Formazione di base per l`evento dell`anno

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Formazione di base per l`evento dell`anno
ISSN 1970-7428
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Anno VII
Numero 6/2012
Formazione di base
per l’evento dell’anno
Clinica e didattica
Tecnologia nello studio
Il 55° congresso Amici di Brugg a Rimini offre un programma
multidisciplinare in parallelo all’aggiornamento merceologico
Progettazione degli ambienti
Fatti e protagonisti
VIENI A TROVARCI IN FIERA (Amici di Brugg, Rimini, 24-26 maggio)
Padiglione C7 - Stand 188
Mario Iorio, Presidente Amici di Brugg
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PRIMA PAGINA
Rinnovamento e continuità
motore di Amici di Brugg
Mario Iorio, presidente degli Amici di Brugg, racconta le sfide dei suoi tre
anni di presidenza e l’intenso lavoro di rinnovamento che ha coinvolto
tutte le attività dell’Associazione, dalla formazione alla comunicazione
Nel 2008 al consiglio uscente degli Amici di Brugg e l’anno
successivo all’assemblea, Mario Iorio presentava il programma del suo triennio alla presidenza dell’associazione. Da
quelle pagine, emergeva un concetto che aveva la forza di
uno slogan: rinnovamento nella continuità. «Ma voleva essere molto di più – spiega Iorio –. Quelle parole intendevano essere l’obiettivo finale di tutti gli sforzi del triennio che mi attendeva».
Alla vigilia del congresso di Rimini e del passaggio di testimone alla nuova presidenza, Italian Dental Journal ha voluto approfondire le modalità con cui si è realizzato quel programma,
perseguito con l’intento dichiarato di adeguarsi alle esigenze
degli odontoiatri di oggi, ma conservando e anzi rafforzando
i principi distintivi degli Amici di Brugg.
Dottor Iorio, come si è attuato il rinnovamento
dell’Associazione in questi
suoi tre anni di presidenza?
Uno dei modi è stato l’ampliamento del ventaglio delle
offerte formative, oltre al
congresso e ai corsi satellitari:
quando io sono diventato
presidente erano i soli eventi
dell’Associazione.
Le esigenze degli odontoiatri
sono molto diverse non solo
riguardo al tipo di formazione ma anche relativamente
alla tempistica e alla logisitica, elementi che devono essere tenuti in considerazione se
si intende raggiungere il maggior numero possibile di
odontoiatri.
Ho dunque voluto rafforzare
gli eventi locali ed estenderli
sul territorio. Soprattutto al
centro-sud c’è una forte richiesta in questo senso.
Come mai il congresso biennale di Palermo non verrà ripetuto?
Le esigenze sono un po’ mutate. Piuttosto che avere tanti argomenti trattati da diversi relatori abbiamo puntato ora,
sempre in collaborazione con
l’Andi locale e con il dottor
Angelo Melilli, a un corso monotematico in endodonzia,
che verrà tenuto l’anno prossimo a febbraio, proprio il giorno di Santa Apollonia, la santa
protettrice dei dentisti.
Il sud chiede una maggiore
attenzione, ma oggi organizzare tanti eventi di diverso genere e in sedi situate in diverse parti d’Italia è complesso.
Quali cambiamenti hanno
toccato gli aspetti organizzativi?
In altri tempi c’era forse un
maggior bisogno di accentrare. Io ho cercato invece di dare la massima autonomia a
tutti i responsabili delle diverse attività, pur mantenendo il ruolo di coordinamento
da parte del consiglio direttivo, all’interno del quale il lavoro è stato suddiviso tra i
vari membri. Devo dire che
io stesso sono stato supervisore di tante iniziative, ma
più che altro per un fatto caratteriale.
Nelle sue dichiarazioni programmatiche si parlava di
coordinamento delle attività
culturali, cosa ci può dire in
proposito?
Le attività culturali devono
avere una logica comune, essere considerate nel loro insieme come una dipendente dall'altra: formazione a distanza,
congresso, convegni, corsi e
Fondazione Castagnola devono promuoversi vicendevolmente. In parte questo processo è stato avviato ma si svilupperà ulteriormente nei prossimi anni.
Tutte queste iniziative sono
nate senza un vero coordinamento e l’intenzione del consiglio direttivo futuro – ne
abbiamo parlato a lungo – è
quella di predisporre un programma di aggiornamento
coordinato in cui ciascun
evento abbia un collegamento preciso con gli altri, in modo da realizzare una maggiore organicità complessiva.
> Il direttivo che ha guidato l'Associazione Amici di Brugg negli ultimi tre anni: da sinistra a destra Renato
Scotti di Uccio (segretario), Mario Iorio (presidente) e Guido Garotti (tesoriere)
Ci può fare un esempio di come può svilupparsi questa sinergia?
Oggi esiste, a cadenza annuale, un corso di alta formazione a cui sono stati collegati i
corsi dedicati. Al termine del
corso di alta formazione in
protesi, molti partecipanti
chiedevano l’approfondimento di determinate tematiche – nel caso specifico la
protesi mobile, argomento
molto richiesto probabilmente perché poco trattato in
università.
Sono così nati i corsi dedicati, di due giorni, limitati a otto-dieci persone al massimo e
con l’ovvia precedenza a chi
ha terminato il corso di alta
formazione: si affronta sia la
parte teorica che pratica di
una specifica tematica; quest’anno ne facciamo tre e abbiamo intenzione di rafforzarli.
Si vuole insomma tornare un
po’ al gruppo che veniva formato ai corsi di Saluzzo, ai
tempi di Carlo De Chiesa: si
trattava di corsi alla poltrona,
in cui l’operatore era anche il
docente e lavorava direttamente sul paziente mostrando in modo pratico il da farsi. Oggi non è possibile fare
esattamente le stesse cose, anche perché le richieste sono
cambiate nel corso degli anni.
Fortunatamente l’odontoiatria si è evoluta, i giovani sono molto preparati e anche
molto esigenti, tuttavia vogliamo in qualche modo recuperare i principi legati a
una formazione che sappia
coniugare nel modo più efficace la teoria e la clinica.
Che tipo di dentisti beneficiano delle vostre iniziative?
Da un’indagine statistica fatta
un paio di anni fa attraverso
questionari, era emerso che il
dentista che partecipava al
congresso di Rimini era piuttosto avanti con gli anni – la
maggior parte era intorno ai
50 anni – e questo ci ha un
po’ sorpreso perché noi pensavamo che ci fosse una tendenza al ribasso dell’età media.
Probabilmente i giovani hanno più interesse a focalizzarsi
su determinate specialità e
preferiscono, pur rimanendo
dentisti generici, svolgere una
parte importante della loro
attività in un campo specifico.
EDITORIALE
Paolo Pegoraro
[email protected]
Il Congresso di Rimini
come antidoto alla crisi
È primavera ed è tempo di Amici di Brugg. L’amata
fiera-congresso dell’odontoiatria italiana rappresenta, come ogni anno, il simbolo stesso del ritorno alla vita dopo un inverno grigio.
E quanto grigio è stato, questo inverno, e quanto
bisogno di pulizia portano con sé i dentisti che in
questa ormai storica gita di famiglia a Rimini – talvolta si sposta l’intero studio, letteralmente – cercano sulle rive del placido Adriatico un momento
di pausa, di riflessione, di studio sereno, di confronto con gli amici di sempre!
Amici di Brugg non tradisce: anzi rinforza la speranza e la voglia di farcela. E ce la faremo, questo
è certo. A costo di cambiamenti anche faticosi, a
costo di momenti duri. Il dentista italiano è pragmatico e trova le soluzioni, è sempre in contatto
con la realtà: utilizza le nuove tecnologie per competere e risparmiare, ha un rapporto molto diretto
e costruttivo con il cittadino-paziente, che oggi è
soggetto e oggetto della metamorfosi sociale, ne
capisce e condivide i bisogni, li sa interpretare e
soddisfare molto meglio di quanto non facciano
rappresentanze sindacali o politiche.
A questo proposito, siamo reduci da rivelazioni
estreme: le lauree tarocche e i diamanti della Lega
rappresentano un punto terminale, d’accordo, ma
quanto a volontà di saccheggio nessuno schieramento si è tirato indietro: forse al momento non ci
si faceva troppo caso, o forse era invalso un inconfessabile impulso a godersela finché durava – ma
intanto durava: si tende fin troppo a sottovalutare
come in quel mondo le soddisfazioni materiali abbiano sostituito le passioni ideologiche e fino a che
punto le comodità del presente abbiano preso il
posto dei sacrifici dell’antica militanza. Il fatto è
che in questi anni lo stile di vita dei partiti si era fatto decisamente più dolce e talvolta incline alla baldoria nella sua accecata provvisorietà.
Mentre scrivo si sta indagando su presunte pesanti truffi ai danni dell’Enpam da parte di chi avrebbe
dovuto gestirlo con sacra oculatezza: mi auguro
che non ci si trovi di nuovo di fronte a furti, perfino
più gravi se si pensa ai sacrifici che i versamenti
contributivi continuano a costare e se si pensa agli
anni della vecchiaia, che anziché sereni diventano
un grigio e sparuto fantasma.
L’aria di Rimini non potrà che far bene:
l’Associazione promuove eventi sobri, mai pacchiani. Non affitta ville d’epoca né allestisce banchetti pantagruelici, agisce in amicizia e buona fede. L’aggiornamento di cui si fruisce al Congresso
è di base ma qualificato, generalista ma aggiornato e puntuale. Pratico, come è richiesto dai tempi.
Quando saremo traghettati al di là della crisi, e
questo presto o tardi certamente avverrà, saremo
in compagnia di persone migliori, di gente che ha
lottato per farcela, di Associazioni nate non per gestir denari ma per facilitare la professione di chi,
aderendovi, cerca supporto e chiede aiuto. Amici
di Brugg sarà tra queste, Rimini scalderà ancora le
nostre primavere e il congresso amichevole scalderà il cuore.
Perché questo, davvero, soltanto questo è davvero
importante. Non il denaro, non il potere, ma soltanto l’amore.
Nel congresso ci siamo in
parte adeguati a questa esigenza; il giovedì facciamo
sempre corsi monotematici,
spesso in tema protesico per
poter avere una sessione comune con gli odontotecnici.
E la diretta satellitare del sabato è centrata su una tematica riguardante una specialità:
quest’anno si parlerà di protesi fissa e in particolare dei
passaggi fondamentali per
realizzarla, in studio e in laboratorio.
La presenza dei giovani sarà
dunque maggiore?
Noi ce lo auguriamo.
Abbiamo iniziato un’operazione di ringiovanimento anche tra i soci effettivi: nella
nostra associazione entrano
per chiamata, vengono indicati da altri soci effettivi e
vengono accettati se rispondono ai requisiti. Sono in nu-
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DENTAL PRESS
mero piuttosto ridotto, ma
quest’anno entrano contemporaneamente undici giovani
under 40: quattro odontotecnici e sette odontoiatri, proprio nell’ottica di un’apertura
alle nuove generazioni.
ressano maggiormente o che
magari gli erano sfuggite. È
anche un mezzo per ottenere
un numero maggiore di crediti Ecm che altrimenti, per
un congresso di tre giorni, sarebbero pochissimi.
Gli Amici di Brugg hanno
sempre mostrato interesse
per la tecnologia. C’è qualche nuova iniziativa in proposito?
Abbiamo sempre creduto nei
nuovi mezzi di comunicazione, facciamo iscrizioni online
da una decina di anni, fin da
vent’anni fa avevamo il collegamento con uno studio attrezzato per mostrare un intervento in diretta.
Dall’anno scorso mettiamo il
congresso su piattaforma virtuale per offrire a coloro che
hanno partecipato la possibilità di rivedere lungo il resto
dell’anno le parti che lo inte-
La tecnologia servirà anche a
raggiungere quei dentisti che
non partecipano ai congressi?
Il dentista medio non frequenta i congressi soprattutto per motivi economici.
Partecipare a un congresso
costa, bisogna chiudere lo
studio e poi spendere per
spostarsi, per l’albergo e il ristorante. Persino i corsi satellitari possono comportare
problemi logistici: iniziano
alle sei di pomeriggio e il
dentista è costretto a staccare
prima. A mio giudizio il motivo per cui non c’è stata l’affluenza prevista e desiderata è
dovuto proprio a questo.
Forse in futuro si raggiungeranno i dentisti direttamente
attraverso Internet. Steve Jobs
ha detto che, nel campo della
comunicazione informatica,
l’unico limite è la fantasia e io
sono pienamente d’accordo.
Tuttavia la formazione odontoiatrica ha esigenze particolari e sta crescendo parallelamente anche l’aggiornamento a piccoli gruppi – nei corsi
di alta formazione il numero
è limitato a 30 persone – perché chi vuole effettivamente
approfondire certe tematiche
e imparare il mestiere, sacrifica più volentieri soldi e tempo quando sa di poter avere
un contatto diretto e interattivo con il docente.
Del resto, agli eventi organizzati dagli Amici di Brugg si
respira un’aria particolare, di
amicizia e familiarità. Da cosa dipende?
Questa caratteristica deriva
dalla storia della nostra associazione, nata da un gruppo
di liberi professionisti che
svolgevano attività di odontoiatria generale, si ritrovavano e scambiavano informazioni davvero in un clima di
amicizia, che si è cercato di
mantenere attraverso molte
iniziative di incontro. Inoltre
la nostra è l’unica associazione non specialistica, abbiamo
tra i soci effettivi i presidenti
di numerose società monospecialistiche, che si ritrovano tutti insieme a Rimini, occasione unica e privilegiata di
incontro e scambio di idee.
Da sempre abbiamo tenuto a
far sentire i nostri associati
come appartenenti a una famiglia, ci piace definire gli
Amici di Brugg una famiglia
culturale. Nelle nostre iniziative c’è sempre stato un rapporto molto diretto tra discente e docente, che non si
limita a parlare dal palco, ma
cerca di calarsi nei problemi
che un professionista affronta
quotidianamente nello studio per aiutarlo a risolverli.
Noi ci impegniamo molto
nella promozione per i soci
ordinari, che hanno varie
agevolazioni, dall’iscrizione
al congresso a una riduzione
del 10% su altre attività di aggiornamento e ci teniamo
che chi viene al congresso si
iscriva come socio dell’associazione.
Oltre a quanto già detto, cos’altro ha caratterizzato il
suo mandato?
Un aspetto a cui ho tenuto
moltissimo nel corso della
mia presidenza è la comunicazione. Abbiamo creato l’ufficio stampa e ampliato i contatti con i media e con il
mondo della comunicazione
in generale. Inoltre abbiamo
rinnovato completamente,
reso più bello e funzionale, il
nostro
sito
Internet
www.amicidibrugg.it.
Come si è sviluppato il rapporto con le aziende che operano nel mercato odontoiatrico?
A Rimini la presenza delle
aziende è stata sempre molto
stimolante e in ogni edizione
c’è una bella risposta da parte
del pubblico. Il nostro rapporto con le aziende è sempre
stato ottimo, anche perché
siamo legati a un partner
merceologico da più di
trent’anni – l’Unidi – con cui
i rapporti sono perfetti.
A mio avviso sarebbe auspicabile una collaborazione più
intensa, e anche di tipo economico, tra industrie e università: in altri Paesi come
Stati Uniti, Germania e
Svizzera questo avviene in
misura maggiore e permette
di fare un tipo di ricerca in
cui l’Italia forse è un po’ carente.
La ricerca che interessa il professionista si svolge in funzione delle applicazioni cliniche
e potrebbe essere stimolata
proprio attraverso un rapporto di collaborazione economica tra aziende e università, aspetto che oggi in Italia
avviene in modo sporadico e
non organico, bensì lasciato
all’iniziativa del singolo.
Dal suo punto di osservazione riesce a intravedere cosa
c’è dietro l’angolo, nell’odontoiatria italiana?
Come professionisti, abbiamo sempre l’obiettivo di ricercare l’eccellenza, ma non
intesa come terapia destinata
a una élite di pochi fortunati.
Io credo che oggi la tecnologia aiuti già molto a dare alla
professione uno standard che
prima era affidato esclusivamente alle doti personali.
Dall’implantologia guidata all’endodonzia con i rilevatori
apicali, solo per fare qualche
esempio, l’odontoiatra medio
può avere un aiuto per elevare
il proprio standard e portare
l’eccellenza alla portata di persone che un tempo non avrebbe potuto permetterselo. In
questo senso voglio guardare
al futuro con fiducia, spero
che dietro l’angolo ci sia
un’ottimizzazione dei risultati
e un’ampia accessibilità economica a questi risultati.
Renato Torlaschi
SAN MARINO: APPUNTAMENTO
RINVIATO AL 2013
Prevista per il 12 febbraio scorso, la quinta edizione
dell’evento “Uno sguardo un sorriso” era stata sospesa per l’eccezionale nevicata che proprio in quel
fine settimana aveva paralizzato mezza Italia. Il
monte Titano è stato ricoperto da tre metri di neve e
le giornate sammarinesi sono state posticipate all'1
e 2 marzo 2013 con lo stesso programma e gli stessi relatori, che hanno già confermato la loro partecipazione.
È questa una conferma della sensibilità e compattezza della “squadra” che Eugenio Buldrini, responsabile
scientifico del convegno, è riuscito a comporre.
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DENTAL PRESS
Università e professione
lavorano a proposte comuni
Percorso formativo e accesso alla professione: i docenti di odontoiatria
e gli esponenti della libera professione mediano per arrivare a una linea
condivisa, che sia in grado di incidere sulle scelte del decisore politico
Se la libera circolazione degli
studenti in tutta Europa è una
conquista che permette a un
ingegnere di studiare in
Germania oppure a un futuro
economista di laurearsi in
Inghilterra, per l’odontoiatria
italiana è un problema perché
l’opportunità è sfruttata prevalentemente per evitare il numero chiuso previsto per l’ingresso in università.
Ma è possibile mettere dei paletti a questa possibilità mantenendo l’assunto europeo che
vuole estrema libertà di circolazione dei lavoratori, ma anche degli studenti, in tutti gli
stati dell’Unione? È questo il
reale tema sul quale si è dibattuto nella tavola rotonda “La
formazione e la professione
odontoiatrica: realtà e prospettive” organizzata durante
il 19° congresso del Collegio
dei docenti di odontoiatria
svoltosi a Torino.
Alla tavola rotonda hanno
partecipato il professor Enrico
Gherlone (presidente eletto
del Collegio dei docenti), la
profesoressa
Antonella
Polimeni (attuale presidente
del Collegio), il professor
Marco Ferrari (presidente della Conferenza dei presidenti
dei corsi di laurea in odontoiatria), il professor Corrado
Paganelli (rappresentante per
l’Italia al Council of European
Chief
Dental
Officers),
Giuseppe Renzo (presidente
Cao), Pieluigi Delogu (presidente Aio), Bartolomeo Griffa
(coordinatore gruppo esteri di
Andi), Francesco Scarparo
(presidente Cic) e Matteo
Piergentili (presidente Aiso).
«Nessuno vuole impedire a chi
studia all’estero di farlo – ha
premesso il moderatore
Enrico Gherlone – ma si vuole
cercare di impedire che si possa andare all’estero per acquistare la laurea».
Però i dati ricordati da alcuni
dei relatori, tra cui il presidente Cao Giuseppe Renzo, sul
numero di studenti che stanno
frequentando i corsi privati
stranieri – principalmente in
Spagna e Romania – preoccupano la professione perché
vanno ad incrinare il già difficile rapporto nato dopo l’istituzione della laurea in odontoiatria tra studenti e dentisti. I
primi sarebbero accusati di
andare a incrementare quella
pletora odontoiatrica che ha
portato il nostro Paese, come
ha evidenziato il presidente
Aio Pierluigi Delogu, ad essere
tra quelli con il peggior rapporto tra numero di pazienti e
dentisti iscritti all’albo.
Anche se poi, come notiamo
dai dati illustrati dal presidente Cao sugli iscritti all’albo degli odontoiatri, dopo oltre 30
anni di istituzione del corso di
laurea in odontoiatria i laureati in medicina sono ancora la
maggioranza degli iscritti all’albo.
Chiedere una programmazione europea dei laureati in
odontoiatria potrebbe essere
una soluzione, come hanno
ipotizzato alcuni dei presenti.
«Soluzione non percorribile»,
ha spiegato il professor
Corrado Paganelli, in quanto
in Europa la programmazione
la si fa sulla base degli indicatori di salute, e da questo punto il dato italiano è assolutamente insufficiente.
Cosa fare allora?
Innanzitutto puntare su di una
sinergia tra tutte le componenti del settore dentale per
fare fronte comune non solo
con proposte concrete, ma anche con azioni che possano
trovare poi un riconoscimento
a livello europeo. «Lavorare in
sinergia per fare sistema» ha
esortato la professoressa
Polimeni aprendo la tavola rotonda.
E proprio in tema di azioni comuni, la proposta dei direttori
dei corsi di laurea in odontoiatria di istituire un “core curriculum”, ovvero un percorso
formativo identico per tutte le
sedi italiane del corso, che garantisca a tutti i futuri neo laureati di aver seguito lo stesso
percorso formativo, può essere
la strada giusta da percorrere.
Una volta uniformata la qualità formativa dei laureati italiani, la soluzione per contrastare la «mercificazione della
formazione», per usare le parole del presidente Cao, potrebbe essere la revisione dell’esame di abilitazione, oggi
una vera e propria formalità.
Un esame che, proprio perché
è abilitante, non deve giudicare la preparazione del futuro
professionista ma la sua capacità di esercitare la professione
in quel momento. Ma non solo, un esame di abilitazione a
cui devono sottoporsi tutti coloro che vogliono esercitare la
professione in Italia, anche se
hanno ottenuto l’abilitazione
in altri Stati comunitari. E per
fare questo, hanno evidenziato
i relatori, si deve cambiare non
solo il modo in cui è strutturato l’attuale istituto ma anche la
composizione delle figure professionali che giudicano i neolaureati.
«Va anche modificato il percorso formativo dei futuri
odontoiatri» ha sottolineato
Bartolomeo Griffa, coordinatore del gruppo esteri di Andi,
ricordando il lavoro formativo
che l’associazione sta portando avanti all’interno di alcuni
atenei italiani. Il dottor Griffa
ha poi ricordato come i vari
gruppi di lavoro europei in cui
è presente Andi sono all’opera
per definire chiaramente non
solo i compiti di tutte le professionalità che compongono
il “dental team”, dentista incluso, ma anche un percorso e
una qualità formativa uniforme in tutti gli Stati
dell’Unione.
Norberto Maccagno
Alcuni dei protagonisti della tavola rotonda “La formazione e la professione odontoiatrica: realtà e prospettive” che si è svolta nell’ambito
del congresso del Collegio dei docenti di odontoiatria.
Da sinistra a destra Francesco Scarparo, Corrado Paganelli,
Bartolomeo Griffa, Marco Ferrari, Enrico Gherlone, Pierluigi Delogu,
Giuseppe Renzo
>
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DENTAL PRESS
L'INAUGURAZIONE DEL COLLEGIO DEI DOCENTI A TORINO
Giovedì 12 aprile, Museo
dell'automobile di Torino,
17 e 15 circa: apre in grande
stile il congresso del
Collegio dei docenti di
odontoiatria, con un'inaugurazione seguitissima e ben
organizzata, conclusa con
un breve concerto di pianoforte e voce solista.
Quando prende la parola il
professor Stefano Carossa,
direttore della clinica odontostomatologica
Dental
School di Torino (con sede
al Lingotto), in sala ci sono
un po' più di 200 persone
tra professori universitari e
studenti. Le parole di
Carossa, che ha organizzato
il congresso scientifico in
qualità di presidente del corso di laurea magistrale in
odontoiatria e protesi dentaria, sono prima di tutto di
ringraziamento. Un “grazie”
rivolto al personale della
Dental School, dai clinici
agli amministrativi, ma soprattutto al professor Giulio
Preti (presente in sala),
ideatore della scuola del
Lingotto, un progetto che ha
voluto fortissimamente e
che è riuscito a realizzare tre
anni e sei mesi fa.
Anche la professoressa
Antonella Polimeni, presidente del Collegio dei docenti di odontoiatria, è molto soddisfatta della sede
scelta per questa edizione
del congresso, che per tema
ha “L’high tech come supporto alla ricerca, alla didattica e alla clinica in odontostomatologia”.
Arrivano da ogni parte gli
elogi per la Dental School,
che si occupa di didattica, ricerca e assistenza (è convenzionata con il Sistema sanitario nazionale tramite
l'Azienda ospedaliero-universitaria San Giovanni
Battista - Molinette di
Torino) e rappresenta un
centro di eccellenza a livello
europeo, anche dal punto di
vista tecnologico e organizzativo. Per il professor Ezio
Ghigo, preside della facoltà
di medicina e chirurgia dell'università di Torino, anche
nell'ambito sanitario è possibile, per non dire necessario, l'«investimento nel bello
oltre che nell'utile». Come
alla Dental School, che vanta
una struttura degna delle
migliori cliniche d'Europa.
Sulla stessa linea il professor
Sergio Roda, prorettore dell'università di Torino, e il
dottor Emilio Iodice, commissario
dell'Aou
San
Giovanni Battista, che ha
confermato l'imminente accorpamento tra le Molinette
e il Cto Maria Adelaide insieme a Regina Margherita e
Sant’Anna. Il “superospedale” coniugherà così ricerca,
clinica e didattica.
A chiudere gli interventi
istituzionali è stato Piero
Fassino, sindaco di Torino,
che ha ricordato i grandi
cambiamenti vissuti dalla
città piemontese dagli anni
Ottanta a oggi: dalla crisi socio-economica (contrazione
delle aree industriali e perdi-
CORSO DI PERFEZIONAMENTO
IN MEDICINA ORALE ALL’UNIVERSITÀ DI MILANO
L'Università di Milano ha organizzato il Corso
di perfezionamento in medicina orale e trattamento odontoiatrico dei soggetti a rischio
medico, che sarà coordinato dal professor
Andrea Sardella, docente di malattie odontostomatologiche. Le lezioni (incontri ogni
due settimane, per 40 ore totali) si terranno
tra ottobre e novembre presso la Clinica
odontoiatrica di via Beldiletto a Milano.
Come spiega Sardella, il corso è rivolto a
odontoiatri e igienisti dentali: «considerati i
temi trattati, l’importanza degli aspetti di diagnosi precoce e corretta e il necessario coinvolgimento di ogni figura sanitaria coinvolta
nei problemi tipici della medicina orale, è stato deciso di aprire il corso agli odontoiatri ma
anche ai medici e agli igienisti dentali».
Abbiamo chiesto al professor Andrea
Sardella di illustrarci gli obiettivi didattici del
corso. «La medicina orale – la disciplina che
si occupa delle patologie delle mucose orali e del trattamento odontoiatrico del paziente che ha problemi di salute generale – si trova costantemente ad affrontare aspetti particolarmente impegnativi, che talvolta sono
anche nuovi. Basti pensare al recente aumento dei casi di carcinoma orale in pazienti giovani, che sta sollevando grande interesse sull’eventuale ruolo del virus del papilloma umano (Hpv), o ancora ai casi di osteo-
>
Andrea Sardella
necrosi dei mascellari correlata non solo agli
ormai ben noti bisfosfonati, ma anche ai nuovi antitumorali come gli anticorpi monoclonali (bevacizumab, denosumab), ai quali si fa
sempre più ricorso in oncologia. O, ancora,
ai nuovi trattamenti anticoagulanti e antiaggreganti (dabigartan o doppia terapia con
aspirina e clopidogrel) che stanno profondamente modificando l’approccio dei soggetti
con fibrillazione atriale o sottoposti a innesto
di stent coronarici». Per il coordinatore del
corso, tutti questi e molti altri temi impongono un costante aggiornamento. Proprio questo è il principale scopo del corso di perfezionamento organizzato per il prossimo autunno.
Come consuetudine per i diversi corsi di
perfezionamento offerti dall’unità di odontostomatologia II (direttore: professor Antonio
Carrassi) dell’Università di Milano, da quello
di riabilitazione nell’edentulo a quello di chirurgia orale, anche il corso coordinato dal
professor Sardella sarà caratterizzato da un
taglio pratico ed efficace. «Ci sarà ampio ricorso a documentazione clinica, che facilita
il riconoscimento delle diverse patologie, e
verranno suggeriti percorsi diagnostici semplici e adeguati a perseguire l’obiettivo del riconoscimento o del sospetto delle principali
malattie» ci ha spiegato Sardella. Analoga
importanza verrà data ai problemi di salute
generale e ai cambiamenti che tali stati impongono alle terapie odontoiatriche routinarie. Fra i docenti del corso, oltre allo stesso
Sardella, ci saranno i professori Antonio
Carrassi e Giovanni Lodi.
Per informazioni: Sig.ra Manuela Ventura
Tel. 02.50319019 – Fax 02.50319041
[email protected]
>
La sala del Museo dell’automobile di Torino che ha ospitato l’inaugurazione del congresso
ta di trecentomila abitanti)
alla rinascita degli ultimi
vent'anni. Oggi Torino è
città universitaria, capitale
finanziaria e propone «una
grande offerta culturale» e
turistica. Per il primo cittadino, Torino è «una città che
ha saputo rinnovarsi».
Il colpo d'occhio della sala
gremita che si vedeva dal palco era qualcosa di speciale. E
forse una partecipazione così
nutrita per l'inaugurazione
non era neppure prevista, come ha dimostrato la folla del
rinfresco che ha seguito la
manifestazione. Il messaggio
è positivo: i professori universitari riconoscono ancora
nel Collegio dei docenti un
organo vivo e capace di rappresentarli e nel suo congresso annuale un momento di
ritrovo importante.
Andrea Peren
UN EVENTO PER CELEBRARE
IL CENTENARIO DELLA CLINICA DI PAVIA
Venerdì 8 e sabato 9 giugno la Clinica
odontoiatrica dell’Università di Pavia celebrerà il suo centenario (1912-2012) con
una due giorni di relazioni scientifiche attorno al tema della bellezza nel viso e nel
sorriso.
«Nel 1912 il professor Coulliaux fondò la
Clinica odontoiatrica dell’Università di
Pavia, la prima in ambito universitario in
Italia» spiega la professoressa Silvana
Rizzo, che ha organizzato i festeggiamenti del centenario insieme ai colleghi Paola
Gandini e Ruggero Rodriguez y Baena.
«Vogliamo innanzitutto festeggiare quanti,
laureati o specializzati presso questa gloriosa istituzione, sono riusciti negli anni a
far conoscere, in Italia e nel mondo, il loro
elevato livello di preparazione odontoiatrica – ci ha detto Silvana Rizzo, direttore
della clinica pavese –. Daremo spazio anche ai colleghi che hanno espresso il loro
talento nei vari campi dell’arte, dello sport
e negli ambiti più svariati. Non dimentichiamo tuttavia la parte scientifica, che
troverà espressione nei lavori congressuali per i quali abbiamo scelto uno dei temi
più sentiti e attuali: la bellezza, non solo
vista con gli occhi dei diversi specialisti
della nostra disciplina ma anche da chi di
bellezza si occupa nell’arte, nel design,
nella pubblicità, nel make up e nella moda». Lo stesso tema congressuale sarà
declinato per gli igienisti dentali nella sessione parallela a loro dedicata.
Le celebrazioni per il centenario della
Clinica odontoiatrica dell’Università di
Pavia si terranno nella mattinata di venerdì
8 giugno e nel primo pomeriggio si apriranno i lavori scientifici con una lectio magistralis di Tiziano Testori dal titolo “Analisi
estetica: punto di partenza per un moder-
no trattamento implantare nei casi complessi”. Prenderà poi la parola Federico
Guida, che parlerà dell’estetica dal punto
di vista dell’artista. L’intervento successivo sarà di Angelo Putignano e sarà focalizzato sull’approccio minimamente invasivo, mentre Enrico Sesenna tratterà le rifiniture estetiche nella chirurgia delle deformità mascellari.
Il giorno dopo si aprirà con un’altra relazione extraclinica: l’estetica vista dal pubblicitario, in un filone di testimonianze che
vedrà poi salire sul palco un designer e
una stilista. Più tardi Roberto Pontoriero
discuterà della pre-visualizzazione del risultato finale in terapia chirurgico-protesica e Arturo Fortini delle dinamiche ortodontiche. A chiudere la giornata saranno
le relazioni di Enrico Gherlone (Armonia
facciale: dal piano di trattamento alla realizzazione protesica) e Umberto Cortinovis
(L’armonia del viso).
Per informazioni: Congress Team Project
Tel. 382.22650 - Fax 382.33822
[email protected]
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DENTAL PRESS
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DENTAL PRESS
Tecnologie in laboratorio
per contrastare la crisi
Odontotecnici: crisi strutturale
prima che economica
I laboratori odontotecnici alla sfida della competitività in un mercato
sempre più selettivo. Calano i dispositivi protesici realizzati con metodi
tradizionali (-20%) e crescono le lavorazioni al Cad-Cam (+16%)
Inseguendo il profilo si trovano ancora, da artigiani, a fare i conti con la
crisi, la probabile estinzione del piccolo laboratorio, la richiesta di qualità e
responsabilità e una normativa che li vincola a regole veccchie di un secolo
Massimo Maculan, classe 1961, dopo 20 anni di vita associativa, dal settembre 2011 è il nuovo presidente dell’Antlo, la
storica associazione dei titolari di laboratorio odontotecnico
nata nel 1983 come prima associazione sindacale di odontotecnici non legata a una confederazione artigiana.
Tra i soggetti che operano nel settore dentale le imprese
odontotecniche sono indubbiamente quelle più in affanno per
via della crisi, ma non solo. Con il presidente Antlo cominciamo la nostra chiacchierata proprio dalla crisi economica, cercando di delineare quale potrà essere il futuro della professione e di capire se la sua sopravvivenza dovrà necessariamente passare attraverso l’istituzione di un nuovo profilo che sostituisca quello definito dal Regio decreto del 1928.
La crisi sta mettendo in difficoltà molte famiglie italiane,
costrette a rinunciare alle ricostruzioni protesiche. Per
questo i laboratori odontotecnici sono in sofferenza?
La crisi la tocchiamo con mano quotidianamente, basta
guardare i negozi del centro. E
la cosa non è localizzata ma
diffusa, non ci sono zone virtuose e zone depresse.
Da tempo sentiamo parlare di
crisi anche nei laboratori
odontotecnici, le cose ultimamente sono ulteriormente
peggiorate. Nel 2009 c'era stata già una riduzione del fatturato del 13,85% e nel'anno
successivo più della metà dei
laboratori ha dichiarato un ulteriore calo di lavoro. Sono anni che si parla di crisi e tutti,
chi più chi meno, l’hanno sentita. I costi del laboratorio sono aumentati, le nostre entrate
sono diminuite e molte realtà
hanno dovuto chiedere prestiti o fidi – magari mai richiesti
prima – salvo poi chiudere o
trovare forme alternative di lavoro.
Ma la colpa è solo della crisi?
Obiettivamente la crisi ha penalizzato molti laboratori, ma
altri hanno saputo affrontare il
momento con serietà e professionalità rafforzata. Sono convinto che per battere la crisi,
soprattutto in questi tempi, oltre a produrre dispositivi "belli e a norma" dobbiamo anche
saperli vendere.
Come odontotecnici, ma principalmente come imprenditori, dobbiamo con più convinzione prendere coscienza e
consapevolezza dell'importanza dell'organizzazione, dello
sviluppo del talento e delle
competenze all'interno dei nostri laboratori. Ci vuole una vi-
sione globale e uno sviluppo
di competenze e relazioni.
Semplicemente un'ottica più
ampia, evoluta e globalizzata.
Però ancora oggi i laboratori
odontotecnici sono piccole
strutture gestite spesso dal solo titolare. Per questo sono
poco competitivi?
Questa è la realtà italiana, ed
effettivamente è questo uno
dei problemi. Infatti sono proprio i laboratori rappresentati
dal solo titolare ad aver perso il
20 per cento del lavoro.
Leggermente meno penalizzati sono quelli con almeno un
dipendente. A contenere i danni sono i laboratori organizzati e meglio strutturati.
Sicuramente le esperienze di
aggregazione tra odontotecnici, come consorzi o semplici
società, pur producendo risultati molto diversi, si sono rivelate un ottimo strumento
competitivo.
Le nuove tecnologie stanno
cambiando il modo di realizzare la protesi: alla spatola si
sta sostituendo il mouse.
Questo è un ulteriore problema o un’opportunità?
L'innovazione è costantemente sotto i nostri occhi, sia
nel bene che nel male, dandoci la possibilità di uno sviluppo produttivo. Chi la crisi la
osserva e rimane immobile
ovviamente rischia moltissimo e a mio parere sbaglia
profondamente l'approccio.
In un momento come questo,
dove diminuiscono i dispositivi protesici prodotti di quasi
il 15%, vediamo un aumento
del 16-20% di quelli realizzati
con le nuove tecnologie CadCam.
Ad oggi risultano vincenti
quei laboratori che hanno saputo investire, valorizzare le
proprie competenze investendo in quelle tecnologie che
modificano e migliorano il
modo di produrre. Sono anche nuovi strumenti per fare
business e creare relazioni e
nuovi approcci con il professionista di riferimento. La nostra attenzione dovrà necessariamente rivolgersi verso l'innovazione, che va intesa come
opportunità e risorsa.
Con le nuove tecnologie arrivano le difficoltà del legislatore di adeguare le norme.
Come sindacato avete contestato il parere del ministero
della Salute che permette agli
odontoiatri di realizzare in
proprio corone con sistemi
Cad-Cam. Perchè?
Cercherò di dare la risposta
più esplicita possibile, anche se
non sarà esaustiva perché la
materia è in evoluzione. Da
odontotecnico “sano”, sicuro
di rappresentare odontotecnici “sani”, non posso che contestare se altre figure professionali intendono produrre ciò
che è il mio unico fine e scopo
lavorativo, ciò che “mi dà il pane” a fine mese.
Capisco, ma non accetto, che
la corona prodotta da un
odontotecnico si debba chiamare “dispositivo medico su
misura” e sottostare a una direttiva europea. È inaccettabile
che la stessa corona, fabbricata
allo stesso modo, con gli stessi
fresatori e materiali, la si possa
chiamare in altri modi se a
fabbricarla e vendere sono altri; che questi siano odontoiatri, da sempre nostri unici
clienti, o aziende metalmeccaniche che fino al giorno prima
fabbricavano valvole o ingranaggi, non importa.
Gli odontotecnici si sono visti
portar via nel tempo già altri
tipi di protesi. Se non vogliamo che questa categoria si
debba “reinventare” in altri lavori, la produzione effettiva
della protesi deve rimanere
una nostra esclusiva, nostra
“proprietà”.
C’è anche il problema dei dentisti che fanno realizzare in
paesi extra Ue le protesi. Un
fenomeno importante o ancora relegato a pochi studi?
