Ape ISISS N. 10 - Gobetti

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Ape ISISS N. 10 - Gobetti
MAGGIO 2014 - ANNO 5 – N. 10
Morciano, Largo Centro Studi 12/14
Magazine degli studenti dell’Istituto Gobetti - De Gasperi
INTERVISTE E
ATTUALITÀ
Da pagina 2
www.isissmorciano.it
[email protected]
VOCI DAL
GOBETTI - DE GASPERI
Da pagina 7
SPORT
Pagina 15
IL LIBRO – Il FILM
Da pagina 13
PLAYLIST
Da pagina 16
Fortress Europe
2
Interviste e attualità
Incontro con Gabriele Del Grande
Questo mare ci può dividere o unire:
3000 anni fa ci univa, ora ci divide.
In contrapposizione a questa, c’è un’altra canzone invece che è
contraria alla partenza. Ed è scritta da due genitori che scoprono che il
figlio è partito di nascosto per questa pericolosa avventura.
Come ti è venuta in mente la creazione di questo blog? Quale
lavoro hai fatto subito dopo gli studi?
“Innanzitutto bisogna capire di cosa si parla. La stessa cosa a seconda
del punto di vista da cui la si guarda cambia, ma non è detto che una
delle due affermazioni sia sbagliata, dipende sempre dal punto di
vista!” Con questa frase Gabriele Del Grande inizia il suo incontro con
le classi dell’Isiss di Morciano che si è tenuto Martedì 29 Aprile in
Aula Magna.
Gabriele Del Grande è un reporter esperto e testimone dei problemi
relativi ai flussi migratori e ha aperto il suo Blog “Fortress Europe”
nel 2006, quando si trasferì a Roma dopo aver compiuto gli studi
universitari a Bologna. A Roma, trasferitosi per cercare il suo “posto
nel mondo”, fece un corso di giornalismo e iniziò a scrivere nella
redazione di un giornale.
La domanda principale che gli diede lo spunto per aprire questo blog fu
“Quante persone stanno perdendo la vita alla ricerca di un futuro
migliore?” All’inizio il blog era composto da soli numeri presi da
giornali, numeri che potevano far notare a tutti quante persone stessero
perdendo la vita, poi pian piano ai numeri si sono accostati i nomi, e via
via tutto il resto.
Uno degli episodi più conosciuti è quello dell’ 11 ottobre 2013, quando
una nave con più di 400 immigrati, partiti dalla Libia naufragò al largo
di Malta: ci furono più di 200 morti, tutte persone con storie
drammatiche, che scappavano da una crudele realtà. Basti pensare a un
padre che trovandosi in acqua deve scegliere chi salvare tra i due
figlioletti, troppo distanti l’uno dall’altro per strapparli entrambi dalle
braccia della morte.
Del Grande racconta che pochi giorni dopo questa tragedia, era in un
bar alla Stazione Garibaldi, seduto al tavolo con due amici arabi.
Mentre parlavano in arabo si avvicinò un ragazzo che chiedeva quale
fosse il treno diretto per la Svezia. Del Grande capì subito che era uno
dei ragazzi superstiti della strage di Lampedusa. Giorni dopo lo
aiutarono ad andare in Svezia, e per farlo organizzarono un finto
matrimonio riuscendo così a portare là anche un bambino di 11 anni e
una coppia, tutti superstiti di quella strage.
A metà incontro circa, Del Grande ci fa ascoltare delle canzoni che
parlano della traversata del mare, e ci fa notare i diversi testi, suoni e
ritmi che le canzoni hanno a seconda di come viene vista l’idea di
questa lunga avventura. Come ad esempio una canzone algerina che si
chiama “Partir Loin” le cui parole esprimono un gran desiderio di voler
andarsene dall’Algeria, ma non importa dove, basta scappare da li.
Infatti il ritornello della canzone dice “ Barca amore mio, portami fuori
dalla miseria”.
L’autore di questa canzone è Reda Taliani: Taliani in algerino significa
Italiano, ed è soprannominano così a causa del suo modo di vestire e di
comportarsi simile ad un Italiano.
“Io avevo ben altri interessi, avevo la passione per le moto, lavoravo
dopo la scuola per pagarmi questa passione. Con l’università mi sono
un po’ aperto la mente, poiché vivevo in un paesino della Toscana. Ho
studiato Storia orientale all’Università, e per mantenermi facevo il
cameriere, nel frattempo frequentavo anche un concorso di giornalismo
a Roma. Qui mi venne l’idea di aprire un blog, all’inizio non ci credevo
più di tanto, era solo una pagina in cui far vedere alle persone quanti
esseri umani stessero perdendo la vita. Volevo che queste notizie
durassero, volevo che la gente lo sapesse, perché nessuno ne parlava,
non volevo si perdesse in mezzo al mare. Grazie ad Internet il blog è
diventato un punto di riferimento. Io avevo il mio lavoro, facevo 8 ore
di lavoro al giorno, e mi “ammazzavo di lavoro” in 5 ore ,così che nelle
3 ore rimanenti mi costruivo il mio blog.
Successivamente mi licenziai perché volevo andare a vedere le cose con
i miei stessi occhi e non ricercare notizie e basta. Partii per il Marocco
il 7 ottobre 2006 con un biglietto di sola andata, avevo circa 24 anni.
Sono cose da fare con determinazione, se ci credi ottieni un risultato.
Durante il viaggio ero rimasto senza soldi poiché ne avevo spesi tanti
per comprare un passaporto falso che si rivelò una fregatura: non arrivò
mai. Mandai una mail ai miei amici più cari che mi aiutarono e riuscii a
continuare il mio viaggio.
Qual è stata la cosa che ti ha fatto capire che questa è la tua strada?
La verità è che non c’è un momento, sono 8 anni abbondanti che faccio
avanti indietro come una trottola. Non c’è un giorno in cui ti alzi la
mattina e capisci, è un progetto graduale, facendolo pian piano ti
innamori di quello che fai, ti affezioni ai posti ed impari le lingue,
impari ad ascoltare le storie. Abbiamo paura di aprire il muro, perché
pensiamo che al di là del muro ci siano le cose peggiori come incivili,
barbari. Mentre loro invece pensano che di qua ci sia il paradiso.
Una storia che mi ha colpito e mi ha aiutato a cambiare prospettiva:
quando ho iniziato, li vedevo più come delle vittime che come degli
eroi. All’inizio del mio percorso ho conosciuto due calciatori del
Camerun: questi durante una trasferta per la coppa, a fine partita, sono
scappati per andare in Spagna. Hanno fatto dei provini in Spagna e
l’allenatore li ha subito voluti in squadra. Hanno fatto una stagione, e
poi con i soldi guadagnati sono ripartiti per una nuova meta.
3
Interviste e attualità
In poche parole con i soldi di una stagione ogni volta ripartivano,
questa cosa è andata avanti per circa tre anni. Sapete qual è il trucco:
loro nella loro testa ci credevano, credevano in loro stessi e nella loro
bravura dentro il campo da calcio.
Come si fa a far capire ai ragazzi queste cose?
Con le parole e con l’esperienza. Bisogna uscire dalla normalità, dalle
frasi fatte. Bisogna cercare quello che vi piace, andare metaforicamente
al di là del muro.
In un servizio delle
Iene si vedono molti
immigrati
maltrattati nei centri
di accoglienza, chi si
occupa di queste
persone?
La maggior parte di
quelli che scappano
sono Siriani perché in
Siria c’è la guerra da
4 anni. In questi anni
sono scappati circa in
7 milioni su 23
milioni, ovvero 1 su
3; ma di 7 milioni in
Italia ne sono arrivati
solamente
10.000,
ovvero uno su mille
ha
continuato
il
viaggio, gli altri sono
rimasti al di là della frontiera ad aspettare che la guerra finisca. Qua in
Italia arrivano solo i più benestanti come dottori, commercialisti, figli
di famiglie per bene, farmacisti e quando arrivano qua con una certa
cultura e un certo titolo di studio e vengono ammassati nei centri di
accoglienza e maltrattati loro si rifiutano e scappano.
Quindi secondo lei non siamo molto sensibilizzati su questo
argomento?
Secondo me su queste cose ognuno ha le proprie certezze, le sue frasi
fatte da una parte e dall’altra del muro, ma quello che manca spesso è il
racconto, la vera testimonianza. Spesso si parla sempre degli altri, ma
poi gli altri non ci sono mai. Ci sono le immagini di archivio, la voce
del giornalista che racconta i numeri, e se ci può essere un’altra voce,
c’è quella di un politico: Ma manca sempre la voce del Protagonista.
Poi ci sono per fortuna tanti giornalisti bravi che vanno nei diretti posti
interessati, a far parlare le persone.
La prima cosa che bisogna sempre ricordare è che prima di dire se una
sedia è nera o rossa, devi girarci intorno e osservare un po’ perché da
davanti la sedia la vedi rossa, ma vista da dietro è nera.
Secondo lei sono gli adulti che dovrebbero sensibilizzare i giovani?
Io sinceramente sono più preoccupato per gli adulti che per i giovani,
perché alla fine voi giovani siete tutti stranieri in questa società, perché
ogni generazione porta delle parole nuove, delle idee nuove nella
società, un po’ come gli stranieri. L’identità di ognuno di noi è come
una valigia e decidi tu cosa metterci dentro, ma paradossalmente le cose
principali non puoi sceglierle: Se hai la pelle bianca o nera non lo
decidi tu, se ti chiami Francesco o Mohamed non è una scelta che spetta
a te, ma sinceramente non ci trovo differenza. Tanti ragazzi partono per
riscattare non solo loro stessi ma anche i genitori.
