la ciambella - Comune di Scanno

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la ciambella - Comune di Scanno
LA CIAMBELLA
Via Roma immettendosi in Via De Angelis, per scorrere in Via Silla, sfociando in Via Vincenzo
Tanturri ed infine in Via Abrami viene a formare un lungo anello circolare: “ LA CIAMBELLA “ ,
come viene chiamata dagli scannesi, di cui ha contato e continua a contare l’andirivieni ora
frenetico ora calmo, di cui, discreta, ha raccolto e raccoglie pettegolezzi, confidenze e discorsi
d’ogni genere, che ora ospiterà anche noi in questo percorso ideale che, partendo dalla chiesa
parrocchiale, vi tornerà per chiudersi. Situata all’estremo confine della cinta muraria la chiesa di
Santa Maria della Valle è sede della parrocchia da settembre 1568. Frutto di vari ampliamenti ed
opere di restauro, su una precedente struttura dell’XI sec., assunse l’aspetto attuale non prima del
XV sec., quando avvenne l’ampliamento della originaria cappella, già menzionata in una bolla
pontificia del 1156. Nella facciata tipicamente Romanica si inseriscono armonicamente il
quattrocentesco portale di scuola borgognona e l’elegante rosone centrale. Consta di tre navate,
alle due laterali corrispondono i due ingressi minori e i due piccoli rosoni, mentre le due torri
esterne ispirate al campanile risalgono ai lavori di consolidamento dopo il terremoto del 1915.
L’interno è un tipico esempio di rivestimento barocco. Già dopo il Concilio di Trento del 1563
invalse l’uso di arricchire gli edifici sacri di fregi e decorazioni per significare e lodare la
magnificenza di Dio e così anche a Scanno le sobrie colonne della precedente struttura in
romanico abruzzese furono ricoperte da una “ imbragatura “, probabilmente fu il restauro seguito
al terremoto del 1703 a dare occasione per i lavori di stuccatura. Le originali colonne in pietra sono
state casualmente scoperte dopo i lavori di restauro del 1989. All’interno. Oltre al settecentesco
altare maggiore ed alla squisitissima cappella barocca di San Costanzo, finemente affrescata, opera
di Nicodemo Mancini e Loreto Cicco, sotto la direzione del maestro Ferdinando Mosca vanno
ammirati il pulpito ed i confessionali, della stessa scuola anche il battistero ed il coro. Interessante
è anche una pietà in legno e terracotta, esempio di arte sacra abruzzese del XVI secolo e la
cantoria del cinque-seicento. Quest’ultima situata sull’ingresso è arricchita da pannelli
rappresentanti in serie scene della vita di Sant’Eustachio. Qui si trova ancora la struttura
dell’antico organo non più funzionante, dopo che le canne, secondo alcuni in argento, furono
vendute sul finire degli anni ’50. Da notare gli affreschi della navata centrale raffiguranti
dall’ingresso: San Biagio, Sant’Eustachio e l’Assunta, secondo l’ordine che si ritrova anche nella
chiesa del patrono. Bellissime anche le sei sobrie colonne in pietra a base quadrata cui seguono le
du grandi a base circolare, nucleo del primitivo edificio. Interessanti sono poi gli affreschi
quattrocenteschi sulle due colonne dell’ingresso esempio notevole del quattrocento abruzzese,
raffiguranti S.Lucia e Madonna col Bambino e Sant’Antonio Abate; si notino sotto questa figura i
personaggi nel riquadro inferiore, sicuramente rappresentanti i committenti. Al lato della colonna
una lastra di vetro mostra il livello originario. Degna di attenzione è anche la nicchia a sinistra
dell’altare maggiore, con sportelloni dipinti del XVI secolo in cui si contengono reliquie di santi,
poste dentro sculture lignee del ‘700. Particolarmente importante però è la seicentesca pala
d’altare, all’altezza dell’altare del Santissimo. La sapiente propagazione di luminosità, la tensione
drammatica dei personaggi, gli effetti d’ombra spingono quasi a ricondurla ad ambienti
caravaggeschi. A sorvegliare la struttura si erge quindi il maestoso campanile in pietra a base
quadrata. Uscendo dalla chiesa matrice incontriamo l’attuale piazza Santa Maria della Valle, un
tempo tutta impegnata da un singolare edificio porticato, la taverna, demolito negli anni