Non sono bastate le protesi
francesi al piombo?
Credo che la cosa riguardi solo
una certa fascia di dentisti,
quelli senza troppi scrupoli,
quelli che del paziente e del
giuramento di Ippocrate se ne
fanno un grandissimo baffo.
Quelli costretti a speculare sulla salute altrui per sopravvivere. Dentisti con la “d” minuscola.
Però la normativa vieta al
dentista di utilizzare dispositivi medici su misura realizzati
in paesi extra Ue senza la cer-
IN STUDIO O IN LABORATORIO?
Praticamente da sempre gli odontotecnici chiedono a
gran voce un nuovo profilo professionale che sia adatto ai
tempi. Alla fine però il dibattito si riduce sempre sulla possibilità o meno di lavorare anche all’interno degli studi
odontoiatrici. Ma è questo quello che serve veramente alla categoria? «Questo è quello che troppe volte si è voluto utilizzare come spauracchio per fermare il nostro profilo – risponde Massimo Maculan, presidente Antlo –.
L'odontotecnico non è quello ripreso da Striscia la Notizia.
Noi non vogliamo lavorare in studio. Guadagniamo sicuramente di più se restiamo nei nostri laboratori a lavorare. A
noi odontotecnici piace il lavoro che facciamo».
Maculan ci riporta poi le parole di un suo collega: «io non
voglio lavorare in studio, con gli orari e le paturnie dei pazienti, con i loro sputi e il loro sangue. Io costruisco, creo
un'opera d'arte, un pezzo unico, in sinergia e nel contesto
di ciò che gli sta attorno, mettendoci dentro tutte le mie conoscenze. E lo faccio nel mio laboratorio, ascoltando la
musica che voglio io. Fermandomi, se non sono soddisfatto del risultato. Il mio è un lavoro bellissimo!».
N. M.
>
tificazione di un laboratorio
europeo. Quindi ci sono laboratori conniventi?
Potrebbe essere qualcuno di
quei tecnici costretti a reinventarsi di cui si parlava prima.
Battute a parte, spetta proprio
alle associazioni di categoria e
agli uffici competenti impegnarsi affinché certe connivenze non possano operare.
Esistono paraventi sostenuti
ancora oggi da leggi incomplete. Noi odontotecnici “sani”
siamo indifendibili perchè
mancanti di un profilo e di un
albo professionale che ci tuteli.
Quindi quale potrebbe essere
il profilo che mette d’accordo
dentisti e odontotecnici?
Dovrà essere quello che rispecchia la realtà dei fatti.
Quello che gli odontotecnici
che rispettano le regole vivono
tutti i giorni sulla propria pelle. Una situazione di ibrido
non ha motivo di esistere.
Gli odontotecnici sono appartenenti alle arti sanitarie ausiliarie e naturalmente dovranno rientrare nell’istituzione
degli ordini delle professioni
sanitarie. Lavoriamo seriamente da sempre a fianco degli odontoiatri nostri clienti,
senza pretendere di sforare
verso le altrui competenze.
Basta frequentare corsi e conferenze dei professionisti di altissimo livello, affiancati da
odontotecnici di pari levatura,
per vedere nei fatti come seguono e presentano assieme
casi protesici. Tutti trattati e
discussi nei particolari per il
bene dell'unica persona al
quale tutti ci rivolgiamo: il paziente.
Non bisogna mai dimenticare che il prestatore della terapia medica, anche nel caso in
cui sia necessario il dispositivo medico su misura, è sempre e solo l’odontoiatra. Ma
riconducendo anche l'attività
odontotecnica, propria del
settore sanitario, nella sua essenza alla cura della salute del
singolo.
Mi sembra comunque che con
l’attuale legislazione, che prevede un percorso parlamentare in accordo con le Regioni
per istituire nuove figure in
ambito sanitario, sia molto
difficile vedere approvato, a
breve, un nuovo profilo.
Da decenni le nostre rappre-
Massimo Maculan
sentanze sindacali lavorano
per raggiungere una figura
professionale che aggiorni
quella
dell'odontotecnico.
Troppe volte abbiamo sentito
cantar vittoria per traguardi
“quasi” raggiunti. Salvo poi accorgerci che il “quasi” è sempre
rimasto tale, anzi, a volte l’obiettivo si è allontanato. A volte per colpa addirittura di maldestri “grilli parlanti”.
Bisognerà lavorare su tutti i
fronti. Bisognerà riprendere il
bandolo della matassa là dove
si era perso e accompagnarlo a
destinazione attraverso il percorso tortuoso che la norma
impone, non precludendo per
questo altri nuovi percorsi e
possibilità.
Come associazioni odontotecniche da qualche tempo avete
attivato un tavolo unitario che
vi permette di rivolgervi alle
istituzioni, e non solo, con
un'unica voce. Come giudica
l’esperienza?
È qualcosa che, da tempo, gli
odontotecnici
fortemente
chiedevano.
Il tavolo unitario era partito
già altre volte, ma mai mantenuto con tutte le rappresentanze della categoria. Oggi mi
sembra che questo comitato
possa mantenersi operativo,
anche e soprattutto grazie al
rapporto schietto e sincero dei
componenti, che quotidianamente si interfacciano e si confrontano. Solo costituendo un
fronte comune potremo raggiungere gli obiettivi che inseguiamo.
Questo potrà portare a un’unica rappresentanza odontotecnica?
Stiamo lavorando bene e molto ma, forse, per quanto ipotizza i tempi dovranno ancora
maturare ulteriormente. Io
credo che i vertici associativi
attuali siano, abbastanza,
pronti. Il tutto potrà essere anticipato passando magari dall'istituzione di un "albo professionale digitale libero" che
raccolga tutti gli odontotecnici
italiani, senza appartenenze e
senza sigle collegate. Un elenco
libero che indubbiamente non
avrà alcun valore legale, ma un
enorme peso politico nei confronti degli alternati interlocutori.
Norberto Maccagno
La crisi economica che porta
gli italiani a rinunciare alle cure odontoiatriche più costose,
quindi alla protesica, ha reso
ancora più difficile la vita già
complicata dei laboratori
odontotecnici.
Odontotecnici che dichiarano
di aver ridotto la loro produzione negli ultimi tre anni del
60% (-15% nel 2009, -14% nel
2010, -18,8% nel 2011) secondo i dati rilevati annualmente
dalla società di ricerca KeyStone. Secondo quella del
2011, realizzata tra novembre
e dicembre, la variazione dichiarata dal 70% degli intervistati è pari al -18,8% del volume d’affari, con punte che toccano il 40% (il 16% degli intervistati ha dichiarato questa
riduzione). Da segnalare un
4% del campione che indica di
aver avuto un incremento del
volume di affari e un 25% che
non ha rilevato variazioni rispetto all’anno precedente.
Ad essere meno penalizzati
sono i laboratori più organizzati e quelli che hanno investito in nuove tecnologie come il Cad-Cam, anche se la
loro penetrazione nei laboratori è ancora minima: solo
l’1% dichiara di essere specializzato in queste lavorazioni.
In media vengono realizzati
0,4 elementi a settimana con
queste tecnologie.
Una riduzione della produzione che ha toccato in egual misura tutti le tipologie di protesi: ceramica (-69%), legacomposito (-67%), protesi
mobile (-63%).
Un calo che non si riscontra
dai dati degli studi di settore
resi pubblici ogni anno
dall’Agenzia delle Entrate (gli
ultimi disponibili si riferiscono alle dichiarazioni del 2010,
quindi ai redditi del 2009) dove vi è un costante fatturato
totale annuo: in media
20,4mila euro nel 2005 e
24mila nel 2009. Ma sappiamo
come questo strumento serva
prevalentemente a fare “cassa”
e non sia indice del reale reddito dell’impresa. Poi la crisi
ha cominciato ad incidere pesantemente proprio dal 2009
in poi.
Ma i dati delle Entrate indicano comunque un settore in
sofferenza, visto che dal 2007
al 2009 si sono perse 1.982 imprese odontotecniche: al 31 dicembre 2009 il numero dei laboratori odontotecnici italiani
è di 13.183 unità, che devono
dividersi la richiesta di protesi
dei 40.534 studi odontoiatrici
italiani (fonte Agenzia delle
Entrate, dati riferiti al 2009).
È certamente da questo dato
che si può cominciare a cerca-
IL MINISTRO DELLA SALUTE
SUL PROFILO DEGLI ODONTOTECNICI
Nonostante il profilo degli odontotecnici non sia in agenda
del governo tecnico di Mario Monti, il ministro della Salute
Renato Balduzzi interviene sulla questione sollecitato da
una interrogazione parlamentare firmata dall’onorevole
Marco Rondini (Lega Nord), odontotecnico milanese.
L’interrogazione si soffermava sulla necessità di adottare
delle iniziative normative volte a valorizzare la figura degli
operatori odontotecnici (tuttora disciplinata da una legge
assai datata, recata dal Regio decreto del 1928) e all’istituzione di uno specifico albo professionale.
Prima di entrare nel merito della questione il ministro
Balduzzi ripercorre la storia del profilo dell’odontotecnico
dopo l’approvazione della legge 502 del 1992 (legge che
attribuiva al ministro della Sanità il compito di individuare
nuovi profili sanitari) passando per i vari pareri del Consiglio
superiore di sanità fino ad arrivare alla legge 43/2006, in cui
si definisce che l’iter per l’individuazione di nuove professioni sanitarie «deve avvenire per iniziativa dello Stato o delle
Regioni mediante uno o più accordi presi in sede di
Conferenza Stato-Regioni, recepiti con decreto del
Presidente della Repubblica, previa delibera del Consiglio
dei ministri. L'individuazione è in ogni caso subordinata a un
parere tecnico-scientifico, espresso da apposite commissioni operanti nell'ambito del Consiglio superiore di sanità,
di volta in volta nominate dal ministero della Salute».
re di capire le cause della crisi
dei laboratori odontotecnici
italiani: i laboratori sono probabilmente troppi rispetto alla
domanda di protesi. Certo sarebbe più corretto parametrare il dato sul bisogno di riabilitazioni protesiche degli italiani
e sulla possibilità di realizzarle,
un dato però che non è disponibile.
Ma imputare la contrazione
del mercato odontotecnico alla crisi, al calo della domanda
o all’eccessivo numero di laboratori può essere troppo semplicistico. Sotto esame è il modello organizzativo dei laboratori odontotecnici italiani che
non sembrerebbe più adatto ai
mutamenti che in questi anni
sono intervenuti sul mercato:
«troppo piccoli e mal organizzati», indicano gli analisti.
La conferma arriva sempre
dalla fotografia che esce dall’ultima ricerca effettuata da
Key-Stone sul mercato dei laboratori odontotecnici: la “regola” è un laboratorio composto dal solo titolare (1,9 la media di addetti), in attività da
oltre 20 anni, con un’età vicina
ai 50 anni, che esegue la maggior parte dei dispositivi protesici richiesti servendo in media due-tre studi odontoiatrici
e quasi nessuno in esclusiva.
Laboratori odontotecnici che,
> Ricerca Key-Stone su 644 laboratori odontotecnici. I ricercatori puntualizzano che la specializzazione dichiarata dagli intervistati non è stata stabilita su parametri oggettivi. In genere, presso il laboratorio specializzato si eseguono comunque anche altre lavorazioni
però, tenderanno a ridursi
non solo a causa della crisi ma
anche per l’età anagrafica dei
titolari, visto che oltre il 31%
di loro ha più di 50 anni, che
il 64% dei laboratori è in attività da più di 20 anni e il 20%
da oltre 30. Inoltre negli ultimi 10 anni i “nuovi” laboratori sono solo il 6% del totale e
i titolari sotto i 40 anni sono
appena il 9%.
Se non si invertirà questa tendenza, tra 10-15 anni per i
dentisti non si porrà più il
problema di cercare un laboratorio che gli offra la qualità
richiesta ad un buon prezzo,
In merito alla revisione del profilo dell’odontotecnico il ministro ricorda come il ministero abbia a suo tempo attivato le
relative procedure previste dalla legge, acquisendo il parere favorevole del Consiglio superiore di sanità in data 11 luglio 2007, e proponendo lo schema del nuovo profilo alla
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni
e le Province autonome. Ma gli assessori, ricorda Balduzzi,
«non hanno ritenuto opportuno istituire nuove professioni
sanitarie».
In merito all’interrogazione parlamentare il ministro «concorda con quanto osservato dagli onorevoli interroganti» e osserva che «il predetto schema di individuazione della nuova figura sanitaria deve prevedere una maggiore responsabilità dell'odontotecnico, sia per quanto attiene la progettazione esecutiva del dispositivo medico su misura in campo
odontoiatrico, che per quanto riguarda la sua collaborazione con il soggetto abilitato all'esercizio dell'odontoiatria».
Per quanto riguarda l’istituzione di un albo professionale il
ministro Balduzzi indica che «la questione appare consequenziale a quanto sopra esposto e andrebbe comunque
affrontata nell'ambito dell’istituzione degli ordini delle professioni sanitarie» e a questo proposito ricorda che è all'esame del Senato (AS 1172) un disegno di legge finalizzato
alla disciplina degli ordini delle professioni sanitarie, «per
cui auspico a breve che si riavvii l'iter» ha concluso Renato
Balduzzi.
N. M.
ma piuttosto quello di trovare
un laboratorio vicino che possa offrigli un servizio accettabile senza dover spedire le impronte (anche se digitali) all’estero. Laboratorio odontotecnico che probabilmente non
sarà più gestito da un italiano
ma da uno straniero, vista la
cospicua presenza nelle scuole di odontotecnici dei figli di
extracomunitari venuti a vivere nel nostro Paese.
C’è poi il problema dell’albo.
Agli odontotecnici forse va
stretta la collocazione nel settore dell’artigianato, visto che
sono le stesse associazioni sindacali a chiedere a gran voce
un proprio albo professionale,
dimenticandosi che già oggi
gli odontotecnici sono iscritti
a un albo: quello degli artigiani appunto.
Questi i problemi dal punto di
vista della produzione e della
normativa (e non abbiamo
parlato delle pesanti responsabilità dettate dalla direttiva sui
dispostivi medici); poi ci sono
quelli dal punto di vista politico, con l’atavica questione del
profilo dell’odontotecnico e di
conseguenza dell’abusivismo.
Già perché tutti sono d’accordo nel ritenere che un Regio
decreto del 1928 non può normare una professione come
quella dell’odontotecnico, a
cui sono richieste competenze
e responsabilità ben superiori
rispetto alla formazione ricevuta dal percorso scolastico.
Però modificare il profilo professionale dell’odontotecnico è
spesso associato al rischio di
rendere più facile l’esercizio
abusivo della professione, come se poi oggi fosse difficile
spacciarsi per dentisti.
Per questo lo scontro non è
tanto su come modificare il
percorso di studio necessario
per diventare odontotecnico
(le associazioni odontotecniche ne chiedono uno di tipo
universitario), ma sulla possibilità di riconoscere quella dell’odontotecnico come professione sanitaria, permettendogli così di recarsi negli studi
odontoiatrici ad ottimizzare il
dispositivo protesico.
«Oggi siamo costantemente
chiamati ad andare in studio
per verificare con il clinico la
congruità del lavoro», dicono
gli odontotecnici; «cosa illegale», rispondono i sindacati degli odontoiatri anche se, poi,
nelle conferenze e nelle pubblicazioni il rapporto tra clinico e tecnico è indicato come
fondamentale per la riuscita
della riabilitazione.
Nell’ultima stesura del profilo
dell’odontotecnico uscito dal
Consiglio superiore di sanità
all’odontotecnico sarebbe stato concesso di andare in studio
per ottimizzare il dispositivo
medico al di fuori del cavo
orale e sotto la supervisione e
responsabilità del dentista abilitato. Questo testo innescò
uno stucchevole dibattito tra
alcuni rappresentanti dei sindacati odontotecnici e odontoiatrici su dove mettere le virgole per meglio indicare che
l’odontotecnico non può comunque lavorare sul paziente.
Polemiche che hanno portato
il ministero ad “evitare” di intervenire sulla materia.
Ma quale sarà il futuro del laboratorio
odontotecnico?
L’abbiamo chiesto a chi a vario titolo è coinvolto nella
professione.
Norberto Maccagno
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DENTAL PRESS
Quale possibile futuro
per il laboratorio odontotecnico?
10
di Norberto Maccagno
Laboratorio Pochettino Bozzo
(Saluzzo)
L’odontotecnico vive oggi
suo malgrado i cambiamenti socio-economici né più e
né meno degli altri lavoratori autonomi. A questi vanno aggiunti quei cambiamenti tecnologici che stanno modificando la professione e il modo di produrre
i manufatti protesici.
Le nuove tecnologie sono
ormai una realtà che deve
essere accettata e compresa.
Sta a noi capirla, assorbirla e
diventarne “amici”.
Certamente non sarà facile,
per i piccoli laboratori, affrontare e superare non solo
la crisi ma anche tutti i cambiamenti avvenuti negli ultimi 20 anni (e questo è sicuramente un autentico
peccato).
Mi auguro che gli odontotecnici non debbano vivere
l’ennesima stagione di speranze e attese puntualmente
disattese (spesso perché colpevolmente rintanati nei
propri laboratori), che siano
in grado di non subire
quanto si sta facendo per
sminuire il reale valore della
categoria.
Sono convinto che si debba
superare, modificandolo, lo
“status” datato 1928, con il
nostro profilo professionale,
che considero obsoleto e
inadeguato se paragonato
all’alto livello di professionalità raggiunto nel frattempo dalla categoria, garantendoci quell’autonomia
professionale e fiscale che
oggi ci sono precluse.
La crisi che ha colpito i laboratori è certamente imputabile al drammatico calo
di domanda delle prestazioni protesiche; forse gli italiani non ne hanno più necessità? O forse non la possono ottenere, perché i
prezzi raggiunti non sono
più alla portata di tasche
nelle quali tutti fanno a gara
per renderle più “pulite”?
Pane senza denti o denti
senza pane?
Ci si rivolge ormai al turismo dentale in Paesi esteri o
si finisce nei “supermercati
dei denti”, che ormai nascono in ogni grande città e
neppur troppo lentamente
si espandono in provincia.
Non credo che i prezzi praticati dai laboratori agli studi odontoiatrici incidano in
RISPONDE Guido Garotti
Odontotecnico e tesoriere
dell'Associazione Amici di Brugg
Sapessi prevedere con certezza il futuro della professione odontotecnica cambierei sicuramente lavoro.
Indubbiamente, oggi, la
professione è sotto attacco e
le vecchie strategie non riescono a sostenere le differenti, rispetto a un tempo,
richieste del mercato da
parte del cliente del laboratorio odontotecnico, che è il
dentista. Richieste condizionate dalle nuove esigenze
dei pazienti, dalla globalizzazione dei mercati, dai mutamenti socio economici del
nostro Paese.
Richieste
che
stanno
profondamente modificando il rapporto tra odontoiatra e odontotecnico. Un
tempo il rapporto era prevalentemente indiretto: il clinico rilevava l’impronta, la
inviava al laboratorio che
poi rimandava il dispositivo
in studio, prima per le prove
e poi finito. Saltuariamente
il tecnico veniva chiamato in
studio, prevalentemente per
il colore di casi particolarmente complessi o per verificare dispositivi che non ri-
maniera così significativa da
creare il motivo fondamentale per allontanare i pazienti dalle protesi.
Purtroppo in tutti questi
anni non si è voluto capire
che bisognava cambiare
modo di vedere le cose, passando da una mentalità
prettamente artigiana a una
di più ampi confini.
Invece ognuno per sé, con il
sacro terrore che il collega ci
possa “fregare” il medico,
senza mai capire quanto
questo ragionamento sia deleterio. L’unione fa la forza,
divide e abbatte le spese, dà
una collocazione a 360 gradi
sul mercato dell’offerta e
tanti altri vantaggi.
Svantaggi? Sì, qualcuno, e
non proprio di facile gestione: le leggi purtroppo non ci
consentono grande libertà
d’azione, anzi. Mi risulta
non possibile (vissuto in
prima persona) far coesistere più unità individuali produttive negli stessi locali e
quindi tanti saluti all’abbattimento dei costi.
E allora, oggi più di ieri, sarebbe sbagliato pensare di
risolvere individualmente i
problemi. Bisogna quindi
provare a costruire una reale categoria degli odontotecnici.
spondevano a quanto prescritto dal dentista.
Oggi il rapporto è diverso,
l’odontotecnico è chiamato
costantemente in studio per
supportare il clinico e questo non vuole dire sconfinare nell’abusivismo e fare
pratiche non proprie: è
esclusivamente un supporto
tecnico.
Le nuove procedure cliniche
legate alla protesica, alla riabilitazione implantoprotesica in particolare, le aspettative più pressanti del paziente ma anche il problema
del contenzioso, richiedono
un rapporto diretto e costante tra odontoiatra e
odontotecnico. E questo
condiziona di molto l’organizzazione del laboratorio
odontotecnico. Un piccolo
laboratorio composto prevalentemente da un titolare
e un collaboratore non rie-
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TAVOLA ROTONDA
Tutti sono concordi sul fatto che c’è un cambiamento in atto:
dal rapporto tra odontoiatra e odontotecnico alle nuove tecnologie,
fino al passaggio dalla mentalità artigiana a quella di tipo industriale
RISPONDE Piergiorgio Bozzo
11
RISPONDE Vito Pignatelli
Laboratorio odontotecnico
Svevadent (Andria)
Descrivere la situazione degli
odontotecnici oggi è un’ impresa difficile. Premetto che
nei miei quasi quarant’anni di
lavoro le situazioni professionali in cui mi sono imbattuto
sono state molteplici.
Sicuramente il futuro, per noi
odontotecnici, non è affatto
chiaro e come per molte altre
attività è legato all’andamento economico del Paese.
In questi decenni siamo passati per varie fasi: per esempio
negli anni Ottanta, in pieno
boom economico, la categoria
cominciava ad avere una propria identità. Assetati di sapere, cominciavamo a scambiarci le esperienze e le tecnologie incalzavano, dandoci
una grossa mano a far crescere gli scambi interculturali oltre che migliorare la produzione. Questo ha fatto sì che si
cominciasse a prendere coscienza dell’arretratezza in cui
versavamo.
Oggi sappiamo bene come la
situazione si sia evoluta portando la categoria in una fase
di seria sofferenza: essendo
artigiani, la nostra categoria è
una tra le più bistrattate e meno sostenute. Cosa fare per
contrastare
la
crisi?
Innanzitutto dovremmo partire dalle basi e quindi dalla
scuola, la quale avrebbe bisogno di ringiovanire le tecniche di insegnamento oltre ai
programmi; poi ridefinire la
nostra condizione giuridico
professionale per tutelarci da
posizioni poco chiare e per far
valere alcuni diritti oggi totalmente ignorati. Servono anche maggiori controlli per
contrastare l’opera dei laboratori “ombra”, quelli non registrati, i quali portano via lavoro a prezzi talmente bassi
da divenire impraticabili per
chi è costretto a rispettare
norme, costi di gestione proibitivi e pagare le tasse. Il tutto
a discapito della qualità delle
protesi e della nostra categoria.
Certamente scegliere di associarsi (il mio laboratorio è
una società di tre titolari ormai da dieci anni) potrebbe
portare indubbi vantaggi come un abbassamento dei costi
di gestione e un aumento della potenzialità produttiva.
Avere alle spalle dei colleghi
che “remano” nella stessa direzione e all’occorrenza som-
sce a dare quel servizio che
oggi la maggior parte dei
clinici necessita.
In un futuro abbastanza
prossimo, credo, ci saranno
sempre più grosse strutture
gestite da “manager” odontotecnici, che potranno produrre protesi di qualità offrendo ugualmente servizi
di consulenza e assistenza
con quella professionalità e
competenza che l’odontoiatra richiede.
A mio parere i pochi, piccoli laboratori che rimarranno
saranno quelli che sapranno
offrire un prodotto di nicchia, con una qualità superiore alla media. A sopravvivere saranno sicuramente
quelli gestiti da “artisti”, che
realizzeranno protesi particolari, con una estetica esasperatamente ricercata, richiesta da odontoiatri con
pazienti estremamente esi-
genti dove la discriminante
è il risultato e non il costo.
Sarà il nuovo rapporto tra
odontoiatra e odontotecnico a segnare la professione
nel futuro e non certo le
nuove tecnologie come il
Cad-Cam.
Dobbiamo ricordarci che la
produzione di dispositivi
protesici attraverso le nuove
tecnologie è sempre condizionata dalla capacità dell’operatore. Non è vero –
come alcuni vogliono farci
credere – che le macchine
sono in grado di produrre a
prescindere della professionalità dell’operatore. Come
sempre è l’odontotecnico, la
sua professionalità, la sua
esperienza, a fare la differenza.
Ancora oggi la precisione
offerta da una protesi realizzata con le tecniche tradizionali non è paragonabile a
mando le varie esperienze,
permette di venir fuori più facilmente da situazioni professionali di non facile soluzione
per il singolo titolare. Certo
per andare d’accordo ci vuole
grossa stima e autocritica tra i
soci.
Inutile dire che un’accurata
ricerca di mercato unita alle
nuove tecnologie aiuta molto
negli acquisti, nell’abbattimento dei costi e nel miglioramento della qualità del nostro lavoro. Stesso atteggiamento si deve avere verso le
nuove tecnologie, bisogna fare molta attenzione in quanto
possono rivelarsi un’arma a
doppio taglio: da un lato migliorano la produzione, dall’altro possono contribuire a
portare una riduzione dei posti di lavoro.
Ma non solo. Se queste tecnologie entrano a pieno titolo
negli studi odontoiatrici, mi
domando cosa ne sarà dei
classici laboratori odontotecnici? Dovranno chiudere?
Anche se in apparenza può
sembrare un controsenso, a
mio parere la crisi economica
si può combattere con un
continuo investimento nel sapere, nelle tecnologie e nel
continuo rinnovarsi, evitando
di chiudersi a riccio all’interno del proprio laboratorio.
Se come categoria, ogni tanto,
si provasse a guardare un po’
più lontano del proprio naso
o del proprio orticello, tutti
insieme, sicuramente avremmo e potremmo fare di più.
una prodotta utilizzando sistematiche
Cad-Cam.
Certo, ci sono i vantaggi che
la produzione automatizzata e codificata consente, ma
dietro ci sono sempre le
persone.
Io credo che per il futuro la
professione sarà in mano a
un esiguo numero di super
tecnici iperspecializzati e
moderni laboratori strutturati in grado di fare produzione e dare un servizio di
assistenza all’odontoiatria.
Oggi molti dentisti hanno
capito che è la qualità della
prestazione odontoiatrica a
fare la differenza e questo li
ha portati a preferire laboratori che offrono buona
qualità, unita al servizio e a
un prezzo equo.
RISPONDE Lino Mezzetti
Contitolare Laboratorio
odontotecnico Bonfiglioli - Ccd srl
(Bologna)
La situazione generale è uno
specchio del mondo dentale;
la crisi colpisce in modo chirurgico e molti settori della
società civile sono allo stremo, altri stanno prosperando.
Lo stesso succede nel nostro
settore.
I piccoli laboratori e gli studi
odontoiatrici mono professionali tradizionali soffrono,
un po’ come i piccoli fornitori di materiali: non hanno le
risorse per fare concorrenza
ai colossi industriali che hanno invaso il settore.
In silenzio, sta avvenendo
una progressiva fuoriuscita
dal settore o vengono modificati i ruoli di tanti piccoli
operatori che non hanno risorse e capacità per resistere e
riposizionarsi professionalmente.
Prendiamo i laboratori odontotecnici. Non serve che arrivi il turismo odontoiatrico o
la concorrenza dei laboratori
dell’Est Europa o dell’Asia; la
concorrenza arriva da noi
stessi, ce la facciamo da soli
quando, pensando di non
aver alternative, “caliamo” i
prezzi del 30-50%. Non è
normale, è una risposta estrema a una situazione estrema;
il risultato sarà cadere definitivamente un anno dopo.
Per fortuna, però, sta anche
accadendo che chi ha saputo
cogliere i cambiamenti dell’intero settore dentale, chi è
più strutturato, chi apre alla
sinergia, chi investe in tecnologie, chi si aggrega riesce a
riorganizzarsi e a guadagnare
mercato.
Molte industrie che prima
occupavano altri mercati oggi si sono catapultate nel settore dentale (settore in crisi
ma per certi versi con spazi di
manovra ancora aperti) e in
collaborazione con partner
del dentale sviluppano in
grande parte le innovazioni
tecnologiche.
Sono proprio queste innovazioni che negli ultimi anni
hanno cambiato i rapporti, le
collaborazioni, le economie e
soprattutto le prospettive di
lavoro e di sviluppo dell’intero settore.
Questo vuol dire che per tutta la filiera dentale, a qualunque titolo, chi continua a stare sul mercato come faceva in
passato viene travolto dal
cambiamento.
D’altronde, investitori esterni
al mondo dentale hanno
aperto centri odontoiatrici
low cost dando agli utenti
nuovi servizi (veramente diversi?), sottraendo pazientela
ai piccoli studi in prevalenza
mono professionali e tagliando fuori, di conseguenza, gli
odontotecnici che per questi
studi lavoravano. In genere
titolari di piccoli laboratori.
In questa strana situazione
fatta di difficoltà, ma anche di
grandi opportunità, c’è la
possibilità di dare una risposta combinata e vincente.
Come?
Anzitutto cambiando mentalità e non pensando presuntuosamente di essere in grado, da soli, di opporsi ai colossi industriali che a vario titolo hanno invaso il settore, e
di occupare spazi importanti
del nuovo mercato.
L’altra necessità è quella di
condividere con altri imprenditori dei nuovi progetti professionali, strutturarsi in
gruppi sinergici, costituire reti di imprese e affidare la ricerca di nuovi mercati, a tempi di produzione veloci, a
prezzi competitivi e alta qua-
DENTAL PRESS
lità erogata.
È importante non adeguarsi a
chi oggi fa il mercato, ma fare
il mercato anche se limitato
alla propria capacità di influenza.
Anche considerare le percezioni e capire come oggi si
muovono gli utenti è essenziale.
Il nuovo mercato ha dato
tante risposte agli utenti in
termini economici, di velocizzazione di servizi, forse anche in percezione di qualità,
vissuta soprattutto come efficienza. Ma la qualità vera, che
non finisce con i denti belli
ma continua nell’attenzione
verso la persona che si cura (e
non verso il solo cavo orale),
è una risposta che non ha dato nè la vecchia odontoiatria
nè quella iper tecnologica e
oggi dominante: qui si giocherà il futuro mercato.
Oggi gli utenti hanno questa
consapevolezza e chiedono
risposte. Chi le darà?
I prezzi e i servizi competitivi
saranno forniti solo dai centri low cost? Queste realtà
hanno innovato il rapporto
con gli utenti, ma per adesso
sono ancora lontani dall’assicurare la qualità vera dei dispositivi e delle terapie odontoiatriche. Oppure la competitività arriverà anche da
quella parte del settore dentale che ha saputo reagire, riorganizzarsi e rinnovarsi, continuando a lavorare nella nicchia dell’eccellenza professionale, ma con mezzi tecnologici e organizzativi moderni?
L’odontotecnico è ancora in
grado di farsi riconoscere il
ruolo del fabbricante dei dispositivi odontoiatrici?
La strategia di chi, a vario titolo, ha invaso il settore dentale a livello industriale e
vuole rimescolare le carte è
quella di dequalificare le capacità progettuali e tecniche
degli uomini (odontotecnici)
per affidare la parte del leone
alle macchine e alle grosse organizzazioni.
Chi vincerà? Chi si saprà
reinventare un ruolo chiave
nel nuovo pianeta dentale.
RISPONDE Giuseppe Venturini
Amministratore delegato
di NobilMetal Spa
Il mercato sta cambiando,
evolvendo in tecnologia,
materiali e soluzioni. Anche
il comparto dentale non
può esimersi da questo contesto.
Per poter interpretare il futuro si deve conoscere, e bene, il passato e il presente:
saper definire gli obiettivi
scegliendo gli strumenti
idonei è fondamentale.
L’effetto immediato della
crisi è quello di “pressare” le
aziende, di qualunque settore e di qualsiasi dimensione,
nella ricerca quasi esasperata del miglioramento prestazionale nei servizi, nei
tempi, nella qualità e nei costi produttivi.
Il comparto odontotecnico,
soprattutto quello italiano,
si trova davanti a scelte
spesso drastiche e dolorose.
L’elevato numero di imprese
e la media degli operatori
per impresa non fanno presupporre una soluzione facile e indolore. Non basta
saper scegliere un prodotto
oppure una tecnologia CadCam per poter essere sicuri
di aver risolto il momento
di difficoltà. Servirebbe (il
condizionale è d’obbligo)
creare sistema tra imprese
odontotecniche, soluzione
assolutamente percorribile
grazie alle nuove tecnologie
che permettono di scambiare informazioni, di qualsiasi
tipo, in tempo reale e a costi
risibili.
Purtroppo è l’elemento uomo a non essere ancora sufficientemente pronto, preparato e reattivo per intraprendere questa possibilità.
Parliamoci chiaro, non è assolutamente obbligatorio
“conformarsi” ai trend di
mercato acquistato sistemi
hi-tech, è però fondamenta-
le ricevere la corretta informazione, confrontarsi e
ponderare bene la strada da
intraprendere,
tenendo
sempre ben presente che la
competenza odontotecnica
umana gestirà gli strumenti
e mai viceversa. Poter ricevere una formazione adeguata è importante, oggi più
che mai, visto le nuove soluzioni che vengono proposte
e immesse sul mercato a ritmi sempre più incalzanti.
Solo così il laboratorio potrà affrontare il percorso
della “produzione digitale”,
che deve essere interpretata
a 360°, con la massima libertà di scelta e di gestione
di materiali, tipologia di
produzione e disegno odontotecnico.
Il mondo che si sta aprendo,
anche nel contesto odontotecnico sarà sempre più virtuale e digitale. Sfruttando i
vantaggi della rete si potranno scambiare velocemente file di lettura ottica,
confrontarsi sulle soluzioni
protesiche più appropriate
con un flusso di informazioni tra tecnico-professionista-paziente che richiedono il solo sforzo di un click.
In fase produttiva sarà interessante saper ottimizzare i
percorsi, potendo delegare
la fase produttiva in toto,
solo in parte o per nulla
esternamente. Il laboratorio
potrà fare riferimento a
centri di produzione specializzati per lavorazioni complesse con strumenti industriali, chiaramente certificati per tale attività, e gestire invece in proprio produzioni più semplici con piccoli centri di lavoro (modellazioni in cera fresate, provvisori ecc.).
In un contesto simile saran-
no abbattuti i tempi produttivi, facilitata la rintracciabilità della filiera produttiva, allargata la scelta dei materiali utilizzabili e, se le
scelte saranno state fatte in
maniera corretta e ponderata, abbassati i costi di produzione e migliorata l’offerta e il servizio verso gli studi
odontoiatrici e i loro pazienti.
Il punto di domanda che
rimbalza quotidianamente è
se il comparto odontotecnico italiano è pronto a questo
passo.
Pare di intendere dai commenti che sento frequentando i laboratori odontotecnici che le soluzioni Cad saranno la soluzione di tutti i
mali e della crisi. Nulla di
più falso. Un incauto acquisto potrebbe segnare la fine
dell’impresa: oggi non esistono quasi più i tempi di
recupero, sbagliare in maniera grossolana un investimento poteva essere ammesso negli anni dove i ritmi erano più blandi. Ma
non oggi. Non riuscire a
pianificare e supportare un
piano di ammortamento relativo a un investimento
porterà l’impresa in un momento di estrema criticità.
Concludo ricordando che il
fruitore della nostra attività,
e per nostra intendo la filiera aziende, laboratori e studi, è sempre e comunque il
paziente, che deve essere assistito al meglio. A lui dobbiamo offrire una soluzione
idonea e non solo un prodotto a basso costo: oggi le
tecnologie e i materiali consentono di abbattere i costi
produttivi, ma anche di scegliere soluzioni più consone, bio e citocompatibili e
anallergiche, a beneficio
della salute del paziente.
Ogni miglioramento è la
conseguenza di un cambiamento, ma non tutti i cambiamenti portano come
conseguenza un miglioramento.
13
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DENTAL PRESS
Alleanza terapeutica
obiettivo della prima visita
La prima visita è il momento più alto della professione odontoiatrica e qui
il dentista ricorre a tutte le sue competenze. In questa fase è indispensabile
fornire un'informazione completa, corretta e comprensibile al paziente
La prima visita di un nuovo paziente presso uno studio odontoiatrico ha senza dubbio caratteristiche particolari da più
punti di vista: relazionale, etico, clinico e anche medico legale. Con Paolo Monestiroli, specialista in odontostomatologia,
abbiamo approfondito le tematiche connesse a questo primo
incontro, così delicato, tra dentista e paziente.
«Una delle qualità essenziali del medico e quindi dell’odontoiatra deve essere quella di seguire l’interesse e il bene del
paziente, tenendo conto di non avere una potestà assoluta su
quest’ultimo ma di dover instaurare con lui un’alleanza terapeutica. Allo stesso tempo il paziente dovrebbe collaborare
alla riuscita della terapia» ci ha detto Monestiroli.
Dottor Monestiroli, in cosa
consiste l’importanza della
prima visita?
Come ho sempre sostenuto, la
prima visita riveste un ruolo
chiave nel rapporto tra odontoiatra e paziente sin dal primo
istante, che è quello dell’incontro. La visita odontoiatrica dovrebbe essere intesa come atto
medico durante il quale l’odontoiatra, paragonato a qualsiasi altro medico specialista,
utilizza tutte le competenze e i
mezzi che la tecnica mette a
sua disposizione al fine di porre una diagnosi sulla quale
verrà poi stabilito un determinato piano di trattamento.
L’incontro dovrà rispettare le
esigenze del paziente/cliente e
le sue aspettative in termini di
informazione corretta sulle terapie da eseguire con accessibilità di comprensione. La delusione nasce non tanto dall’errore medico, quanto dall’aspettativa enfatizzata dall’odontoiatra al paziente di una
certa terapia poi delusa.
Come si caratterizza l’alleanza
terapeutica?
Vorrei sottolineare l’importanza che ricoprono in questa fase
le informazioni, che dovrebbero avere un ruolo centrale nel
rapporto odontoiatra-paziente
sin dal primo istante dell’incontro, durante l’esame obiettivo seguito dalla formulazione
del o dei piani di trattamento
alternativi e per tutto l’iter terapeutico con la risoluzione
delle specifiche problematiche
del paziente.
Il sorgere dell’obbligazione
dell’odontoiatra, che si identifica in un vincolo giuridico in
forza del quale un soggetto è
tenuto a un determinato comportamento, nasce in prima visita durante l’incontro e trova
la sua collocazione nella volontà e nell’accordo tra le parti.