Se finita la scuola volessi partire per l’Australia, come devo
muovermi?
Si fa un visto turistico e lavorativo che dura sei mesi, dopo sei mesi
puoi rinnovarlo, però, per rimanere, dopo un anno devi dimostrare di
aver lavorato almeno tre mesi. Circa tremilioni e settecento mila ragazzi
Italiani sono andati all’estero negli ultimi anni, troveresti sicuramente
una buona compagnia.
Come ha fatto a scegliere proprio quei paesi, che vengono visti
come “l’inferno”?
Un po’ per caso… nel senso: io sono cresciuto in un posto di provincia,
di campagna, e già spostandomi a Roma mi si è aperta la mente. Poi
quando cerchi le cose poi le trovi, a Bologna ho conosciuto per caso
un’associazione che organizzava un viaggio in Tanzania e sono partito
con loro per 5 settimane, sono rimasto affascinato e da lì è partito tutto.
E’ l’esperienza quella che ti fa affezionare alla gente, alla cultura, alle
tradizioni, al diverso modo di vivere di ogni etnia.
Hai progetti per il futuro? Tipo andare a vivere fuori dall’Italia?
Si, onestamente ho progetti di andare a vivere all’estero, senza nulla
togliere all’Italia che è un paese bellissimo nonostante tutti i problemi.
Mi piacerebbe molto Istanbul come meta in cui costruirmi un futuro,
ma non si sa mai… magari tra due anni vengo a vivere a Morciano…
Federica Fabbri- 4°A
4
Interviste e attualità
Incontro con Rosaria Cascio
Presidente dell’associazione “Padre Giuseppe Puglisi.
Sì, ma verso dove? “
che è un’educatrice, è uno stile, un modo di essere insegnante, perché i
ragazzi hanno bisogno di testimoni, di esempi coerenti e non di persone
che parlano senza coerenza di vita. La seconda dimensione è quella di
controproposta al dominio mafioso. Dimostra infatti che la battaglia per
i diritti calpestati è possibile ed è efficace soprattutto se coniugata con i
valori cristiano del Vangelo .
Purtroppo, girando per l’ Italia, si avverte che la diffusione della mafia
non è più solo un patrimonio del ”Sud”, ma ormai si è infiltrata anche
nelle regioni del Nord, soprattutto nella Lombardia e nell’Emilia,
perché è dove c’è denaro che c’è l’interesse della mafia sanguinosa.
Tutti dovremmo credere in associazioni come quella in memoria di
Padre Puglisi, perché solo con l’unione e la convinzione di tutti si può
pensare di poter sconfiggere un domani, non troppo lontano, la mafia.
Valentina Sanchi 2°A
Pippo Pollina & Palermo Acoustic Quintet
L’appartenenza Europa Tour
Il 28 Febbraio si è tenuta nell’aula magna dell’ ISISS Gobetti - De
Gasperi l’incontro con Rosaria Cascio. Questo evento rientra in un
progetto più ampio (la sera prima la Cascio era alla biblioteca di
Cattolica) che avrebbe visto quella sera il cantautore palermitano Pippo
Pollina con il suo acoustic quartet esibirsi al teatro della Regina di
Cattolica L’incontro con gli studenti morcianesi è stato organizzato da
Paolo Saracino fondatore dell’associazione culturale Cubia di Cattolica.
L’ incontro si è svolto in due parti: nella prima la Cascio, che è lei
stessa insegnante in un liceo palermitano, ha parlato della sua
esperienza e delle motivazioni che l’hanno portata a fondare
l’associazione anti-mafia Padre Giuseppe Puglisi. Nella seconda gli
studenti del Gobetti hanno posto delle domande alla relatrice. Ne è
scaturito un confronto positivo che ancora una volta ha dimostrato
quanto sia positivo far si che nella scuola pubblica possano esserci dei
momenti di confronto di questo tipo.
La Cascio ha conosciuto Padre Puglisi nel 1978, quando fu il suo
professore di religione al Liceo Classico Vittorio Emanuele II di
Palermo. Da lì accolse la sua proposta di frequentare i gruppi giovani
vocazionali che iniziava a promuovere in città e fu così fino alla sua
morte. Nacque un’amicizia profonda che divenne occasione di crescita
umana e spirituale.
Rosaria Cascio sostiene che quanto è successo a Brancaccio ha tanto da
dire non solo a Palermo ma a tutti quei luoghi in cui la dignità umana è
calpestata da una qualsivoglia organizzazione o azione criminale. Padre
Puglisi ha concretizzato, in soli tre anni, una controproposta di amore
cristiano che ha fatto tanta paura alla mafia, da molti ritenuta
onnipotente, da convincerla ad ucciderlo. E’ riuscito a coniugare diritti,
dignità di persona, carità evangelica e azione sociale e culturale in
modo così efficace da riuscire ad iniziare un percorso di
riumanizzazione che un colpo di pistola ha tentato d’interrompere
Due sono in sintesi gli aspetti più importanti dell’esperienza di Padre
Puglisi: il primo è la dimensione di orientamento al senso della vita che
ha segnato tutta la vita di Puglisi. La Cascio spiega infatti che per lei
La sera del 28 febbraio, noi studenti dell’ ISISS di Morciano, dopo aver
aderito ad un progetto di educazione alla legalità in collaborazione con
l’associazione “Padre Giuseppe Puglisi. Si, ma verso dove?”,
cominciato in mattinata, ci siamo recati al concerto di Pippo Pollina al
Teatro della Regina di Cattolica. Poco prima dell’inizio del concerto,
alcuni ragazzi delle classi quinte del nostro istituto hanno reso omaggio
ai grandi personaggi che hanno dedicato la loro vita a combattere la
mafia, leggendo alcune loro celebri frasi. Poi prima di “uscire di scena”
hanno mostrato uno striscione con scritto “ E se ognuno fa qualcosa
allora si può fare molto..”, la famosa frase detta da Don Pino Puglisi, un
prete di Palermo ucciso da Cosa Nostra nel 1993. Poi è cominciato il
concerto di Pippo Pollina, dove lui e la sua band “ Palermo Acoustic
Quintet” si sono esibiti in canzoni tratte dal loro ultimo album
“L’appartenenza”, ma anche altre che lo hanno reso celebre. Pippo
Pollina è un cantautore Siciliano, già intervistato dalla nostra redazione
due anni fa: il cantante Palermitano sin da giovane si è impegnato nella
lotta contro la mafia entrando nella redazione del mensile antimafia “ I
siciliani giovani”, della quale faceva parte Giuseppe Fava, il giornalista
ucciso da Cosa Nostra a Catania, e continuando questa sua determinata
lotta tutt’ora tramite canzoni e progetti. Anche secondo Pippo Pollina
ognuno può e deve fare qualcosa; lui ha scelto la musica; e per fare
qualcosa non è necessario lanciarsi in politica, ma ognuno nel suo
piccolo può fare tanto, non rimanendo indifferente ed in silenzio
davanti a tutto ciò.
La Redazione
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Interviste e attualità
Tecnologie e futuro
L’esistenza umana avrà flusso circolare?
Non ci bastano più i nostri 80 anni di vita e speriamo di allungarla per
guadagnare del tempo. Perché? Forse l’esistenza umana avrà flusso
circolare? Costretta a salire, salire, arrivare all’apice dello sviluppo, per
poi cominciare la discesa verso la disfatta? O forse continueremo
ancora con la nostra salita, col progresso dal punto di vista tecnologico
e scientifico, senza riuscire a conciliarlo con lo sviluppo della vera
essenza dell’uomo?
“Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo.”
Così recita Quasimodo nella sua poesia, descrivendo l’uomo “evoluto”
come uomo mai cambiato realmente. E da una parte indubbiamente non
si sbaglia. Potendo confrontare le sue parole con bombe atomiche,
massacri, camere a gas della seconda guerra mondiale, che
rappresentano solo pochi esempi di quello di cui l’uomo è capace di
creare, senza riuscire allo stesso tempo a capacitarsi del modo in cui
usarli, ha tristemente ragione.
E’ proprio vero che non si sa mai cosa aspettarsi dal futuro. Quello che
solo alcuni decenni fa era fantascienza e compariva in centinaia di film
appassionanti e amati dal pubblico, ora è realtà, o quanto meno fra poco
tempo potrebbe esserlo. Per chi nasce in questa generazione di “BOOM
tecnologico” è difficile capire i cambiamenti, la rivoluzione della vita
degli esseri umani, che un giorno, se questo giorno ci sarà, comparirà
sicuramente nei libri di storia dei nostri posteri. Smartphone, tablet, un
Google che ci stupisce con le sue applicazioni e computer sempre più
innovativi, e-book e tante altre intelligenze artificiali stanno diventando
il principale passatempo di questa nuova generazione, tanto da poter
parlare di una nuova “era informatica”. Queste tecnologie sarebbero
nate per migliorare la nostra vita, per aiutarci nel lavoro
automatizzandolo e farci risparmiare del tempo che avremmo potuto
utilizzare diversamente, magari dedicandoci più a noi stessi e a ciò che
amiamo. Insomma avrebbero dovuto aiutarci a fare qualche passo
avanti verso quella sorta di utopia umana che è la felicità. Ma
guardiamoci intorno: siamo riusciti nel nostro intento? Noi siamo
felici? Probabilmente pochi riuscirebbero a rispondere di sì. Un po’ per
la crisi che ci sta investendo (forse dovuta anche ad un sistema
economico poco flessibile che non è stato capace di adattarsi a questo
nuovo mondo), un po’ per la delusione nel constatare che più
cerchiamo di essere felici, e più ci allontaniamo da questo traguardo, un
po’ per la società che cerca la felicità nel proprio egoismo, ci
accorgiamo di non essere pieni. E ci sentiamo quasi soffocati, non liberi
come speravamo di diventare con le nuovi “grandi democrazie”,
raggiunte con grandi sacrifici di generazioni passate.
