Chirone ha saputo, in questi cinque anni, coniugare odontoiatria e medicina, odontoiatria e cultura ma anche spettacolo: ospiti dell’Accademia sono stati, nel corso delle passate edizioni, personaggi del calibro di Pippo Baudo, Carlo Verdone e, quest’anno, il Chirone del cuore porta il segno di Patty Pravo. Non soltanto icona pop per molte generazioni, Patty Pravo è qualcosa di più. Ha cantato la musica e le parole di autori e poeti come Jacques Brel e Vinicius de Moraes, solo per dirne due dei più grandi. Ha interpretato in modo intenso e ironico a un tempo, con voce espressionista e teatrale, coinvolgente e coinvolta, alcuni dei pezzi più belli degli ultimi cent’anni di musica. Ascoltarla è sempre un’emozione che porta dritta al cuore, prima che alla mente, e spesso è il nostro cuore che si fa vivo in petto, mentre la ascoltiamo, a ricordarci che proprio per questo gli antichi credevano che quest’organo fosse al centro delle emozioni e sede dell’anima. Patty Pravo per metafora parlerà di cuore, di sentimenti espressi o rinchiusi, di parole dette con la bocca, sussurrate con le labbra, trattenute con i denti, morsicate per rabbia o per amore. 51 << << Pianificazione e chirurgia computer assistita Ripartirà in giugno il corso avanzato di Nobel Biocare sulla pianificazione e chirurgia computer assistita, un percorso formativo che si rivolge ai clinici interessati ad approfondire la conoscenza del flusso di lavoro e dell’uso del software di pianificazione per la gestione dei pazienti mediante chirurgia guidata. Dalle nozioni fondamentali, fino alle diverse applicazioni specifiche per ogni tipo di trattamento che rientri nelle sue indicazioni, la chirurgia guidata sarà illustrata e approfondita con un approccio pratico e finalizzato a portare i partecipanti a un livello di conoscenza di questa metodologia che ne permetta un utilizzo caratterizzato da sicurezza e predicibilità dei risultati. Nell’ultimo incontro è anche prevista una sessione di chirurgia dal vivo. Strutturato in quattro incontri, il corso si avvale di relatori di grande esperienza come i dottori Massimo Buda, Tommaso Cantoni, Giovanni Polizzi, Luc Vrielinck, il professor Alessandro Pozzi e il professor Gino Ghigi, radiologo. Il primo incontro del 15 giugno sarà tenuto dal dottor Massimo Buda, che descriverà in modo sistematico l’applicazione della procedura di pianificazione computer assistita e chirurgia guidata nell’attività clinica quotidiana, dalla prima visita alla consegna della protesi, e dal professor Ghigi, che illustrerà le peculiarità della radiologia 3D e darà importanti informazioni sulla corretta interpretazione e valutazione delle immagini acquisite. Sempre più supportata da evidenze cliniche e scientifiche, la chirurgia computer assistita sta incontrando il favore di un numero crescente di odontoiatri che iniziano a scoprirne i vantaggi e la utilizzano nei loro studi. Per informazioni Nobel Biocare Italiana Anna Simonelli - Tel. 039.6836271 www.nobelbiocare.com (sezione Training&Education) Ortodonzia nell'adulto I nuovi aspetti del trattamento ortodontico dell'adulto saranno il tema di un interessante congresso in calendario per venerdì 15 e sabato 16 giugno a Roma. L'argomento, di grande attualità clinica, trova in questo congresso una trattazione completa ed esauriente, grazie anche alla partecipazione di tre relatori provenienti dall'estero: William R. Proffit, Serge Dibart e Elif I. Keser porteran> Serge Dibart no la discussione a muoversi su uno scenario internazionale. «Il trattamento ortodontico maggiore è diventato una parte importante della terapia degli adulti negli ultimi 20 anni» spiega il dottor Luigi Montesani, coordinatore del congresso. Secondo l'esperto il motivo non è solo estetico. Infatti per molti adulti le cure parodontali e ricostruttive possono essere eseguite in maniera più semplice ed efficace quando l'ortodonzia entra a far parte del piano di trattamento complessivo. «Numerosi nuovi aspetti dell'ortodonzia nell'adulto verranno presi in considerazione in questo congresso – ci ha detto Montesani, chirurgo presso la Tufts University di Boston e libero professionista a Roma –: indicazioni, limiti e alternative terapeutiche; integrazione tra il trattamento ortodontico, parodontale e ricostruttivo; per l'estetica, ortodonzia linguale e invisalign a confronto; gli effetti farmacologici sul movimento dentale; tecniche chirurgiche e non chirurgiche per accelerare il movimento dentale e nel trattamento di gravi problemi dento-facciali; ancoraggio scheletrico e chirurgia ortognatica a confronto». Per informazioni B2B Consulting Tel. 06.6675247/135 - Fax 06.61709413 [email protected] www.infob2bconsultingsrl.com EDUCATION & MEETING NEWS IX congresso Sinet Il congresso della Società italiana di terapia non estrattiva (Sinet) si terrà quest’anno nelle giornate di venerdì 1 e sabato 2 giugno a Napoli e si muoverà attorno al tema della “Riabilitazione ortodontica e implantoprotesica nel paziente parodontopatico”. «Sono lieto di presentare questo congresso Sinet i cui contenuti ancora una volta rispettano i principi informativi di questa società: scegliere argomenti controversi, non sufficientemente trattati in letteratura, o argomenti che coinvolgono più discipline quando non è molto articolato o chiaro il ruolo che ciascuno di essi riveste per il risultato finale» ci ha detto il professor Adolfo Ferro, presidente della società scientifica. Questo congresso coinvolge paradontologi, protesisti, implantologi e ortodontisti, tutti interessati alla riabilitazione occlusale del paradontopatico con l’obiettivo di definire al meglio i ruoli finalizzati al miglior risultato. Il susseguirsi delle relazioni metterà in luce lo stretto rapporto che esiste tra parodontologia e ortodonzia, analizzando le specificità dei trattamenti combinati in numerose situazioni cliniche. Il presidente Sinet Adolfo Ferro insieme alla dottoressa Valeria Assumma, consigliere della società scientifica, e alla dottoressa Angela Monsurrò, tesoriere > I relatori saranno: Birte Melsen, Giovanni Pini Prato, Roberto Abundo, Giulio Alessandri Bonetti, Marino Musilli, Guerino Paolantoni, Gianpietro Farronato, Sergio Matarasso, Carlo Cafiero e Alberto Laino. Per informazioni Media Congress Dott.ssa Giusy Scurini Tel. 081.7616181 - Fax 081.682286 www.mediacongress.it - [email protected] Continuing Education Aie L'Accademia italiana di endodonzia (Aie) ha definito il programma Continuing Education per il 2012, un piano didattico che in tre incontri tra giugno e settembre fornirà ai partecipanti gli strumenti teorici e operativi per la pratica quotidiana dell'endodonzia. Giunto ormai alla sua quarta edizione, questo progetto formativo è molto apprezzato dai partecipanti per il taglio pratico e interattivo degli incontri tenuti dai soci attivi Aie. Per ogni incontro, infatti, sono previste più sessioni tematiche, con parti teoriche ed esercitazioni