L’accordo presuppone però
l’informazione che l’odontoiatra dovrà dare al suo paziente.
Cosa è importante fare in prima visita dal punto di vista clinico?
È importante approfondire la
parte anamnestica al fine di
evidenziare eventuali malattie
sistemiche, allergiche e l’assunzione di determinati farmaci
che potrebbero avere un'influenza negativa sulla riuscita
della terapia.
All’anamnesi, che come atto
medico dovrebbe sempre essere raccolta dall’odontoiatra
stesso, dovrà seguire un attento
esame obiettivo avvalendosi
della semeiotica attraverso la
ricerca di sintomi e segni presenti nel cavo orale del paziente con classiche manovre di
ispezione e palpazione dei diversi distretti. Andranno ispezionate le mucose e le strutture
di ogni singolo elemento dentale obiettivandone l’integrità,
non trascurando alcun dettaglio e dialogando con il paziente al fine di approfondire eventuali sintomi per individuare
l’origine della patologia.
Al fine di formulare una diagnosi sarà necessario sottoporre il paziente a esami diagnostici per immagini come la radiografia panoramica, che risulta essere una guida all’interpretazione delle sofferenze lamentate dal paziente in quanto
risulta essere un’immagine
della realtà e non la realtà dell’immagine.
E nei casi più complessi?
Qualora l’odontoiatra avesse
dei dubbi sulla presenza o meno della patologia, la panoramica potrà essere approfondita
con radiografie endorali, tenendo sempre bene presente la
giustificazione e l’ottimizzazione di tali procedure.
Si possono avere casi comples-
si, che dovrebbero passare attraverso più incontri di rivalutazione del paziente. In presenza di edentulie intercalate, sezionali o totali, l’odontoiatra al
fine di poter proporre piani di
trattamento alternativi o soddisfare le richieste del paziente
di soluzioni implantoprotesiche, lo dovrebbe sottoporre a
esame Tac con recente tecnologia volumetrica Cone beam.
Così si riducono drasticamente le dosi di radiazioni e si salva
la qualità della radiografia. È
importante infatti che l’odontoiatra tenga sempre in primo
piano il bene del paziente in
termini di costo biologico.
C’è il rischio di esagerare con
esami e radiografie, magari in
un’ottica difensiva?
Sicuramente l’ottica della prestazione medica e di conseguenza odontoiatrica rientra
ultimamente in un tipo di medicina difensiva.
L’odontoiatria dovrebbe vedere il problema in un’ottica prevalentemente terapeutica rispettando le esigenze immediate e future del paziente e
non a tutti i costi perseguire il
proprio pensiero clinico.
Nulla è eccessivo, a patto che
l’odontoiatra tenga in debito
conto il costo biologico del paziente.
Che cosa occorre fare dal punto di vista medico-legale?
Una delle strategie fondamentali risiede nella raccolta della
documentazione inerente ogni
singolo caso. Cardine della documentazione risulta essere la
cartella clinica costituita da
una raccolta di notizie anamnestiche e dati obiettivi, organizzata secondo un criterio
cronologico, finalizzata alla cura, intesa come procedura diagnostica e terapeutica.
La cartella clinica dovrà riportare oltre ai dati del paziente, il
diario clinico giornaliero redatto in modo contestuale allegando gli elementi identificativi del o degli operatori, l’obiettività odontostomatologica, la
prescrizione e i risultati degli
esami diagnostico prognostici
eseguiti, compresi quelli strumentali, la diagnosi con il piano di trattamento e le sue alternative e infine il preventivo di
spesa. Allegato poi alla cartella
clinica così redatta dovrà esserci il consenso informato.
Quali accorgimenti occorre
adottare per il trattamento
dei dati sensibili?
Riguardo all’informativa – ai
sensi dell’articolo 13, D.Lgs.
196/2003, codice in materia
di protezione dei dati personali – non vi sono particolari
accorgimenti da prendere, se
non quelli dettati dalla normativa a cui ultimamente è
stata aggiunta una specifica
di raccolta dati per i pazienti
sieropositivi.
A questo proposito, in base al
registro delle deliberazioni
del garante della privacy del
12 dicembre 2009, viene ribadito che il medico è tenuto a
raccogliere un’anamnesi dettagliata del paziente e a illustrare a quest’ultimo l’importanza di tale raccolta di dati
personali. L’interessato è comunque libero di scegliere, in
modo informato e quindi
consapevole, di non comunicare al medico alcune informazioni sanitarie che lo riguardano, ivi compresa la sua
eventuale sieropositività.
Anestesie e radiografie:
quando occorre chiedere il
consenso informato?
Dovrebbe essere ribadito che
non esiste un consenso per
ogni singola specialità ma un
unico consenso costruito sul
caso specifico.
Sempre l’indirizzo giurisprudenziale definisce un consenso immune da vizi quello che
si viene a formare dopo aver
avuto piena conoscenza della
natura dell’intervento odontoiatrico, della sua portata ed
estensione con relativi rischi.
Il consenso dovrebbe poi
contenere la percezione dei
risultati conseguibili e delle
possibili conseguenze negative presupponendo una completa informazione degli stessi da parte dell’odontoiatra
(Cass. Civ. 25 novembre
1994, n°1004).
Si evince quindi che la strategia principale nella prevenzione di un contenzioso o
nella disamina corretta dello
stesso risieda nella raccolta
documentale inerente lo specifico caso, che permetta di
evidenziare l’iter terapeutico
svolto attraverso la valutazione iniziale del caso e le scelte
applicate e gestite per tutto il
periodo della terapia.
Va ribadito il concetto imprescindibile dello scambio di
>
informazioni tra odontoiatra
e paziente. Questo deve restare attivo anche nel post-terapia, con valide motivazioni
inerenti la gestione da parte
del paziente dei lavori protesici e i futuri controlli di manutenzione attraverso il monitoraggio delle terapie effettuate con sedute di igiene
professionale associate a controlli da parte dell’operatore.
È vero che per una corretta
anamnesi il dialogo con il paziente è altrettanto importante degli esami strumentali?
Va sempre sottolineata la
centralità del paziente nel
rapporto professionale, l’ascolto e l’informazione come
fondamento della relazione e
l’importanza della documentazione come fondamento
della congruità degli interventi.
A volte succede che il paziente torni o si presenti lamentando una sfumata sintomatologia algica o dichiarando
di sentire che i lavori protesi-
Paolo Monestiroli
ci non fanno parte del proprio cavo orale e chiedendo
implicitamente la risoluzione
del problema.
Non si dovrebbe partire dal
presupposto che la lamentela
nasca esclusivamente dal vissuto puramente soggettivo
del paziente, poiché a volte
ricercando e controllando attentamente il cavo orale dello
stesso, anche in più sedute,
possono emergere leggere
imperfezioni che se sistemate
o curate fanno dimenticare la
presenza dei restauri protesici.
Ascoltare il paziente e dialogare con lui, non solo nella
raccolta anamnestica ma per
tutto il periodo della prestazione terapeutica e nel periodo successivo, è importante
tanto quanto gli esami strumentali. L'obiettivo è realizzare una vera e propria alleanza terapeutica, perseguita
dall’odontoiatra in scienza e
coscienza, con la collaborazione del paziente.
Renato Torlaschi
IL FATTORE TEMPO
QUANTO DURA LA PRIMA VISITA
Lo scorso 8 marzo il noto tg satirico Striscia la Notizia ha
mandato in onda un servizio in cui un paziente si sottoponeva a una prima visita presso tre differenti studi odontoiatrici. Senza entrare nel merito della questione (sull'argomento si sono espressi un po' tutti gli attori della scena
odontoiatrica) quello che qui ci interessa è valutare il fattore tempo: c'è un'indicazione da seguire?
«Ritengo che dipenda essenzialmente dalla situazione –
spiega Paolo Monestiroli, odontoiatra ed esperto di medicina legale –. A volte, prime visite in urgenza per la presenza
di algie non ben specificate dal paziente necessitano di un
esame obiettivo del distretto interessato e l’esecuzione di
una radiografia per evidenziare la zona in esame e le zone
limitrofe, al fine di poter porre una diagnosi certa.
Diversamente, risolta l’urgenza, come più volte deliberato
dalla giurisprudenza, l’odontoiatra si trova in presenza di
uno stato del cavo orale del paziente che permette un intervento di elezione accuratamente controllabile, dilatando il
fattore tempo per poter raccogliere in maniera più specifica
tutti quegli elementi indispensabili per la formulazione di
uno o più piani di trattamento».
Questo in casi semplici. Ma per casi più complessi come ci
si deve comportare? «L’odontoiatra – continua Monestiroli –
dovrebbe comunque impegnare svariate sedute di rivalutazione che a volte, se ben impostate, possono portare nel
tempo a situazioni ancor più necessarie di rivalutazione del
caso, con variazioni del piano di trattamento che necessitano di nuove informazioni, variazioni del consenso, dell’iter
terapeutico e del preventivo di spesa, che dovranno essere sottoposte al paziente per accettazione».
R. T.
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DENTAL PRESS
14
Implantologia, le peculiarità
della prima visita
Secondo Antonio Achilli la prima visita può durare «tra i 30 e i 90 minuti»
e può essere utile dividerla in due appuntamenti. È cruciale il rapporto con
il paziente e va enfatizzata l'importanza del programma di mantenimento
Il primo appuntamento da un implantologo presenta aspetti
delicati sia per il professionista, che deve avviare il piano terapeutico più opportuno e iniziare un rapporto con un nuovo
paziente, sia per il paziente stesso, che spesso è portatore di
aspettative troppo elevate o timori ingiustificati.
Ne abbiamo discusso con un chirurgo implantologo tra i più
esperti, Antonio Achilli, libero professionista e responsabile
per la chirurgia e implantologia orale del reparto di patologia
e medicina orale dell'ospedale San Paolo di Milano.
Dottor Achilli, come si dovrebbe svolgere la prima visita di un paziente dall’implantologo?
Intanto vorrei sottolineare
che la prima visita implantologica è un momento imprescindibile della terapia stessa
e non è possibile effettuare
una diagnosi e ipotizzare una
conseguente terapia dalla sola analisi di una radiografia
di qualunque tipo. Detto
questo, credo sia importante
tenere presente che spesso
chi si presenta a una visita
implantologica ha già delle
informazioni sull’argomento, ha o pensa di avere un
problema particolare che
esula dalla routine odontoiatrica. E in effetti penso si
debba continuare a considerare l’implantologia una pratica “elettiva”, non di routine.
È dunque utile conoscere il
grado di informazioni sulle
terapie implantologiche e le
esigenze
del
paziente.
Questo si può ottenere per
esempio attraverso la compilazione di un’anamnesi
odontoiatrica mirata, avendo a disposizione del materiale informativo e immagini esemplificative. Inoltre
può essere utile sviluppare la
visita in due momenti: lasciare al paziente il tempo
per rielaborare le informazioni date nel primo appuntamento e fissarne un secondo in cui puntualizzare le
problematiche individuate.
AAO: DALL’ORTODONZISTA
ENTRO I SETTE ANNI
«La buona salute dentale inizia presto», titola un depliant
informativo rivolto dagli esperti dell’American association of
orthodontists (Aao) ai genitori americani.
Ricordando che l’Ada, l’associazione dei dentisti statunitensi
raccomanda la prima visita dal dentista entro il loro primo
compleanno, gli ortodontisti a loro volta consigliano una visita
specialistica prima dei sette anni di età. Spesso è il dentista
generico ad accorgersi di problematiche ortodontiche nei loro piccoli pazienti, ma anche in assenza di difetti visibili una
visita da un ortodontista potrebbe far emergere anomalie poco visibili legate alla crescita dei mascellari e alla formazione
della dentatura permanente mentre sono ancora presenti alcuni elementi dentari decidui. «Anche laddove i denti del vostro bambino appaiono dritti – avvertono gli specialisti americani – potrebbero nascondersi problemi che solo un ortodontista è in grado di rilevare».
In questo caso, il fattore tempo gioca un ruolo fondamentale
e permettere un trattamento precoce per prevenire o intercettare problemi che, affrontati troppo tardi, potrebbero rivelarsi
molto più complessi e talvolta impossibili da risolvere con risultati altrettanto buoni.
Ne trarranno giovamento sia la funzionalità che l’estetica. Una
visita precoce può permettere all’ortodontista di guidare la
crescita dei mascellari, ridurre l’eccessiva protrusione dei
denti frontali, correggere abitudini orali dannose, guidare la
crescita dei denti permanenti in una posizione più favorevole
e in definitiva migliorare l’aspetto creando una sistemazione
più piacevole nel rapporto tra denti, labbra e volto.
R. T.
Quali aspetti vanno considerati?
Devono essere considerate, in
ordine di importanza, le condizioni sistemiche, l’abitudine
al fumo, le condizioni odontoiatriche del soggetto e quelle
specifiche del sito implantare.
Dall’esame dei vari elementi
che emergeranno da queste
valutazioni, si potrà definire
l’opportunità di una terapia
implantare e il suo livello di
difficoltà, sia da un punto di
vista tecnico-operativo sia nel
raggiungimento di un ottimale risultato funzionale ed estetico e quindi di soddisfazione
del paziente stesso.
Quali approfondimenti diagnostici devono essere effettuati?
Nel momento in cui il soggetto è ritenuto idoneo alla terapia implantare, la fase diagnostica successiva è relativa al tipo di terapia specifica del sito
chirurgico-protesico e al grado
di aspettative del paziente. In
questi due sensi si decide il livello di difficoltà della terapia:
la riabilitazione di una monoedentulia posteriore può es-
sere più difficoltosa rispetto a
quella di una edentulia della
premaxilla. È quindi fondamentale stabilire il grado di
difficoltà della procedura sia in
senso chirurgico sia in senso
protesico, tenendo presente
che si tratta sempre di una riabilitazione orale.
Di conseguenza gli approfondimenti diagnostici potranno
essere effettuati per mezzo di
una indagine radiografica del
sito specifico e/o del distretto
maxillo-facciale, di una documentazione extraorale fotografica, di una analisi gnatologica con modelli studio in articolatore e arco facciale.
Considero utile la radiografia
panoramica per l’inquadramento del paziente piuttosto
che per l’analisi del sito chirurgico, per cui se il paziente è conosciuto non ritengo indispensabile eseguirla. Inoltre,
per evitare la prescrizione di
una Tc, terrei sempre presente
la possibilità di analizzare il sito implantare con una semplice endorale, eventualmente associata alla vecchia tecnica della visualizzazione della cresta
ossea su modello per sottrazione dello spessore mucoso.
>
Quanto dura tipicamente una
prima visita implantologica?
Considerando la probabile
utilità di un secondo appuntamento e la variabilità delle terapie riabilitative implantari, il
tempo complessivo della visita
può ragionevolmente variare
dai 30 ai 90 minuti.
Quali sono le precauzioni e le
controindicazioni assolute a
un impianto?
La scelta della tecnica chirurgica adatta e la sua corretta realizzazione permetteranno di
controllare le eventuali complicazioni intraoperatorie e
dell’immediato postoperatorio. La valutazione dello stato
parodontale e l’abitudine al
fumo saranno da valutare per
la prevenzione di complicazioni future. Questo presuppone
che il paziente implantare sia
stato “preparato” all’intervento e sia sensibilizzato a una terapia di mantenimento, che
diventa parte integrante della
riabilitazione stessa.
Forse l’unica controindicazione assoluta a un impianto endoosseo è la terapia con bisfosfonati per patologia tumorale. Valuterei inoltre il profilo
psicologico/psichiatrico del
paziente che potrebbe determinare situazioni rischiose.
Per il resto bisogna osservare
che la terapia implantare è assolutamente individualizzata.
E naturalmente le patologie sistemiche non compensabili
non sono compatibili col trattamento implantare. Possiamo
trattare tranquillamente pazienti che sono classificabili
come Asa I o Asa II.
Quanto è importante il dialogo con il paziente e l’offerta di
varie opzioni terapeutiche
con costi e benefici di ciascuna
opzione?
Il dialogo è fondamentale per
far emergere quante e di che
tipo sono le informazioni già
in possesso del paziente, quali
sono le sue aspettative e quindi orientare la terapia verso la
soluzione di maggior gratificazione, che potrebbe non essere
quella implantare. In questo
senso è importante far conoscere costi e caratteristiche di
altre opzioni terapeutiche.
Esigenze estetiche, funzionali
ed economiche: quanto influi-
Antonio Achilli
scono nella proposta?
Dipende molto da quanto siamo stati capaci di intercettare
le aspettative del paziente e definire il suo profilo: paziente
implantare o no?
Certamente le condizioni della
dentatura residua e la risposta
clinica alla preparazione iniziale ci orienteranno già nella
scelta. Nel momento in cui si
decide di fare una proposta
implantare si troverà la soluzione economica adatta e le
determinanti diventano quelle
estetica e funzionale.
Come gestire gli aspetti economici in interventi che possono essere anche molto onerosi?
Credo sia utile individualizzare la gestione della parte economica partendo dalla firma
per accettazione del piano di
trattamento con allegati preventivo di spesa e modalità di
pagamento. Quest’ultima può
anche prevedere il ricorso a
una rateaizzazione finanziaria.
Quanto il paziente deve essere
ascoltato e quanto “guidato”?
Ritengo che un paziente apprezzi essere ascoltato e credo
sia utile farlo nella maggior
parte dei casi. Servirà anche a
controllare nel modo migliore
il grado di ansia che può facilmente essere associato a una
terapia “sconosciuta” e invasiva e in questo senso rendere
più collaborante il soggetto nel
corso della seduta chirurgica e
poter controllare al meglio il
rischio di imprecisione insito
in ogni procedura.
D’altro canto il paziente andrà
anche guidato in quelle parti
del colloquio in cui si parla di
aspetti più tecnici per evitare
di dilungarsi in dettagli inutili.
Si dovrà in ogni caso essere
esaurienti e dare sicurezza fornendo informazioni mirate,
precise e il più possibile sintetiche. L’informazione dovrà
essere comunque completa
sulle caratteristiche generali
dell’implantologia e relativamente alla terapia specifica.
È molto importante coinvolgere il paziente in un programma di mantenimento,
enfatizzando la sua importanza per il successo a lungo termine della riabilitazione eseguita.
Renato Torlaschi
17
<< <<
DENTAL PRESS
Aumentano i contenziosi
limitiamo i danni
Ai dentisti viene spesso riconosciuta la colpa professionale, anche se
con risarcimenti contenuti. Si sbaglia soprattutto in ambito protesico
e implantare. E il 25% degli odontoiatri non è nemmeno assicurato
Torniamo ad affrontare le complesse tematiche legali che l’odontoiatra si trova sempre più spesso ad affrontare, spesso
con una preparazione non adeguata.
Italian Dental Journal ha intervistato Maria Sofia Rini, odontoiatra, socio fondatore e segretario dell’Accademia italiana di
odontoiatria legale (Oelle). La dottoressa Rini, che ha al suo
attivo più di 60 pubblicazioni scientifiche in riviste specialistiche italiane e internazionali, ha scritto diversi testi a tema
odontoiatrico e medico-legale e svolge un’intensa attività di
formazione. Con lei abbiamo passato in rassegna i punti più
delicati della questione medico legale e del contenzioso.
Dottoressa Rini, quali problematiche sono connesse all’informazione al paziente?
Quella del fornire un’adeguata
informazione prima di acquisire il consenso al trattamento
del paziente è un’attività complessa, spesso non sufficientemente apprezzata e considerata dagli stessi pazienti, che di
fatto non si considerano “ammalati” e pertanto dimenticano che si tratta pur sempre di
un’attività medico chirurgica.
Cosa caratterizza il contenzioso medico legale in odontoiatria?
I criteri di valutazione e di giudizio della responsabilità degli
odontoiatri si sovrappongono
a quelli degli altri medici, con
la differenza che, seppur i criteri risarcitori siano in genere di
più modesta entità, con maggiore frequenza viene riconosciuta la colpa professionale.
Non di rado l’odontoiatra non
è in grado di dimostrare la
correttezza del proprio operato, in quanto non è stato preparato a farlo e non è in grado
di prevenire e gestire il contenzioso.
Quale l'origine di errori e
complicanze?
È molto difficile per chi non si
occupa di medicina legale
orientarsi tra errori e complicanze, ossia tra eventi conseguenti a cattiva condotta professionale (errori) ed eventi
non altrimenti prevenibili ed
evitabili, seppur possibili e
prevedibili (complicanze). In
odontoiatria sono possibili
entrambi.
LA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA
UNA LEGGE DA CAMBIARE?
Il decreto legislativo 28/2010 ha sancito la mediazione obbligatoria, ossia un importante cambiamento di prospettiva culturale e giuridica. Si tratta di una forma di tentativo di risoluzione alternativa (conciliazione), obbligatoria per alcuni generi di
controversie civili e commerciali (scelte sulla base della frequenza e dell’eccessiva lunghezza dell’iter giudiziario), tra le
quali anche quelle relative al risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e odontoiatrica. Di derivazione
anglo-sassone, è molto lontana dalle logiche del diritto fino ad
oggi vigente in Italia.
Secondo la dottoressa Maria Sofia Rini, iscritta all’albo dei
consulenti tecnici del Tribunale di Bologna e mediatore professionista, «l’aspetto dell’obbligatorietà avrà necessariamente
un importante impatto pratico sulla gestione della professione
odontoiatrica e delle eventuali liti con il paziente, anche se si
deve ammettere che allo stato attuale l’istituto fa un po’ fatica
a decollare». In effetti dopo qualche mese dalla sua istituzione, la mediazione obbligatoria non sembra offrire serie garanzie. «L’esperienza su Bologna – continua la dottoressa Rini –
si limita a pochi casi, la maggior parte dei quali trattati presso
la Camera di Commercio, dove non vi sono mediatori esperti
in materia di responsabilità medica e odontoiatrica. Anche nella classe forense c’è un clima di attesa per l’ormai prossima
pronuncia della Corte Costituzionale e vige la speranza, non
È cosa nota ai clinici che la
perfetta conduzione di un intervento non necessariamente
garantisce il risultato dello
stesso, dovendosi quest’ultimo
rapportare con una molteplicità di variabili, di risposte e
fattori biologici. Tipici esempi
potrebbero essere la mancata
osteointegrazione di un impianto eseguito con tecnica
ineccepibile, o una lesione
neurologica del nervo linguale
successiva a estrazione dell’ottavo incluso o a infiltrazione
anestetica.
Cosa può fare l’odontoiatra?
Se l’attività medico chirurgica
non può escludere o impedire
il verificarsi di complicanze, si
possono evitare errori, quanto
meno i più grossolani, come
l’erronea realizzazione di una
cura endodontica o conservativa, lavorando con la dovuta
perizia, diligenza e prudenza.
Da un punto di vista tecnico si
“sbaglia” soprattutto in ambito protesico e implantare, ma
sono sempre più contestati errori endodontici e ortodontici.
L’esperienza però mi ha insegnato che il principale errore
degli odontoiatri non deriva
da una scorretta gestione clinica o da errori procedurali e/o
diagnostici, ma da una sostanziale difficoltà a comunicare
correttamente e serenamente
con il paziente. Nella maggior
parte dei casi il contenzioso
coinvolge non gli operatori
meno abili, ma quelli più
scontrosi. Non è raro, inoltre,
il caso di colleghi che, anche in
perfetta buona fede, offrono ai
pazienti false aspettative di risultato. Si è dimostrato che
una corretta gestione del rapporto umano con il paziente
previene i cosiddetti “incidenti
di percorso”, in assenza di rigidità o di presunzioni.
Forse facendo ricorso a un po’
di modestia e buon senso potrebbe essere sufficiente imparare dagli errori propri e altrui
per evitare buona parte delle
liti.
Esistono tipologie di pazienti
che presentano problematiche
ulteriori dal punto di vista legale?
Sicuramente dobbiamo considerare gli stranieri: la scarsa
conoscenza della lingua porta
a difficoltà del processo informativo e comunicativo in generale.
Per quanto riguarda i minori
le scelte e le decisioni terapeutiche implicano valenze particolari legate alla giovane età
del paziente – che non si può
pronunciare in prima persona,
seppur le sue espressioni di vo-
tanto nascosta, di una sostanziale modifica del decreto legge
o della sua totale abrogazione. Gli enti assicurativi al momento non si espongono».
Ma un’abrogazione è davvero possibile? «Personalmente – riferisce Maria Sofia Rini – credo possibili e doverose alcune
modifiche, ma le precise direttive europee rendono difficilmente attuabile la totale abrogazione dell’istituto. Pertanto, a partire dal 21 marzo 2011, le controversie in materia di responsabilità medica devono necessariamente passare attraverso la
mediazione (condizione di procedibilità). Secondo alcune pronunce di merito l’unica alternativa prima di adire alle vie giudiziarie è l’Accertamento tecnico preventivo (Atp) a scopo conciliativo (obiettivamente più dispendioso), ma non tutti i giuristi
concordano a riguardo».
L’Atp a scopo conciliativo, possibile già da qualche anno, è un
tentativo di risolvere le liti in fase pre-giudiziale attraverso un
procedimento formale, ben strutturato, che parte da considerazioni di diritto e che non ha riscontrato una grossa percentuale di successi in ambito medico. «Diversa è la mentalità
con cui ci si deve avvicinare alla mediazione, dove l’interesse
a superare i motivi del contendere dovrebbe portare a soluzioni più immediate, più pratiche e non necessariamente con un
riscontro economico (per esempio il rifacimento gratuito di un
manufatto protesico difettoso). Soluzioni certo possibili con un
po’ di buon senso, indipendentemente dal ricorso a un organismo di mediazione e a un soggetto terzo, ma sicuramente
favorite dalla presenza del mediatore professionista e dalle
>
lontà non possano risultare indifferenti – e alla necessità di
interagire con manovre cliniche e diagnostiche in un soggetto in fase d’accrescimento.
In tal caso il consenso, comunque informato, dovrà essere
prestato dai genitori (meglio
se da entrambi) esercenti la
potestà genitoriale o dal tutore
o dal legale rappresentante,
senza venir meno all’obbligazione di comunicare informazioni al minore e di tener conto della sua volontà, compatibilmente con l’età e con la sua
capacità di comprensione.
E in caso di inabilitati?
Problemi di non inferiore rilevanza si pongono in caso di
interventi a soggetti che non
possono esprimersi in prima
persona (inabilitati, interdetti). I dispositivi di legge prevedono in tali evenienze l’intervento di tutori o di legali rappresentanti, cui spetta l’onere
di manifestare il proprio esplicito consenso o dissenso.
Nella pratica clinica preoccupazione e allerta possono insorgere qualora ci si debba rapportare a pazienti in cui si ravvisino elementi che inducano a
sospettare incapacità psichica,
confusione o disorientamento
o comunque soggetti che non
appaiano in grado di com-
Maria Sofia Rini
prendere pienamente l’informativa fornita. Non si escludono incapacità transitorie, come
l’uso di sostanze allucinogene
o stupefacenti o l’abuso di alcol, nel qual caso, qualora procrastinabile, l’intervento del sanitario dovrebbe attendere la
ripresa delle piene capacità cognitive del soggetto.
In assenza del carattere di
transitorietà è opportuno accertare lo stato giuridico del
paziente: il consenso prestato
da un congiunto, seppur prossimo (figlio, coniuge, fratello),
se non legalmente autorizzato
a farlo e soprattutto a fronte di
interventi ad alto rischio, non
ha alcun valore.
Dottoressa Rini, ci sono consigli che si sente di dare agli
odontoiatri per prevenire
controversie legali?
Gli odontoiatri oggi non sono
ancora pronti a prevenire efficacemente il contenzioso in
quanto, per quella che è la mia
esperienza, scarsamente formati ad affrontare la questione. Una eventuale lite con il
paziente produce panico o atteggiamenti arroganti e difensivi, che difficilmente portano
a una risoluzione “atraumatica” dell’evento. L’iter formativo universitario ad oggi non
ha ancora previsto insegna-
sue capacità di far analizzare alle parti il vero motivo del contendere. Non si nasconde, tuttavia, l’esistenza di alcuni dubbi,
perplessità e difficoltà pratiche, tipiche di ciò che è nuovo»
commenta l'esperto. Tanto che molti enti pubblici e diverse
strutture ospedaliere ed enti assicurativi hanno rifiutato di
comparire in mediazione.
«Correttamente sono state apportate alcune modifiche al testo
di legge originario (in particolare con la legge 145/2011) atte
a favorire il ricorso all’istituto della mediazione e a riconoscere
l’importanza di mediatori di estrazione tecnica, esperti della
materia. Tali modifiche, tuttavia, non hanno ancora escluso i timori relativi a un uso improprio dello strumento conciliativo
grazie anche ai costi piuttosto contenuti. L’informalità della
procedura o il tentativo di ridurre o eliminare costi per i preliminari (consulenze, pareri legali ecc.), tuttavia, potrebbero
non far eseguire preventivamente valutazioni atte a considerare la reale valenza economica del motivo del contendere o l’eventuale effettivo valore della lite. Pertanto, se sottostimato ab
initio, potrebbe non garantire una sufficiente o equa tutela del
soggetto ipoteticamente leso. Un corretto utilizzo dell’istituto
della mediazione potrebbe, in alcuni casi, addirittura aiutare
l’odontoiatra a contenere gli effetti negativi del contenzioso e
a ridurne i costi economici e psicologici. Al momento – ha concluso Maria Sofia Rini – non è possibile esprimersi oltre, l’istituto è troppo giovane e tutti noi abbiamo ancora bisogno di
crescere, di formarci e di fare esperienza».
R. T.
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DENTAL PRESS
menti specifici e in genere, un
po’ scaramanticamente, gli
odontoiatri mostrano uno
scarso interesse per l’argomento. Così accade che nel
momento del bisogno sono
colti dal panico.
Prevenire significa conoscere i
meccanismi per cui nasce e si
sviluppa una lite fino al punto
della via giudiziaria. Vuol dire
imparare a gestire meglio e
con più ordine la propria professione e a tutelarsi correttamente ed efficacemente da un
punto di vista assicurativo.
E come si possono affrontare
al meglio le controversie,
quando dovessero capitare?
Limitare i danni prodotti da
un contenzioso vuol dire non
commettere altri errori, o banalmente cadere su aspetti formali o sostanziali, in grado di
inficiare un’attività sanitaria
tecnicamente svolta con co-
scienza, diligenza e perizia. Da
diversi anni assieme ad alcuni
colleghi e ad alcuni noti esperti di diritto e di assicurazioni
ho cercato di lavorare su questo aspetto, ribadendo l’importanza della formazione e
della conoscenza.
Pochi, ma efficaci consigli: al
primo sentore di incrinamento del rapporto con il paziente
rivolgersi a un collega esperto
di medicina legale odontoiatrica; ripercorrere con lui l’iter
diagnostico terapeutico, esaminare la documentazione
prima di eventuali richieste di
reso da parte del paziente, verificare l’eventuale sussistenza
di errori e tentare un’eventuale composizione diretta e pacifica della lite.
È possibile tutelarsi in modo
adeguato attraverso una assicurazione? Che indicazioni
può dare in proposito?
Una comunicazione preliminare alla propria compagnia di
assicurazione esclude la possibilità di eventuali pretese di
eccezioni di tardività della
stessa. A tal riguardo esaminate assieme al “vostro” consulente le clausole di polizza, ricordando che l’odontoiatra e il
legale fiduciari dell’assicurazione lavorano primariamente
per questa. Solo se gli interessi
coincidono lavorano anche
per gli odontoiatri.
Oggi è possibile tutelarsi in
modo adeguato da un punto
di vista assicurativo, ma è necessario conoscere i meccanismi con cui scegliere una polizza piuttosto che un’altra,
senza basarsi, come purtroppo
molti colleghi fanno, sul premio o sui massimali. Risultano
molto più importanti le clausole di polizza e tutte le postille di inclusione o esclusione
del rischio, la copertura per il
regresso, la tutela per il futuro,
le franchigie, e così via.
Ricordandosi che l’eventuale
restituzione della parcella in
caso di lavoro non correttamente eseguito non è praticamente mai a carico dell’ente
assicurativo.
Premesso tutto ciò, purtroppo
mi vedo costretta a ricordare
che una buona copertura assicurativa è utile e opportuna. A
tutt’oggi però il 25% dei colleghi non è assicurato e una percentuale ancora più alta risulta
mal assicurata.
Dal prossimo agosto tutti i
professionisti dovranno obbligatoriamente contrarre (e darne indicazione sui preventivi)
una polizza di Rcp. Questa
norma è stata introdotta a tutela del paziente/cliente ma, lasciatemelo dire, anche del professionista. Che deve però scegliere con attenzione la sua
polizza.
Renato Torlaschi
18
CONTROVERSIE LEGALI
E TRATTAMENTI ESTETICI
I trattamenti estetici, soprattutto se ad alta o a esclusiva
valenza estetica, rappresentano una vera fonte di discussione e di contenzioso e non di rado si riconosce al sanitario un dovere che va ben oltre l’obbligo di mezzi, soprattutto se si sono fatte balenare prospettive di risultati o
si sono create importanti aspettative.
L’inestetismo, fino alla recente posizione dell’Oms, non
configurava uno stato patologico. Oggi si ritiene che sia
un elemento in grado di incidere sullo stato di salute psico-fisica del soggetto, anche se a mio parere sempre più
di frequente si assiste a estremizzazioni di questo concetto. Si fa dell’estetica il fine ultimo del trattamento, tanto che proprio l’aspetto estetico viene a essere identificato o confuso con il fine terapeutico. Ne deriva così la necessità che lo scambio dialettico tra sanitario e paziente
non trasformi una mera probabilità statistica in un’incondizionata attesa di risultato, il cui eventuale non raggiungimento dà luogo, a ragion veduta, al riconoscimento di
un inadempimento.
In buona sostanza, proprio nei trattamenti a valenza estetica, particolarmente efficace, attento e preciso dovrebbe
risultare il processo informativo atto a condividere una
scelta terapeutica e i rischi della stessa con il paziente,
senza con ciò autorizzare condotte inidonee ed erronee.
Per questo sono sempre più preoccupata dei messaggi
pubblicitari con promesse di sorrisi a prova d’estate e di
risoluzione in tempi brevi degli inestetismi mediante l’utilizzo di nuove e avanzate tecnologie. Inevitabilmente, prima o poi, si dovrà fare i conti con quelle che sono le reali possibilità terapeutiche e chirurgiche, con le complicanze che, in tal caso, saranno per il professionista “errori”. Non da ultimo voglio rammentare il valore non universale dei parametri di giudizio del concetto estetico di
bellezza.
Maria Sofia Rini
IL DEFICIT FORMATIVO
SUL CONTENZIOSO
Maria Sofia Rini, che svolge un’intensa attività formativa
(privatamente e presso il dipartimento di scienze odontostomatologiche dell’Università di Bologna) ci conferma
che «nelle aule universitarie purtroppo manca una formazione specifica di base che aiuti il professionista a gestire la propria attività, senza cadere nella medicina difensiva, prevenendo, se possibile, o imparando a limitare i
danni di un eventuale contenzioso».
«Credo molto nella necessità che ogni singolo professionista – non solo l’esperto ma anche il clinico puro e il giovane odontoiatra – abbia nozioni di base su questi temi,
che lo aiutino ad affrontare con più serenità la professione» ci ha detto Maria Sofia Rini, che sta organizzando
per il 14 e 15 settembre a Bologna un incontro in cui si
valuteranno «gli elementi clinici, metodologici e merceologici di difendibilità medico-legale della realizzazione
protesica». Nel secondo semestre del 2012 (date da definirsi) verrà invece riproposto il corso base “La responsabilità, il contenzioso e la mediazione in odontoiatria”.
Tra ottobre e novembre si terrà poi a Bologna il congresso nazionale dell’Accademia italiana di odontoiatria legale (Oelle) dal titolo “Problematiche sistemiche nel paziente odontoiatrico: aspetti clinici e implicazioni medico-legali” (per informazioni su questi eventi: tel 051.6142182 –
[email protected]).
La dottoressa Rini infine sta per pubblicare con l’editore
Maggioli un testo didattico-divulgativo rivolto a tutti i professionisti del settore, ai medici legali, agli avvocati e ai
mediatori in tema di mediazione in odontoiatria. «Questo
libro è frutto dell’instancabile lavoro mio e degli avvocati
Rocchina Staiano e Daniela Savio, con la collaborazione
di molti colleghi, esperti e amici» ci ha detto l’autrice.
R. T.
«Luce del nord»: massimo confort
e risultati migliori nella pratica quoditiana
Una corretta illuminazione dello studio dentistico è di cruciale importanza
per prevenire errori diagnostici e preservare la salute visiva degli operatori.
L'obiettivo è quello di riprodurre fedelmente la «luce del Nord» in pieno giorno
Dall’inizio dell’evoluzione umana, la nostra morfologia si
è sviluppata con la luce naturale, al ritmo dei giorni e
delle stagioni. Da più di 150 anni con l’avvento dell’elettricità, l’illuminazione artificiale ha rivoluzionato il nostro
stile di vita e cambiato i nostri comportamenti.
Oggi lavoriamo d’inverno e di notte, a differenza dei nostri antenati che si svegliavano e andavano a dormire
seguendo il ritmo del sole e lavoravano seguendo i tempi scanditi dalla coltivazione della terra e dalle colture.
Da allora il bioritmo del nostro organismo non è cambiato. Ed è questo il problema: ci comportiamo contrariamente a questo concetto. In autunno e in inverno, quando le giornate sono corte, lavoriamo anche dopo il tramonto.
Le conseguenze sul nostro invecchiamento, l’umore, il
nostro dinamismo al lavoro e la qualità delle nostre azioni possono essere molto gravi. Questo è il motivo per cui
è imperativo considerare con la massima serietà l’illuminazione della sala di cura. Solo un’illuminazione di elevata qualità che riproduce fedelmente la luce naturale in
pieno giorno permette di mantenere l’armonia del nostro
bioritmo e l’equilibrio ormonale.
Un altro fattore importante della nostra morfologia deve
essere considerato: la vista. Il nostro antenato era un
cacciatore la cui vista funzionava al meglio quando volgeva all’orizzonte. Doveva quindi proteggersi dal bagliore del sole portando la mano sugli occhi quando la cacciagione era rivolta al sole, mentre questo non accadeva quando il suo sguardo era volto a nord.
La «luce del nord», in effetti, è profusa dal cielo, che è
un arco uniformemente illuminato, e non dal sole.
Ancora oggi, è quando il nostro sguardo volge verso
nord che vediamo meglio. E di conseguenza questa nozione viene insegnata nelle facoltà di odontoiatria. Si
consiglia di scegliere le tinte alla finestra rivolta a nord,
quando il nostro occhio è a riposo, senza abbagliamento e con un’illuminazione uniforme.