Non liberi di
vivere
davvero
come
vogliamo e
quasi spinti a
comportarci
in un certo
modo, tanto
da non avere
più tempo per
noi.
Da un certo punto di vista siamo fortunati a convivere quotidianamente
con strumenti che ci permettono di collegarci a qualsiasi parte del
mondo o trovarci in diversi luoghi contemporaneamente, che ci
sostituiscono in certe mansioni o che ci permettono di accedere a
migliaia di informazioni con grande semplicità, ma dall’altra ci
ritroviamo ad essere quasi schiavizzati da questi strumenti, schiavizzati
dalle nostre vite, schiavi di questo mondo. Insomma il risultato
definitivo di questo sviluppo tecnologico è ancora da raggiungere e
valutare e sia che sarà un risultato positivo, sia il contrario, sarà il
derivato diretto dell’uso che ne abbiamo fatto.
Chissà, forse il futuro che ci aspetta è una popolazione meticcia,
composta da esseri umani veri e propri e macchine, ma una cosa è certa:
non riusciremo mai a creare una macchina capace di provare emozioni
come noi, graziati da questa unica capacità soprannaturale.
Valbona Jonuzi 4°A
6
Interviste e attualità
Vuoi fare lo scrittore?
Inizia con l’avere una connessione ADSL...
Avete una storia nel cassetto ma non avete né tempo, né voglia, né
coraggio per tentare la tortuosa strada della pubblicazione? Vi
piacerebbe che i vostri pensieri e il mondo creatosi nella vostra mente
venga conosciuto, compreso e magari anche apprezzato al di là di uno
spazio virtuale chiamato “blog”, come ce ne sono già a milioni? No,
questo non è l’inizio di un classico annuncio per artisti incompresi alla
Andrea Diprè (e i più fini “intenditori” del mondo del web sanno di
cosa sto parlando), né tantomeno una malriuscita pagina promozionale.
Quelle appena scritte sono solo alcune delle domande alle quali il
crescente fenomeno del “self-publishing” si propone di dare una
risposta. Si dice che l’arte sia la sola cosa che rimane di noi in questo
mondo, ciò che facciamo e ciò che lasciamo ha più valore se riesce ad
imprimere un ricordo in qualcuno. E quale ricordo migliore di un’opera
scritta, materiale, tangibile. Un qualcosa che anche se facesse schifo..
Beh, almeno potrebbe essere utile sotto la gamba di un tavolo
traballante. Questo ragionamento invece, è in parte in contrasto con il
sopracitato mondo del self-publishing.
Ma cerchiamo di capire il perché; riassumendo brevemente, il concetto
di self-publishing è piuttosto semplice: hai una storia, la affidi a un sito,
te la pubblica (online in formato epub o pdf) a tuo nome, non paghi
nulla (o quasi) e tutto ciò che viene è di guadagnato. Facile, no?
Apparentemente lo è.
Nei fatti, fa un
po’
senso
vedere
la
propria opera
trattata come un
qualsiasi altro
romanzo di Dan
Brown
sullo
Store
di
Amazon. A dire
il vero, alcuni
ritengono
questa pratica
sempre
più
diffusa anche
fin troppo semplice. Chiunque può scrivere una qualsiasi cosa e poi
vedersela pubblicata pagando (non più di € 4) il semplice codice da
assegnare all’opera? In alcuni casi è così, ed è nella totale assenza di
una qualsiasi forma di controllo o recensione che spesso e volentieri
tramite Amazon, iBook Store ed altri portali del genere si corre il
rischio di trovare opere scritte in maniera approssimativa e zeppe di
errori e refusi di vario genere.
La maggior parte di
queste piattaforme
però, al contrario di
quanto sostengono
i detrattori del selfpublishing, applica
una
selezione.
Chiaramente
i
criteri non possono
essere rigidi come
nel pubblicare un
libro in carta con la Mondadori, ma in genere quel minimo di controllo
garantisce una qualità quantomeno decente e un contenuto che non violi
alcuna norma di legge. Migliaia di nuove storie e nuovi autori si
affacciano ogni giorno in questo mondo, e questo fa riflettere molto se
si pensa che l’Italia è da sempre tra gli ultimi posti nelle classifiche dei
lettori.
Come può una persona pretendere di scrivere se non si è mai sforzata di
leggere? Ritrovarsi con l’avere sempre più scrittori e sempre meno
lettori è il più grande paradosso di un sistema come il self-publishing;
un sistema che è destinato a cambiare il mondo dell’editoria e al quale
anche le grandi case editrici guardano con paura ma anche con un
curioso interesse. Esse infatti, non solo osservano ma anzi cercano di
sfruttare al meglio i prodotti di questo mondo proponendo loro contratti
di pubblicazione.
Comunque vada e in ogni campo, basta ricordare che al giorno d’oggi
non è mai troppo tardi o troppo presto per sognare, basta avere una
connessione internet e occasionalmente una carta di credito...
Alessio Carcaiso 4°A
Magazine degli studenti dell’Isiss Gobetti – De Gasperi, scaricabile dal sito
www.isissmorciano.it
Gli studenti che vogliono partecipare possono inviare i loro articoli in
formato Word all’indirizzo email
[email protected]
La Redazione:
Luca Ranaudo 4°A, Alessia Masini 4°A, Valbona Jonuzi 4°A, Alessio
Carcaiso 4°A, Federica Fabbri 4°A, Elisabeth Dudchenko 4°A, Davide
Cohen 4°J, Valentina Sanchi 2°A, Asia Ravaioli 2°A
Coordinatore:
Prof. Giuseppe Vanni
7
Voci dal Gobetti – De Gasperi
Rockbalancing
Renato Brancaleoni, per tanti anni Prof. di Educazione
Fisica nella nostra scuola, ci spiega l’incredibile arte
delle pietre in equilibrio
Il bilanciamento dei sassi è un gioco e va preso con un pizzico di ironia,
in genere non si parte con un progetto ma ci si lascia guidare da ciò che
si trova nei luoghi di gioco, all’inizio è utile praticarlo in luoghi
appartati senza la presenza di spettatori e la base deve essere ben
ancorata al terreno mentre tutto il resto viene da sé e dal desiderio che
abbiamo di sorprenderci ricordando che sono possibili cose che
sembrerebbero impossibili.
E’ una buona abitudine
quando si abbandona il
luogo
di
gioco
lasciarlo esattamente
come era prima senza
pericoli latenti per
persone o animali. A
volte ho l'impressione
che i sassi stiano in
equilibrio solo per
farmi un piacere poi,
sempre per farmi un
piacere, dopo essersi
fatti
fotografare,
ritornano
accomodandosi sulla
sabbia pronti per altre
esperienze....loro
sanno cose che a me
sfuggono e cercano di
comunicarmele....
Renato Brancaleoni, nato a Rimini nel lontano 1946, risiedo a Riccione,
ex insegnante di Educazione Fisica e allenatore di Atletica Leggera. La
riviera romagnola e marchigiana sono i luoghi preferiti per le mie
effimere performances (Misano, Cattolica, Gabicce, Baia Vallugola,
Castel di Mezzo e Fiorenzuola di Focara).
Prof. Renato Brancaleoni
Amante della natura , camminando spesso sulla battigia ho sempre
osservato i sassi ed apprezzato le loro forme ed il colore. Navigando in
internet alla ricerca di informazioni sui sassi, ho scoperto che a San
Francisco ed in Germania c'erano due signori che mettevano i sassi in
equilibrio ed è stato subito amore a prima vista.
Dal 2006 ho iniziato questa forma di Landart con grande giovamento
psicofisico. Nel 2010 in Italia bastavano le dita delle mani per contare i
praticanti , nel 2011 ci siamo ritrovati in 8 a Portonovo (AN) per un
meeting tutto italiano e l'anno successivo grazie alla forza aggregativa
di Facebook siamo riusciti a formare un gruppo internazionale di circa
1000 praticanti che organizzano e diffondono il bilanciamento delle
pietre. Sono così nati i BAWI (Balancing Art World Intermeeting).
Pietre in equilibrio, rockbalancing, Saxa Libra, non è stato ancora
definito ufficialmente e in ogni nazione viene chiamato diversamente,
ma l'obbiettivo è quello di sovrapporre sassi creando delle strutture
effimere con diverse tecniche. Una costante è rappresentata dal fatto
che tutti i bilanciamenti devono rispettare le leggi della fisica e
considerare che il baricentro deve cadere nella base di appoggio,
sfruttando l’attrito tra i sassi e le eventuali concavità o convessità che
facilitano il contatto tra le loro superfici. Non esiste una metodologia
codificata ed ognuno deve muoversi secondo il suo sentire.
Tra i vari stili si possono ricordare:
Pietre sovrapposte ( cairn o segnavia )
Equilibri puri (ricerca di equilibri tra due o più sassi)
Counter – balances (squilibri che si compensano)
Free-style (miste, archi e composizioni con materiali vari)
Per info:
[email protected]
https://www.flickr.com/photos/59125128@N00
www.facebook.com/renato.brancaleoni
GRADART
Una giornata tra cultura medievale e arte contemporanea
Il giorno 14 marzo
2014 ci siamo ritrovati
all’entrata del Castello
di Gradara per visitarlo
accompagnati
dai
professori
Giuseppe
Vanni
e
Ignazio
Bonadies.
