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ANCHE LA TURCHIA VA ALLA GUERRA DI RUSSIA
Nasce la Brigata internazionale musulmana, istituita da Turchia e Ucraina per opporsi al "separatismo russo in
Crimea". Mentre il progetto del Turkish Stream viene sospeso a tempo indeterminato...
Dopo le crescenti tensioni sia all'interno della Turchia sia tra la Turchia e la Siria, che hanno visto
schierarsi gli Stati Uniti d'America al fianco del governo di Ankara contro le minoranze curde, contro la
Siria e, inevitabilmente, a favore dell'ISIS o Daesh, giungono le prime notizie interessanti sui rapporti tra
Russia e Turchia. Rapporti che sembravano poter avere una svolta positiva con la realizzazione del
gasdotto Turkish Stream, che avrebbe coinvolto alla Grecia, ma pare che insieme alla sospensione dei
rapporti greco-russi con la resa di Tsipras alla Troika, anche Ankara ora sia tornata sui suoi passi. Passi di
guerra, che hanno sullo sfondo una domanda che ci poniamo da tempo: Chi ha paura dell'orso russo?
[Redazione]
UCRAINA E TURCHIA CREANO LA BRIGATA INTERNAZIONALE MUSULMANA
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Foto: Cemiloglu a sinistra del presidente Erdogan.
Riunitosi presso l’hotel Bilkent di Ankara (Turchia) il 1° agosto 2015, sotto la presidenza congiunta del
ministro degli Esteri ucraino Pavlo Klimkin, e del viceprimo ministro turco Numan Kurtulmus, il secondo
Congresso mondiale dei Tartari ha accolto più di 200 associazioni.
Mustafa Abdulcemil Cemiloglu, capo storico dei tartari anti-russi e collaboratore della CIA sotto la
presidenza Reagan, ha annunciato a nome del governo ucraino la creazione della Brigata internazionale
musulmana in opposizione al "separatismo russo in Crimea" (sic). La Brigata avrà sede a Kherson, vicino
al confine di Crimea, e comprenderà volontari tatari, ceceni (Russia), uzbeki, azeri e mescheti (Georgia).
Dopo il Congresso, Mustafa Abdulcemil Cemiloglu è stato ricevuto dal presidente Recep Tayyip Erdogan
che ha assicurato il sostegno della Turchia contro la Russia.
Dall’attentato nel luglio 2012 contro il principe saudita Bandar bin Sultan, in rappresaglia per l’assassinio
dei leader del Consiglio di sicurezza nazionale siriano, Erdogan è diventato il coordinatore internazionale
del terrorismo islamico. Nel dicembre 2013, il MIT (servizi segreti turchi) rimpatriò in Ucraina un gruppo di
jihadisti tartari che aveva combattuto in Siria, per garantire il servizio di sicurezza delle manifestazioni proeuropee di Maidan [1].
Traduzione di Alessandro Lattanzio (Sito Aurora)
NOTE
[1] “Jihadisti garantiscono i servizi di sicurezza delle manifestazioni a Kiev”, Traduzione Alessandro
Lattanzio, Rete Voltaire, 12 dicembre 2013.
Fonte: voltairenet.org
IL PROGETTO TURKISH STREAM È SOSPESO
Il progetto del gasdotto Turkish Stream, proposto il 1° dicembre 2014 dal Presidente Vladimir Putin e
accettato dall’omologo turco Recep Tayyip Erdogan, è stato sospeso a tempo indeterminato.
Fonti turche indicano che la sospensione sarebbe attribuibile a un disaccordo sulle riduzioni tariffarie
accordate da parte russa.
Annunciammo che il presidente Barack Obama aveva ordinato all’omologo turco di cessare
immediatamente la partecipazione al progetto che mette in discussione la supremazia statunitense in
Europa occidentale, nel corso di una telefonata del 22 luglio 2015 [1].
Turkish Stream era un piano alternativo dopo il voltafaccia della Bulgaria e il fallimento del South Stream
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[2].
Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha detto che Erdogan e Putin si incontreranno in autunno per
discutere della controversia tra i due Paesi.