pratiche. Sede dei corsi sarà il centro convegni dell'azienda Dental Trey a Fiumana di Predappio (FC). Nel primo incontro (28-30 giugno) si parlerà di aspetti biologici, diagnosi e piano di trattamento, anatomia, radiologia, isolamento del campo, apertura della camera pulpare, lunghezza di lavoro e principi di preparazione canalare. Nel secondo incontro (20-21 luglio) verranno affrontati l'utilizzo degli strumenti manuali e la sagomatura con strumenti rotanti in Ni-Ti, nonché l’adesione dentinale nel dente trattato. Nel terzo e ultimo incontro (20-22 settembre) si passeranno in rassegna i principi fondamentali e le tecniche di otturazione del si- OSTEOLOGY RIMINI 2012 Si è tenuto a Rimini lo scorso aprile il Simposio nazionale patrocinato dalla Osteology Foundation, evento scientifico che ha esplorato il tema della rigenerazione tissutale nei casi semplici e complessi, evidenziando come sia sempre più indispensabile adottare un approccio interdisciplinare. La prima giornata congressuale è stata dedicata ai corsi teorici sulla terapia parodontale e implantare: di carattere clinicopratico, queste relazioni hanno sottolineato la centralità della fase diagnostica, elemento indispensabile per la predicibilità del successo clinico. In sessioni parallele, si è parlato di chirurgia plastica parodontale, di chirurgia rigenerativa avanzata, di rigenerazione ossea guidata e di rigenerazione mediante innesti a blocco. L’attenzione si è poi focalizzata sulle procedure bilaminari per la copertura radicolare e il trattamento delle perimplantiti. Da tutti gli interventi è emerso come fin dall’inizio del trattamento sia necessario concentrarsi su tutti quei fattori – soprattutto quelli di natura iatrogena – che potrebbero in futuro favorire l’insorgenza di una perimplantite. La giornata centrale di venerdì è stata inaugurata dalla sessione plenaria. Dopo la presentazione da parte dei chairmen Pierpaolo Cortellini, Mauro Merli e Massimo Simion, la parola è passata al senatore Ignazio Marino, anch’egli medico e presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale. «Qualunque sia la tecnologia diagnostica e chirurgica, il colloquio con il paziente deve sempre rivestire un ruolo fondamentale e imprescindibile in tutto l’iter terapeutico» ha sottolineato Marino. I lavori congressuali sono continuati con l’esame dei diversi aspetti biologici che vengono chiamati in causa nella rigenerazione orale. Momento centrale di questa sessione è stata la proiezione di video chirurgici in 3D che hanno mostrato l’applicazione clinica di quanto espresso nelle relazioni. stema canalare, per poi concentrarsi sui ritrattamenti, sull'endodonzia chirurgica e sui restauri diretti e indiretti del dente trattato. Per informazioni Segreteria Aie - Dr. Alberto Pellegatta Tel. e fax 0331.686222 [email protected] www.accademiaitalianaendodonzia.it Nel pomeriggio, le sessioni parallele hanno permesso ai partecipanti di approfondire l’importanza dell’approccio multidisciplinare nel piano di trattamento di pazienti con problemi dento-parodontali e con grave compromissione parodontale. A latere, si è tenuto il Forum sulle cellule staminali. Si è parlato di stato della ricerca, prospettive offerte dalla medicina rigenerativa, classificazione giuridica e regole d’utilizzo delle cellule staminali in chirurgia orale. La sessione conclusiva di sabato si è contraddistinta per il suo carattere interattivo. Le opzioni terapeutiche di due casi clinici, presentati in sessione plenaria il venerdì, sono state discusse sulla base delle risposte pervenute dal pubblico con il televoto. A un panel di esperti è stato affidato il compito di commentare le preferenze della platea, presentando il proprio personale approccio clinico. La prossima edizione internazionale del Simposio Osteology si terrà a Montecarlo, dal 2 al 4 maggio 2013 e celebrerà i primi dieci anni di attività della Fondazione. Per informazioni: www.osteology-monaco.org > I tre chairmen del Simposio Osteology. Da sinistra Mauro Merli, Pierpaolo Cortellini e Massimo Simion << << EDUCATION & MEETING NEWS 52 Congresso nazionale Sidoc Il 16° congresso nazionale della Società italiana di odontoiatria conservativa (Sidoc) - 4° Roma Winter Meeting si terrà nella capitale da giovedì 31 maggio a sabato 2 giugno presso l’Hotel Mercure Eur Roma West e sarà presieduto dal professor Livio Gallottini. Inizialmente previsto (come ogni anno) nel mese di febbraio, il congresso era stato rinviato per le avverse condizioni me> Vincenzo Campanella teo, con la neve che aveva paralizzato la città di Roma. Il congresso sarà come sempre un'importante occasione di aggiornamento e di confronto su temi di conservativa ed endodonzia sia nell’adulto che nei pazienti pediatrici. Nella giornata di giovedì sono previsti tre corsi precongressuali che consentiranno l’approfondimento di tematiche riguardanti la protesi adesiva, l’endodonzia e il trattamento dei denti gravemente compromessi. «Il programma e i contenuti scientifici saranno di grande interesse e come ogni anno verrà dato grande risalto ai temi della conservativa e dell'endodonzia associati ad aggiornamenti su temi di competenza dei colleghi di altre discipline odontoiatriche, che con noi giornalmente condividono la gestione dei piani di trattamento multidisciplinari» spiega il professor Vincenzo Campanella, segretario e tesoriere Sidoc. Il programma nella sala principale consentirà l’aggiornamento su tematiche inerenti la conservativa, la protesi adesiva, lo stato dell’arte sulla strumentazione endodontica. È previsto anche un aggiornamento sulla conservativa pedodontica a cura della Società italiana di odontoiatria infantile (Sioi) e sessioni rivolte agli odontoveterinari, agli igienisti e agli assistenti alla poltrona. «I temi di conservativa pedodontica saranno trattati da illustri relatori che esporranno le più moderne tecniche di risoluzione estetica e funzionale in conservativa in età pediatrica» ci ha spiegato il professor Giuseppe Marzo, presidente Sioi. I soci della società scientifica potranno partecipare gratuitamente al congresso Sidoc. «È prevista un'ampia partecipazione poichè la Sioi ha superato oramai gli 800 iscritti, testimoniando il grande interesse che questa disciplina sta destando» ha sottolineato il professor Marzo. Questa edizione del congresso Sidoc rivolge particolare attenzione ai giovani. Novità di quest’anno è la sessione riservata ai soci attivi che si affianca alla tradizionale sessione di ricerca del premio Memorial Tiziano Baccetti Domingo Martin Salvador > > Efisio Defraia L’Università di Firenze con la collaborazione dell’azienda Leone ha organizzato per la giornata di venerdì 8 giugno un incontro di aggiornamento professionale in ortodonzia. Una giornata dedicata a Tiziano Baccetti, specialista e ricercatore in ortodonzia di fama internazionale, scomparso tragicamente lo scorso anno. L’intero ricavato sarà devoluto