cinquanta. Dalla demolizione ebbe origine lo slargo, attualmente sede della piazza principale, che
ad onta delle mille polemiche piazza non fu mai. Proseguendo per via Roma, dove a cultura del
travertino e foratino negli anni ’60 ha finito per trionfare lasciando intatti solo due portali
settecenteschi ed un edificio di fine secolo, ci si immette in via De Angelis. Qui al n.c. 3 si incontra
casa Lauro, dal portale con stemma fisso rappresentante una pianta d’alloro (lat. Laurus). L’edificio
confina con il più imponente palazzo Tanturri, sono da notare la trifora dell’ultimo piano, un
piccolo puttino sulla facciata laterale e le elegantissime finestre che si aprono a spiare casa
Ricciotti al n.c. 24, appartenente ad una ricca famiglia pastorale; quest’ultima si impone
all’attenzione per il portale sormontato dal riccio dello stemma. Di squisito sapore borbonico è poi
il mascheroncino all’angolo di casa Tanturri, secondo alcuni smorfia al proprietario del palazzotto
di fronte, ma più probabilmente di carattere apotropaico. Proseguendo per via De Angelis, oltre
all’edificio barocco di cui sopra, troviamo al n.c. 23 un incudine che campeggia sull’ingresso,
retaggio dell’antica corporazione dei fabbri. Giungiamo quindi in via Silla. Qui la rinascimentale
casa “ Canestro”, con lo stemma mobile ad angolo, si apre di fronte allo squisitissimo palazzo
“Colarossi”, già palazzo Di Rienzo.
Di impianto tipicamente barocco è una struttura dal contenuto complesso: uno di quegli edifici per
cui verrebbe voglia di parlare di “barocco scannese”. Per una corretta chiave di lettura va
idealmente eliminata ogni successiva superfetazione architettonica, solo in questa luce il corpus
apparirà in tutta la sua densità significativa. Ai lati del portale si aprivano solo quattro finestre, per
l’areazione dei livelli interrati, quindi le tre finestre del primo piano semplici cui seguono le altre
tre, con mensole, del secondo piano e i tre balconi del terzo livello, creando quello che con un
prestito della letteratura diremo un climax ascendente, il tutto rispettando la logica della
simmetria tipica di quasi tutte le case scannesi. Degno di nota è anche lo splendido coronamento,
uno dei pochissimi scampati alla cultura del foratine e travertino dilagata sul finire degli anni ’60.
La stessa chiave di lettura va adottata per il vicino palazzo Ciancarelli in cui, se la facciata centrale
è soffocata dalla costruzione contigua, dal sapore marcatamente neoclassico, la facciata laterale si
presenta ben conservata caratterizzata dalla stessa logica simmetrica e climatica di palazzo Di
Rienzo. Sulle quattro finestrine con grata, si trovano quattro finestre semplici sotto quattro
balconi, a loro volta incoronati da quattro splendidi balconcini. Alla famiglia Ciancarelli si deve
anche il restauro della chiesa antistante di San Giovanni Battista, sede attuale del museo dell’arte
sacra, come attesta la leggenda sormontata da stemma mobile della famiglia: zampa (dialetto
“Cianca”) di gambero rosso e sotto il motto “pungo non ungo”. E finalmente incontriamo palazzo
Di Rienzo, la cui trifora testimonia l’esistenza della primitiva struttura quattrocentesca. L’edificio,
dalla superficie più estesa del centro storico è il risultato della fusione, avvenuta nel secolo scorso,
di due precedenti edifici medievali, uno dei quali, quello che si affaccia sul largo dell’Olmo, sede
dell’antico comune. Sicuramente dovette risultare di profondo impatto ambientale, tuttavia, per
una legge propria dell’architettura, attualmente è così ben inserito nel contesto urbano che non
potrebbe immaginarsi una Scanno senza di esso. Curiosa è l’abitazione di fronte al n.c. 5 che, con il
portoncino d’ingresso, il balcone centrale e i due oblò finali, doveva suonare come una smorfia alla
potente famiglia Di Rienzo; interessante anche l’arco con la piccola epigrafe in latino del 1595. A
seguire, da palazzo Di Rienzo incontriamo il largo dell’Olmo, sede del primitivo nucleo urbano,