Traduzione di Alessandro Lattanzio (Sito Aurora)
NOTE
[1] “La Turchia in pericolo”, di Thierry Meyssan, Traduzione Marco Emilio Piano, Rete Voltaire, 28 luglio
2015.
[2] “Chi ha sabotato il gasdotto South Stream”, di Manlio Dinucci, Tommaso di Francesco, Il Manifesto
(Italia), Rete Voltaire, 10 giugno 2014. “Blocco del South Stream, lo «schiaffo» degli Usa all’Europa”, di
Manlio Dinucci, Il Manifesto (Italia), Rete Voltaire, 5 dicembre 2014. “Come Vladimir Putin ha ribaltato la
strategia della NATO”, di Thierry Meyssan, Traduzione Emilio M. Piano, Megachip-Globalist (Italia), Rete
Voltaire, 8 dicembre 2014.
Fonte: voltairenet.org
IL RUOLO DELLA FAMIGLIA ERDOGAN NEL DAESH
Per curare i jihadisti feriti del Daesh, il presidente Erdogan ha allestito un ospedale segreto presso le zone
di guerra sul territorio turco, a Sanliurfa. La città è già sede di un campo di addestramento segreto di alQaida [1]. I feriti vengono trasportati da veicoli militari del MIT (servizi segreti). La supervisione
dell’ospedale è data a Sumeyye Erdogan, figlia del presidente Recep Tayyip Erdogan (foto) [2], nonché
responsabile delle relazioni internazionali del AKP (partito islamista).
Inoltre, secondo il portavoce del CHP (Partito Socialista), Gursel Tekin, il petrolio derubato dal Daesh
viene esportato dalla BMZ Ltd, compagnia di navigazione di Bilal Erdogan, altro figlio del presidente Recep
Tayyip Erdogan, in violazione della risoluzione 2170 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite [3].
Traduzione di Alessandro Lattanzio (Sito Aurora)
[1] «Israeli general says al Qaedaís Syria fighters set up in Turkey», Dan Williams, Reuters, 29 gennaio
2014.
[2] "Turkish Presidentís daughter heads a covert medical corps to help ISIS injured members, reveals a
disgruntled nurse", ADWNews, 15 luglio 2015.
[3] "Résolution 2170 et débats (Emirat islamique et Al-Qaida)", Réseau Voltaire, 15 agosto 2014.
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Fonte: voltairenet.org
NO DI MOSCA ALL'INTERVENTO USA CONTRO LE FORZE SIRIANE
Dopo un lungo periodo di silenzio (che a molti era sembrato un sostanziale via libera all’intervento turco),
il governo russo ha fatto sapere ieri di non essere affatto d’accordo con l’ulteriore coinvolgimento degli
Stati Uniti contro le forze militari siriane.
Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha bollato come "controproducente" l'annuncio di Washington
sul via libera concesso alla propria aviazione per condurre attacchi contro chiunque minacci od ostacoli le
truppe mercenarie che Washington e Ankara invieranno nel nord della Siria per realizzare la cosiddetta
‘safe zone’, di fatto un’autorizzazione ad aggredire militarmente anche le forze armate di Damasco. Nel
corso di una conferenza stampa in Qatar, Lavrov ha condannato le dichiarazioni della Casa Bianca, che
aveva parlato di "passi aggiuntivi" allo scopo di proteggere gli alleati in Siria e aveva intimato al regime di
Bashar al Assad di non ostacolare le loro azioni.
"Crediamo sia controproducente annunciare pubblicamente che alcuni gruppi armati addestrati
dagli Stati Uniti...saranno sotto la protezione delle forze aeree della coalizione",
ha affermato Lavrov,
"E che per proteggere questi gruppi, questa forza aerea sarà autorizzare a colpire chiunque
possa - possa - essere considerato un ostacolo al lavoro di questo gruppo".
"Mosca ha sottolineato più volte che aiutare l'opposizione siriana, senza parlare dell'aiutare con
mezzi economici o tecnici (militari, ndr), porterebbe a una ulteriore destabilizzazione della
situazione in Siria"
aveva affermato qualche ora prima il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.