all'Unità operativa di ortognatodonzia dell'università fiorentina, dove Baccetti svolgeva la sua attività di docente, per la creazione di borse di studio per i giovani collaboratori. «Questa giornata-evento è stata organizzata dalla Scuola di Firenze per ricordare il nostro amico Tiziano attraverso una manifestazione della quale anche lui sarebbe stato entusiasta – spiega il professor Efisio Defraia -. In tema di amicizia anche il relatore scelto per questo primo incontro è legato a noi da vincoli di stima e collaborazione. Per onorare al meglio la memoria di un grande ricercatore e speaker come Tiziano non potevamo che avvalerci di un relatore qualitativamente alla sua altezza. Pertanto la scelta non poteva che ricadere su Domingo Martin, il quale ha aderito alla nostra proposta con entusiasmo e immediatezza». Domingo Martin Salvador, direttore del Centro RothWilliams per l’occlusione funzionale affronterà prima di tutto il tema dell’importanza della funzione nella diagnosi e nel piano di trattamento, per poi riprendere il tema delle estrazioni in ortodonzia, viste non come un argomento del passato ma come una pratica ancora attualissima. E prima della discussione finale si parlerà di ortodonzia pre-chirurgica precoce, qualcosa a cui pensare «prima di iniziare a intraprendere “l’impossibile”». Lorenzo Franchi, Veronica Giuntini e Andrea Vangelisti cureranno la traduzione simultanea. Per informazioni Segreteria Iso - Istituto Studi Odontoiatrici Tel. 055.304458 - Fax 055.304455 - [email protected] "Pietro De Fazio", giunto alla sua decima edizione, e al II concorso di modellazione dentale per studenti del quarto e quinto anno di odontoiatria. La mostra merceologica sarà disposta in uno spazio espositivo che ospiterà, oltre alle ditte del settore dentale, anche ricercate aziende del settore alimentare che presenteranno i loro prodotti dando la possibilità ai congressisti di degustare prelibatezze culinarie nelle pause dei lavori congressuali. Al termine dei lavori del venerdì, nello spazio espositivo, si terrà l’Happy Hour Sidoc, che consentirà ai partecipanti di proseguire la discussione sui temi congressuali in un clima conviviale e informale. «Augurandovi una proficua partecipazione al congresso voglio infine ringraziare il consiglio direttivo e tutti coloro il cui lavoro ha consentito la realizzazione di questa importante manifestazione» ha concluso Vincenzo Campanella, rinnovando ai colleghi l'invito a partecipare all'evento romano. Per informazioni [email protected] www.romawintermeeting.com www.sidoc.it Riabilitazione protesica fissa metal-free L'Università di Ferrara in collaborazione con Aio e Andi ha organizzato per venerdì 29 giugno un corso teorico (gratuito per gli studenti) sulla riabilitazione protesica fissa metal-free. Dalle 9 alle 16.30, presso l'Hotel San Girolamo dei Gesuati di Ferrara, i relatori presenteranno lo stato dell’arte dei materiali metal free, estrinsecandone caratteristiche e differenze nella scienza dei materiali, per capire quali accorgimenti è necessario prendere nella pratica quotidiana per ottenere un risultato affidabile. Sul palco si alterneranno i dottori Giulio Franceschetti, Federica Manta, Nicola Mobilio e il professor Santo Catapano. L’utilizzo di restauri protesici fissi metal free è notevolmente aumentato negli ultimi anni e l’avvento di nuovi materiali ceramici e le crescenti aspettative estetiche dei pazienti spingono gli odontoiatri a modificare la pratica clinica tradizionale. E se i restauri metallo-ceramici sono ancora considerati il gold standard nella riabilitazione protesica fissa, le ceramiche integrali trovano sempre nuove indicazioni. Diventa quindi necessario conoscere le caratteristiche fisiche, meccaniche e ottiche dei nuovi materiali, e quali modifiche delle procedure cliniche sono richieste, dalla preparazione dentale alla cementazione. Per informazioni Aio Ferrara Tel. 0532.205528 - Fax 0532.245794 [email protected] - www.odontoiatriestensi.it Congresso nazionale Coci "Fuori dai denti, tutto ciò che nei congressi non si dice" è l'affascinante titolo del congresso nazionale della Confederazione odontostomatologica culturale italiana (Coci), organizzato insieme all'Accademia di sotto, che si terrà venerdì 26 e sabato 27 ottobre a Milano presso lo Sheraton Hotel Malpensa. L'intero congresso è a partecipazione gratuita. L'organizzazione del congresso annuale Coci è affidata ogni anno a un esponente di una delle sigle che compongono la Confederazione. Quest'anno l'incarico è stato affidato al dottor Marco Gnalducci, vertice dell’Accademia di sotto di Milano. «Molti anni fa - racconta Gnalducci -, nell’altro secolo, un gruppo di amici dentisti fondò un’associazione culturale odontoiatrica a Milano che come fine si era prefissa di aggiornare professionalmente e di divulgare e informare tutti gli operatori nel settore dentale: medici, odontotecnici, assistenti, aziende ecc. Il successo fu grande. Tanto grande che l’iniziativa milanese si diffuse sul territorio nazionale. Videro la luce tante associazioni locali, tutte mosse dai medesimi intenti, molto radicate sul territorio, che presero il nome di Cenacoli. A tutt’oggi molto sentita, è la volontà del libero professionista di aggiornarsi, confrontarsi, proporsi e mettersi in gioco. Per questo, ancora attivi sul territorio, resistono alcuni Cenacoli che non hanno mai smesso di perseverare i loro intenti, ma addirittura sono stati “fari illuminanti” per altre associazioni nate ultimamente. La loro diffusione a livello regionale continua a fare informazione e aggiornamento. L’attuale proposito di queste piccole realtà ”casalinghe” è quello però di riunirsi annualmente sotto un’unica grande sigla, mantenendo inalterata la propria indipendenza locale. Il Coci è l’attuale punto di ritrovo. Il laser: dalla ricerca alla clinica > Marco Gnalducci Associazione senza fine di lucro e dallo statuto snello, ha come unico scopo quello di riunire tutte queste sigle in un congresso nazionale». Gli argomenti trattati al congresso saranno moltiplici, ma con particolare focus su implantologia e chirurgia orale. Il sabato è stata anche organizzata una sessione interamente dedicata al team dello studio, igienisti dentali e assistenti su tutti. Infine il venerdì sera, ancora in fase di organizzazione, l'immancabile cena sociale, ma con una certezza: uno degli sponsor del congresso, l'azienda Esacrom, offrirà in omaggio a uno dei partecipanti estratto a sorte un dispositivo Surgisconic. Per informazioni Medical Service Tel. e Fax 031.990453 [email protected] www accademiadisotto.it A Parma il 15 e 16 giugno presso l’Aula magna dell’Università Centrale si terrà la settima edizione del congresso nazionale della Società italiana laser in odontostomatologia (Silo), evento che tratterà sia le novità della ricerca su questa tecnologia sia le sue applicazioni nella pratica clinica. In particolare si parlerà del ruolo del