come dimostra il vicino arco medievale, ingresso della cerchia muraria, dominato dalla poderosa
casa torre, in cui il sapore dell’antico, scritto nel nero della patina, è pregiudicato dalla rivestitura
in foratini del tetto. Contenuta dalla prima cinta muraria è la chiesa di Sant’Eustachio e Madonna
di Loreto, struttura spiccatamente barocca, ricostruita nel 1697 sulla precedente chiesa medievale,
demolita, perché fatiscente, nel 1693, probabilmente sorta su una costruzione romana. A
testimonianza del nucleo medievale sta un bassorilievo, raffigurante un leone rampante della
facciata laterale e la lunetta romanica dell’ingresso. L’edificio, dall’interno barocco, con un’unica
navata, ospita la splendida statua lignea del santo patrono del 1715, il coro seicentesco arricchito
da una squisita “Fuga dall’Egitto”, ora trafugata, quindi, sulla volta, affreschi rappresentanti,
secondo lo schema della chiesa matrice, San Biagio, l’Assunta e Sant’Eustachio. Sotto la chiesa del
santo patrono si trova la chiesa di San Rocco, sede della confraternita della Madonna del Carmelo
dal 1698, frutto della fusione con la precedente chiesa del Santissimo Sacramento. Dalla facciata
rinascimentale, ospita, tra l’altro, all’interno, il settecentesco organo e la statua della Vergine del
Carmelo di fine ottocento: interessante l’antica statua di San Leonardo, contenuta nel finestrone
centrale sotto la torre campanaria, un tempo posta nell’edicola della casa affiancata al vecchio
campanile, rarissimo esempio di torre a base triangolare, demolito, perché pericolante e
ricostruito come attualmente si presenta agli inizio del 1900.
Si giunge quindi a piazza San Rocco, in realtà unica piazza scannese, dominata dalla casa torre del
n.c. 2 di via Paliano, su cui si affaccia la settecentesca facciata della chiesa di Maria Santissima di
Costantinopoli, frutto di un restauro ad opera della famiglia Nardozzi, come attestano la leggenda
e lo stemma, in cui si conserva lo splendido affresco del 1418, rappresentante Madonna con
Bambino, che si inserisce a pieno titolo nei maggiori esempi di arte sacra del ‘400 abruzzese. Su
questa piazza si apre anche palazzo Mosca, già appartenuto alla famiglia Di Salvo. Per una giusta
chiave di lettura dell’edificio vanno idealmente eliminate alcune successive superfetazioni
architettoniche e va tenuto presente che esso sorgeva libero dalla struttura al n.c. 48-50 di via
Vincenzo Tanturri.
Degni di nota da piazza San Rocco sono la quadrifora e il portale di palazzo Colarossi, tipica
abitazione di famiglia pastorale abbiente. Proseguendo quindi verso via Abrami notiamo il
mascheroncino apotropaico al n.c. 32 di via Vincenzo Tanturri e l’arco successivo, dal sapore
squisitamente medievale. Quindi, dopo il palazzetto barocco al n.c. 4, entrando in via Abrami,
incontriamo palazzo Scarpitto al n.c. 16 ed ai numeri 1 e 2 la sede della reale stazione dei
Carabinieri, in cui si chiuse formalmente la lotta al brigantaggio e di fronte sul largo Chiaffredo
Bergia, la fontana Sarracco. Fu per almeno due secoli la principale fonte scannese, finché nel 1787
si aggiunse quella minore del Pisciarello. Alla struttura dai quattro mascheroni, rappresentanti da
sinistra Re, Regina, Zoccolante (colui che bussa, parassita-o giullare di corte) e Cappuccino,
retaggio dell’antico ambiente cortese, si aggiunse nel 1589 la vasca laterale per gli animali.
Rilevante il bassorilievo datato 1732 con scena dell’Annunciazione. Di fronte alla struttura si trova
la meridiana, opera come tutti gli altri orologi solari di Scanno del frate francescano Farina Nunzio,
matematico del secolo scorso, e la chiesa delle Anime Sante, trasformata in auditorium. Testimone
della profonda diffusione del culto del suffragio, nel ‘700 si presentava ricca di stucchi e di
decorazioni. Nel ‘700 ospitò il locale teatro che, a detta del Torcia, “era più decente di quello di
Foggia, di Lecce e delle altre migliori nostre città di provincia”. Da qui si scorge, maestosa e
tranquilla, la sagoma del campanile parrocchiale ad indicarci finalmente il termine del nostro
percorso.