Riprodurre una «luce del nord» nella sala di cura è una
reale necessità per il confort visivo dei dentisti e la qualità delle cure. Un’operazione non certo semplice: serve
infatti un’illuminazione che, simultaneamente:
• emetta una luce con colore detto “del giorno” (6.500°K,
CRI>98%);
• abbia un flusso prevalentemente orientato verso il soffitto, per trasformarlo nel “cielo”;
• sia non abbagliante e uniformemente ripartita in tutto lo
spazio.
Riproducendo il concetto di «luce del nord» nella vostra
sala di cura, ristabilirete le condizioni ottimali di funzionamento dei vostri occhi e del vostro bioritmo, preserverete la vostra salute e metterete la vostra vista al sicuro
da un invecchiamento prematuro. Ma eviterete anche
numerosi errori in fase diagnostica diagnostica e anche
durante la terapia.
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FOCUS ON
20
Dare un'immagine
all'attività dello studio
I consigli (e le foto) dell'esperto su come ideare (o cambiare) l'aspetto
di reception, sala d'attesa e amministrazione. Con un occhio in più
all'immagine grafica coordinata: dall'arredamento ai camici degli operatori
Lo studio odontoiatrico rappresenta nell’immaginario
collettivo un luogo spesso
“ostile”, dove molti pazienti
si recano malvolentieri, con
timore, ansia o preoccupazione, prevedendo di essere
sottoposti a interventi più o
meno invasivi o recepiti come dolorosi, nonostante le
anestesie che sanno verranno comunque loro somministrate. Risulta pertanto
fondamentale creare, tramite accorgimenti strutturali,
di allestimento e comportamentali, un’atmosfera accogliente e rassicurante, atta a
mediare il più possibile gli
stati d’animo “negativi” del
paziente e a ben disporlo alla visita o all’intervento a cui
a breve dovrà sottoporsi.
Vi sono molti fattori di influenza sull’impatto che lo
studio avrà sul paziente: imparare a conoscerli e a gestirli vi consentirà un approccio molto meno prevenuto nei confronti del vostro
team di lavoro e di conseguenza l’offerta curativa che
potrete offrire sarà recepita
con meno disagio.
Il principale punto di contatto tra voi e i vostri pazienti è sicuramente il vostro
ambiente di lavoro. E la percezione di esso inizia già
fuori dalla porta: non trascurate l’importanza dell’immagine che una targa e
un’illuminazione dell’ingresso del vostro studio possono veicolare nei confronti
di chi vi accede.
>
Area gioco per i bambini
L’influenza positiva sul paziente viene poi giocata appena il paziente varca la soglia d’ingresso: la reception
e la sala d’attesa costituiscono il “biglietto da visita” dello studio, costituendo il primo impatto e la prima impressione. E qui entra in gioco una delle scelte primarie
a livello estetico che il medico deve fare nella progettazione dell'ambulatorio: che
“look” si vuole dare all’ambiente.
La scelta infatti varia notevolmente e può essere influenzata da molteplici fattori: la continuità con lo studio precedente, un'immagine alla moda per colori e
materiali, un aspetto rilassante o un’immagine più
ospedaliera.
Non esiste una regola precisa, il gusto e il target dei pazienti possono far propendere per una scelta o per
un’altra in modo estremamente soggettivo. Di sicuro
però alcuni criteri vengono
utilizzati più di frequente,
assecondando una filosofia
che punta all’obbiettivo di
indurre nel paziente il miglior stato di rilassamento,
per contrastare il ben noto
stato di “ansia da dentista”.
Per questo motivo si tende a
differenziare notevolmente
l’area extraclinica (ingresso,
reception, attesa) dall’area
clinica (sale con i riuniti),
caratterizzando la prima con
materiali, luci e colori atti a
creare un’atmosfera piutto-
>
Libero professionista con studio in Milano, Francesco Frova
dal 1988 si occupa di progettazione tecnica specializzata per
ambienti medici
>
Reception
sto calda, mentre l’area clinica può venir trattata con
finiture che le attribuiscono
un’atmosfera più fredda e
asettica, più clinica.
La reception
L’aspetto del banco reception rispecchia l’immagine
che il medico vuole attribui-
re al suo studio: un banco
scenografico, d’effetto, trattato con materiali d’avanguardia, porzioni retroilluminate o con illuminazioni
a led, colori definiti o a contrasto, forme estrose e insolite, colpisce subito il paziente per la sua originalità o
per il suo essere alla moda;
d’altro canto, un banco con
materiali sobri o classici, colori misurati e linee rigorose
colpisce per la sua eleganza e
raffinatezza. Sta all’architetto interpretare il gusto del
medico da trasferire nell’impostazione dell’immagine
dell’arredo.
Oltre all’aspetto del banco
reception, deve essere studiata con attenzione anche
la sua collocazione: è ovviamente conveniente collocare
tale funzione di fronte o in
stretta prossimità dell’ingresso, per assolvere meglio
alla funzione di accoglienza
che deve avere. Ma a seconda che nello studio vi sia o
meno una persona dedicata
alla postazione reception in
maniera fissa e continuativa,
la sua posizione può leggermente variare nel layout dello studio. Se infatti è la stessa assistente a svolgere en-
trambi i ruoli di receptionist
e di assistente alla poltrona,
la reception dovrà essere disposta in collegamento diretto anche con l’area clinica, per agevolare gli spostamenti dell’assistente stessa,
tra la postazione e l’area clinica.
La sala d'attesa
La funzione basilare della
sala d’attesa nell’ambulatorio odontoiatrico consiste
nel mettere a proprio agio i
pazienti.
La disponibilità di aree tranquille, separate da zone ove
informazioni visive o flussi
di percorsi possano creare
caos percettivo, è sicuramente un aspetto da non
sottovalutare per lo scopo di
indurre tranquillità nei confronti dei pazienti.
L’ambiente della sala d’attesa può quindi essere trattato
come locale unico, oppure
essere suddiviso in porzioni,
ad esempio tra area adulti ed
area bambini, o tra area
adulti “informativa” con
monitor, depliant e brochure, e un’ulteriore area adulti,
più distesa, rilassante e
informale.
Per raggiungere questo scopo, si possono inoltre utilizzare alcuni stratagemmi:
una musica adeguata, a volume moderato; la diffusione di essenze profumate calmanti e distensive, ma con
intensità discreta; la proiezione di video che distolgano l’attenzione dall’imminente visita/intervento; la
messa a disposizione, oltre
che di riviste, anche di un
eventuale Ipad o di una postazione internet; un dispenser di acqua ecc. Tutto ciò,
unito a un attento studio
dell’immagine generale dell’ambiente, contribuirà a distendere il paziente “agitato”
durante l’attesa.
L’area destinata ai bambini
può essere dotata di sedute
di dimensioni ridotte, dall’aspetto giocoso, tipo pouff;
di piani d’appoggio, mensole sagomate o tavoli/ripiani
con matite colorate e fogli a
disposizione per impegnare
i bambini durante l’attesa; di
videogiochi; di un monitor
per la proiezione di cartoni
animati o documentari.
Le sedute per gli adulti possono essere singole o a panca o divanetto: in genere, le
sedute singole vengono
21
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sfruttate completamente,
mentre con i divanetti spesso non vengono sfruttati appieno tutti i posti a disposizione (su un divano a tre
posti spesso si siedono solo
due persone, per evitare la
contiguità spalla a spalla con
sconosciuti).
Come per il banco reception, anche l’immagine della
sala d’attesa rispecchia il gusto e le preferenze estetiche
del medico, e può presentarsi pertanto sotto diversi stili,
dal tecnico al salottiero, dal
sobrio all’accattivante, tramite l’uso di differenti materiali a pavimento, colori per
le pareti e per gli arredi,
sfondati di luce nel controsoffitto ecc.
Sottolineando un’ovvietà,
bisogna porre grande attenzione alla scelta dei materiali da impiegare per i rivestimenti delle sedute, optando
per tessuti o ecopelle o altri
materiali robusti, non sporchevoli, il più facilmente lavabili (ad esempio, si consigliano rivestimenti rimovibili, lavabili direttamente in
lavatrice).
A seconda delle preferenze,
la sala d’attesa può costituire
un locale a se stante, separato dalla reception, oppure
essere aperta su quest’ultima. La scelta di una tipologia piuttosto che l’altra dipende anche dalle abitudini
e dal layout generale dello
studio.
Di sicuro però l’assenza di
porte tra sala d’attesa e reception si tradurrà in un’i-
>
Sala d’attesa
FOCUS ON
nevitabile diminuzione della
privacy della segretaria nel
momento del colloquio con
un paziente al banco reception o in occasione di telefonate.
L’amministrazione
Contigua con la reception
invece è bene che venga disposta l’amministrazione.
Questo locale deve garantire
il massimo della privacy e
della discrezione, trattandosi dell’ambiente ove il medico può ritirarsi con il paziente per discutere di pagamenti o preventivi. Come
appena detto, viene solitamente collocata in prossimità della reception, ma da
questa separata, per consentire alla receptionist di spostarsi agilmente dal banco
reception al retro amministrativo.
Se il layout lo consente, è bene anche che si trovi in una
posizione “defilata” per
agevolare l’uscita del paziente senza che questi debba ripassare necessariamente davanti alla sala
d’attesa, per tutelarne la
privacy dopo un eventuale
intervento invasivo.
Tale accesso diretto del paziente in uscita dal trattamento consentirà inoltre di
“intercettarlo”, e di poterlo
trattenere per il piano dei
successivi appuntamenti e
per le formalità amministrative.
Francesco Frova
IL PERSONALE
E L’IMMAGINE COORDINATA
C'è un aspetto troppo spesso sottovalutato nel momento in cui si ragiona sull'organizzazione e sull'immagine del proprio studio odontoiatrico: l’immagine visiva
e percettiva. «Fin dalla prima telefonata il paziente entra in contatto con la realtà
della vostra struttura: una risposta cortese, una voce gentile indurranno una prima impressione positiva in chi si mette in contatto con il dentista» ci spiega l'architetto Francesco Frova, che dal 1988 si occupa di progettazione tecnica specializzata per ambienti medici. Allo stesso modo, secondo l'esperto, un sorriso e
una divisa elegante e coordinata accoglieranno il paziente all’ingresso dello studio e trasmetteranno cordialità ed efficienza allo stesso tempo.
«Un’immagine coordinata grafica, che va dalla carta intestata ai biglietti da visita, dai colori dei camici a quelli delle poltrone, dal colore delle pareti alla targa
dell’ingresso, veicolerà serietà e organizzazione molto più di quanto si creda»
sottolinea Frova, che invita quindi i dentisti a non sottovalutare queste variabili nel
loro studio. La scelta più immediata e semplice da fare è rivolgere l'attenzione
sulla scelta dei camici degli operatori sanitari, magari differenziando attraverso i
colori le figure professionali presenti all'interno dello studio, esattamente come in
ospedale, dove il chirurgo ne indossa uno verde e il medico uno bianco.
«Sono tutte informazioni non verbali che, a livello più o meno inconscio, influiranno in modo sensibile sul giudizio che i pazienti svilupperanno nei vostri confronti» conclude Francesco Frova.
A. P.
<< <<
FOCUS ON
Ristrutturazione dello studio
I dettagli e l'esperienza
Piccoli suggerimenti pratici in progettazione frutto dell'esperienza quotidiana: anche i dettagli fanno la differenza. Sono molti gli accorgimenti
che possono migliorare l'ergonomia dello studio e renderlo più efficiente
Molti esperti hanno descritto nelle loro pubblicazioni
o libri dal “dove” al “come”
realizzare lo studio ideale
ed è proprio grazie alla loro
esperienza che abbiamo attinto molte delle nostre
informazioni.
Cogliamo
quindi l’occasione per ringraziare tutti coloro che si
sono posti il problema extraclinico per cercare di sostenere un argomento spesso trascurato, ma che risulta essenziale per lo svolgimento corretto dell’attività
clinica di ogni giorno.
In fase di progettazione è
infatti importante pensare a
tante piccole soluzioni relativamente indolori che possono rendere più pratiche le
azioni che andremo a compiere nella nostra vita lavorativa e anche posizionare
elementi indispensabili in
spazi che non solo andrebbero persi ma, se locati in
modo classico, potrebbero
risultare ingombranti o fastidiosi per le zone di transito.
Come far scomparire
gli oggetti sporgenti
Un classico esempio, di
quelli che descriveremo, è
rappresentato dai negatoscopi, indispensabili ma
spesso sporgenti o leggermente ingombranti. In fase
di ristrutturazione è relativamente semplice prevedere
uno sfondato di circa
40x30x8 cm dove incassare
un negatoscopio del commercio o eventualmente
realizzato allo scopo (fig.
1). Posto nella sede più consona, permette di spiegare e
quindi “coinvolgere” il pa-
ziente sulla condizione radiologica e sui possibili iter
terapeutici.
Anche i telefoni e i citofoni
possono risultare scomodi
se sporgenti, specie nelle
zone ad alta movimentazione e, come visto per i negatoscopi, si può prevedere
una cassaforma nella quale
posizionarli e far confluire i
relativi allacciamenti (fig.
2). Questo verrà particolarmente apprezzato anche dal
personale di studio quando
nell’attività, si spera sempre
frenetica, eviterà di urtare
ogni possibile sporgenza.
Qualche idea per i mobili
Rubando l’idea alle cucine
domestiche, dove gli spazi
sotto il lavello sono spesso
protetti dall’umidità, ricorrendo a rivestimenti idrorepellenti abbiamo disegnato
e fatto realizzare, in plexiglass, una sorta di vassoio
con quattro appoggi in
gomma in grado di preservare e conservare nel tempo
il fondo in metallo di tutti i
mobili che sono esposti al
pericolo di sgocciolamento
e/o di umidità.
Sempre in argomento mobili dello studio, come sappiamo bene ci sono procedure
quotidiane che vengono ripetute sia con mani protette
da guanti che prive di questi, quindi tutto ciò che è
possibile non toccare per
aprire è certamente utile.
Il cestino rifiuti, presente in
ogni studio e usato ripetutamente, può essere comandato facilmente con il piede, come avviene per il comando dell’acqua del rubinetto. Sembra un dettaglio,
ma trasforma alcuni movimenti consentendoci un risparmio gestuale e soprattutto un ridotto punto di
contatto per eventuali trasferimenti batterici (fig. 3).
Sempre a proposito dell'arredamento è possibile recuperare sul mercato corpi illuminanti dotati di pulsanti
del tipo “normalmente
aperto”, ovvero quando in
posizione di riposo sono disattivati (sportello chiuso),
quando invece sono posti in
prossimità di un’anta consentono l’accensione della
lampada alogena incorporata all’apertura della stessa. Anche in questo caso il
risultato è vantaggioso e
gratificante, con una spesa
più che accessibile. Cosa
analoga è applicabile anche
ai cassetti, semplificando la
ricerca di piccoli oggetti
(fig. 4).
A proposito di illuminazione, anche la porta di ingresso può essere resa più facilmente identificabile ai pazienti ricorrendo a un pannello in legno con due faretti alogeni in bassa tensione, posizionato sulla volta.
Impostare un sistema
per le riprese video
Considerando che negli ultimi anni la tecnologia ha
permesso un semplice controllo con telecamere di alta
qualità con costi una volta
impensabili, è utile nella ristrutturazione ricordare
che il soffitto, quando sia
stato ribassato per esigenze
impiantistiche, offre la miglior condizione possibile
per il posizionamento e anche per la profondità di vi-
>
Il dottor Aldo Crespi e il suo staff
sione.
L’argomento telecamere è
applicabile anche sulla poltrona per riprendere gli interventi e per appassionare
il paziente che lo richiede
nelle procedure terapeutiche. Questo è realizzabile
con un monitor collocato
frontalmente al riunito che
può essere visto con facilità
dagli operatori e dal paziente stesso. Sull’utilità delle
registrazioni è superfluo
soffermarsi (fig. 5).
Oggetti nascosti:
scala e cassaforte
Per raggiungere oggetti posizionati in alto si ricorre
alla comune scala presente
in ogni studio, magari non
così comoda da prendere o
spesso ingombrante per lo
scopo necessario. Abbiamo
quindi rintracciato con pazienza una piccola scala, ma
molto utile allo scopo, che
può essere posizionata nello
spazio di uno zoccolino per
mobili comuni e scomparire completamente quando
non serve (fig. 6).
In fase di ristrutturazione
muraria, ove sia possibile su
un portante o un perimetrale in grado di offrire
maggiori garanzie e dopo il
benestare dell’architetto, è
sempre utile inserire una
piccola cassaforte principale che funge da mezzo fuorviante mentre, in opportuna sede nascosta, si crea un
occulto “secretaire” più difficilmente rintracciabile.
Si spera sempre che non sia
necessario ma poiché il nostro motto è «prevenire è
meglio che curare», prestiamo fede a tale massima.
>
Fig. 1: negatoscopio incassato
>
Fig. 2: telefoni leggermente incassati per evitare sporgenze
22
23
<< <<
Aria e acqua per lo studio
L’idrico è fondamentale per
l’integrità dell’impiantistica
di studio, i tecnici dei riuniti conoscono molto bene il
problema, così vale sempre
la pena posizionare un filtro
a monte dell’impianto che
possa almeno garantire l’allontanamento delle particelle più grossolane.
L’argomento è molto complesso, ci sono diverse possibilità offerte dal mercato,
molte delle quali valide e altre meno e anche i costi sono molto diversi tra loro.
Sfugge dalle nostre competenze il consiglio merceologico, ciò che importa è
preoccuparsi del problema
per approfondirlo e analizzarlo.
Cosa simile è da riferirsi al
“filtro aria” del o dei compressori. Spesso infatti si
trascura che l’aria, con la
quale si asciuga una camera
pulpare dopo ore di bagno
antibatterico, proviene dalla
nostra siringa e quindi dal
compressore che la prende
non sempre da un ambiente
filtrato. Anche in questo caso si apre il “vaso di
Pandora”. Senza entrare nel
merito, anche qui è sufficiente porsi il problema e
con pazienza trovare una soluzione che consenta, senza
costi esagerati, di garantirci
un risultato certamente più
valido rispetto all’assenza
totale di qualsiasi unità filtrante.
Come diminuire il rumore
L’isolamento acustico è
un’altra di quelle cose che è
meglio prevedere, per non
trovarsi poi con qualche
problema, in particolare con
i vicini, valutando che i costi
del prima sono irrisori se
paragonati a quelli del dopo.
La grande maggioranza dei
nostri studi, salvo casi minoritari, si trova in spazi
condominiali in parte circondati da altri appartamenti ad uso residenziale e i
nostri macchinari possono
in alcuni casi disturbare
acusticamente.
È quindi buona norma non
trascurare tale problematica,
specie considerando che in
fase di ristrutturazione è relativamente indolore coibentare i perimetrali più a
rischio; esistono in commercio, come gli esperti conoscono bene, dei pannelli in
carton gesso che, in spessori
modesti, incorporano materiali in grado di garantire un
significativo abbattimento
acustico.
FOCUS ON
anche se può apparire eccessivo, si è rivelato provvidenziale. Se come nel nostro caso si confina con un’unità
commerciale, che potrebbe
essere soggetta a un cambio
di destinazione e nella cui
parete in comune transitano
impianti idrici, è buona norma posizionare una piattina
in ferro di sufficiente spessore in grado di proteggere il
tubo in questione da un
eventuale vicino troppo
operoso che, dotato di un
trapano, ci infligga una punizione gratuita e dolorosa.
Un altro interessante aspetto
è la "sala macchine", locale a
sé che, a seconda dei casi, è
posto nello stesso studio in
apposito spazio confinato
per le eventuali manutenzioni e rumori, oppure nel solaio o nella cantina. In questi
due ultimi casi, spazio permettendo, oltre alle apparecchiature si stipano materiali
di consumo e altro. È vantaggioso prevedere una sorta
di citofono interno o linea
telefonica dedicata che ci
permetta di comunicare con
il locale in questione, cosa
utile quando dobbiamo parlare con un tecnico che sta
eseguendo riparazioni o con
il personale di studio al quale possiamo segnalare cosa
prendere da quel locale o cosa eventualmente è stato dimenticato.
Questo insieme di suggerimenti è frutto di esperienza
sia personale che di altri colleghi che da sempre si interessano all’ambiente e alle
soluzioni per renderlo il più
efficiente e piacevole per
noi, per il nostro personale
e, ovviamente, per i pazienti
che lo frequentano.
Ognuno poi potrà trarne
uno spunto e in base alla
personale esperienza plasmare la soluzione o l’idea
alla propria realtà lavorativa.
Molte altre sono state le idee
dettate dall’esperienza del
quotidiano, la cui realizzazione ha richiesto tempo e
passione, due risorse fondamentali che è sempre utile
avere in abbondanza perché
quando finiscono, e non
sempre in questo ordine,
poche sono le cose che si
possono realizzare.
Un sentito grazie con la
profondità di chi ha superato gli "anta" alle tante persone che ci hanno aiutato in
questa impresa, e uno particolarmente affettuoso al mio
fedele personale, che mi segue con passione e stima in
ogni iniziativa che, all’inizio,
può apparire sopra le righe.
Aldo Crespi
>
Fig. 3: mobile dello studio con comando del cestino a pedale idrico
>
Fig. 4: cassetti con luce automatica in apertura
Varie ed eventuali
Per i più appassionati, ai
quali piace pensarle quasi
tutte, vorremmo ricordare
un piccolo espediente che,
>
Fig. 5: telecamera e monitor in zona clinica
>
Fig. 6: piccola scala estratta dal mobile
<< <<
FOCUS ON
24
Profilassi antibiotica
sempre più in discussione
l’endocardite batterica sembra essere inutile a due anni
di distanza dalle ultime linee
guida emanate nel Regno
Unito dal Nice, il National
Institute for Health and
Clinical Excellence, organo
indipendente che si occupa
di ricerca, documentazione
e organizzazione sanitaria
(Impact of the Nice guideline
recommending cessation of
antibiotic prophylaxis for
prevention of infective endo-
carditis: before and after
study. Bmj 2011;342:d2392).
Niente antibiotici
siamo inglesi
Era il marzo del 2008 quando
la clinical guideline n. 64 del
Nice infranse una tradizione
oramai cinquantenaria consigliando di non eseguire più
questa profilassi per tutti i
pazienti considerati a rischio
prima di interventi odontoia-
trici o di altra natura, nonostante le statistiche dimostrassero una tendenza ascendente sia per l’incidenza che
per la mortalità dovute a questa malattia. A dire il vero,
non fu solo l’ente britannico
a mostrarsi revisionista: anche
l’American
Heart
Association e la European
Society for Cardiology modificarono le loro raccomandazioni nello stesso periodo, ma
non in modo così radicale.
<< <<
carditi infettive e che, invece, siano più pericolose le
batteriemie che si verificano
dopo le attività quotidiane
come mangiare e spazzolare
i denti.
Un recente studio mette in dubbio l’utilità della profilassi antibiotica
contro l’endocardite batterica. Ma è solo l'ultimo dubbio di una lunga
serie, che getta ombre su questa pratica in molte terapie odontoiatriche
Con l’aria che tira per, anzi
contro, i medici in Italia, difficilmente un articolo potrà
fargli modificare certe precauzioni, anche se proviene
dalle colonne del famoso
British Medical Journal.
In sintesi, l’articolo di
Martin Thornhill, professore di patologia orale a
Sheffield, e dei suoi collaboratori (tra cui un cardiologo
e un biostatistico) dice che
l’antibioticoprofilassi del-
25
E così, a due anni di distanza, Thornill e colleghi hanno
incrociato i dati sulle prescrizioni di antibiotici per la
profilassi con quelli di incidenza e di mortalità e sono
arrivati a conclusioni al limite dell’eresia. I disciplinati sudditi di sua maestà britannica hanno messo subito
in pratica le indicazioni del
Nice e le dosi vendute sono
calate di quasi l’80% per i
dentisti e di circa il 60% per
i medici. Nello stesso lasso
di tempo è proseguita la salita dei nuovi casi e delle morti ma con la stessa velocità
registrata prima del 2008 e
non in modo più rapido, come ci si sarebbe logicamente
dovuto attendere e come era
previsto dalla biostatistica.
Una ricerca nel buio
Nella discussione dei risultati gli autori mettono onestamente in luce alcuni punti
deboli del metodo seguito,
in particolare il fatto che,
ancora oggi dopo centinaia
di articoli pubblicati su questo tema, non si conosce ancora la percentuale di casi
provocati da manovre odontoiatriche. Ciò significa che
gli statistici non possono determinare la grandezza che
dovrebbe avere il campione
da studiare: infatti, se il peso
degli interventi odontoiatrici fosse poco importante, sarebbero necessarie 478 milioni di persone: in pratica,
ci vorrebbe tutta la popolazione dell’Unione Europea.
Tuttavia, il fatto che non vi
sia stato un aumento significativo di casi nella popolazione inglese (circa 51 milioni di abitanti) a fronte di
una riduzione così grande
della profilassi antibiotica,
sostiene l’ipotesi (già avanzata da tempo) che l’odontoiatria non sia responsabile
di un gran numero di endo-
LA TERAPIA ANTIBIOTICA
Il sospetto che una batteriemia conseguente a una
manovra odontoiatrica potesse causare l’infezione
dell’endocardio cominciò ad apparire nelle pubblicazioni degli anni Quaranta e indussero l’American
Heart Association a emanare le prime raccomandazioni nel 1955. Da allora le linee guida si sono rinnovate ben nove volte (l’ultima versione è del 2007). La
penicillina nelle sue varie forme, e non poteva essere
diversamente, restò il farmaco consigliato fino al
1990, quando cedete il posto all’amoxicillina. La posologia, invece, ha subito cambiamenti più importanti ma sempre in senso discendente, con una riduzione sia delle dosi sia della durata di assunzione.
A modificare per primi le indicazioni sono gli esperti
della British Society for Antimicrobial Chemotherapy
che nel 2007 riducono l’elenco delle patologie considerate a rischio. Le procedure odontoiatriche per cui è indicata la profilassi sono per questi esperti «tutte le procedure che riguardano i tessuti gengivali o periapicali
o che comportano la perforazione delle mucose orali
(esclusa l'iniezione di anestetico in tessuti non infetti)».
Farmaci e dosi
(da JADA 2007, 138; 739-60)
Una ricerca
che non si può rifiutare
I dubbi sollevati sulla profilassi dell’endocardite sono
soltanto gli ultimi della serie;
negli anni più recenti, viene
sempre più messa in discussione la profilassi antibiotica
anche in altri contesti, per
esempio nei portatori di
protesi articolari, in implantologia o in chirurgia maxillo-facciale. Alla base di questa prassi preventiva c’è una
lunga tradizione, di poco più
giovane della penicillina, che
nel tempo ha trovato conferme di tipo aneddotico basate
sull’osservazione clinica ma
senza arrivare alle moderne
prove di efficacia. Le comprensibili preoccupazioni
verso le conseguenze devastanti di un’infezione postoperatoria su una protesi articolare o valvolare, a fronte
dei rischi sicuramente minori di un ciclo di antibiotico,
l’hanno trasformata quasi in
un dogma, grazie anche alle
altrettanto comprensibili
preoccupazioni di tipo medico-legale alimentate dalla
cosiddetta medicina difensiva e dal clima poco favorevole ai medici nelle aule di giustizia.
Dall’altra parte, l’insopprimibile spirito critico che
anima ogni buon clinico e
ogni ricercatore, insieme
con la necessità non più rinviabile di contrastare la progressione dei fenomeni di
resistenza batterica e di usare gli antibiotici nel modo
più razionale possibile, porta sempre più spesso a revi-
sioni critiche della profilassi
a tappeto nel tentativo di selezionare quei pazienti in
cui il rischio è reale e non
solo teorico.
Contemporaneamente, è necessario individuare quali
siano le procedure terapeutiche effettivamente in grado di provocare una batteriemia potenzialmente in
grado di causare un’infezione a distanza. La risposta al
dilemma antibiotico sì/antibiotico no può venire da ricerche di tipo multicentrico,
in doppio cieco, con placebo
e con selezione casuale dei
soggetti (randomizzazione).
Una proposta quanto meno
audace per le imponenti implicazioni etiche e pratiche
(chi correrebbe certi rischi
per il progresso della scienza?), tanto più quando si fa
causa per molto meno di
un’endocardite.
Scienza e coscienza
Nel frattempo non resta
che appoggiarsi alle rassegne della letteratura, come
quelle che citiamo di seguito, all’esperienza acquisita e
al buon senso clinico.
Incominciamo con un recentissimo articolo di Skaar
e colleghi pubblicato nel
numero di dicembre del
Journal of American Dental
Association a proposito dell’utilità della profilassi antibiotica nei portatori di protesi articolari raccomandata
ufficialmente da alcuni anni
da parte dell’American
Academy of Orthopedic
Surgeons. Gli autori hanno
passato al setaccio i dati dei
beneficiari del programma
Medicare nel decennio
1997-2006, individuando
coloro che avevano subito
un’infezione articolare dopo artroplastica e coloro
FOCUS ON
che si erano sottoposti a cure
dentistiche in grado di provocare batteriemia (tra cui
igiene professionale, endodonzia
e
estrazioni).
Incrociando le serie di dati e
confrontandole con un
gruppo di controllo, non è
emersa alcuna correlazione
di significato statistico tra
infezione in un sito di artroplastica e le cure dentistiche
considerate eseguite fino a
sei mesi prima. Come riconoscono gli stessi autori, la
loro ricerca deve scontare alcune limitazioni metodologiche ma, nonostante questo,
fornisce buone prove che le
cure prese in esame non siano una causa frequente delle
infezioni nei siti di artroplastica.
Sempre su Jada (Lockhart PB
et al 2007;138(4):458-74) si
può reperire una revisione
molto esauriente sulle varie
indicazioni della profilassi
antibiotica in odontoiatria
(tra cui diabetici insulinodipendenti, immunosoppressi, dializzati, portatori di
pacemaker, di innesti vascolari, di drenaggio per idrocefalia, pazienti con lupus eritematoso cronico). Per nessuna di tali condizioni esistevano prove definitive, a
eccezione di una revisione
sistematica e di due sere di
casi clinici che fornivano un
debole sostegno a favore di
questa prassi.
L’impianto?
Meglio al coperto
In controtendenza rispetto a
quanto affermano le ultime
pubblicazioni,
Mauro
Esposito e colleghi sostengono, in base alla revisione
sistematica della letteratura,
che vi sono alcune prove a
favore della profilassi negli
interventi di implantologia.
Testualmente: «alcune prove
suggeriscono che 2g di
amoxicillina per via orale
un’ora prima riducono il
fallimento degli impianti in
condizioni
ordinarie».
Rimane invece ancora incerta la validità della copertura
antibiotica post operatoria,
così come non si può ancora
dire quale sia il farmaco più
appropriato. A favore di
questa prassi c'è pure l’assenza di segnalazioni di significative reazioni indesiderate. Ma, per il resto, anche in implantologia la profilassi antibiotica rimane
fonte di controversie. Il testo
integrale dell’articolo è reperibile nell’archivio della
Cochrane Library (Cochrane
Database of Systematic
Reviews 2010, 7. Art. No:
CD004152).
A conclusioni simili arriva
un’altra revisione sistematica che riguarda la chirurgia
ortognatodontica (Su Keng
Tan et al. Oral Surg Oral
Med Oral Pathol Oral Radiol
Endod
2011;112:19-27).
Anche in questo ambito persiste un’animata controversia sulla profilassi antibiotica e, ancora oggi, non si dispone di un consensus ufficiale. Gli autori hanno quindi raccolto le pubblicazioni
più affidabili (cinque studi
clinici randomizzati) e hanno concluso che è raccomandata la profilassi con
una posologia a dose singola, ma non altrettanto si può
dire sulla sua estensione postoperatoria. Infatti, per
quanto si sia riscontrata
un’incidenza di infezioni significativamente maggiore
nei gruppi placebo, non sono emerse differenze di rilievo statistico tra profilassi a
breve e a lungo termine.
Susanna Levi
27
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FOCUS ON
Gli anestetici locali
in odontoiatria
LE CARATTERISTICHE IDEALI
DI UN ANESTETICO LOCALE
Caratteristiche, meccanismo d’azione, farmacodinamica ed effetti avversi.
Ma quali sono i più usati? Quali fattori influenzano la loro azione?
E quali sono le caratteristiche ideali di un anestetico locale?
La storia dell’odontoiatria è
piena di aneddoti terrificanti
che si riferiscono ai tempi in
cui l’anestesia era sconosciuta
e si ricorreva a palliativi di
scarsa efficacia. Solo un secolo fa, nel 1905, il chimico tedesco Alfred Einhord sintetizzò la novocaina, che segnò
un decisivo passo avanti verso una medicina e un’odontoiatria decisamente meno
cruente.
Per approfondire l’argomento
degli anestetici locali, presenza
ormai irrinunciabile in qualsiasi studio dentistico, facciamo riferimento agli interventi
formativi degli anestesisti
Franco Marinangeli, professore aggregato dell’università degli studi di L’Aquila e di
Danilo Celleno, direttore del
dipartimento di emergenza
dell’ospedale Fatebenefratelli
Isola Tiberina di Roma.
Gli anestetici locali sono farmaci che bloccano la condu-
FARE A MENO DEI FARMACI?
LA VIA DELL’AGOPUNTURA
«La stimolazione di certi punti del corpo con l’inserimento di sottili aghi ha mostrato di stimolare aree cerebrali
collegate alla riduzione della sensibilità al dolore e allo
stress, oltre a promuovere il rilassamento e la disattivazione del “cervello analitico”, responsabile dell’ansia». Sono
le conclusioni di uno studio (1) che risale a una dozzina
di anni fa; da allora numerose sperimentazioni hanno approfondito l’efficacia e le modalità d’azione dell’agopuntura come anestetico naturale e alternativo ai farmaci in
odontoiatria.
Studi controllati hanno mostrato che l’agopuntura all’orecchio è altrettanto efficace del midazolam intranasale
nel ridurre l’ansia legata ai trattamenti odontoiatrici (2) e
che l’agopuntura è più efficace del placebo nel prevenire il dolore dentale post-operatorio (3) e nel ridurre il riflesso faringeo (4). Un altro studio randomizzato controllato (5) non ha invece rilevato alcuna capacità dell’agopuntura nel ridurre la soglia della sensibilità della polpa
dentale alla stimolazione elettrica ai denti incisivi.
Oltre a questi, sono stati pubblicati altri studi basati su serie di casi che segnalano un’efficacia dell’agopuntura,
ma mancano revisioni recenti della letteratura che possano fare ordine tra le evidenze scientifiche finora prodotte,
valutando in particolare la qualità metodologica delle
sperimentazioni.
Gli autori che hanno condotto i vari studi hanno ipotizzato diversi meccanismi d’azione dell’agopuntura, che
esprimerebbe la sua efficacia:
• stimolando i nervi e portando al rilascio di endorfine e
di altri fattori neuro umorali (per esempio neuropeptide Y
e serotonina) e modificando la reazione cerebrale agli stimoli dolorosi;
• riducendo il riflesso cardiovascolare stimolato dal dolore ai denti, che è associato al sistema nervoso simpatico;
• aumentando il rilascio di adenosina che ha proprietà
antinocicettive;
• modulando le reti delle strutture limbiche-paralimbicheneocorticali;
• riducendo l’infiammazione, con il rilascio di fattori vascolari e immunomodulatori;
• migliorando la microcircolazione locale, che aiuta la riduzione del gonfiore.
1. Radiology 1999 ; 212: 133-41.
2. Anesth Analg 2007; 104: 295-300.
3. Arch Otolaryngol Head Neck Surg 1999; 125: 567-72.
4. British dental journal 2010; 208: E19.
5. Medical Acupuncture 2009; 21: 167-71.
zione nervosa, quando vengono applicati localmente al
tessuto nervoso in concentrazioni appropriate.
Agiscono su qualsiasi parte
del sistema nervoso e su ogni
altro tipo di fibra nervosa,
producendo sia la paralisi
sensoriale sia la paralisi motoria.
Caratteristica essenziale è ovviamente la reversibilità della
loro azione, che non produce
danni strutturali della fibra
nervosa. Esaurita la definizione, valida ormai per un gran
numero di anestetici oggi disponibili per il dentista, per
orientarsi tra i vari tipi di farmaci occorre abbozzarne una
classificazione e la prima
grande suddivisione è tra gli
esteri, che comprendono procaina, clorprocaina e tetracaina e gli amidi, tra cui si annoverano prilocaina, etidocaina, lidocaina, mepivacaina,
bupivacaina, articaina, ropivacaina e levobupivacaina.
Gli anestetici locali possono
presentare problemi di tossicità, dovuta a sovradosaggio,
che avvengono soprattutto a
carico del sistema cardiovascolare o del sistema nervoso
centrale. Nel primo caso,
l’aumento dei livelli sierici
dell’anestetico locale può
comportare: ipertensione lieve da vasocostrizione; ipotensione da ridotta gittata cardiaca secondaria a ridotto
inotropismo; ipotensione e
collasso cardiocircolatorio da
vasodilatazione periferica;
blocchi sinusale e atrio ventricolare, fino all’arresto.
Il sistema nervoso centrale, in
conseguenza alla concentrazione dell’anestetico nel sangue, attraversa una prima fase eccitatoria (brividi, cloni
muscolari e tremori prima al
volto poi agli arti quindi convulsioni generalizzate) che
può essere seguita da una depressione generalizzata (sonnolenza, sedazione profonda,
fino al coma).
Ovviamente si parla qui di
conseguenze estreme, ma anche nella pratica quotidiana è
importante conoscere la relazione tra concentrazione plasmatica e tossicità per stabilire le dosi più sicure, tenendo
conto dei diversi fattori che
influiscono su attività e tossicità degli anestetici locali, in
particolare l'assorbimento sistemico, la distribuzione, il
metabolismo e l'escrezione.
Gli anestetici locali
più utilizzati
Al di là delle complesse reazioni chimiche che ne determinano l’azione sul sistema
nervoso, riassumiamo qui le
caratteristiche di alcuni di
questi farmaci.
La lidocaina è un composto
solubile in acqua e molto stabile. Può essere sottoposto a
sterilizzazione in autoclave
per sei ore o a trattamenti
multipli senza perdere di potenza. Ha una elevata affinità
per i tessuti grassi. Si diffonde
facilmente, ha proprietà vasodilatatrici e per questo motivo
è l'anestetico locale che meglio si presta a essere somministrato assieme all'adrenalina che limita le concentrazioni plasmatiche, prolunga la
durata d'azione e ne aumenta
la potenza.
Produce un’anestesia più rapida, più intensa e più duratura della procaina. Viene
usata sia nelle anestesie locali
che come antiaritmico; non è
allergenico né cardiotossico.