laser nella chirurgia parodontale e implantare, nella pedodonzia, nell’estetica orale e del volto e dell’effetto biomodulante dei laser a bassa energia. In realtà però la didattica inizierà già il 14 giugno, quando si apriranno i lavori del corso precongressuale in cui «si confronteranno i risultati clinici e istologici delle diverse lunghezza d’onda laser, del bisturi a risonanza quantica molecolare e degli strumenti piezoelettrici nell’approccio chirurgico mininvasivo alle strutture mucose del cavo orale e alle ossa mascellari» come ci ha spiegato Paolo Vescovi, presidente del congresso. «Il nostro progetto è stato quello di aprire e ampliare il dibattito intorno a questa tecnologia che riteniamo indispensabile nella moderna pratica odontoiatrica e chirurgica raccogliendo il contributo dell’esperienza maturata in questo campo dai singoli professionisti o dalle scuole universitarie e ospedaliere» ha dichiarato Vescovi. Per informazioni Per informazioni MV Congressi Tel. 0521.290191 - [email protected] - www.silolaser.it << << EDUCATION & MEETING NEWS The ultimate endo-restorative dentistry La settima edizione del congresso nazionale “The ultimate endo-restorative dentistry”, organizzato dall'azienda Sweden & Martina, si terrà da giovedì 14 a sabato 16 giugno ad Abano Terme (Padova) preso il Teatro Congressi Pietro d’Abano. Il congresso, che tra l'altro celebra i quarant'anni di attività dell'azienda, è un appuntamento biennale ormai fisso per il mondo dell’endodonzia e della conservativa. Dopo il corso precongressuale su preparazione, otturazione e restauro preprotesico, tenuto dal professor Vinio Malagnino, dal dottor Sandro Marcoli e dal dottor Marco Veneziani, prenderà il via il programma delle relazioni scientifiche, che vedrà coinvolti medici chirurghi e odontoiatri, igienisti e assistenti. Saranno effettuati confronti e considerazioni sulla rotazione continua e il movimento reciprocante per gli strumenti canalari; si parlerà di sagomatura del canale con diverse metodiche; sarà approfondita la gestione del terzo apicale, con relazioni dedicate proprio alla preparazione degli ultimi millimetri del canale radicolare. Seguiranno sezioni specifiche su restauri diretti e indiretti degli elementi anteriori, restauri diretti dei posteriori, restauri adesivi e nuove tecnologie di adesione, ricostruzioni preprotesiche, ritrattamenti. Oltre ai relatori già citati, si alterneranno sul palco Mario Allegri, Stefano Bottacchiari, Lorenzo Breschi, Marco Calabrese, Michele D’Amelio, Guido Fichera, Fabio Gorni, Francesco Mangani, Paolo Mareschi, Adamo Monari e Carlo Tocchio. Chiuderà l’intenso programma scientifico la relazione del dottor Gianfranco Vignoletti, dall’interessante titolo provocatorio: “Il trattamento endodontico e il trattamento implantare: in competizione o alleati?” Quasi una domanda aperta per introdurre il XII Premium Day, altra manifestazione scientifica organizzata da Sweden & Martina e in programma nel giugno 2013. Le sessioni per igienisti e assistenti In parallelo al programma scientifico per gli odontoiatri ci sarà una sessione dedicata agli igienisti dentali sul tema della tecnologia al servizio della prevenzione, che si svilupperà per tutta la giornata del venerdì. Lo stesso giorno gli assistenti di studio saranno impegnati su un approfondimento del management dello studio odontoiatrico. Per informazioni Sweden & Martina SpA - Rossella Tosello [email protected] Tel. 049.9124300 - Fax 049.9124290 54 Summer School del Centro di collaborazione Oms di Milano “La salute orale e la qualità di vita nell’età avanzata” è il tema della settima edizione del corso settimanale della Summer School Oms-Who, che si terrà dal 9 al 13 luglio ad Alghero presso il Porto Conte Ricerche. Il corso è organizzato dal Centro di collaborazione dell'Organizzazione mondiale della sanità per l’epidemiologia e l’odontoiatria di comunità di Milano, diretto dalla professoressa Laura Strohmenger. Il suo scopo è da sempre quello di avvicinare professionisti del mondo odontoiatrico a quello della ricerca e della prevenzione; medici, odontoiatri, pediatri e igienisti hanno infatti la possibilità, attraverso lezioni frontali e lavori di gruppo, di sviluppare vere e proprie ricerche nell'ambito dell’odontoiatria comunitaria. Il programma della Summer School 2012 sarà come sempre basato, oltre che su conferenze tenute da relatori dell'Oms, sulla partecipazione attiva e interattiva dei partecipanti che riuniti a gruppi e con la guida di un tutor discuteranno tematiche pratiche e di ricerca di salute pubblica odontostomatologica. Vi potranno partecipare sia odontoiatri che igienisti dentali. Quest’anno l’argomento sarà il rapporto tra la salute orale e la qualità di vita nel paziente in età avanzata. La salute orale contribuisce infatti in maniera preponderante alla salute generale della persona anziana, incidendo sulla qualità di vita e sulla capacità di mantenere le normali attività quotidiane e di relazione: per poter organizzare un programma di prevenzione e cura di buon livello è necessario disporre di dati epidemiologici, curare la formazione di operatori sanitari di assistenza in tutti gli ambienti di cura geriatrici, introdurre strumenti di assessment sia di tipo oggettivo che soggettivo e sviluppare quindi programmi di screening e di assistenza che prevedono la collaborazione interdisciplinare e multi-professionale. È obiettivo della Scuola formare competenze in questo ambito. La metodologia del corso prevede che ciascuna giornata sia animata da un docente dedicato: la rosa didattica è composta dal professor Luigi Tesio, che parlerà di medicina e riabilitazione; dalla dottoressa Viviana Ardizzone, che approfondirà il ruolo dell’igienista e il mantenimento della salute orale; il professor Silvio Abati dedicherà tutto un giorno al tema delle diverse patologie delle mucose orali; infine, in due giorni interamente dedicati ai temi dell’alimentazione, delle abitudini di vita e delle patologie dentali, condurranno i lavori la professoressa Pia Andersson, editor dell’Italian Journal of Dental Hygiene, e il professor Peter Lingström dell’Università di Goteborg. Per informazioni Forum pro srl Tel. 055.2326059 – Fax 055.2024237 [email protected] Corsi regionali Sie La Società italiana di endodonzia (Sie), grazie all'impegno delle sue sezioni regionali, anche per il 2012 ha previsto un ampio programma di eventi su tutto il territorio nazionale. Un anno denso di appunti con la società scientifica, che si concluderà con i lavori del congresso nazionale che quest'anno si terrà dall’8 al 10 novembre a Bologna e avrà per titolo «La nuova stagione dell'endodonzia: certezze e obiettivi». Ecco il programma annuale delle manifestazioni regionali. SLE – Sezione Endodontica Lombarda Il trattamento endodontico: le regole del successo, i motivi degli insuccessi Milano, 16 giugno SEL-SET – Sezione Endodontica Ligure-Toscana