Vedendo il castello da
fuori, la prima cosa che
abbiamo notato è stata
la sua grandezza e il suo buono stato nonostante tutto ciò che ha
passato. Inizialmente la guida ci ha illustrato la prigione dove
torturavano e uccidevano i condannati.
Tra i vari metodi di tortura ci ha colpito quello delle corde, che
consisteva nello spezzare gli arti superiori delle spie per costringerle a
parlare.
8
Voci dal Gobetti – De Gasperi
In un angolo della stanza vi era una cisterna, subito abbiamo pensato
fosse un contenitore per i cadaveri, in realtà serviva solamente come
recipiente per l’acqua piovana che era indispensabile durante gli assedi.
Saliti al piano superiore la guida ci mostrò le varie stanze.
Siamo stati guidati da due artiste in contrapposizione, Simona,la tosta, e
la femminile Elisabetta.
La prima crea degli
animali con oggetti
di rifiuto, mentre la
seconda dipinge su
tela quello che prova
dentro di sé.
Insieme
a
loro
abbiamo contribuito
a realizzare una
struttura a spirale
composta da tante
palle
di
corda
ricoperte di essenze
come caffè, lavanda
o cannella.
Altri hanno risposto a delle
domande, registrando la
loro voce che sarebbe poi
servita come sottofondo
durante la mostra.
Erano tutte molto grandi, con pavimenti rifiniti e pareti dipinte, in
alcune erano presenti dei passaggi segreti per sfuggire agli attacchi
nemici. Tutto nel castello era organizzato in modo da garantire la
sopravvivenza di ogni abitante che ci risiedeva.
Importante frammento della storia di questa fortezza è il famoso
racconto dell’amore tra Paolo, Francesca e Giangiotto. La fanciulla era
promessa sposa al brutto Giangiotto, ma i genitori sapendo che se
Francesca l’avesse visto all’altare non si sarebbe sposata e avrebbe
preferito diventare sposa di Dio, decisero di mandare il bel fratello, già
sposato, Paolo, per conto di Giangiotto. Giustamente la donna vedendo
quel bel ragazzo cadde nell’inganno e si sposò. Solo la mattina dopo si
accorse di aver passato la notte con il vero marito. Scioccata
dall’accaduto decise di morire lentamente smettendo di mangiare e bere
finché Paolo non l’avesse salvata. Quando Paolo venne a sapere del
comportamento dell’amata corse in suo aiuto, così iniziarono a
frequentarsi di nascosto finché il marito li scoprì. Giangiotto era pronto
ad uccidere il fratello, ma Francesca si mise tra l’amante e la spada, che
li trafisse entrambi.
Dopo di loro il castello fu abitato ancora fino al 1983 da diversi nobili
che mantennero l’integrità della residenza.
Usciti
dal
castello
abbiamo fatto il giro delle
mura, il panorama era
magnifico e si coglieva
bene la sua imponenza.
Per farci interagire con
l’arte, le ragazze di
GradaraInnova, l’agenzia
che si occupa della
promozione delle attività
del Castello, ci hanno
dato la possibilità di partecipare al progetto GradArt, che ha l’
obbiettivo di creare una mostra che sia agibile a tutti sfruttando i cinque
sensi: infatti, insieme a noi c’erano anche dei ragazzi disabili
accompagnati dai loro educatori delle cooperative del Circondario.
Dopo
esserci
divertiti
sporcandoci le mani, ci
siamo
rilassati
passeggiando e godendoci
la natura che ci circondava,
anche grazie alla bella
giornata soleggiata che ci ha accompagnati per tutta la visita.
La giornata è stata veramente piacevole, non ci siamo mai annoiati e ,
soprattutto, abbiamo colto tutte le informazioni che la guida e i
professori ci hanno trasmesso.
Cristina Alati, Maria Chiara Rosa 2°A
4°A e 4°B, turisti a Napoli.
Dal 2 al 5 aprile le classi 4°A e 4°B hanno visitato
una meravigliosa città, Napoli, e la costiera amalfitana
Siamo partiti alle
ore
7.00
da
Morciano alla volta
di Napoli, per un
lungo viaggio che
sembrava
non
finire mai. La
prima
tappa,
autogrill a parte, è
stata Ercolano. Qui
una bravissima e
“buffa” guida ci ha
condotto nella vera
e propria Ercolano,
quella di cui tutti avevamo sentito parlare tanto. La visita guidata è
durata circa due ore e mezza. In serata siamo arrivati in hotel, Hotel
Futura a Casoria.
9
Voci dal Gobetti – De Gasperi
La prima serata è stata un po’ movimentata, d'altronde tutti eravamo
frenetici per la nostra prima gita. La mattina dopo siamo partiti di buon
ora per la Costiera Amalfitana. Già intravederla dall’alto mozzava il
fiato: era meravigliosa. Abbiamo fatto sosta a Sorrento dove noi alunni
ci siamo dedicati un po’ alla visita autonoma della città, e allo sfrenato
shopping: c’erano veramente negozi bellissimi. Dopo circa un’ora
siamo ripartiti per una escursione di sei ore di tutta la Costiera
Amalfitana. Ci siamo fermati a Posillipo, ma purtroppo abbiamo potuto
solo osservarla dall’alto, mentre ad Amalfi abbiamo potuto ammirare
tutta la sua magnificenza.
Dopo la lunga
escursione
siamo tornati
in Hotel, tutti
abbastanza
stanchi, ecco
perché
la
seconda serata
è stata più
tranquilla. Il
terzo giorno la
sveglia
è
suonata e tutti
abbiamo avuto
un
pensiero
comune:
Finalmente
Napoli! Siamo
stati l’intera
giornata alla
scoperta
di
Napoli:
La
Spaccanapoli,
La
cappella
Sansevero e
Cristo Velato, e tutta la fantastica città così frenetica e caotica da
togliere quasi il fiato. Napoli è veramente stupenda, calorosa, sempre in
movimento, ti fa venire proprio la voglia di viverla e ti rende partecipe
quasi ti avvolgesse. Anche qua le più fanatiche per i negozi hanno
potuto sfogare la loro “sete di shopping”.
L’ultimo giorno ci siamo svegliati tutti così malinconici, la nostra gita
stava volgendo al termine e nessuno ci voleva credere, quella città ci
aveva rubato un pezzo di cuore. Siamo partiti sempre di buon ora, come
tutte le mattine, per la Reggia di Caserta e i suoi Giardini. Anche
quest’ultimi davvero belli. Dopo pranzo, con gran malinconia, siamo
partiti per il ritorno; tutti speravamo che il viaggio durasse il più
possibile. Nessuno voleva tornare a casa e disfare la valigia, così piena
di ricordi e meravigliose esperienze.
Personalmente consiglio vivamente come meta Napoli, perché penso
che una città che ti da emozioni come questa sia difficile trovarla.
Ringrazio, a nome di tutti, le professoresse Barazzoni Stefania,
Marocchino Margherita e Casadei Paola, che ci hanno accompagnato in
questa fantastica esperienza. E per quanto riguarda questa gita: sarà che
è stato il primo viaggio di istruzione, sarà che la compagnia ha fatto una
buona parte, sarà che questa città è davvero mozzafiato, saranno le
persone che ci abitano e il loro spirito così allegro.. Ma penso che
davvero nessuno si scorderà mai questa esperienza.
Federica Fabbri 4°A
Le Voci del Gobetti-De Gasperi
Noi crediamo in un mondo migliore!
Il giorno 11 marzo 2014, per i 100 giorni, il nostro istituto ha
organizzato come ogni anno un concerto; questo progetto dei Prof.
Galli Renzo e Di Nunzio dà la possibilità agli studenti di esibirsi sul
palco del padiglione fieristico di Morciano di Romagna.
La mattinata si è aperta verso le 9.45 con un breve intervento
dell'assessore Filippo Ghigi e del nostro ex preside, Franco Raschi.
Il vero e proprio concerto è iniziato verso le ore 10, con l'entrata sul
palco dell'alunna Molinaro Noemi di 4F che ha eseguito un'impeccabile
performance, seguita poi dalle alunne Martina Castiello di 2E e
Francesca Bernardini.
Dopo una piacevole ora di
buona musica, la presentatrice
acclama sul palco il nostro
"puledrino di razza pregiata",
Lisa Bretani, che si esibisce
cantando la celebre colonna
sonora del famoso Titanic, My
heart will go on di Celine
Dion, Se telefonando di Mina
e, dulcis in fundo, A chi mi
dice dei Blue.
Ed
eccoci
pronti
per
l'esibizione che tutti stavano
aspettando con ansia e che
ogni anno fa commuovere: il
piccolo spettacolo di magia e
illusionismo della nostra Gilly,
che quest'anno si è superata
portando sul palco un piccolo
coniglietto...
Tornando alla musica è ora il
momento di Sara Contadini con The crow and the butterfly e Nicole
Rossi di 4E con La notte.
.
10
Voci dal Gobetti – De Gasperi
Arriva il momento clou del nostro concerto: "L'angolo dell'Isiss", in cui
ogni anno si ricordano le opere di alcuni personaggi importanti della
storia, citando i loro aforismi più importanti.
Lo scorso anno si erano ricordati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino;
questa è stata la volta di Nelson Mandela e Martin Luther King.
Il concerto continua, con la voce di Federica Casciani, Sonia Ruggiero,
Martina Gaudenzi e, per concludere, un altro asso nella manica del
nostro istituto, Lisa Bretani, che si esibisce nelle ultime canzoni
dell'evento: Adagio e Halleluja.
Per chi volesse assistere al concerto/spettacolo teatrale di fine anno
scolastico, l'appuntamento è il 29 maggio alle ore 20.30, sempre al
Palafiera di Morciano.