La mepivacaina si presenta
come una polvere bianca, cristallina e senza odore. È molto simile alla lidocaina (pur
essendo più potente e meno
tossica di questa) e viene utilizzata a dosi e concentrazioni
simili. È l'unico anestetico locale che non ha proprietà di
vasodilatazione, per cui non
necessita dell'aggiunta del vasocostrittore. Ha un tempo di
latenza relativamente breve e
una durata d'azione simile a
quella della lidocaina.
La bupivacaina è solubile in
acqua e stabile alla sterilizzazione in autoclave. Si lega alle
proteine plasmatiche per il
79-90%. Questo anestetico
locale è caratterizzato da un
lungo periodo di latenza e da
una lunga durata d'azione. La
sua potenza è quattro volte
superiore a quella della lidocaina, ma anche la sua tossicità è maggiore. In particolare, in gravidanza sembrerebbe
aumentata la sua cardiotossicità.
L'articaina è stata sintetizzata
per la prima volta nel 1969 e
>
z Ottima potenza ed efficacia a basse concentrazioni
z Buona penetrabilità
z Breve periodo di latenza
z Lunga durata d’azione
z Bassa tossicità sistemica
z Nessuna neurotossicità
z Completa reversibilità d’azione
z pH della preparazione il più possibile vicino
a quello fisiologico
z Nessun fastidio all’iniezione
z Stabilità della preparazione
distribuita sul mercato tedesco, per poi estendersi successivamente negli Stati Uniti e
in Canada e diventare uno degli anestetici locali più utilizzati.
L’eliminazione dell’articaina è
esponenziale, con un’emivita
di 20 minuti; è idrolizzata
molto rapidamente nel sangue, quindi il rischio di intossicazione appare inferiore ad
altri anestetici, specie in caso
di iniezioni ripetute. Tuttavia
la letteratura riporta alcuni
effetti avversi condivisi con la
prilocaina: raramente, dopo
l’iniezione, si può manifestare
metaemoglobinemia; i due
anestetici si associano, per ragioni sconosciute, a una maggiore frequenza di parestesie;
si consiglia inoltre di non
somministrarli ai pazienti
con
metaemoglobinemia
congenita.
La ropivacaina è un nuovo
anestetico locale a lunga durata d’azione. Gli effetti collaterali sono gli stessi delle altre
amidi a lunga durata, ma in
particolare si è rilevata una ridotta tossicità cardiaca rispetto alla bupivacaina ed effetti
come la nausea e vomito nelle
pazienti gravide sembrano essere di minore rilevanza clinica. Gli effetti clinici sono invece sovrapponibili a quelli
della bupivacaina, ma potrebbe avere il vantaggio di un
blocco
motorio
meno
profondo e di minor durata.
I fattori che ne
influenzano l’azione
A influenzare l'azione farmacologica degli anestetici locali
contribuiscono numerosi fattori. Vediamo i principali.
Anzitutto il dosaggio: un suo
aumento riduce la latenza,
aumenta il tasso di successo e
prolunga la durata d’azione.
L’incremento del dosaggio si
ottiene attraverso il volume o
la concentrazione della soluzione anestetica.
Caratteristiche dei principali anestetici locali
L'aggiunta di vasocostrittori
come l’epinefrina riduce il
tasso di assorbimento vascolare permettendo a una maggiore quantità di anestetico di
raggiungere la membrana
nervosa: migliora, pertanto, la
profondità e la durata dell’anestesia.
La sede di somministrazione è
una variabile importantissima: una più rapida insorgenza
e una minore durata di azione
si osserva nella somministrazione sottocutanea e intratecale. Le latenze più lunghe, le durate maggiori, sono associate a
blocchi del plesso brachiale
(20-30 minuti la latenza, 10
ore la durata). Ciò è dovuto alla particolare anatomia della
sede che influenza sia l’assorbimento vascolare che la
quantità di anestetico impiegata nelle varie tecniche di
anestesia regionale.
Carbonazione: l’aggiunta di
NaHCO3 alla soluzione di
anestetico locale riduce la latenza del blocco.
L’incremento del pH della soluzione determina un aumento della quota liposolubile
non ionizzata che diffonde
più rapidamente all’interno
della membrana e la guaina
nervosa, con più rapida insorgenza dell’anestesia.
La composizione di miscele
di anestetici locali permette
di compensare la durata d’azione di alcuni (lidocaina,
mepivacaina) e la lunga latenza di altri (bupivacaina).
L’uso di miscele di farmaci
con lo stesso tipo di azione offre la possibilità di sfruttare le
proprietà dei farmaci riducendone il dosaggio e quindi
la tossicità.
Da citare infine l'aggiunta di
oppiacei, che consente di ottenere un’anestesia adeguata, di
maggior durata, con una riduzione del dosaggio di anestetico locale soprattutto nei blocchi centroneuroassiali.
Giampiero Pilat
<< <<
FOCUS ON
28
Le reazioni allergiche
agli anestetici locali
Tra le reazioni avverse agli anestetici locali, quelle allergiche
possono essere particolarmente gravi. Ecco i consigli dell'esperto
su come riconoscerle e come comportarsi in questi (rari) casi
I farmaci utilizzati per le procedure di anestesia locale possono essere responsabili di reazioni avverse in seguito alla loro somministrazione, anche in ambito odontoiatrico. In alcuni casi si tratta di reazioni di ipersensibilità.
È sbagliato pensare che queste situazioni abbiano probabilità quasi nulle di verificarsi.
Non è così, e sarebbe irresponsabile, oltre
che deontologicamente scorretto, non essere
preparati all'evenienza.
Allo stesso tempo non è il caso di creare allarmismi: in passato questi effetti avversi sono
stati sovrastimati, diventando causa di immotivati e inaccettabili astensionismi terapeutici.
Italian Dental Journal ha intervistato un’esperta sull'argomento: Caterina Detoraki della divisione di allergologia e immunologia clinica
(diretta dal professor Gianni Marone)
dell’Azienda
ospedaliera
universitaria
Federico II di Napoli.
La dottoressa Detoraki ha tra l’altro pubblicato un dettagliato articolo sulle reazioni allergiche agli anestetici locali sull blog Zerodonto
(www.zerodonto.com).
Dottoressa Detoraki, con
che frequenza si manifestano le reazioni allergiche agli
anestetici locali usati in
odontoiatria?
In realtà, le vere reazioni di
tipo allergico (immuno-mediato) agli anestetici locali
sono rare. Si stima che soltanto l’1% delle reazioni avverse registrate in seguito alla somministrazione di un
anestetico locale siano di
origine allergica, mentre so-
>
no molto più frequenti le
reazioni avverse di tipo “tossico”, le reazioni vaso-vagali,
di tipo cardiovascolare, di tipo nervoso o psicogene.
Quali sostanze possono esserne responsabili?
Gli anestetici locali vengono
suddivisi dal punto di vista
chimico-farmacologico in
due classi principali: esteri e
amidi. La prima è rappresentata dai derivati dell’acido
paraminobenzoico e include
la cocaina, procaina, tetracaina, benzocaina e cloroprocaina, anestetici locali ormai superati. Gli anestetici
locali attualmente impiegati
in odontoiatria – come lidocaina, mepivacaina, articaina, bupivacaina ecc. – appartengono tutti alla classe delle
amidi, ottimamente tollerati
e raramente responsabili di
reazioni allergiche.
Esistono, tuttavia, componenti della soluzione anestetica che possono dare reazioni allergiche come i sulfiti
(ad esempio il metabisolfito), agenti antiossidanti aggiunti nelle soluzioni anestetiche contenenti vasocostrittori simpatico-mimetici (come l'adrenalina). Altri additivi come i parabeni, invece,
sono oggi scarsamente utilizzati.
Accanto agli additivi, bisogna infine considerare anche
probabili reazioni da ipersensibilità a soluzioni antisettiche (ad esempio la clorexidina) o secondarie al
contatto con il lattice contenuto nelle siringhe da iniezione o nei guanti dell’operatore.
Di quale tipo e gravità sono
queste reazioni?
Le reazioni di ipersensibilità
allergica possono essere di
tue tipi, secondo la classificazione su base immunologica
di Gell e Coombs: le reazioni
di tipo immediato (tipo I) e
le reazioni ritardate (tipo II).
Le reazioni di tipo I sono
mediate dall’interazione tra
anticorpi IgE specifici per
l’anestetico locale presenti
nel siero del paziente precedentemente sensibilizzato e
le cellule effettrici primarie
delle reazioni allergiche, ossia i mastociti tissutali e i basofili circolanti del sangue
Caterina Detoraki
periferico. Questa interazione determina l’attivazione
cellulare con successivo rilascio di mediatori vasoattivi
(istamina, leucotrieni, prostaglandine, Paf ecc.), citochine e chemiochine responsabili delle reazioni allergiche.
Dal punto di vista clinico, esse sono caratterizzate da notevole variabilità e possono
interessare diversi organi e
apparati (come cute, apparato respiratorio, apparato cardiovascolare o gastrointestinale) fino all’anafilassi sistemica che rappresenta l’evento clinico più drammatico e
potenzialmente
letale.
Nonostante le reazioni da
ipersensibilità di tipo allergico rappresentino una quota
numericamente trascurabile
nell’ambito delle reazioni
avverse ad anestetici locali,
esse possono essere clinicamente rilevanti per la loro
imprevedibilità e potenziale
gravità.
Le reazioni da ipersensibilità
di tipo II sono generalmente
indotte dal contatto attraverso la cute di anestetici locali
con comparsa di lesioni cutanee di tipo eczematoso,
spesso a carico delle mani.
Quali segni e sintomi devono far pensare a una reazione allergica?
Le reazioni allergiche solitamente decorrono entro pochi minuti o poche ore dalla
somministrazione dell’anestetico locale, mentre in una
piccola percentuale di casi si
possono ripresentare a distanza di alcune ore dall’evento iniziale oppure possono avere un decorso prolungato oltre le 24 ore.
I segni e sintomi indicativi
di allergia possono essere
comparsa di prurito ed eritema intenso a carico della
superficie palmare delle mani o plantare dei piedi o interessante altre sedi, eruzione cutanea di tipo orticarioide (eritemato-pomfoide) localizzata o diffusa,
comparsa di angioedema ossia una tumefazione non
pruriginosa, non dolente alla palpazione, a carico delle
palpebre, labbra o altre sedi
generalmente non contigue
al sito di iniezione dell’anestetico locale.
Può essere interessato l’ap-
29
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parato respiratorio con sintomi di rinorrea, starnuti o
difficoltà respiratoria dovuta a edema delle alte vie aeree o broncospasmo, mentre
a carico dell’apparato cardiovascolare si possono verificare alterazioni del ritmo o
severa ipotensione. Meno
frequente è l’interessamento
gastrointestinale, specie nell’ambito dell’anafilassi, con
sintomi quali dolori crampiformi addominali, diarrea
o vomito.
Sintomi neurologici o vascolari possono simulare un’ipersensibilità?
Assolutamente sì, dato che
come accennato all’inizio la
stragrande maggioranza delle reazioni avverse ad anestetici locali sono di tipo
non allergico come per
esempio le reazioni tossiche.
I segni di tossicità dovuta a
erronea modalità di somministrazione (come un'iniezione intravasale) o sovradossagio, scadenti condizioni cliniche del paziente (ad
esempio un'insufficienza renale o epatica) possono essere rilevanti e includono
agitazione, tremori, convulsioni, alterazioni del ritmo
fino alla depressione miocardica o respiratoria. La
stessa somministrazione di
adrenalina insieme all’anestetico locale allo scopo di
prolungare la durata dell’effetto anestetico, può indurre
tachicardia, ipertensione o
convulsioni.
Solitamente questi eventi sono determinati da un’“esagerata” risposta individuale o
da un elevato e rapido passaggio in circolo del vasocostrittore. Infatti, l’iniezione
di dosi elevate di vasocostrittori deve essere sempre evitata, soprattutto nei bambi-
ni, che a causa del basso peso
corporeo sono particolarmente sensibili all’azione
tossica dell’anestetico. È pertanto importante conoscere
il peso corporeo del piccolo
paziente e non superare le
dosi massime consigliate (da
questo punto di vista la lidocaina o articaina con adrenalina 1:100.000 possono essere considerate anestetici locali di elezione).
Per quanto riguarda i pazienti anziani non ci sono
particolari avvertenze se non
quelle di valutare le condizioni cliniche del paziente e
le eventuali terapie farmacologiche a cui è sottoposto.
Infine, bisogna considerare
che molto frequentemente si
possono presentare manifestazioni cliniche come iperventilazione, nausea, vomito,
sudorazione disorientamento o bradicardia, sintomi e
segni tipici delle reazioni vaso-vagali dovuti ad attivazione del sistema nervoso autonomo.
Perché è importante una
diagnosi differenziale? In
quali casi e in che modo deve essere condotta?
La diagnosi differenziale delle reazioni avverse ad anestetici locali è importante sia ai
fini della prevenzione che
dell’adeguato e tempestivo
trattamento delle reazioni
stesse.
È indispensabile una corretta
valutazione del paziente a rischio di ipersensibilità che si
basa primariamente su
un’attenta raccolta dell’anamnesi clinica. In base alla
sintomatologia riferita dal
paziente (agitazione, sudorazione, nausea, pallore, lipotimia) è già possibile sospettare una reazione di tipo vasovagale, che nella maggior
FOCUS ON
parte dei casi è transitoria.
I soggetti considerati “a rischio” di allergia a un anestetico locale sono quelli che all’anamnesi riferiscono di
aver presentato, durante o
nelle ore successive alla somministrazione dell’anestetico
locale, sintomi e segni clinici
caratteristici delle reazioni
allergiche.
È importante ricordare a
questo punto che l’atopia
(allergia respiratoria o cutanea) non rappresenta un fattore di rischio superiore rispetto alla popolazione generale, pertanto non è razio-
nale richiedere l’esecuzione
di test di tolleranza all’anestetico locale in questi soggetti, in assenza di precedenti reazioni ad anestetici locali. È tuttavia fondamentale
individuare i pazienti con
patologie croniche concomitanti come cardiopatie o
ipertensione arteriosa che
possono rappresentare di
per sé o in conseguenza dei
farmaci assunti per il loro
trattamento, fattori di rischio per reazioni allergiche
anche di tipo anafilattico.
Per esempio, i pazienti allergici ipertesi in trattamento
con farmaci beta-bloccanti o
Ace-inibitori possono presentare un decorso clinico
più severo in corso di reazione allergica per cui è opportuno, in prossimità dell’intervento chirurgico sostituire la terapia con beta-bloccanti o Ace-inibitori con altri presidi antiipertensivi.
Infine, nella diagnosi differenziale delle reazioni allergiche ad anestetici locali deve essere presa in considerazione la possibile intolleranza verso principi attivi e sostanze comunemente utilizzate nella pratica odontoiatrica (clorexidina e lattice su
tutte) che possono ugualmente indurre reazioni da
ipersensibilità anche in forma severa.
Pertanto, solo in caso di
anamnesi positiva per reazione da ipersensibilità a un
anestetico locale il paziente
deve essere inviato allo specialista allergologo allo scopo di praticare i test di tolleranza per identificare l’anestetico locale che potrà essere somministrato al paziente
nel caso siano necessari successivi interventi odontostomatologici.
Renato Torlaschi
DENTALevidence
Review della letteratura internazionale
FARMACOLOGIA
Bisfosfonati e osteonecrosi:
esiste una “vera” prevalenza?
Quanto frequente sia il rischio di osteonecrosi (Onb)
nei pazienti oncologici ad
oggi nessuno lo sa.
Esistono svariati studi scientifici, però, che hanno cercato di far luce sull’entità del
problema e i cui risultati sono stati indagati criticamente
in una revisione sistematica,
pubblicata nel 2010 su
Support Care Cancer da un
gruppo di ricercatori brasiliani.
La revisione si poneva come
obiettivo la raccolta di tutte
le migliori informazioni della letteratura in grado di dare
un’indicazione sui valori di
prevalenza di Onb nei pazienti oncologici, ossia la frequenza della malattia in popolazioni a rischio. In particolare, gli autori facevano riferimento a un arco temporale che andava dall’ottobre
2003, quando veniva riportato il primo caso di Onb, al dicembre 2008.
Conoscere la “reale” prevalenza di Onb non solo consentirebbe di valutare il suo
impatto sulla salute pubblica,
ma pure di pianificare e programmare al meglio le risorse sanitarie. Compito tutt’altro che semplice, dal momento che parecchi fattori
concorrono a influenzare la
qualità degli studi e la determinazione della prevalenza
in modo accurato.
L’eterogeneità degli studi disponibili (studi retrospettivi,
piuttosto che prospettici o
studi epidemiologici basati
sulle interviste) non aiuta e
rende difficoltoso comprendere quanto alto sia davvero
questo valore. Al 2008, gli autori non hanno riscontrato
alcun trial clinico controllato
e randomizzato nè alcuna
precedente metanalisi sull’argomento. Gli autori hanno però selezionato 11 studi
che valutavano, in modi differenti, la frequenza di Onb
nei pazienti oncologici.
La dimensione totale del
campione, ottenuta mettendo insieme gli 11 studi, era di
39.124 pazienti e la media
ponderata di prevalenza di
Onb era del 6.1%. Ossia una
media di sei pazienti su 100,
in terapia anti-cancro, mostrava segni di Onb. Dato
suggerito anche da un’altra
recentissima revisione, stavolta pubblicata su Nature.
In particolare l’intervallo di
confidenza, quindi il range
minimo-massimo di frequenza,
era
0.3-11%.
Analizzando le percentuali di
prevalenza in base al tipo di
studio condotto, si poteva
notare come esse variassero
notevolmente:
� per gli studi epidemiologici la prevalenza è l’1.2%;
� per gli studi a coorte con
follow-up del paziente documentato è del 13%;
� per gli studi a coorte con
follow-up del paziente non
documentato è dello 0.7%.
La tipologia di bisfosfonato
impiegato era il secondo importante fattore in grado di
influenzare la prevalenza in
modo significativo: quando
la terapia prevedeva il solo
acido zolendronico la percentuale era di circa l’8%, similmente se si utilizzava solo
pamidronato (7%), ma saliva
considerevolmente con una
terapia combinata (21%).
Sempre al 2008, secondo gli
autori, non esistevano studi
volti a indagare in modo sistematico la qualità di vita
dei pazienti con Onb né l’impatto della stessa sulle risorse
economico-sanitarie.
Esistevano, invece, studi che
si erano preoccupati di valutare il difficile trattamento
dei pazienti con Onb. Le tecniche includevano, a seconda della gravità, utilizzo di
antisettici locali, terapie antibiotiche, debridement locale fino a resezioni chirur-
giche della zona necrotica.
Gli studi revisionati mostravano un gran numero di
protocolli proposti, ma gli
outcome degli stessi non
sembravano favorire una
particolare modalità di terapia piuttosto di un’altra. In
generale era però possibile
constatare come l’approccio
fondato sul controllo dell’infezione locale mostrasse
con certezza un ruolo predominante e imprescindibile nella gestione di questi
pazienti.
Il fatto che non fosse riportato alcun ampio studio prospettico multi-centrico no
permette purtroppo di accertare quale sia la “vera” prevalenza di Onb.
A ciò si aggiungono fattori
addizionali che possono aver
influenzato i valori ottenuti
nei diversi studi e non considerati nella revisione proposta (come le differenze tra tra
gruppi di diversa provenienza geografica).
Non ultimo, la revisione include articoli pubblicati prima del 31 dicembre 2008.
Oggi, con il crescere dell’impiego di questi farmaci da
un lato e la maggior attenzione alla prevenzione di
Onb dall’altro, il numero di
casi di Onb potrebbe essersi
significativamente modificato. Se in aumento o in diminuzione, però, ancora
una volta non è dato saperlo.
Elena Varoni
Migliorati CA, Woo SB, Hewson
I, Barasch A, Elting LS, Spijkervet
FK,
Brennan
MT;
Bisphosphonate Osteonecrosis
Section, Oral Care Study Group,
Multinational Association of
Supportive Care in Cancer (MASCC)/International Society of
Oral Oncology (ISOO). A systematic review of bisphosphonate
osteonecrosis (BON) in cancer.
Support Care Cancer 2010
Aug;18(8):1099-106.
Reid IR, Cornish J. Epidemiology
and pathogenesis of osteonecrosis
of the jaw. Nat Rev Rheumatol
2011 Nov 29;8(2):90-6.
Nalliah R. Prevalence of bisphosphonate-related osteonecrosis in
patients with cancer could be as
high as 13.3 percent. J Am Dent
Assoc 2012 Feb;143(2):170-1.
LASERTERAPIA
Utilizzo del laser per
il trattamento dell’osteonecrosi
La terapia dell’osteonecrosi
da bisfosfonati (Onb) rimane una preoccupante incognita nella pratica medica attuale. Problema che diventa
sempre più pressante a causa
del crescente impiego di tali
farmaci per cause oncologiche: una recente revisione ha
portato a stimare un’incidenza di Onb, in pazienti affetti
da differenti tipi di neoplasie,
variabile tra lo 0.3% e
l’11.9%.
La patogenesi dell’Onb pare
essere il risultato di alterato
metabolismo osseo dovuto
all’assunzione di questi farmaci, traumatismo locale,
quadri infettivi e ridotta vascolarizzazione. La durata
della terapia e il tipo di bisfosfonati assunti concorrono a determinare il rischio
di Onb.
A oggi non vi sono terapie
affidabili per il recupero delle osteonecrosi. Per questo la
prevenzione rimane la prima
linea di difesa. Antibiotici,
impiego di agenti antisettici,
debridement del sito di necrosi, sequestrectomia e resezioni chirurgiche, terapia
iperbarica e ozono-terapia
sono solo alcuni degli approcci proposti.
Recentemente si sono osservati risultati promettenti tramite l’impiego di plasma ricco di piastrine (Prp) o la biostimolazione per mezzo di
fototerapia a laser (Ftl). Il
Prp è un plasma con elevatissima concentrazione di piastrine umane autologhe e
fattori di crescita, ottenuto
tramite centrifugazione. La
Ftl è in grado, a sua volta, di
modulare la secrezione di citochine pro e antinfiammatorie e regolare l’angiogenesi.
Pertanto, questi trattamenti
sono principalmente volti a
migliorare la crescita e il differenziamento cellulare e la
neovascolarizzazione, migliorando così la risposta dei
tessuti alla guarigione. In
particolare, esistono alcuni
studi che hanno dimostrato
una buona efficacia della Ftl
nella cura delle osteoradionecrosi e della mucosite orale.
Su queste basi, un gruppo di
ricercatori brasiliani ha valutato in maniera retrospettiva,
su 22 pazienti oncologici con
Onb associata ad esposizione
ossea, l’efficacia della terapia
combinata di Prp e Ftl asso-
ciata a copertura farmacologica e chirurgia (gruppo test,
n=14), paragonandola a due
differenti protocolli, uno
esclusivamente farmacologico (n=3), basato sull’impiego
di antisettici locali e antibiotici sistemici, e uno clinicochirurgico (n=5), dove ai farmaci veniva associato un intervento chirurgico (sequestrectomia e/o osteotomia
e/osteoplastica).
Il trattamento laser veniva
effettuato con un laser a diodi, quotidianamente, fino ad
ottenere la guarigione mucosa del sito e/o la risoluzione
dei sintomi.
L’irradiazione era effettuata
sull’esposizione ossea e sui
tessuti circostanti.
Dopo un mese di trattamento, il gruppo test mostrava
una più elevata percentuale
di pazienti con risposta completa, nei quali cioè l’Onb
non era più associata ad
esposizione ossea né a sintomi (12 soggetti su 14, ossia
l’86%), se paragonata ai
gruppi di intervento farmacologico (nessuno dei 3 soggetti, 0%) e clinico-chirurgico (2 soggetti su 5, 40%).
L’effetto positivo del protocollo potrebbe essere legato
proprio all’incremento dell’angiogenesi, della proliferazione cellulare e della sintesi
di matrice extracellulare, indotto sia dal Prp che dalla
Ftl.
Purtroppo il campione davvero ridotto e il tipo di studio
clinico retrospettivo rende i
dati molto preliminari, pur
suggerendo come l’associazione di terapia farmacologica, chirurgica, Prp e Ftl possa
rappresentare un approccio
promettente per migliorare
significativamente la guarigione delle lesioni osteone-
crotiche da bisfosfonati nei
pazienti oncologici. Studi
prospettici, soprattutto riferiti a campioni più ampi, sono sicuramente necessari
per dare evidenze più convincenti.
Ad oggi, infatti, la miglior gestione dei pazienti che hanno
assunto o stanno assumendo
bisfosfonati si fonda su un rigoroso e indispensabile protocollo preventivo, volto a
escludere alla base la comparsa (e quindi il trattamento) di future complicanze
osteonecrotiche.
Elena Varoni
Martins MA, Martins MD,
Lascala CA, Curi MM, Migliorati
CA, Tenis CA, Marques MM.
Association of laser phototherapy
with PRP improves healing of bisphosphonate-related osteonecrosis of the jaws in cancer patients:
a preliminary study. Oral Oncol
2012 Jan;48(1):79-84.
Review della letteratura internazionale
<<
DENTALevidence
34
ENDODONZIA
<<
DENTALevidence
Review della letteratura internazionale
PATOLOGIA ORALE
Irriganti canalari
tra vecchie e nuove conoscenze
L’impiego di agenti chimici
durante la strumentazione
endodontica al fine di migliorare e completare la disinfezione canalare è un
aspetto fondamentale per il
successo della terapia. Infatti
il ruolo dei microrganismi
nello sviluppo di lesioni periapicali è ben noto in letteratura, come ben conosciuta
è la difficoltà che si incontra
nella loro (teoricamente)
completa rimozione.
La probabilità di una prognosi favorevole dell’elemento dentale è strettamen-
35
te connessa all’efficace eradicazione degli agenti infettivi prima dell’otturazione
dei canali.
Gli irriganti canalari sono
ausili complementari alla
strumentazione, la cui efficacia e capacità di entrare in
contatto con il tessuto infetto, sia da batteri che da detriti tissutali, rappresentano
aspetti fondamentali e non
scontati, dal momento che il
sistema canalare presenta
un’architettura molto complessa e i batteri sono aggregati in biofilm resistenti agli
agenti chimici e alle forze di
disgregazione.
L’irrigante canalare ideale
dovrebbe avere elevata attività antibatterica ad ampio
spettro e la capacità di rimuovere il tessuto pulpare
necrotico, di evitare la formazione di "smear layer" (o,
nel caso si formasse, di rimuoverlo) e anche di inattivare le endotossine batteriche. Dovrebbe inoltre favorire meccanicamente il risciacquo, evitando danni al
parodonto e tossicità sistemica.
Ipoclorito di sodio
L’ipoclorito di sodio rimane il
composto antibatterico più
efficace per la disinfezione canalare dal 1920. Si discute ancora su quale sia la concentrazione ottimale, anche se le letteratura rivela come non vi
sia alcun razionale nell’uso di
concentrazioni
superiori
all’1%, le quali non esplicano
un effetto antibatterico superiore, ma aumentano la probabilità di irritazione periapicale e riducono la flessibilità
della dentina. Alcuni studi
hanno proposto l’impiego di
ipoclorito riscaldato o abbinato ad ultrasoni, sebbene tali procedure siano ad oggi
controverse. Un fattore
senz’altro di maggiore importanza è il tempo di contatto
tra tessuto infetto e ipoclorito, sebbene ancora non sia
stato definito quanto questo
debba durare per ottenere risultati ottimali.
Tuttavia l’ipoclorito di sodio
non è in grado di rimuovere
le componenti inorganiche
dello "smear layer", le quali
possono essere efficacemente
disgregate per mezzo di agenti chelanti (come l’acido etilen-diamio-tetracetico
o
Edta) o soluzioni acide (acido
citrico o fosforico). Per questo, l’alternanza di ipoclorito
di sodio con Edta risulta essere a oggi il metodo di disinfezione più idoneo, evitando
però accuratamente che si
miscelino, dal momento che
l’Edta ridurrebbe immediatamente il cloro presente in soluzione, annullando l’azione
dell’ipoclorito di sodio contro
i batteri e il tessuto necrotico.
Clorexidina
Accanto all’ipoclorito di sodio, la clorexidina è stata proposta al 2% come ultimo lavaggio canalare, prima dell’otturazione, essendo dotata
di attività antibatterica e antifungina ed esplicando un minor effetto caustico sul parodonto rispetto all’ipoclorito.
Non è però in grado di rimuovere il tessuto necrotico e
ha una più bassa efficacia
contro i batteri Gram negativi.
Nuove soluzioni
Recentemente, nuovi irriganti
canalari si sono affacciati nella pratica clinica.
L’Mtad e il Tetraclean sono
tra i più studiati, sebbene la
loro utilità rimanga controversa. Sono entrambi una mistura di principio attivo ad attività antibiotica (tetraciclina
e doxiciclina, rispettivamente), soluzione acida (acido
acetico) e composto detergente (Tween 80 e polipropilene glicole, rispettivamente).
L’Mtad possiede alcuni vantaggi rispetto agli irriganti
convenzionali: è meno citotossico, pur mostrandosi efficace sia come antibatterico
che nel rimuovere lo "smear
layer" e i residui organici e
inorganici lungo tutto il canale, senza provocare alterazioni
nella struttura dentinale. Il
Tetraclean possiede proprietà
simili ma con una maggiore
capacità nel disgregare i biofilm batterici. Le evidenze ad
oggi disponibili, tuttavia, non
permettono di consigliare il
loro impiego in sostituzione
di ipoclorito di sodio ed Edta;
in particolare mancando studi sulla loro efficacia nel detergere il terzo apicale.
Altre novità sono legate ad
agenti utilizzati anche nella
detersione delle superfici e
degli strumenti medici. Le
“soluzioni elettrochimicamente attivate”, studiate dalla
fine degli anni ’80, sono state
indagate anche nella disinfezione dei canali radicolari. Si
tratta di soluzioni acquose
sottoposte all’azione elettrochimica di un polo (anodo o
catodo), la quale permette il
passaggio della soluzione a
uno stato metastabile che
porta alla produzione di
agenti ossidanti, in particolare elevate concentrazioni di
perossidi. Questi ultimi sono
in grado di esplicare attività
battericida e sporicida senza,
tuttavia, danneggiare i tessuti
biologici; sono stati testati in
endodonzia mostrando una
buona efficacia, in particolare
nella parte coronale e media
del canale, meno nel terzo
medio.
Su un principio simile si basa
l’impiego di acqua ozonata,
anch’essa recentemente studiata come irrigante canalare
innovativo. L’ozono (O3) è la
forma allotropica triatomica
dell’ossigeno e possiede un’energia molto più elevata rispetto all’ossigeno atmosferico (O2). L’ozono si forma naturalmente negli strati alti
dell’atmosfera (stratosfera) in
seguito alla scissione dell’O2,
ad opera della radiazione ultravioletta o di scariche elettriche generate dai fulmini, in
due radicali altamente reattivi
e in grado, a loro volta, di
combinarsi con l’ossigeno
molecolare (O2). L’ozono è un
potente agente battericida e
pertanto è stato testato anche
in endodonzia, seppur siano
stati ottenuti dati contrastanti
sulla capacità di disinfezione
dei canali.
La disinfezione "foto-attivata"
si basa invece sul concetto per
il quale alcuni agenti fotosensibili non tossici possono selettivamente accumularsi in
particolari tessuti e, successivamente, essere attivati dalla
luce a determinate lunghezze
d’onda a dare composti ossidanti, tossici per il tessuto dove si erano localizzati. Il blu di
metilene e il cloruro di tolonio sono due tra i più noti
agenti fotosensibilitzzanti,
proposti come irriganti canalari attivati da luce rossa. I dati, anche in questo caso, sono
contrastanti, principalmente
per la difficoltà nel trasmettere la corretta quantità di luce,
tramite fibre ottiche, all’interno del canale.
Infine, alcuni studi recenti
hanno indagato il ruolo antibatterico di sostanze naturali.
Fattori prognostici
nel carcinoma orale
Negli ultimi anni i programmi di screening designati all’identificazione sempre più
precoce dei casi di carcinoma orale, con l’individuazione il prima possibile di
alterazioni potenzialmente
maligne della mucosa orale,
si fondano su interventi di
educazione sanitaria rivolti
sia alla popolazione generale
che agli odontoiatri.
In particolar modo, il clinico
è chiamato a sviluppare l’abilità nell’identificare la malattia ai primi stadi, favorendo in modo significativo la
sopravvivenza del paziente,
diminuendone la probabilità di recidiva, permettendo
un approccio chirurgico più
conservativo.
Tuttavia, nonostante l’ispezione visiva e tattile faciliti il
riconoscimento della lesione
in fase iniziale, recenti studi
hanno evidenziato come la
presentazione di carcinoma
in stadi tardivi risulti ancora
di comune riscontro. Si stima che circa il 60% dei casi
vengano diagnosticati a stadio III o IV, con una percentuale di sopravvivenza che
va dal 10 al 40% a cinque
anni: strategie focalizzate alla diminuzione di questi casi
rappresenta tra i principali
scopi preventivi, ancor più
se si pensa che lo stadio alla
diagnosi rimane, ad oggi, il
più importante indicatore
prognostico, dal momento
che (come intuibile) a tumori avanzati corrispondono più elevati livelli di mortalità.
Analizzare, quindi, ipotetici
fattori legati a una presentazione clinica di carcinoma a
stadi tardivi (III e IV), è stato proposto quale studio
utile per ottimizzare programmi di prevenzione,
sempre più accurati e mirati
(migliorandone efficacia e
costi).
Su questo argomento si è focalizzato un gruppo di ricercatori spagnoli, che ha preso
in considerazione 88 pazienti con diagnosi di carcinoma
orale (primario) a qualsiasi
sito della bocca e a qualsiasi
stadio, correlando poi i casi
a stadi avanzati con differenti variabili legate a: paziente (età, genere, abitudine
al fumo), lesione (ulcerata,
esofitica, mista), coesistenza
di lesioni precancerose, grado di differenziazione, ritardo diagnostico.
I siti più frequenti risultavano essere lingua (36.4%),
pavimento della bocca
Il succo di Morinda citrifolia,
i polifenoli del thè verde
(Camellia sinesis), la Triphala
(una formulazione di erbe
della medicina ayurvedica,
Terminalia
bellerica,
Terminalia chebula e Emblica
officinalis) hanno dimostrato
di essere sicuri e avere proprietà antibatteriche anche
sui batteri del cavo orale, con
il vantaggio di avere anche attività antiossidante, antinfiammatoria e anti-radicalica.
Nonostante la pletora di com-
posti indagati, nessuno dei
“nuovi” irriganti è ad ora in
grado di mostrare caratteristiche assimilabili o superiori
all’ipoclorito di sodio e il loro
utilizzo, quindi, viene consigliato solo in aggiunta a quest’ultimo.
Elena Varoni
Jaju S, Jaju PP. Newer root canal
irrigants in horizon: a review. Int
J Dent 2011;2011:851359.
(27.3%) e gengiva (17%)
con lesioni che, più spesso,
mostravano aspetto ulcerato
(70.5%) e, nel 16.5% dei casi, erano associate alla presenza di lesioni precancerose. Nella maggioranza dei
casi, il tessuto appariva moderatamente o ben differenziato all’analisi istologica.
Nel 54.5% dei casi la diagnosi era di tumore a stadio
avanzato.
L’analisi statistica ha rivelato
i potenziali fattori prognostici indipendenti associati
ad uno stadio avanzato di
carcinoma: bassa differen-
ziazione del tessuto, ossia
maggior aggressività (Odds
Ratio, OR, stima del rischio
= 4.2), e sito del tumore, in
particolare in aree difficilmente visibili, ossia pavimento orale (OR = 3.6) e
trigono retromolare (OR =
8.8), e a livello della gengiva
(OR = 8.8), dove il tessuto
tumorale può più facilmente
e velocemente espandersi ai
tessuti vicini. In particolare,
la sito-specificità può trovare spiegazione nella difficoltà dell’auto-ispezione e
percezione da parte del paziente di lesioni in zone del
cavo orale più difficilmente
accessibili (pavimento orale
e trigono retromolare) e nella precoce invasione dei tessuti adiacenti in caso di localizzazione
gengivale.
Dall’altro lato, la bassa differenziazione del tessuto tumorale potrebbe essere correlata a una maggiore capacità proliferativa del tessuto,
a sua volta legata a una peggiore prognosi.
Considerando la diagnosi
precoce il principale passo
per ridurre la mortalità legata a processi tumorali, la necessità di concentrarsi su
programmi di prevenzione
più efficaci e meno costosi,
volti a identificare la malattia in stadi ancora asintomatici, pone le basi sull’educazione della popolazione.
L’attenzione è rivolta in particolare ai gruppi più a rischio e sull’istruzione all’auto-ispezione del cavo orale.
Dal lato dei professionisti si
cerca di alimentare il sospetto clinico, ponendo particolare risalto al sito della lesione (pavimento orale e trigono retromolare), con il fine
ultimo di ridurre la percentuale dei casi maggiormente
aggressivi.
Elena Varoni
Seoane-Romero JM, VázquezMahía I, Seoane J, VarelaCentelles P, Tomás I,LópezCedrún JL. Factors related to late stage diagnosis of oral squamous cell carcinoma. Med Oral
Patol Oral Cir Bucal 2011 Jul 15.
Review della letteratura internazionale
<<
DENTALevidence
36
OMEOPATIA
Escludere l’effetto placebo per
valutare l’efficacia dell’omeopatia
L'effetto placebo è sorprendente. Una compressa inerte,
cioè priva del suo principio
attivo, può ridurre i dolori
cronici, l'asma, l'ipertensione, l'angina pectoris ecc.
Anche certe piccole operazioni chirurgiche comuni negli anni Cinquanta, come la
legatura di alcune arterie nella cura dell'angina pectoris,
si sono dimostrate superflue
quando confrontate con una
specie di placebo chirurgico
quale una semplice incisione
superficiale.
L’effetto placebo è misurabile
solo nell’uomo cosciente,
quindi al sistema nervoso
centrale si deve attribuire un
ruolo essenziale perché il placebo possa agire. Questa influenza sul nostro corpo come reazione a stimoli cerebrali sono in parte mediate
dal sistema nervoso autonomo, costituito dai sistemi
simpatico e parasimpatico, i
cui centri regolatori sono localizzati nell’ipotalamo. Dalla
letteratura scientifica recente
emerge che l’effetto placebo è
riscontrabile anche nei neonati, nei bambini e negli animali sia da reddito sia da
compagnia.
Una ricerca condotta presso il
Department of Psychiatry
and
Molecular
and
Behavioral
Neuroscience
Institute dell’Università del
Michigan, coordinati da Jon
Kar Zubieta, ha individuato,
in particolare, un settore del
sistema limbico, il Nucleus
Accumbens, che viene potentemente coinvolto quando si
attiva l’effetto placebo.