Prevedibilità e semplicità: endodonzia del futuro Viareggio, 30 giugno SPE – Sezione Endodontica Piemontese Tavole cliniche in endodonzia Torino, 15 settembre Per informazioni Segreteria Sie Tel. 02.8376799 - Fax 02.89424876 [email protected] - www.endodonzia.it L'impronta della salute orale è sin dai primi giorni di vita David Giarrizzo, amministratore unico della società Sitar happybimbo, sottolinea l'attenzione dell'azienda verso il benessere dei pazienti più piccoli e presenta i prodotti per l'igiene orale studiati appositamente per l'infanzia Dottor Giarrizzo, quali sono le motivazioni dietro la scelta di specializzarsi nel campo della prevenzione della salute orale dalla primissima infanzia? Fin dalla sua nascita la società Sitar happybimbo si concentra nel settore della puericultura leggera con prodotti indicati per il benessere del neonato, per la gravidanza, l’allattamento, con la distribuzione nazionale di marchi di varie aziende, in particolar modo di Mam-Austria, azienda leader nel mondo per l’alta qualità dei suoi prodotti, specializzata da oltre 36 anni per il sano sviluppo della bocca del bambino. Da gennaio 2010 Sitar srl intraprende un nuovo percorso, ovvero una campagna di sensibilizzazione per l’igiene orale sin dalla nascita del bimbo. Da sempre infatti, in Italia, i genitori non hanno cultura e consapevolezza dell’importanza di prendersi cura dei denti decidui ancor prima della loro comparsa. L’interesse dei genitori sorge, purtroppo, solo in caso di carie oppure di modifiche strutturali della bocca (morso aperto), situazioni semplici da individuare dallo stesso genitore. Vista la tenera età, i tempi di correzioni sono a vantaggio dei professionisti, sempre proporzionati al tipo di danno e all’età del bambino. Per far crescere l’opinione pubblica e professionale in modo capillare e costruttivo sull’argomento, lavoriamo con un ampio sostegno dal settore clinico e accademico attraverso collaborazioni con vari specialisti dell’igiene orale, dell’odontoiatria, della pedodonzia e dell'ortodonzia a livello nazionale e internazionale. La nostra filosofia è quella di inserire il sistema educativo per la prevenzione della salute orale nel contesto più idoneo per questa tenera età, ovvero in modo relazionale con i genitori e in modo ludico per i più piccini. C’è una ragione specifica per cui ritiene che i prodotti di Sitar happybimbo siano da preferire rispetto ad altri? La nostra arma vincente è quando l’alta qualità dei prodotti si sposa con la visione sopracitata, ovvero strumenti sicuri ed efficaci che permettono al genitore di rapportarsi in modo ludico, esplorativo e attrattivo. Poniamo un’attenzione particolare a questi nostri concetti per evitare invasioni e traumi emotivi inutili, che portano, secondo noi, a un approccio scorretto e poco invitante. La nostra sfida, oggi, sta nell’offrire prodotti di elevata qualità studiati secondo concetti di medicina funzionale regolatoria per offrire al professionista una pronta risposta alla nuova domanda del mercato. Oggi le neomamme si informano sempre di più grazie a internet, corsi pre-parto, letture e pretendono sempre più nozioni in riferimento alla salute della bocca del bambino, esigendo risposte concrete. Da quando secondo lei bisogna parlare ai genitori della prevenzione della salute e igiene orale dei bambini? Senza dubbio già durante i corsi pre-parto. Per quale motivo? Il progetto della mia azienda denominato “happybimbo”, ovvero tutto ciò che rende felice e quindi in salute un bambino, non può far a meno di insegnare alle mamme quanto sia fondamentale il latte materno e l’alimentazione al seno non solo per l’aspetto qualitativo e relazionale di questo alimento ma anche per lo sviluppo biofunzionale del cavo orale. Fondamentale quindi è sostenere l’allattamento esclusivo al seno fino al sesto mese, laddove sia possibile. Cosa comporta sul piano della struttura della bocca del bambino quando questo non viene allattato al seno? È qui che interveniamo noi. Il concetto storico di puericultura è proprio un ausilio in caso di necessità dove la mamma non può “esserci”. Il senso di “puericultura funzionale” che rappresentiamo con la gamma dei prodotti Mam si distingue da altre gamme in quanto come ausilio rispetta più fedelmente le funzioni dell’organismo. L’esempio è quello del tradizionale biberon, che da sempre modifica l’aspetto meccanico della deglutizione del bimbo intervenendo negativamente, a seconda dei modelli, anche sull’aspetto anatomico-funzionale di tutto il viso del bambino. Mam First Bottle è il primo biberon al mondo che da oltre 10 anni ha cambiato l’opinione dei professionisti in merito alla sua efficacia, in pieno rispetto alla deglutizione fisiologica di questa età, favorendo il sano sviluppo dell’apparato stomatognatico. Quando iniziare quindi un’igiene orale e con quali strumenti? Per trasformare l’igiene orale in un gioco piacevole e divertente sin dal secondo mese di vita è possibile ottenere un ottimo risultato grazie al kit Oral Care Set della linea Mam, composto da due strumenti innovativi e ideali per la prima igiene orale: - uno speciale guantino sicuro e delicato con invito ludico, chiamato Rabbit, studiato e realizzato in morbida microfibra, a forma di coniglietto rosa o azzurro lavabile e riutilizzabile; - Massagging Brush dotato di doppia testina in morbido silicone con quattro superfici diversamente sagomate. Basta un leggero massaggio al termine della poppata o del pasto per dare sollievo alle gengive e pulire, in modo efficace, dal latte materno o adattato, l’interno della bocca eliminando residui di cibo e placca che si formano naturalmente durante il pasto. Grazie alla forma allegra e divertente del guantino e ai suoi vivaci colori, il momento dell’igiene si trasforma in un momento ludico che favorisce la relazione genitore-bambino. > David Giarrizzo E per i più grandicelli cosa proponete? Con i primi dentini si avvia la tecnica dello spazzolamento delicato e qui proponiamo gli spazzolini educativi del Learn to Brush Set di Mam, studiati appositamente per i bambini. Sono gli unici in distribuzione che permettono la presa doppia dello spazzolino genitore-bambino con un apposito anello stopper di sicurezza che limita l’introduzione dello spazzolino come da norme di sicurezza europee. Il consiglio da parte dello specialista e la guida del genitore relativa alla prevenzione della salute e igiene del cavo orale sono indispensabili per la condivisione del momento educativo e per un approccio a un'igiene orale accurata. Per la qualità della testina morbida e delle setole, lascio la parola agli esperti. << << FATTI & PERSONE 56 57 << << DENTAL MARKET I redazionali presentati in queste pagine rapprentano una libera scelta della Redazione di Italian Dental Journal tra i comunicati pervenuti Premium Day, pubblicati gli atti del congresso Sweden & Martina ha pubblicato gli atti del congresso Premium Day del