La Grande Crisi
Poesie in mostra a Cattolica
Alessia Masini 4°A
Destinazione Dublino
Anche quest’anno dal nostro Istituto e dal Lion’s Club
sono state finanziate delle Borse di Studio
per gli alunni più meritevoli.
Sabato 26 aprile, presso la Galleria Santa Croce a Cattolica, siamo
andate a visitare Horror Vacui – La Grande Crisi, la mostra di poesia
contemporanea del nostro professore d’italiano e storia, Giuseppe
Vanni. Era molto tempo che desideravamo visitarla, curiose di quelli
che potessero essere i pensieri e i desideri più profondi del nostro Prof.
che quasi ogni mattina ci presenta in classe.
Presso la sala di allestimento abbiamo potuto osservare alcune delle
poesie scritte dal nostro professore, presentate su tele accompagnate da
foto che rendevano ancor più l’idea del contenuto. Come poesie
contemporanee i temi più trattati riguardavano principalmente la crisi
economica, che porta come conseguenza una crisi morale, dei valori.
Erano comunque presenti poesie che distoglievano dal pessimismo che
portava il principale argomento.
Il pomeriggio è stato davvero interessante e ci ha fatto capire quanto sia
importante riscoprire la poesia che dai giovani, ma anche in generale, è
poco seguita, pur vivendo in un paese che ha alle spalle una grande
storia. Ringraziamo il nostro professore per l’opportunità che ci sta
dando di scoprire il mondo della poesia non solo attraverso la scuola .
Sabato 17 maggio 2014 dalle ore 11.45 alle ore 12.45 presso l’Aula
Magna dell’istituto si è tenuta la proclamazione dei vincitori delle
Borse di Studio “Dott. Giuseppe Montanari e Cav. Oreste Angelini” - V
edizione, a.s. 2013/2014. Quest’anno la borsa di studio consiste in un
viaggio studio a Dublino.
Gli invitati sono stati i quattro alunni vincitori (Jonuzi Valbona, IV A;
Masotano Remo Pio, IV J; Miniero Pablo Maria, IV H; Bacchini Sara
Sabrina, IV E), i relativi genitori, e tutte le classi terze dell’istituto, che
rappresentano gli alunni in gara per il conseguimento delle Borse di
Studio del prossimo anno.
La Redazione
Asia Ravaioli, Valentina Sanchi 2°A
Progetto regionale scuole libere dal fumo
Esperienza di Peer Education sul fumo: intervento di
prevenzione del tabagismo (e promozione della
disassuefazione) realizzato dai ragazzi per i ragazzi
Abbiamo aderito molto volentieri alla proposta del coordinatore del
progetto prof. Bastianelli
Demetrio,
nostro
ex
insegnante di scienze, di
far
parte
dei
Peer
educators nell’ambito del
progetto sulla prevenzione
del tabagismo.
11
Voci dal Gobetti - De Gasperi
Nella nostra classe III A hanno aderito al progetto gli studenti Del Prete
Giulia, Fabbri Federico, Gjoni Eva, Krastev Marco, Manzaroli Chiara e
Veznovets Viktor. L’esperienza l’abbiamo condivisa assieme ai ragazzi
della III K/M Casadei Davide, Cavoli Alessandro, Cecchini Francesco,
Giorgi Alessandro, Righi Andrea, Sasso Simone, Venturini Enrico e
Zeka Fidan.
Nei mesi di dicembre e gennaio abbiamo svolto a scuola 4 incontri di
formazione del gruppo dei tutors di circa 2 ore l’uno, a cura degli
operatori dell’Istituto Oncologico Romagnolo e dell’Azienda USL di
Rimini. La D.ssa Silvia Di Marco e la D.ssa Concari Ilaria, hanno
dimostrato grande professionalità e disponibilità a chiarire ogni nostro
dubbio e soddisfare ogni nostra curiosità. Questi incontri ci hanno
permesso, in modo interessante e partecipativo, di acquisire nuove
informazioni e curiosità sul fumo di tabacco. Al termine del percorso
formativo, facendo tesoro delle esperienze maturate, noi tutors ci siamo
coordinati con l’aiuto degli operatori IOR AUSL, per organizzare le
attività da proporre ai ragazzi delle classi prime. Noi “peer” ci siamo
così divisi in gruppi di due o tre ragazzi, per poter intervenire in tutte le
classi prime.
I nostri compagni più giovani durante il progetto si sono dimostrati
davvero partecipativi ed interessati alle nostre esposizioni e riteniamo
di avere indicato loro dei buoni motivi per non iniziare a fumare e, per
chi già fuma, di aver dato il nostro utile contributo perché possano
smettere.
Pensiamo che questa esperienza abbia aiutato oltre ai ragazzi delle
prime a informarsi sui danni del fumo, anche noi “peer”, facendoci
aprire gli occhi sugli innumerevoli effetti che il fumo ha sul nostro
corpo. A questo proposito è stato davvero interessante svolgere gli
esperimenti con il fumatore meccanico nel laboratorio di chimica e
capire quante e quali sostanze nocive derivanti dalle combustioni di
sigarette possono accumularsi nei nostri polmoni.
In conclusione possiamo dire che, per tutti, è stata un’esperienza
davvero importante e significativa e speriamo che la scuola aderisca
ogni anno a questo utile progetto, sperando di continuare a farne parte.
Giulia Del Prete, Federico Fabbri, Eva Gjioni, Chiara Manzaroli,
Federica Pioppi e Viktor Veznovets 3°A.
Otello
Dall’Otello di Shakespeare il nuovo Otello
di Luigi Lo cascio
Martedì 25 febbraio la
classe 4°A accompagnata
dal prof. Vanni si è recata
al teatro Regina di
Cattolica per assistere allo
spettacolo di cui di seguito
alleghiamo il comunicato
stampa del Regina di
Cattolica.
“A partire dall’Otello di
Shakespeare, un altro
Otello. Mettere in scena l’intero testo e per di più nella versione
compiuta e statuaria dell’originale, appare impresa fuori misura. Così
il regista, insieme per prudenza e devozione nei confronti del modello,
ha cercato di cavarne un soggetto.
Si metteranno a fuoco soltanto alcune parti del testo di partenza, quelle
che obbligano a confrontarsi con l’enigma di certe passioni umane.
Aldilà del tiro infame che l’onesto Iago gioca ad Otello, è solo una
serie di parvenze e malintesi il nostro universo di relazioni? Davvero
anche l’amore è puro abbaglio?
È forse connaturato alle passioni più travolgenti il fatto di
racchiudere, nel loro cuore più intimo e sconosciuto, una luce sinistra,
lama affilata che ustiona gli occhi e acceca la mente consegnandola
prima al tumulto, poi al furore?”
Poker de L’Ape dell’Isiss!
Per la quarta volta consecutiva i ragazzi
dell’Isiss Gobetti – De Gasperi di Morciano di Romagna
si aggiudicano il premio nazionale
per il miglior giornalino scolastico
Il nostro giornalino, l’Ape dell’ Isiss dell’Istituto Gobetti – De Gasperi
di Morciano di Romagna, diretto dal Prof. Giuseppe Vanni e da nove
giovani giornalisti, si è riconfermato per la quarta volta consecutiva tra i
vincitori del concorso nazionale per il miglior giornalino scolastico,
sezione scuole medie superiori, indetto anche quest’anno dall’Istituto
Comprensivo di Manocalzati in provincia di Avellino, in ricordo del
Dirigente Didattico Carmine Scianguetta.
Il giornale spedito al
concorso di quest’anno
conteneva l’importante
articolo sulla strage
della
stazione
di
Bologna,
realizzato
grazie alla diretta
testimonianza di Anna
Pizzirani, la vicepresidente
dell’Associazione dei
Familiari delle Vittime, intervistata dalla redazione dell’Ape dell’Isiss,
in cui ha raccontato nel dettaglio alcuni passaggi particolarmente
significativi e svelato molti retroscena del percorso processuale che ha
caratterizzato gli anni successivi alla strage.
Il concorso vinto dai ragazzi della redazione del Gobetti – De Gasperi si
svolge sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, ha il
patrocinio del Ministero della Pubblica Istruzione, dell’Ordine
Nazionale dei Giornalisti, della Regione Campania, del quotidiano Il
Mattino ecc. La valutazione dei giornali è stata effettuata, inizialmente,
da una commissione preposta ad un primo livello di selezione;
successivamente da una giuria composta da giornalisti della stampa
locale e nazionale e da alcuni alunni tra i più meritevoli dell’Istituto
Comprensivo che ha organizzato il concorso. La premiazione è prevista
per il 17 maggio 2014 a Manocalzati.
Alessia Masini 4°A
12
Voci dal Gobetti – De Gasperi
Podio per la poetessa dell’Isiss
Orchidea selvaggia
Un’improvvisa scoperta nel giardino dell’Isiss
Federica Bianchini, classe 4°B, si aggiudica
il terzo premio al prestigioso concorso di poesia
dedicato a Morena Ugolini
La prof.ssa Manuela
Casadei ci segnale
una importante e
curiosa
scoperta
effettuata
da
lei
stessa. Durante la
prima settimana di
maggio:
alcune
orchidee spontanee
nel giardino della
nostra scuola!
La
professoressa,
oltre ad essere una
brava insegnante di
diritto,
è
anche
un’esperta
e
appassionata
di
botanica.
Le orchidee della
specie
Ophrys
Apifera, piccole ma
coloratissime,
passano
quasi
inosservate nella numerosa varietà di piante e arbusti che crescono nel
grande giardino.
Tuttavia si tratta di piante non comuni e di particolare valore
naturalistico; oltre ad essere molto delicate, raramente nascono in modo
spontaneo nei giardini comuni, perché necessitano di un clima e di
condizioni particolari per svilupparsi.