Questo nucleo e il sistema endorfinico della dopamina intervengono, infatti, quando ci
si aspetta di ricevere un aiuto
e influenzano la risposta alle
cure mediche.
Il ruolo dell'omeopatia
Ma esistono modelli sperimentali in cui a priori si
può escludere l’effetto placebo? Il regno vegetale è un
ottimo terreno per valutare
l’efficacia dei medicinali
omeopatici in quanto le
piante, essendo sprovviste
di un sistema nervoso centrale, non risentono di questo effetto, definito in farmacologia come “effetto farmacologico aspecifico”.
Da oltre 20 anni presso
l’Università di Bologna la
professoressa Lucietta Betti
svolge la sua attività di ricercatrice focalizzandosi
sulla valutazione degli effetti biologici indotti dai medicinali omeopatici sui modelli sperimentali vegetali,
applicando le più rigorose e
attuali metodologie sperimentali scientifiche, raccomandate anche dalla medi-
cina basata sulle evidenze
(Ebm).
Un recente articolo scientifico pubblicato sull’autorevole rivista peer-reviewed
Frontiers of Life Science
(Betti L et al. Biological effects and physico-chemical
properties of extremely diluted aqueous solutions as a
function of aging-time) ha
valutato gli effetti biologici
(germinazione in vitro di semi di grano) e le variazioni
fisico-chimiche (conducibilità) del trattamento omeopatico As2O3 45 DH in funzione dell’invecchiamento
del trattamento stesso ("effetto tempo").
L’approccio adottato è stato
di tipo isopatico: in particolare, i semi di grano sono
stati preventivamente sottoposti a uno stress subletale
con As2O3 (0,1%), che ne ha
diminuito di circa il 15% la
percentuale di germinazione, e sono stati poi trattati
con la potenza 45 DH dell’arsenico,
mantenendo
condizioni di luce e temperatura controllate. Al termine della sperimentazione è
stata valutata la capacità di
recupero (rispetto al controllo stressato e trattato
con acqua) dei semi stressati e trattati omeopaticamente. La variabile sperimentale
considerata è stata il tasso di
germinazione e l'outcome
era il numero di semi non
germinati dopo 96 ore.
Sono state effettuate 10 prove, una al mese per un anno,
e per ogni prova sono state
utilizzate 21 scatole Petri
contenenti 36 semi ciascuna, così da poter valutare
l'effetto biologico del preparato in funzione del tempo
di preparazione (più la preparazione è "vecchia", maggiore è l'effetto biologico e
maggiore è la conduttività
della soluzione). Solo se il
trattamento As2O3 45 DH
era "invecchiato" per un periodo di almeno tre mesi
l'effetto biologico risultava
significativo rispetto al controllo trattato con acqua.
Per quanto riguarda le caratteristiche fisico-chimiche, le specifiche inerenti la
conducibilità dei trattamenti utilizzati per i test biologici sono stati misurate ogni
mese utilizzando nove campioni per ogni test. I risultati hanno mostrato una chiara tendenza all’aumento
della conducibilità in funzione del tempo, più evidente quando si considerano le ultime tre misurazioni, che corrispondono a più
di sei mesi di preparazione.
In conclusione si può affermare che l’incremento nel
tempo sia della germinazione che della conducibilità
possa essere correlato a un
aumento nel tempo del numero e delle dimensioni
delle strutture dissipative
nel trattamento As 2O 3 45
DH.
osservanza delle indicazioni
postoperatorie da parte del
paziente, rigorosa asepsi e
correttezza delle tecniche implantologiche da parte del
chirurgo.
sul piano sperimentale, e in
particolare di protocolli randomizzati, essendo, per
esempio, soltanto quattro,
per un totale di un migliaio
di pazienti, gli Rtc inclusi
nell'ultima
revisione
Cochrane.
Nel contesto generale di
un'evidenza sperimentale
tuttora esigua, l'opportunità
di effettuare una profilassi
antibiotica pre e/o postoperatoria in tutti gli interventi
implantologici è stata messa
in dubbio qualche anno fa
anche dai risultati di uno
studio retrospettivo italiano
(Mazzocchi et al, 2007) centrato su una casistica di 736
impianti trattati esclusivamente con antinfiammatori
per via orale – ovvero con
nimesulide (200 mg/die in
due somministrazioni) oppure con un preparato
omeopatico di Arnica montana (Arnica Montana 5C
per tre volte al giorno) – nei
tre giorni successivi all'inserimento.
Gli impianti, eseguiti tutti dal
medesimo chirurgo maxillofacciale tra il gennaio del
2000 e il dicembre del 2005
su un totale di 437 pazienti e
variamente distribuiti nei di-
versi segmenti mascellari
(425 impianti mandibolari,
di cui 161 anteriori e 264 posteriori, e 311 impianti mascellari, di cui 181 anteriori e
130 posteriori), rivalutati a
sei mesi di distanza, al momento della riabilitazione
protesica hanno rivelato un
tasso di sopravvivenza del
96,2%. Non inferiore, quindi,
ai valori riportati in letteratura per gli interventi accompagnati da profilassi antibiotica.
I pochi fallimenti registrati,
28 in tutto, riferibili per lo
più a mancata osteointegrazione degli impianti (20 casi) e meno frequentemente a
complicanze infettive (8 casi), hanno riguardato altrettanti pazienti, molti dei quali (19 in tutto) hanno peraltro ricevuto, nel corso del
periodo di osservazione, altri impianti andati a buon
fine.
Ricalcando le conclusioni di
altri studi e revisioni, gli autori di questo lavoro sottolineano come la prassi, tuttora
molto diffusa nella chirurgia
implantologica, di sottoporre
a profilassi antibiotica tutti i
pazienti, e non solo i soggetti
ad alto rischio infettivo, sia da
rivedere, e che, soprattutto,
non debba essere considerata
suppletiva del controllo di altri fattori che possono influenzare il successo degli impianti: adeguata igiene orale,
astinenza da fumo e alcolici,
Luigi Marrari
Responsabile scientifico
Laboratoires Boiron
PROFILASSI PREIMPLANTARE
Quale futuro per la
profilassi antibiotica?
Quella dell'appropriatezza
della profilassi antibiotica
sistemica in concomitanza
di procedure odontoiatriche
invasive è una delle questioni più dibattute della medicina preventiva.
Dopo oltre mezzo secolo in
cui tale misura precauzionale
è stata sistematicamente
adottata per la prevenzione
delle endocarditi infettive in
diverse categorie di pazienti a
rischio (soggetti con difetti
cardiaci congeniti o protesi
valvolari, protesi articolari,
shunt per emodialisi o drenaggio di liquido cefalo-rachidiano, impianti vascolari,
immunodepressione, diabete
insulino-dipendente, pregressa endocardite infettiva)
la sua reale utilità è stata di
recente messa in discussione
per la mancanza di prove di
efficacia sufficienti ad avvalorarne la pratica.
Tanto da spingere le principali società scientifiche e
istituzioni sanitarie a rivedere le proprie raccomandazioni in merito – soprattutto
in considerazione degli alti
costi che l'uso non necessario di antibiotici può comportare, con effetti collaterali e sviluppo di resistenze
batteriche in testa alla lista –
ridimensionando in modo
sostanziale la gamma delle
indicazioni alla profilassi,
come nel caso della
American
Hearth
Association, della American
Dental Association e della
European
Society
of
Cardiology nel 2009, o proponendone addirittura la
definitiva abolizione, come
nel caso del National
Institute for Health and
Clinical Excellence britannico nel 2008.
Parallelamente, anche l'uso
routinario di antibiotici in
implantologia è da alcuni
anni oggetto di ripensamenti, in considerazione del fatto che, pur essendo la contaminazione batterica una
causa riconosciuta di fallimento precoce degli impianti, non è tuttavia dimostrato che la profilassi antibiotica influenzi positivamente il tasso di successo
degli interventi.
Anzi, una recentissima revisione sistematica condotta
presso la University of
Western Ontario, in Canada,
che ha vagliato la letteratura
scientifica pubblicata tra il
1955 e il 2009 sull'impatto
della
somministrazione
preoperatoria e/o postoperatoria di antibiotici in occasione di interventi di chirurgia implantare farebbe
supporre il contrario, avendo riscontrato tassi di successo a tre mesi pressoché
sovrapponibili in presenza e
in assenza di profilassi
(96,5% vs 92%) (Ahmad et
al, 2012).
A conclusioni non molto
differenti erano giunte nel
2003 una revisione della
Cochrane
Collaboration
(Esposito et al, 2003) e nel
2010 una revisione italiana
(Acocella et al, 2010) che
sottolineavano l'impossibilità, sulla base dei dati disponibili, di pronunciarsi a
favore o contro l'impiego di
antibiotici allo scopo di migliorare gli outcome implantologici in soggetti sani,
mentre un aggiornamento al
2010
della
revisione
Cochrane (Esposito et al,
2010) rilevava una possibile
efficacia di una singola dose
preoperatoria di amoxicillina nel ridurre il tasso di fallimenti degli impianti.
Rilievo comune a tutte le revisioni, peraltro, è la scarsità
di studi comparativi validi
Monica Oldani
Ahmad N, Saad N. Effects of
antibiotics on dental implants: a review. J Clin Med
Res 2012;4:1-6.
Esposito M, Coulthard P,
Oliver R, Thomsen P,
Worthington HV. Antibiotics
to prevent complications following dental implant treatment. Cochrane Database
Syst Rev 2003;(3):CD004152.
Acocella A, Bertolai R, Sacco
R. Efficacia della terapia antibiotica per l’inserimento di
impianti dentali: revisione
della letteratura e considerazioni cliniche. Tagete Archives
of Legal Medicine and
Dentistry 2010;1:77-89.
Esposito M, Worthington HV,
Loli V, Coulthard P, Grusovin
MG. Interventions for replacing missing teeth: antibiotics
at dental implant placement
to prevent complications.
Cochrane Database Syst Rev
2010;(7):CD004152.
Mazzocchi A, Passi L, Moretti
R. Retrospective analysis of
736
implants
inserted
without antibiotic therapy. J
Oral
Maxillofac
Surg
2007;65:2321-3.
<< <<
DENTAL PRESS
Imparare l'ortodonzia
con attività sul campo
Dott. Roberto Ferro
Il caso clinico
Linda è una ragazza di 15 anni che si presenta alla nostra osservazione per risolvere un grave affollamento a entrambe le
arcate. Prima classe molare bilaterale, è scheletricamente
una terza classe iperdivergente (Anb: -1° e Sn/GoGn: 39°).
All’inizio della terapia, per insegnare agli allievi le potenzialità e le modalità di recupero dello spazio nelle arcate dentali affollate, è stato utilizzato inizialmente un sistema a bassa
frizione (Leone, attacchi Logic Line + legatura Slide); in un
secondo momento si sono estratti i primi quattro premolari ottenendo una perfetta occlusione nell’ambito di una
ideale cornice dei tessuti molli. Dal momento delle estrazioni al momento dello sbandaggio la terapia è durata 23 mesi.
Fig. 5: maggio 2010. Ottenuto l’allineamento ed il livellamento si è proceduto all’estrazione dei primi
quattro premolari; al di sotto degli archi .020 nichel titanio vengono posizionati e attivati i laceback al fine di iniziare la chiusura degli spazi. Si è quindi passato a meccaniche tradizionali
>
Fig. 1: Linda, 15 anni e due mesi alla prima visita (aprile 2009). Scheletricamente è una terza classe
iperdivergente (ANB -1°; Sn-GoGn 39°)
>
> Fig. 6: gennaio 2011. Otto mesi più tardi, dopo aver chiuso gli spazi con tieback elastici ed elastici di III
su archi di lavoro (.019 x .025 in acciaio) si consegnano elastici da intercuspidazione
Fig. 2: visione frontale e laterale delle arcate dentarie; trattasi di una prima classe dentale con affollamento grave all’arcata superiore e medio a quella inferiore
>
> Fig. 3: Alla visione occlusale, si confermano i diversi
gradi di affollamento, mentre l’overjet e l’overbite si
presentano nei limiti
Fig. 4: maggio 2009. Per dimostrare le potenzialità e le modalità di recupero dello spazio nell’arcata dentaria superiore affollata, si utilizza il sistema a bassa frizione Logic Line della Leone + legature Slide; l’arco inserito è uno .012 nichel titanio
> Fig. 7: febbraio 2012. Si rimuove l’apparecchiatura dopo 23 mesi dalle estrazioni. Le visioni vestibolari
e frontali dimostrano il conseguimento della prima classe molare e canina e della coincidenza delle linee
interincisive
>
Fig. 8: visione occlusale delle
arcate dentarie
<< <<
DENTAL PRESS
Roberto Ferro, direttore Uoa di
odontoiatria dell’Azienda Ulss
15 “Alta padovana”.
Specialista in odontostomatologia e in ortognatodonzia.
Past president Sioi (Società italiana di odontoiatria infantile)
per il biennio 2010-2011
CASO CLINICO: AFFOLLAMENTO GRAVE IN UNA TERZA CLASSE SCHELETRICA
autoleganti, legature non convenzionali e attacchi non convenzionali.
Gli attacchi autoleganti sono brackets in cui la quarta parete dello slot è costituita da uno sportellino.
Le legature non convenzionali sono legature “specifiche”
posizionate su attacchi “tradizionali” e costituiscono loro
stesse la quarta parete.
Gli attacchi non convenzionali sono costruiti in modo da
ottenere lo scorrimento dell’arco con una bassa frizione: su
“specifici” attacchi vengono posizionate legature “tradizionali”.
Il caso presentato in questa pagina è stato trattato con attacchi tradizionali e legature non convenzionali.
39
>
Una joint-venture tra l'Ulss 15 “Alta padovana” e Iso di Firenze
ha portato alla creazione di un percorso didattico in ortodonzia
di taglio estremamente pratico, con attività clinica in ospedale
Senza entrare nel vivace dibattito presente nella letteratura
internazionale sulla miglior efficienza dei sistemi a bassa frizione in ortodonzia fissa, viene di seguito presentato un caso trattato dagli allievi dei Corsi pratici di ortodonzia svolti
presso l’Unità operativa di odontoiatria dell’Azienda Ulss
15 Alta Padovana.
Per risolvere il problema clinico sono state utilizzate proprio
le “meccaniche a bassa frizione”. Con questo termine si intende la capacità dell’arco di scorrere libero nello slot degli
attacchi, senza esservi schiacciato tramite legature tradizionali.
Il mercato propone attualmente al cinico tre alternative di
apparecchiature fisse per ottenere la bassa frizione: attacchi
38
>
>
Fig. 9: cambiamento del sorriso dopo il trattamento ortodontico
Che la crisi economica morda, e non poco, il settore
odontoiatrico è sotto gli occhi
di tutti. Ma molti si dimenticano che la situazione attuale
è figlia anche di un altro fatto
cruciale: il miglioramento
della salute orale della popolazione italiana.
Le indagini epidemiologiche
condotte sulla popolazione
infantile testimoniano come
la carie sia, come dicono gli
anglosassoni, “dramatically”
diminuita. Anche in Italia le
fasce più giovani della popolazione, grazie al miglioramento degli stili di vita, hanno
giovato di un progressivo miglioramento degli indici di salute dentale, che si sono attestati su valori non molto dissimili da quelli dei Paesi scandinavi.
È evidente come, al diminuire
della prevalenza delle lesioni
cariose, possa conseguire una
riduzione di tutto l’indotto terapeutico odontoiatrico: dalla
conservativa all'endodonzia,
dall'implantologia alla riabilitazione protesica.
Presso l'Ulss 15 “Alta padovana” di Cittadella (Padova), dove dagli anni Ottanta sono
stati attivati sistematici interventi di promozione della salute orale, con la progressiva
diminuzione della patologia
cariosa è andato aumentando
il bisogno di trattamenti ortodontici sulla scia di una crescente consapevolezza dell’importanza dell’aspetto facciale.
Per offrire la terapia ortodontica alla propria popolazione
infantile, l’Unità operativa autonoma di odontoiatria diretta dal dottor Roberto Ferro ha
istituito un servizio di ortodonzia di comunità. Con questo termine si caratterizza
un’ortodonzia pubblica rivolta alla parte più bisognosa
della popolazione. Con la
creazione di un progetto ad
hoc, accedono alla terapia i
soggetti che, a parità di gravità
di malocclusione (classificata
secondo indici internazionali), appartengono a fasce deboli della popolazione.
L'offerta didattica
Le esigue risorse del pubblico
accompagnate da una richiesta di trattamenti in costante
aumento ha portato a creare
una
joint-venture
con
l’Istituto studi ortodontici
(Iso) di Firenze, divisione
scientifica dell'azienda Leone,
che vanta una lunga tradizione nel campo dell'educazione
in ortodonzia e implantologia
avendo formato centinaia di
allievi provenienti da tutta
Italia. Questa innovativa collaborazione ha permesso il
raggiungimento di un duplice
obiettivo: per l’Unità operativa di odontoiatria l’aumento
dell’offerta terapeutica ai propri utenti; per Iso la possibilità
di offrire ai propri allievi un
percorso formativo originale.
Si tratta infatti di un apprendimento a tutto tondo, dove
accanto all’irrinunciabile parte teorica è preponderante la
parte pratica, che occupa il
60% dell’intera didattica ed è
svolta sui pazienti afferenti all’ospedale di Cittadella.
Il corso base si rivolge ai principianti con poche o nulle conoscenze ortodontiche con
l’obbiettivo di fornire all’allievo, nei due anni di corso, le
conoscenze teoriche e pratiche per affrontare in maniera
completa e sicura l’ortodonzia nel proprio studio. La parte teorica vede differenti relatori alternarsi al fine di offrire
un compiuto percorso formativo che porti l’allievo a formulare diagnosi e piani di
trattamento corretti.
Apprendere l’ortodonzia af-
frontando alla poltrona una
decina di casi al giorno è
un’opportunità unica nel panorama dell’educazione in
campo ortodontico in Italia.
La mediateca
Unico è anche il “progress” ortodontico: interi incontri vengono dedicati a discussioni di
gruppo nelle quali i singoli allievi hanno la possibilità di
controllare sia i casi che stanno trattando sia quelli già
completati. Tutto questo
sfruttando la più importante
documentazione iconografica
presente in Italia. Infatti a
ogni paziente trattato o in
trattamento corrisponde un
file .ppt (presentazione di
PowerPoint) nel quale vengono raccolte le foto scattate a
ogni appuntamento per poter
analizzare e ricostruire le singole fasi del piano di trattamento.
Questi file (attualmente oltre
un migliaio) offrono all’allievo opportunità di discussione
della diagnosi e del piano di
trattamento, la possibilità di
vedere evidenziati i propri errori (ad esempio nel posizionamento dei brackets) e la
comprensione dei limiti dell’ortodonzia rispetto alle richieste del paziente. L'allievo,
oltre ad approfondire il proprio caso, moltiplica le possibilità di apprendimento verificando le diverse soluzioni
messe in campo da tutor e
colleghi.
Inoltre ha modo di imparare
come e perché un caso rimane
stabile nel tempo o tende a re-
cidivare e quali ne siano le ragioni, visto che i pazienti
dell’Unità
operativa
di
Cittadella vengono richiamati
con cadenza annuale per una
visita di controllo.
Altra risorsa didattica preziosa è “wikiferro” (su www.robertoferro.it): un glossario di
termini ortodontici supportato iconograficamente.
Per informazioni: Veneto Servizi
Tel. 049.5974489
[email protected]
www.robertoferro.it
<< <<
FOCUS ON
40
Trapianti dentali
pratica ancora attuale
Affrontiamo con il dottor Luca Boschini, libero
professionista di Rimini, un argomento di cui
si parla pochissimo: i trapianti dentali, ossia
lo spostamento di un dente al posto di uno ormai irreversibilmente compromesso o già
mancante. Si tratta di una tecnica chirurgica
proposta già negli anni Cinquanta, ma con
l'avvento dell'implantologia non è più stata
coltivata se non da una manciata di clinici e
qualche centro di cura universitario.
Come ci spiega il dentista riminese, i trapianti dentali vengono suddivisi in autologhi
o autotrapianti, isologhi o isotrapianti, allogenici o omotrapianti, eterologhi o xenotrapianti.
In questi giorni il dottor Boschini ha pubblicato un caso clinico sul portale DentalAcademy
(www.dentaljournal.it) dal titolo "Duplice autotrapianto dentale di 3.8 in 4.6 e 4.8 in 4.7 in
paziente adulto".
<< <<
quelle legate a un intervento
di estrazione.
Personalmente sconsiglierei
di utilizzare come dente trapiantando un elemento che
abbia un qualche ruolo nell'equilibrio dell'apparato stomatognatico.
Autotrapianto invece dell'impianto: una tecnica poco utilizzata
anche a causa dello scetticismo di molti. Ma in realtà le evidenze
in letteratura non mancano e nemmeno le esperienze personali
Dottor Boschini, possiamo
entrare più nel dettaglio?
Gli autotrapianti sono realizzati nello stesso individuo,
ossia donatore e ricevente sono la stessa persona.
Gli isotrapianti sono realizzati tra individui con lo stesso
corredo genetico, ossia gemelli omozigoti.
Gli allotrapianti vengono realizzati tra individui della stessa specie ma con corredo cromosomico differente, mentre
41
>
gli xenotrapianti sono tra
specie differenti.
Gli isotrapianti e gli xenotrapianti hanno senso più che
altro a livello sperimentale,
ma gli autotrapianti trovano
applicazione nella clinica
quotidiana. Gli isotrapianti,
per quanto teoricamente applicabili, sono difficilmente
proponibili.
Quali sono gli obiettivi di
questi trattamenti?
L'obiettivo è di sostituire un
dente funzionalmente superfluo con uno perso strategicamente più utile. I denti che
meglio si prestano a questo
scopo sono gli ottavi.
Nella mia pratica clinica l'intervento di autotrapianto più
comune è quello di un ottavo
inferiore al posto di un primo
o secondo molare.
Un altro caso di autotrapianto, frequentemente rappresentato anche da altri colleghi
che si occupano di questa tecnica, è quello del secondo
premolare al posto di un incisivo centrale. Questa è una
delle soluzioni cliniche che
ritengo migliori nel caso di
perdita di un incisivo permanente in soggetto che debba
estrarre i premolari per finalità ortodontiche.
Con questa tecnica chirurgica
si può dunque riabilitare una
edentulia con un proprio
dente anziché con un impianto o altro dispositivo
protesico.
Quali sono le indicazioni
principali?
L'indicazione massima è la
sostituzione di un dente
compromesso in un paziente
che necessita anche dell'estrazione di un altro dente per
motivi strategici o prognostici. In tal caso, anche se l’autotrapianto dovesse fallire, non
si è avuto nessun costo biologico significativo.
Le percentuali di successo
presenti in letteratura sono
variabili da circa l’80% fino
al 100%, perciò si tratta comunque di una tecnica chirurgica affidabile. L'ampia
variabilità nelle percentuali
è sicuramente legata anche
alle molteplici situazioni cliniche. Infatti gli interventi
possono essere più o meno
complessi a seconda delle
varie condizioni cliniche e
Luca Boschini
anatomiche, sia del dente
estratto che del trapiantando. Inoltre il sito ricevente
può essere un alveolo naturale post-estrattivo o un
neo-alveolo creato chirurgicamente. Infatti anche gli
autotrapianti, come gli impianti, possono essere immediati (contestuali all'estrazione del dente compromesso), ritardati (a 15/30
giorni dall'estrazione del
dente compromesso) o posticipati (a guarigione ossea
avvenuta). Ovviamente la
variabilità non aiuta nelle
valutazioni statistiche.
Morrees ha già proposto una
classificazione basata sugli
stadi di sviluppo dei denti. A
mio avviso questa classificazione risulta poco immediata
e clinicamente poco rilevante. Personalmente ho creato
una classificazione che è sì
basata sugli stadi di eruzione
dei denti, ma tiene conto anche dell'operatività clinica.
Per ogni classe è consigliabile
un protocollo operativo differente.
Seguendo una classificazione
è più semplice codificare e fare analisi statistiche. La classificazione che propongo ha
quattro stadi (è riassunta nel
caso clinico pubblicato su
DentalAcademy, ndr).
Per quanto riguarda le mie
percentuali di successo personali nei casi di classe IV, che
sono quelli che ho maggiormente trattato (dente completamente formato con apice chiuso, quindi in pazienti
adulti) ho il 100% a un massimo di sette anni, ossia da
quando ho effettuato il primo autotrapianto.
Quali sono le controindicazioni assolute?
Non ci sono controindicazioni assolute che non siano
>
4.8 estratto
Quali sono vantaggi e svantaggi rispetto a tecniche alternative?
Il vantaggio più evidente è
quello di avere un proprio
dente al posto di una protesi.
Anche per quanto concerne
l'aspetto economico, il paziente ha un onere minore,
poiché non si ricorre a materiali o dispositivi specifici per
lo svolgimento di questo tipo
di intervento.
Lo svantaggio maggiore è di
poter essere effettuato solo in
casi selezionati. Infatti bisogna fare una valutazione
preoperatoria della congruità
del dente trapiantando con il
sito ricevente. In casi complessi è anche possibile che
non si riesca a estrarre l'elemento trapiantando integro.
Esistono in letteratura dati di
follow-up?
Al di là del follow up che indicavo per i miei casi personali, in letteratura esistono
molti studi che attestano l'efficacia di questo tipo di riabilitazione. Tra gli operatori del
settore c'è scetticismo in merito agli autotrapianti per le
analogie che riportano con i
reimpianti post-traumatici.
Molti dentisti sono portati,
per traslazione, a imputare le
probabili complicanze dei
reimpianti post-traumatici
agli autotrapianti. È inequivocabile che ci siano alcune
analogie, ma l'autotrapianto
è eseguito in ambiente controllato, dall’estrazione dell’elemento trapiantando all'innesto nel sito ricevente,
passando per la sua conservazione durante il corso dell'intervento chirurgico. Nel caso
del reimpianto post-traumatico, invece, l’elemento viene
gestito direttamente dal soggetto traumatizzato o da soccorritori che non possono
avere né le conoscenze né i
mezzi più idonei.
Il padre degli studi sulla traumatologia dentale, il danese
Andreasen, grande conoscitore della materia in generale
e dei reimpianti in particolare, ha consigliato gli autotrapianti degli ottavi in molteplici condizioni cliniche, a dimostrazione del fatto che
molte credenze in merito alle
potenziali complicanze degli
autotrapianti sono notevolmente da ridimensionare.
Come si può favorire la buona guarigione?
Ho stilato un protocollo con
il quale non ho mai avuto
problemi. Ho codificato tutti
i passaggi chirurgici delle
quarte classi.
Essenzialmente si tratta di
evitare di ledere in alcuna
maniera la superficie del legamento parodontale, poiché
è dalle cellule del legamento
che parte il processo di rigenerazione dell'attacco. Il resto
lo fa la biologia. Già a partire
dal settimo-decimo giorno
dall'intervento, è possibile
constatare la presenza di attacco connettivale e dopo due
settimane la scomparsa del
sondaggio parodontale lungo
tutta la circonferenza del
dente.
Che problemi può comportare il prolungamento del periodo trascorso dall'estrazione del dente compromesso
all'intervento di trapianto
dentale?
Come accennavo prima, esiste la possibilità di realizzare
un neo-alveolo chirurgico
(un po' come avviene per gli
impianti). L'unico problema,
in quest'ultimo caso, è che la
cresta alveolare si atrofizza
tanto più tempo trascorre dal
momento dell'estrazione, per
cui è possibile che il dente
trapiantando non possa più
essere adeguatamente sostenuto.
Oltre ai trapianti convenzionali esistono trapianti intraalveolari, quando il dente
viene spostato all’interno del
proprio alveolo. Ce ne può
parlare?
Tsukiboshi annovera tra gli
autotrapianti anche i trapianti intra-alveolari e i reimpianti intenzionali. I primi consistono nell'estrazione e nel riposizionamento dei denti per
finalità ortodontiche, ad
esempio per estrusioni, intrusioni o rotazioni severe. I
secondi consistono nell'estrazione dei denti allo scopo di
effettuare una apicectomia
per poi reimpiantare il dente,
evitando l'intervento di chirurgia endodontica tradizionale.
Per precisione, il termine trapianto indica uno spostamento di sede anatomica,
quindi credo sia più opportuno parlare di reimpianti intenzionali identificandoli, in
base alla finalità, in reimpianto ortodontico e reimpianto
endodontico.
Ci può parlare delle problematiche connesse ai reimpianti intenzionali, effettuati
per risolvere problemi endodontici?
I reimpianti intenzionali, secondo alcuni autori, hanno
percentuali di successo ancora superiori a quelle degli autotrapianti, perché c'è anche
FOCUS ON
la componente cellulare parodontale del versante osseo
ad aiutare nel processo di
guarigione. L'unico rischio
reale, a mio avviso, nel reimpianto intenzionale endodontico è la frattura della radice durante l'estrazione.
Come appare evidente è
molto più facilmente realizzabile nei denti monoradicolari, anche se in queste zone è
particolarmente agevole anche la chirurgia endodontica
tradizionale. È molto più
complesso negli elementi dei
settori posteriori, pluriradicolati e con radici curve o divergenti.
Il reimpianto intenzionale
ortodontico, se realizzato in
denti vitali, ne compromette
la vitalità, a meno che non si
tratti di elementi con apice
immaturo. Ma credo sia comunque rischioso.
Renato Torlaschi
>
Alloggiamento dell'elemento 3.8 all'interno del sito 4.6 e del 4.8 all'interno del sito 4.7
Da DentalAcademy (www.dentaljournal.it), caso clinico documentato dal dottor Luca Boschini dal titolo "Duplice autotrapianto dentale di 3.8 in 4.6 e 4.8 in 4.7 in paziente adulto".
43
<< <<
FOCUS ON
La gestione clinica
degli ottavi inclusi
Estrarre o non estrarre? «In molti casi è la patologia a decidere
e non esiste scelta» ci spiega Roberto Barone, un esperto di questi
interventi, che si caratterizzano sempre più per la mininvasività
Gli ottavi inclusi rappresentano da sempre un problema per l'odontoiatra.
Italian Dental Journal ha intervistato Roberto Barone, uno dei
massimi esperti di questa problematica insieme ai suoi colleghi
Carlo Clauser e Angelo Baleani.
Il dottor Barone esercita la libera professione a Firenze, dove si
dedica esclusivamente alla chirurgia orale e all'implantologia.
Tra l'altro è stato socio fondatore della Società italiana di chirurgia orale (Sico), oggi ribattezzata Sicoi. I tre autori hanno recentemente pubblicato sul blog Zerodonto (www.zerodonto.com)
e sul portale DentalAcademy (www.dentaljournal.it) un interessante caso clinico che presenta un metodo razionale e sicuro per l'asportazione chirurgica degli ottavi inferiori.
Il dottor Barone sarà anche il relatore del corso “Asportazione
chirurgica di denti del giudizio inferiori: accorgimenti per un approccio semplice, sicuro e razionale”, che si terrà a Bologna il
12 e 13 ottobre (info su www.dentidelgiudizio.com).
Dottor Barone, le tecniche
chirurgiche si sono evolute
di pari passo con la tecnologia?
Il legame fra tecnica e tecnologia è strettissimo: nessuno
riuscirebbe a estrarre un ottavo orizzontale profondo
con il manipolo dritto attraverso il lembo descritto nel
nostro caso clinico.
Le novità tecnologiche (come la turbina chirurgica e
gli strumenti piezoelettrici)
hanno reso possibili nuove
soluzioni operative, mentre
l’affinamento della tecnica
chirurgica ha aperto la strada all’invenzione di nuovi
strumenti e all’evoluzione di
quelli classici, come le leve.
L’avvento della piezochirurgia ha realmente portato un
contributo importante?
Gli strumenti a ultrasuoni
permettono un miglior controllo dell’operatività, soprattutto in prossimità di
strutture delicate, come il fascio neurovascolare alveolare inferiore, perché il campo
è meglio visibile e l’asportazione di tessuti duri avviene
lentamente. Purtroppo non
è possibile ad oggi, per un limite fisico, costruire inserti
sufficientemente lunghi per
raggiungere sedi profonde,
proprio quelle dove lo strumento sarebbe più utile.
Ritiene che l’università fornisca oggi una preparazione
sufficiente a formare il chirurgo orale?
Manco dall’università da
troppo tempo per risponde-
re a questa domanda: credo
comunque che, nonostante
il valore dei titoli universitari sia reso uniforme ope legis,
il senso comune vieti ogni
generalizzazione: le scuole
non sono tutte uguali.
Certamente ce ne sono alcune capaci di dare una formazione valida.
Lei, il dottor Caluser e il
dottor Baleani organizzate
una serie di corsi di perfezionamento sulla pratica
chirurgica. Sono rivolti ai
giovani laureati o piuttosto
a chi ha già pratica di chirurgia orale?
Prepariamo corsi per chi non
ha mai preso in mano un bisturi e corsi adatti a chi invece ha già una buona esperienza. L’importante è capire subito che un’esperienza pluridecennale non può essere trasmessa in una cinquantina di
ore. Questo tempo è però sufficiente per acquisire un metodo di lavoro preciso, che
sarà immediatamente applicabile ai casi clinici meno impegnativi. L’esperienza successiva permetterà di affrontare casi sempre più complessi, anche se il metodo resta
sempre quello.
Noi possiamo inizialmente
fornire informazioni aggiornate e filtrate sulla teoria,
guidare i principianti in
esercitazioni su simulatori
clinici, e poi aiutare i corsisti
a valutare le difficoltà e i rischi degli interventi che
vanno ad affrontare.
> Ottavo incluso: segni di rischio di danno neurologico a carico del 38 (radiotrasparenza delle radici e restringimento del canale) e del 48 (restringimento e brusca deviazione del canale in prossimità delle radici).
Si decide di estrarre. La trattazione completa del caso clinico è online su www.dentaljournal.it
Quali sono le conseguenze
di una permanenza in sede
dell’ottavo incluso?
Chiariamo subito che un ottavo profondamente incluso
ha pochissime probabilità di
creare danni.
D’altra parte, quando si stabilisce una comunicazione
fra lo spazio pericoronale e
il cavo orale, sono pochissime le probabilità che i microbi ospitati in un ambiente a loro favorevolissimo
non determinino conseguenze negative, come le infezioni pericoronali e i danni al settimo.
La conseguenza più frequente dell’atteggiamento
attendista è la necessità di
intervenire dopo i 25 anni,
quando la frequenza delle
complicanze, soprattutto
neurologiche, aumenta drasticamente, mentre peggiora
la prognosi parodontale del
settimo.
>
Vi sono casi in cui il rapporto
rischio/beneficio nell’estrazione del giudizio incluso possa far propendere verso una
rinuncia a intervenire?
In molti casi è la patologia a
decidere e non esiste scelta:
ci sono ottavi che debbono
essere estratti, indipendentemente dai rischi operatori.
Certo, quando la patologia è
sfumata o solo potenziale,
soprattutto nei soggetti maturi, non è sensato correre
rischi anche limitati. D’altra
parte occorre ricordare che,
con l’età avanzata, i rischi
per la salute generale si aggiungono a quelli, peraltro
accresciuti, di danni locali.
Esiste una gestione chirurgica particolare delle sedi
estrattive in funzione della
chirurgia impiantare?
Un approccio poco invasivo
alle estrazioni dentarie è
Roberto Barone
sempre stato raccomandabile, tanto più ora che la sede
di estrazione è spesso candidata all’impianto.
È frequente l’intervento del
chirurgo orale nel trattamento del paziente ortodontico?
Il paziente in età evolutiva è
soggetto a diverse patologie
chirurgiche, dall’infraocclusione ai denti sovrannumerari. Inoltre il chirurgo è
spesso chiamato a collaborare a terapie ortodontiche: tipico è il caso del recupero di
canini inclusi. Ricordiamo
che la chirurgia orale nel
bambino ha peculiarità notevoli, a partire dall’approccio psicologico e dalla necessità di coniugare procedure
minimamente invasive con
la rapidità dell’esecuzione.
A. P.
<< <<
GESTIONE E FINANZA
Il regime fiscale
delle prestazioni gratuite
Paolo Bortolini, dottore in economia aziendale, ha una conoscenza specifica delle condizioni
gestionali dello studio dentistico,
maturata in oltre venticinque anni di attività come consulente e
relatore nell'ambiente odontoiatrico italiano
prestazione gratuita, quella
offerta al vasto pubblico attraverso varie forme di pubblicità, da qualche tempo visibili nelle città e su Internet,
fatta per l’evidente scopo di
acquisire nuovi clienti. Le occasioni per lavorare gratis,
dunque, non sono né poche
né rare.
Ci si chiede se esistano, dal
punto di vista della correttezza fiscale, dei particolari
accorgimenti da mettere in
atto. Iniziamo dunque fornendo gli elementi giuridici
utili per l’analisi tributaria
della fattispecie in esame,
trattando poi gli aspetti della
fatturazione e della deducibilità delle spese correlate a
queste prestazioni.
Prestazioni gratuite e diritto
Le occasioni per lavorare
gratis, dal punto di vista giuridico, si incardinano in due
tipologie negoziali ben distinte.
La prima è la liberalità tout
court, quando cioè la prestazione gratuita è resa in totale
assenza di un interesse economico, come nel caso della
cura offerta a un parente.
La seconda è quella della liberalità interessata, dove lo scopo della gratuità è la ricerca,
appunto, di un interesse economico, ad esempio la speranza di acquisire clientela.
45
<< <<
>
Le prestazioni rese gratuitamente non sono mai da fatturare.
I costi di quelle rese ad amici e parenti non sono deducibili, mentre
lo sono in parte i costi delle prestazioni rese a pazienti con «secondi fini»
Odontoiatri e medici, nell’attività libero professionale,
possono trovarsi a prestare
gratuitamente la loro opera
per curare un parente, un
collega, un amico, un dipendente, un cliente al quale decidessero di rifare, a loro spese, una o più prestazioni o al
quale volessero semplicemente riservare una cortesia.
Si possono aggiungere le attività di volontariato e una affatto particolare fattispecie di
44
Si tratta di ipotesi molto diverse tra loro, da tenere presenti nell’esame della deducibilità delle spese.
Fatturazione
Le norme che regolano gli
obblighi di fatturazione delle
operazioni professionali, come di ogni altra operazione
economica, si trovano nella
normativa Iva comunitaria e
nazionale: la fattura si deve
fare solo per le operazioni rese dietro pagamento di un
corrispettivo, ancorché esenti
(art. 221 c. 1 Dir
2006/112/CE e art. 21 c. 6
Dpr 633/1972). Le prestazioni gratuite sono invece non
soggette o fuori del campo
applicativo dell’imposta per
mancanza del requisito oggettivo (appunto l’onerosità), indicato al comma 1 articolo 3 del Dpr 633/1972.