giugno scorso, una manifestazione scientifica che, in risposta all’interesse del panorama implantologico attuale, ha orientato il proprio programma non più solo sulla trattazione del corretto approccio chirurgico, ma soprattutto sull’eccellenza protesica. Secondo gli organizzatori nel programma scientifico si sono distinte alcune relazioni di particolare interesse perché hanno presentato novità di procedure, di tecniche o di prodotto. Ad esempio il dottor Luigi Canullo, esperto di switching platform, ha presentato il concetto di "plasma cleaning" della protesi con apposito reattore. Il dottor Marco Csonka, specializzato in chirurgia orale e implantologia endossea e perfezionato in tecniche chirurgiche implantari avanzate, ha parlato del sistema di provvisorizzazione Simple, una tecnica che condiziona i tessuti molli fin dalle primissime fasi della guarigione, permettendo di ottenere risultati predicibili nei protocolli di carico immediato. I dottori Roberto Abundo e Giuseppe Corrente hanno invece spiegato il concetto di chirurgia plastica parodontale, intesa come massima resa estetica mucogengivale non tanto della mu- cosa alveolare, quanto piuttosto del tessuto cheratinizzato attorno alla protesi e riposizionato con una tecnica particolare da loro definita. Questa tecnica trova applicazione anche come terapia chirurgica di gravi recessioni parodontali. Il concetto di biomimetismo dei materiali da rigenerazione nel trattamento dei difetti parodontali è stato invece magistralmente esposto dal dottor Michele Figliuzzi del dipartimento di parodontologia e scienze orali dell’Università degli Studi "Magna Graecia" di Catanzaro. Merita indubbiamente una menzione speciale l'intervento del dottor Daniele Botticelli, che ha presentato gli esiti dell'intensa attività di ricerca sperimentale condotta negli ultimi anni dal gruppo Ardec, non limitandosi a riassumere i risultati già pubblicati su riviste internazionali ad alto impact factor come Clinical Oral Implant Research, ma dando all'uditorio anche un'ampia visuale dei numerosi work in progress. L'evento è stato anche l'occasione per illustrare i primi casi del professor Ugo Covani con il nuovo impianto Premium Kohno transmucoso (Tg), molto atteso e presentato al pubblico proprio in occasione del congresso. È possibile richiedere l’invio gratuito di una copia del volume "NumeriUno, speciale atti del XI Congresso Premium Day" a [email protected] o telefonando allo 049.9124300; la copia digitale è disponibile sul sito www.sweden-martina.com L'anniversario dell’osteointegrazione A 60 anni dalla scoperta del concetto di osteointegrazione e a 30 dalla conferenza di Toronto che ne sancì la sua validità a livello internazionale, si è tenuto lo scorso marzo a Goteborg il Nobel Biocare Symposium. Più di mille partecipanti hanno seguito i lavori della manifestazione scientifica, evento iniziale di un tour che porterà il Nobel Biocare Symposium a Rimini il 19 e il 20 ottobre. L’appuntamento di Goteborg è destinato a rimanere nella memoria per l’emozione suscitata dall’entrata in scena del professor Per-Ingvar Brånemark in persona. L’ovazione spontanea e commovente della platea ha testimoniato ancora una volta la stima che circonda una personalità così importante, eppure così semplice, quale quella del padre dell’osteointegrazione. «Non dobbiamo condividere solo il successo, ma anche le informazioni» ha sottolineato il professor Brånemark mandando alla comunità scientifica un importante messaggio etico. E in effetti il concetto alla base di tutto il programma In piedi da sinistra: Carlo Gobbo, Giovanni Bindi, Fernando Zarone, Melker Nilsson, Maurizio Ciatti. Seduti da sinistra: Tommaso Cantoni, Per-Ingvar Brånemark, Luca Francetti Terapia fotodinamica Conservativa SISTEMA HELBO VENUS PEARL > scientifico era la consapevolezza che ogni scelta terapeutica non può prescindere da una solida e comprovata evidenza scientifica. Il professor Brånemark ha poi aggiunto che anche la perdita di un solo dente può avere un notevole effetto sulla qualità della vita dei pazienti. Secondo il professore svedese è necessario anche essere cauti nei confronti della moderna tendenza ad affidarsi più alla tecnologia che alla comunicazione con il paziente: «non focalizzatevi solo sul difetto – ha suggerito l'ottantatreenne chirurgo ortopedico –. Chiedete al paziente in cosa consiste il suo problema. Non guardate solo nel computer!». Speciali, non diversi La sindrome di Rubinstein-Taybi ha un’incidenza di 1:125.000 Un’associazione di genitori può avere bisogno di aiuto per un percorso difficile. È il caso di questa sindrome genetica poco nota. La sindrome di Rubistein-Taybi è caratterizzata da anomalie congenite (microcefalia, facies tipica specifica, pollici e alluci larghi e ritardo della crescita postnatale), deficit cognitivo e disturbi comportamentali. La prevalenza alla nascita è 1 su 100.000-125.000. Le caratteristiche facciali, che diventano più marcate con l'età, comprendono le sopracciglie fortemente arcuate, le ciglia lunghe, le rime palpebrali oblique verso il basso, il naso a becco, il palato ogivale e la micrognazia. Sono comuni le cuspidi appuntite degli incisivi permanenti. Altre caratteristiche sono le anomalie degli occhi (ostruzione del dotto naso-lacrimale, glaucoma congenito, difetti di rifrazione), le cardiopatie congenite, l'ipermobilità articolare e le alterazioni dermatologiche (in particolare, la formazione di cheloidi). Le cause sono la microdelezione del cromosoma 16p13.3, le mutazioni della proteina che lega CREB (CBP, 16p13.3) e le mutazioni della proteina che lega E1A (EP300, 22q13). CBP e EP300 presentano un grado elevato di omologia e svolgono un ruolo importante, in quanto sono co-attivatori globali della trascrizione. La patogenesi della sindrome non è nota. La diagnosi si basa sull'esame clinico. In circa il 55% dei pazienti è stata riscontrata un'anomalia molecolare o citogenetica. La presa in carico dei pazienti è per lo più sintomatica. Sono necessari programmi educativi specifici, che si focalizzino fin dalla prima infanzia sullo sviluppo psicomotorio e sulla terapia del linguaggio. L’associazione di volontariato Rubinstein-Taybi (www.rubinsteintaybi.it) persegue soprattutto l’obiettivo di promuovere e divulgare le conoscenze sulla sindrome di Rubinstein-Taybi, supportare le famiglie, finanziare programmi educativi per i riabilitatori (genitori terapisti e insegnanti.) L’associazione si autofinanzia con le quote associative, con raccolte di fondi e con donazioni volontarie. Pensa a una donazione. Basta versare presso Unicredit sul c/c intestato a: Associazione RTS Una vita speciale. IBAN IT44 R 02008 118 11 000101105338 Le infezioni batteriche del cavo orale rappresentano una delle maggiori sfide per l’odontoiatria. In particolare le malattie parodontali sono in forte ascesa e recenti pubblicazioni affermano che queste colpiscono oltre il 60% della