“L’orchidea ha bisogno di un micro clima caldo-umido che
difficilmente si presenta nell’ambiente comune che ci circonda” ha
spiegato la prof.ssa Federica Giacomazzi, docente presso il neonato
istituto agrario dell’ISISS “mentre qui nel nostro giardino sono nate ben
due diverse specie, entrambe rare. Sarà nostro compito, ed in
particolare della I G, salvaguardare le piante con attenzione e perizia”.
Al momento, nel timore che i lavori di potatura e cura del giardino da
parte degli addetti alla manutenzione potesse essere loro fatale, le
piante sono state prelevate e saranno sistemate in appositi vasi dai
ragazzi dell’IPA, che si sono rivelati quanto mai utili per l’ISISS.
Con l’aiuto del prof. Paolo Ricci le orchidee riusciranno a rimanere in
vita e proliferare –speriamo- nel giardino della nostra scuola.
Prof.ssa Laura Giambartolomei
Venerdì 16 maggio alle 21 presso l'Aula Magna dell'Istituto per il
Turismo Marco Polo di Rimini si è tenuta la premiazione dell'XI
edizione del "Premio di poesia e prosa breve" promosso
dall'Associazione Culturale Morena Ugolini, Lions Club Rimini e dal
Comune di Rimini.
Morena Ugolini era una studentessa riminese la cui breve vita è stata
segnata da una grave malattia degenerativa che non le ha impedito però
di comporre belle e profonde poesie. A suo ricordo è stata fondata
l'Associazione ed è stato istituito il premio letterario.
Nella serata della premiazione sono stati letti -con un suggestivo
sottofondo musicale d'arpa- alcune poesie di Morena Ugolini e i testi
finalisti mantenendo il segreto; solo all'ultimo sono stati ufficializzati i
nomi dei vincitori.
Oltre alle categorie sopradette, è stata anche riservata una sezione per
l'espressione artistica grafica (disegno, fotografia). Nella rosa dei
candidati della sezione poesia anche la nostra studentessa Federica
Bianchini di IV B che si è classificata Terza; il componimento è di
impostazione moderna, senza rima nè verso ma con un contenuto
profondissimo che riguarda l'amore ed il tradimento.
Il premio è consistito nella pubblicazione del testo e un dono pecuniario
di 100 euro. Ad allietare la serata (e ad aumentare la tensione per la
suspence!) un gruppo d'archi. Era presente la Dirigente dell'Istituto M.
Polo e la Presidentessa del Lion Club di Rimini. A conclusione è stato
offerto anche un piccolo buffet. Complimenti Federica, da me e da tutta
la IV B!
Prof.ssa Laura Giambartolomei
13
Il libro – Il film
Ma le stelle quante sono
Storia di un ragazzo e di una ragazza
Questo libro, scritto da Giulia Carcasi, racconta la storia di una ragazza
e un ragazzo, in un periodo della loro vita, pieno di ostacoli e dilemmi.
Questi ultimi hanno diciotto anni, frequentano la stessa scuola, la stessa
classe, gli stessi professori e gli stessi amici.
La loro preoccupazione più grande è l’ esame di maturità, al quale
arrivano dopo aver superato varie prove, non solo scolastiche, ma anche
amorose e familiari.
Sin dalla prima superiore, essi si piacevano, solo che non hanno mai
avuto il coraggio di dichiararsi fino alla fine dei diciotto anni.
Il romanzo ha due facce, due
sessi, due voci e due storie
parallele che, infine, si
intrecciano per un amore solo.
I protagonisti sono Alice e
Carlo.
Alice è una ragazza tranquilla,
solare, che si ritiene diversa e
non adatta rispetto agli altri
ragazzi della sua età; pensa che
“ esista un tempo per ogni cosa
“, e ritiene molto importante la
propria istruzione.
Mentre Carlo è un ragazzo
timido, un po’ imbranato, che
vorrebbe una ragazza, Alice,
ma è convinto che a lei non
importi nulla di lui.
Gli altri personaggi sono Milla,
la sorella minore di Alice; la
mamma e il papà di Alice;
Carolina, la migliore amica di Alice; Giorgio, un ragazzo che esce con
Alice e Ludovica, una ragazza facile che esce con Carlo.
Dopo tanti sforzi, tra distrazioni, delusioni, prese di coscienza e
problemi familiari; Alice e Carlo si fidanzano, scoprendo finalmente
tutto l’ amore che provavano l’ uno per l’ altro.
Le principali tematiche affrontate nel libro sono l’ amore, la scuola e la
famiglia.
Soprattutto, l’ amore viene rappresentato come un sentimento da
trovare dentro di noi, che quando lo troviamo, non dobbiamo farlo
fuggire, ma dobbiamo condividerlo con un’ altra persona , perché
nessuno è fatto per stare da solo.
Inoltre
questo
libro è
molto
interes
sante
perché
ti fa
capire
sia il
modo
di
pensar
e di
Alice,
femmi
nile, e sia quello di Carlo, maschile. La cosa essenziale da cogliere, da
questo romanzo, è che siamo noi a dover dare un senso alla nostra vita,
a tutto il tempo che passerà, e che ci riusciremo al meglio solo se
avremo accanto una persona con cui condividere le cose belle e brutte
che ci riserverà la vita, invecchiando insieme, così vivendo una storia
indimenticabile.
Cristina Alati 2°A
Hannah Arendt
La banalità del male
La sera del 27 gennaio
alcuni alunni della classe
4°A si sono recati assieme
al Prof. Giuseppe Vanni al
Cinepalace di Riccione per
guardare il film “Hannah
Arendt”,
un
film
drammatico e biografico
del 2012 diretto da
Margarethe von Trotta,
distribuito nelle sale in
occasione della Giornata
della Memoria.Prodotto in
Germania, Lussemburgo e
Francia, tratta la vita della
filosofa e teorica politica
ebraico - tedesca Hannah
Arendt, interpretata da
Barbara Sukowa.
14
Il film
Hannah ha cinquant’anni ed è emigrata negli Stati Uniti nel 1940, dove
vive felicemente a New York con il marito, il poeta e filosofo tedesco
Heinrich Blücher; ha già pubblicato testi fondamentali di teoria
filosofica e politica e insegna in una prestigiosa Università. Agli inizi
degli anni ’60 il
criminale
di
guerra
Adolf
Eichmann viene
rapito
dal
Servizio Segreto
israeliano e la
Arendt si sente in
dovere di seguire
l’intero processo
tenuto
a
Gerusalemme:
chiede e ottiene
così di essere inviata come reporter della prestigiosa rivista “New
Yorker”. Hannah nota che Eichmann, uno dei gerarchi artefice dello
sterminio degli ebrei nei lager, si dichiara semplice esecutore di ordini.
Alla fine del processo pubblica il libro “La banalità del male” (1963),
dove emerge la controversa teoria per cui proprio l'assenza di radici e di
memoria e la mancata riflessione sulla responsabilità delle proprie
azioni criminali farebbero sì che esseri spesso banali si trasformino in
autentici agenti del male.
Una pellicola non facile da seguire, ma molto interessante, dal tratto
filosofico. Attraverso gli inserti originali del processo Eichmann si
possono cogliere gli stati d’animo dell’imputato: si ritiene innocente
con una paradossale serenità d’animo, data dalla sua convinzione che
lui ha solamente eseguito gli ordini dati, e che, anche se è l’artefice di
tutte quelle morti, è come se non lo riguardassero. Come se questo suo
pensiero fungesse da corazza contro tutti i sensi di colpa che potrebbe
avere.
Devastante è vedere lo sguardo colmo di paura, timore e sofferenza dei
sopravvissuti, persone non in collera ma che, stremate, si sono
semplicemente arrese, al contrario di Hannah che, in un certo senso,
vuole farsi carico della loro rabbia e sete di giustizia.
Alessia Masini 4°A
Saw l’enigmista
Il dono della vita
Voglio svelare
uno dei film
che
ha
maggiormente
suggestionato
il pubblico, il
film
in
questione
è
“Saw
l'enigmista”.
Potrà risultare
strano all'apparenza, inadeguato o deludente ma vi farò cambiare le
aspettative alla fine dell'articolo. Il primo film venne girato in soli 18
giorni e nel mese di gennaio 2004 avvenne la prima proiezione al
Sundance Film Festival. In seguito uscì nei cinema statunitensi il 29
ottobre 2004 e nei cinema italiani solo il 14 gennaio 2005. Il primo film
è diretto da James Wan, successivamente seguiranno diversi sequel e la
formazione di una saga composta da 7 film. Questo film è famoso tra i
generi horror e splatter. La storia narra in breve dell'astuto e moribondo
serial killer Jigsaw (comunemente chiamato l'enigmista), portatore di
cancro inoperabile al cervello. Le sue vittime vengono catturate e poste
in trappole mortali, dalle quali è possibile uscire solo facendo una scelta
che, solitamente, porta a una mutilazione ed a una sofferenza. Jigsaw
mette alla prova le sue "cavie" colpevoli di aver disprezzato “il dono
della vita” per vedere se sono degne di continuare la loro vita che fino a
quel momento hanno disprezzato (ad esempio, fra le vittime c'è una
tossicodipendente, un dottore senza valori morali, uno stupratore ecc..).