Perciò, niente fattura.
Il successivo comma 3 dello
stesso articolo parla, è vero,
di una ritrovabile rilevanza ai
fini Iva delle prestazioni gratuite, dunque dell’obbligo di
fatturazione, se effettuate per
uso personale, familiare o a
favore del personale dipendente, e comunque non a favore della clientela. Ma ciò
accadrebbe se per gli acquisti
di beni e servizi necessari per
l’esecuzione delle prestazioni
gratuite fosse stata detratta
UN CORSO PER OTTIMIZZARE
LA GESTIONE DELLO STUDIO
La sesta edizione del corso pratico di management
per l'odontoiatra si terrà tra settembre e dicembre in
tre incontri da tre giorni l'uno (6-8 settembre; 18-20
ottobre; 29 novembre-1dicembre), nei fine settimana, presso la sede Dental Trey di Fiumana di
Predappio (FC).
Sono tre i capitoli previsti dal corso: liquidità, fiscalità e rendimento. «Ognuno aggiungerà una porzione al sistema concettuale e informatico in costruzione, secondo una sequenza ben collaudata – ci ha
spiegato Paolo Bortolini, dottore in economia aziendale –. Con il primo incontro, si prende subito il controllo totale dei movimenti di denaro e si dispone
dello strumento per prevedere e sostenere la disponibilità di liquidità nell'immediato futuro. Con il secondo incontro si penetra nel mondo del Fisco, in
modo del tutto pragmatico, per "agganciare" e ridurre un costo fra i più rilevanti, l'Irpef. Con l'ultimo incontro, si saprà in tempo reale quanto ha reso realmente ogni singola prestazione eseguita, una singola giornata di lavoro, ogni categoria di prestazioni,
ogni cliente e naturalmente l'intera attività, potendo
così vedere dove e come intervenire per sostenere il
loro utili» ha concluso il relatore del corso.
In questo corso viene proposto un metodo molto efficace per tenere sotto controllo e gestire al meglio
l'attività imprenditoriale attraverso l'utilizzo del
software Excel per Windows e di un pratico manuale redatto dal relatore.
Il partecipante deve usare il suo computer portatile
e la didattica in aula si basa sullo sviluppo di casi
concreti che simulano le reali condizioni in cui ci si
troverà ad impiegare il sistema. In questo modo concetti, metodi e strumenti ottenuti negli incontri diventano poi stabili procedure nella gestione dell'attività
dello studio odontoiatrico.
Per informazioni: Paolo Bortolini
Tel. 049.8962688
[email protected]
www.studiobortolini.com
LA DEDUCIBILITÀ DELLE PRESTAZIONI GRATUITE
(1) Ad esempio le prestazioni rese a parenti
(2) Ad esempio visite gratis a scopo reperimento di nuova clientela o rifacimenti di lavori con lo scopo di migliorare il rapporto con il cliente
(3) Laboratorio, dispositivi medici, materiali di consumo,parcelle pagate ad altri professionisti per eseguire la parestazione offerta
(4) Massimo 1% dei compensi annuali per i professionisti; 1,3% per
le società
(5) Casi borderline: amici e dipendenti, valutare i singoli casi
l’Iva, cosa che mai accade per
i soggetti che esercitano l’odontoiatria, siano essi professionisti o società perché,
come è noto, la detrazione
dell’Iva sugli acquisti non è
consentita quando le operazioni attive sono esentate
(comma 2 art. 19 Dpr
633/1972), come lo sono le
prestazioni mediche e odontoiatriche.
A qualcuno potrebbe venire
in mente di fare una fattura,
o magari un'autofattura, con
la descrizione delle prestazioni offerte e indicando zero
come loro corrispettivo, con
o senza note tipo “per prestazioni rese gratuitamente”: la
cosa è assolutamente da non
fare.
Deducibilità delle spese
Per decidere in merito alla
deducibilità delle spese sostenute per eseguire prestazioni
gratuite, quali laboratorio,
dispositivi medici, materiali
di consumo o parcelle pagate
a colleghi che hanno eseguito
la prestazione offerta al parente, all’amico, al dipendente o al cliente, occorre rifarsi
al concetto di inerenza della
spesa. Questo è desunto dalla
prima parte del primo periodo del comma 5 dell’articolo
109 del Dpr 917/1986, rubricato come “Norme generali
sui componenti del reddito
di impresa”, la cui applicabilità anche al reddito di lavoro
autonomo è pacifica per la
prassi, la giurisprudenza e la
dottrina. Leggiamola: «Le
spese e gli altri componenti
negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità
sociale, sono deducibili se e
nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da
cui derivano ricavi o altri
proventi che concorrono a
formare il reddito».
Per poter dedurre una spesa
dal reddito, occorre quindi
riuscire a metterla in relazione con dei ricavi o proventi
tassabili, cosa che sembrerebbe impossibile con delle prestazioni gratuite.
Ma, come detto, queste prestazioni non sono tutte
uguali. Se l’indeducibilità assoluta delle spese è pacifica
per le prestazioni gratuite
non interessate di cui si è
detto prima, diversa è la conclusione nel caso delle prestazioni gratuite interessate.
In questo caso infatti, trovato
un nesso con dei ricavi, anche solo potenziali, il divieto
di deduzione delle spese viene meno. Si pensi a prestazioni gratuite finalizzate al
reperimento di nuovi clienti
- le visite gratis - o al miglioramento delle relazioni con
quelli già acquisiti - le prestazioni rifatte -.
Per le prestazioni gratis interessate però non si recupererebbe una deducibilità “piena”, ma bensì limitata dal
fatto che le spese per questo
tipo di prestazioni gratuite
vanno qualificate come spese di rappresentanza in base
al punto e) del primo comma del Decreto del ministero dell'Economia del 19 novembre 2008 che, come
chiarito dalla circolare 34
del 13 luglio 2009, vale sia
per il libero professionista
(anche associato), sia per le
società, di persone o di capitali, che esercitano l’odontoiatria. La deducibilità
dunque c’è, ma complessivamente limitata all’1% dei
compensi annuali per il professionista e all’1,3% dei ricavi annuali fino ai dieci milioni per le società. Oltre tale soglia la percentuale diminuisce.
In caso di verifica fiscale, se
risultasse che sono state dedotte spese connesse con prestazioni gratuite, la mancanza di inerenza farebbe riprendere a tassazione, anche
ai fini Irap, con sanzione,
l’intero importo di quelle relative a prestazioni non interessate. Per quelle interessate
invece sarebbe l’errata qualificazione della spesa che farebbe riprendere a tassazione
l’eventuale differenza fra
l’importo massimo ammesso
dai calcoli percentuali indicati e quello effettivamente
portato in deduzione, se superiore.
Situazioni al limite
Resta da chiarire la situazione delle prestazioni gratuite
erogate agli altri beneficiari
GESTIONE E FINANZA
citati all’inizio dell’articolo:
gli amici, i colleghi, i dipendenti. In prima battuta queste categorie di prestazioni
gratuite parrebbero rientrare nell'ambito della gratuità
non interessata. A dire il vero però in caso di verifica
potrebbero emergere dubbi.
Per gli amici, se si tratta di
uno o due all’anno, e si dimostra di non aver dedotto
le relative spese, non dovrebbero esserci problemi.
Se sono un lungo elenco, invece, è bene prepararsi a dare spiegazioni a fronte di
una possibile accusa di presunti incassi al nero. Infine
per le prestazioni gratuite in
favore dei dipendenti, i verificatori potrebbero inferire
che si è trattato in realtà di
un compenso in natura, da
recuperare a tassazione in
capo al collaboratore.
Paolo Bortolini
CORSO DI STRATEGIA E ORGANIZZAZIONE
Il dottor Gabriele Vassura ha organizzato un
corso di strategia e organizzazione per lo
studio dentistico, che si terrà a Milano in
quattro incontri: 21 settembre, 19 ottobre, 16
novembre e 14 dicembre. Lo scopo del corso è quello di formare i partecipanti sui temi
economici della professione odontoiatrica e
ortodontica e di insegnare l’utilizzo dei modelli gestionali di derivazione aziendale
adattati alle specifiche necessità degli studi
e delle consulenze.
Il relatore ha elaborato una serie di domande
che costituiranno parte del programma del
corso. Ad esempio: Il mio reddito attuale è
coerente con l’impegno che metto nel lavoro? Qual è la tariffa giusta per le mie prestazioni e qual è realmente il margine di guadagno sulle prestazioni erogate? Da cosa dipende la periodica mancanza di liquidità?
Come posso convivere con una pressione fiscale così alta? Cosa significa avere un business plan, a cosa serve, come si fa? Come
posso fare a incrementare il numero dei miei
pazienti? È più importante il loro numero o la
loro tipologia? Quale tipo di pubblicità è al
contempo lecita ed efficace? Come posso
> Gabriele Vassura
realizzare un piano di
marketing personale?
«Se un libero professionista si è posto almeno una volta queste domande è perfettamente nella norma. Al contrario, potrebbe avere dei grossi problemi di gestione
dello studio senza rendersene conto».
Secondo il dottor Vassura imparare ad applicare i principi del controllo di gestione
allo studio odontoiatrico è fondamentale
per una buona riuscita dell’attività libero
professionale.
Per informazioni: Aim Group International
Tel. 02.566011
[email protected]
www.corsodentistamanager.com
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GESTIONE E FINANZA
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47
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GESTIONE E FINANZA
Sopra i mille euro
il denaro scompare
SOPRA I MILLE EURO ADDIO CONTANTI. COSA CAMBIA
Dal 6 dicembre è vietato l'uso del contante per i pagamenti al di sopra
dei mille euro. Vale anche per i liberi professionisti (odontoiatri compresi).
Sopra questo importo, si incassa con assegni, bonifici o carte di credito
Rigide e sempre più stringenti. Sono le nuove regole
sull'uso del denaro contante,
che dal dicembre scorso
(con l'approvazione della
manovra economica straordinaria del governo Monti)
impongono a molti italiani
di dire addio alla “vecchia e
cara” moneta liquida, per
tutti i pagamenti che superano il “tetto” di mille euro.
A dire il vero, il limite massimo fissato inizialmente
dall'esecutivo era addirittura di 500 euro. Poi, per evitare di mettere in difficoltà
una foltissima schiera di
pensionati che hanno poca
dimestichezza coi servizi
bancari, il Consiglio dei ministri ha quasi raddoppiato
questa soglia, accogliendo
un emendamento proposto
dalle commissioni Bilancio
di Camera e Senato.
Sopra i mille euro, quindi,
addio moneta liquida.
Pensionati in banca
Il divieto all'uso del denaro
liquido riguarda anche i pagamenti della pubblica amministrazione, compresi gli
assegni erogati dall'Inps e
dagli altri enti previdenziali
pubblici. Per questo, molti
anziani che di solito ritiravano in contanti una pensione
superiore a mille euro al mese (probabilmente si tratta di
qualche decina di migliaia di
persone) saranno costretti
quest'anno ad aprire un
nuovo conto corrente bancario, per ricevere i pagamenti
del loro istituto di previdenza.
Dettagli a parte, una cosa è
certa: dall'inizio del 2012 è
iniziata una lotta senza
quartiere contro l'utilizzo
della moneta liquida, un
mezzo di pagamento considerato ormai inefficiente,
che costa ogni anno al sistema economico italiano al-
meno 7,5 miliardi di euro. Si
tratta di costi sostenuti per le
spese di custodia e trasporto
delle banconote, per le assicurazioni contro i furti e per
la gestione dei sistemi di sicurezza degli istituti di credito.
Cosa cambia per i dentisti
Le norme approvate dal governo guidato da Mario
Monti (contenute nel decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, il cosiddetto “decreto salva-Italia”), hanno
pure lo scopo di combattere
il riciclaggio di denaro e l'evasione fiscale e riguarderanno anche e soprattutto i liberi professionisti come gli
odontoiatri.
Qualsiasi parcella che supera
l'importo di 999,99 euro dovrà infatti essere versata dai
clienti (o dai pazienti, nel caso delle prestazioni mediche)
attraverso mezzi di pagamento tracciabili come gli
assegni, la carta di credito o il
bancomat. Per gli studi dentistici, saranno dunque interessate dalle nuove regole soprattutto le prestazioni più
costose e non certamente le
cure più comuni, come le otturazioni. È bene però non
sottovalutare troppo questo
nuovo regime sull'uso del
contante, che è abbastanza
severo con chi “sgarra”.
Il tetto massimo di 999 euro,
stabilito dalla legge, può riguardare infatti anche l'importo complessivo di più fat-
ture, se riferite a una medesima prestazione erogata da
un professionista. Non sarà
dunque possibile tentare di
aggirare le norme frazionando un incasso di mille euro,
per esempio “spezzettandolo” in due pagamenti diversi
del valore di 500 euro ciascuno.
Sanzioni severe
Chi trasgredisce la legge con
questi escamotage è soggetto
a delle sanzioni abbastanza
pesanti, entrate in vigore nel
febbraio scorso.
L'importo delle ammende
comminate parte sempre da
un minimo di 3mila euro e
può essere compreso tra l'1 e
il 40% della somma trasferita irregolarmente. Se il pagamento illegittimo supera i
50mila euro, la sanzione minima è addirittura moltiplicata per cinque e raggiunge i
15mila euro.
Le legge prevede però un'eccezione importante: per chi
paga entro 60 giorni dalla
data in cui l'irregolarità è stata accertata (o in cui è stata
notificata al contribuente),
l'ammenda si riduce al 2%
dell'importo
trasferito.
Esempio: chi ha pagato in
contanti una somma di
10mila euro (trasgredendo
dunque la legge), deve versare all'erario un'ammenda di
200 euro.
È bene tenere a mente anche
un'ulteriore avvertenza: le
sanzioni colpiscono sempre
I LIMITI (SEMPRE PIÙ STRINGENTI)
PER L'USO DEL CONTANTE IN ITALIA
entrambe le parti che eseguono le transazioni, cioè chi effettua il pagamento, ma anche chi riceve i soldi (come,
per esempio, un odontoiatra
che incassa le fatture sopra i
mille euro in moneta liquida).
commercialisti, che non potranno mai essere conniventi
con la clientela e dovranno
comunicare all'Uif (Ufficio di
informazione finanziaria di
Bankitalia) qualsiasi transazione irregolare riscontrata
durante la loro attività.
Cosa cambia in banca
Il decreto salva-Italia introduce nuove regole anche per
la compilazione degli assegni
e per la detenzione dei libretti di deposito al portatore.
In particolare, gli assegni di
importo superiore a mille euro dovranno sempre includere la clausola di non trasferibilità, con l'indicazione del
nome e della eventuale ragione sociale del beneficiario.
Le banche potranno rilasciare
degli assegni in forma libera
soltanto su richiesta scritta
del cliente ed esclusivamente
per importi fino a 999,99 euro. Questa soglia è prevista
anche come saldo massimo
dei libretti di deposito al portatore. Di conseguenza, tutte
le giacenze sui libretti che
raggiungono e oltrepassano i
mille euro devono essere ridotte dai titolari, per non incorrere nelle sanzioni.
Le eccezioni
Per quanto severe e stringenti, le norme introdotte dal governo Monti prevedono comunque alcune eccezioni.
La soglia dei 999,99 euro riguarda infatti esclusivamente
le operazioni di pagamento
ma non i prelievi di soldi negli sportelli delle banche. Ciò
significa che, in ogni caso,
qualsiasi cittadino ha ancora
la piena libertà di ritirare in
contanti dal proprio conto
corrente la cifra che vuole.
Inoltre, esiste comunque un
modo per aggirare le regole,
senza assolutamente infrangere la legge.
I passaggi di denaro liquido
sopra i mille euro possono
ancora essere effettuati quando avvengono attraverso un
intermediario (come la stessa
banca o l'ufficio postale), anche senza appoggiarsi a un
conto corrente o senza ordinare bonifico. La persona che
esegue il pagamento può infatti consegnare il denaro allo
sportello, indicando le generalità della controparte che
ritira i soldi. Con questa procedura, la transazione è formalmente regolare ma, è bene ricordarlo, viene comunque registrata dall'intermediario e può essere segnalata
alle autorità competenti.
Chi ha l'obbligo di segnalare
Per chi cercherà di trasgredire la legge, non sarà facile
neppure sfuggire alla rete dei
controlli studiata dal governo. Le banche avranno infatti l'obbligo di segnalare alle
autorità competenti (nello
specifico a Bankitalia), qualsiasi movimento di denaro
sospetto.
Stesso discorso per i dottori
Andrea Telara
LE SANZIONI PER CHI “SGARRA”
Fonte: Studio Bortolini (www.studiobortolini.it)
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EDUCATION & MEETING NEWS
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Per Il Chirone
il sorriso parte dal cuore
La bocca è l’insieme di un tutto: alla “Sapienza” di Roma
il 21 e 22 settembre il V International Meeting dell’Accademia
di studi e di ricerche di odontostomatologia e di prevenzione “Il Chirone”
Si svolgerà a Roma il 21 e il 22
settembre presso il dipartimento di scienze odontostomatologiche e maxillo-facciali
dell’Università “Sapienza” di
Roma, con iscrizione gratuita,
il V International Meeting
dell’Accademia “Il Chirone”.
“Il Chirone” compie cinque
anni: cinque anni di appuntamenti sempre romani, cinque
anni nei quali “Il Chirone” ha
riunito alcuni tra i maggiori
specialisti italiani e stranieri in
odontoiatria facendoli dialogare in modo interdisciplinare e
approfondendo alcuni dei
moltissimi temi che intrecciano profondamente odontoiatria e salute. E proprio per promuovere lo scambio in merito
alla promozione del cavo orale
tra le varie figure professionali
e branche della medicina, della
ricerca e della tecnologia è nato “Il Chirone”, che ha per presidente il professor Ugo
Covani e che vede alla vice pre-
sidenza l’indomabile Gianna
Maria Nardi, ricercatore e docente di tecnologie avanzate
nelle scienze di igiene orale
proprio alla “Sapienza”.
Odontoiatria e salute sempre
insieme: pensiamo soltanto all’ultima edizione del congresso, che ha messo al centro il benessere dei bambini insieme a
quello delle loro mamme e ha
visto in campo il dermatologo
e il chirurgo plastico; pensiamo all’edizione di due anni fa,
che ancora una volta in una visione olistica ha preso in considerazione i rapporti che legano
l’odontoiatria alla psiche, tanto
nella sfera neurologica quanto
in quella più propriamente
psichiatrica. Tra i relatori d’eccellenza Crispian Scully per la
prevenzione dei tumori,
Robert Genko, padre della periomedicine ed Enrico Alleva
dell’Istituto superiore di sanità.
L’idea di fondo che anima il
congresso dell’Accademia “Il
Chirone” di quest’anno, come
le sue precedenti, è che il cavo
orale non sia da banalizzare
come semplice organo-tramite, ma come una parte fondamentale di un sistema complesso, un tutto organico inscindibile.
E per celebrare questo primo
quinquennio un tema speciale:
il cuore. Sempre nell’ottica di
promuovere e coordinare lo
scambio di conoscenze e informazioni tra differenti figure
professionali e branche della
medicina, della ricerca, della
tecnologia e della cultura, sarà
relatore al congresso il professor Francesco Fedele, past president della Società italiana di
cardiologia e direttore della
scuola di specializzazione in
cardiologia del Policlinico
Umberto I di Roma. Insieme a
lui, affronteranno questo tema
illustri opinion leader dell'odontoiatria come i professori
Enrico Gherlone, Eugenio
Romeo, Mario Gabriele,
Filippo Graziani e Roy de Vita.
Porteranno la loro testimonianza personale, scientifica, di
ricerca e di clinica, sempre nell’ottica dell’interdisciplinarietà, prendendo in considerazione i rapporti che legano l’odontoiatria alla fisiologia e alla
patologia del muscolo cardiaco
e del sistema cardiovascolare in
generale.
La professoressa Antonella
Polimeni e il professor Ugo
Covani, nel primo annuncio di
questo quinto incontro internazionale de “Il Chirone”, hanno sottolineato proprio quel
sottile ma robusto filo che unisce il cuore alla bocca, quel filo
organico nella ricerca più recente che ha messo in luce gli
stretti rapporti fra patologie
infettive orali e cardiopatie
ischemiche. Ma anche quel
sottile filo psicologico, simbolico, metaforico.
«Se mi guardi dritto negli occhi – citiamo le loro parole –
vedrai nei miei occhi la mia
anima, poiché sono gli occhi lo
specchio dell’anima. Ma guarda anche il mio sorriso perché
è lì che vedrai il mio cuore. È
con il sorriso che ci mettiamo
in comunicazione, una comunicazione bidirezionale. Nel
mio sorriso puoi vedere il mio
cuore, ma il mio sorriso può
arrivare al tuo cuore, scaldare il
tuo cuore, aprire il tuo cuore.
La verità è che sorridiamo con
la bocca, ma chi sorride è anche il cuore. È forse da questa
simbiosi che nasce il legame
organico che fa sì che un sorriso sano infine fa bene al cuore,
alla sua salute, alla sua funzione. E dunque curiamo il nostro
sorriso perché tutto di noi sia
armonia psichica e funzionale».
E aggiungono: «Forse noi, noi
del Chirone, malati di denti, viviamo tutto in funzione della
bocca, ma non è un caso che
nella millenaria visione del Tao
la bocca materializza l’incontro del cielo e della terra ed
esprime l’unione delle polarità,
l’ingranarsi dei denti simbolizza la risoluzione della nostra
dualità. La bocca è per il Tao
costruita a immagine del mondo intorno a noi».
Questo del Chirone sarà ancora una volta un viaggio appassionante, un viaggio breve ma
inteso, nella profondità del sorriso per giungere al cuore.
Paolo Pegoraro
PER INFORMAZIONI E ISCRIZIONI
www.accademiailchirone.it
[email protected]
PATTY PRAVO PARLA DI CUORE
PER IL CHIRONE
Il Chirone ha saputo, in questi cinque anni, coniugare odontoiatria e medicina, odontoiatria e cultura ma anche spettacolo: ospiti dell’Accademia sono stati, nel corso delle passate edizioni, personaggi del calibro di Pippo Baudo, Carlo
Verdone e, quest’anno, il Chirone del cuore porta il segno
di Patty Pravo.
Non soltanto icona pop per molte generazioni, Patty Pravo
è qualcosa di più. Ha cantato la musica e le parole di autori e poeti come Jacques Brel e Vinicius de Moraes, solo per
dirne due dei più grandi. Ha interpretato in modo intenso e
ironico a un tempo, con voce espressionista e teatrale,
coinvolgente e coinvolta, alcuni dei pezzi più belli degli ultimi cent’anni di musica. Ascoltarla è sempre un’emozione
che porta dritta al cuore, prima che alla mente, e spesso è
il nostro cuore che si fa vivo in petto, mentre la ascoltiamo,
a ricordarci che proprio per questo gli antichi credevano
che quest’organo fosse al centro delle emozioni e sede dell’anima. Patty Pravo per metafora parlerà di cuore, di sentimenti espressi o rinchiusi, di parole dette con la bocca,
sussurrate con le labbra, trattenute con i denti, morsicate
per rabbia o per amore.
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Pianificazione e chirurgia
computer assistita
Ripartirà in giugno il corso
avanzato di Nobel Biocare sulla pianificazione e chirurgia
computer assistita, un percorso formativo che si rivolge ai
clinici interessati ad approfondire la conoscenza del flusso di
lavoro e dell’uso del software di pianificazione per la gestione
dei pazienti mediante chirurgia guidata. Dalle nozioni fondamentali, fino alle diverse applicazioni specifiche per ogni tipo
di trattamento che rientri nelle sue indicazioni, la chirurgia
guidata sarà illustrata e approfondita con un approccio pratico
e finalizzato a portare i partecipanti a un livello di conoscenza
di questa metodologia che ne permetta un utilizzo caratterizzato da sicurezza e predicibilità dei risultati. Nell’ultimo incontro
è anche prevista una sessione di chirurgia dal vivo.
Strutturato in quattro incontri, il corso si avvale di relatori di
grande esperienza come i dottori Massimo Buda, Tommaso
Cantoni, Giovanni Polizzi, Luc Vrielinck, il professor
Alessandro Pozzi e il professor Gino Ghigi, radiologo.
Il primo incontro del 15 giugno sarà tenuto dal dottor
Massimo Buda, che descriverà in modo sistematico l’applicazione della procedura di pianificazione computer assistita e
chirurgia guidata nell’attività clinica quotidiana, dalla prima
visita alla consegna della protesi, e dal professor Ghigi, che illustrerà le peculiarità della radiologia 3D e darà importanti
informazioni sulla corretta interpretazione e valutazione delle
immagini acquisite.
Sempre più supportata da evidenze cliniche e scientifiche, la
chirurgia computer assistita sta incontrando il favore di un
numero crescente di odontoiatri che iniziano a scoprirne i
vantaggi e la utilizzano nei loro studi.
Per informazioni
Nobel Biocare Italiana
Anna Simonelli - Tel. 039.6836271
www.nobelbiocare.com
(sezione Training&Education)
Ortodonzia nell'adulto
I nuovi aspetti del trattamento ortodontico dell'adulto saranno il tema
di un interessante congresso in calendario per venerdì 15 e sabato 16
giugno a Roma. L'argomento, di
grande attualità clinica, trova in questo congresso una trattazione completa ed esauriente, grazie anche alla
partecipazione di tre relatori provenienti dall'estero: William R. Proffit,
Serge Dibart e Elif I. Keser porteran> Serge Dibart
no la discussione a muoversi su uno
scenario internazionale.
«Il trattamento ortodontico maggiore è diventato una parte
importante della terapia degli adulti negli ultimi 20 anni»
spiega il dottor Luigi Montesani, coordinatore del congresso. Secondo l'esperto il motivo non è solo estetico. Infatti
per molti adulti le cure parodontali e ricostruttive possono
essere eseguite in maniera più semplice ed efficace quando
l'ortodonzia entra a far parte del piano di trattamento complessivo.
«Numerosi nuovi aspetti dell'ortodonzia nell'adulto verranno presi in considerazione in questo congresso – ci ha detto
Montesani, chirurgo presso la Tufts University di Boston e
libero professionista a Roma –: indicazioni, limiti e alternative terapeutiche; integrazione tra il trattamento ortodontico, parodontale e ricostruttivo; per l'estetica, ortodonzia linguale e invisalign a confronto; gli effetti farmacologici sul
movimento dentale; tecniche chirurgiche e non chirurgiche
per accelerare il movimento dentale e nel trattamento di
gravi problemi dento-facciali; ancoraggio scheletrico e chirurgia ortognatica a confronto».
Per informazioni
B2B Consulting
Tel. 06.6675247/135 - Fax 06.61709413
[email protected]
www.infob2bconsultingsrl.com
EDUCATION & MEETING NEWS
IX congresso Sinet
Il congresso della Società italiana di terapia non estrattiva (Sinet)
si terrà quest’anno nelle giornate di venerdì 1 e sabato 2 giugno a
Napoli e si muoverà attorno al tema della “Riabilitazione ortodontica e implantoprotesica nel paziente parodontopatico”.
«Sono lieto di presentare questo congresso Sinet i cui contenuti
ancora una volta rispettano i principi informativi di questa società: scegliere argomenti controversi, non sufficientemente trattati in letteratura, o argomenti che coinvolgono più discipline quando non è molto articolato o chiaro il ruolo che ciascuno di essi riveste per il risultato finale» ci ha detto il professor Adolfo Ferro,
presidente della società scientifica.
Questo congresso coinvolge paradontologi, protesisti, implantologi e ortodontisti, tutti interessati alla riabilitazione occlusale del paradontopatico con l’obiettivo di definire al meglio i ruoli finalizzati al miglior risultato.
Il susseguirsi delle relazioni metterà in luce lo stretto rapporto che
esiste tra parodontologia e ortodonzia, analizzando le specificità
dei trattamenti combinati in numerose situazioni cliniche.
Il presidente Sinet Adolfo Ferro insieme
alla dottoressa Valeria Assumma, consigliere della società scientifica, e alla dottoressa
Angela Monsurrò, tesoriere
>
I relatori saranno: Birte Melsen, Giovanni Pini Prato, Roberto
Abundo, Giulio Alessandri Bonetti, Marino Musilli, Guerino
Paolantoni, Gianpietro Farronato, Sergio Matarasso, Carlo Cafiero
e Alberto Laino.
Per informazioni
Media Congress
Dott.ssa Giusy Scurini
Tel. 081.7616181 - Fax 081.682286
www.mediacongress.it - [email protected]
Continuing Education Aie
L'Accademia italiana di endodonzia (Aie) ha definito il programma Continuing Education per il 2012, un piano didattico
che in tre incontri tra giugno e settembre fornirà ai partecipanti
gli strumenti teorici e operativi per la pratica quotidiana dell'endodonzia.
Giunto ormai alla sua quarta edizione, questo progetto formativo
è molto apprezzato dai partecipanti per il taglio pratico e interattivo degli incontri tenuti dai soci attivi Aie. Per ogni incontro, infatti, sono previste più sessioni tematiche, con parti teoriche ed
esercitazioni pratiche.
Sede dei corsi sarà il centro convegni dell'azienda Dental Trey a
Fiumana di Predappio (FC).
Nel primo incontro (28-30 giugno) si parlerà di aspetti biologici,
diagnosi e piano di trattamento, anatomia, radiologia, isolamento
del campo, apertura della camera pulpare, lunghezza di lavoro e
principi di preparazione canalare.
Nel secondo incontro (20-21 luglio) verranno affrontati l'utilizzo
degli strumenti manuali e la sagomatura con strumenti rotanti in
Ni-Ti, nonché l’adesione dentinale nel dente trattato.
Nel terzo e ultimo incontro (20-22 settembre) si passeranno in
rassegna i principi fondamentali e le tecniche di otturazione del si-
OSTEOLOGY RIMINI 2012
Si è tenuto a Rimini lo scorso aprile il Simposio nazionale patrocinato dalla Osteology Foundation, evento scientifico che
ha esplorato il tema della rigenerazione tissutale nei casi semplici e complessi, evidenziando come sia sempre più indispensabile adottare un approccio interdisciplinare.
La prima giornata congressuale è stata dedicata ai corsi teorici sulla terapia parodontale e implantare: di carattere clinicopratico, queste relazioni hanno sottolineato la centralità della
fase diagnostica, elemento indispensabile per la predicibilità
del successo clinico. In sessioni parallele, si è parlato di chirurgia plastica parodontale, di chirurgia rigenerativa avanzata, di rigenerazione ossea guidata e di rigenerazione mediante innesti a blocco. L’attenzione si è poi focalizzata sulle procedure bilaminari per la copertura radicolare e il trattamento
delle perimplantiti. Da tutti gli interventi è emerso come fin dall’inizio del trattamento sia necessario concentrarsi su tutti quei
fattori – soprattutto quelli di natura iatrogena – che potrebbero in futuro favorire l’insorgenza di una perimplantite.
La giornata centrale di venerdì è stata inaugurata dalla sessione plenaria. Dopo la presentazione da parte dei chairmen
Pierpaolo Cortellini, Mauro Merli e Massimo Simion, la parola
è passata al senatore Ignazio Marino, anch’egli medico e presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul
Servizio sanitario nazionale. «Qualunque sia la tecnologia diagnostica e chirurgica, il colloquio con il paziente deve sempre
rivestire un ruolo fondamentale e imprescindibile in tutto l’iter
terapeutico» ha sottolineato Marino.
I lavori congressuali sono continuati con l’esame dei diversi
aspetti biologici che vengono chiamati in causa nella rigenerazione orale. Momento centrale di questa sessione è stata la
proiezione di video chirurgici in 3D che hanno mostrato l’applicazione clinica di quanto espresso nelle relazioni.
stema canalare, per poi concentrarsi sui ritrattamenti, sull'endodonzia chirurgica e sui restauri diretti e indiretti del dente trattato.
Per informazioni
Segreteria Aie - Dr. Alberto Pellegatta
Tel. e fax 0331.686222
[email protected]
www.accademiaitalianaendodonzia.it
Nel pomeriggio, le sessioni parallele hanno permesso ai partecipanti di approfondire l’importanza dell’approccio multidisciplinare nel piano di trattamento di pazienti con problemi
dento-parodontali e con grave compromissione parodontale.
A latere, si è tenuto il Forum sulle cellule staminali. Si è parlato di stato della ricerca, prospettive offerte dalla medicina rigenerativa, classificazione giuridica e regole d’utilizzo delle
cellule staminali in chirurgia orale.
La sessione conclusiva di sabato si è contraddistinta per il
suo carattere interattivo. Le opzioni terapeutiche di due casi
clinici, presentati in sessione plenaria il venerdì, sono state discusse sulla base delle risposte pervenute dal pubblico con
il televoto. A un panel di esperti è stato affidato il compito di
commentare le preferenze della platea, presentando il proprio
personale approccio clinico.
La prossima edizione internazionale del Simposio Osteology
si terrà a Montecarlo, dal 2 al 4 maggio 2013 e celebrerà i primi dieci anni di attività della Fondazione.
Per informazioni: www.osteology-monaco.org
> I tre chairmen del Simposio Osteology. Da sinistra Mauro Merli,
Pierpaolo Cortellini e Massimo Simion
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EDUCATION & MEETING NEWS
52
Congresso nazionale Sidoc
Il 16° congresso nazionale della
Società italiana di odontoiatria conservativa (Sidoc) - 4° Roma Winter
Meeting si terrà nella capitale da giovedì 31 maggio a sabato 2 giugno
presso l’Hotel Mercure Eur Roma
West e sarà presieduto dal professor
Livio Gallottini. Inizialmente previsto (come ogni anno) nel mese di
febbraio, il congresso era stato rinviato per le avverse condizioni me> Vincenzo Campanella
teo, con la neve che aveva paralizzato
la città di Roma.
Il congresso sarà come sempre un'importante occasione di aggiornamento e di confronto su temi di conservativa ed endodonzia sia
nell’adulto che nei pazienti pediatrici. Nella giornata di giovedì sono previsti tre corsi precongressuali che consentiranno l’approfondimento di tematiche riguardanti la protesi adesiva, l’endodonzia e il trattamento dei denti gravemente compromessi.
«Il programma e i contenuti scientifici saranno di grande interesse e come ogni anno verrà dato grande risalto ai temi della conservativa e dell'endodonzia associati ad aggiornamenti su temi di
competenza dei colleghi di altre discipline odontoiatriche, che con
noi giornalmente condividono la gestione dei piani di trattamento multidisciplinari» spiega il professor Vincenzo Campanella, segretario e tesoriere Sidoc.
Il programma nella sala principale consentirà l’aggiornamento su tematiche inerenti la conservativa, la protesi adesiva, lo
stato dell’arte sulla strumentazione endodontica. È previsto
anche un aggiornamento sulla conservativa pedodontica a cura della Società italiana di odontoiatria infantile (Sioi) e sessioni rivolte agli odontoveterinari, agli igienisti e agli assistenti alla poltrona. «I temi di conservativa pedodontica saranno trattati da illustri relatori che esporranno le più moderne tecniche
di risoluzione estetica e funzionale in conservativa in età pediatrica» ci ha spiegato il professor Giuseppe Marzo, presidente Sioi. I soci della società scientifica potranno partecipare gratuitamente al congresso Sidoc. «È prevista un'ampia partecipazione poichè la Sioi ha superato oramai gli 800 iscritti, testimoniando il grande interesse che questa disciplina sta destando» ha sottolineato il professor Marzo.
Questa edizione del congresso Sidoc rivolge particolare attenzione
ai giovani. Novità di quest’anno è la sessione riservata ai soci attivi che si affianca alla tradizionale sessione di ricerca del premio
Memorial Tiziano Baccetti
Domingo Martin
Salvador
>
>
Efisio Defraia
L’Università di Firenze con la collaborazione dell’azienda Leone ha organizzato per la giornata di venerdì 8
giugno un incontro di aggiornamento
professionale in ortodonzia. Una giornata dedicata a Tiziano Baccetti, specialista e ricercatore in ortodonzia di
fama internazionale, scomparso tragicamente lo scorso anno. L’intero ricavato sarà devoluto all'Unità operativa
di ortognatodonzia dell'università fiorentina, dove Baccetti svolgeva la sua
attività di docente, per la creazione di
borse di studio per i giovani collaboratori.
«Questa giornata-evento è stata organizzata dalla Scuola di Firenze per ricordare il nostro amico Tiziano attraverso una manifestazione della quale
anche lui sarebbe stato entusiasta –
spiega il professor Efisio Defraia -. In
tema di amicizia anche il relatore scelto per questo primo incontro è legato
a noi da vincoli di stima e collaborazione. Per onorare al meglio la memoria di un grande ricercatore e speaker come
Tiziano non potevamo che avvalerci di un relatore qualitativamente alla sua altezza. Pertanto la scelta non poteva che ricadere su Domingo Martin, il quale ha aderito alla nostra proposta con entusiasmo e immediatezza».
Domingo Martin Salvador, direttore del Centro RothWilliams per l’occlusione funzionale affronterà prima di
tutto il tema dell’importanza della funzione nella diagnosi e
nel piano di trattamento, per poi riprendere il tema delle
estrazioni in ortodonzia, viste non come un argomento del
passato ma come una pratica ancora attualissima. E prima
della discussione finale si parlerà di ortodonzia pre-chirurgica precoce, qualcosa a cui pensare «prima di iniziare a intraprendere “l’impossibile”».
Lorenzo Franchi, Veronica Giuntini e Andrea Vangelisti cureranno la traduzione simultanea.
Per informazioni
Segreteria Iso - Istituto Studi Odontoiatrici
Tel. 055.304458 - Fax 055.304455 - [email protected]
"Pietro De Fazio", giunto alla sua decima edizione, e al II concorso di modellazione dentale per studenti del quarto e quinto anno
di odontoiatria.
La mostra merceologica sarà disposta in uno spazio espositivo che
ospiterà, oltre alle ditte del settore dentale, anche ricercate aziende
del settore alimentare che presenteranno i loro prodotti dando la
possibilità ai congressisti di degustare prelibatezze culinarie nelle
pause dei lavori congressuali. Al termine dei lavori del venerdì, nello spazio espositivo, si terrà l’Happy Hour Sidoc, che consentirà ai
partecipanti di proseguire la discussione sui temi congressuali in
un clima conviviale e informale.
«Augurandovi una proficua partecipazione al congresso voglio infine ringraziare il consiglio direttivo e tutti coloro il cui lavoro ha
consentito la realizzazione di questa importante manifestazione»
ha concluso Vincenzo Campanella, rinnovando ai colleghi l'invito
a partecipare all'evento romano.