popolazione. Contro malattie come la parodontite, la perimplantite, l’endodontite, la carie, la pulpite e le complican- ze da guarigione (per esempio a seguito di interventi chirurgici), oltre ai metodi tradizionali di trattamento, è possibile affidarsi alla terapia fotodinamica antimicrobica. Questa terapia combatte i batteri patogeni, accelera il processo di guarigione delle malattie e lenisce il dolore. La terapia fotodinamica trova inoltre applicazione nell’implantologia post-estrattiva e nella chirurgia ricostruttiva per la decontaminazione dei siti riceventi. La terapia fotodinamica antimicrobica è facilmente attuabile in studio con il sistema Helbo di Bredent Medical. Molti studi e più di 50 pubblicazioni scientifiche confermano l'efficacia di questa terapia, Italian Dental Journal Anno VII - numero 6 - maggio 2012 Mensile di attualità, informazione, cultura Organo Ufficiale Smom onlus - Solidarietà Medico Odontoiatrica nel Mondo Direttore responsabile Paolo Pegoraro [email protected] Redazione Andrea Peren [email protected] Segreteria di redazione e traffico Maria Camillo [email protected] Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 Grafica e impaginazione Marco Redaelli - www.creativastudio.eu Hanno collaborato in questo numero: Paolo Bortolini, Aldo Crespi, Roberto Ferro, Francesco Frova, Susanna Levi, Norberto Maccagno, Luigi Marrari, Monica Oldani, Giampiero Pilat, Andrea Telara, Renato Torlaschi, Elena Varoni PUBBLICITÀ Direttore commerciale Giuseppe Roccucci [email protected] Direttore vendite Stefania Bianchi [email protected] Vendite Manuela Pavan (Agente) [email protected] EDITORE: Griffin srl P.zza Castello 5/E - 22060 Carimate (Co) www.griffineditore.it - www.dentaljournal.it [email protected] - [email protected] Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 Testata volontariamente sottoposta a certificazione di tiratura e diffusione in conformità al REGOLAMENTO CSST Per il periodo 1/1/2011-31/12/2011 Periodicità: mensile Tiratura media: 19.142 Diffusione media: 18.943 Certificato CSST n. 2011-2243 Società di revisione: Refimi TESTATA ASSOCIATA L’Editore dichiara di accettare, senza riserve, il Codice di autodisciplina pubblicitaria. Dichiara altresì di accettare la competenza e le decisioni del Comitato di controllo e del Giurì dell’autodisciplina pubblicitaria, anche in ordine alla loro eventuale pubblicazione. Stampa Roto3 Industria Grafica SpA Via Turbigo 11/b - Castano Primo (MI) Italian Dental Journal, periodico mensile Copyright© Griffin srl Registrazione del Tribunale di Como N. 13/06 del 24.07.2006 Iscrizione nel Registro degli Operatori di Comunicazione con il n. 14370 in data 31.07.2006 Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. In L.27/02/2004 n.46) art 1 comma 1, DCB Milano Taxe Perçue Abbonamento annuale Italia: euro 2.25 - Singolo fascicolo: euro 0.25 Tutti gli articoli pubblicati su Italian Dental Journal sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La pubblicazione o ristampa degli articoli della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. 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Le molecole si diffondono nel biofilm e vengono successivamente attivate dalla luce del laser. Trasferiscono la loro energia all’ossigeno presente a livello locale, producendo in tal modo ossigeno singoletto altamente aggressivo, che in un minuto distrugge il 99% dei batteri presenti nel biofilm. Per informazioni: Bredent srl Tel. 0471.469576 www.helbo.de/it www.bredent.it Venus Pearl è il nuovo composito nanoibrido fotopolimerizabile e radiopaco di Heraeus Kulzer. Indicato per tutti i tipi di restauri adesivi e conservativi, sia nelle regioni anteriori che posteriori, grazie alla sua consistenza plastica e non appicciocosa questo nuovo composito universale si comporta in maniera ottimale durante la fase di applicazione e manipolazione. Queste caratteristiche lo rendono specificamente in- dicato per i lavori che necessitano di una particolare cura nei dettagli. Venus Pearl viene presentato dall'azienda tedesca come il nuovo standard in odontoiatria conservativa. Il basso stress da contrazione combinato all’alta resistenza alla flessione e il suo potenziale nell’adattamento del colore insieme all’ormai comprovata efficacia della tecnica di stratificazione consentono di arri- vare a realizzare restauri altamente estetici e di lunga durata. Il filler composto da particelle ultrafini determina un’ottima lucidabilità del restauro, che perdura nel tempo. Con il più morbido Venus Pearl e il più rigido Venus Diamond – caratterizzati dalla stessa matrice uretanica TCD - Heraeus Kulzer offre due compositi estetici con elevate proprietà meccaniche, che possono essere scelti e utilizzati a seconda delle preferenze personali o delle specifiche indicazioni cliniche. Per informazioni: Heraeus Kulzer srl Tel. 02.210094272 Fax 02.210094288 www.heraeus-dental.it << << DENTAL MARKET Conservativa Apparecchiature CEMENTATION NAVIGATION SYSTEM PROFACE Per la realizzazione di restauri indiretti, nonché per la loro cementazione, è disponibile una varietà di materiali. Spesso però risulta difficile trovare la combinazione ideale per il singolo caso. Cementation Navigation System (Cns) è la nuova applicazione multimediale di Ivoclar Vivadent che aiuta gli odontoiatri ad uscire dal "labirinto" della cementazione. Il Cns guida l’utilizzatore nella scelta del materiale da fissaggio più adatto alla situazione clinica, sia su sostanza dentale naturale che su abutment implantari. Inoltre il software illustra quali opzioni offrono i materiali da fissaggio Ivoclar Vivadent. Animazioni dettagliate illustrano il protocollo operativo, dalla rimozione del restauro provvisorio fino alla successiva fluorizzazione. L’applicazione multimediale contiene più di 200 animazioni step by step oltre a una serie di materiali scarica- Proface di W&H è un sistema di rilevazione della carie: questa sonda luminosa consente una rilevazione visiva diretta della carie nelle cavità aperte. Rispetto ai metodi tradizionali, che offrono solo informazioni indirette sull'entità della dentina infettata dalla carie, Proface permette al dentista una valutazione diretta e immediata dell'area da trattare. Una volta individuata la carie, W&H propone il suo trattamento con il metodo Face (Fluorescense Aided Caries Excavation, ovvero eliminazione della carie supportata da fluorescenza), che consente un'azione selettiva durante l'eliminazione della carie. Ecco il principio su cui si basa: i batteri rilasciano metaboliti bili come le documentazioni scientifiche sui prodotti e i depliant. Nella media gallery sono inoltre comprese documentazioni di casi riguardanti i singoli materiali da fissaggio. Da oggi Cementation Navigation System è disponibile come App gratuita per iPad e iPhone ed è consultabile in lingua inglese sul sito www.cementation-navigation.com Per prenotare e ricevere gratuitamente