Il film riesce a trasmettere un'atmosfera ricca di tensione e angoscia,
servendosi di effetti e scene particolari (con l'utilizzo dei flashback) e
rappresentazioni figurative (i diabolici marchingegni e la famosissima
mascotte che entrerà in scena in tutti i film chiamata ”il pupazzo”),
donando così una visione molto tesa, fragile, inverosimile ma ricca di
vitalità e tensione. Saw regala un finale a sorpresa in ogni suo film,
lasciando a bocca aperta lo spettatore e intenzionato a continuare il
sequel per i vari dubbi che gli vengono presentati. Il merito della saga è
quello di aver creato un nuovo tipo di film: lo psyco-splatter, in quanto
è sia thriller che pieno di effetti speciali, i più esagerati e mai visti.
Questo film regala una grandissima morale, facendo riflettere su quanto
possa essere prezioso il dono della vita, mostrando inizialmente quanto
il mondo sia bello, semplice nella sua apparenza, ma quanto
esternamente sia sporco e sofferente andando sempre di più alla sua
radice. Ci pone esempi di persone egoiste, crudeli e depresse che non
riescono ad apprezzare la vita nel suo splendore, diversamente da chi
soffre di malattie gravi e terminali. Il film costringe la gente a pensare a
se stessa e ad assaporare il dono della vita nella sua pienezza. L'idea è
quella di usare ogni mezzo per portare le persone a riflettere su come
stiano vivendo la propria vita. Quindi, il film va oltre il sangue
mostrandosi uno dei pochi horror che ha un forte legame psicologico e
una grande morale! In conclusione consiglio vivamente di guardare
questo film a tutti e in particolare a chi non pensa spesso al dono
prezioso che è la vita. Imparando così quanto sia importante. Chiudo
con la famosissima frase citata in ogni Saw : “Vivere o morire, fa la tua
scelta”(l'enigmista).
David Cohen- 4°J
15
Il film - Sport
Blue Jasmine
Atletica leggera
Storia di una caduta
Uno sport nato per dare emozioni
Blue
jasmine,
uscito nelle sale lo
scorso dicembre, è
un film diretto da
Woody Allen la cui
musa
ispiratrice
questa volta è Cate
Blanchett. L’attrice
veste i panni di
Jasmine,
protagonista la cui
storia è più vera
che surreale.
Jasmine è una donna di classe di Park Avenue sposata con Hal, un
uomo d’affari che la ricopriva di attenzioni e regali, ma che era anche
un truffatore e un traditore. La fine del loro matrimonio porta Jasmine
alla bancarotta e all’esaurimento nervoso. Sola e sconsolata decide
allora di trasferirsi a San Francisco dalla sua sorella adottiva Ginger,
che è sempre stata considerata di “sangue peggiore” rispetto a Jasmine.
La poca autostima di Ginger la porta a frequentare uomini etichettati
come “sfigati” dalla sorella che la convince ad aprire i suoi orizzonti
amorosi. Jasmine prova a cominciare una nuova vita ma i suoi rapporti
con gli uomini sono basati su delusioni e bugie, e questo conduce la
donna ad inabissarsi sempre più.
Quello di Jasmine è
un monologo perché
non trova mai un
interlocutore
possibile che se
stessa
con
cui
condividere la sua
tragicomica vita. E’
una donna che non
sa
adattarsi
al
presente
ma
è
ancorata al passato
che spesso riaffiora nella sua vita nonostante lei cerchi di evitarlo. Blue
Jasmine è un complesso ritratto femminile descritto con una rara
maturità e compassione che non è facile trovare nel cinema d’oggi. E’ il
racconto di una psicologia femminile fragile e incerta, una
tragicommedia amara e disillusa.
Il cinismo e il poco ottimismo di Allen sono cosa nota, ma la crudeltà
della storia della protagonista non è poi così impossibile. Difatti non è
così difficile che la nostra vita sia segnata da incontri e storie
incredibili.
Inoltre la bravura della Blanchett è essenziale per evidenziare al meglio
un’opera che è già di per sé più che intensa. Questa condizione è
fondamentale per rappresentare le insicurezze, i monologhi, i pensieri e
gli stati d’animo della Jasmine ricca e povera, la vanità e la
disperazione. E’ ancora una volta il destino a farla da padrone, infatti
più la protagonista cerca di scappare dai suoi problemi e dalla
confusione più in fretta viene raggiunta dai malesseri; infatti quello che
non sa è che lei è vittima di se stessa. Vittima di un essere egoista, un
malessere che la perseguiterà per tutta la vita. Guardando il film è
difficile rimanere indifferenti all’amarezza e alla solitudine della
protagonista che cerca di sopravvivere con dignità alla sua irrefrenabile
caduta.
Elisabeth Dudchenko 4°A
L’atletica è un insieme di discipline che caratterizzano uno sport nato
per dare emozione per chi lo pratica e per chi lo guarda. E’ uno sport
formato da 21 specialità di corsa, salto, lancio e marcia e contribuisce a
migliorare le doti di coordinazione, agilità, velocità e potenza. Questo
sport fa da sempre parte dell’uomo solo che con i secoli ha smesso di
essere una sua parte abitudinale.
Nell’antichità si correva, lanciava e saltava per sopravvivere; nei secoli
l’atletica leggera si è evoluta e le attività motorie dell’uomo di sono
sempre più ridotte, ma rimane sempre una delle attività più naturali ed
istintive che esistano nell’ambito sportivo. Basta pensare alla partenza
dei 100 metri: allo sparo bisogna reagire il più rapidamente possibile e
poi correre veloce. Può sembrare un’azione di grande semplicità mentre
per poterla compiere nel migliore dei modi c’è bisogno di molta tecnica
e allenamento. Poi le distanze aumentano e si passa dai 200/400 metri
al mezzofondo, che comprende distanze dagli 800/1500 metri.
Il mezzofondo è una delle discipline che personalmente preferisco. Esso
è una disciplina di resistenza che consiste nella capacità di allenare il
fiato e riuscire a compiere distanze lunghe con la minor fatica possibile.
Il fiato è una qualità che può essere allenata facilmente ma che continua
a dare buoni risultati anche dopo molto allenamento.
Naturalmente di discipline dell’atletica ce ne sono davvero tante e
ognuna cerca di sviluppare le abilità di ogni atleta nel migliore dei
modi. C’è una grande scelta nel praticare l’atletica, che quindi, come
sport individuale, mette se stessi in competizione con gli altri. Esso
stimola la conoscenza di sé insegnando a mettersi in gioco, a formare la
volontà di migliorarsi e di superare i propri limiti.
Ma l’atletica leggera è soprattutto uno sport di gruppo durante il quale
si condividono con i compagni gli impegni degli allenamenti e ci si
sostiene a vicenda. Questo è uno sport che vorrei proporre a chiunque;
in quattro anni che lo pratico sono sempre riuscita a tirare fuori il
meglio di me in quella pista dello stadio di Santamonica che con il
tempo è diventata qualcosa di davvero speciale, che è riuscita a farmi
conoscere persone fantastiche e a scoprire una passione che spero di
portare sempre nel cuore.
Giulia Gamboni 1°A
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Playlist
MONDOVISIONE
Ligabue raccontato con gli occhi di una Fan
In questo libro, (Urlando contro il cielo) “il Liga” si racconta, racconta
di sé ma più che altro dei suoi anni sopra al palco; delle sue canzoni,
del lavoro che c’è stato prima di arrivare ad essere quello che è oggi, il
rocker italiano. In questa intervista con Massimo Cotto riusciamo a
comprendere lo stile, il significato e la vita di Luciano; anche se, a parer
mio, le sue canzoni parlano da sole. Per canzoni non intendo il testo in
sé, perché se il sound non va non si riesce ad esprimere e a “far
passare” fino in fondo quello che si ha da dire. In questo Liga è
imbattuto in Italia. Liga scrive e se ne frega, nel senso che lui non si
sente nessuno, a volte non si sente in grado di essere così importante da
poter pensare a un qualcosa, buttarlo giù, trovare gli accordi e farlo
diventare un successo universale. Non ha questa presunzione, ma arriva
a un punto dove riesce più a trattenere quello che ha in testa e allora
scrive, scrive e se ne frega.
È così che fa un
rocker alla fine.
Ha fatto lo
stesso
anche
con
questo
libro, sa che il
suo
racconto
non
può
arrivare a tutti,
come sa che c’è
gente molto più
brava di lui a
farlo, ma l’ha
fatto. Perché è
pur sempre un
modo
per
comunicare, ed
è questo che
ogni artista fa, comunica. Che sia un pittore, un attore, uno scrittore,
cantante, scultore, tutti sono li a fare quel che fanno per cercare di
comunicare un qualcosa alla gente; e se ci riescono, si realizzano. Man
mano che leggevo questo libro, (il quale lo si può ritrovare in
biblioteca) man mano che si spolveravano i titoli delle canzoni, la mia
mente si bloccava per far spazio alla mia voce; e dopo aver canticchiato
la canzone di cui si stava parlando, ricominciavo a leggere. Sa amante
di Liga mi ha fatto piacere conoscere questo lato genuino che gli
appartiene a lui, ma anche alle sue canzoni; perché nascono così,
genuine. Ad esempio “Urlando contro il cielo” nasce un giorno che
Luciano ascoltava “ a palla” una canzone mentre era un macchina, a
palla nel gergo d’oggi sta per: ad alto volume, a un certo punto scende e
caccia un urlo liberatorio contro il cielo. È bello scoprire come nascono
certe canzoni. “urlando contro il cielo è una delle tante che mi piace.