Per informazioni
[email protected]
www.romawintermeeting.com
www.sidoc.it
Riabilitazione protesica
fissa metal-free
L'Università di Ferrara in collaborazione con Aio e Andi ha organizzato per venerdì 29 giugno un corso teorico (gratuito per
gli studenti) sulla riabilitazione protesica fissa metal-free. Dalle 9
alle 16.30, presso l'Hotel San Girolamo dei Gesuati di Ferrara, i
relatori presenteranno lo stato dell’arte dei materiali metal free,
estrinsecandone caratteristiche e differenze nella scienza dei materiali, per capire quali accorgimenti è necessario prendere nella
pratica quotidiana per ottenere un risultato affidabile.
Sul palco si alterneranno i dottori Giulio Franceschetti, Federica
Manta, Nicola Mobilio e il professor Santo Catapano.
L’utilizzo di restauri protesici fissi metal free è notevolmente aumentato negli ultimi anni e l’avvento di nuovi materiali ceramici e le crescenti aspettative estetiche dei pazienti spingono gli
odontoiatri a modificare la pratica clinica tradizionale. E se i restauri metallo-ceramici sono ancora considerati il gold standard
nella riabilitazione protesica fissa, le ceramiche integrali trovano
sempre nuove indicazioni. Diventa quindi necessario conoscere
le caratteristiche fisiche, meccaniche e ottiche dei nuovi materiali, e quali modifiche delle procedure cliniche sono richieste, dalla preparazione dentale alla cementazione.
Per informazioni
Aio Ferrara
Tel. 0532.205528 - Fax 0532.245794
[email protected] - www.odontoiatriestensi.it
Congresso nazionale Coci
"Fuori dai denti, tutto ciò che nei congressi non si dice" è l'affascinante titolo del congresso nazionale della Confederazione
odontostomatologica culturale italiana (Coci), organizzato insieme all'Accademia di sotto, che si terrà venerdì 26 e sabato 27
ottobre a Milano presso lo Sheraton Hotel Malpensa. L'intero
congresso è a partecipazione gratuita.
L'organizzazione del congresso annuale Coci è affidata ogni
anno a un esponente di una delle sigle che compongono la
Confederazione. Quest'anno l'incarico è stato affidato al
dottor Marco Gnalducci, vertice dell’Accademia di sotto di
Milano. «Molti anni fa - racconta Gnalducci -, nell’altro secolo, un gruppo di amici dentisti fondò un’associazione culturale odontoiatrica a Milano che come fine si era prefissa di
aggiornare professionalmente e di divulgare e informare tutti gli operatori nel settore dentale: medici, odontotecnici, assistenti, aziende ecc. Il successo fu grande. Tanto grande che
l’iniziativa milanese si diffuse sul territorio nazionale.
Videro la luce tante associazioni locali, tutte mosse dai medesimi intenti, molto radicate sul territorio, che presero il
nome di Cenacoli. A tutt’oggi molto sentita, è la volontà del
libero professionista di aggiornarsi, confrontarsi, proporsi e
mettersi in gioco. Per questo, ancora attivi sul territorio, resistono alcuni Cenacoli che non hanno mai smesso di perseverare i loro intenti, ma addirittura sono stati “fari illuminanti” per altre associazioni nate ultimamente. La loro diffusione a livello regionale continua a fare informazione e aggiornamento. L’attuale proposito di queste piccole realtà
”casalinghe” è quello però di riunirsi annualmente sotto
un’unica grande sigla, mantenendo inalterata la propria indipendenza locale. Il Coci è l’attuale punto di ritrovo.
Il laser: dalla ricerca alla clinica
>
Marco Gnalducci
Associazione senza fine di lucro e dallo statuto snello, ha come unico scopo quello di riunire tutte queste sigle in un
congresso nazionale».
Gli argomenti trattati al congresso saranno moltiplici, ma con
particolare focus su implantologia e chirurgia orale. Il sabato è
stata anche organizzata una sessione interamente dedicata al
team dello studio, igienisti dentali e assistenti su tutti.
Infine il venerdì sera, ancora in fase di organizzazione, l'immancabile cena sociale, ma con una certezza: uno degli sponsor del congresso, l'azienda Esacrom, offrirà in omaggio a uno
dei partecipanti estratto a sorte un dispositivo Surgisconic.
Per informazioni
Medical Service
Tel. e Fax 031.990453
[email protected]
www accademiadisotto.it
A Parma il 15 e 16 giugno presso l’Aula magna dell’Università
Centrale si terrà la settima edizione del congresso nazionale della Società italiana laser in odontostomatologia (Silo), evento che
tratterà sia le novità della ricerca su questa tecnologia sia le sue
applicazioni nella pratica clinica. In particolare si parlerà del
ruolo del laser nella chirurgia parodontale e implantare, nella pedodonzia, nell’estetica orale e del volto e dell’effetto biomodulante dei laser a bassa energia.
In realtà però la didattica inizierà già il 14 giugno, quando si
apriranno i lavori del corso precongressuale in cui «si confronteranno i risultati clinici e istologici delle diverse lunghezza d’onda laser, del bisturi a risonanza quantica molecolare e degli strumenti piezoelettrici nell’approccio chirurgico mininvasivo alle
strutture mucose del cavo orale e alle ossa mascellari» come ci ha
spiegato Paolo Vescovi, presidente del congresso.
«Il nostro progetto è stato quello di aprire e ampliare il dibattito
intorno a questa tecnologia che riteniamo indispensabile nella
moderna pratica odontoiatrica e chirurgica raccogliendo il contributo dell’esperienza maturata in questo campo dai singoli
professionisti o dalle scuole universitarie e ospedaliere» ha dichiarato Vescovi.
Per informazioni
Per informazioni
MV Congressi
Tel. 0521.290191 - [email protected] - www.silolaser.it
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EDUCATION & MEETING NEWS
The ultimate endo-restorative dentistry
La settima edizione del congresso nazionale “The ultimate endo-restorative dentistry”, organizzato dall'azienda Sweden &
Martina, si terrà da giovedì 14 a
sabato 16 giugno ad Abano
Terme (Padova) preso il Teatro
Congressi Pietro d’Abano.
Il congresso, che tra l'altro celebra i quarant'anni di attività dell'azienda, è un appuntamento
biennale ormai fisso per il mondo dell’endodonzia e della conservativa.
Dopo il corso precongressuale
su preparazione, otturazione e
restauro preprotesico, tenuto dal professor Vinio Malagnino, dal
dottor Sandro Marcoli e dal dottor Marco Veneziani, prenderà il
via il programma delle relazioni scientifiche, che vedrà coinvolti
medici chirurghi e odontoiatri, igienisti e assistenti.
Saranno effettuati confronti e considerazioni sulla rotazione continua e il movimento reciprocante per gli strumenti canalari; si
parlerà di sagomatura del canale con diverse metodiche; sarà approfondita la gestione del terzo apicale, con relazioni dedicate proprio alla preparazione degli ultimi millimetri del canale radicolare. Seguiranno sezioni specifiche su restauri diretti e indiretti degli
elementi anteriori, restauri diretti dei posteriori, restauri adesivi e
nuove tecnologie di adesione, ricostruzioni preprotesiche, ritrattamenti.
Oltre ai relatori già citati, si alterneranno sul palco Mario Allegri,
Stefano Bottacchiari, Lorenzo Breschi, Marco Calabrese, Michele
D’Amelio, Guido Fichera, Fabio Gorni, Francesco Mangani, Paolo
Mareschi, Adamo Monari e Carlo Tocchio.
Chiuderà l’intenso programma scientifico la relazione del dottor
Gianfranco Vignoletti, dall’interessante titolo provocatorio: “Il
trattamento endodontico e il trattamento implantare: in competizione o alleati?” Quasi una domanda aperta per introdurre il XII
Premium Day, altra manifestazione scientifica organizzata da
Sweden & Martina e in programma nel giugno 2013.
Le sessioni per igienisti e assistenti
In parallelo al programma scientifico per gli odontoiatri ci sarà
una sessione dedicata agli igienisti dentali sul tema della tecnologia al servizio della prevenzione, che si svilupperà per tutta la giornata del venerdì.
Lo stesso giorno gli assistenti di studio saranno impegnati su un
approfondimento del management dello studio odontoiatrico.
Per informazioni
Sweden & Martina SpA - Rossella Tosello
[email protected]
Tel. 049.9124300 - Fax 049.9124290
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Summer School del Centro di
collaborazione Oms di Milano
“La salute orale e la qualità di vita nell’età avanzata” è il tema della settima edizione del corso settimanale della Summer School
Oms-Who, che si terrà dal 9 al 13 luglio ad Alghero presso il
Porto Conte Ricerche. Il corso è organizzato dal Centro di collaborazione dell'Organizzazione mondiale della sanità per l’epidemiologia e l’odontoiatria di comunità di Milano, diretto dalla
professoressa Laura Strohmenger. Il suo scopo è da sempre quello di avvicinare professionisti del mondo odontoiatrico a quello
della ricerca e della prevenzione; medici, odontoiatri, pediatri e
igienisti hanno infatti la possibilità, attraverso lezioni frontali e
lavori di gruppo, di sviluppare vere e proprie ricerche nell'ambito dell’odontoiatria comunitaria.
Il programma della Summer School 2012 sarà come sempre basato, oltre che su conferenze tenute da relatori dell'Oms, sulla
partecipazione attiva e interattiva dei partecipanti che riuniti a
gruppi e con la guida di un tutor discuteranno tematiche pratiche e di ricerca di salute pubblica odontostomatologica. Vi potranno partecipare sia odontoiatri che igienisti dentali.
Quest’anno l’argomento sarà il rapporto tra la salute orale e la
qualità di vita nel paziente in età avanzata. La salute orale contribuisce infatti in maniera preponderante alla salute generale della persona anziana, incidendo sulla qualità di vita e sulla capacità
di mantenere le normali attività quotidiane e di relazione: per
poter organizzare un programma di prevenzione e cura di buon
livello è necessario disporre di dati epidemiologici, curare la formazione di operatori sanitari di assistenza in tutti gli ambienti di
cura geriatrici, introdurre strumenti di assessment sia di tipo oggettivo che soggettivo e sviluppare quindi programmi di screening e di assistenza che prevedono la collaborazione interdisciplinare e multi-professionale. È obiettivo della Scuola formare
competenze in questo ambito.
La metodologia del corso prevede che ciascuna giornata sia animata da un docente dedicato: la rosa didattica è composta dal
professor Luigi Tesio, che parlerà di medicina e riabilitazione;
dalla dottoressa Viviana Ardizzone, che approfondirà il ruolo
dell’igienista e il mantenimento della salute orale; il professor
Silvio Abati dedicherà tutto un giorno al tema delle diverse patologie delle mucose orali; infine, in due giorni interamente dedicati ai temi dell’alimentazione, delle abitudini di vita e delle patologie dentali, condurranno i lavori la professoressa Pia
Andersson, editor dell’Italian Journal of Dental Hygiene, e il professor Peter Lingström dell’Università di Goteborg.
Per informazioni
Forum pro srl
Tel. 055.2326059 – Fax 055.2024237
[email protected]
Corsi regionali Sie
La Società italiana di endodonzia (Sie),
grazie all'impegno delle sue sezioni regionali, anche per il 2012 ha previsto un
ampio programma di eventi su tutto il
territorio nazionale. Un anno denso di
appunti con la società scientifica, che si
concluderà con i lavori del congresso nazionale che quest'anno si terrà dall’8 al 10 novembre a Bologna e avrà per titolo
«La nuova stagione dell'endodonzia: certezze e obiettivi».
Ecco il programma annuale delle manifestazioni regionali.
SLE – Sezione Endodontica Lombarda
Il trattamento endodontico: le regole del successo, i motivi degli insuccessi
Milano, 16 giugno
SEL-SET – Sezione Endodontica Ligure-Toscana
Prevedibilità e semplicità: endodonzia del futuro
Viareggio, 30 giugno
SPE – Sezione Endodontica Piemontese
Tavole cliniche in endodonzia
Torino, 15 settembre
Per informazioni
Segreteria Sie
Tel. 02.8376799 - Fax 02.89424876
[email protected] - www.endodonzia.it
L'impronta della salute orale
è sin dai primi giorni di vita
David Giarrizzo, amministratore unico della società Sitar happybimbo, sottolinea
l'attenzione dell'azienda verso il benessere dei pazienti più piccoli
e presenta i prodotti per l'igiene orale studiati appositamente per l'infanzia
Dottor Giarrizzo, quali sono le motivazioni dietro la scelta di
specializzarsi nel campo della prevenzione della salute orale dalla primissima infanzia?
Fin dalla sua nascita la società Sitar happybimbo si concentra nel settore della puericultura leggera con prodotti indicati per il benessere del neonato, per la gravidanza, l’allattamento, con la distribuzione nazionale di marchi di varie
aziende, in particolar modo di Mam-Austria, azienda leader
nel mondo per l’alta qualità dei suoi prodotti, specializzata da
oltre 36 anni per il sano sviluppo della bocca del bambino.
Da gennaio 2010 Sitar srl intraprende un nuovo percorso, ovvero una campagna di sensibilizzazione per l’igiene orale sin
dalla nascita del bimbo.
Da sempre infatti, in Italia, i genitori non hanno cultura e consapevolezza dell’importanza di prendersi cura dei denti decidui ancor prima della loro comparsa. L’interesse dei genitori sorge, purtroppo, solo in caso di carie oppure di modifiche strutturali della bocca (morso aperto), situazioni semplici da individuare dallo stesso genitore. Vista la tenera età, i
tempi di correzioni sono a vantaggio dei professionisti, sempre proporzionati al tipo di danno e all’età del bambino.
Per far crescere l’opinione pubblica e professionale in modo
capillare e costruttivo sull’argomento, lavoriamo con un ampio sostegno dal settore clinico e accademico attraverso collaborazioni con vari specialisti dell’igiene orale, dell’odontoiatria, della pedodonzia e dell'ortodonzia a livello nazionale e internazionale.
La nostra filosofia è quella di inserire il sistema educativo per
la prevenzione della salute orale nel contesto più idoneo per
questa tenera età, ovvero in modo relazionale con i genitori
e in modo ludico per i più piccini.
C’è una ragione specifica per cui ritiene che i prodotti di Sitar
happybimbo siano da preferire rispetto ad altri?
La nostra arma vincente è quando l’alta qualità dei prodotti
si sposa con la visione sopracitata, ovvero strumenti sicuri
ed efficaci che permettono al genitore di rapportarsi in modo
ludico, esplorativo e attrattivo. Poniamo un’attenzione particolare a questi nostri concetti per evitare invasioni e traumi
emotivi inutili, che portano, secondo noi, a un approccio
scorretto e poco invitante.
La nostra sfida, oggi, sta nell’offrire prodotti di elevata qualità
studiati secondo concetti di medicina funzionale regolatoria
per offrire al professionista una pronta risposta alla nuova domanda del mercato.
Oggi le neomamme si informano sempre di più grazie a internet, corsi pre-parto, letture e pretendono sempre più nozioni in riferimento alla salute della bocca del bambino, esigendo risposte concrete.
Da quando secondo lei bisogna parlare ai genitori della prevenzione della salute e igiene orale dei bambini?
Senza dubbio già durante i corsi pre-parto.
Per quale motivo?
Il progetto della mia azienda denominato “happybimbo”, ovvero tutto ciò che rende felice e quindi in salute un bambino,
non può far a meno di insegnare alle mamme quanto sia fondamentale il latte materno e l’alimentazione al seno non solo
per l’aspetto qualitativo e relazionale di questo alimento ma
anche per lo sviluppo biofunzionale del cavo orale.
Fondamentale quindi è sostenere l’allattamento esclusivo al
seno fino al sesto mese, laddove sia possibile.
Cosa comporta sul piano della struttura della bocca del
bambino quando questo non viene allattato al seno?
È qui che interveniamo noi. Il concetto storico di puericultura
è proprio un ausilio in caso di necessità dove la mamma non
può “esserci”. Il senso di “puericultura funzionale” che rappresentiamo con la gamma dei prodotti Mam si distingue da
altre gamme in quanto come ausilio rispetta più fedelmente
le funzioni dell’organismo.
L’esempio è quello del tradizionale biberon, che da sempre
modifica l’aspetto meccanico della deglutizione del bimbo
intervenendo negativamente, a seconda dei modelli, anche
sull’aspetto anatomico-funzionale di tutto il viso del bambino.
Mam First Bottle è il primo biberon al mondo che da oltre 10
anni ha cambiato l’opinione dei professionisti in merito alla
sua efficacia, in pieno rispetto alla deglutizione fisiologica di
questa età, favorendo il sano sviluppo dell’apparato stomatognatico.
Quando iniziare quindi un’igiene orale e con quali strumenti?
Per trasformare l’igiene orale in un gioco piacevole e divertente sin dal secondo mese di vita è possibile ottenere un ottimo risultato grazie al kit Oral Care Set della linea Mam,
composto da due strumenti innovativi e ideali per la prima
igiene orale:
- uno speciale guantino sicuro e delicato con invito ludico,
chiamato Rabbit, studiato e realizzato in morbida microfibra,
a forma di coniglietto rosa o azzurro lavabile e riutilizzabile;
- Massagging Brush dotato di doppia testina in morbido silicone con quattro superfici diversamente sagomate. Basta
un leggero massaggio al termine della poppata o del pasto
per dare sollievo alle gengive e pulire, in modo efficace, dal
latte materno o adattato, l’interno della bocca eliminando
residui di cibo e placca che si formano naturalmente durante il pasto. Grazie alla forma allegra e divertente del
guantino e ai suoi vivaci colori, il momento dell’igiene si trasforma in un momento ludico che favorisce la relazione genitore-bambino.
>
David Giarrizzo
E per i più grandicelli cosa proponete?
Con i primi dentini si avvia la tecnica dello spazzolamento delicato e qui proponiamo gli spazzolini educativi del
Learn to Brush Set di Mam, studiati appositamente per i
bambini. Sono gli unici in distribuzione che permettono
la presa doppia dello spazzolino genitore-bambino con
un apposito anello stopper di sicurezza che limita l’introduzione dello spazzolino come da norme di sicurezza
europee.
Il consiglio da parte dello specialista e la guida del genitore relativa alla prevenzione della salute e igiene del cavo orale sono indispensabili per la condivisione del momento educativo e per un approccio a un'igiene orale accurata. Per la qualità della testina morbida e delle setole,
lascio la parola agli esperti.
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FATTI & PERSONE
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DENTAL MARKET
I redazionali presentati in queste pagine rapprentano una libera scelta della Redazione di Italian Dental Journal tra i comunicati pervenuti
Premium Day, pubblicati gli atti del congresso
Sweden & Martina ha pubblicato gli atti del congresso
Premium Day del giugno scorso, una manifestazione scientifica che, in risposta all’interesse
del panorama implantologico
attuale, ha orientato il proprio
programma non più solo sulla
trattazione del corretto approccio chirurgico, ma soprattutto
sull’eccellenza protesica.
Secondo gli organizzatori nel
programma scientifico si sono
distinte alcune relazioni di particolare interesse perché hanno
presentato novità di procedure,
di tecniche o di prodotto.
Ad esempio il dottor Luigi
Canullo, esperto di switching
platform, ha presentato il concetto di "plasma cleaning" della
protesi con apposito reattore. Il
dottor Marco Csonka, specializzato in chirurgia orale e implantologia endossea e perfezionato in tecniche chirurgiche
implantari avanzate, ha parlato
del sistema di provvisorizzazione Simple, una tecnica che condiziona i tessuti molli fin dalle
primissime fasi della guarigione, permettendo di ottenere risultati predicibili nei protocolli
di carico immediato. I dottori
Roberto Abundo e Giuseppe
Corrente hanno invece spiegato il concetto di chirurgia plastica parodontale, intesa come
massima resa estetica mucogengivale non tanto della mu-
cosa alveolare, quanto piuttosto
del tessuto cheratinizzato attorno alla protesi e riposizionato
con una tecnica particolare da
loro definita. Questa tecnica
trova applicazione anche come
terapia chirurgica di gravi recessioni parodontali. Il concetto di biomimetismo dei materiali da rigenerazione nel trattamento dei difetti parodontali
è stato invece magistralmente
esposto dal dottor Michele
Figliuzzi del dipartimento di
parodontologia e scienze orali
dell’Università degli Studi
"Magna Graecia" di Catanzaro.
Merita indubbiamente una
menzione speciale l'intervento del dottor Daniele
Botticelli, che ha presentato
gli esiti dell'intensa attività di
ricerca sperimentale condotta negli ultimi anni dal gruppo Ardec, non limitandosi a
riassumere i risultati già pubblicati su riviste internazionali ad alto impact factor come Clinical Oral Implant
Research, ma dando all'uditorio anche un'ampia visuale
dei numerosi work in progress.
L'evento è stato anche l'occasione per illustrare i primi casi
del professor Ugo Covani con il
nuovo impianto Premium
Kohno transmucoso (Tg),
molto atteso e presentato al
pubblico proprio in occasione
del congresso.
È possibile richiedere l’invio
gratuito di una copia del volume "NumeriUno, speciale atti
del XI Congresso Premium
Day" a [email protected] o telefonando allo
049.9124300; la copia digitale è
disponibile sul sito www.sweden-martina.com
L'anniversario
dell’osteointegrazione
A 60 anni dalla scoperta del
concetto di osteointegrazione e
a 30 dalla conferenza di
Toronto che ne sancì la sua validità a livello internazionale, si
è tenuto lo scorso marzo a
Goteborg il Nobel Biocare
Symposium.
Più di mille partecipanti hanno seguito i lavori della manifestazione scientifica, evento
iniziale di un tour che porterà
il Nobel Biocare Symposium a
Rimini il 19 e il 20 ottobre.
L’appuntamento di Goteborg
è destinato a rimanere nella
memoria per l’emozione suscitata dall’entrata in scena
del professor Per-Ingvar
Brånemark in persona.
L’ovazione spontanea e commovente della platea ha testimoniato ancora una volta la
stima che circonda una personalità così importante, eppure così semplice, quale
quella del padre dell’osteointegrazione.
«Non dobbiamo condividere
solo il successo, ma anche le
informazioni» ha sottolineato
il professor Brånemark mandando alla comunità scientifica un importante messaggio
etico. E in effetti il concetto alla base di tutto il programma
In piedi da sinistra: Carlo Gobbo,
Giovanni Bindi, Fernando Zarone,
Melker Nilsson, Maurizio Ciatti.
Seduti da sinistra: Tommaso
Cantoni, Per-Ingvar Brånemark,
Luca Francetti
Terapia fotodinamica
Conservativa
SISTEMA HELBO
VENUS PEARL
>
scientifico era la consapevolezza che ogni scelta terapeutica
non può prescindere da una
solida e comprovata evidenza
scientifica.
Il professor Brånemark ha poi
aggiunto che anche la perdita
di un solo dente può avere un
notevole effetto sulla qualità
della vita dei pazienti. Secondo
il professore svedese è necessario anche essere cauti nei confronti della moderna tendenza
ad affidarsi più alla tecnologia
che alla comunicazione con il
paziente: «non focalizzatevi
solo sul difetto – ha suggerito
l'ottantatreenne chirurgo ortopedico –. Chiedete al paziente in cosa consiste il suo problema. Non guardate solo nel
computer!».
Speciali, non diversi
La sindrome di Rubinstein-Taybi ha un’incidenza di 1:125.000
Un’associazione di genitori può
avere bisogno di aiuto per un percorso difficile. È il caso di questa
sindrome genetica poco nota.
La sindrome di Rubistein-Taybi è
caratterizzata da anomalie congenite (microcefalia, facies tipica
specifica, pollici e alluci larghi e ritardo della crescita postnatale), deficit cognitivo e disturbi comportamentali. La prevalenza
alla nascita è 1 su 100.000-125.000.
Le caratteristiche facciali, che diventano più marcate con l'età,
comprendono le sopracciglie fortemente arcuate, le ciglia lunghe, le rime palpebrali oblique verso il basso, il naso a becco,
il palato ogivale e la micrognazia. Sono comuni le cuspidi appuntite degli incisivi permanenti. Altre caratteristiche sono le
anomalie degli occhi (ostruzione del dotto naso-lacrimale, glaucoma congenito, difetti di rifrazione), le cardiopatie congenite,
l'ipermobilità articolare e le alterazioni dermatologiche (in particolare, la formazione di cheloidi).
Le cause sono la microdelezione del cromosoma 16p13.3, le
mutazioni della proteina che lega CREB (CBP, 16p13.3) e le mutazioni della proteina che lega E1A (EP300, 22q13). CBP e
EP300 presentano un grado elevato di omologia e svolgono un
ruolo importante, in quanto sono co-attivatori globali della trascrizione. La patogenesi della sindrome non è nota. La diagnosi si basa sull'esame clinico. In circa il 55% dei pazienti è stata
riscontrata un'anomalia molecolare o citogenetica.
La presa in carico dei pazienti è per lo più sintomatica. Sono necessari programmi educativi specifici, che si focalizzino fin dalla prima infanzia sullo sviluppo psicomotorio e sulla terapia del
linguaggio.
L’associazione di volontariato Rubinstein-Taybi (www.rubinsteintaybi.it) persegue soprattutto l’obiettivo di promuovere e divulgare le conoscenze sulla sindrome di Rubinstein-Taybi, supportare le famiglie, finanziare programmi educativi per i riabilitatori
(genitori terapisti e insegnanti.)
L’associazione si autofinanzia con le quote associative, con raccolte di fondi e con donazioni volontarie.
Pensa a una donazione. Basta versare presso Unicredit sul c/c
intestato a: Associazione RTS Una vita speciale.
IBAN IT44 R 02008 118 11 000101105338
Le infezioni batteriche del cavo orale rappresentano una
delle maggiori sfide per l’odontoiatria. In particolare le
malattie parodontali sono in
forte ascesa e recenti pubblicazioni affermano che queste
colpiscono oltre il 60% della
popolazione. Contro malattie
come la parodontite, la perimplantite, l’endodontite, la carie, la pulpite e le complican-
ze da guarigione (per esempio a seguito di interventi chirurgici), oltre ai metodi tradizionali di trattamento, è possibile affidarsi alla terapia fotodinamica
antimicrobica.
Questa terapia combatte i
batteri patogeni, accelera il
processo di guarigione delle
malattie e lenisce il dolore. La
terapia fotodinamica trova
inoltre applicazione nell’implantologia post-estrattiva e
nella chirurgia ricostruttiva
per la decontaminazione dei
siti riceventi.
La terapia fotodinamica antimicrobica è facilmente attuabile in studio con il sistema
Helbo di Bredent Medical.
Molti studi e più di 50 pubblicazioni scientifiche confermano l'efficacia di questa terapia,
Italian Dental Journal
Anno VII - numero 6 - maggio 2012
Mensile di attualità, informazione, cultura
Organo Ufficiale Smom onlus - Solidarietà Medico Odontoiatrica nel Mondo
Direttore responsabile
Paolo Pegoraro [email protected]
Redazione
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Hanno collaborato in questo numero: Paolo Bortolini, Aldo Crespi,
Roberto Ferro, Francesco Frova, Susanna Levi, Norberto Maccagno,
Luigi Marrari, Monica Oldani, Giampiero Pilat, Andrea Telara,
Renato Torlaschi, Elena Varoni
PUBBLICITÀ
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Direttore vendite
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Per il periodo 1/1/2011-31/12/2011
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Roto3 Industria Grafica SpA
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In base alle norme sulla pubblicità l’editore non è tenuto al controllo dei messaggi ospitati negli spazi a
pagamento. Gli inserzionisti rispondono in proprio per quanto contenuto nei testi.
che si basa sulla colorazione
della membrana batterica per
mezzo di molecole coloranti
fotosensibili con il fotosensibilizzatore HelboBlue.
Le molecole si diffondono nel
biofilm e vengono successivamente attivate dalla luce
del laser. Trasferiscono la loro energia all’ossigeno presente a livello locale, producendo in tal modo ossigeno
singoletto altamente aggressivo, che in un minuto distrugge il 99% dei batteri presenti nel biofilm.
Per informazioni:
Bredent srl
Tel. 0471.469576
www.helbo.de/it
www.bredent.it
Venus Pearl è il nuovo composito nanoibrido fotopolimerizabile e radiopaco di Heraeus
Kulzer. Indicato per tutti i tipi di
restauri adesivi e conservativi,
sia nelle regioni anteriori che
posteriori, grazie alla sua consistenza plastica e non appicciocosa questo nuovo composito universale si comporta in
maniera ottimale durante la fase di applicazione e manipolazione. Queste caratteristiche
lo rendono specificamente in-
dicato per i lavori che necessitano di una particolare cura
nei dettagli.
Venus Pearl viene presentato
dall'azienda tedesca come il
nuovo standard in odontoiatria conservativa. Il basso
stress da contrazione combinato all’alta resistenza alla
flessione e il suo potenziale
nell’adattamento del colore insieme all’ormai comprovata
efficacia della tecnica di stratificazione consentono di arri-
vare a realizzare restauri altamente estetici e di lunga durata. Il filler composto da particelle ultrafini determina un’ottima lucidabilità del restauro,
che perdura nel tempo.
Con il più morbido Venus
Pearl e il più rigido Venus
Diamond – caratterizzati dalla
stessa matrice uretanica TCD
- Heraeus Kulzer offre due
compositi estetici con elevate
proprietà meccaniche, che
possono essere scelti e utilizzati a seconda delle preferenze personali o delle specifiche
indicazioni cliniche.
Per informazioni:
Heraeus Kulzer srl
Tel. 02.210094272
Fax 02.210094288
www.heraeus-dental.it
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DENTAL MARKET
Conservativa
Apparecchiature
CEMENTATION NAVIGATION SYSTEM
PROFACE
Per la realizzazione di restauri
indiretti, nonché per la loro cementazione, è disponibile una
varietà di materiali. Spesso
però risulta difficile trovare la
combinazione ideale per il singolo caso.
Cementation
Navigation
System (Cns) è la nuova applicazione multimediale di
Ivoclar Vivadent che aiuta gli
odontoiatri ad uscire dal "labirinto" della cementazione. Il
Cns guida l’utilizzatore nella
scelta del materiale da fissaggio più adatto alla situazione
clinica, sia su sostanza dentale naturale che su abutment
implantari. Inoltre il software
illustra quali opzioni offrono i
materiali da fissaggio Ivoclar
Vivadent.
Animazioni dettagliate illustrano il protocollo operativo, dalla
rimozione del restauro provvisorio fino alla successiva fluorizzazione. L’applicazione multimediale contiene più di 200
animazioni step by step oltre a
una serie di materiali scarica-
Proface di W&H è un
sistema di rilevazione
della carie: questa
sonda luminosa consente una rilevazione
visiva diretta della carie nelle cavità aperte.
Rispetto ai metodi tradizionali, che offrono
solo informazioni indirette sull'entità della
dentina infettata dalla
carie, Proface permette al dentista una
valutazione diretta e
immediata dell'area
da trattare.
Una volta individuata
la carie, W&H propone il suo
trattamento con il metodo
Face (Fluorescense Aided
Caries Excavation, ovvero eliminazione della carie supportata da fluorescenza), che
consente un'azione selettiva
durante l'eliminazione della
carie.
Ecco il principio su cui si basa:
i batteri rilasciano metaboliti
bili come le documentazioni
scientifiche sui prodotti e i depliant. Nella media gallery sono inoltre comprese documentazioni di casi riguardanti i singoli materiali da fissaggio.
Da
oggi
Cementation
Navigation System è disponibile come App gratuita per
iPad e iPhone ed è consultabile in lingua inglese sul sito
www.cementation-navigation.com
Per prenotare e ricevere gratuitamente
il
Dvd
di
L'anestetico dentale Pierrel a base
di articaina, dopo il lancio negli Usa
approda ora in Canada e in Russia
Forte della competenza trentennale nell’anestesia dentale,
Pierrel, storica officina farmaceutica con sede a Capua (CE),
ha avviato da diversi anni la produzione e distribuzione di
una linea completa di anestetici locali per l’odontoiatria a base di lidocaina, mepivacaina e articaina che continua a fornire risultati superiori alle attese nel mercato dentale Italiano.
Sull’onda degli importanti risultati raggiunti in Italia, gli anestetici dentali Pierrel sono adesso anche disponibili in diversi Paesi del mondo, tra cui gli Stati Uniti. In particolare, la distribuzione nel mercato americano di Orabloc, anestetico
Pierrel a base di articaina, avviata lo scorso anno in occasione del congresso della California Dental Association, sta già
conseguendo risultati ragguardevoli in quello che è il primo
mercato dentale a livello mondiale.
«In continuità con l’importantissimo obiettivo già raggiunto di
introdurre l’articaina nel mercato Usa, e nell’ambito dell’introduzione dell’articaina Pierrel nei mercati mondiali a più alta
crescita, stiamo per lanciare il farmaco anche in Canada e
Russia. Il prossimo passo sarà quello di distribuire l’articaina
Pierrel anche nei principali Paesi europei, dove la registrazione del farmaco è in dirittura di arrivo» si legge in un comunicato dell’azienda farmaceutica.
Il settore dell’anestesia loco-regionale è sempre stato il “core
business” per Pierrel, fin dagli anni Sessanta. Una stretta collaborazione scientifica con la multinazionale Astra AB ha
consentito a Pierrel di acquisire via via importanti quote del
mercato italiano dell’anestesia loco-regionale.
Pierrel produce anestetici dentali per Europa, Stati Uniti,
Canada, Australia e Medio Oriente anche per conto di importanti società internazionali presenti nel mercato dentale. Oggi
l'azienda può contare su due linee produttive indipendenti
per la produzione di anestetici dentali in cartucce: la prima,
approvata dall’Ema per la produzione di cartucce in asepsi,
ha prodotto finora oltre 600 milioni di cartucce per il mercato
europeo; la seconda, molto più recente, approvata dall’Ema
nel 2008 e dall’Fda nel 2010, produce anestetici destinati anche al mercato statunitense.
Per informazioni:
Pierrel Pharma - Tel. 0823.626111
[email protected] - www.pierrel.it - www.orabloc.com
Cementation
Navigation
System in lingua italiana è sufficiente compilare il form su
www.ivoclarvivadent.it/it/forms
/cns-it
Per informazioni:
Ivoclar Vivadent srl
Tel. 051.6113555
Fax 051.6113565
www.ivoclarvivadent.it
(porfirine) all'interno della dentina infettata dalla carie.
Questi non sono visibili a occhio nudo, ma illuminando le
cavità aperte con una luce viola, le porfirine appaiono rosso
fluorescente, mentre la sostanza dentale sana appare di
colore verde fluorescente. E
degli specifici occhiali diagnostici dotati di filtri con caratteri-
stiche speciali aumentano l'effetto di fluorescenza.
Secondo l’azienda quindi il sistema Proface offre al dentista una maggiore sicurezza ed efficienza nella rilevazione
della carie e la riduzione
del rischio di recidiva
della carie, perché l’operatore è in grado di valutare rapidamente il risultato della rimozione della carie in qualsiasi momento del trattamento.
Non trascurabile anche
la portata mininvasiva
di questo approccio: Proface
consente un'asportazione di
materiale selettiva e non invasiva, salvaguardando dunque
la parte sana del dente del paziente.
Per informazioni:
W&H
www.wh.com
Implantologia
Chirurgia
IMPIANTO FLY I
MAGNETIC MALLET
L’impianto Fly I è stato studiato per risolvere quei casi
limite in cui per scarsità di
osso non è possibile procedere con nessuna tecnica
implantare.
Le condizioni minime per l’utilizzo sono un’altezza dell’osso di almeno 8 mm e una
distanza dello spazio interdentale di almeno di 5 mm
con una cresta ossea di almeno 2,3 mm.
La dimensione dell’impianto
è unica e la scelta deve essere fatta esclusivamente
nei confronti delle lunghezze: 6.5, 10 o 12 mm.
L’impianto Fly I ha delle ca-
ratteristiche di funzionamento molto particolari e il progetto meccanico ha tenuto
in considerazione il criterio
della semplicità d'uso.
Il protocollo chirurgico per la
preparazione del sito impiantare prevede l’utilizzo di
una fresa con diametri 1,6 e
1,8. Eseguito il foro per il sito implantare si prepara l’alloggiamento per le “ali” dell’impianto con l’uso dei due
“scalpelli” a grandezza crescente in dotazione, che devono essere usati per battitura con un martelletto. La
stessa tecnica è valida in
piezochirurgia, utilizzando
l’inserto a manina per preparare l’alloggiamento delle ali.
Si ringrazia il dottor Elio Vergani per
le immagini gentilmente concesse
Per informazioni:
Ditta Facchini Mauro
Tel. 02.87390020
[email protected]
www.dittafacchini.org
Magnetic Mallet, strumento
magneto-dinamico per rialzi
ed espansioni ossee, è una
novità assoluta nel campo
della chirurgia odontoiatria
avanzata. Di recentissima
realizzazione, questa apparecchiatura è stata ideata e
brevettata da Sweden &
Martina come alternativa al
traumatico uso di osteotomi
“martellati” manualmente dal
chirurgo durante il rialzo del
seno mascellare e l’espansione di cresta ossea: questo
strumento risulta infatti molto
meno invasivo per il paziente
in quanto il minor insulto agli
otoliti evita la sindrome parossistica vertiginosa ed è al
tempo stesso più preciso e
più agevole da utilizzare per il
medico.
Lo strumento trasmette all’osteotomo, una volta inserito
nel manipolo in dotazione,
un’onda d’urto che si trasforma in impulsi calibrati e predeterminati nel tempo e nella
forza. In particolare la forza
applicata risulta tripla rispetto
a quella esercitata manualmente con la tecnica tradizionale, in un tempo decisamente inferiore. Ma il dato più im-
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portante è che la forza esercitata attraverso l’osteotomo montato sul manipolo si
esaurisce nel punto di
applicazione anziché
distribuirsi sulla massa cranio-facciale del
paziente, evitando
così la temuta sindrome vertiginosa. L’intensità di applicazione diventa inoltre stabile e
ripetibile, non più operatoredipendente, consentendo una
maggiore precisione e predicibilità del risultato.
Magnetic Mallet è indicato per
l’espansione sia orizzontale
che verticale, per la simultanea compattazione, per l’inserimento degli impianti postestrattivi, per l’estrazione di
radici.
Il kit base include 10 osteotomi specifici per tutte queste
applicazioni, ma sono allo studio numerosi altri accessori
per ampliare la gamma di forme e diametri.
Proprio perché lo strumento
introduce forti elementi di novità nella procedura chirurgica, Sweden & Martina ha organizzato diversi corsi teorico-pratici sull'utilizzo del
Magnetic Mallet. Il programma dei corsi è pubblicato su
www.sweden-martina.com
Per informazioni:
Sweden & Martina spa
Tel 049.9124300
www.sweden-martina.com