Di fatto la strategia statunitense – sempre che Washington ne abbia una e non agisca alla giornata
cercando di barcamenarsi in un settore del mondo in cui ormai deve fare i conti con competitori troppo
attivi e presenti – appare un ‘non sense’. Ufficialmente l’obiettivo numero uno è quello di contrastare
militarmente lo Stato Islamico e Al Qaeda, ma al tempo stesso la Casa Bianca dà mano libera ai turchi che
sostengono i jihadisti e il cui obiettivo è quello di eliminare il governo siriano e di spazzare via
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l’autogoverno realizzato dai curdi e dalle altre comunità nel nord, proprio dove deve sorgere la ‘zona
cuscinetto’. Quindi con la scusa di combattere lo Stato Islamico e di proteggere i circa 5000 mercenari
addestrati in Turchia allo scopo, le forze armate di Washington dichiarano che da ora sono pronte a colpire
– e quelle turche faranno lo stesso, a maggior ragione – le forze militari siriane che stanno contrastando
l’avanzata dei jihadisti, indebolendo inoltre le milizie popolari curde. Barack Obama, affermano numerosi
media del paese, ha autorizzato attacchi aerei per difendere i ribelli siriani armati e addestrati da Washington
«sia se colpiti dall’esercito di Damasco sia dall’Isis».
Un passo che di fatto rimette l’orologio a due anni fa, quando l’amministrazione Obama insieme a quella
francese stava per far decollare i caccia per l’inizio dei bombardamenti su Damasco, operazione frustrata
all’epoca dall’opposizione di Russia e Cina.
Che si tratti di una strategia difficilmente sostenibile e più orientata a soddisfare le necessità di Ankara che
di Washington lo dimostra la debolezza della forza mercenaria che dovrebbe rappresentare la nuova
fanteria della coalizione “anti Isis” a guida statunitense. Oggi altri 5 miliziani della cosiddetta ‘Divisione
30’ sono stati catturati dai qaedisti di Al Nusra nel nord della Siria, dopo che nei giorni scorsi altri 18
avevano subito la stessa sorte o erano stati uccisi dai concorrenti estremisti. Quanto all’efficacia e alla
motivazione dei mercenari il cui addestramento e armamento stanno costando all’amministrazione Usa
soldi e sudore, è molto dubbio che i famosi 5000 ‘ribelli siriani’ possano essere schierati nel Nord della
Siria in tempi brevi. I portavoce di alcuni dei gruppi di mercenari assoldati dalla Turchia e dagli emissari
statunitensi nell’area hanno fatto sapere che a loro interessa più disarcionare Assad che combattere
miliziani jihadisti con i quali spesso condividono obiettivi e visione del mondo.
Insomma non necessariamente i piani di Obama andranno in porto così come stabiliti. Intanto per
Washington è il momento di un grattacapo non da poco. Che i bombardamenti aerei della cosiddetta
coalizione internazionale in Siria e in Iraq provocassero vittime tra i civili – esattamente come quelli delle
forze militari lealiste siriane – si sapeva, anche se media e governi avevano finora fatto finta di nulla. Ma
ora un rapporto presentato da un gruppo di monitoraggio indipendente, Airwars, certifica che i civili
maciullati dalle bombe sganciate dai caccia statunitensi, britannici e delle petromonarchie sono centinaia.
Secondo Airwars, in soli 57 attacchi aerei condotti in Iraq e Siria nel corso dell'ultimo anno sono morte
almeno 459 persone. Inoltre gli stessi raid avrebbero anche causato almeno 48 decessi da "fuoco amico",
uccidendo soldati iracheni o miliziani dell’Esercito Siriano Libero.
Sul fronte turco, giusto per fugare ogni dubbio sul reale obiettivo del regime di Ankara, ieri quattro giudici
che a gennaio avevano ordinato alle forze di sicurezza di fermare e perquisire alcuni camion gestiti dal Mit
(i servizi segreti) e che portavano armi ed equipaggiamenti destinati ai tagliagole dello Stato Islamico sono
stati arrestati con l’accusa di complottare per rovesciare il governo.
Articolo di Marco Santopadre
Fonte: contropiano.org
Immagine in apertura: © AP
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