Nel testo la frase che preferisco è: “il patto è stringerci di più, prima di
perderci”. E chi ci avrebbe mai pensato? Solitamente quando stai
perdendo un amico o un fidanzato, che so io, l’unica cosa che ti viene in
mente da fare è mandarlo/a a quel paese e andare per la propria strada;
ma questa mentalità dello “stringersi di più” mi piace, la preferisco e la
condivido. È una canzone liberatoria, una di quelle da urlare in
macchina, ma mai come “Certe notti”. Certe notti è stato il successo più
grande per questo rocker di Correggio, e pensare che la persona che, tra
tutti, non si sa spiegare questo successo, è proprio lui. Nemmeno io
saprei spiegarmelo, ma chissà perché, una sera in macchina, “a zonzo”
con delle amiche, appena è partita questa canzone ci siamo messe a
urlare tutte e quattro come delle deficienti! Li mi sono sentita più felice
e libera di urlare quanto mi pare. Una frase nel libro che mi ha colpita
molto è questa: “ Se continui a cercare ragioni per rimandare, ogni
giorno ne incontrerai una valida”. Verissimo.
Quante
volte
vogliamo rimandare
qualcosa?
Liga spiega che ha il
problema contrario,
e fa un esempio dei
diversi modi di fare
e
pensare
mettendosi
in
paragone
con
Barbacci.
Spiega che Barbacci
sarebbe in grado di
lavorare a una strofa
per settimane pur di
cercare
di
migliorarla e che,
fino a che non gli si punta una pistola in testa, non si schioderebbe dalla
consolle; perché secondo Barbacci essa è “ perfettibile”.
Per Liga è diverso, secondo Liga la strofa è al top così come esce.
Da qui, un’altra cosa che mi ha colpita, quando gli viene chiesto che
cosa sarebbe essere al top, Liga risponde dicendo una frase che solo un
rocker può pensare. Non ha fatto tanti giri di parole, ha racchiuso tutto
il concetto dicendo: “ quando giri attorno al fuoco, ma non ti scaldi
più”.Starei a spiegare tutti i punti che mi sono piaciuti di questo libro
ma sono tanti. Quando spiega che “A che ora è la fine del mondo?” è
partita guardando Berlusconi in Tv, non tanto per Berlusconi in sé, ma
per la calamita che si ha sempre più verso la tecnologia.
Quando mette in chiaro, una volta per tutte che non c’è nessuna rivalità
tra lui e Vasco, o quando spiega il suo film “Radiofreccia”.
Mi soffermo sull’ultima cosa, che racchiude un po’ il concetto del libro,
ovvero “Chi è Ligabue?”.A questa domanda lui risponde così: “ Uno
che fa musica, ma non la possiede, perché la musica è come una
puttana: quando pensi che sia tua, lei va da un altro. Uno che non ha
paura di mostrare i propri limiti..”.
Ligabue è questo: una persona che non è piena di sé, ma si riempie
grazie alla forza che il pubblico gli dà. Non ha paura o vergogna di dire
grazie, di dire che si ritiene fortunato del “lavoro” che fa e che ci tiene
ad arrivare al cuore di tutti, anche dei muratori mentre addentano un
panino in pausa pranzo. A luglio andrò al suo concerto, sarà per me il
primo. Nonostante conosca le sua canzoni e, grazie a questo libro, un
lato di Luciano che non conoscevo, non sarà mai come vederlo
all’opera dal vivo. Lui ha realizzato un sogno facendo quello che fa,
citando una canzone, del suo nuovo album Mondovisione: “sono
sempre i sogni a dare forma al mondo, sono sempre i sogni a fare la
realtà”.Per quanto riguarda questo nuovo album lo trovo un po’
“controcorrente”, in quanto, a parer mio, il Liga ha voluto dare una
svolta al suo solito repertorio. Questo album è un mix di stili. Ha
introdotto canzoni un po’ più commerciali ma pur sempre mantenendo
la sua linea da rocker che ormai è il suo marchio. Non potremo mai
avere un Liga del tutto “smielato” e melodico nelle canzoni che fa;
anche se in “per sempre” riesce a trasmettere un forte sentimento sia a
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livello di testo che di melodia. È un album nuovo, stravagante ma
sempre bello e di successo per me. Nuovo si, ma che non abbandona
mai le sue radici classiche da rocker. Molte persone lo definiscono un
album polito, per via di alcune canzoni che sembrano tirare qualche
“frecciatina”, ma in realtà per me di politico ha ben poco.
Semplicemente c’è un po’ di indignazione, risentimento e forse anche
un po’ di rabbia nei confronti della società odierna. Quello che mi piace
di questo album però è appunto questo mix di idee, stili e pensieri.
Riusciamo a ritrovare il solito Liga ma sotto tante vesti e aspetti. Un
Ligabue arrabbiato, ma allo stesso tempo speranzoso in un
cambiamento. Un Ligabue rocker, spensierato ma mai frivolo in ciò che
fa. Perché Liga è questo. Ci mette passione e punta sempre ad arrivare
al cuore delle persone. Concludo dicendo che in questo album Liga
cerca forse di arrivare ad un punto di incontro con noi adolescenti,
come se volesse “dimostrare” che ci capisce; anche se, lasciatemelo
dire, questo nuovo taglio da giovincello non gli si addice molto.
Per me Liga non è Liga senza quei suoi capelli lunghi e sciolti; la
camicetta sbottonata, i suoi jeans e stivaletti un po’ country che lo
contraddistinguono.
Martina Tordi 4°A
Tim Minchin:
quando la musica diventa commedia,
e qualcosa di più...
Certe volte la musica è l’unico modo che abbiamo per rendere
interessante ed emozionante un mondo che ai nostri occhi rischia di
apparire sempre più monotono e privo di valore. Un paio di cuffie, una
camminata sulla spiaggia, un panorama rilassante, una corsa all’aperto,
esercizi in palestra; cazzeggio sul divano o semplice isolamento dal
resto del mondo sotto a un’improvvisata coperta. Eppure c’è chi, certe
volte, non riesce nemmeno ad abbandonarsi a questi pensieri. Ed ha
bisogno di un aiuto in più, ha bisogno di una musica che non solo faccia
da contorno ma che proponga temi e discorsi in grado di essergli
d’aiuto, a volte. Musica, arte, che stampi semplicemente un sorriso sul
volto di chi la ascolta, altre volte. È questo il caso della cosiddetta
“musica comica”; canzoni spesso di protesta o di discussione riguardo
ai temi di tutti i giorni. Dannatamente orecchiabili e profondamente
significative, per quanto a volte banali e scontate. Promotore di questo
genere è senza dubbio Tim Minchin, comico, attore e musicista
australiano diventato noto al grande pubblico principalmente per il suo
ruolo nell’ultima stagione della serie tv Californication (meglio
conosciuta qui da noi come “quell’allegra serie col tizio che ha fatto xfiles e che va in onda dopo la mezzanotte su Italia1”). La musica di
Minchin, come la maggior parte della
musica comica, non ha un vero e proprio genere di appartenenza.
Alcune canzoni sono puramente rock, altre placidamente soft, per
spaziare dal country al (occasionalmente) pop. Il genere non ha poi così
tanta importanza, conta ciò che Minchin dice e ciò che fa durante i suoi
spettacoli. È difficile trovare paragoni o similitudini, bisogna vederlo e
ascoltarlo per tentare quantomeno di comprenderlo. Durante i suoi
spettacoli alterna la musica ad alcuni monologhi e spezzoni comici, i
più dei quali incentrati sulla religione e sulle credenze delle persone.
Minchin è dichiaratamente ateo, gran parte delle persone segue i suoi
show proprio per le sue ponderate, ma semplici al tempo stesso,
discussioni
sulla religione.
Una delle sue
più
grandi
opere si chiama
proprio “Thank
You
God”,
canzone nella
quale racconta
di
un
suo
particolare
incontro avuto
con un fan in
un
autogrill
durante il suo ultimo tour in Australia. Sam, il nome di questo fan, gli si
avvicinò chiedendogli perché Tim non credesse in Dio, e gli spiegò la
sua fede dovuta al fatto che sua madre guarì all’improvviso da una
malattia all’occhio solo dopo che un’intera congrega di amici e parenti
si riunì nella piccola chiesa della loro città a pregare per sua madre. Tim
rispettò le opinioni del fan e si fece fare una foto con lui firmando un
autografo, ma allo show successivo gli dedicò quella canzone nella
quale il ritornello recita “Grazie Dio per aver guarito la cataratta della
madre di Sam”, identificando in questa storia l’ennesima assurdità
(“una particolare preghiera, in una particolare chiesa, a una particolare
versione di Dio, per una particolare donna preferibilmente bianca e
ricca”, e vi garantisco che è veramente orecchiabile!) di una religione
alla quale non crede. Caratteristica della sua musica è il fatto di non
essere mai volgare, o almeno non esageratamente fuori dal contesto.
Minchin rispetta ogni idea altrui, ma non riesce a resistere all’impulso
di controbattere non appena sente qualcosa che contrasta con le sue di
idee e lo fa sfornando magnifiche canzoni. Al di là della religione, tema
ricorrente di Minchin nei suoi spettacoli e nelle sue canzoni è il
rapporto comico, d’amore e di crescita di vita con sua moglie Sarah.
“So long as we are together”, canzone scritta originariamente per lei e
comparsa poi anche nella serie tv Californication, è forse uno dei pezzi
più belli e poco noti al tempo stesso del genere. Minchin non crede in
Dio, ma crede nella bontà dell’uomo e nel fatto che la vita valga vissuta
per quello che è: una fantastica corsa della quale bisogna approfittare di
ogni secondo in più che ci viene concesso.
È questo ciò che insegna ai
suoi figli ed è questo ciò
che cerca di dire con i suoi
spettacoli e con la sua
straordinaria musica. Se vi
va, cercatelo su Google nel
caso vi resti un po’ di
spazio nella memoria del
vostro telefono o vogliate
semplicemente farvi una
risata migliorando il vostro
inglese oltretutto… Ne vale davvero la pena!
Alessio Carcaiso 4°A