il Dvd di L'anestetico dentale Pierrel a base di articaina, dopo il lancio negli Usa approda ora in Canada e in Russia Forte della competenza trentennale nell’anestesia dentale, Pierrel, storica officina farmaceutica con sede a Capua (CE), ha avviato da diversi anni la produzione e distribuzione di una linea completa di anestetici locali per l’odontoiatria a base di lidocaina, mepivacaina e articaina che continua a fornire risultati superiori alle attese nel mercato dentale Italiano. Sull’onda degli importanti risultati raggiunti in Italia, gli anestetici dentali Pierrel sono adesso anche disponibili in diversi Paesi del mondo, tra cui gli Stati Uniti. In particolare, la distribuzione nel mercato americano di Orabloc, anestetico Pierrel a base di articaina, avviata lo scorso anno in occasione del congresso della California Dental Association, sta già conseguendo risultati ragguardevoli in quello che è il primo mercato dentale a livello mondiale. «In continuità con l’importantissimo obiettivo già raggiunto di introdurre l’articaina nel mercato Usa, e nell’ambito dell’introduzione dell’articaina Pierrel nei mercati mondiali a più alta crescita, stiamo per lanciare il farmaco anche in Canada e Russia. Il prossimo passo sarà quello di distribuire l’articaina Pierrel anche nei principali Paesi europei, dove la registrazione del farmaco è in dirittura di arrivo» si legge in un comunicato dell’azienda farmaceutica. Il settore dell’anestesia loco-regionale è sempre stato il “core business” per Pierrel, fin dagli anni Sessanta. Una stretta collaborazione scientifica con la multinazionale Astra AB ha consentito a Pierrel di acquisire via via importanti quote del mercato italiano dell’anestesia loco-regionale. Pierrel produce anestetici dentali per Europa, Stati Uniti, Canada, Australia e Medio Oriente anche per conto di importanti società internazionali presenti nel mercato dentale. Oggi l'azienda può contare su due linee produttive indipendenti per la produzione di anestetici dentali in cartucce: la prima, approvata dall’Ema per la produzione di cartucce in asepsi, ha prodotto finora oltre 600 milioni di cartucce per il mercato europeo; la seconda, molto più recente, approvata dall’Ema nel 2008 e dall’Fda nel 2010, produce anestetici destinati anche al mercato statunitense. Per informazioni: Pierrel Pharma - Tel. 0823.626111 [email protected] - www.pierrel.it - www.orabloc.com Cementation Navigation System in lingua italiana è sufficiente compilare il form su www.ivoclarvivadent.it/it/forms /cns-it Per informazioni: Ivoclar Vivadent srl Tel. 051.6113555 Fax 051.6113565 www.ivoclarvivadent.it (porfirine) all'interno della dentina infettata dalla carie. Questi non sono visibili a occhio nudo, ma illuminando le cavità aperte con una luce viola, le porfirine appaiono rosso fluorescente, mentre la sostanza dentale sana appare di colore verde fluorescente. E degli specifici occhiali diagnostici dotati di filtri con caratteri- stiche speciali aumentano l'effetto di fluorescenza. Secondo l’azienda quindi il sistema Proface offre al dentista una maggiore sicurezza ed efficienza nella rilevazione della carie e la riduzione del rischio di recidiva della carie, perché l’operatore è in grado di valutare rapidamente il risultato della rimozione della carie in qualsiasi momento del trattamento. Non trascurabile anche la portata mininvasiva di questo approccio: Proface consente un'asportazione di materiale selettiva e non invasiva, salvaguardando dunque la parte sana del dente del paziente. Per informazioni: W&H www.wh.com Implantologia Chirurgia IMPIANTO FLY I MAGNETIC MALLET L’impianto Fly I è stato studiato per risolvere quei casi limite in cui per scarsità di osso non è possibile procedere con nessuna tecnica implantare. Le condizioni minime per l’utilizzo sono un’altezza dell’osso di almeno 8 mm e una distanza dello spazio interdentale di almeno di 5 mm con una cresta ossea di almeno 2,3 mm. La dimensione dell’impianto è unica e la scelta deve essere fatta esclusivamente nei confronti delle lunghezze: 6.5, 10 o 12 mm. L’impianto Fly I ha delle ca- ratteristiche di funzionamento molto particolari e il progetto meccanico ha tenuto in considerazione il criterio della semplicità d'uso. Il protocollo chirurgico per la preparazione del sito impiantare prevede l’utilizzo di una fresa con diametri 1,6 e 1,8. Eseguito il foro per il sito implantare si prepara l’alloggiamento per le “ali” dell’impianto con l’uso dei due “scalpelli” a grandezza crescente in dotazione, che devono essere usati per battitura con un martelletto. La stessa tecnica è valida in piezochirurgia, utilizzando l’inserto a manina per preparare l’alloggiamento delle ali. Si ringrazia il dottor Elio Vergani per le immagini gentilmente concesse Per informazioni: Ditta Facchini Mauro Tel. 02.87390020 [email protected] www.dittafacchini.org Magnetic Mallet, strumento magneto-dinamico per rialzi ed espansioni ossee, è una novità assoluta nel campo della chirurgia odontoiatria avanzata. Di recentissima realizzazione, questa apparecchiatura è stata ideata e brevettata da Sweden & Martina come alternativa al traumatico uso di osteotomi “martellati” manualmente dal chirurgo durante il rialzo del seno mascellare e l’espansione di cresta ossea: questo strumento risulta infatti molto meno invasivo per il paziente in quanto il minor insulto agli otoliti evita la sindrome parossistica vertiginosa ed è al tempo stesso più preciso e più agevole da utilizzare per il medico. Lo strumento trasmette all’osteotomo, una volta inserito nel manipolo in dotazione, un’onda d’urto che si trasforma in impulsi calibrati e predeterminati nel tempo e nella forza. In particolare la forza applicata risulta tripla rispetto a quella esercitata manualmente con la tecnica tradizionale, in un tempo decisamente inferiore. Ma il dato più im- 58 portante è che la forza esercitata attraverso l’osteotomo montato sul manipolo si esaurisce nel punto di applicazione anziché distribuirsi sulla massa cranio-facciale del paziente, evitando così la temuta sindrome vertiginosa. L’intensità di applicazione diventa inoltre stabile e ripetibile, non più operatoredipendente, consentendo una maggiore precisione e predicibilità del risultato. Magnetic Mallet è indicato per l’espansione sia orizzontale che verticale, per la simultanea compattazione, per l’inserimento degli impianti postestrattivi, per l’estrazione di radici. Il kit base include 10 osteotomi specifici per tutte queste applicazioni, ma sono allo studio numerosi altri accessori per ampliare la gamma di forme e diametri. Proprio perché lo strumento introduce forti elementi di novità nella procedura chirurgica, Sweden & Martina ha organizzato diversi corsi teorico-pratici sull'utilizzo del Magnetic Mallet. Il programma dei corsi è pubblicato su www.sweden-martina.com Per informazioni: Sweden & Martina spa Tel 049.9124300 www.sweden-martina.com